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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 21 febbraio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 

Audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Sen. Erika Stefani, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 3 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 9 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 9 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 9 
Russo Paolo (FI)  ... 9 
Presutto Vincenzo  ... 9 
De Menech Roger (PD)  ... 10 
Osnato Marco (FDI)  ... 11 
Perosino Marco  ... 11 
Errani Vasco  ... 12 
Ferrero Roberta  ... 14 
Collina Stefano  ... 14 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 15 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 15 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 18 

ALLEGATO: Documentazione presentata dalla Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 19

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Sen. Erika Stefani, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, senatrice Erika Stefani, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale.
  Si tratta della prima audizione della Commissione. L'occasione è particolarmente significativa in ragione del lavoro che la Commissione intende svolgere in tema di attuazione dei princìpi di autonomia degli enti locali e del relativo regime finanziario.
  Ricordo che nelle prossime settimane ascolteremo il Ministro dell'economia e delle finanze Tria, il Ministro dell'interno Salvini e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giorgetti. Ringrazio il Ministro Stefani per aver accolto con solerzia l'invito della Commissione a intervenire a questa audizione, di aver trovato il tempo in questo momento sicuramente molto impegnativo. Quindi, nel ringraziarla per la disponibilità dimostrata, le cedo immediatamente la parola.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Ringrazio lei, presidente, e ringrazio tutti i commissari qui presenti per avermi dato questa occasione, anche se penso che avremo occasione e modo di trovarci spesso nei prossimi tempi, in ragione del fatto che il testo della bozza di intesa con le Regioni sarà sicuramente oggetto di un confronto con il Parlamento probabilmente anche prima della firma dell'intesa.
  Oggi voi trattate un tema di particolare complessità e spero di poter essere all'altezza delle conoscenze che avete in materia. Qui parliamo di federalismo fiscale, ma il tema che sto seguendo in particolare è quello sulla realizzazione dell'articolo 116, terzo comma della Costituzione, ovvero il regionalismo differenziato.
  Per certi versi sono temi che stanno su piani diversi, e si intersecano nel momento in cui si tratta del finanziamento e dell'aspetto economico di tutto l'apparato del riconoscimento delle forme di autonomia e dell'attribuzione delle competenze.
  Penso che voi preferireste restare più sull'ambito di fiscalità generale, ma volevo cogliere l'occasione di oggi per parlarvi invece della bozza di intesa che sono stata in grado di fare all'esito di laboriosi, rocamboleschi incontri di trattativa. Se quindi siete d'accordo, farei una premessa introduttiva sulle questioni che riguardano la legge n. 42 del 2009, però non vorrei che si creassero confusioni: io non sono un'esperta di federalismo fiscale, siete più esperti voi, per cui facciamo prima questa parte e poi, se siete d'accordo, parlerei di autonomia, visto che è l'argomento caldo di cui si sta trattando molto. Pag. 4
  Se si fosse pensato un anno fa al Ministero per gli affari generali e le autonomie e ci si fosse chiesti cosa dovesse fare, si sarebbe pensato alle valutazioni di impugnazione delle leggi regionali o alla materia delle autonomie speciali, che già ci sono e quindi hai un sistema di gestione nel quale fai da notaio negli accordi di finanza pubblica che vengono trattati con il MEF; poi invece ti trovi con un tema come quello dell'autonomia differenziata e allora la cosa diventa più impegnativa.
  Credetemi, non è facile costruire un percorso quando si parte da un comma della Costituzione veramente scarno. Ciò che prevede è che si parta da una richiesta della Regione di avere ulteriori e particolari forme di autonomia e che queste possono venire riconosciute in base a una intesa; solo in due casi nella Costituzione si usa la stessa indicazione, nel 116, terzo comma, e nell'articolo 8 della Costituzione sulle confessioni religiose.
  C'è poi l'approvazione della legge a maggioranza assoluta dei componenti, ma non è spiegato come debba essere costruita. Devi allora saper utilizzare quello che hai, hai tutto l'apparato della Costituzione e cerchi su questo di creare un percorso, e vi dico che non è facile, perché al di fuori delle aule parlamentari e dei corridoi ministeriali non è che ci sia quel dibattito dottrinario su cosa debba intendersi per intesa, cosa debba esserci e come arrivarci.
  Per questo è importantissima oggi questa audizione, perché adesso il percorso deve essere condiviso.
  Ad oggi ho avuto circa una novantina di incontri fra tre parti, cioè il Ministero di competenza richiesto dalla Regione, la Regione, io medesima, e ti trovi con queste parti a cercare di costruire un punto di incontro. Ci sono voluti tanti mesi per capire non solo ciò che si vuole fare, ma ciò che si può fare, passaggio non da poco.
  La competenza concorrente, che noi conosciamo dall'articolo 117, è materia dove già oggi si può legiferare Stato e Regione, ma dire quale competenza che può essere richiesta da una Regione sia effettivamente fra quelle competenze non è così immediato. Ad esempio, sull'organizzazione della giustizia di pace abbiamo pensato un bel po’ per chiedere pareri e verificare, ma l'organizzazione della giustizia di pace sono anche gli stessi giudici di pace, cioè i giudici onorari; quindi uno prende la falsariga, erroneamente cerca di ispirarsi agli Statuti speciali che, proprio perché sono speciali e hanno lo Statuto speciale a rango costituzionale, possono porsi nello stesso grado della Costituzione, ma se faccio dei concorsi per la nomina dei giudici di pace ciò rientra in materia ordinamentale, è competenza esclusiva dello Stato.
  Abbiamo quindi dovuto fare un ragionamento di questo tipo su ogni materia e su ogni richiesta, per cui adesso quindi arriviamo con un testo sul quale ci sono dei nodi politici che devono essere risolti anche attraverso un confronto con il Parlamento.
  Nella vostra lettera di convocazione mi veniva chiesto lo stato di attuazione della legge n. 42 del 2009. È ovvio che sarebbe più adatta una figura che proviene dal MEF per dare elementi precisi, comunque ho preparato uno scritto che lascerò agli atti e del quale farò un cappello introduttivo, perché alcune tematiche vengono ripercorse.
  Sapete meglio di me che la legge n. 42, recante criteri direttivi per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, ha delineato un nuovo assetto di rapporto economico-finanziario tra lo Stato e le autonomie territoriali, incentrandolo sul superamento del sistema di finanza derivata (non stiamo dicendo una cosa banale) e sull'attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati, nel rispetto di princìpi di solidarietà, riequilibrio territoriale e coesione sociale. Questi sono dei principi che devono essere fermi, e si capisce come mai la parte economico-finanziaria dell'autonomia differenziata abbia un certo sviluppo (non puoi inventarti tante strade).
  Le Regioni quindi dispongono anche di entrate proprie. Una grande novità della legge n. 42 è aver introdotto il principio di territorialità, che quindi dovrà regolare la modalità di attribuzione alle Regioni del gettito dei tributi regionali istituiti con legge statale e delle compartecipazioni al gettito Pag. 5dei tributi erariali (sottolineo le compartecipazioni, perché è un tema che riprenderò). Si dovrà tener conto del luogo di consumo, localizzazione dei cespiti, luogo di prestazione del lavoro, residenza del percettore.
  Uno degli aspetti qualificanti di questo assetto della legge n. 42 è la fiscalità regionale, ed è rappresentato dalla fiscalizzazione dei trasferimenti statali alle Regioni e alle Province, principio che il legislatore delegato individua come una tappa obbligata per l'attuazione del federalismo.
  Quindi ad esempio, l'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF deve essere rideterminata in modo da garantire al complesso delle Regioni a statuto ordinario entrate corrispondenti ai trasferimenti statali soppressi. Ciò che prima ti veniva passato per trasferimento dallo Stato tu ora lo puoi «trattenere» dal territorio a monte (termini che sentiremo di nuovo nel parlare di autonomia).
  Un quadro normativo di riferimento di finanza degli enti territoriali di particolare attenzione riguarda la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni per le funzioni essenziali delle Regioni e per le funzioni fondamentali degli enti locali, passaggio anche questo importantissimo. La Costituzione assegna alla legislazione esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
  Sapete che questo principio è stato declinato in modo compiuto in ambito sanitario con il decreto legislativo n. 68 del 2011, all'interno di un vincolo macroeconomico di finanziamento già predeterminato e di un riparto che non tiene conto dei costi standard, ma utilizza la media pro capite pesata del costo registrato dalle Regioni benchmark, per giungere quindi ad un riparto finale dove la quota di ciascuna Regione è pari alla sua quota di popolazione, materia di particolare complessità. La legge n. 42 del 2009, nel definire i princìpi di finanziamento delle autonomie territoriali ha quindi operato una distinzione fra le spese per le funzioni connesse ai livelli essenziali e quelle relative alle funzioni non fondamentali degli enti.
  Cosa è fondamentalmente il fabbisogno standard? Secondo la definizione della legge n. 42, che nel primo articolo parla proprio di valorizzare l'efficienza e l'efficacia, il fabbisogno standard costituisce l'indicatore rispetto al quale comparare e valutare l'azione pubblica, e costituisce quindi il livello ottimale di un servizio valutato a costo standard.
  Partito tutto questo meccanismo, si è costituita una pesante e laboriosa banca dati, che raccoglie tutte le informazioni che sono state acquisite tramite la somministrazione agli enti locali di questionari (come potete vedere sul sito della SOSE, è qualcosa di veramente molto articolato), dove il fabbisogno standard è determinato attraverso degli indicatori, che sono stati previsti oggi per Comuni, Città metropolitane e Province. Quindi il lavoro fatto oggi sui fabbisogni standard riguarda solo questi enti territoriali e passa prima attraverso una banca dati di informazioni che provengono dal territorio.
  Il fabbisogno standard è quindi determinato attraverso l'individuazione di modelli organizzativi e livelli quantitativi delle prestazioni, l'individuazione di un modello di stima dei fabbisogni standard su criteri anche di rappresentatività, e un sistema di indicatori per valutare l'adeguatezza dei servizi e consentire agli enti locali di migliorarli.
  Per quanto riguarda gli effetti stessi della legge n. 42, c'è tutto un sistema di perequazione orizzontale; quindi il Fondo di solidarietà comunale – istituito nel 2013 in sostituzione del Fondo sperimentale di riequilibrio – a partire dal 2015, a seguito di imposizione dell'ultima tranche dei tagli comunali, è alimentato esclusivamente con la quota predeterminata del gettito standard IMU di competenza comunale.
  Per quanto riguarda invece gli effetti dei fabbisogni standard, a fronte dell'esigenza di costituire un meccanismo perequativo, la soluzione adottata nel nostro Paese fa riferimento al sistema di determinazione dei fabbisogni standard delle capacità fiscali standard, nonché al relativo schema Pag. 6di redistribuzione. L'obiettivo che era stato individuato dal legislatore nel 2009 è quello di assicurare che la distribuzione delle risorse tra i Comuni risponda a un criterio capace di garantire l'effettivo fabbisogno, auspicabilmente anche il valore assoluto, per lo svolgimento di funzioni locali in base al confronto tra i fabbisogni e le capacità fiscali standard comunali.
  I fabbisogni standard sono quindi definiti come dei livelli standard della spesa corrente comunale necessari per garantire lo svolgimento delle funzioni fondamentali. I valori che sono stati individuati sono strutturalmente un po’ inferiori ai valori della spesa storica, poiché, in coerenza con quanto era stato previsto anche dal decreto legislativo n. 216 del 2010, i fabbisogni relativi alle funzioni generali di amministrazione confluiscono nel calcolo per il 70 per cento del proprio valore.
  Questo riparto perequativo sta quindi sostituendo il sistema dei trasferimenti storici e, facendo una previsione, nel 2021, con la legislazione attuale, il Fondo di solidarietà comunale sarà integralmente ripartito in base ai criteri perequativi.
  Passerei ad illustrare lo stato delle iniziative assunte dalle Regioni, in particolare Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, per la definizione di queste intese fra lo Stato e le Regioni ai sensi dell'articolo 116, comma 3, della Costituzione.
  Non sono le sole tre Regioni che hanno fatto richiesta di autonomia; il prossimo 7 marzo incontro il presidente De Luca per strutturare la trattativa sul riconoscimento dell'autonomia differenziata alla Campania, oltre ad avere già ricevuto ed essere già partiti con la trattativa in particolare del Piemonte e della Liguria, e già a luglio dell'anno scorso hanno fatto richiesta di autonomia differenziata la Toscana, l'Umbria e le Marche, quindi con la Campania siamo a nove in totale.
  L'impianto generale scelto per il riconoscimento dell'autonomia differenziata ovviamente deve essere uguale per tutti, altrimenti potremmo creare veramente una situazione sclerotica per certi versi.
  I percorsi per arrivare alla richiesta di autonomia sono stati diversi a seconda delle Regioni, quindi nel 2017 Veneto e Lombardia hanno fatto dei referendum, con i quali hanno sottoposto alla popolazione un quesito, chiedendo se si intendesse chiedere il riconoscimento di ulteriori, particolari forme di autonomia. L'Emilia-Romagna è partita con un meccanismo diverso, meccanismo che poi è stato adottato nelle altre Regioni – quindi Liguria, Toscana, Marche, Umbria e Piemonte – e consistente in un passaggio di iniziativa direttamente del presidente della Regione previa consultazione dell'apparato decisionale interno, il Consiglio regionale.
  Nel corso della precedente legislatura, a febbraio dell'anno scorso, sono stati firmati questi tre accordi separati, chiamate pre-intese, perché non erano delle intese vere e proprie e giuridicamente non erano neanche un contratto preliminare perché non c'è l'obbligatorietà di mettere in esecuzione; comunque queste pre-intese hanno segnato un cammino, sono state firmate al tempo dal Sottosegretario Bressa, e dai presidenti delle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna.
  Quando a giugno mi è stato dato l'incarico di seguire gli affari regionali e le autonomie, ho praticamente riaperto il medesimo negoziato, utilizzando la stessa impostazione che era partita con lo schema delle pre-intese. Questo perché il dubbio che mi era sorto da subito è che con un sistema di legge delega ci sarebbero state delle perplessità, che da subito erano state evidenziate, di rispetto della Costituzione. Se infatti in una legge delega metti solo i principi e poi trasferisci le competenze effettive con un decreto legislativo che, come previsto in Costituzione, non deve essere approvato a maggioranza assoluta dei componenti – ovvero con una procedura rinforzata – c'è quindi il dubbio (che penso possiate condividere con me) che non possa essere rispettato il dettato costituzionale.
  Si è quindi preferito un passaggio molto più articolato, al fine di arrivare a scrivere praticamente tutte le competenze all'interno del testo, non limitandosi a dire ad esempio che la Regione diventerà competente in materia di sanità, anche perché cosa vuol dire sanità? È edilizia sanitaria, Pag. 7è il personale, sono le formazioni specialistiche? Diventa troppo generico, e in questo senso sì che il Parlamento sarebbe stato esposto a una forma di esautorazione, perché alla fine non avrebbe mai visto esattamente qual è il regionalismo differenziato che si attua, e nessuno avrebbe compreso veramente e di quale competenza si tratta.
  Abbiamo quindi scelto il percorso di fare la trattativa sulle singole materie, chiedendo ad ogni Regione di indicare e declinare esattamente quali sono le competenze richieste, quindi di indicare sotto la rubrica «Tutela Beni culturali» o «Tutela ambiente» cosa si intenda.
  In contemporanea, aperto formalmente il negoziato con le Regioni, si è tenuta anche una discussione per individuare quale fosse il profilo generale destinato a regolare i rapporti di tipo finanziario e il rapporto fra legislazione statale e legislazioni regionali.
  Ci sono stati anche momenti di dialettica interna, perché, una volta avute delle risposte da alcuni ministeri, ve ne erano altri che avevano maggiori perplessità, e c'è stata la necessità di fare degli approfondimenti. È vero anche che sono materie particolari e particolarmente delicate, in materia ambientale per esempio occorre avere un particolare scrupolo, perché va a incidere direttamente, se impropriamente strutturata, sul mondo dell'impresa, creando eventuali trattamenti diversi da Regione a Regione.
  Per quanto riguarda questo impianto, che deve essere quindi uguale per tutte le Regioni e posto all'attenzione del Parlamento per verificare se il percorso sia corretto, se sia migliorabile e se ci siano degli aspetti che non sono stati valutati, le risorse finanziarie saranno determinate all'inizio in termini di spesa storica, quindi sostenuta attualmente dallo Stato per l'esercizio di quella funzione, e quelle risorse, siccome sono calcolate in termini di costo storico, verranno esattamente quantificate con dei decreti del Presidente del Consiglio di ministri su iniziativa del Ministero dell'economia, che saranno sottoposti al vaglio parlamentare in sede di parere.
  Ho previsto che venga inserito un passaggio anche in Conferenza Unificata, ovvero un confronto su ogni singolo decreto (ma verrà fatto anche per l'impianto generale) non solo alla Conferenza Stato-regioni, ma alla Conferenza Stato-regioni unita alla rappresentanza dei comuni e delle province. Questo è importante, perché quando si va a decidere su un tema si deve guardare anche agli eventuali riflessi su tutto il resto dell'impianto istituzionale.
  L'obiettivo, nel rispetto della legge n. 42, è quello di superare la spesa storica per arrivare ai fabbisogni standard, come si fa per comuni e province, ma rispetto al fabbisogno standard deve avvenire non solo in base alle competenze che attualmente hanno le Regioni, ma anche alle competenze che saranno attribuite in base al 116, terzo comma. Questo è il passaggio in più, per cui uno non può dire che il regionalismo differenziato lo sistemi solo con l'attuazione pura e semplice della legge n. 42; sono due percorsi diversi, perché in uno si guarda alla determinazione dei fabbisogni e dei costi standard per quelle competenze, qui si parla del meccanismo del trasferimento delle competenze.
  Come vengono determinati i fabbisogni? I fabbisogni oggi sono in lavorazione in una Commissione tecnico-politica, dove li stanno già elaborando per province e comuni. Devo dirvi la verità: avevo avuto il dubbio, che per certi versi mi resta, ma magari possiamo risolvere in questa sede, se attribuire la determinazione dei fabbisogni standard delle Regioni anche nel caso del regionalismo differenziato, per cui devi capire prima quali sono le singole competenze trasferite per capire dove strutturare i fabbisogni e i costi standard, e se farlo nella stessa Commissione; cioè il mio dubbio era se metterci anche questo lavoro ulteriore.
  Questo garantirebbe una omogeneità di lavoro, ma di certo un grandissimo appesantimento, per cui si può prevedere anche una Commissione che faccia il pari lavoro in coordinamento, e che tratti solo della determinazione dei fabbisogni standard in materia di regionalismo differenziato. Pag. 8
  In tutto questo c'è il passaggio importantissimo e fondamentale (è una grande sfida cominciata tanti anni fa e non ancora attuata compiutamente) che riguarda tutte la materia sull'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni. Occorre un grande input politico e un grande impegno per determinare i livelli essenziali delle prestazioni, che devono essere fatti, e i fabbisogni standard hanno la necessità che siano fatti i livelli essenziali delle prestazioni.
  Ovviamente puoi fare i livelli essenziali delle prestazioni quando sai esattamente su quali delle prestazioni devi andare ad indagare. Io non sono un genio nei livelli essenziali delle prestazioni come non sono un genio nei fabbisogni, quindi se ho un dubbio chiedo. Ho chiesto al MEF, ho chiesto alla SOSE, e tutti mi dicono che il percorso per l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni non può essere fatto a monte in bianco, devi sapere su quali prestazioni vai a incidere, non lo puoi fare genericamente su tutto il panorama se fra queste non ci sono le prestazioni da attribuire in regionalismo differenziato.
  La logica del regionalismo differenziato è quella di arrivare dal costo standard ai fabbisogni standard; è una grande sfida che può fare paura, se prendete tutto il lavoro fatto nella precedente Commissione sul federalismo presieduta dal sottosegretario Giorgetti, stiamo parlando degli stessi temi che sono sui giornali in questi giorni, ossia la paura che la determinazione dei fabbisogni standard possa creare delle disparità.
  Parto sempre dall'essere ignorante, però se vedo i dati che mi sono stati riportati da SOSE rilevo una cosa molto particolare; nei grafici su comuni e province c'è l'indicazione del fabbisogno standard e della spesa storica, e i fabbisogni standard trascinano la spesa storica; nel fare il fabbisogno standard vai quindi ad influire sull'impianto della gestione delle risorse, ed è vero che è una grande sfida, ma non è che il fabbisogno standard lo puoi fare solo per una Regione, non è che se Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna chiedono il regionalismo differenziato, fai i fabbisogni standard solo per loro, funziona se lo fai per tutto lo Stato.
  Per questo dico che è un bel lavoro da farsi, e questa è una sfida che deve riguardare veramente tutta l'Italia, è la solita, vecchia storia dell'efficientamento della spesa pubblica, che non deve andare mai a ledere i livelli essenziali delle prestazioni, e per questo è importante che siano determinati i livelli essenziali delle prestazioni, perché quando fai una misura di efficientamento non puoi andare sotto il limite minimo, ma al contempo la determinazione del minimo non è una cosa così semplice, ma deve essere individuata.
  Come funziona dal punto di vista pratico, come fanno le Regioni a gestire queste eventuali risorse? Lo fanno trattenendo sul territorio o una misura in compartecipazione del gettito maturato nel territorio dell'imposta sul reddito per le persone fisiche o eventualmente con aliquote riservate.
  È importante questo: quando si è parlato di questo lavoro con il MEF e con la Ragioneria di Stato (sappiamo bene come ragiona il MEF perché siamo tutti parlamentari, non passa un emendamento che non abbia la copertura, non puoi far finta che non abbia copertura) quella parte relativa all'intesa sulla parte generale è stata vagliata da MEF e la Ragioneria dello Stato ha detto che è perfettamente in equilibrio con l'articolo 81, ovvero viene fatto a invarianza. L'invarianza è un principio fondamentale, non devi mai andare a discapito di una Regione.
  Su tanti temi si è trovato un accordo, adesso si parla tanto del tema della sanità, ma se uno mi dice che gli interessi di altre Regioni possono essere lesi dal prevedere che la formazione specialistica del medico possa essere fatta in tutte le aziende ospedaliere, non solo in quelle della clinica universitaria nella sede dell'Ateneo, non vedo come questa spesa possa andare a pesare su altre Regioni, è una formazione specialistica che se la fai da una parte, la puoi può fare anche da un'altra. In materia ambientale gran parte delle competenze è amministrativa, e all'interno dell'impianto la maggior parte delle richieste ha un effetto gestionale-amministrativo. Pag. 9
  Le Regioni dicono infatti: «in questo panorama nazionale questa è la parte decisionale che riguarda la Regione, all'interno della Regione utilizzo il meccanismo di risposta al territorio più adeguata» e spesso sono delle sburocratizzazioni.
  Come vedrete quando arriverà il testo in sede parlamentare, quindi prima della firma dell'intesa, nell'ambito di pesca e acquacoltura, l'unica parte che è passata, c'è Istituzione e disciplina delle zone di tutela biologica collegate alle attività di acquacoltura in mare, nel demanio marittimo entro tre miglia dalla costa, Disciplina e autorizzazione del prelievo di novellame, quindi in questo non vedo un grande disastro per le economie nazionali.
  Non so se entrare nel merito delle singole materie, sono declinate in maniera diversa fra Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, però a domanda, dove magari c'è già una struttura, posso anche rispondere, però vi dico che su alcuni temi si devono ancora definire. Vi ringrazio e sono a disposizione.

  PRESIDENTE. Grazie, ministro. Se siete d'accordo concederei un intervento per gruppo, eventualmente se ci sarà tempo faremo un altro giro dopo la replica dal ministro, che alle 10 deve andare a Palazzo Chigi.
  Poiché i temi affrontati sono ampi e tecnici le chiedo, signora ministro, la disponibilità, se lo ritiene opportuno, a tornare in Commissione dopo le audizioni del Ministero dell'economia e delle finanze e della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, e della SOSE, in modo da affrontare il tema in modo più completo ed articolato.
  Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Grazie, presidente. Intervengo solo sull'ordine dei lavori, per anticipare che per il Partito democratico interverrà il collega De Menech.

  PRESIDENTE. Va bene. Procediamo però con gli interventi secondo l'ordine di prenotazione.

  PAOLO RUSSO. Ringrazio il ministro che ha avuto il garbo e la cortesia di essere qui con noi.
  Vorrei capire meglio, ministro, quale sia la consecutio e i modi della definizione dei fabbisogni standard. Ho capito che siamo lontani non dal traguardo, ma dall'inizio, e vorrei quindi capire come si legano queste definizioni (fabbisogni standard, LEP) con la tempistica prevista dell'approvazione delle intese. Ho compreso che è difficile immaginare secondo lei una definizione di fabbisogni standard non parametrati alle singole intese, ma intanto ci viene rilevato come i fabbisogni standard siano un'esigenza di carattere nazionale, quindi anche sottratte alle intese, indipendentemente dalle intese.
  Immaginiamo che nessuna Regione avesse richiesto quanto previsto dalla norma costituzionale, i fabbisogni comunque avrebbero dovuto essere definiti, quindi come ritiene sia utile legare sul piano della tempistica e sul piano della consecutio i fabbisogni standard, i LEP e l'approvazione delle intese?

  VINCENZO PRESUTTO. Volevo ringraziare il ministro per l'attenta elencazione di un aspetto, quello del federalismo, che ci vedrà impegnati come Commissione bicamerale. Secondo me, è uno dei temi più critici in assoluto, perché scontiamo un ritardo di circa diciotto anni, quindi una delle domande politiche più attuali da porsi, al di là dell'attuazione, è perché sia arrivato con un ritardo così grave, visto che la riforma del Titolo V è avvenuta nel 2001.
  Vado direttamente a una domanda precisa, facendo riferimento ad un aspetto che il ministro ha voluto attentamente evidenziare, quello della Commissione per il calcolo dei fabbisogni standard specificamente all'ambito regionale, quindi una domanda pertinente che è stata abbondantemente ripetuta in questi giorni dalla stampa.
  Nell'intesa Stato-Veneto presentata il 14 febbraio, avrebbe un ruolo centrale questa nuova Commissione paritetica, un organismo che dovrebbe comprendere circa diciotto rappresentanti, che in parte sarebbero nominati dalla Regione interessata, quindi dall'autonomia, e in parte sarebbero Pag. 10nominati dal suo ministero, quindi dal Ministero per gli affari regionali. Questa Commissione paritetica però non avrebbe una funzione solamente tecnica, ma sarebbe operativa. Più precisamente spetterebbe al Ministero degli affari regionali determinare le risorse finanziarie, umane e strumentali che lo Stato va a trasferire alla regione interessata, con il Consiglio dei ministri che avrebbe solo il compito di tradurre in decreti quanto determinato da questa nuova Commissione.
  Il Parlamento in questo caso darebbe entro 30 giorni un parere non vincolante, quindi il Parlamento avrebbe una funzione solamente consultiva. Viene inoltre previsto che solo la Commissione paritetica possa verificare ogni due anni la congruità di quanto effettuato rispetto a quanto da essa stessa determinato.
  È possibile che un tale organo possa rivestire un ruolo così determinante nel rispetto della Costituzione? La ringrazio.

  ROGER DE MENECH. Ringrazio il ministro per l'attenzione. Non credo che possiamo pretendere di esaurire tutte le domande oggi innanzitutto perché abbiamo bisogno dei testi delle intese e abbiamo bisogno di una capacità emendativa della Commissione, cioè di dire la nostra dentro l'analisi di questi testi, altrimenti, anche rispetto alle parole che lei stessa ha detto sull'esigenza di coinvolgere gli organi parlamentari, c'è un vulnus.
  Se l'intenzione del ministero e della maggioranza è quella di coinvolgere in via preliminare rispetto alla firma delle intese, noi abbiamo bisogno di queste pregiudiziali, e credo sia l'unico modo per arrivare ad una discussione utile e a un risultato utile nell'interesse non solo delle Regioni che hanno chiesto l'intesa, ma di tutto il Paese nel suo complesso.
  Sul metodo attendiamo che nelle prossime ore o settimane ci arrivi della documentazione, perché altrimenti è veramente complicato ragionare sempre e solo con il sentito dire.
  Nei contenuti abbiamo oggi da sfatare troppi anni di fake news (così le ho definite), nel senso che è chiaro che quando noi costruiamo una politica che per anni parla di residuo fiscale di nove decimi (legge regionale veneta di novembre 2017) poi facciamo fatica a smontarli, e per smontarli abbiamo bisogno di avere dei dati e delle certezze rispetto ai commi che inseriamo all'interno delle intese. Vengo quindi a una serie di domande.
  Sui costi e fabbisogni standard, va bene l'intenzione di applicarli finalmente anche alle Regioni, abbiamo però perplessità sul fatto che sono esattamente sette mesi che manca ancora il Presidente della Commissione tecnica fabbisogni standard, che è una Commissione centrale rispetto all'attività del Governo. Chiediamo quando nominerete questo presidente, perché senza questo presidente non si possono delegare le società del ministero per formalizzare i costi e i fabbisogni standard, altrimenti continuiamo a parlare di cose che poi non facciamo.
  Livelli essenziali delle prestazioni. Questo è un nodo fondamentale, perché dobbiamo intrecciare l'esigenza di costruire il castello dei costi e fabbisogni standard sia dentro la costruzione dei livelli essenziali delle prestazioni sia – secondo noi – dentro anche la costruzione, ovviamente su scala nazionale, di un Fondo perequativo nazionale, per cercare di calmierare le eventuali e quasi sicure distorsioni che ci saranno in ambito nazionale. Ricordo che la base di partenza è quella nazionale.
  L'esigenza di riuscire ad avere i testi è anche rispetto all'analisi puntuale del numero delle materie e dei contenuti delle stesse materie. Lo dico perché per notizie più di stampa che di ambito parlamentare siamo interessati a un'autonomia che sia la più autentica, perché è l'autonomia dei territori, quindi non siamo interessati a sostituire il centralismo nazionale con quello regionale.
  Dico questo perché ci risulta che in alcune intese, segnatamente l'Emilia, sia precisamente sottolineato il fatto che l'autonomia deve essere quella dei territori e quindi a vantaggio delle città e delle zone, mentre in altre non ci risulta questo aspetto, e lo dico perché ovviamente abbiamo letto tutti sulla stampa che dentro la Lombardia c'è la città di Milano, ma c'è la montagna di Pag. 11Sondrio, dentro il Veneto c'è la città di Venezia e ci sono le Dolomiti, quindi vogliamo capire poi come vengano esportati i modelli federalisti e autonomistici sul territorio.
  La sintesi dell'intervento è che quindi noi abbiamo bisogno di un grado di concretezza e di atti giuridici su cui lavorare, perché altrimenti è veramente complicato poter contribuire nell'interesse del Parlamento tutto e della nazione, al fine di portare avanti un lavoro diligente, con un senso da buon padre di famiglia rispetto all'articolo 116 che, come lei ricordava, è frutto di un'iniziativa del 2001 e che ovviamente ha le sue complessità, ma se lo affrontiamo da un punto di vista parlamentare con gli atti forse diamo una mano anche a fare una cosa razionale e coordinata, altrimenti ci viene complicato.
  Infine abbiamo parlato di costi e fabbisogni standard, concetti quindi legati alla spesa corrente, ma ci piacerebbe capire anche rispetto alle spese di investimento come vengano regolate le intese, perché, come sapete, oggi le spese di investimento si basano soprattutto sulle richieste dei territori e sui progetti da spendere nei singoli territori delle Regioni, delle province e dei comuni.
  Ci piacerebbe capire fino in fondo anche questo e quindi ci attendiamo un'ulteriore audizione del ministro, che ha il compito di coordinare un tavolo molto esteso, e soprattutto ci attendiamo che finalmente il Parlamento sia coinvolto rispetto alle intese e prima della firma definitiva. Grazie.

  MARCO OSNATO. Intervengo molto brevemente, perché chi mi ha preceduto ha detto molte delle cose che avrei voluto dire, ed è chiaro che per rispondere alle sollecitazioni avute anche oggi avremmo bisogno di un'analisi testuale puntuale, quindi avremmo bisogno di qualcosa di definitivo.
  All'interno del 116 e delle materie che andremo a prevedere per un'eventuale autonomia sicuramente siamo tutti favorevoli a un decentramento fiscale, a un'autonomia fiscale o comunque a una valutazione di responsabilità fiscale dei territori, ma vorremmo capire su alcuni temi (lei ha parlato di giustizia, ho letto sul dossier di scuola e di grandi infrastrutture, di politiche energetiche del Paese) a cosa si voglia arrivare, e su questo fare delle valutazioni, perché per noi l'interesse nazionale è preminente, quindi tante di queste valutazioni vanno inserite all'interno di questo concetto.
  Un tema ci sta particolarmente a cuore. Nel suo intervento spesso lei ha parlato di enti locali, di comuni, di province, di città metropolitane, ha evidenziato il lavoro fatto negli anni rispetto a queste realtà anche in tema di federalismo e di decentramento. Vorrei capire quale sia all'interno della proposta che ci farete la raffigurazione che voi fate degli enti locali, perché siamo sicuri che l'autonomia è importante, ma non vorremmo passare da un centralismo nazionale a un centralismo regionale, e vorremmo capire rispetto ad alcune province che hanno le loro specificità che sono anche riconosciute da alcune norme (la provincia di Belluno ha addirittura fatto un referendum su questo tema, contestualmente a quello dell'autonomia del Veneto) come vengano considerate e dove vogliamo andare a parare.
  A noi interessa poco sostituire a un centralismo romano un centralismo veneziano, quindi vorremmo capire qual è la vostra intenzione. Grazie.

  MARCO PEROSINO. Anch'io concordo sul fatto che se ragioniamo su testi – non siamo tutti dei costituzionalisti o degli esperti – su queste materie molto delicate è meglio, e chiederei, se fosse possibile, di far passare già in Commissione il principio per cui i testi comunque siano emendabili. Sono contrario ai lavori troppo farraginosi e troppo lunghi, dietro queste parole si celano volontà o non volontà (sono molto realista), ma credo che se ha senso la Commissione, se ha senso audire i ministri e tutti di esperti degli enti indicati, credo che debba passare già qui il principio della emendabilità.
  Siamo su una materia che, come diceva il collega Presutto, se non è stata attuata in diciotto anni, è perché tutti i Governi che si sono succeduti ci hanno provato, poi magari avevano idee diverse e comunque i risultati che possono emergere dagli studi Pag. 12(mi riferisco alle attività del SOSE e di tutte le Commissioni costituite) possono riservare delle sorprese.
  I questionari SOSE sono molto complessi e hanno i difetti della statistica, anche se su vasta scala i difetti vengono mediati e corretti dal metodo statistico e quindi magari tornano, ma all'interno ci possono essere delle discrepanze, delle anomalie.
  Faccio due domande specifiche, magari vado troppo avanti e non è ancora possibile rispondere, ma, ragionando da amministratore, per i costi e i fabbisogni standard si fa l'esempio della siringa che nella ASL A costa 1 e nella ASL Z costa 3, esempio classico. Qual è il fabbisogno standard, 3 più 1 diviso 2, cioè la media, o è il costo minore?
  Sulla questione oltremodo delicata dei trasferimenti che oggi attuate attraverso il Fondo di solidarietà ai comuni e alle province (forse si chiama in modo diverso, ma il metodo è uguale), le faccio presente che questi trasferimenti tengono conto del cosiddetto «piè di lista». Illo tempore, quando sono partiti, sono partiti sulla base di situazioni di fatto che riguardano il personale o la spesa storica. I comuni che avevano più speso sono stati beneficiati e sono beneficiati tuttora, tant'è che questo si vede a occhio, perché, se il comune A di 10.000 abitanti ha 100 dipendenti e il comune B di 10.000 abitanti ne ha 300, c'è qualcosa che non quadra e, se ce la fa a pagarli, vuol dire che i trasferimenti a piè di lista degli anni 1970-1980 non funzionano.
  Dico questo perché alla fine i Governi che non decidevano molto hanno cristallizzato la situazione. Forse andare a toccare è come lanciare una bomba atomica, perché, se verranno fuori certi dati o si decideranno certe cose, questo avrà una deflagrazione enorme. Credo anche che alla fine magari la politica farà sì che si trovi qualche accordo che dice tutto, ma che in realtà non dice niente.
  Forse sono andato troppo avanti negli esempi o non sono neanche del tutto pertinenti, ma chiudo dicendo questo. Come Gruppo di Forza Italia chiediamo che sia ribadito qui, se lei può, che i testi possono essere emendati. Dopodiché sulle singole questioni vedremo, come prevedibile, la divisione. Come già si intravvede dalle notizie di stampa e dai dibattiti, la divisione non sarà strettamente politica, ma sarà più trasversale, magari più geografica.
  Faccio presente da piemontese che io sono uno che lavora per la mediazione, ma mi rendo conto che qui ci troviamo di fronte a una bomba atomica – ripeto questo concetto – e basta poco a innescarla.

  VASCO ERRANI. Grazie, ministro. Come è risultato evidente dalla sua esposizione, siamo di fronte a un tema estremamente complicato.
  Forse potrebbe aiutarci una riflessione sull'esperienza dell'applicazione del Titolo V, che ci dice una cosa fondamentalmente negativa, vale a dire che sostanzialmente è la Corte costituzionale che ha esercitato, surrogando, la funzione legislativa dello Stato e per altri versi delle Regioni ed è la Corte costituzionale che, meritoriamente a fronte di un vuoto, ha definito i confini legislativi.
  Se questo è vero e se condividessimo questa analisi sostanziale, che peraltro sta nelle relazioni dei presidenti della Corte costituzionale e dei presidenti della Corte dei conti e in un dibattito, la prima cosa che dovremmo decidere è di evitare che, attraverso un percorso non definito, si corra di nuovo un rischio di questo tipo.
  Io sono per l'applicazione del terzo comma del 116: è Costituzione e io sono perché sia applicato. Tuttavia, al di là delle stesse volontà dei proponenti o dei legislatori, sei noi non definissimo un quadro di riferimento, non saremmo in grado di stabilire dove stiamo andando. Questo, ministro, è il primo problema che io le propongo. Qual è l'idea di Repubblica che abbiamo? Dove stiamo andando? Il problema non è l'esercizio di una funzione organizzativa, su cui – ripeto – sono completamente d'accordo, il problema è come questo esercizio di una competenza o di una funzione organizzativa si inquadra in un assetto che assicuri i diversi territori, in primis i cittadini, che esiste un equilibrio.
  Le esperienze fatte ci dicono che occorre – per me è abbastanza chiaro, ma Pag. 13sono pronto a un confronto di merito – fare chiarezza anche sui termini. In primo luogo, il tema del residuo fiscale non esiste. Sgombriamo il campo. Attenzione, però: vi sono, invece, delle determinazioni legislative che parlano dei nove decimi del residuo fiscale, perfino per quelle imprese che hanno una sede fiscale in un'altra regione e che attraverso il loro rapporto col PIL dovrebbero versare a quella regione. Chiariamo in modo tombale: ragionare in questi termini significa che non esiste più l'Italia. La prima cosa di cui bisognerebbe parlare sarebbe la redistribuzione del debito italiano. Per esempio: noi siamo in Europa coi mercati finanziari, salviamo l'Italia. Dunque, non parliamone più, però bisogna chiarirlo.
  In secondo luogo, una cosa sono i livelli essenziali delle prestazioni e una cosa sono i fabbisogni standard. Sono due cose, non una, e la sovrapposizione tra le due cose produce, ahinoi – ripeto – a prescindere dalla volontà, un rischio quantomeno di confusione assolutamente non risolvibile.
  Come è stato detto, siamo a zero per quanto riguarda i fabbisogni standard, ma non nascondiamoci che nell'esperienza dei fabbisogni dei comuni vi sono elementi di complicazione enorme che non sono affatto risolti.
  A proposito di fabbisogni standard, usiamo l'esempio della siringa, che è stato citato dal collega e che è l'esempio classico. Elementare: una siringa non può costare venti volte in un territorio rispetto a un altro, questo è abbastanza semplice.
  Vi consiglio di fare una valutazione, per esempio, di un sistema sanitario che è simile al nostro, che è quello del Canada. Stanno lavorando da 25 anni ai costi standard e non l'hanno risolto, perché una cosa è la siringa, una cosa è un farmaco, una cosa è una prestazione oncologica, una cosa è una rete di prestazioni integrate tra territorio e ospedale. Io, per esempio, sono da sempre perché la facoltà medica possa utilizzare anche l'ospedale non policlinico per fare formazione, ma è la facoltà medica che fa formazione, attenzione, perché noi non faremo i medici regionali.
  Dal punto di vista del curriculum formativo e dal punto di vista della gestione in questo Paese – altrimenti ci si alza e si dice un'altra cosa – c'è un Servizio sanitario nazionale. Pensate, per esempio, a tutto il tema del rapporto tra diritto del cittadino e mobilità.
  Il terzo tema sono i LEP (livelli essenziali delle prestazioni). Questa Repubblica deve decidere quali servizi vuole fornire. Lo deve decidere per stabilire anche che questo strumento può essere utile a recuperare i ritardi territoriali che già oggi ci sono e che sono enormi, non solo tra nord e sud, ma anche dentro i territori. Pensate, per esempio, alla sanità in montagna, in zona pedemontana e nei centri delle città. Io penso, per esempio, che da questo punto di vista occorrerà fare una riflessione.
  Dunque, LEP e costi standard debbono dialogare e debbono tener presente un'articolazione, perché è chiaro che una prestazione sanitaria in montagna costa di più, ma il problema è: è giusto o no che quella prestazione sia esercitata in montagna, visto che ci sta crollando tutto l'Appennino e se andiamo avanti con lo spopolamento non riusciremo a governare l'assetto del territorio?
  Ho cercato di evidenziare alcuni problemi. Vengo alla prima domanda. È del tutto evidente, ministro, che usare l'articolo 8 della Costituzione è destituito di fondamento, perché l'articolo 8 della Costituzione si riferisce al rapporto tra lo Stato e i diversi culti, non quello cattolico ma i culti di minoranza, che prevedono una protezione. Questo è l'articolo 8 della Costituzione.
  Ha pienamente ragione lei: nel terzo comma non c'è la procedura, ma bisogna costruirla e questa procedura non può che passare dal Parlamento. Deve essere il Parlamento che svolge la sua funzione e che definisce i riferimenti. Senza definire i princìpi fondamentali attraverso cui viene esercitata la competenza ambientale o la competenza dei beni culturali, per fare solo un esempio e per non parlare solo di istruzione e di sanità, noi avremo uno Stato «arlecchino». Pag. 14
  Dunque, io le pongo una domanda. Al di là del fatto che – mi sembra ovvio, sono d'accordo con i colleghi – abbiamo bisogno della documentazione di queste intese, perché noi non le abbiamo viste, e dobbiamo capire di che cosa stiamo discutendo, il Governo ci fa una proposta di un percorso parlamentare che dia un ruolo al Parlamento, che non può essere solo di dibattito o di consultazione, ma che deve arrivare fino alla possibilità di emendare la legge?
  Inoltre, vorrei sapere quali sono i tempi sui quali intendete operare. Infine, le chiedo come sono possibili le forme di perequazione territoriale, laddove mancano i servizi in quei territori.

  ROBERTA FERRERO. Ringrazio il ministro per la disponibilità e per il gran lavoro che sta svolgendo. I tempi si sono allungati e la Commissione sul federalismo fiscale c'è da tempo, ma adesso mi sembra che si stia davvero lavorando nel senso dell'autonomia differenziata, anche perché con il nostro ministro cominciano a esserci dei confronti a livello di Regioni.
  Vorrei entrare nello specifico dell'argomento, di cui magari avremo la documentazione e avremo dei maggiori riscontri dal ministro. Dato che questa è la Commissione che si occupa in particolare di quella che sarà l'autonomia differenziata in tema di fiscalità, quindi di tasse, essendo io piemontese, vorrei capire nell'incontro con il presidente della regione Piemonte Chiamparino che cosa si è detto e che intesa c'è stata per quanto riguarda appunto il tema della fiscalità.

  STEFANO COLLINA. Io vorrei concentrarmi solamente su un aspetto, che mi sembra però preliminare, che è stato già toccato da alcuni. Ci sono poi le questioni concrete e specifiche sui contenuti delle intese, ma vorrei chiarire un aspetto. Il fatto che in Costituzione sia stato inserito il tema del regionalismo differenziato non significa che è una determinazione che deve essere applicata automaticamente. Si dice che sono diciotto anni che non è successo niente. Sono cose che non sono obbligatorie, ma sono possibili nel momento in cui si attivano, quindi io archivierei tutto questo discorso.
  Detto questo, però, il tema che possano essere attivate e il fatto che non ci siano le procedure codificate né all'interno della Costituzione né fuori su come attivarle determinano che oggi dobbiamo fare una riflessione su quale sia il percorso. Si è discusso sull'emendabilità, la ministra ha parlato di pareri consultivi del Parlamento. Qui siamo a una prima applicazione e dobbiamo capire che strada fare. Giustamente il senatore Errani diceva che non siamo di fronte a delle confessioni religiose nel momento in cui trattiamo il rapporto tra Stato e Regioni, quindi l'articolo 8 della Costituzione non si applica.
  Noi qui abbiamo necessità di definire un percorso che sia partecipato, dove la partecipazione non è legata ai cittadini e a una forma di democrazia diretta, che qualcuno ha espletato e altri no, ma è una partecipazione istituzionale, perché questo percorso non può essere legato a un rapporto a due tra Governo e Regione specifica. Va delineato un quadro complessivo di equilibrio che tiene insieme lo Stato e che determina il fatto che ci siano delle compatibilità sul risultato finale, che può essere anche un risultato finale legato alla singola richiesta di una Regione. Sono partite in tre e adesso siamo arrivati a nove Regioni ma, se la chiedeva solo una, che equilibrio saltava fuori? Lo Stato nella sua unità nazionale con una Regione che chiede un regionalismo differenziato e le Regioni a statuto speciale? Adesso, invece, siamo a nove, quindi è un quadro differente.
  Io credo che dobbiamo immaginarci che anche le Regioni che non chiedono il regionalismo differenziato debbano intervenire nel percorso di confronto su un equilibrio complessivo che viene mutato dalle richieste di alcune e viene mutato anche in forma asimmetrica, perché c'è chi chiede tante materie e chi ne chiede di meno.
  C'è questa complessità da gestire, che io non risolverei in modo tranchant basandomi sul fatto che l'articolo 81 è rispettato e che, quindi, c'è l'equilibrio del bilancio dello Stato, in una situazione di tale indeterminatezza quale lei, ministro, ha descritto, Pag. 15 nel senso della complessità del tema, non tanto della mancanza di obiettivi politici o di conoscenza delle questioni.
  Questo è un tema trasversale, non ci sono Regioni governate solamente da chi storicamente ha puntato ad affermare e a cercare di concretizzare i contenuti del terzo comma, ma ci sono anche altre Regioni politicamente diverse. C'è veramente la possibilità di fare un percorso di partecipazione e di confronto dal punto di vista istituzionale, che ci coinvolga tutti. Questo sarebbe, secondo me, il senso di una legislatura di fronte a un tema così importante dal punto di vista dell'applicazione del federalismo e di un principio che potrebbe finalmente essere attuato a favore di tanti, dei cittadini innanzitutto, ma all'interno di un percorso che fa salva l'unità nazionale e tiene gli equilibri nel nostro Paese.

  PRESIDENTE. Prima di cederle la parola, ministro, vorrei sottolineare che la nostra Commissione ha una serie di competenze molto ampie e tecnicamente anche complesse, tra le quali fortunatamente non rientra per ora quella di stabilire l’iter di approvazione delle leggi, anche perché è un compito, come sapete, di stretta pertinenza presidenziale. Ovviamente non è compito nostro stabilire in che termini eventuali e quale sarà l’iter che i presidenti delle due Camere decideranno.
  Lo dico solo per lasciare agli atti che ovviamente la Commissione non si occuperà di dare istruzioni ai presidenti sul procedimento da tenere. È comunque un tema che rientrerà sicuramente – presumo – nelle audizioni che terremo, soprattutto con gli esperti e i professori di diritto costituzionale. Ritengo che nel loro intervento toccheranno anche questo tema, che potrà essere approfondito dai commissari qualora lo ritenessero di loro interesse, anzi da quanto ho capito sarà sicuramente uno dei temi con i quali ci confronteremo più approfonditamente con gli esperti.
  Do la parola al Ministro Stefani per la replica.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Vi ringrazio tutti anche per gli spunti della discussione, che sono veramente importanti – ve lo devo dire – per certi versi finalmente. È da luglio che sto lavorando sull'autonomia e sembra che nessuno si sia accorto che si stia lavorando su questo tema. Ho fatto più dichiarazioni, ho portato i testi e le bozze ai primi di ottobre al presidente Conte. Sono contenta che nasca una discussione dentro il Parlamento, ma anche fuori dal Parlamento, perché almeno così ci si confronta su un tema. È difficile essere dotati del dono divino di sapere esattamente come funziona un sistema e trovare la soluzione esatta al primo colpo. È, invece, nel confronto che si riescono a trovare i punti di difficoltà, le perplessità e i modi in cui risolverli.
  Per essere breve, i testi non ci sono, perché l'intesa non c'è. Stiamo già tutti parlando di come parlamentarizzare la discussione, se è emendabile o non è emendabile. Signori, l'intesa non c'è, nel senso non vi è l'accordo. I nodi da sciogliere sono numerosi. Io vedo testi che stanno circolando, perché alla fine quando dai le copie ai ministeri è come il gossip, il pettegolezzo, non riferito a una persona, che immediatamente, non so come mai, scatta. Vedo testi uscire e sono dei testi errati.
  Ringrazio il collega Presutto che ha fatto un riferimento. C'è un errore proprio in uno dei testi che probabilmente è uscito. Infatti, adesso guardando me ne sono accorta. Quando vanno in giro le bozze, le bozze sono delle minute, sono stati di trattativa, magari è solo la richiesta della Regione senza la proposta del ministero.
  Se dovessimo guardare, tutta la parte ambientale non è definita per tutte le Regioni, la parte della sanità non è definita, la parte sull'infrastruttura e il Ministero delle infrastrutture non è definita, sui beni culturali non c'è l'accordo su quasi nessun punto, per il Ministero dello sviluppo economico sull'Emilia-Romagna non vi è l'accordo, sull'istruzione c'è ancora tutta la parte da decidere insieme. C'è tempo per parlarne. I testi ci saranno non appena ci sarà almeno l'accordo. Dunque, quando c'è l'accordo lo rendiamo pubblico e su quello si può poi ragionare. Pag. 16
  Come diceva il presidente Invernizzi, io sono senatore, ma sono anche membro del Governo. Il Governo non può dire al Parlamento come intende discutere di una proposta di legge e di un tema come questo. È prerogativa in particolare degli stessi presidenti di Camera e Senato decidere sull'emendabilità o meno di un testo. Non sono io che faccio le ammissibilità. Bisogna garantire assolutamente, signori, l'indipendenza dei poteri. Io posso dire quello che ho fatto fino a oggi, che è sviluppare sotto il profilo tecnico ciò che io ritengo – dall'esame insieme agli altri funzionari dei ministeri – che si può fare. In seguito si decide cosa si vuole fare, e questo è il passaggio strettamente politico.
  La mia opinione personale è che il confronto con il Parlamento deve esserci. Come verrà strutturato ovviamente lo deciderà il Parlamento stesso nella sua piena autonomia.
  Ha detto correttamente il senatore Errani. Io lo ribadisco ed è il motivo per il quale bisogna cercare di costruire il lavoro proprio bene: che non vada in Corte tutto, perché pare che ogni provvedimento poi debba essere sottoposto al vaglio della Corte costituzionale o andare davanti al TAR se si tratta di provvedimenti di natura diversa. Fare un impianto per poi renderlo di per sé traballante sarebbe veramente un gravissimo errore. È giusto quello che afferma il senatore: occorre strutturare il sistema in modo adeguato. È ovvio che a volte non si può prevedere l'imprevedibile, però si deve costruirlo in modo che non abbia delle parti che siano esitanti, delle parti non sufficientemente definite o mal definite.
  Anche questa è una valutazione che dobbiamo fare tutti: quale Stato vogliamo? È vero che nel momento in cui è stata decisa ed è stata votata una modifica costituzionale come quella dell'articolo 116, terzo comma, l'impianto costituzionale può essere, come afferma il senatore Collina, il regionalismo differenziato. È ovvio che non vi è un obbligo, però quando vi è una previsione costituzionale e una Regione attiva quel procedimento allora diventa un'aspettativa costituzionalmente protetta, un interesse legittimamente e costituzionalmente protetto.
  Sui testi penso di aver risposto. Sulla questione che riguarda l'emendabilità è il Parlamento che decide. Quello che sarà deciso dai presidenti di Camera e Senato e che sarà deciso dal Parlamento sarà per me sacro. Il confronto è utilissimo. Il presidente poc'anzi illustrava un po’ la scaletta dei vostri lavori. È veramente importante l'audizione di tutti quei soggetti, perché anch'io l'ho fatto. Su SOSE è vero che ha una struttura di un'articolazione incredibile, come diceva il collega. È veramente articolata e da lì si capisce come è una grande sfida, ma può essere anche un grande rischio, perché si vede che è un mondo grande. È un mondo grande, ma è un percorso che è già stato intrapreso. L'importante è portarlo avanti bene.
  Sotto questo profilo, è giusto quanto afferma l'onorevole De Menech per quanto riguarda il presidente della Commissione. Queste commissioni che lavorano sui fabbisogni standard, come tutto il tema sui LEP, hanno bisogno di una scossa. È ovvio che si può pensare: «Dovreste arrangiarvi a livello tecnico». È che occorre la volontà politica e quale miglior volontà politica se non quella di attuare questo procedimento delle autonomie nel modo migliore. Proprio questo ti mette nella condizione di essere obbligato a portare avanti tutto il tema dei fabbisogni standard e dei livelli essenziali delle prestazioni. Ho cercato di fare uno studio sui livelli essenziali. È incredibile il livello di normativa, anche farraginosa e per certi versi forse anche contraddittoria, che si è creata su vari livelli, anche con normative di tipo regionale.
  Dobbiamo quindi prendere in mano il tema di farlo. È per questo che, con la tempistica che ti impone l'eventuale approvazione di una legge che sancisce le intese, l'indicazione dei fabbisogni standard e dei livelli essenziali delle prestazioni diventa un percorso obbligato, perché li devi fare. Sono piani diversi che non devono essere sovrapposti, perché si basano su princìpi diversi. Per il fabbisogno standard necessita che sia indicato il livello essenziale della prestazione, perché tu puoi indicare Pag. 17un costo standard, ma il costo standard non può mai andare a ledere diritti principali e fondamentali (per quello sono costituzionalmente rilevanti) come i diritti civili e sociali.
  Per quanto riguarda, invece, le autonomie territoriali, sia Emilia-Romagna sia Veneto sia Lombardia hanno lo stesso impianto. È quello che io ho strutturato, che è la parte che posso rendere pubblica e che vi posso sicuramente consegnare, perché quella è una «mia proposta».
  Nell'articolo che avevamo previsto si riconosce il principio di sussidiarietà mettendolo dentro lo schema di intese, per cui le funzioni e le competenze che sono attribuite alle Regioni che hanno chiesto il regionalismo differenziato poi potranno essere conferite a comuni, province e città metropolitane, garantendo anche le risorse necessarie, con ciò dando una risposta. Io vengo dal Veneto, e non vorrei parlare di una questione che magari può essere considerata solo veneta, ma è di estrema rilevanza. Sappiamo che alcune province hanno chiesto un riconoscimento a livello costituzionale dell'autonomia della provincia. L'intesa, in base all'articolo 116, terzo comma, prevede l'accordo, non con le province, ma con le Regioni. Ecco perché il riconoscimento di uno statuto speciale alle province deve passare attraverso un meccanismo di approvazione a livello costituzionale.
  Quanto all'esempio della siringa, effettivamente è strano il meccanismo italiano. Io, per esempio, ho un focus fatto sulla protesi dell'anca. Effettivamente ci sono delle differenze negli importi che vengono appaltati e nei costi che vengono indicati. Per quello è molto articolata la determinazione dei fabbisogni.
  Per quanto riguarda il Piemonte, questa Regione ha fatto una richiesta di autonomia, sono già state declinate le competenze, su quelle competenze sono già partiti i tavoli tecnici e penso che siano già stati fatti due incontri di trattativa tecnica, oltre a quella politica (abbiamo avuto l'interlocuzione con il presidente Chiamparino).
  Mi rivolgo sempre al collega senatore Errani. Capisco qual è il tema dello Stato «arlecchino». La difficoltà e l'idea, sulla quale bisogna ovviamente fare un lavoro e una riflessione, è appunto nell'obiettivo dello Stato che si vuole avere.
  È certo che già oggi con le competenze concorrenti vi sono delle diversità fra Regioni. Faccio un esempio semplice che riguarda gli agriturismi. L'apertura di un agriturismo ha delle normative diverse da regione a regione. L'impianto costituzionale oggi lo permette e, quindi, l'importante è farlo nel modo più sano ed equilibrato, perché lo Stato è unico. Di sicuro c'è un principio nella Costituzione, ovvero che l'Italia è una e non si devono creare degli staterelli. Vi sono delle competenze che sono delle competenze attribuite, sono delle competenze riconosciute, che è diverso.
  Per quanto riguarda le tempistiche sulle approvazioni, come diceva il collega Russo, l'impianto che è stato dato è quello che l'elaborazione dei fabbisogni standard deve andare di pari passo con l'individuazione dei LEP, perché non puoi fare uno senza aver fatto l'altro, a mio avviso, soprattutto in un momento come questo.
  I tempi non sono immediati. Mettiamo che l'intesa si faccia, mettiamo che si faccia la legge che approva l'intesa, non è che immediatamente hai il trasferimento di tutte le eventuali funzioni amministrative. C'è tutta una sequenza di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, quindi una normativa di rango subordinato per effettuare tutti i passaggi.
  Per quanto riguarda la determinazione, bisogna distinguere la commissione sui fabbisogni standard e la cosiddetta «commissione paritetica». La commissione sui fabbisogni standard è una commissione che vale per tutto lo Stato, dove ci sono tutte le Regioni. L'intento era che all'interno ci fossero le rappresentanze di tutti i ministeri. La commissione paritetica, invece, è una commissione diversa, fatta veramente da componenti dello Stato e componenti di quella Regione per l'individuazione della normativa. Se fai una legge regionale oggi che non è allineata con una legge nazionale, devi individuare esattamente qual è la legge nazionale.
  Il percorso lo cominci, ma andrà avanti anni, non è che l'autonomia è un qualcosa Pag. 18che metti un sasso e sta lì fermo. Anche il nostro regionalismo attuale ha necessitato decenni. Signori, non è che con la Costituzione il giorno dopo c'erano le Regioni, ci hanno messo anni a nascere le Regioni. Sono dei percorsi dove è fondamentale il confronto, è fondamentale il dibattito.
  Tuttavia, quello che a me piacerebbe è che il dibattito fosse sugli obiettivi, sulle idee, sull'interpretazione, su un'idea che tu hai di un percorso, ma non su dati che ho visto purtroppo uscire sfalsati, se non addirittura erronei, perché quello diventa un dibattito falso, diventa un dibattito strumentale, diventa un dibattito nel quale ci si perde e si manda tutto a carte quarantotto.
  Vi ringrazio. So che ora farete questi altri incontri. Io sono totalmente a disposizione. Noi sentiremo anche i presidenti di Camera e Senato e il Parlamento per capire come si intende strutturare la discussione sul testo, sempre che ci sia l'intesa e che si possa avere uno schema di intesa eventualmente da sottoporre al Parlamento, e con le tempistiche che deciderà il Parlamento stesso.

  PRESIDENTE. Signora ministro, la ringrazio per la disponibilità dimostrata anche trattenendosi oltre l'orario preventivato. Ovviamente qualunque materiale il suo ministero vorrà fornire alla Commissione sarà ben accetto, perché così anche la Commissione potrà contribuire alla definizione di una materia così importante come quella dell'autonomia differenziata e di tutte le altre questioni che sono state affrontate.
  Ringrazio tutti i commissari, dispongo che la documentazione prodotta dal ministro sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.10.

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