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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (XIV Camera e 14a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 24 luglio 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battelli Sergio , Presidente ... 3 

Audizione del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, ambasciatore Maurizio Massari (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Battelli Sergio , Presidente ... 3 
Massari Maurizio , Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea ... 3 
Battelli Sergio , Presidente ... 9 
Licheri Ettore Antonio , presidente della Commissione Politiche dell'Unione europea del Senato della Repubblica ... 9 
Battelli Sergio , Presidente ... 10 
Bonino Emma  ... 10 
Battelli Sergio , Presidente ... 11 
De Luca Piero (PD)  ... 11 
Battelli Sergio , Presidente ... 11 
Ianaro Angela (M5S)  ... 12 
Battelli Sergio , Presidente ... 12 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 12 
Giglio Vigna Alessandro (LEGA)  ... 12 
Battelli Sergio , Presidente ... 13 
Giglio Vigna Alessandro (LEGA)  ... 13 
Battelli Sergio , Presidente ... 13 
Giglio Vigna Alessandro (LEGA)  ... 13 
Rossini Emanuela (Misto-Min.Ling.)  ... 13 
De Giorgi Rosalba (M5S)  ... 13 
Gaudiano Felicia  ... 14 
Rossello Cristina (FI)  ... 14 
Angrisani Luisa  ... 14 
Testor Elena  ... 14 
Giannuzzi Silvana  ... 15 
Bianchi Matteo Luigi (LEGA)  ... 15 
Sensi Filippo (PD)  ... 15 
Bonfrisco Anna Cinzia  ... 16 
Battelli Sergio , Presidente ... 16 
Massari Maurizio , Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea ... 16 
Battelli Sergio , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XIV COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
SERGIO BATTELLI

  La seduta comincia alle 12.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, ambasciatore Maurizio Massari.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, ambasciatore Maurizio Massari, che saluto e ringrazio per essere qui con noi – anche a nome del presidente Licheri, qui al mio fianco – e per aver aderito in tempi anche molto rapidi al nostro invito.
  Colleghi, ritengo che l'occasione di oggi sia particolarmente preziosa, perché offre a tutti i parlamentari la possibilità di un confronto con l'ambasciatore Massari sui principali dossier di interesse dell'Italia, attualmente in discussione presso le diverse istituzioni europee, anche tenuto conto dei tempi imposti dalla prossima scadenza dell'attuale legislatura europea. La Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea svolge, inoltre, un ruolo cruciale di raccordo con il sistema Italia presso le istituzioni europee, e anche su questo ritengo sia particolarmente utile un confronto con le Commissioni.
  Cedo subito la parola all'ambasciatore Massari, a cui potranno seguire gli interventi dei deputati e dei senatori. Per l'economia dei tempi penserei di fare interventi di circa tre minuti, con un pochino di tolleranza – ma cerchiamo di rimanere sui tre minuti –, così almeno possiamo svolgere diversi interventi, visto che l'ambasciatore avrà parecchi argomenti interessanti.
  Lascio la parola all'ambasciatore.

  MAURIZIO MASSARI, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea. Grazie, presidente. Signori presidenti, membri del Parlamento italiano, grazie per questo invito. Prima di iniziare la mia introduzione, vorrei esprimere un messaggio di solidarietà agli amici greci, alla Grecia, per le vittime degli incendi che hanno colpito molte persone, molte famiglie. Quindi, esprimo la massima solidarietà da parte nostra.
  Inutile dire che ci troviamo in una fase particolarmente delicata della vita e dell'azione dell'Unione europea. Le sfide e le scadenze da qui alla fine, ormai prossima, della legislatura europea sono numerose e ciò condurrà, nei prossimi mesi e fino alla fine dell'anno, ad un'attività particolarmente intensa e impegnativa per le istituzioni e per tutti gli Stati membri, quindi anche ovviamente per il nostro Paese.
  Le sfide principali sono, a mio avviso, cinque e riguardano: la politica migratoria, cioè la traduzione in pratica delle decisioni del Consiglio europeo di giugno; gli sviluppi dell'Unione bancaria sulle linee indicate dall'ultimo Eurosummit; le sfide della politica commerciale europea, soprattutto alla luce delle imminenti decisioni dell'Amministrazione americana; i negoziati sul prossimo quadro finanziario pluriennale dell'Unione Pag. 4 per il periodo 2021-27; infine, la Brexit, che è entrata in una fase particolarmente calda e decisiva. Sfide che ovviamente – è facile capirlo – toccano da vicino i nostri interessi nazionali e che quindi richiederanno, nei prossimi mesi, un forte e sempre più intenso lavoro di squadra. Inutile dirlo, la Rappresentanza permanente a Bruxelles è al servizio delle istituzioni e sarà anche nostro interesse, oltre che piacere, poterci confrontare con voi, con il Parlamento, per delineare in maniera più efficace la nostra posizione e i nostri interessi da difendere a Bruxelles.
  Prima di entrare nei dettagli di ciascuna delle cinque sfide che ho menzionato, vorrei però spendere qualche parola di carattere generale sul contesto politico in cui oggi operiamo all'interno dell'Unione europea. Non c'è dubbio che si tratta di un contesto sempre più complesso e competitivo sul piano sia interno che internazionale. Sul piano interno, non vi è dubbio che siamo in una fase di crescenti divisioni interne, dove paure, introversioni ed egoismi nazionali prevalgono e rendono sempre più difficile la declinazione di un interesse comune europeo. Direi che il problema, ancor più che a Bruxelles, è nelle capitali degli Stati membri, dove Governi, Parlamenti e opinioni pubbliche declinano in maniera assai diversa quella che è la pur comune e crescente domanda di sicurezza e protezione.
  In tale contesto, il tradizionale paradigma che per molto tempo ha retto la governance europea, basato sulla centralità dell'asse franco-tedesco, con la mediazione della Commissione, da tempo non riesce più a gestire e sintetizzare la complessità dell'Unione. Insomma, da un lato la bilancia tra le due tradizionali componenti dell'Unione, competizione e cooperazione, pende sempre di più dal lato della prima, cioè della competizione; dall'altro, manca un vero baricentro della governance che possa riportare quella bilancia in equilibrio. Ciò impedisce all'Unione di procedere in maniera lineare. Infatti, come vedete, si procede piuttosto a strappi, e ritengo che questo trend – ahimè – continuerà in questa fase finale della legislatura europea, fino alle prossime elezioni.
  Sul piano internazionale, le cose non sono certamente più semplici. L'Unione si trova infatti a dover operare in un contesto multipolare assai più incerto e competitivo, direi sempre più transattivo, a partire dal rapporto transatlantico. Sono in discussione princìpi e regole che hanno regolato la vita internazionale per settant'anni e la sfida per l'Unione è quella di definire il suo ruolo, tutt'altro che scontato in questo nuovo contesto.
  Infine, un'ultima considerazione introduttiva legata all'attuale ciclo istituzionale europeo. Commissione e Stati membri sono concordi nel ritenere che, con l'approssimarsi della fine del ciclo istituzionale, i prossimi mesi di attività debbano essere impiegati soprattutto, anche se non esclusivamente, per il cosiddetto delivery, l'attuazione di risultati concreti e l’implementation delle numerosissime (280 credo) proposte legislative ancora pendenti.
  Passo alle cinque sfide che ho enunciato, partendo dalla prima, quella migratoria. La sfida migratoria, come sapete, è quella che più di ogni altra mette oggi a repentaglio l'unità e la stessa ragion d'essere dell'Unione. Una sfida che viene coniugata intorno ai due concetti di responsabilità e solidarietà: responsabilità in primis degli Stati membri per quanto riguarda il controllo delle proprie frontiere esterne e degli Stati terzi per controllare i flussi; solidarietà da parte dell'Unione per quanto riguarda l'aiuto agli Stati terzi nelle politiche di controllo dei flussi e la condivisione degli oneri tra gli Stati membri all'interno dello spazio dell'Unione europea per quanto riguarda la ricollocazione degli aventi diritto all'asilo.
  Il punto è che, nel clima politico attuale a cui facevo riferimento prima, è risultato molto difficile ricercare un equilibrio ragionevole tra responsabilità e solidarietà. Abbiamo un largo numero di Paesi di nuova adesione che hanno rifiutato le ricollocazioni e la solidarietà obbligatoria, in generale; un gruppo di Paesi continentali che definisco mainstream – capite a chi mi riferisco – che invece, di fronte a questa Pag. 5situazione, si sono preoccupati soprattutto di difendersi a casa propria, introducendo controlli alle frontiere interne, cioè sospendendo di fatto Schengen, e cercando di caricare di maggiori responsabilità unicamente i Paesi frontline dell'Europa meridionale, Italia inclusa.
  L'Italia, che ha sopportato in questi anni da sola un onere senza precedenti, ha su questo dossier migratorio indiscusse ragioni da far valere e direi il merito di essere riuscita, con grande tenacia e impegno, e malgrado la scarsa apertura di molti Stati membri, a porre, anzi a imporre nell'agenda europea il tema della necessità di una responsabilità condivisa.
  Il principio secondo cui i flussi sono una sfida non solo per il singolo Stato membro, ma per l'Europa tutta è stato – come sapete – sancito al recente Consiglio europeo di giugno, così come siamo riusciti, sempre al Consiglio europeo di giugno, a fare accettare il principio dell'esigenza di sforzi condivisi in ambito Unione europea per quanto riguarda gli sbarchi delle persone salvate in mare. Abbiamo inoltre ottenuto il riconoscimento che qualsiasi discussione futura sul regolamento di Dublino dovrà tener conto anche degli arrivi, a seguito di operazioni SAR di salvataggio in mare. Aggiungo, tra i risultati ottenuti attraverso i nostri sforzi politico-diplomatici, l'aumento dei finanziamenti per il Trust Fund per l'Africa, in favore dei Paesi del Nordafrica e dell'Africa subsahariana.
  Ricordo inoltre l'avvio immediato – sollecitato dal Ministro degli esteri Moavero Milanesi nella sua missiva all'Alto rappresentante Mogherini e poi approvato dal COPS (Comitato politico e di sicurezza) venerdì scorso – della revisione del piano operativo, dell'OPLAN, della missione Sophia, per eliminare automatismi penalizzanti per noi, per l'Italia, nel meccanismo degli sbarchi, dei salvati in mare. Un esercizio che si concluderà nel giro di cinque settimane.
  L'Italia è riuscita insomma a trasmettere il messaggio dell'urgenza di un cambio di passo nella gestione integrata della migrazione, grazie agli sforzi del Governo, l'azione della Presidenza del Consiglio e delle amministrazioni competenti, e il raccordo con esse della Rappresentanza permanente. Siamo tuttavia – devo dirlo però con molta onestà – soltanto all'inizio di un processo che sarà lungo e complesso, e dall'esito tutt'altro che scontato. Si tratta, nei prossimi mesi, di dare rapida e concreta applicazione ai princìpi e alle misure indicate dal Consiglio europeo, come sollecitato del resto anche dalla missiva del Presidente del Consiglio Conte al Presidente della Commissione Juncker e al Presidente del Consiglio europeo Tusk.
  Su ciò si lavorerà nei prossimi mesi – le riunioni sono del resto già cominciate a Bruxelles – e su due concetti essenziali approvati dal Consiglio europeo, quello delle piattaforme regionali di sbarco e i centri controllati sul territorio dell'Unione europea, proprio oggi la Commissione ha presentato due documenti di riflessione per l'avvio del dibattito, che inizierà proprio domani in Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti).
  Importante è naturalmente anche il monitoraggio. Vi ho parlato dell'aumento delle risorse sul Trust Fund per l'Africa. Siamo riusciti a «sdoganare» 700 milioni, che però sono del bilancio dell'Unione europea. È importante adesso che anche gli altri Stati membri contribuiscano con i loro contributi per colmare questo funding gap di circa 500 milioni. Bisogna anche stare attenti che, con l'emergenza su altre rotte, in particolare nel Mediterraneo occidentale, non ci sia una concorrenza per le risorse che possa andare a discapito naturalmente di quelle che noi ci attendiamo per la gestione dei flussi sul Mediterraneo centrale.
  Soltanto en passant: nell'agenda dei prossimi mesi, sempre in campo migratorio, ricordo anche la proposta della Commissione europea per il rafforzamento di Frontex, la Guardia di frontiera e costiera europea. Un provvedimento, questo, interessante che però andrà scrutinato con la massima attenzione da parte nostra, per evitare che, in assenza di meccanismi consolidati di ripartizione degli oneri, produca strumenti impositivi limitativi della sovranità nazionale, che peserebbero soprattutto Pag. 6sui Paesi frontline maggiormente esposti ai flussi.
  Infine, va menzionato il lavoro che continuerà sulla riforma di Dublino, dove però siamo riusciti a inserire al Consiglio europeo la dimensione dei salvati in mare, che dovrà in qualche modo essere tenuta in conto nel nuovo quadro regolamentare.
  Al di là delle riunioni dei gruppi tecnici del Coreper a Bruxelles, gli appuntamenti politici fondamentali sono il Consiglio europeo informale di Salisburgo, il 20 settembre, dedicato proprio alla sicurezza interna, e i due Consigli europei formali di ottobre e di dicembre. È importante riuscire a trovare la quadratura del cerchio, quindi un equilibrio tra responsabilità e solidarietà, anche per salvare Schengen e la libera circolazione delle persone nello spazio dell'Unione europea. Come sapete, molti Paesi sono pronti a sacrificare Schengen, la libera circolazione, in assenza di un controllo più efficace dei flussi.
  Vengo al secondo punto dei cinque della mia agenda: l'unione economica e monetaria e gli sviluppi soprattutto dell'unione bancaria a seguito dell'Eurosummit. Come sapete, dopo la crisi finanziaria degli anni precedenti, l'Unione europea ha adottato una serie di misure, che non sto qui a elencare, unicamente orientate alla cosiddetta «riduzione del rischio», mentre praticamente nulla era stato approvato per quanto riguarda la condivisione del rischio: risk reduction sì, ma nulla sul risk sharing. All'Eurosummit di fine giugno, per la prima volta si è fatto un passo in avanti per l'adozione di una prima misura di condivisione del rischio. Si tratta della decisione di attribuire al meccanismo europeo di stabilità, l'ESM (European Stability Mechanism), il cosiddetto fondo salva-Stati, anche la funzione di garanzia comune del fondo unico di risoluzione, il cosiddetto backstop, in caso di crisi bancarie.
  Naturalmente in questo prossimo semestre, fino al Consiglio europeo di dicembre, tutto ciò andrà declinato in maniera operativa e in tutto ciò ci sarà anche collegata la decisione di una revisione delle funzioni del meccanismo europeo di stabilità. Gli esiti di questi negoziati tecnici, come vi dicevo, saranno sottoposti ai leader a dicembre.
  Le valutazioni che l'Italia dovrà fare su questi negoziati riguardano soprattutto la necessità che gli strumenti per l'attivazione del backstop funzionino in maniera efficace, senza condizioni che ne limitino l'accesso, e che in generale le proposte di revisione e rafforzamento dell'ESM non includano aspetti che potrebbero avere ripercussioni negative sui mercati e la stabilità finanziaria.
  Nello stesso orizzonte temporale, da qui a dicembre è previsto, secondo le indicazioni dell'Eurosummit, anche il proseguimento dei lavori su altri importanti aspetti concernenti il completamento dell'unione bancaria, ad esempio il pacchetto bancario sulle misure di riduzione del rischio.
  Infine, vorrei dire che, nell'ambito di queste decisioni riguardanti in generale l'unione economica e monetaria, c'è anche la discussione sulla futura introduzione di una capacità fiscale per l'Eurozona, considerando, tra l'altro, le proposte della Commissione che sono collegate al nuovo quadro finanziario pluriennale, per una funzione di stabilizzazione degli investimenti e uno strumento per il sostegno alle riforme, nonché la possibilità, che è stata evocata soprattutto a Mesenberg, al vertice franco-tedesco, di un bilancio separato dell'Eurozona.
  Va detto qui molto chiaramente che l'istituzione di una capacità fiscale autonoma per l'Eurozona, con una funzione di stabilizzazione in caso di shock macroeconomici, è osteggiata dal fronte numeroso dei Paesi nordici, che temono possa innescare comportamenti opportunistici di minor rigore nella gestione delle finanze pubbliche. Sono gli stessi Paesi che, sul fronte dell'unione bancaria, spingono per un ulteriore inasprimento, irrigidimento delle misure di risk reduction quale precondizione per l'istituzione del backstop e, in futuro, anche per l'EDIS (European Deposit Insurance Scheme), lo schema europeo comune sui depositi bancari.
  Passo al terzo punto, quello del commercio, che è divenuto dall'inizio di quest'anno un tema sempre più caldo, ancor Pag. 7più di quanto lo fosse prima, nell'agenda europea. Come sapete, domani il Presidente Juncker, su invito del Presidente Trump, si recherà in visita negli Stati Uniti per esplorare – non negoziare – le ipotesi di lavoro volte a superare le controversie tariffarie con gli Stati Uniti, a partire dai dazi già in vigore su acciaio e alluminio a quelli potenziali sulle auto e la loro componentistica, che sarebbero ben più onerosi per la nostra economia e l'economia europea.
  L'obiettivo della Commissione europea, di Juncker, è quello di promuovere una de-escalation delle tensioni bilaterali e, al contempo, di collaborare in modo più efficace con gli Stati Uniti per affrontare le sfide poste dalla Cina. Le tariffe americane su acciaio e alluminio hanno avviato una contrapposizione commerciale globale che, insieme all'indagine lanciata sul settore auto da parte degli Stati Uniti, minacciano di avere un impatto totale di circa 57 miliardi di euro di esportazioni europee negli USA. D'altra parte, è anche vero che, a livello internazionale, Unione europea e Stati Uniti hanno un chiaro interesse comune a riformare le regole del mercato globale, oltre che a contrastare le pratiche sleali, quindi vedremo. Ma da ciò l'importanza di un'agenda transatlantica positiva, che possa condurre nel successivo negoziato, dopo questa prima fase di esplorazione da parte del Presidente della Commissione, ad un'intesa reciprocamente vantaggiosa sulle tariffe del settore auto e/o (sono due alternative) altri settori industriali, incluso il settore degli appalti pubblici.
  Nei vari passaggi consiliari, dal meeting dei leader europei di Sofia del marzo scorso ai successivi approfondimenti in Coreper, passando attraverso il Consiglio europeo di giugno, la Commissione europea ha tratto conferma di una sufficiente coesione, all'interno dell'Unione europea, su questa linea, pur scontando naturalmente alcune diverse sensibilità tra gli Stati membri, e comunque dell'intenzione generale, all'interno dell'Unione europea, di evitare una guerra commerciale.
  È tuttavia altrettanto chiaro che, nel caso in cui gli Stati Uniti decidessero di procedere con i dazi sulle importazioni di auto e componentistica, l'Unione europea sarebbe chiamata ad assicurare una risposta difensiva, attraverso contromisure di ribilanciamento, come è accaduto nel caso dell'acciaio e dell'alluminio; una risposta destinata a mettere in seria discussione la cooperazione bilaterale, nonché i flussi commerciali mondiali. Uno scenario, questo, ovviamente da evitare, per un'Europa che dipende economicamente molto – forse anche troppo – dal suo export, ma che purtroppo non si può escludere.
  Più in generale – sempre per la parte commerciale – la gestione della globalizzazione è il filo conduttore della strategia commerciale di fine mandato della Commissione, come è stato evidenziato nel discorso sullo stato dell'Unione di Juncker nel settembre scorso e come probabilmente si ribadirà nel discorso sullo stato dell'Unione il settembre prossimo. Free trade but not naif è in sostanza il motto che contraddistingue il programma di lavoro dell'Unione europea, guardando ai suoi principali partner commerciali, Stati Uniti e Cina, ma anche gli altri.
  Resta la determinazione europea a mantenere un ruolo di leadership nella promozione del libero commercio, ma senza ingenuità. Con la Cina è importante sviluppare un dialogo costruttivo, pur restando numerosi e irritanti i problemi legati alle pratiche sleali, al dumping, alla sovraccapacità produttiva, anche se vanno registrati alcuni segnali positivi, sebbene molto iniziali, emersi al recente vertice Unione europea-Cina, in particolare per quanto riguarda il comune impegno al rafforzamento e alla modernizzazione del sistema dell'OMC e in materia anche di protezione degli investimenti.
  Con gli altri Paesi la traiettoria è tracciata ed è quella degli accordi di libero scambio – ambiziosi ma anche bilanciati e fondati sulla reciprocità – che accanto all'accesso al mercato pongano obblighi chiari sul rispetto degli standard sociali e ambientali, la protezione delle indicazioni geografiche e degli standard fitosanitari. Ciò sia in fase di negoziazione degli accordi che di monitoraggio successivo della loro rigorosa Pag. 8attuazione. Su ciò la Commissione europea, come abbiamo particolarmente insistito in Coreper, non ha le mani libere, ma deve strettamente attenersi al mandato attribuitole dagli Stati membri. Quindi, monitoreremo da vicino i numerosi negoziati in cui l'esecutivo comunitario è oggi impegnato, dai Paesi del sud-est asiatico a quelli dell'America Latina.
  Cerco di abbreviare per non tediarvi con un'esposizione troppo lunga e passo al quadro finanziario pluriennale, la quarta delle cinque sfide che ho menzionato prima. Per il periodo 2021-2027 il negoziato è appena stato avviato nei diversi gruppi, a seconda delle diverse materie in discussione, sulla base della proposta della Commissione del maggio scorso. L'obiettivo condiviso è di realizzare quanto più progresso possibile prima delle prossime elezioni europee. È un negoziato che si presenta particolarmente complesso per due ordini di ragioni: da un lato, la necessità di tenere conto della Brexit, con l'uscita di scena di uno dei principali contributori al bilancio dell'Unione europea; dall'altro, l'esigenza di finanziare una serie di nuove priorità, con particolare riferimento all'immigrazione, al controllo delle frontiere, alla difesa e alla sicurezza.
  In tale scenario, una serie di Paesi – Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Finlandia ed Austria – insistono per mantenere un bilancio comunitario contenuto nel suo ammontare complessivo, non oltre l'1 per cento, quindi reperire le risorse necessarie a far fronte alle nuove priorità e alla Brexit tramite tagli nelle politiche tradizionali (leggi: coesione e agricoltura).
  Invece, altri Paesi come l'Italia sostengono la necessità di un bilancio ambizioso, che eviti tagli eccessivi anche alle politiche tradizionali.
  Nel tentativo di far quadrare il cerchio, la posizione iniziale della Commissione prevede alcuni contenuti tagli alle politiche tradizionali insieme all'introduzione di un pacchetto di nuove risorse proprie, imposte come ad esempio la tassa sulle emissioni, quella sulla plastica e così via, e all'eliminazione progressiva di tutti i rebates, cioè quegli sconti sul contributo al bilancio percepiti da alcuni Stati membri in collegamento al rebate britannico.
  In generale – e concludo sul punto del quadro finanziario pluriennale – la proposta della Commissione europea appare non lontana dalle nostre aspettative per quanto riguarda le risorse destinate alle nuove priorità, cioè difesa, migrazioni, sicurezza, protezione delle frontiere esterne e anche quei settori che possono sostenere crescita e competitività, però restano evidenti le nostre preoccupazioni, e quindi la necessità di migliorare, nel corso del negoziato, le proposte per quanto riguarda le rubriche tradizionali.
  Vengo alla Brexit, quinto e ultimo punto della mia esposizione. Come noto, la Commissione e il Regno Unito stanno negoziando da oltre un anno l'accordo di recesso. È imperativo che questo accordo possa essere firmato in autunno per consentire il completamento dei processi di ratifica da parte dei Parlamenti del Regno Unito e del Parlamento europeo entro il 29 marzo 2019, che sarebbero i due anni dalla notifica (articolo 50 del trattato sull'Unione europea) da parte del Regno Unito della volontà di recesso.
  Il testo dell'accordo di recesso, come ci ha detto l'altro giorno il negoziatore europeo Barnier, è definito ormai per l'80 per cento. Tra le parti concordate vi è anche quella per noi essenziale relativa alla tutela dei diritti dei cittadini, mentre tra le questioni ancora aperte di nostro particolare interesse vi è la protezione delle indicazioni geografiche europee nel Regno Unito dopo la fine della transizione, cioè 31 dicembre 2020.
  Tuttavia, il vero nodo politico rimane la questione irlandese, e qui non mi vorrei soffermare più di tanto, perché siete familiari con la questione del backstop, l'allineamento regolamentare dell'Irlanda del Nord con il resto dell'Unione europea, onde evitare il confine rigido, hard border tra Irlanda del Nord e Irlanda.
  In principio, come sapete, il Regno Unito aveva accettato la proposta di backstop fatta nei mesi scorsi dalla Commissione e dall'Unione europea, ma i recenti emendamenti approvati dalla Camera dei Comuni, Pag. 9che hanno reso sostanzialmente illegale lo sganciamento dell'Irlanda del Nord dal territorio doganale britannico, sembrano ora legare ulteriormente le mani al Governo di Londra.
  All'accordo di recesso poi andrà allegata, come sapete, una dichiarazione politica concordata tra le due parti sul quadro della futura relazione. La posizione europea al riguardo è molto chiara: noi siamo per una relazione stretta futura con il Regno Unito, che rifletta comunanza di valori, interessi, intensità degli scambi commerciali, e anche cooperazione nel settore della sicurezza, fermi restando naturalmente i princìpi per noi irrinunciabili dell'integrità del mercato interno, indivisibilità delle quattro libertà e autonomia decisionale dell'Unione europea. Come verrà declinata questa relazione futura dipende molto dalle linee rosse del Regno Unito, che ha posto come linee rosse fondamentali l'uscita dall'unione doganale e dal mercato unico.
  Il punto di riferimento per il Regno Unito adesso è il Libro Bianco che è stato presentato il 12 luglio scorso, dove c'è un certo ammorbidimento di alcune di queste linee rosse, in particolare per quanto riguarda la relazione in campo doganale e il commercio delle merci.
  Le prossime settimane saranno assolutamente decisive, come vedete il tempo stringe, noi seguiamo con grande attenzione il negoziato e manteniamo uno stretto contatto con il negoziatore dell'Unione, Michel Barnier, e con la sua task force. Barnier stesso ha in programma una nuova visita in Italia nelle prossime settimane.
  Un ultimo accenno alla preparazione al recesso. L'uscita del Regno Unito avrà delle conseguenze sull'Unione europea e bisognerà quindi prepararsi a gestirle, ciò sia nell'auspicato scenario di un recesso ordinato, sia in quello, che nessuno si augura, però nessuno più esclude, di un recesso senza intesa, il cosiddetto «scenario del burrone», il cliff-edge scenario.
  Queste sostanzialmente le cinque sfide e più o meno lo stato del dibattito, del negoziato che volevo illustrarvi in maniera preliminare. Concludo questa introduzione (spero di non aver sforato troppo i tempi) ribadendo la nostra assoluta volontà di ingaggiarci con il nostro Parlamento sulle tematiche europee. Vorrei anche ribadire l'ottima collaborazione che noi abbiamo con i nostri parlamentari europei a Bruxelles, la continua interazione quando si parla di andare ad esaminare alcune disposizioni nei triloghi, nonché con i funzionari della Camera e del Senato a Bruxelles, che ringrazio molto per il loro prezioso contributo.
  Grazie molte della vostra attenzione e sono interessato a sentire i vostri commenti e a rispondere alle vostre domande. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie all'ambasciatore Massari. Prima di iniziare il dibattito darei la parola per un breve intervento al presidente Licheri.

  ETTORE ANTONIO LICHERI, presidente della Commissione Politiche dell'Unione europea del Senato della Repubblica. Grazie, presidente. Signor ambasciatore, innanzitutto mi permetta di ringraziarla per la disponibilità al confronto che Ella ha voluto offrire alle due Commissioni parlamentari permanenti Politiche dell'Unione europea. Lei deve sapere che noi riteniamo che questa audizione abbia una valenza davvero centrale per la rappresentanza permanente a Bruxelles e per il ruolo che la rappresentanza permanente a Bruxelles svolge nel processo legislativo europeo e nei rapporti con le istituzioni dell'Unione.
  Le Commissioni del Senato da diversi anni sono impegnate a costruire un rapporto di maggiore partecipazione democratica dei rappresentanti del popolo e dei cittadini al dibattito europeo. È convinzione di tutti infatti che una maggiore consapevolezza a livello politico del peso delle questioni europee per l'Italia sia un elemento imprescindibile affinché un sistema Paese sia realmente efficiente a livello europeo.
  Io mi limito rapidamente a segnalarle tre temi, che per importanza e delicatezza riteniamo siano di cruciale, fondamentale, rilievo per il prosieguo della nostra azione in Europa, tre temi che lei ha toccato nel Pag. 10suo intervento e che ha denominato «sfide», perché effettivamente di sfide si tratta.
  Il primo tema è quello che concerne la questione migratoria. Dobbiamo implementare quanto prima il deliberato del Consiglio europeo di giugno. Il secondo tema concerne il bilancio europeo 2021-2027: le risorse per la coesione e per l'agricoltura vanno mantenute integre, ai livelli attuali, costi quel che costi.
  Il terzo tema è la politica commerciale dell'Unione europea, su cui avvieremo presto un approfondimento conoscitivo al Senato, per capire se e come questi accordi commerciali avvantaggino o meno le nostre imprese, le imprese italiane.
  I rapporti istituzionali Governo-Parlamento naturalmente non possono non essere sul tavolo della nostra analisi: certo la legge n. 234 del 2012 ha sicuramente favorito e promosso, perché ci ha permesso di essere informati sull'attività del Consiglio e dei suoi organi preparatori. Ma dobbiamo a mio avviso spenderci tutti quanti per valorizzare e rafforzare la rappresentanza permanente e promuovere la presenza di funzionari italiani nelle istituzioni europee. Dobbiamo essere di più, dobbiamo essere più preparati, dobbiamo fare in modo di pesare di più in Europa, se vogliamo contare di più in Europa.
  Nel ringraziarla per il suo intervento, la informo che mi permetterò di venirla a trovare quanto prima a Bruxelles con una delegazione della Commissione Politiche dell'Unione europea del Senato.
  Adesso cedo la parola al presidente per la disciplina dell'audizione. Grazie a lei.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Possiamo iniziare questo giro di interventi, invitando a restare nel limite dei tre minuti.

  EMMA BONINO. Grazie mille, ambasciatore. Non mi soffermo sulla questione migranti per il semplice motivo che avremo altre occasioni, sia in Commissione Politiche dell'Unione europea oggi sul decreto-legge Libia, che in occasione dell'audizione del Ministro degli affari esteri giovedì, in sede di Commissioni riunite Esteri e Politiche dell'Unione europea.
  Mi lasci solo dirle in una frase che penso che l'ultimo Consiglio sia stato un vertice ricco di scontri e molto povero di risultati, e, come sempre succede per grandi esperienze europee o internazionali in generale, si trovano spesso soluzioni di vocabolario a problemi politici che non sono stati risolti. La parola chiave di questa fase è «volontario», ma non vedo tanti volenterosi da nessuna parte – e sono una di quelli che da sempre si muovono per la modifica di Dublino, quindi mi è chiarissima la vicenda –, però tutti questi volenterosi mi sembrano una risorsa un po’ scarsa. I volenterosi poi nei Paesi africani o del Mediterraneo anche meno, ma il combinato disposto della poca volontà europea e di quella africana ci invita ad una maggiore prudenza nel dire che finalmente abbiamo ottenuto che l'Italia non resti sola: a parte che l'ho già sentito tre anni fa e non si è molto verificato, però un pochino più di prudenza, perché non ho l'impressione che sia così, ma, detto questo, avremo altre sedi per discuterne.
  Solo due domande puntuali. Una sulle prospettive finanziarie. Lei ha detto che la posizione italiana è quella di avere giustamente un bilancio più ambizioso, perché, se si danno più responsabilità e competenze alla Commissione europea e il bilancio già estremamente misero diminuisce con la Brexit, per le nozze con i fichi secchi bisogna che ci siano almeno i fichi, perché già non è uno splendore, però per nuove competenze con un bilancio inferiore è evidente che da qualche parte bisognerà prendere.
  Poiché io ritengo invece che il bilancio vada aumentato, volevo chiederle se possa elaborare meglio quali sono le idee del Governo italiano su dove reperire fondi aggiuntivi, essendo inteso che l'agricoltura è il 30 per cento dell'intero bilancio, la coesione altrettanto, in una situazione in cui non siamo proprio la bandiera vincente del buon utilizzo dei fondi strutturali, quindi credo che il Governo italiano si troverà in una certa difficoltà.
  La seconda domanda, più puntuale ancora, è qual è la posizione oggi del Governo italiano sul CETA.

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  PRESIDENTE. Grazie, collega Bonino, è stata precisissima, tre minuti.

  PIERO DE LUCA. Buongiorno, grazie ai presidenti. Ringrazio l'ambasciatore Massari per la sua relazione, che ho ascoltato con estremo interesse. Nei giorni scorsi abbiamo avuto alcune audizioni con il Ministro Savona, con il Ministro Moavero Milanesi, e la sua conclude un ciclo di riflessioni sul futuro della partecipazione del nostro Paese all'Unione europea.
  Ho ascoltato con estremo interesse soprattutto i passaggi legati alle sfide migratorie, il primo punto che lei ha toccato, però noi abbiamo sostenuto in queste settimane e continuiamo a ritenere che la posizione del nostro Paese sia una posizione più debole di quella che l'Italia aveva alcuni mesi fa. I risultati del Consiglio europeo per noi non sono per nulla soddisfacenti, io li ho definiti fallimentari in un'altra occasione, non vorrei utilizzare termini eccessivamente forti, però credo che non siano assolutamente soddisfacenti.
  Lei parlava della revisione di Dublino, ma abbiamo un passaggio all'interno delle conclusioni del Consiglio del 28 e 29 giugno che portano a una vecchia visione intergovernativa delle crisi nazionali, quella per la quale le riforme e le evoluzioni legislative debbano essere adottate per consenso, all'unanimità. In realtà il Regolamento è un atto legislativo ordinario, come lei sa meglio di me, che, seguendo le semplici regole del Trattato di Lisbona, necessita di una revisione a maggioranza o di riforma e integrazione a maggioranza.
  Noi siamo tornati indietro su questo punto, cioè i nostri partner europei ci hanno costretto (se vogliamo dirlo) o noi abbiamo accettato l'idea di una revisione all'unanimità del regolamento di Dublino, che vuol dire in realtà non rivederlo più, ed è la norma che più sta creando difficoltà al nostro Paese, come lei sa meglio di me, per quella regola aurea che riversa tutta la responsabilità della gestione delle richieste di asilo sugli Stati di primo approdo.
  Il secondo punto è quello legato alla posizione del nostro Paese nei confronti di alcuni Stati che ancora oggi continuano a non rispettare due decisioni vincolanti, quelle del 2015 sul ricollocamento dei richiedenti asilo. Noi abbiamo ottenuto nel 2015, grazie ai Governi a guida PD, Governo Renzi di allora, la possibilità anzi l'obbligo che dal nostro Paese venissero ricollocati 40.000 richiedenti asilo: ad oggi ne sono stati ricollocati solo 13.000 circa secondo gli ultimi dati, la Commissione europea ha deferito nei giorni scorsi l'Ungheria alla Corte di giustizia.
  Questo è un risultato che noi rivendichiamo con estremo orgoglio come risultato positivo della precedente legislatura e del precedente Governo e crediamo che sia quella la strada da seguire, vorremmo capire qual è la posizione del nostro Paese.
  Ho domandato al Ministro Moavero Milanesi e al Ministro Savona se ci costituiremo nel giudizio innanzi alla Corte di Giustizia europea contro l'Ungheria, perché credo che sia importante marcare da un punto di vista sia politico che giuridico il fatto che noi riteniamo necessario tornare a parlare di diritto e di solidarietà anche attraverso strumenti vincolanti. La volontarietà, le buone intenzioni credo non possano più essere sufficienti in un quadro quale quello attuale.
  In questo contesto come ritiene che sia considerata a livello internazionale e soprattutto continentale la posizione di un Governo che ha un Ministro dell'interno che un giorno dice che dobbiamo chiudere i porti alle ONG e alle navi delle missioni Sophia, il giorno dopo il Ministro Moavero Milanesi che invece ritiene che queste stesse navi debbano e possano attraccare nei nostri porti, il Ministro Toninelli che esprime una posizione intermedia a giorni alterni, il Presidente del Consiglio Conte che invia lettere di richieste di buone intenzioni ai suoi partner, insomma un Governo non compatto e per alcuni versi un po’ in confusione.
  Credo che questo non agevoli e non rafforzi la nostra posizione a livello internazionale e soprattutto a livello europeo, posizione che purtroppo per lei e per fortuna per noi è chiamato a difendere nei consessi europei. Grazie.

  PRESIDENTE. Invito tutti a rimanere nei tempi.

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  ANGELA IANARO. Grazie, presidente. Volevo unirmi ai ringraziamenti del presidente Licheri all'ambasciatore per la sua disponibilità a incontrarci oggi e a relazionarci in maniera esaustiva e assolutamente non tediosa su argomenti di grande attualità, tra cui ho selezionato uno di quelli che mi stanno più a cuore, che riguarda ovviamente la problematica dei flussi migratori.
  Come lei ha già sottolineato, questa problematica ha generato forti divisioni tra gli Stati membri dell'Unione e potrebbe innescare un processo domino mettendo in grande difficoltà e ponendo in discussione l'area Schengen e la tenuta stessa dell'Unione europea.
  Volevo fare una considerazione: l'Africa non deve essere vista soltanto come fonte di problemi, ma bisognerebbe far emergere dinanzi all'opinione pubblica le grandi potenzialità che ha questo continente. Sappiamo bene che, fino a quando non verranno risolte le profonde crisi sociali ed economiche del continente africano, non ci sarà alcuna possibilità di porre un serio margine ai flussi migratori, alla crisi migratoria.
  Soluzioni nel breve termine che possano ricomporre i contrasti europei e le diseguaglianze sociali, politiche ed economiche tra i due Paesi non sono immaginabili, però sarebbe il caso di immaginare soluzioni a lungo termine, che possano gemmare dall'evidenza che l'Unione europea è tra i principali partner commerciali del continente africano e tra i principali finanziatori anche di programmi di stabilità del continente stesso. I partenariati tra l'Unione europea e gli Stati africani hanno soprattutto un valore politico e non si limitano ad un mero valore commerciale.
  Arrivo quindi alla domanda per far contento anche il nostro presidente Battelli: se l'Italia non debba maggiormente concentrare la propria azione e i propri progetti sull'incentivazione di politiche europee volte a migliorare l'economia africana anche attraverso investimenti in stabilimenti produttivi, che abbiano il fine di disancorare il tessuto produttivo africano dalla produzione di beni, di prodotti di basso valore, di bassa qualità, di basso impatto commerciale, e favorire soprattutto l'adeguamento delle aziende africane a quelli che sono gli standard sanitari, fitosanitari ed anche ambientali previsti dall'Unione europea, quindi quali sono i progetti concreti che l'Unione europea vuole mettere in campo in tal senso. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, collega, è stata bravissima anche lei, 2 minuti e 52 secondi.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Grazie, presidente, ringrazio i presidenti dell'occasione e ringrazio l'ambasciatore, mi scuso per il ritardo con cui sono arrivato.
  Ho una domanda che mi sta a cuore da rivolgere all'ambasciatore, una domanda di carattere prospettico. Il nostro Gruppo ritiene che alla situazione di difficoltà attualmente evidente si risponda con più Europa, non con meno Europa. Al di là di questo elemento, chiedevo all'ambasciatore se poteva disegnarci, dal punto di vista programmatico più che prospettico, il quadro di nuove adesioni all'Unione europea soprattutto per quanto riguarda l'area balcanica.
  I Paesi che in quelle zone sappiamo essere estremamente importanti, non ultima la Serbia, rispetto a questo quadro come si stanno collocando nei rapporti con l'Unione europea e come l'Unione europea si sta ponendo in quest'ottica?
  Un mio personale timore che credo sia estremamente grave è di ritrovarci alle elezioni europee del prossimo anno con due fronti, il fronte pro-Europa e il fronte contro l'Europa: non vorrei mai che questo accadesse, e per procedere sulla via che auspico di sempre maggiore Europa è importante sapere quale sia l'atteggiamento verso un ulteriore allargamento. Grazie.

  ALESSANDRO GIGLIO VIGNA. Grazie, presidente, e grazie, ambasciatore, per la sua relazione. Come Gruppo Lega dobbiamo dirci soddisfatti di come il nostro Governo sta trattando questi delicati temi e ci siamo appuntati alcuni passaggi su cui vorremmo porre delle domande.
  Non riteniamo l'ultimo vertice europeo povero di risultati, come diceva qualche collega precedentemente, riteniamo che in Pag. 13Europa, signor ambasciatore, l'Italia sia assolutamente meno isolata di quello che può sembrare, nel senso che con i Paesi del blocco dell'Est, pur non essendoci l'accordo su alcune questioni tecniche sui confini Schengen/non Schengen, vi è in realtà un accordo ideale di fondo sul fatto che i flussi migratori a un certo punto devono finire, e deve partire dall'Europa l'idea che questi flussi devono finire incidendo sui Paesi di partenza di questi flussi, quindi i Paesi del centro Africa.
  Partendo da questo presupposto che in realtà in Europa siamo meno soli di quello che potrebbe sembrare, quali possono essere i prossimi passi per non far partire più i flussi migratori, come incideremo in questi Paesi per bloccare questi flussi migratori?
  Venendo al punto 3, anche noi vorremmo un passaggio sul CETA, se fosse possibile, perché ovviamente siamo preoccupati per tutto il nostro settore dell'agricoltura e dell'allevamento, ma chiaramente non solo, e un trattato di questo tipo ci preoccuperebbe come ci preoccupava il TTIP.
  Ci siamo poi segnati un passaggio sugli appalti pubblici. In questi mesi sono in discussione accordi di appalti pubblici fra USA ed Europa, ma in che termini? Dobbiamo preoccuparci per il nostro mercato interno degli appalti pubblici, si prevede un'aggressione da parte delle company americane nel nostro mercato anche su questo settore oppure possiamo stare più tranquilli e rasserenare quel mondo?
  Se fosse possibile, un passaggio anche sui dazi verso la Federazione russa, perché abbiamo molti settori soprattutto in ambito agricolo che in questo momento stanno patendo per colpa dei dazi europei verso la Russia. La raccomandazione del Gruppo Lega è di puntare sul bilancio ambizioso, quindi meno tagli possibili, anche perché ricordiamo che l'Italia è uno dei principali contributori netti verso l'Unione europea.
  Infine, una riflessione sulla Brexit. I media italiani come i media europei da prima del referendum sulla Brexit...

  PRESIDENTE. Deve concludere, collega...

  ALESSANDRO GIGLIO VIGNA. ... diffondono delle fake news, nel senso che quello che ci raccontano i giornali in Italia è di fatto una situazione non vera: una Gran Bretagna quasi sull'orlo della guerra civile, lo sfacelo commerciale e sociale per colpa della Brexit.
  Non potrebbe essere il caso, da parte del nostro Governo, dei nostri rappresentanti, di bloccare il dilagare di queste fake news, magari con puntualizzazioni precise, solo per il fatto che...

  PRESIDENTE. Collega, la invito a concludere.

  ALESSANDRO GIGLIO VIGNA. ... queste fake news potrebbero creare un sentiment negativo e risvolti di tipo sociale ed economico negativi nei rapporti tra Europa e Gran Bretagna?

  EMANUELA ROSSINI. Grazie, presidente. Ambasciatore, è molto importante questo incontro con lei proprio per il punto di vista che ci porta. Nella sua lunga carriera, lei è stato una delle persone che ha collaborato ai negoziati di Maastricht, ha studiato negli Stati Uniti, è un grande esperto di Russia, è stato al Cairo come ambasciatore sino a ieri, quindi vede l'Europa da molti punti di vista.
  A lei chiedo quindi un'opinione: come si può uscire dalla profonda contraddizione nella quale siamo? Da un lato gli Stati membri dell'Unione europea sono i primi artefici di questo clima di ostilità, dall'altro si rammaricano perché manca una solidarietà condivisa. Chi sta traendo vantaggi e qual è il prezzo di questa situazione?

  ROSALBA DE GIORGI. Dai tempi della Perestrojka di Gorbaciov fino al caso Regeni lei in questi anni ha avuto modo di affrontare questioni internazionali delicatissime; io le chiedo di fare un raffronto, se possibile, con la sua attuale esperienza in seno all'Unione europea, e soprattutto tra questione migranti e problema dazi, le chiedo, secondo lei, qual è la criticità maggiore.

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  FELICIA GAUDIANO. Grazie, presidente, grazie gentile ambasciatore. Sulla base delle modifiche apportate al Regolamento del Senato precisamente nel 2017, la Commissione Politiche dell'Unione europea può attivare la cosiddetta «riserva di esame parlamentare». Non ritiene che instaurare la consuetudine di scambi informali tra Governo e Parlamento possa garantire una tempistica più idonea a raggiungere gli obiettivi negoziali auspicati? Grazie.

  CRISTINA ROSSELLO. Grazie, presidente, buongiorno ambasciatore. Cercando di non tornare su temi e sovrapporci su quanto già detto, una preoccupazione sul tema della governance dell'area dell'euro e sull'Eurozona. In particolare, la nostra preoccupazione è data anche dal fatto che dopo l'ultimo Consiglio ci aspettavamo aggiornamenti dal Governo, dal Presidente Conte, un cenno lo ha fatto la senatrice Bonino, ci ricolleghiamo anche agli altri temi di carattere economico che erano sul tavolo di quell'ordine del giorno.
  Abbiamo fatto e avanzato richieste sia al Ministro Savona che al Ministro Moavero Milanesi, dobbiamo dare atto che non abbiamo avuto risposte a questo riguardo, quindi confidiamo in una sua considerazione su questi aspetti, il piano delle riforme della governance, perché noi riteniamo (come Forza Italia l'abbiamo sempre espresso, è costato anche al Governo Berlusconi il riflesso che c'è stato sull'asse franco-tedesco) che tutti gli italiani siano consapevoli di questo aspetto e che si rendano conto che queste Commissioni possono essere supporto necessario per chi lavora e ci rappresenta per insistere non solo sulla richiesta corale delle nuove infrastrutture, ma anche su tutti i temi che sono necessari e che non ci trovino sprovvisti di una risposta sia sul discorso dell'informatizzazione e della tecnologia, sia sul discorso degli approvvigionamenti energetici.
  Sono temi che ci permettiamo di «buttare sul tavolo» perché vorremmo essere protagonisti e non vorremmo trovarci come nel 2008 sul discorso dell'Unione bancaria, che ancora adesso si dimostra un tema molto importante e pericoloso, perché l'Italia alla fine ha scontato gli effetti di alcune decisioni che sono state disomogenee e mal gestite nelle sedi opportune europee.
  Avremmo potuto forse essere più efficaci, la responsabilità è di tutti e sicuramente è importante, però teniamo presente che c'è un tessuto, sia la famiglia che le imprese e gli artigiani, che soffre il tema di questi NPL, di questi crediti, e dell'erogazione del credito.
  È chiaro che c'è un modo molto semplice che alcuni Paesi hanno per farci una concorrenza sleale, ma certificata da un sistema bancario unito, che nell'erogazione del credito favorisce industrie che sono in altri territori piuttosto che nei nostri. Se si parla di delocalizzazione, se si parla di certi sforzi, nelle Commissioni dobbiamo essere tutti attenti e preparati su questi temi, e lei può essere un veicolo molto importante di formazione e di cultura per noi. Grazie, ambasciatore.

  LUISA ANGRISANI. Grazie, presidente, e grazie ambasciatore. Volevo chiederle quali siano a suo parere gli elementi perfettibili nel processo di formazione della posizione italiana sulle proposte normative europee.
  Lei come immagina che la rappresentanza permanente possa aumentare il suo livello di efficienza in Europa? Grazie.

  ELENA TESTOR. Buongiorno, presidente, grazie all'ambasciatore per la sua relazione. Volevo fare semplicemente una riflessione. Lei ha parlato della questione migratoria, tema fondamentale che sta attraversando tutta l'Europa, ha detto che siamo solo all'inizio e credo che qualcosa si sia messo in moto, perché l'Italia negli ultimi anni è stata forse troppo succube e lasciata sola dall'Europa sulla questione migratoria.
  Credo che questo per i Paesi di primo approdo sia stato un problema non indifferente, che abbia generato questo fattore di Paesi che non vogliono aderire e creano queste barriere, quindi considero fondamentale riuscire a fare cooperazione con l'Europa affinché si diventi tutti solidali con chi ha bisogno, cercando di evitare gli sbarchi di migranti economici. Pag. 15
  Questo è un primo passo, come lei ha detto siamo solo all'inizio, però la collaborazione da tutta l'Europa deve essere fatta sentire a più voci. Grazie.

  SILVANA GIANNUZZI. Grazie, presidente, grazie ambasciatore, due domande brevissime. Prima di tutto come potrebbe a suo avviso il Parlamento nazionale meglio garantire che le procedure di infrazione per violazione del diritto dell'Unione diminuiscano a livelli fisiologici?
  Raccordandomi con il passaggio del presidente Licheri sulla consapevolezza del peso dell'Unione europea nella nostra vita, il presidente ha parlato di favorire l'ingresso di più funzionari in Europa, quindi di più Italia nell'Unione europea, che è sicuramente condivisibile, però mi veniva la curiosità di capire come favorire anche il contrario, cioè più Unione europea nella nostra consapevolezza.
  Le spiego: da quando sono commissario di questa Commissione e mi trovo a raccontare all'esterno quello che facciamo registro solitamente una voglia di sbadigliare o di cambiare discorso, ho la netta sensazione che i temi europei non siano glamour come altri temi e che non riescano ad attrarre immediatamente l'attenzione dell'interlocutore.
  Mi chiedo se la percezione di una scarsa consapevolezza del peso dell'Europa nella nostra vita sia prettamente italiana, un fenomeno italiano secondo la sua esperienza, o condivisa da tutti gli Stati membri, e se è come io sospetto, dove secondo lei abbiamo sbagliato sul piano storico-politico e cosa può essere fatto per diffondere una maggiore consapevolezza di quanto è importante l'Europa ormai nella nostra vita. Grazie.

  MATTEO LUIGI BIANCHI. Grazie, presidente. Vorrei tornare brevemente sul tema delle politiche di coesione per chiedere all'ambasciatore Massari il sentiment che c'è all'interno dei palazzi delle istituzioni dell'Unione europea rispetto a come verranno gestite in futuro le politiche di coesione, se le regioni d'Europa avranno ancora il ruolo importante che hanno attualmente o se l'intendimento della Commissione europea è quello di delegare e centralizzare sugli Stati nazionali.
  In passato al Comitato delle regioni è stata fatta un'audizione con l'allora Ministro De Vincenti, il quale mi pareva abbastanza condiscendente su questa possibilità di delegare agli Stati nazionali i fondi delle politiche di coesione, cosa su cui, anche se non parlo a nome del Governo, credo ci sia una sensibilità diversa attualmente. Negli intendimenti della Commissione, anche quelli non ufficiali rispetto a quello che viene percepito a Bruxelles, quale potrebbe essere la prospettiva futura?
  Il tema della cooperazione. È giustissimo quello che si continua a dire, cercare di cooperare e sviluppare attività nei Paesi africani, però ci sono alcuni Paesi africani come l'Eritrea che sono ancora oggetto di sanzioni da parte dell'ONU, quindi risulta a mio modesto avviso un po’ difficile tentare di aiutare un Paese quando è ancora oggetto di sanzioni, soprattutto ora che credo sia venuto meno il motivo principale per applicarle in seguito al conflitto con l'Etiopia.
  Vorrei capire, sempre informalmente, nei palazzi delle istituzioni di Bruxelles come venga percepito questo fenomeno di alcuni Paesi che in Africa sono oggetto di sanzioni che probabilmente ostacolano i progetti di cooperazione seria. Grazie.

  FILIPPO SENSI. Grazie, presidente, grazie ambasciatore, per questa audizione. Molto brevemente, diverse settimane fa ha fatto discutere l'evocazione da parte del Ministro Savona di un piano B sull'uscita dall'euro, sull'appartenenza dell'Italia all'euro, cosa che è stata poi dopo ricondotta a un dibattito accademico piuttosto che non di cogenza governativa.
  Venendo qui in Commissione Savona è passato a una metafora ornitologica e, invece di parlare di piano B, ha parlato del cigno nero come eventualità. Le volevo chiedere se a livello dell'Esecutivo e a livello dell'Esecutivo a Bruxelles ci siano discussioni o ci sia una formalizzazione di questa ipotesi paventata dal Ministro Savona o se lo dobbiamo considerare solo un fuor d'opera del ministro. Grazie.

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  ANNA CINZIA BONFRISCO. Grazie, presidente, e grazie a lei ambasciatore. Vorrei chiederle, senza alimentare polemiche di alcun genere, se sul tema dei fondi strutturali lei sia in grado di darci il suo punto di vista su come mai il nostro Paese, partecipando in modo così costruttivo all'Unione europea, non riesce ad utilizzare tali fondi, se non in minima parte, e con percentuali che al termine della programmazione di quei fondi che scade nel 2020, stanno attorno al 4-5 per cento. Dal suo punto di vista sono certa che avrà compreso quali sono le ragioni per cui siamo così in difficoltà da questo punto di vista.
  Dal punto di vista più politico e di politica estera internazionale dell'Unione europea, come mai registriamo sempre nell'attività della Commissione un'attenzione particolare rispetto al delicato tema mediorientale, dove il rapporto con l'Iran sembra sempre prevalere rispetto alla considerazione nei confronti dello Stato di Israele e della sua politica?
  Queste sono le due grandi questioni che vorrei che lei potesse contribuire a chiarire a tutti noi. Senza replicare alle domande del collega, ritengo che le azioni svolte dal Ministro Savona finora siano ineccepibili e che nessuno possa aprire alcun dibattito su questo. Grazie.

  PRESIDENTE. Questo era l'ultimo intervento, abbiamo ancora una ventina di minuti a disposizione, quindi lascerei subito la parola all'ambasciatore Massari per le repliche, direi, abbastanza ingenti. Prego, ambasciatore, ha una ventina di minuti.

  MAURIZIO MASSARI, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea. Grazie, è difficile rispondere brevemente a tante domande e osservazioni molto pertinenti, ma cerco di fare una sintesi delle questioni poste e quindi di dare delle risposte.
  Parto dalla grande questione migratoria che è emersa in diversi interventi, in diverse domande legate anche alle valutazioni dell'esito del Consiglio europeo di giugno, innanzitutto per rispondere a una domanda se sia più dirimente per l'Unione europea il dazio, quindi la parte commerciale, o la questione migratoria: senz'altro la questione migratoria, questa è la questione delle questioni, quella che rischia di spaccare l'Unione europea, mentre in fin dei conti sulla politica commerciale abbiamo un grado di coesione a 28 abbastanza forte.
  Prima ho parlato di sensibilità diverse per alcuni Stati membri (Francia, Germania, Italia), però tutto sommato si procede abbastanza insieme, infatti Juncker può andare ad esplorare a nome dei 28 con gli Stati Uniti.
  Sulla questione migratoria io credo che gli esiti del Consiglio europeo vadano valutati tenuto conto come qualsiasi documento non può che essere un compromesso tra le posizioni dei 28. Però, senza voler celebrare conquiste, vittorie, perché, come ho detto, il Consiglio europeo esprime princìpi, orientamenti – e tutto va poi realizzato e la realizzazione è molto complessa –, è indubbio che siano stati introdotti, per la prima volta, alcuni princìpi che fino a questo momento erano stati sempre respinti.
  Parlo soprattutto del riconoscimento della dimensione dei salvataggi in mare, che richiede sforzi condivisi da parte degli Stati membri e non c'è l'obbligatorietà, sono intergovernativi, però il fatto che venga riconosciuto il principio e anche che questa dimensione di salvataggio in mare possa diventare parte della discussione sulla riforma di Dublino è importante per noi, perché noi abbiamo sempre detto che, in fin dei conti, Dublino aveva il limite che non affrontava per l'Italia il principale problema dei flussi, perché in Italia la maggior parte degli arrivi avviene attraverso le operazioni di salvataggio in mare, e la maggior parte di queste persone salvate in mare seguendo gli obblighi del diritto internazionale fa domanda di asilo, quindi è tutto un onere che fino a questo momento ha pesato e continua a pesare soltanto sull'Italia. Da qui l'importanza di far entrare questa dimensione nella discussione di Dublino.
  Sul discorso maggioranza qualificata e unanimità non la vedo così, ma per un motivo abbastanza semplice che ora cerco Pag. 17di spiegare. Innanzitutto è chiaro che il regolamento di Dublino potrebbe andare a maggioranza qualificata per sé, ma noi abbiamo sempre considerato l'insieme dei sette regolamenti che costituiscono la riforma del sistema di asilo europeo come un pacchetto unico, da considerare insieme per poter dare il nostro accordo politico. Una volta che ci sarà l'accordo politico in Consiglio europeo allora i Consigli potranno andare avanti a maggioranza qualificata.
  Non voglio contraddire i difensori del metodo comunitario: ma menomale che è stato così. Credo che se non ci fosse stata questa necessità di avere un beneplacito, un accordo del Consiglio europeo, quindi il consenso all'unanimità, molte cose sarebbero passate a maggioranza qualificata contro quelli che potevano essere nostri interessi nazionali.
  Dico questo perché in Consiglio a 28 i Paesi più esposti come l'Italia, i frontline, sono assolutamente una minoranza, la maggior parte dei Paesi che ho chiamato mainstream, ma parliamo dell'Europa continentale, dei nordici, sono interessati prevalentemente alla questione dei movimenti secondari, i Paesi dell'est come ho detto sono assolutamente chiusi nella difesa delle proprie frontiere, quindi considerando i numeri noi ci saremmo trovati assolutamente in minoranza, quindi tutto sommato bene che abbiamo questa necessità di avere un consenso in Consiglio europeo prima di andare avanti.
  Ciò detto, naturalmente rimane il problema evocato dalla senatrice Bonino della volontarietà di tutti questi princìpi. Non c'è tanta volontarietà né all'interno dell'Unione europea, né dal lato dei Paesi africani, perché adesso abbiamo questo concetto delle piattaforme di sbarco con Paesi terzi che dovremo andare a discutere con Paesi africani, ma non sarà facile, sarà una questione complessa che andrà accompagnata dalla presentazione di un pacchetto di incentivi a questi Paesi, in parte contemplati nel concept che oggi la Commissione europea ha pubblicato, tuttavia è tutt'altro che scontato che questi Paesi africani potranno accettare di istituire sul loro territorio queste piattaforme che noi chiamiamo piattaforme di sbarco.
  Con questo mi collego ad una serie di punti che sono stati sollevati per quanto riguarda il problema dell'Africa e di come affrontare in maniera strutturale il problema dell'Africa, quindi quelle che sono le cause profonde delle migrazioni (la povertà, le guerre, le disuguaglianze, il cambiamento climatico) e credo che se c'è un merito che può essere dato all'Italia in questi anni, è quello di aver messo sul tappeto questo problema dell'Africa con una serie di proposte e di documenti che sono ben noti, e naturalmente poi è stato un crescendo, però noi oggi parliamo effettivamente di Africa nell'agenda dell'Unione europea anche se in maniera assolutamente non sufficiente.
  Pensiamo al Trust Fund per l'Africa che ho menzionato prima – adesso ci si è messa anche la Spagna perché ha capito che sono necessari soldi, risorse per il Marocco, per fermare i flussi sulla rotta del Mediterraneo occidentale –, ma fino a ieri l'Italia, sostenuta dai pochi Paesi che hanno contribuito in maniera significativa al Trust Fund africano, cioè la Germania e l'Olanda, è rimasta da sola a insistere sulla necessità di dare più risorse all'Africa, mentre altri Paesi sono stati piuttosto latitanti.
  Questo fondo sfiora i 3 miliardi, ma rispetto alle osservazioni che vengono fatte da molti – la Turchia ha 6 miliardi per le due tranches, perché l'Africa ha soltanto 3 miliardi? – io credo che effettivamente questo sia un grosso tema da sviluppare in futuro, perché è evidente che i grossi flussi verranno all'Africa, sappiamo tutti quali sono le proiezioni demografiche dell'Africa e credo che una strategia di breve, medio e lungo termine con risorse adeguate debba assolutamente essere sviluppata, quindi anche qui stiamo ancora tutto sommato ai primi passi.
  Diverse domande sulla coesione. Il quadro finanziario pluriennale, renderlo più ambizioso: la nostra idea passa attraverso soprattutto le risorse proprie. Non pesare sul contributo degli Stati membri ulteriormente. Il tema delle risorse proprie è Pag. 18anche nella proposta della Commissione europea, e si tratta di una percentuale sulle emissioni, la tassa sulla plastica ecc., se si facesse, anche la web tax che noi abbiamo co-proposto insieme a Francia e Germania. Ma voi sapete che c'è un gruppo di Paesi particolarmente gelosi della sovranità fiscale – cinque Paesi – che si frappongono all'avanzamento della proposta della Commissione che prevedeva prima una misura, la Digital service tax, nel breve termine, in attesa, in connessione con gli sviluppi in sede OCSE, di una tassazione proprio sui redditi d'impresa sulla base del concetto di presenza digitale significativa.
  Questa dovrebbe essere la strada attraverso risorse proprie ulteriori. Si potrebbe pensare a una cosa che molti Stati membri sollevano, cioè a una riduzione delle spese amministrative dell'Unione che invece nella proposta della Commissione europea sono previste in aumento: visto che facciamo tutti le spending review che anche a Bruxelles si possa immaginare di fare una spending review. È un punto che diversi Stati membri sollevano.
  Sul CETA sapete benissimo quali sono state le dichiarazioni e le prese di posizione da parte di rappresentanti del nostro Governo, la nostra posizione è che sia in corso una valutazione di impatto per quanto riguarda il CETA sui diversi settori dell'economia, perché il CETA liberalizzando nel settore il 90 per cento dei prodotti industriali e agricoli ha delle ripercussioni differenziate settore per settore, quindi è in corso la valutazione di impatto. Del resto non siamo i soli, anche tanti altri Paesi che non hanno ancora ratificato stanno svolgendo al loro interno delle valutazioni di impatto.
  Rispondo alla domanda sull'allargamento e ad una sulla Russia. Sull'allargamento devo dire che l'Italia anche all'ultimo Consiglio che si è svolto a giugno, il Consiglio affari generali, si è battuta per tenere vivo questo processo e il focus del dibattito di giugno era l'apertura dei negoziati con la Macedonia del Nord e con l'Albania. Alla fine, vista la resistenza estrema di un gruppo di Paesi non favorevoli all'allargamento in questa fase o comunque all'allargamento prima di una revisione dell'architettura istituzionale dell'Unione europea (parlo soprattutto di Francia e Paesi Bassi), si è riusciti a trovare una soluzione di compromesso che apre la prospettiva di avvio dei negoziati per questi due Paesi a giugno 2019. Certamente è un compromesso, noi volevamo qualcosa in più, però siamo riusciti a tenere vivo il processo. Per fortuna anche la Presidenza austriaca è molto motivata su questo elemento dell'allargamento.
  Per quanto riguarda i dazi alla Russia. Più che dazi alla Russia si tratta di sanzioni e controsanzioni: questa spirale che si è innescata e che, come sapete, è legata al fatto che sono di diverso tipo. Ci sono quelle settoriali, poi ci sono quelle individuali che sono quelle che pesano di più e sono legate all'implementazione degli Accordi di Minsk da parte della Russia. Qui bisognerà vedere, visto che vengono rinnovate ogni sei mesi e adesso quelle settoriali sono rinnovate fino alla fine gennaio 2019, mentre quelle individuali verranno rinnovate a settembre per sei mesi, fino a marzo.
  L'Italia comunque ha posto il problema di come sviluppare nel quadro della strategia Unione europea/Russia il quinto punto, che riguarda il dialogo con gli attori non governativi, società civile ma anche attori economici, piccole e medie imprese, e per questo abbiamo chiesto che si possano riattivare i prestiti da parte della BEI e anche della BES nei confronti delle piccole e medie imprese russe, ma naturalmente questo richiede un cambiamento delle decisioni del Consiglio europeo 2014 e quindi è tutto ancora da negoziare e ovviamente non sarà facile, visto il clima che c'è all'interno dell'Unione europea.
  In relazione al quadro finanziario pluriennale è chiaro che la proposta della Commissione europea (l'ho detto nella mia introduzione) non ci soddisfa pienamente per quanto riguarda le politiche tradizionali; è anche vero che sulla coesione all'Italia verranno assegnati 2 miliardi e 300 milioni di euro in più rispetto all'attuale periodo finanziario, però noi stiamo chiedendo Pag. 19 nel negoziato risorse ulteriori soprattutto per le regioni meridionali, dove in virtù del moltiplicatore utilizzato abbiamo ottenuto come aumenti meno di quello che avremmo potuto ottenere.
  Per quanto riguarda l'agricoltura c'è qualche taglio per l'Italia, sul quale dovremo continuare a negoziare. Lì c'è il tema della convergenza esterna, che è un criterio che favorisce l'avvicinamento dei pagamenti medi per ettaro per i Paesi dell'est, quindi questo toglie risorse ai paesi più grandi e più sviluppati, ma questo ovviamente sarà un negoziato lungo, perché nel periodo finanziario in corso durò trenta mesi e qui c'è l'auspicio di poterlo chiudere prima delle elezioni europee, ma, come potete ben immaginare, sarà molto complicato.
  Questioni economiche, piano B. Ho detto nella mia introduzione che l'agenda per questa legislatura (ci riferivamo alla legislatura europea in questa sua fase crepuscolare, che durerà poco meno di un anno) è fondata su delivery e implementation, quindi non aprire nuovi fronti sul piano legislativo, né sul piano dell'architettura; per il momento la strada è ben tracciata sulle cose da fare, questa unione bancaria a cui mi riferivo prima, quindi le decisioni su come rendere operativo il backstop al Fondo di risoluzione unico.
  È importante però notare una cosa anche nello schema sulla governance economica, monetaria, bancaria. L'ho detto anche all'inizio, i paradigmi tradizionali (Francia, Germania, la mediazione della Commissione) non rispondono più alla complessità, tanto che i risultati di Mesenberg sono stati contestati da otto Paesi che adesso si chiamano «i dodici», ma comunque sono Paesi molto rigoristi nel senso di voler introdurre in maniera ancora più rigorosa misure di risk reduction.
  Loro vedono praticamente Mesenberg come troppo blanda dal punto di vista delle condizioni per fare avanzare l'unione bancaria e soprattutto non amano l'introduzione in agenda della capacità fiscale dell'Unione europea. Per loro di fronte a shock economici e macroeconomici gli Stati membri devono cavarsela da soli con i propri buffer nazionali.
  La governance quindi è un discorso molto complesso. Purtroppo non c'è un fronte sud compatto su questi temi della governance economica, che è piuttosto sfilacciato, e non è facile quindi costruire alleanze su politiche che possano portare a una maggiore condivisione del rischio e ad una politica fiscale comune.
  Sulla Rappresentanza permanente e come renderla ancora più efficace, sarò abbastanza chiaro e breve. Dovremmo essere più numerosi, perché confrontati con i Paesi delle nostre dimensioni, cioè Francia, Germania e Spagna, abbiamo un deficit di risorse umane, sia a livello di diplomatici che come esperti di vari settori; nonostante questo riusciamo a colmare il più possibile questo gap, ma, se vedete le cifre, il gap è molto forte dal punto di vista numerico, il che fa sì che da noi singoli funzionari esperti si occupino di più settori mentre in altre rappresentanze si possono permettere una maggiore specializzazione: vi è ad esempio il country desk oppure quello che si occupa di un unico settore. Questo è un dato di fatto, è così, ma è un problema atavico.
  L'altra cosa importantissima per la performance è che, quanto più è strutturato e consolidato il concerto tra le varie articolazioni istituzionali qui a Roma, tanto più ne beneficia la Rappresentanza permanente.
  Ci sono molte altre domande alle quali non ho avuto occasione di rispondere. Però, brevemente, sulla presenza di funzionari italiani nelle istituzioni: credo che non sia una questione numerica, perché nei livelli apicali (direttore generale, vice direttore generale e direttori) siamo più o meno alla pari degli altri, in alcuni casi anche meglio degli altri Paesi delle nostre dimensioni. È una questione qualitativa: avere funzionari italiani anche nei settori delle direzioni generali di principale interesse nazionale, naturalmente coinvolgendoli non soltanto a Bruxelles, ma anche a Roma da parte delle nostre istituzioni, per farli sentire europei e italiani. Pag. 20
  Mi fermo qui perché il tempo è esaurito, mi dispiace per le domande alle quali non ho risposto.

  PRESIDENTE. Grazie, ambasciatore Massari, grazie ai colleghi presenti. La ringrazio delle risposte puntuali ed esaustive che ci ha dato, mi dispiace per la brevità del tempo avuto a disposizione.
  Nel ringraziare di nuovo l'ambasciatore, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.15.