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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (X, XIII e XIV)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 19 luglio 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gallinella Filippo , Presidente ... 3 

Audizione del primo vicepresidente della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo, onorevole Paolo De Castro, in merito alla proposta di direttiva COM(2018)173, in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera alimentare (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento):
Gallinella Filippo , Presidente ... 3 
De Castro Paolo , primo vicepresidente della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo ... 3 
Gallinella Filippo , Presidente ... 6 
Gagnarli Chiara (M5S)  ... 6 
Critelli Francesco (PD)  ... 7 
Masi Angela (M5S)  ... 7 
Rossini Emanuela (Misto-Min.Ling.)  ... 8 
Noja Lisa (PD)  ... 8 
Dara Andrea (LEGA)  ... 8 
De Luca Piero (PD)  ... 8 
Gallinella Filippo , Presidente ... 8 
De Castro Paolo , primo vicepresidente della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo ... 8 
Gallinella Filippo , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XIII COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FILIPPO GALLINELLA

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del primo vicepresidente della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo, onorevole Paolo De Castro, in merito alla proposta di direttiva COM(2018)173, in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera alimentare.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'onorevole Paolo De Castro, già Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali nella XIII e nella XV Legislatura ed attualmente primo vicepresidente della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo, in merito alla proposta di direttiva COM(2018)173, in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera alimentare.
  Desidero ringraziare, anche a nome dei presidenti delle Commissioni X e XIV, l'onorevole Paolo De Castro e i suoi collaboratori per aver accolto il nostro invito, e ci tengo a sottolineare che è per noi di estrema importanza, soprattutto dopo il Trattato di Lisbona, intensificare i rapporti tra le istituzioni europee e quelle nazionali, al fine di creare quel dialogo e quel coordinamento indispensabili nella definizione delle politiche europee e, per ciò che mi riguarda più da vicino, di quelle agricole.
  Visti i tempi ristretti, ringrazio i presidenti delle Commissioni X e XIV per la collaborazione e cedo subito la parola all'onorevole Paolo De Castro.
  Se ci sarà tempo, dopo la relazione dell'onorevole De Castro, verrà svolto un intervento per Gruppo; nel caso in cui ciò non fosse possibile, vi chiedo di far pervenire, per il tramite degli uffici, le vostre domande per iscritto all'onorevole De Castro, che potrà poi fornire ulteriori precisazioni al riguardo. Do la parola all'onorevole De Castro.

  PAOLO DE CASTRO, primo vicepresidente della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo. Illustrissimi presidenti, onorevoli colleghi, anche in considerazione dei tempi ristretti a disposizione, darei lettura di un appunto che ho preparato per andare molto rapido. Poi spero che ci sia tempo per raccogliere anche le vostre osservazioni.
  Come sapete, colleghi, dopo oltre dieci anni di discussioni, dopo tre Comunicazioni da parte della Commissione e dopo che ben venti Stati membri (tra cui l'Italia) hanno legiferato in materia, lo scorso 12 aprile il Commissario Phil Hogan ha presentato la proposta di direttiva sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare.
  È una proposta che, come Commissione agricoltura del Parlamento europeo, abbiamo accolto con estremo favore, in Pag. 4quanto era stato proprio il Parlamento europeo a richiedere di legiferare in questo senso con il rapporto redatto dalla Vicepresidente del Parlamento McGuinness nel 2016.
  Si tratta quindi di un importante passo avanti, che – lo dobbiamo ricordare – segue la strada tracciata dal Regolamento Omnibus, di cui abbiamo discusso qui in Commissione Agricoltura nella scorsa legislatura, nel fornire agli agricoltori strumenti per rafforzare le proprie prerogative contrattuali e poter far fronte a un mercato caratterizzato da sempre maggiore volatilità.
  Come sapete, in Italia è in vigore dal 2012 una normativa che disciplina la contrattazione e le pratiche sleali (decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, articolo 62) con un ambito di applicazione ancora più ampio della direttiva, la cui responsabilità è stata attribuita all'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
  Tuttavia, la stessa Autorità garante, nel definire le proprie competenze nell'applicazione dell'articolo 62, le ha limitate – vi sottolineo questo punto che sarà importante dopo – ai soli scambi tra operatori con un significativo squilibrio di forza commerciale, introducendo un elemento di forte incertezza e difficoltà per individuare in modo oggettivo e incontestabile tale squilibrio.
  Così, mentre in, Spagna, Francia e Regno Unito (solo per citare alcuni dei Paesi con legislazioni avanzate in questo senso) si registrano ogni anno decine, e in alcuni casi centinaia, di denunce e conseguenti indagini, decisioni e sanzioni, le denunce in Italia negli ultimi sei anni si possono contare sulle dita di una mano (sono stati tre i casi di pratiche sleali accertate).
  Il carattere innovativo della proposta, oltre all'armonizzazione a livello europeo e la conseguente possibilità per i produttori agricoli e alimentari di essere protetti anche quando esportano in qualsiasi Paese dell'Unione, sta proprio nell'aver individuato pratiche commerciali che devono essere proibite indipendentemente da qualsiasi altro parametro – come ad esempio il significativo squilibrio, che nel caso dell'Antitrust ha creato questa difficoltà applicativa in Italia – evitando complicazioni burocratiche che rischiano di annacquare la portata dell'intervento.
  Come avrete potuto leggere dalla bozza di relazione presentata lo scorso 10 luglio in Parlamento europeo, abbiamo cercato di rendere la proposta della Commissione ancora più ambiziosa, tenendo tuttavia bene in mente i ristrettissimi margini di manovra all'interno dei quali dobbiamo lavorare: da un lato, i tempi limitati (dobbiamo infatti chiudere l'accordo politico con la Presidenza austriaca che scade il 31 dicembre) per vedere il testo finale della direttiva votato dall'ultima plenaria 2019 (che sarà al massimo quella di aprile), e, dall'altro lato, il secondo elemento che stringe il campo di azione è la base giuridica della direttiva, che è l'articolo 43.2 del Trattato, che ci obbliga a prendere in considerazione solo quelle pratiche sleali che creino effetti negativi (diretti o indiretti) sui nostri agricoltori.
  Voglio, tuttavia, ricordare che questa è la base della direttiva, ma ciò non preclude ovviamente in futuro (anzi noi lo abbiamo scritto come nostra proposta nel testo) la possibilità di un passaggio legislativo successivo, che vada a prendere in considerazione anche gli effetti sui consumatori. Questa direttiva riguarda gli effetti sui produttori, sugli agricoltori, non gli effetti sui consumatori, perché questa è la base giuridica. Lo preciso perché nel corso della discussione si potrebbe tentare di spostare l'angolo di visuale verso i consumatori.
  Illustro rapidamente i punti principali della proposta, nella quale abbiamo raccolto gran parte dei suggerimenti arrivati da tutti i gruppi politici.
  Abbiamo esteso l'ambito di applicazione della proposta della Commissione a tutti i prodotti agricoli (al florovivaismo, agli alimenti per animali e altro) e non solo alimentari (quindi indipendentemente se sono food o non-food), e a tutti i fornitori, eliminando il limite di 50 milioni di fatturato e di 250 dipendenti previsto nella proposta della Commissione. In tal modo, quindi, Pag. 5abbiamo esteso il campo applicativo a tutti gli operatori della filiera.
  D'altra parte, colleghi, come potremmo accettare che una pratica venga considerata sleale per un'azienda che fattura 50 milioni e che diventi non più sleale se l'azienda fattura 50 milioni più un euro? Quindi abbiamo esteso, con un'ampia convergenza, il campo di applicazione della proposta della direttiva.
  Abbiamo poi inserito una definizione generale di pratica commerciale sleale, basata sui princìpi definiti dal Consiglio e dalle differenti legislazioni nazionali, alla quale i vari Stati membri ovviamente avranno sempre la possibilità di ricorrere per estendere a livello nazionale la lista di pratiche vietate. Ricordo che sono tre le legislazioni più approfondite a livello europeo: quella spagnola, quella francese e quella inglese, cui largamente ci si è ispirati in questa direttiva. Non intendo dire che quella italiana non sia una buona legge, ma devo osservare che ha creato delle difficoltà applicative stante il ruolo attribuito all'Antitrust.
  Sottolineato un altro elemento importante. Soprattutto in vista di Brexit, vogliamo evitare eventuali triangolazioni da parte di acquirenti (grandi gruppi distributivi, centrali di acquisto) che potrebbero avere interesse a spostare, o decidere di spostare, la propria sede legale o centrale d'acquisto al di fuori dell'Unione – in Svizzera ce ne sono diverse o, in prospettiva, nel Regno Unito – pur mantenendo la propria rete distributiva in Europa, per eludere la direttiva.
  Riconosciamo come l'impianto della Commissione sia assolutamente positivo, con pratiche commerciali che – se concordate e non imposte – possono creare effetti economici positivi vicendevoli per tutti, fornitori e acquirenti. Proprio per assicurare che tali pratiche siano concordate in modo trasparente, abbiamo inserito il concetto di dipendenza economica, che è un elemento innovativo. Una dipendenza economica che non vogliamo assolutamente vietare, né limitare (non è questa la nostra intenzione), però vorremmo mettere bene in evidenza che quando questa dipendenza economica diventa una sorta di coercizione nei confronti del fornitore è evidente che il rischio di indulgere in pratiche sleali è molto forte.
  Proseguendo con il lavoro fatto con l'Omnibus, vogliamo dare ai fornitori che lo ritengano necessario, la possibilità di ottenere contratti scritti per le proprie forniture (oggi non c'è questo obbligo del contratto scritto), mentre gli Stati membri dovranno impegnarsi nel favorire misure volte allo sviluppo di contratti di filiera che possano migliorare il funzionamento della filiera stessa.
  Una parte molto innovativa della direttiva è rappresentata dall'istituzione di un’Authority nazionale di garanzia che raccoglie le denunce anonime dei fornitori, denunce anonime che noi abbiamo esteso non solo al soggetto, quindi al fornitore, e all'azienda, ma anche alle associazioni, quindi alle associazioni agricole, associazioni cooperative, associazioni industriali.
  Al fine di garantire la confidenzialità delle denunce, e soprattutto dei denuncianti – spesso scoraggiati nel procedere dalla differenza di dimensione economica e dal cosiddetto fear factor, ossia la paura di eventuali ritorsioni da parte dei propri clienti – abbiamo dato la possibilità di presentare denunce al singolo e anche alle organizzazioni di rappresentanza. È ovvio che se la denuncia la fa un'organizzazione di rappresentanza, il soggetto è più tutelato, perché, come potete immaginare, chi denuncia ha paura che il suo principale acquirente possa escluderlo da accordi commerciali.
  La proposta prevede, al momento, solo poteri per le Autorità di contrasto nazionali; noi, invece, vogliamo inserire anche alcuni obblighi minimi relativi all'Autorità di garanzia, cioè all'Autorità che raccoglie le denunce, sia temporali che procedurali, per garantire il massimo di certezza giuridica ed evitare quanto successo in alcuni Stati membri, come il nostro, che, seppur dotati di legislazioni avanzate in materia, le hanno lasciate largamente inapplicate. In sostanza, l'Autorità di garanzia, ricevuta Pag. 6una denuncia anonima, deve avviare l'indagine, deve dire in un arco di tempo definito che è stata attuata una pratica sleale e quindi intervenire attraverso sanzioni, pubblicità o con una possibile mediazione.
  Questi sono solo alcuni dei punti che abbiamo ritenuto fondamentali. Io vi ho fornito sia il mio rapporto sull'atto in esame, sia la proposta della Commissione.
  Vorrei concludere il mio intervento chiedendovi un aiuto nel tranquillizzare quegli operatori che più sono preoccupati da questo testo, perché nel dibattito generato in Europa, ma con qualche strascico anche nel nostro Paese, si è diffusa la preoccupazione che ci sia una separazione netta tra il mondo della fornitura e il mondo degli acquirenti, dei distributori.
  Qui non c'è alcuna voglia di penalizzare il mondo della distribuzione, però è evidente a tutti che c'è un divario dimensionale. Avrete sentito anche l'ultima novità dell'accordo tra Carrefour e Tesco che stanno costituendo una centrale d'acquisto da 171 miliardi di euro. Non c'è dubbio che la differenza dimensionale crea e anima nei nostri dibattiti la voglia di costruire un equilibrio nuovo grazie a questa direttiva, che possa mettere nelle mani dei fornitori, dei produttori, qualche arma in più dal punto di vista contrattuale e commerciale.
  Concludo ricordando la tempistica dell'esame della proposta di direttiva. Noi aspettiamo i pareri delle due Commissioni che hanno espresso la volontà di opinione: la Commissione Affari Interni e la Commissione Ambiente. Voteremo, quindi, in Commissione agricoltura del Parlamento europeo il 1° ottobre, per poi andare in Aula il 22-23 ottobre. Questo ci consentirà di avviare subito i negoziati interistituzionali e concludere (ovviamente l'obiettivo è ambizioso, ma ci sentiamo di dire che abbiamo buone probabilità di farcela) entro Natale, quindi entro la Presidenza austriaca dovremmo arrivare ad un accordo politico.
  Già due Parlamenti si sono espressi, il Bundestag e l'Assemblea nazionale, quindi sarebbe positivo se il Parlamento italiano potesse esprimere un parere entro il voto dell'Aula, perché questo rafforzerebbe, anche in virtù del fatto che il relatore è italiano, la nostra posizione.
  Grazie a tutti e, anche se i tempi sono micidiali, spero di poter rispondere a qualche domanda.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole De Castro.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CHIARA GAGNARLI. Grazie, presidente. Ringrazio il vicepresidente De Castro per l'intervento e sottolineo l'importanza della direttiva che va a rafforzare e tutelare il ruolo dell'agricoltore che è spesso l'anello debole della filiera, soprattutto con riferimento a quanto da lei evidenziato nell'ultima parte del suo intervento.
  Leggendo la direttiva e ascoltando la sua relazione, osservo che sarebbe auspicabile un'armonizzazione dettagliata della normativa dei diversi Stati membri per evitare che nel recepimento della direttiva ci siano differenze evidenti, che portino alcuni Stati ad avere una legislazione nazionale più rigorosa e altri più blanda. Vorrei sapere, quindi, se sia possibile ampliare l'elenco delle pratiche sleali che è stato stilato oppure se siamo già a un punto fermo.
  Per quanto riguarda la nostra legislazione interna, di cui all'articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012, lei ha ricordato come l'Autorità di controllo sia stata il punto debole di quella normativa, in quanto non ci sono state segnalazioni. Abbiamo audito anche il dottor Vaccari e ci sembra importante che, nel recepimento della direttiva, si individui un'Autorità di contestazione che faccia delle segnalazioni dettagliate all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in modo da consentire a quest'ultima di intervenire in maniera puntuale. Vorrei conoscere la sua opinione sull'Autorità di contrasto.
  Le chiedo, inoltre, in relazione all'articolo 3, relativo alla dicotomia tra pratiche Pag. 7sleali vietate e accordi che possono essere fatti fra le parti, se a suo parere tale previsione vada a sminuire la forza che la direttiva può avere. Può essere un punto debole nella trattazione?
  Ho visto le statistiche sulle pratiche sleali e penso che quelle sui contratti siano le più frequenti. Con il decreto-legge n. 51 del 2015 abbiamo affrontato il tema della vigilanza dei contratti nella filiera del latte: può essere un esempio da replicare per tutto il settore agroalimentare?
  Infine, vorrei chiederle informazioni più dettagliate sugli Stati membri più virtuosi che hanno una legislazione più efficace della nostra, sulle motivazioni alla base di tale maggiore efficacia della normativa e sulle possibilità di replicarla. La ringrazio.

  FRANCESCO CRITELLI. Ringrazio il vicepresidente De Castro per essere qui e per aver svolto una relazione dettagliata. Inizio il mio intervento rivolgendogli i complimenti perché è anche grazie al lavoro del vicepresidente De Castro che abbiamo ottenuto questa direttiva, una direttiva attesa da anni, la cui spinta mi pare assolutamente positiva, anche perché, come diceva la collega Gagnarli, in questo modo si riescono a tutelare i produttori, gli agricoltori, evitando di stare in un mercato in cui le regole vengono scritte sempre dal più forte.
  Mi pare importante sottolineare anche la spinta a chiudere tutto entro l'anno, in modo da poter essere pienamente operativi, e il fatto che la proposta emersa dal Parlamento europeo sia risultata più ambiziosa di quella che era stata originariamente predisposta dalla Commissione.
  Dato che il tempo stringe, concludo con una riflessione, collegata al dibattito di queste settimane rispetto ai tagli previsti alla PAC, dovuti, da un lato, a mancate entrate derivanti dalla Brexit, e, dall'altro, ad alcune previsioni di uscite, come l'immissione di maggiori fondi per il Progetto Erasmus, l'irrobustimento di risorse destinate ad alcune politiche prima presenti in minima parte, quali quelle dell'immigrazione e della sicurezza. È in corso, quindi, la discussione sui tagli previsti alla PAC, una discussione che anima il dibattito di questi giorni e che interessa il nostro Paese e tutti gli operatori del settore. Credo che la proposta di aumentare di un semplice 0,3 per cento i contributi che gli Stati membri danno all'Unione europea possa essere una proposta su cui lavorare in senso positivo, anche perché un contributo aumentato dello 0,3 per cento ci consentirebbe non solo di eliminare i tagli previsti, ma addirittura di finanziare tutto.
  Siccome abbiamo degli obiettivi e siamo di fronte a un rischio, perché sic rebus stantibus, rischiamo di avere delle ricadute negative nel territorio del nostro Paese, in particolare per gli operatori, questa mi sembra una proposta di buonsenso.
  Ci sarebbero altre riflessioni, ma considerato che alle 9 è convocata l'Assemblea, concludo il mio intervento. Grazie.

  ANGELA MASI. L'articolo 4 della proposta di direttiva prevede la creazione per ogni Stato membro di un'Autorità pubblica di contrasto, incaricata di far rispettare i divieti di pratiche commerciali sleali a livello nazionale, ma purtroppo sovente tali Autorità non riescono a svolgere i compiti loro assegnati. Ricordo che in Italia l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha tra i suoi compiti quello della vigilanza sui rapporti contrattuali nella filiera agroalimentare.
  Chiedo al vicepresidente De Castro se ritiene che la suddetta Autorità garante della concorrenza e del mercato possa svolgere i compiti previsti dalla direttiva con le attuali risorse di personale e finanziarie o che invece debba essere rafforzata non solo sul piano economico e di risorse umane, ma anche normativo, per implementare i poteri di contrasto alle pratiche commerciali scorrette oppure, se si pensa ad un altro tipo di Autorità vorrei chiedere che tipo di provvedimenti si intende prendere per evitare che sia inefficace.
  L'articolo 7 della proposta rimarca l'importanza che le Autorità di contrasto cooperino efficacemente tra loro e si prestino reciprocamente assistenza nelle indagini che presentano una dimensione transfrontaliera. Nella relazione tecnica vengono citati Pag. 8anche i buoni esempi di contrasto esistenti. Le chiedo se ritiene che almeno per quanto riguarda il nostro Paese tali collaborazioni transfrontaliere esistano e soprattutto siano di livello soddisfacente.

  EMANUELA ROSSINI. Mi collego a questa ultima domanda rispetto agli strumenti che possediamo. Che effetto ha questa direttiva sul contrasto per tutelare i nostri agricoltori dalla concorrenza sleale proveniente da Paesi esterni all'Unione europea? Penso in particolare al Sudamerica.

  LISA NOJA. Le faccio i miei complimenti, vicepresidente De Castro, perché gli emendamenti sono molto utili, nel senso che hanno chiarito una serie di aspetti di tipo procedurale, ad esempio su come stabilire le competenze delle Autorità preposte, ed hanno inserito una serie di elementi che impediranno, se accolti, comportamenti elusivi legati per esempio al fatto di estendere la tutela anche nei confronti di acquirenti al di fuori dell'Unione europea.
  La mia domanda è la seguente. Nell'esplicitare la possibilità per gli Stati membri di prevedere l'estensione dei divieti a pratiche commerciali ulteriori, viene però prevista una definizione di cosa si debba intendere per pratiche sleali. La mia domanda è quindi se il prevedere una definizione nella proposta di direttiva non possa in realtà restringere l'autonomia degli Stati membri di estendere oltre tale definizione, nel caso in cui l'emendamento fosse accolto. In tal caso si potrebbe ottenere un effetto diverso da quello che si vuole raggiungere rispetto all'impianto, che è quello di prevedere una tutela minima, lasciando poi agli Stati membri la massima autonomia nel decidere quanto estendere questa tutela.

  ANDREA DARA. Sarò molto veloce visto che i colleghi hanno già anticipato alcune domande che volevo porre. Chiedo quindi solamente in che modo, poiché i controlli sulle segnalazioni effettuate dovrebbero essere molto capillari, riuscirete ad essere incisivi.

  PIERO DE LUCA. Buongiorno. Ringrazio l'onorevole De Castro e i presidenti per aver organizzato questa audizione. In estrema sintesi, farò due domande spot molto specifiche.
  Sull'articolo 3, quando al secondo comma si parla delle pratiche commerciali sleali che potrebbero essere oggetto di un accordo contrattuale e quindi non essere più considerate tali, mi domando se non sia il caso (non so se ci sia ancora la possibilità) di introdurre in sede di approvazione del procedimento legislativo una specificazione che rinvii alla Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.
  Leggendo il testo dell'articolo, il fatto di non prevedere che le clausole debbano essere scritte in modo chiaro e univoco e debbano essere state oggetto di un negoziato individuale tra le parti e quindi non siano previste in un contratto standard credo sia un elemento necessario, perché il soggetto debole spesso trova un contratto già scritto e questa norma rende praticamente inutile il secondo comma.
  Rinviando alla domanda della collega, è possibile effettuare un rinvio alla giurisprudenza sulle pratiche commerciali sleali per quanto non espressamente previsto da questa direttiva? Come si può integrare con la direttiva già esistente sulle pratiche commerciali sleali? Grazie.

  PRESIDENTE. Lascio la parola al vicepresidente De Castro per una breve replica.

  PAOLO DE CASTRO, primo vicepresidente della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo. Grazie, presidente. Ringrazio i colleghi per la ricchezza delle domande che mi sono state rivolte e anche per la loro partecipazione al dibattito.
  Innanzitutto, svolgo una considerazione generale. Siamo nel vivo della procedura di esame della proposta di direttiva: l'altro giorno sono scaduti i termini Pag. 9per la presentazione degli emendamenti e ne sono stati presentati 618. A settembre inizierà quella che noi chiamiamo la costruzione degli emendamenti di compromesso per giungere ad un accordo che, raccolti i pareri delle Commissioni, dovrà essere votato, come ricordavo nella mia relazione, il 1° ottobre 2018. Votato tale accordo, l'Aula ci conferirà il mandato a negoziare e io seguirò, insieme con il Consiglio a Presidenza austriaca e con la Commissione l'avvio dei negoziati: i cosiddetti triloghi. Se, come sembra, il Consiglio è in uno stato molto avanzato di dibattito, è probabile che i due mandati del Parlamento e del Consiglio non siano molto diversi tra loro. Ci auguriamo, quindi, di poter concludere l'accordo interistituzionale con 4-5 triloghi.
  Tanto per darvi un'idea, quando discutemmo della riforma della PAC (all'epoca ero Presidente della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale) facemmo 53 triloghi. Ciascun trilogo può durare dalle 7 alle 10 ore. Questo per darvi l'idea del tempo che occorre alle tre istituzioni di giungere ad un accordo sul singolo articolo e sul singolo comma di cui si compone un testo, sempre avvalendoci dell'attività della Commissione, che ci assiste dal punto di vista giuridico-legale nelle due Camere, come le chiamiamo noi, ossia nel Consiglio e nel Parlamento.
  Inizio subito dalle domande poste dall'onorevole Gagnarli. Il suo intervento contiene molte annotazioni interessanti, a partire da quella sulla necessità di un'armonizzazione. È chiaro che noi avremmo preferito un regolamento, che avrebbe avuto l'effetto di armonizzare in maniera molto più robusta; tuttavia, dobbiamo prendere atto del fatto che non uno, bensì venti Stati membri hanno leggi nazionali anche molto robuste e collaudate. Penso al Groceries Code Adjudicator che funziona e che rende gli inglesi molto gelosi delle loro leggi nazionali. Lo stesso vale anche per i francesi e gli spagnoli.
  È evidente che un regolamento avrebbe posto un problema molto serio dal punto di vista dell'approvazione, perché il Consiglio non avrebbe mai acconsentito, però è importante ricordare che le direttive devono essere applicate e che quella in esame costituisce uno standard minimo per ciascuno Stato membro che può sempre andare oltre, ma non può fare di meno. Ad esempio, se non sono già previsti nelle leggi nazionali, gli Stati dovranno introdurre nei loro ordinamenti il termine massimo dei 30 giorni per il pagamento di prodotti deperibili o il divieto assoluto di interruzione di ordini last minute. La direttiva, quindi, costituisce un importante passo in avanti nell'armonizzazione, ma è assolutamente garantita la possibilità di andare oltre; anzi, molte legislazioni nazionali vanno oltre e noi non vogliamo che la direttiva crei un ostacolo a questa possibilità.
  Venendo all'elenco delle pratiche sleali, evidenzio che noi non abbiamo voluto raccogliere l'invito di fare dei grandi elenchi, che probabilmente avrebbero impattato sulle leggi nazionali. Abbiamo, invece, concordato sull'indicazione delle otto pratiche sleali segnalate dalla Commissione, di cui quattro sono oggetto di un divieto assoluto (quelle che noi chiamiamo le pratiche sleali grigie), mentre le altre quattro possono essere vietate (dipende dalla valutazione dello Stato membro) a meno che non siano espressamente indicate nell'accordo tra le parti.
  Vi porto l'esempio concreto di un'azienda che si mette d'accordo con il gruppo distributivo per fare promozione sullo scaffale: se ciò è previsto dal contratto perché dovremmo vietarlo? L'importante è che non sia un sistema coercitivo, che non sia cioè basato sulla logica del «ti faccio pagare un certo importo per mettere il tuo prodotto sullo scaffale». In questo ambito entra in gioco il concetto di dipendenza economica, che noi abbiamo esteso, perché se c'è questa dipendenza economica e si crea una disparità tra le parti in termini di potere contrattuale, l'Autorità può intervenire e può essere fatta la denuncia.
  Per quanto riguarda le altre domande (alle quali risponderò in maniera orizzontale) osservo che il sistema di contrasto alle pratiche commerciali sleali si basa molto sul funzionamento dell’Authority. La Pag. 10legge italiana, di cui all'articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012, è una buona legge, ma non funziona perché l'Antitrust ne ha dato una lettura molto restrittiva. La pratica sleale non ha nulla a che vedere con l'abuso di posizione dominante, che è una normale attività – mi permetto di dire – che le Autorità Antitrust devono verificare sul mercato. Qui stiamo parlando di questioni contrattuali che dovrebbero prescindere dalla normale attività svolta dagli organi preposti dell'ordinamento giuridico. Si va a verificare se c'è un abuso e, se non c'è, o ci si mette d'accordo oppure si paga la multa o si fa pubblicità.
  Quello che si è potuto sperimentare nei Paesi con più consolidata esperienza in questo campo è che si crea un clima positivo nel quale la pratica sleale non viene più fatta, tanto che gli annuali report del Governo inglese sul funzionamento della legge inglese mettono in luce come nel giro di pochi anni le denunce si siano molto ridotte e si sia creato un clima positivo, raggiungendo l'obiettivo della norma, che poi è quello che si vuole perseguire a livello europeo.
  Si tratta di un problema che dovrete affrontare voi, a livello nazionale, appena sarà approvata la direttiva. È evidente che l'Autorità Antitrust dovrà avere un ruolo, però è altrettanto evidente che occupandosi di tante cose, se non sarà dotata degli strumenti adeguati per occuparsi della rilevante mole di denunce che inevitabilmente riceverà, andrà di nuovo incontro a una situazione difficile. Ecco perché concordo con quanto osservato in audizione, presso la Commissione agricoltura, dal capo dipartimento dell'ICQRF, Vaccari, sulla possibilità di supportare l'attività dell'Antitrust creando dei collegamenti anche con altre strutture dello Stato.
  Torno a ribadire che la definizione di pratica sleale contenuta nella proposta di direttiva non sottende una volontà di restringere il fenomeno; la definizione che abbiamo voluto dare, al contrario, è volta ad allargare ulteriormente il campo, al punto tale che, di fatto, lo Stato membro, sulla base dell'esperienza che ha maturato, può ampliare l'intervento anche a pratiche sleali non comprese nell'elenco di cui al testo in esame, sebbene le otto ivi indicate rappresentino la gran parte delle situazioni che si generano sul mercato.
  La direttiva si applica anche agli operatori esteri e questa è un'altra novità importante. Si applica cioè a chi vende a gruppi distributivi in Europa a condizione che il prodotto finale venga poi distribuito nel territorio europeo. Questa è la posizione che noi abbiamo assunto nel nostro rapporto, poi vedremo durante i triloghi come riusciremo a difendere questo punto perché dal punto di vista giuridico è veramente complicato applicare una direttiva europea a un soggetto che risiede giuridicamente in un territorio fuori dall'Unione europea.
  Nel nostro rapporto abbiamo espresso il concetto per cui ciò che vale è il luogo della vendita finale e quindi il luogo in cui il prodotto viene venduto; pertanto, la direttiva europea si applica a un soggetto che vende un prodotto in un Paese dell'Unione europea, anche se ha concluso il contratto a Ginevra. Mi rendo conto, però, che siamo in un terreno complicato dal punto di vista giuridico. In ogni caso vogliamo rendere l'intervento il più efficace possibile.
  L'onorevole Critelli è andato un po’ oltre la direttiva; ci sarebbe moltissimo da discutere sul quadro comunitario finanziario, sui problemi che ci sta creando la Brexit. Sia chiaro, colleghi: a noi la Brexit sta creando tanti problemi, ma ne sta creando tanti di più agli inglesi, per cui i problemi quantomeno sono distribuiti equamente. Certo, se l'approvazione dell'aumento di bilancio voluta dal Parlamento dello 0,3 per cento fosse approvata, tutti i rischi di tagli sia per la politica agricola comune sia per la politica di coesione non ci sarebbero, però tenete conto che neanche lo 0,1 di aumento proposto dalla Commissione è accettato da diversi Stati membri, quindi immaginare un ulteriore aumento non sarà certamente facile. Pag. 11
  Concordo assolutamente con quanto osservato dall'onorevole Masi con riferimento all'articolo 4 e all'Autorità di contrasto. Ribadisco che il problema italiano è tutto basato sul funzionamento dell'attività di contrasto che l’Authority deve svolgere. L’Authority deve essere uno strumento snello, non deve aprire processi lunghi due anni; deve verificare i termini del contratto in tempi certi. Nella definizione dei tempi noi stiamo perseguendo l'obiettivo di consentire all'operatore di avere la certezza che nel giro di un tempo definito abbia una risposta alla sua denuncia. È evidente che, ancora una volta, il problema è come organizziamo l'Autorità italiana per evitare che non ci sia un blocco dei tempi.
  Non mi soffermo ancora sui Paesi terzi in quanto su tale aspetto ho già svolto alcune considerazioni.
  Riguardo all'introduzione dell'obbligo della forma scritta dei contratti, osservo come sia chiaro che ci piacerebbe obbligare al contratto scritto, come emerge dal mio rapporto. Occorre considerare, tuttavia, che molti Paesi (pensate all'Olanda e alla Danimarca) non hanno neanche una legge e si oppongono all'idea di una direttiva, perché ritengono che il mercato funzioni perfettamente, che non ci siano pratiche sleali, che i distributori rispettino i fornitori. Quindi, le situazioni e i punti di vista sono diversi.
  La proposta di direttiva sicuramente sarà approvata perché una larga maggioranza la sostiene sia in Parlamento sia in Consiglio, però è evidente che dobbiamo stare attenti nel gestire questo trade-off tra ambizione, da un lato, e concretezza, dall'altro, perché poi occorre il voto del Consiglio. Noi, quindi, abbiamo previsto il requisito del contratto scritto, poi però dovremo vedere chi lo sosterrà. Sappiamo che la Spagna, la Francia e l'Italia sono sicuramente a favore, però bisognerà vedere se nella composizione del mandato finale ci saranno i numeri per poter arrivare a quest'obbligo.
  Ricordiamo, comunque, che il fornitore può sempre denunciare e che, se l’Authority funziona, l'effetto deterrenza che la denuncia produce è molto forte, anche soprattutto grazie all'estensione della legittimazione attiva alle associazioni che abbiamo voluto inserire nella direttiva. A questo punto, infatti, non ci sono più remore a denunciare perché se a denunciare, ad esempio la Coop, perché non ha rispettato un accordo, non è più il singolo fornitore, che ha un po’ di paura perché corre il rischio di incidere sul 60-70 per cento del suo volume commerciale, ma è l'associazione, il volume delle denunce aumenta. Ecco perché è importantissimo che si investa nell’Authority di garanzia.
  Per quanto concerne l'efficacia dei controlli, rilevo che questa dipende dal rapporto che si crea all'interno della filiera: se la filiera funziona, nel senso che c'è un rapporto anche stimolato dai contratti di filiera, il terreno è proficuo; se siamo in una situazione conflittuale, è evidente che il ruolo dell’Authority diventa centrale, perché la denuncia di una pratica sleale impone sempre un momento di verifica dal quale possono scaturire risposte sanzionatorie più o meno pesanti. Tenete conto che in alcuni Paesi l'importo della multa comminata è pari all'1 per cento del fatturato del gruppo distributivo; quindi stiamo parlando di sanzioni molto pesanti, per cui l'effetto deterrenza è importantissimo.
  Non so se ho risposto a tutti, presidente, ovviamente mi scuso se, per ragioni di tempo, l'ho fatto in maniera un po’ confusa.
  Nei pochi secondi ancora a mia disposizione, vorrei evidenziare che il coordinamento tra le Authority è un altro elemento fondamentale, sottolineato dall'onorevole Masi, ed è uno degli effetti positivi della direttiva. È previsto, infatti, che tutte le Autorità di garanzia e di controllo siano in contatto e facciano esperienza tra loro. Quando il Groceries Code Adjudicator inglese fa un rapporto annuale sul funzionamento dell'Agenzia nazionale, è evidente che questo diventa un elemento di emulazione per altri Paesi che magari non hanno una capacità di analisi così robusta.
  Spetta quindi alla Commissione incentivare questo coordinamento annuale delle Pag. 12Authority nazionali per andare a vedere come i singoli Stati membri abbiano affrontato determinate pratiche sleali e questo elemento potrà rafforzare ulteriormente il sistema.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole De Castro per la sua esaustiva relazione. Qualora i Gruppi, all'esito di un approfondimento sui numerosi aspetti illustrati dal vicepresidente De Castro, avessero bisogno di ulteriori elementi di dettaglio, chiederemo un contributo scritto. Sottolineo che è precipuo impegno delle Commissioni X, XIII e XIV dare supporto alla direttiva e definire quanto prima un indirizzo politico in relazione ad essa.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.10.