Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconti stenografici delle audizioni

Vai all'elenco delle sedute >>

XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 28 di Mercoledì 29 maggio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Sergio Costa:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 3 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 6 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 6 
Braga Chiara (PD)  ... 6 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Licatini Caterina (M5S)  ... 16 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Braga Chiara (PD)  ... 17 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 18 
Braga Chiara (PD)  ... 20 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 20 
Muroni Rossella (LeU)  ... 20 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 20 
Braga Chiara (PD)  ... 21 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 21 
Nugnes Paola  ... 22 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 23 
Nugnes Paola  ... 24 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 24 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 25 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 25 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 25 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 25 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 26 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 26 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 26 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 26 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 26 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 26 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 27 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 27 
Ripamonti Paolo  ... 27 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 28 
Briziarelli Luca  ... 29 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 29 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 30 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 31 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 31 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 31 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 32 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 32 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 32 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 33 
Lorefice Pietro  ... 33 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 33 
Berlenghi Tullio , Capo della segreteria tecnica del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 33 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 33 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 34 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 34 
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 34 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 34 

(La seduta, sospesa alle 11.25, è ripresa alle 14.10) ... 34 

Audizione del procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 34 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 34 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 38 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 38 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 39 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 39 
Pontassuglia Eugenia , Sostituto procuratore nazionale antimafia ... 39 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 39 
Pontassuglia Eugenia , Sostituto procuratore nazionale antimafia ... 39 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 41 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 41 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 42 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 42 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 42 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 42 
Braga Chiara (PD)  ... 42 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 43 
Pontassuglia Eugenia , Sostituto procuratore nazionale antimafia ... 44 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 44 
Pontassuglia Eugenia , Sostituto procuratore nazionale antimafia ... 44 
Lorefice Pietro  ... 44 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 44 
Pontassuglia Eugenia , Sostituto procuratore nazionale antimafia ... 44 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 45 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 45 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 45 
Pontassuglia Eugenia , Sostituto procuratore nazionale antimafia ... 45 
Nugnes Paola  ... 46 
Pontassuglia Eugenia , Sostituto procuratore nazionale antimafia ... 46 
Nugnes Paola  ... 46 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 46 
Nugnes Paola  ... 46 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 46 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 47 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 47 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 47 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 47 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 47 
Pontassuglia Eugenia , Sostituto procuratore nazionale antimafia ... 47 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 47 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia ... 48 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 48 
Pontassuglia Eugenia , Sostituto procuratore nazionale antimafia ... 48 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 48

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-TV della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Sergio Costa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il generale Sergio Costa, che è accompagnato dal dottor Tullio Berlenghi, capo della segreteria tecnica. Ringrazio entrambi per la presenza.
  L'audizione odierna rientra in particolare nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul costante ripetersi in alcune zone del Paese del fenomeno degli incendi presso impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti.
  Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta. Invito, quindi, il Ministro a svolgere una relazione in particolare su questo tema degli incendi, ma anche su altre questioni. In seguito magari i commissari faranno delle domande di approfondimento.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie e buongiorno a tutti. Io ho preparato l'audizione nei termini seguenti, se il presidente è d'accordo: un focus sulla questione degli incendi in particolare nei siti di gestione o comunque di deposito di rifiuti nel panorama nazionale; e un focus, così come mi fu richiesto, in particolare per la Campania e lo stato di avanzamento (parlo della Terra dei fuochi in questo caso), anche perché è il modello che noi stiamo costruendo in termini amministrativi e operativi, che può essere un modello di riferimento da estendere poi al Paese Italia. È come se fosse una sperimentazione concreta e credo sia opportuno che le due cose siano legate.
  Con il vostro permesso, io in parte leggo e in parte parlo a braccio su alcune questioni che posso forse chiarire ancor meglio parlando fuori dalla lettura. Adesso, se concordate, inizio dal livello nazionale. Vorrei anche esporvi una serie di riferimenti territoriali, magari sarà noioso, ma secondo me è interessante, in ordine ai siti che gestiscono i rifiuti su tutto il territorio nazionale, senza ovviamente andare provincia per provincia, ma segnando quali sono i focus regionali e il sistema come articolato dal punto di vista geografico, perché secondo me è uno degli elementi di riferimento per poter aprire la riflessione ulteriore.
  Prima di procedere alla trattazione dello specifico tema degli incendi negli impianti di gestione dei rifiuti assimilati, si forniscono di seguito le informazioni utili a individuare il numero di impianti presenti sul territorio nazionale per il trattamento e smaltimento dei rifiuti, sia urbani che speciali, e i quantitativi di rifiuti trattati in relazione alle diverse tipologie di impianti. Pag. 4Si proseguirà poi con l'esposizione dei dati inerenti al numero degli incendi che hanno interessato gli impianti di gestione su tutto il territorio nazionale, nonché le iniziative intraprese a livello ministeriale e interministeriale.
  I numeri relativi agli impianti operativi per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, così come ci sono stati consegnati da ISPRA, sono aggiornati al 31 dicembre 2017. Voi sapete che qualcosa è cambiato nel 2018, ma il dato ufficiale che giustamente in una Commissione va riportato è quello che formalmente in questo momento possediamo. Tuttavia, non è tanto importante il dato dell'uno in più o dell'uno in meno, quanto il pensiero che stiamo costruendo attorno.
  A oggi sono 644 gli impianti, di cui 340 sono dedicati al trattamento della frazione organica della raccolta differenziata, 285 di compostaggio, 31 impianti per il trattamento integrato aerobico e anaerobico e 24 di digestione anaerobica, 130 sono impianti per il trattamento intermedio di tipo meccanico o meccanico-biologico dei rifiuti (TMB per intenderci), 123 sono impianti di discarica che hanno ricevuto rifiuti urbani tal quali o pretrattati, 39 sono gli impianti di incenerimento e dodici sono gli impianti industriali che effettuano il coincenerimento dei rifiuti. Tale numero – chiariamolo – non comprende le piattaforme di selezione della raccolta differenziata e gli impianti intermedi di stoccaggio, che sono però elementi di riferimento, come vedremo quando tratteremo più specificatamente degli incendi.
  Vengo ora al quantitativo di rifiuti gestito dai TMB. Il quantitativo di frazione organica da raccolta differenziata dei rifiuti urbani avviata agli impianti di compostaggio, trattamento integrato aerobico e anaerobico e trattamento anaerobico è pari a circa 5,9 milioni di tonnellate, di cui 3,26 milioni di tonnellate trattati in impianti di compostaggio, 2,36 milioni in impianti integrati di trattamento anaerobico o aerobico e quasi circa 290.000 tonnellate in impianti di digestione anaerobica. Includendo anche le altre tipologie di rifiuti gestiti da questi impianti – penso ai fanghi, ai rifiuti agroindustriali, alle frazioni ligneo-cellulosiche non di provenienza urbana e altro – il quantitativo complessivamente trattato si attesta alla fine del 2017 a 7,4 milioni di tonnellate.
  Gli impianti di trattamento meccanico-biologico hanno ricevuto circa 9,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani indifferenziati, quasi 190.000 tonnellate di altre frazioni merceologiche di rifiuti urbani, 924.000 tonnellate di rifiuti provenienti dal trattamento dei rifiuti urbani e, infine, 192.000 tonnellate di altre tipologie di rifiuti speciali.
  Nel complesso, pertanto, i 130 impianti di TMB presenti sul territorio nazionale hanno gestito 10,8 milioni di tonnellate di rifiuti. Questa tipologia di impianti attua trattamenti intermedi prima di una destinazione definitiva che sia o di recupero o di smaltimento o entrambi.
  Il 18 per cento dei rifiuti urbani prodotti nell'anno, per un quantitativo pari a circa 5,3 milioni di tonnellate, è stato avviato a impianti di incenerimento e l'1 per cento (368.000 tonnellate) a impianti industriali che effettuano il coincenerimento dei rifiuti urbani. Includendo anche le quote di rifiuti speciali, il quantitativo di rifiuti destinati agli inceneritori si attesta a 6,1 milioni di tonnellate, mentre quello inviato al coincenerimento a 600.000.
  Lo smaltimento in discarica interessa il 23 per cento dei rifiuti prodotti, per un quantitativo pari a circa 6,9 milioni di tonnellate. Il 93,3 per cento, quindi la stragrande maggioranza di tali rifiuti (circa 6,5 milioni di tonnellate), è avviato a smaltimento previo pretrattamento, sia di tipo meccanico che meccanico-biologico. Includendo anche la quota di rifiuti speciali (circa 3,9 milioni di tonnellate), il quantitativo complessivamente smaltito dalle 123 discariche presenti sul territorio nazionale è di 10,8 milioni di tonnellate.
  Molto rapidamente, cercando di essere veramente il meno noioso possibile – però abbiate un po’ di pazienza – secondo me è interessante per la Commissione conoscere anche la disarticolazione geografico-territoriale. Mi spiego meglio: per il compostaggio il Piemonte ha 18 impianti per un totale Pag. 5di 250.000 tonnellate su base annua; la Valle d'Aosta ne ha 2 per circa 9.000 tonnellate; la Lombardia ne ha 65 per circa 926.000 tonnellate; il Trentino-Alto Adige complessivamente, tra le due province autonome, ne ha 10, per poco più di 41.000 tonnellate; il Veneto ne ha 41 per 347.000 tonnellate; il Friuli Venezia Giulia ne ha 16 per 58.000; la Liguria 8 per 25.000; l'Emilia-Romagna 18 per 375.000; la Toscana ne ha 17 per quasi 373.000; l'Umbria ne ha 4 per 71.000; le Marche 4 per 105.000; il Lazio 18 per 231.000; l'Abruzzo 7 per 172.500 circa; il Molise 2 per 15.000; la Campania 4 per 42.000; la Puglia 9 per 384.000 (e in Puglia c'è il più grande impianto di compostaggio di tutta Italia, a Bari, che ne tratta 92.000 da solo); la Calabria ne ha 8 per 140.000; la Sicilia 17 per quasi 284.000 e infine la Sardegna 17 per 195.000. Il totale è appunto poco più di 4 milioni, come ho detto prima, per 285 impianti. Io ce l'ho anche divisi per provincia, ma non mi sembra il caso di tediarvi oltre.
  Si tratta di dati ufficiali aggiornati al 31 dicembre 2017, dovete avere pazienza perché li stanno aggiornando al 31 dicembre 2018, ma siamo sostanzialmente lì, numero più numero meno. Io lo farò per tutte le varie tipologie. Per me è importante che voi le abbiate e in modo un po’ sciorinato, velocemente, ve le ho riportate, perché questi sono elementi in ordine al fenomeno degli incendi. Abbiamo anche una disarticolazione e un dimensionamento che cambiano molto. Nel caso di specie, abbiamo impianti di compostaggio molto piccini, per esempio a Siracusa da 713 tonnellate su base annua, e viceversa dall'altra parte abbiamo 92.000 tonnellate a Bari, per fare un esempio. La media è intorno alle 25.000-30.000 tonnellate su base annua, quindi sono di una capacità media significativa. Sono dei luoghi sensibili, perciò era importante riportarli.
  Nel momento in cui io farò avere al presidente tutto l'elenco, voi vedrete che sono distinti per provincia e vedrete per ogni provincia quanti ce ne sono e quante tonnellate trattano. Non sono disarticolati per località, ma, se necessitate, io vi faccio avere tutto il libretto, il tempo tecnico di farlo stampare, se lo volete proprio per località e per singola produzione. Me lo dirà poi il presidente.
  La medesima cosa propongo per il trattamento integrato anaerobico-aerobico. Il Piemonte ne ha 5 per 270.000 circa; la Lombardia ne ha 7 per 680.000 circa, tra cui uno dei più grandi in Italia, che è a Bergamo, per 465.000 tonnellate; il Trentino ne ha 1 per 43.000; il Veneto 5 per 885.000, di cui uno dei più grandi, che è a Padova, di 639.500; il Friuli ne ha 2 per 327.000; la Liguria ne ha 1 per 32.000; l'Emilia-Romagna ne ha 4 per 192.000; l'Umbria ne ha 2 per 76.000; la Campania ne ha 2 per 58.000; la Sicilia ne ha 1 per 1.400; la Sardegna ne ha 1 per 33.000.
  Noterete che sugli impianti di trattamento integrato anaerobico e aerobico una riflessione sorge naturale: c'è una grossa sproporzione tra Nord e Sud, dove il Nord ne è particolarmente denso, anche con qualche impianto, come vi ho rappresentato, a Bergamo, a Padova e a Pordenone per quasi 300.000, mentre il Sud ha una consistente carenza, fino ad arrivare alla Sicilia che ne ha uno per 1.400 e alla Sardegna che ne ha uno per 33.000. Questi sono elementi di riflessione sul piano della gestione dei rifiuti, però anche ai fini degli incendi e delle possibili aggressioni a questi siti c'è da fare questo tipo di riflessione.
  Per quanto concerne gli impianti di digestione anaerobica, il Piemonte ne ha 1 per quasi 24.000; la Lombardia ne ha 7 per 238.000; il Trentino 7 per 19.000; il Veneto 5 per 150.000; l'Emilia-Romagna 2 per 295.000; il Molise 1 per 27.000; la Puglia 1 per 40.000; altre regioni non ne hanno.
  Per quanto riguarda i TMB (trattamento meccanico biologico), il Piemonte ne ha 10 per 543.000, di cui il più grande è a Biella per 111.000; la Lombardia ne ha 8 per 458.000; il Trentino 1 per 16.000; il Veneto 5 per 329.000, con il più grande che è a Venezia per 154.000; il Friuli Venezia Giulia ne ha 3 per 132.000; la Liguria ne ha 5 per 308.000; l'Emilia-Romagna ne ha 8 per 592.000, con uno grande a Ravenna; la Toscana ne ha 15 per 960.000, di cui due grandi, uno a Firenze e uno a Grosseto; l'Umbria ne ha 5 per 181.000; le Marche 5 Pag. 6per 193.000; il Lazio 12 per 1,686 milioni; l'Abruzzo 5 per 410.000; il Molise 3 per 94.000; la Campania 7 per 1,184 milioni, con due molto grandi, uno a Salerno e uno a Caserta; la Puglia 11 per 1,2 milioni, di cui grandi a Lecce e a Bari; la Basilicata 2 per 26.000; la Calabria 8 per 447.000, con due molto grandi su Cosenza e Reggio; la Sicilia ne ha 10 per 1,828 milioni, con il più grande d'Italia, che è a Catania, per 920.000; la Sardegna ne ha 7 per 174.000. Complessivamente abbiamo 10,844 milioni per 130 impianti.
  Anche qui emerge la stessa riflessione che vi ho proposto poc'anzi in ordine alla distribuzione geografica che ha a che fare con gli elementi da presidiare.
  Quanto agli inceneritori, il Piemonte ne ha 1 per 510.000, che sta a Torino; la Lombardia ne ha 13 per quasi 2,3 milioni; il Trentino-Alto Adige ne ha 1 per quasi 129.000; il Veneto ne ha 2 per 250.000; il Friuli Venezia Giulia ne ha 1 per quasi 164.000; l'Emilia-Romagna ne ha 8 per 211.000, con uno molto grande a Bologna; la Toscana ne ha 5 per 273.000; il Lazio ne ha 2 per 347.000; il Molise 1 per 76.000, la Campania 1 per 713.000 (a occhio credo che sia il più grande d'Italia); la Puglia 1 per 76.000; la Basilicata 1 per quasi 43.000; la Calabria 1 per 43.000 e la Sardegna 1 per 70.000. Il totale è pari a 6,113 milioni per 39 inceneritori.
  Se mettiamo tutto questo nei singoli territori divisi per provincia, immaginiamo quanti sono i cosiddetti «siti sensibili», di cui poi parleremo. Ecco perché mi premeva annoiarvi un attimo: serve per dare il quadro geografico.
  Veniamo alle discariche di rifiuti non pericolosi: il Piemonte ne ha 14 per 517.000; la Valle d'Aosta 2 per 103.000; la Lombardia 8 per 1,363 milioni; il Trentino-Alto Adige 6 per quasi 84.000; il Veneto 10 per 548.000 circa; il Friuli Venezia Giulia 1 per 48.000; la Liguria 4 per 335.000 circa; l'Emilia-Romagna 6 per 740.000 circa, di cui una delle più grandi è a Ravenna, che da sola ne fa 313.000; la Toscana 8 per 1,361 milioni, di cui alcune grandi ad Arezzo, Pisa, Livorno (563.000 divise su due); l'Umbria 5 per 216.000; le Marche 10 per 524.000; il Lazio 4 per 338.000, di cui una grande a Frosinone; l'Abruzzo 6 per 252.000; il Molise 3 per 129.000; la Campania 2 per 121.000; la Puglia 10 per 1,5 milioni, con cinque concentrate in provincia di Taranto; la Basilicata 5 per 145.000; la Calabria 3 con 487.000, con una tra le più grandi, che è a Crotone; la Sicilia 9 con 1,727 milioni; la Sardegna 7 con 272.000. Sono in totale 123 in Italia, per quasi 11 milioni di tonnellate su base annua.
  Dopo avervi profondamente annoiato con tutti questi numeri di buon mattino, adesso andiamo a vedere. Negli ultimi anni sono stati numerosi gli incendi avvenuti presso gli impianti di gestione in generale del mondo dei rifiuti e in particolare a essere interessati sono stati gli stoccaggi di rifiuti presenti nelle aree pertinenziali degli stessi. Questo ci dà un elemento di riflessione.
  La frequenza degli incendi, soprattutto a partire dagli ultimi mesi del 2017, è tale da rappresentare un rischio di emergenza nazionale. Sulla base dei dati forniti dal Ministero dell'interno, nell'ambito delle attività di collaborazione in essere tra le amministrazioni, relativamente agli incendi dall'inizio della legislatura (quindi oggi è sostanzialmente un anno) emerge un totale di 262 incendi, con una media di uno ogni tre giorni, di cui 165 incendi presso aree di deposito di rifiuti.

  ALBERTO ZOLEZZI. Scusi, non ho capito la finestra temporale. In quale periodo?

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La legislatura attuale, da giugno a giugno. Tra qualche giorno compiamo l'anno. Sono 262 incendi, di cui 165 in aree di deposito rifiuti.

  CHIARA BRAGA. E gli altri?

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per quanto riguarda gli altri, la differenza vuol dire che non si tratta di zone pertinenziali di rifiuti, ma di zone di lavorazione del rifiuto. Infatti, abbiamo detto anticipatamente Pag. 7 che una delle aggressioni maggiori avviene nelle zone pertinenziali alla gestione del rifiuto, che vuol dire praticamente le zone di stoccaggio, il piazzale, il deposito controllato o incontrollato. Non so se mi sono spiegato. Il resto, invece, è l'attività, che fa parte pure del mondo della gestione dei rifiuti, ma è all'interno, alle tramogge, al meccanismo di tritovagliatura o altro.
  Quali sono le iniziative intraprese? Il Ministero dell'ambiente, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di poter ridurre il rischio di nuovi eventi di potenziale pericolo per la salute umana e per l'ambiente, ha lavorato sinergicamente con le autorità competenti del Ministero dell'interno alla predisposizione di una circolare (questa è la prima, poi ce n'è stata una seconda, di cui vi dirò), pubblicata il 15 marzo del 2018, recante le «Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi».
  Questa circolare è stata la prima rispetto a quella successiva, di cui vi dirò meglio dopo, che è, invece, del gennaio 2019. Questa prima ha segnato il primo step con cui si affronta questa vicenda. Le linee guida in questo caso che cosa sono? Sono le linee guida che consentono sostanzialmente agli enti locali – ovviamente mi riferisco in special modo alla regione, che ha una competenza particolarmente specifica nella materia – di poterle accogliere, con un proprio atto di deliberazione, e di poterle far diventare patrimonio dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale) di carattere regionale.
  Questo è l'elemento che poi ha portato, invece, alla seconda circolare del gennaio del 2019, di cui vi dirò. Siamo, quindi, al 15 marzo 2018. Arriviamo al luglio del 2018. Perché voglio dare questa data? Perché, non appena insediato come Ministro, mi sono reso conto che questi dati, che peraltro per motivi professionali ben conoscevo prima, sono dati oggettivamente forti. Parlo degli incendi di cui abbiamo detto ovviamente. Pertanto, ho lavorato con il Ministro dell'interno per elaborare una direttiva a firma di quest'ultimo e non a firma mia, però ovviamente con le conoscenze di base che potevo avere io, senza assolutamente permettermi di scavalcare il Ministro dell'interno. L'abbiamo condivisa, come si suol dire, a quattro mani e il Ministro dell'interno a luglio del 2018 emana la direttiva a sua firma sui cosiddetti «siti ambientalmente sensibili».
  Qual era e qual è l'elemento di riflessione che tuttora emerge? Alla luce di quello che vi ho rappresentato in ordine a tutti quei numeri che poc'anzi vi ho portato all'attenzione, emerge una distribuzione molto forte di siti che comunque lavorano i rifiuti, in un modo o nell'altro. Lasciando da parte la tipologia di lavorazione, è un fatto che c'è una pressione di questi siti molto consistente, che va stretta in una maglia.
  I miei impegni di vita professionale prima di diventare Ministro mi portavano a notare, ogni volta che partecipavo nei vari comitati per l'ordine pubblico e la pubblica sicurezza e ogni volta che venivo audito con una certa frequenza in questa Commissione, ma non solo qui, che oggettivamente mancava uno screening conosciuto e ufficiale di questi siti.
  Voi stessi mi chiedete i dati. Vuol dire che tutto sommato questi elementi non fluiscono nella pubblica amministrazione. Questo, secondo me, è un fatto estremamente rilevante, perché in buona sostanza le prefetture, ovvero l'organo di governo nazionale che ha il riferimento nel caso di specie presso il comitato per l'ordine pubblico e la pubblica sicurezza ristretto, cioè con le forze dell'ordine, o allargato, come nel caso specifico – allargato vuol dire con i Vigili del fuoco, con le autorità regionali o delle province autonome, con i comuni di riferimento, con le ASL, con le ARPA (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente) o comunque col sistema agenziale – in realtà, non avevano – vedete che uso l'imperfetto – l'elenco dei siti e delle tipologie del proprio territorio provinciale.
  Questo fatto, secondo me, era molto grave, perché, non avendo questi elementi, chiaramente l'organizzazione del presidio territoriale e anche l'organizzazione di coordinamento e di tutela territoriale e ambientale Pag. 8 rischiava di essere fallace. Di conseguenza, come primo elemento io ho chiesto al Ministro dell'interno – e devo dire che immediatamente ha firmato questa direttiva – di sollecitare l'attenzione dei prefetti. Non è che non l'hanno fatto per insipienza, ma semplicemente mancava la direttiva. Dunque, la direttiva è stata prodotta, ovviamente a firma del Ministro dell'interno, e si è cominciato quel lavoro di elencazione e di individuazione di questi siti un po’ alla buona, come ve li ho tirati fuori io, ma molto più dettagliata ovviamente nel caso del territorio provinciale, al fine di conoscerne tutti gli elementi.
  Quando io dico «conoscere tutti gli elementi» non intendo solamente la conoscenza tecnico-geografica (dov'è il sito, quanto produce, che tipo di sito è tra tutti quelli che ho detto, dalla discarica al TMB o altro), ma significa andare anche oltre. Infatti, abbiamo parlato di comitato per l'ordine pubblico e pubblica sicurezza, quindi vuol dire anche chi lo gestisce, chi sono i soggetti che lo gestiscono, che tipo di attenzione è rivolta a questi soggetti, ovviamente dal punto di vista delle forze dell'ordine, ma non solo. Perciò ho parlato anche del comitato ordine pubblico e pubblica sicurezza allargato.
  «Allargato» vuol dire anche: ISPRA e il sistema agenziale che tipo di controlli fanno e con quale frequenza? Mi riferisco al sistema agenziale nel caso di specie, quindi alle ARPA o alle APPA (Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente). Le ASL hanno mai fatto un controllo? Gli uffici tecnici comunali del comune di riferimento dove è insediato il sito hanno mai fatto una verifica? Che tipo di collocazione geografica hanno? Sono in un'area di delocalizzazione o sono al centro della città, del paese o altro?
  Guardate quanti elementi sono stati, almeno fino a luglio, «non conosciuti» o comunque conosciuti in modo parziale, cioè per singole amministrazioni, ma mai messi in una sorta di database comune e, quindi, rielaborati. Questo è quello che in realtà è dietro l'intento della direttiva del Ministro dell'interno, sollecitata ed elaborata a quattro mani, che serve a far conoscere al governo territoriale che cosa veramente sta dietro a questa pressione ambientale sul territorio, perché se lo conosci puoi muoverti diversamente.
  Mi sembrava una buona cosa. Chiaramente dovete immaginare tutti che una volta che questa cosa è stata prodotta come direttiva ha dei tempi tecnici di applicazione, perché è chiaro che vuol dire che il prefetto si riferisce ai vari soggetti che sono deputati per le singole materie, cerca di fare un collage di questi dati e costruisce ove possibile un database organizzato e organicato nella materia. Non è sempre semplice una roba del genere, perché sono materie particolarmente nuove che nelle prefetture sono entrate di recente, se non nell'ultimo anno, e, quindi, c'è anche una fatica da questo punto di vista. Tuttavia, questo lavoro si sta facendo, in buona parte è stato fatto e, quindi, il monitoraggio inizia in parte a funzionare.
  Successivamente, anche per provvedere all'aggiornamento del testo delle stesse linee guida, è stato costituito, con il decreto n. 271 del 19 novembre 2018 del capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, un gruppo di lavoro composto da funzionari dei vigili del fuoco e del Ministero dell'ambiente, finalizzato all'elaborazione di una norma tecnica di prevenzione degli incendi per i depositi temporanei e gli stoccaggi di rifiuti, così come definiti dal decreto legislativo n. 205 del 2010, anche non soggetti alle procedure di prevenzione incendi di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011.
  Inoltre, nella conversione del decreto-legge n. 113 del 2018, il cosiddetto «decreto sicurezza», con la legge n. 132 del 2018 è stato inserito nell'ordinamento l'articolo 26-bis, recante «Piano di emergenza interna per gli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti», che introduce l'obbligo per i gestori di impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti esistenti o di nuova costruzione di predisporre un piano di emergenza interna, allo scopo di: in primo luogo controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da minimizzare gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per l'ambiente e per i beni; in secondo luogo, Pag. 9mettere in atto le misure necessarie per proteggere la salute umana e l'ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti; in terzo luogo informare adeguatamente i lavoratori, i servizi di emergenza e le autorità locali competenti; in quarto luogo provvedere al ripristino e al disinquinamento dell'ambiente dopo un incidente rilevante.
  La disposizione si inserisce nel quadro delle azioni complessive che lo Stato ha voluto porre in essere per far fronte alle crescenti criticità del settore. Sempre in fase di conversione del decreto-legge n. 113 del 2008 è stato inserito anche l'articolo 26-ter, che prevede l'adozione di un piano di emergenza esterno a cura del prefetto – notate di nuovo il meccanismo – e d'intesa con le regioni e con gli enti locali interessati – in quel meccanismo che poc'anzi vi accennavo – finalizzato a mettere in atto le misure necessarie a prevenire gli incidenti e a minimizzare gli effetti in caso di incidente rilevante, attraverso forme di specifica cooperazione nelle attività di soccorso con l'organizzazione della protezione civile.
  Questa è già norma dello Stato, tant'è vero che adesso con le prefetture, che io sento con una certa frequenza, stanno cominciando effettivamente a esserci i piani interni dei siti, quelli che la norma prevedeva fossero pronti – vado a memoria – per febbraio del 2019 e che sono stati già depositati, e quelli esterni che avevano un tempo tecnico supplementare per la loro lavorazione, in concerto e coordinati dal prefetto, per i motivi che prima illustravo.
  Il meccanismo comincia a prendere corpo; magari è migliorabile, però finalmente diventa un'azione centrale delle prefetture e di tutti gli enti collegati, sempre col doppio percorso del comitato in quanto forze dell'ordine e principalmente del comitato allargato, che ha una competenza tecnica. Ci rendiamo conto di quanto dico perché, come vedete, c'è una direttiva del capo dei vigili del fuoco, quindi c'è anche qualcosa che è ben oltre la forza dell'ordine.
  A seguito delle consultazioni e delle richieste delle regioni – le ho incontrate e ne abbiamo parlato – si è inoltre giunti all'aggiornamento delle linee guida di cui vi dicevo, cioè quelle del 19 marzo 2018, che sono state da me emanate con la circolare 11/21 del 21 gennaio 2019, che sono figlie della valutazione fatta con le regioni e, quindi, con gli enti territoriali delle prime linee guida, che magari andavano aggiornate alla luce di tutto quello che nel frattempo vi ho raccontato.
  Oggi, quindi, sono pienamente operative e quasi tutte le regioni le stanno recependo con proprio atto di deliberazione di giunta. È importante perché innanzitutto vuol dire sposarle, altrimenti non sono immediatamente applicabili, ma sono solo una linea guida. Invece, se tu le recepisci con atto di deliberazione, è importante. Penso all'ultimo che è stato fatto la settimana scorsa dalla giunta della regione Campania, che le ha acquisite.
  Le regioni non acquisiscono necessariamente queste linee così come sono state emanate, ma ovviamente, come è giusto che sia, possono integrarle con i profili territoriali geografici che contraddistinguono una regione rispetto a un'altra. Pertanto, cosa fanno in realtà? Sentono il sistema agenziale, sentono i Vigili del fuoco e si coordinano col prefetto.
  Io trovo questa cosa molto interessante, perché altrimenti si ha la pretesa quasi apodittica che ciò che vale per un ministero debba valere necessariamente per tutte le regioni. Non è ovviamente così. Sono interessanti poi anche le ulteriorità che i Vigili del fuoco e il sistema agenziale forniscono per quella singola territorialità e per quella singola geografia territoriale. Sostanzialmente il meccanismo, come vedete, si è messo in moto e sta cominciando a girare.
  Ora, se il presidente concorda, io passerei al focus su Terra dei fuochi e Campania, perché è il modello che legge questo e che lo approfondisce, in modo tale che quel modello, per come si sta provando a costruire, sempre per step, possa servire poi al Paese Italia nella logica di tutto quanto vi ho raccontato finora. Posso procedere o no, presidente?
  Se volete, io mi fermo e aspetto le domande.

Pag. 10

  PRESIDENTE. Io farei così: farei questo focus sulla Campania, sulla Terra dei fuochi, e finito l'argomento incendi (perché poi ci sono altri argomenti), facciamo tutte le domande sugli incendi.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Come volete voi, io sono a vostra disposizione.

  PRESIDENTE. Prego.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per rispondere all'emergenza dei roghi, con particolare riferimento al territorio regionale della Campania, come è noto, è stato appositamente nominato, con decreto del Ministero dell'interno del 20 novembre 2017, un incaricato per il contrasto del fenomeno dei roghi di rifiuti.
  Da quanto emerge dalla relazione sull'attività di contrasto posta in essere dall'incaricato, la tendenza negli ultimi anni alla diminuzione del fenomeno degli incendi dolosi dei rifiuti nei comuni delle province di Napoli e Caserta esiste, da 3.984 interventi complessivi effettuati nel 2012 si è passati a 1.932 nel 2017. Ovviamente qui parliamo anche degli incendi disseminati, i cosiddetti «micro-roghi tossici», perché altrimenti sarebbero numeri non collimabili con quanto ho detto poc'anzi.
  Notate già una cosa rispetto a quanto ci siamo detti prima a livello nazionale: in Campania viene nominato un incaricato per il contrasto al fenomeno dei roghi tossici dal Ministero dell'interno, che è un viceprefetto della Repubblica presso la prefettura di Napoli, in quanto prefettura di coordinamento. Questo è già un elemento che potrebbe indicare un modello interessante. Nell'ambito della carriera prefettizia, senza toccarla in termini di ruoli, ma solo in termini funzionali, potrebbe essere interessante, specialmente in quei luoghi provinciali o regionali dove questo fenomeno è particolarmente aggressivo. Se rammentate quanto ho detto prima, potrebbe essere di nuovo quel luogo di coordinamento supplementare che è affianco al prefetto, che non può fare tutto ovviamente, ma che ha un incarico speciale di riferire al Ministero dell'interno attraverso il prefetto, che mi sembra un'idea da coltivare.
  Sempre secondo le risultanze della relazione dell'incaricato, i dati relativi agli interventi dei Vigili del fuoco per le province di Napoli e Caserta risultano nel lungo periodo altalenanti. In particolare, nel 2018 sono risultati in calo gli incendi di rifiuti di provenienza domestica rispetto all'anno precedente, mentre sono risultati in aumento per lo stesso periodo i roghi di stoffe e stracci, di plastica e di pellami. Questo ci fa riflettere. Se voi consentite, io faccio ogni tanto qualche introduzione a braccio. Questo ci fa riflettere perché è l'elemento che emerge dai vari comitati e dalle varie procure della Repubblica, dove c'è quasi sempre una quota parte di rifiuti urbani che prende fuoco, ma c'è sempre costantemente una quota parte di rifiuti di scarti di produzione. Gli scarti di produzione, se vengono incendiati in modo incoerente con la legge, probabilmente ovviamente sono prodotti in modo incoerente con la legge e, quindi, sono presumibilmente produzioni in regime di evasione fiscale.
  È chiaro che anche atti giudiziari ci confermano questa ipotesi. L'incaricato afferma: «L'abbandono di rifiuti continua a essere alimentato anche da aziende o piccoli produttori che smaltiscono illecitamente materiale di risulta. Un ulteriore dato scaturisce dall'attuazione del protocollo d'intesa per gli interventi di prelievo e gestione degli pneumatici fuori uso (PFU). Nell'anno 2018 sono state gratuitamente prelevate da parte del consorzio Ecopneus circa 5.000 tonnellate di pneumatici fuori uso, rispetto alle 640 del 2017.» C'è stato, quindi, un incremento significativo. «L'attività di recupero posta in essere ha trovato immediato riscontro negli interventi dei Vigili del fuoco di Napoli e Caserta, che nello stesso arco temporale hanno registrato il 46 per cento di roghi di pneumatici in meno rispetto al 2017».
  Nel modello è interessante il legame che si può costruire con i consorzi, in questo caso gratuitamente, perché è chiaro che il Pag. 11consorzio ha un ritorno economico dal ritiro, ma nello stesso tempo svolge un servizio sociale. Questo potrebbe essere interessante in quelle regioni dove abbiamo questo tipo di carico molto forte di pneumatici PFU, che hanno un recupero molto consistente (oltre il 90 per cento va in riciclo), ma facendolo gratuitamente io credo che sia opportuno coltivare questa idea a livello nazionale, non soltanto a livello micro-territoriale.
  Il trend si mantiene positivo anche nei primi quattro mesi dell'anno corrente, con circa 150 tonnellate recuperate rispetto alle 118 dello stesso quadrimestre dell'anno scorso.
  Nella prospettiva di contrasto al fenomeno degli abbandoni e degli incendi dolosi di rifiuti, il 3 maggio 2018 è stato peraltro firmato l'accordo per l'esercizio congiunto delle attività della polizia metropolitana di Napoli e della polizia provinciale di Caserta, sottoscritto dal sindaco della città metropolitana e dal presidente della provincia di Caserta, unitamente al prefetto di Napoli, al prefetto di Caserta e all'incaricato per il contrasto al fenomeno dei roghi tossici.
  Sono stati inoltre allestiti, a cura e a spesa della regione, quattro presìdi operativi di prossimità nelle province di Napoli e Caserta, per l'attivazione di focus territoriali a garanzia della chiusura del ciclo di attività operative e strumentali già avviate dai Vigili del fuoco, dalle amministrazioni comunali e dal sistema delle società regionali.
  Qual è la riflessione sempre sul modello, al di là delle due province che in questo momento – ripeto – sono un esempio? È il fatto che gli enti locali possono unirsi – il TUEL lo consente – ovviamente sotto il coordinamento della prefettura. Questo può determinare un'economia di scala significativa per quanto riguarda l'attività di presidio territoriale, perché metti in campo forze che sono piccine o fragili da sole, ma che insieme sono molto più vigorose, e aumenti il sistema dei controlli. È il caso delle polizie provinciali, che sono abbastanza mal ridotte come numero di persone, però insieme riescono a ottenere un risultato.
  Lo stesso principio, come diremo in seguito, emerge per le polizie municipali. Le polizie municipali oggi nei piccoli centri sono oggettivamente piccole unità di persone, ma uno degli elementi che noi abbiamo notato è che gli incendi si verificano in particolare in prossimità dei confini comunali, dove c'è quella sorta di area dove non sai se è competenza tua o competenza del comune limitrofo, se puoi intervenire o non puoi intervenire. Sei polizia giudiziaria un metro di qua, ma non sei più polizia giudiziaria o pubblica sicurezza un metro di là (parlo dei vigili urbani).
  Con il sistema del consorzio di comuni, che sta funzionando in provincia di Napoli – in provincia di Caserta ancora non l'hanno firmato, ma sono prossimi a farlo – chiaramente tu estendi la superficie, quindi non ti poni questo problema, ottieni economie di scala e non hai più quella difficoltà, di cui vi ho raccontato, del famoso metro di distanza tra i confini.
  Questo è un elemento molto significativo dell'azione di presidio territoriale. Peraltro, consente anche – scusatemi, ma va fatta anche questa riflessione – di elaborare i cosiddetti «progetti speciali di coordinamento», che sono progetti che gli enti locali possono sostenere congiuntamente per favorire i pagamenti delle ulteriori ore di straordinario o di missione del personale, perché ovviamente è anche questo un elemento che può fare una piccola differenza.
  Per svolgere al meglio i controlli sulla base delle indicazioni del comitato provinciale per l'ordine e la pubblica sicurezza, a cui nel mio primo intervento facevo riferimento, i rappresentanti delle forze di polizia hanno peraltro predisposto, secondo quanto previsto dalla circolare con le linee guida del gennaio 2019 emanata da me, una scheda esemplificativa, comprendente tutte le verifiche che consentono di valutare la regolarità e la sicurezza degli impianti di stoccaggio di rifiuti sottoposti a vigilanza, tenendo presente tre aspetti.
  Il primo è la verifica dei sistemi di videosorveglianza: se ci sono, se funzionano Pag. 12 e banalmente come sono collocati. Perdonate se faccio la battuta, però io ho fatto 35 anni di indagini sull'argomento. Mi ricordo che nell'ultimo incendio a Santa Maria Capua Vetere, giusto per dirne una, di un impianto di gestione dei rifiuti, la videosorveglianza era solo all'ingresso, ma in tutto il piazzale, se uno scavalcava – e ha scavalcato – tu non avevi contezza di cosa avveniva. Noi sappiamo statisticamente, come vi ho riferito, che la maggioranza degli incendi avviene nelle pertinenze. Pertanto, il legame tra il dato conosciuto – ricordate tutto quello che ho detto poc'anzi – e l'applicazione operativa si sta finalmente congiungendo, perché, se tu metti solo una telecamera all'ingresso va benissimo, ma ti perdi tutto il resto.
  Altri elementi sono la guardiania e la difesa passiva, la prevenzione incendi, interna ed esterna, la regolarità e il rispetto degli atti autorizzativi. Quest'ultima corrisponde alla verifica che normalmente fanno i sistemi agenziali e le polizie locali in ordine alla quantità e alla tipologia di rifiuti che quel soggetto x è autorizzato a gestire.
  Vi faccio un esempio banale, ma molto concreto. Nel momento in cui tu gestisci rifiuti nel sito pertinenziale, li appoggi quasi sempre, ahimè, ai muri perimetrali. I muri perimetrali hanno una certa altezza. In primo luogo, se superi l'altezza del muro perimetrale, il rifiuto è a vista, ma è anche a vista dell'incendiatore banalmente. In secondo luogo, non essendo sezionato per aree, come molto spesso capita, all'interno della zona pertinenziale, come la norma prevede – questo ovviamente ha un costo di gestione – diventa un rischio potenziale astrattamente forte. Infatti, basta, non una molotov, ma poco di meno, una cosiddetta «miccia» ordinaria, per poter far partire un incendio che, però, riguarda tutta la zona pertinenziale, non è sezionato.
  Sono i controlli che noi stiamo chiedendo a questo punto, sulla base del monitoraggio di cui vi ho detto all'inizio del mio intervento. Sono state già svolte verifiche relative alla presenza dei sistemi di videosorveglianza, guardiania e difesa passiva presso, per esempio, lo STIR di Tufino, Giugliano e Caivano, il termovalorizzatore di Acerra, le società di Ital Ambiente di Acerra, Rigenera di Marigliano e così via. Limitatamente a queste società sono stati effettuati i controlli e predisposte le schede relative alla prevenzione incendi e alla regolarità del rispetto degli atti autorizzativi.
  In buona sostanza, questo modello sta incominciando ad avere degli atti che possono girare anche su altre regioni, perché è la sperimentazione che stiamo facendo e, quindi, le forze di controllo, che siano forze di polizia o soggetti tecnici, in questo caso hanno un vademecum di base, che poi possono arricchire secondo le necessità micro-territoriali.
  Le risultanze, le segnalazioni e gli accertamenti di violazioni di legge relativi alle verifiche eseguite sulla base delle schede vengono trasmessi direttamente dalle forze dell'ordine e da tutti i soggetti (Vigili del fuoco, ASL, sistema agenziale) agli organi competenti ad adottare le prescrizioni (atto amministrativo) e le misure sanzionatorie o, infine, nel caso più pesante, all'autorità giudiziaria.
  Fermo restando quanto fin qui esposto, tenuto conto degli ultimi incendi avvenuti alla fine del 2018 in Campania, il Ministero dell'ambiente si è fatto promotore di un'azione sperimentale di coordinamento delle diverse autorità competenti sul territorio, per far attivare una serie di azioni sinergiche finalizzate ad accrescere la prevenzione e il monitoraggio degli incendi.
  A tale scopo, in data 19 novembre 2018 è stato siglato a Caserta tra il Ministro dell'ambiente, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro della giustizia e della coesione, più il presidente della giunta regionale, il primo protocollo sperimentale, per i motivi che poc'anzi vi ho detto, di realizzazione di azioni per la tutela della salute, dell'ambiente e della popolazione e per l'attivazione di un presidio e di un controllo del territorio per la prevenzione degli incendi.
  Secondo le previsioni del predetto protocollo, che quindi è una base di modello eventualmente estensibile al Paese Italia, è stata data un'impronta operativa per la Pag. 13programmazione e l'attuazione di dispositivi di vigilanza alla cabina di regia istituita in attuazione del patto della Terra dei fuochi.
  La linea di intervento delineata è volta al controllo straordinario dei territori in cui è più diffuso il fenomeno dei roghi di rifiuti, mediante un'azione più incisiva, che prevede la maggiore concentrazione di militari dell'esercito nel progetto Strade sicure, con un utilizzo di quota parte ovviamente, coadiuvati dalle polizie locali con il meccanismo che vi ho poc'anzi illustrato, con il coordinamento – attenzione, questo è importante – delle forze dell'ordine, ovvero il coordinamento delle polizie nazionali. In tal modo esiste anche una regia, nel senso più nobile del termine, che poi può confluire nel comitato dell'ordine pubblico e pubblica sicurezza e, dunque, avere come riferimento il prefetto e, quindi, il Governo della Repubblica e finire poi sul tavolo del Ministro dell'interno.
  Sono state attuate, pertanto, azioni di contrasto congiunte sia per il completo monitoraggio delle situazioni di criticità sia per la conseguente attività di prevenzione.
  In questa prospettiva, la sezione operativa della cabina di regia per il contrasto al fenomeno dei roghi nella regione Campania ha proposto un piano coordinato e continuativo di controllo del territorio per i prossimi mesi estivi, che ovviamente sono quelli che ci preoccupano di più. Le attività interesseranno alcune aree della cosiddetta «Terra dei fuochi» dove maggiormente si registrano abbandoni e incendi di rifiuti. Nello specifico, saranno attivate le postazioni dedicate alla vigilanza a cura dell'esercito, presso i quattro presìdi di prossimità (Marcianise, Mondragone, Giugliano in Campania e Massa di Somma), che coinvolgeranno di volta in volta i comuni più interessati dal fenomeno dello sversamento o degli incendi.
  È stata anche predisposta la procedura unificata tra le strutture della regione Campania, i Vigili del fuoco, l'Esercito e le associazioni di volontariato, sulla base dell'azione 1.5 della delibera della giunta regionale, che già costruisce questo percorso.
  Nel documento, secondo le indicazioni fornite dalla cabina di regia, si descrivono le modalità operative unificate e i compiti dei singoli presìdi di prossimità. Ormai è chiaro come si sta delineando il modello. In particolare, ogni area verrà presidiata da una pattuglia dell'Esercito in attività dinamica, composta da tre militari, che opererà congiuntamente con la polizia locale nel meccanismo che abbiamo detto. L'attività di raccordo interverrà tra un referente dell'Esercito e un referente della polizia locale individuato dal comune interessato.
  Le amministrazioni comunali potranno predisporre anche attività di osservazione del fenomeno da parte delle associazioni di volontariato, impegnandosi a trasferire al presidio operativo le eventuali segnalazioni pervenute, quindi si crea un meccanismo a maglie di partecipazione attiva anche del cittadino.
  Tale dispositivo consentirà di rendere più efficace l'azione di prevenzione e di contrasto, potendo contare su una vigilanza ravvicinata e assidua delle zone più critiche nonché sulla collaborazione concreta delle polizie locali.
  Le questure di Napoli e Caserta (ma immaginiamo il concetto di questure per un attimo) adottano ordinanze di servizio volte a sensibilizzare gli operatori di polizia alla massima vigilanza in materia di contrasto agli illeciti ambientali nell'ambito degli ordinari servizi di controllo del territorio. Mi riferisco al PCCT (Piano di controllo coordinato del territorio) sostanzialmente.
  Sulla base delle segnalazioni delle forze di polizia e dell'Esercito, vengono costantemente interessati i sindaci, affinché adottino con la massima urgenza i provvedimenti di competenza ai sensi del codice dell'ambiente. Oltre all'attività provvedimentale, tanto più richiesta in questa fase dell'anno, dove l'aumento delle temperature prossimo a venire espone a più elevati rischi di innesco di incendi, i comuni sono invitati ad adottare ogni ulteriore sforzo per garantire, insieme all'ordinaria attività di raccolta dei rifiuti urbani assimilati, anche urgenti interventi di rimozione straordinaria di quei materiali che presentano Pag. 14maggiore capacità di combustione e di propagazione dei fumi tossici. Tutto questo, quindi, sta cominciando a essere georeferenziato.
  La regione Campania – ma possiamo immaginare una x regione – potrà incrementare le iniziative di supporto alle attività delle amministrazioni locali, allo scopo di accelerare gli interventi già in corso di risanamento dei siti di abbandono dei rifiuti, nonché quelli di ampliamento della rete di videosorveglianza ambientale.
  La stessa regione valuterà la possibilità di assicurare il raccordo del piano estivo della cabina di regia con le attività che una società in house (in questo caso la SMA) effettuerà nei comuni della cosiddetta «Terra dei fuochi» per la prevenzione degli incendi, nonché di garantire la prosecuzione del servizio dedicato da parte di una squadra dei Vigili del fuoco in questi presìdi.
  La sezione operativa della cabina di regia, inoltre, continua coinvolgendo i comuni interessati nella predisposizione di ulteriori accorgimenti che conferiscano maggiore e rinnovata incisività al sistema di vigilanza, che era quello a cui mi riferivo poc'anzi. Il sistema comincia a stringere le maglie in buona sostanza.
  Le risorse sono messe dallo Stato e dalle regioni, perché i comuni si trovano in oggettiva difficoltà economica. È quel meccanismo che, come vi dicevo poc'anzi, consente poi alle polizie locali, ma anche al sistema dei Vigili del fuoco, di trovare quella giusta soddisfazione contrattuale se operano un numero di ore supplementari o escono dal territorio inizialmente definito, andando nel territorio ampio.
  Nell'ambito di detto protocollo è stata inoltre prevista l'istituzione di un'unità di coordinamento, con il compito di assicurare l'attuazione del piano straordinario, monitorarne le azioni e verificarne gli effetti, con compiti di impulso e raccordo tra le amministrazioni centrali e territoriali e gli altri soggetti istituzionali interessati alla tutela dell'ambiente e della salute e al contrasto degli incendi dolosi.
  Il primo step è stato incentrato sullo scambio degli elementi informativi, quello di cui vi dicevo poc'anzi. La fase successiva è stata caratterizzata dall'analisi dei dati (perché una volta che cominci ad avere i dati li poni in una fase di analisi successiva), dall'individuazione di modelli operativi unitari e dall'enucleazione delle principali criticità connesse all'azione di contrasto dei roghi.
  L'ultima parte (enucleare gli elementi) serve proprio perché consente poi di utilizzare il modello in altri territori. Adesso, come notate, io ho citato anche dei luoghi specifici delle province di Napoli e Caserta. È chiaro che altrove potranno esserci nuovi ruoli e potranno esserci nuove sistemazioni, ciò dipenderà ovviamente da come il modello si plasma su quel determinato territorio di ogni regione. L'importante è il modello, in quanto elemento guida.
  In tal modo, in una terza fase preminentemente attuativa, sarà possibile non soltanto formulare e porre in essere interventi correttivi e di supporto all'attività dell'autorità giudiziaria, ma anche fornire ulteriore ausilio ai compiti della magistratura, integrandone il lavoro attraverso l'utilizzo delle competenze, dei mezzi e delle risorse nella disponibilità di altre figure istituzionali. Si pensi a titolo esemplificativo al supporto in termini di controllo del territorio fornito dalle autorità militari del Ministero della difesa e dell'interno, al supporto dell'analisi dei valori di inquinamento e delle attività di classificazione dei rifiuti posta in essere dall'ISPRA e dal sistema agenziale, all'utilizzo nel corso dei processi penali degli studi scientifici – pensate al registro dei tumori e delle malattie dell'infanzia – svolti dal Ministero della salute al fine di dimostrare il nesso di causalità tra inquinamento ambientale e insorgenza o aumento di specifiche malattie.
  Da questa esperienza potrà discendere un’expertise nazionale per poter replicare nelle diverse aree del Paese, trattandosi, com'è noto, di una problematica che non interessa la sola regione Campania, ma tutti i territori regionali ad alta concentrazione.
  In questo senso, vi riporto in modo molto speditivo e poi chiudo – abbiate pazienza – alcuni elementi secondo me Pag. 15molto interessanti. Se abbiamo ormai chiarito cos'è il concetto di monitoraggio e di conoscenza geografico-territoriale di siti astrattamente sensibili, perché l'abbiamo detto poc'anzi, qual è la frontiera da affrontare del modello? La prima è la messa a sistema dei dati. Noi abbiamo verificato che, se adesso proviamo a unire tutto quello che vi ho detto, le banche dati tra di loro devono cominciare a parlarsi.
  Banalizzo: le banche dati dei comuni, rispetto alla banca dati della prefettura – penso al Prometeo – o alla banca dati dell'Ispra o del sistema agenziale o dei Vigili del fuoco, molto spesso hanno sistemi informatici diversi tra loro, banalmente e quasi tragicamente diversi. L'elaborazione, invece, va fatta se si può contare su dati compatibili, ancorché diversi.
  Questo è uno sforzo grande, che nel modello abbiamo costituito con esperti di informatica, ma che va esteso a tutto il territorio nazionale, per avere finalmente una sola banca dati, con le sezioni di competenza diversificate tra loro in funzione del cosiddetto «NOS», il Nulla Osta Segretezza, che consente di aprire partizioni diverse in funzione dello step di lavorazione del dato, perché alcuni dati ovviamente non li possono vedere tutti, ma che parli una sola lingua.
  Poi c'è il piano straordinario, che occorre in determinate zone del Paese (non soltanto di Napoli e Caserta), della rimozione straordinaria dei rifiuti abbandonati. Questo va gestito con le regioni, perché c'è bisogno di risorse, altrimenti i nostri comuni vanno in dissesto, questo va detto, non ce la fanno.
  Abbiamo tutto il sistema di vigilanza individuata dal Comitato dell'ordine pubblico e pubblica sicurezza, stretto o allargato, di cui vi ho detto poc'anzi. Vi faccio un esempio concreto: nel modello l'Esercito, che, come sapete, non fa parte del Comitato, ma può far parte del Comitato allargato, sta mettendo a disposizione tutto il sistema di vigilanza militare. Il sistema di vigilanza militare non è solo la camionetta in controllo dinamico sul territorio o in controllo fisso, è anche quella e fa parte dei Piani coordinati di controllo del territorio, ma sono anche i sistemi satellitari, i sistemi a droni, i sistemi aerei.
  Abbiamo introdotto nel modello la disponibilità dell'Aeronautica, attraverso tutti i voli ordinari di addestramento o di perlustrazione del territorio che fanno già parte del lavoro quotidiano dell'Aeronautica, di fotografare, di videoriprendere il territorio, perché tanto quel volo lo devi fare comunque e io metto a sistema il tuo volo e quindi le tue spese perché tu mi possa restituire un dato che a te non serve per i tuoi scopi, ma a me invece serve come scopo primario. Vedete quindi come il meccanismo si possa ottimizzare e a costo zero.
  Questo si sta facendo e nel caso di specie la regione Campania si sta dotando anche di droni, ma di droni che sono compatibili con quelli dell'Esercito, che non è una banalità. Prima vi ho letto il meccanismo misto tra Esercito, società in house della regione o comunque dipendenti regionali, polizie locali, ma ognuno finora faceva il suo piccolo e non sapeva l'altro; adesso con le pattuglie congiunte e il sistema della cabina operativa lo si fa insieme, quindi ognuno può fare qualcosa e distribuirlo agli altri, avendo le stesse risorse che aveva prima, solo che vengono messe a sistema e si ripartiscono anche i costi, oltre che i risultati.
  C'è un elemento importante che mi piace riportare, di cui, se ritenete, vi farò avere a luglio esiti più specifici. La procura della Repubblica di Napoli nord, che è una delle zone più delicate da questo punto di vista, con il procuratore Greco ha costruito un protocollo d'intesa con l'Istituto Superiore di sanità, chiedendo innanzitutto di mappare attraverso il sistema che vi ho raccontato tutti i siti di competenza di quella procura sottoposti alla problematica dei roghi, siti che sono 3.000 ovviamente nel corso del tempo, e rispetto al sito incendiato di georeferenziare epidemiologicamente il dato sanitario.
  L'Istituto superiore di sanità lo ha fatto per questi 3.000 siti, alla fine di giugno la Procura della Repubblica depositerà ufficialmente e pubblicamente gli atti, tranne quelli coperti da segreto investigativo per ovvi motivi, e potranno diventare atti pubblici, Pag. 16 per evidenziare se dal punto di vista epidemiologico vi sia un nesso di causalità e in che termini tra l'ingiuria ambientale e il danno sanitario.
  È la prima volta che si sperimenta questo metodo, si sperimenta in una quota parte della Terra dei fuochi, e vediamo cosa emergerà. Ve lo rappresenterò non appena lo avrò, prima non lo posso fare, peraltro non lo conosco nemmeno, però mi sembra anche questo un modello molto interessante, e – noterete – fatto dalla procura della Repubblica, quindi dall'autorità giudiziaria.
  Nell'ultimo incontro che ho tenuto il 20 maggio alla prefettura di Napoli congiuntamente con la prefettura di Caserta e il comitato allargato di cui vi ho detto prima, abbiamo chiesto di avere un'implementazione di militari nel periodo di massima pericolosità, definito amministrativamente tra il 15 giugno e il 15 settembre e decretato dalle singole regioni (sono periodi di massima pericolosità da incendio, non da incendio di rifiuti, però è l'atto amministrativo di riferimento), e di inserire la regione nel cosiddetto «controllo dinamico» in ausilio all'Esercito, di chiudere al più presto i protocolli sulla qualità dell'aria, altro elemento di riferimento.
  In merito ai protocolli della qualità dell'aria, come sapete, li abbiamo già chiusi con le regioni del bacino padano, con la Valle del Sacco nel Lazio, con l'Umbria. Ancora mancano Sicilia e Campania, stiamo negoziando, perché chiediamo impegni reali e non astratti, impegni tangibili che si possano misurare, mettendoci anche delle risorse, però stiamo negoziando e credo che questa vicenda verrà presto definita.
  Abbiamo anche chiesto di rielaborare una bella cosa che è stata fatta alla Procura generale di Napoli dalla dottoressa Grippo, procuratore generale, che mette a sistema i dati ambientali che provengono da ogni procura, in modo che le procure possano leggere i medesimi dati che oggi invece tra loro non riescono a leggere se non per micro accordi, invece che venga fatto un accordo da procura generale, come già fatto a Napoli con un modello molto significativo da esportare.
  Sulla vicenda epidemiologica è compito del Ministro della salute, però devo dire che grazie a dei fondi che sono stati messi a disposizione e condivisi anche con la regione Campania, quindi Ministero dell'ambiente, regione Campania e Ministero della salute, sono partiti anche degli screening anticipati per determinate malattie di allarme o comunque di controllo gratuiti, prima di quello che normalmente il sistema sanitario prevede per quelle annualità.
  Faccio un esempio per intenderci. Voi sapete che le donne per il rischio di tumore al seno dopo i quarant'anni sono soggette a questo tipo di screening (non so se il termine sia corretto), ma in zone di particolare ingiuria ambientale abbiamo chiesto (è già partito in alcuni distretti sanitari della provincia di Napoli) di anticiparlo a 25 anni, perché ci siamo resi conto dal dato epidemiologico che arriva prima. È giusto che questo elemento venga posto al centro dell'attenzione e lo screening venga fatto gratuitamente e non a pagamento, altrimenti c'è il rischio che questo tipo di controllo sia solo per chi se lo può permettere e non mi pare giusto.
  Se il presidente concorda, mi fermerei, forse veramente ho preso troppo tempo, ma sono a vostra disposizione.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CATERINA LICATINI. Ringrazio il Ministro per la chiarezza e per i dati che ha riportato, effettivamente alcuni vanno aggiornati, ad esempio ho un problema in Sicilia con gli impianti di compostaggio, perché lei ne cita 17, in realtà sono meno, e ci sono anche indagini della Procura per cui si ridurranno ulteriormente.
  Lei mi ha anticipato, anche se la risposta non è stata esaustiva, sulle mini discariche o discariche vere e proprie formate dall'abbandono indiscriminato di rifiuti, che in Sicilia continuano ad esistere e a crescere. Mi sembra di capire che ancora non ci sia una vera azione di monitoraggio, ha detto che sarà affidata alla regione, però non so se ci sia altro e come si possa fare. Grazie.

Pag. 17

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie, onorevole. Sì, i dati vanno aggiornati, perché sapete che al 31 dicembre di ogni anno si raccoglie il dato, però poi va elaborato. Credo che nelle prossime settimane Ispra mi darà quello del 2018, quindi concordo. A memoria non saprei dire, so delle indagini, ma per motivi professionali, che è altra cosa.
  Sull'abbandono dei rifiuti, il modello che si sta sperimentando in Campania vede concorde una serie di soggetti che intervengono per la rimozione ordinaria e straordinaria dei rifiuti, che significa prevenzione.
  Devo aggiungere che stiamo costruendo un disegno di legge governativo, che ho chiamato Terra Mia, che verrà depositato nei prossimi giorni, dove con il gruppo di lavoro che ho costituito, presieduto dal dottor Fragliasso, con professori universitari, magistrati, Forze dell'ordine, ma anche enti locali, quindi un numero molto consistente di soggetti con orientamenti culturali diversi tra loro, si intende individuare il percorso migliore rispetto a due elementi cardine.
  Il rifiuto abbandonato nel 99 per cento dei casi è abbandonato sul ciglio di una strada, che sia una strada, una pista o un sentiero, però è statisticamente raro che questo avvenga al centro di un terreno o in una zona di non passaggio (ha altri tagli più da autorità giudiziaria).
  Nella stragrande maggioranza dei depositi o abbandoni di rifiuti lungo i cigli il tema è se lo fa il proprietario della strada, l'ANAS, l'ente provincia o il comune, e in funzione di questa scelta va fatta anche l'altra scelta, ossia se i proventi delle sanzioni (penso all'articolo 318 della vecchia legge n. 68 del 2015) vadano ai comuni, perché se vanno ai comuni, questi hanno una risorsa supplementare e possono far fronte a questo tipo di attività.
  Se però chiedo ai comuni di prendere sul ciglio delle strade questi rifiuti, mi vanno in dissesto, perché molti comuni hanno questa oggettiva difficoltà, e creo un danno con una norma del genere, quindi la riflessione sulla quale ci stiamo muovendo è la prevenzione, ricostruire la filiera con un accordo ANCI-CONAI che stiamo coltivando (li sto incontrando proprio in queste settimane), però anche sulla norma.
  In sostanza, quindi, se lo fanno i comuni, devono avere risorse supplementari, altrimenti lo fanno i soggetti che gestiscono le strade, però a quel punto diventa più difficile il controllo, per il semplice motivo che ci sono talvolta forti contenziosi sulla competenza della strada, perché quando è chiaro che un asse è di natura provinciale o di gestione ANAS spesso quel rifiuto è abbandonato a cavallo dell'asse, quindi la competenza è per metà mia e per metà tua, quindi non lo fa nessuno!
  Culturalmente mi piacerebbe immaginare che lo facciano i comuni, però mi piacerebbe anche dargli i soldi dell'articolo 318, perché altrimenti i comuni non ce la fanno. Stiamo elaborando questo tipo di riflessione.

  PRESIDENTE. Per motivi di tempo prego il Ministro di essere un po’ più sintetico, per dare spazio alle domande, poi a margine possiamo anche approfondire altri aspetti.

  CHIARA BRAGA. Grazie, presidente, sarò molto breve perché abbiamo poco tempo e ci interessa avere delle risposte, almeno per quanto riguarda me e il mio gruppo, sull'audizione di oggi del Ministro.
  Lei ci ha dato un quadro molto dettagliato, un po’ difficile, su cui ragionare sulla distribuzione degli impianti di rifiuti, sono i dati del catasto dei rifiuti di Ispra, quindi già noto a questa Commissione, magari sarebbe importante una volta, non oggi, ragionare insieme a lei, Ministro, su come intenda dare una risposta a questo disequilibrio nella dotazione degli impianti che, come rilevato anche da questa Commissione nella relazione sul fenomeno degli incendi, rappresenta un punto di criticità del sistema di gestione dei rifiuti e, se non una causa, certamente una circostanza che incide su questo fenomeno.
  Mi ha colpito il dato che lei ci ha fornito, 262 incendi quest'anno, la relazione prodotta dalla Commissione nella scorsa Pag. 18legislatura aveva mappato 260 episodi di incendi in tre anni, quindi è un dato veramente allarmante se paragonabile ai criteri con cui sono stati rilevati questi episodi.
  Rispetto alle azioni intraprese le volevo chiedere che tipo di diffusione sia stata data alla circolare emanata dal suo Ministero, «Linee guida sulla gestione operativa degli impianti», di marzo 2018, e poi all'aggiornamento di cui ci ha parlato. Nello specifico le chiedo se, oltre ad averla trasmessa alle regioni e alle province, il Ministero si sia occupato anche di organizzare dei momenti informativi con le autorità competenti ad applicare quelle linee guida.
  Sul tema invece del Decreto Sicurezza e della direttiva del Ministero dell'interno sui siti sensibili, di cui le confesso di non aver trovato il testo da nessuna parte pur avendolo cercato, volevo chiederle che tipo di verifica sia stata fatta sui risultati concreti dell'attuazione del Decreto Sicurezza, cioè in base alla costanza del fenomeno che lei ci ha spiegato quanti autori di reato siano stati scoperti a seguito dell'introduzione di queste misure, perché credo che questo sia un elemento molto importante per capire l'efficacia delle misure introdotte.
  L'articolo 26-bis del Decreto Sicurezza al comma 9 prevede che vengano emanate attraverso un DPCM le linee guida per la predisposizione dei piani di emergenza esterni e le informazioni alla popolazione. Siccome nel corso di alcune audizioni ci siamo accorti che questo tema della predisposizione dei piani esterni è rimandato all'emanazione delle linee guida, queste linee guida sono state fatte, il suo Ministero ha verificato l'emanazione di queste linee guida e lo stato di attuazione e applicazione della disposizione contenuta in questo decreto?
  Sul tema della Terra dei fuochi oggi abbiamo avuto conferma dell'attenzione che lei dedica a questo territorio, sarebbe importante capire in maniera specifica e non generica quali siano almeno altre due parti del territorio nazionale in cui ritiene di estendere quest'azione, anche alla luce delle criticità.
  Ovviamente noi verificheremo e saremo lieti di avere informazioni sull'efficacia delle misure che sono state predisposte con questo protocollo, non so se ci abbia fornito o sia in grado di darcelo, questa Commissione ha verificato che tra il 2013 e il 2017 con l'attuazione delle misure già assunte dalla normativa si è dimezzato il numero di incendi di rifiuti abbandonati nella cosiddetta Terra dei fuochi. In merito alla quantità di episodi di incendi vorremmo sapere quale sia stata l'evoluzione nell'ultimo anno, se abbia o sia in grado di fornirci il dato sull'attuazione di questa misura. Grazie.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie, onorevole. Dunque, per quanto attiene la diffusione della circolare sia di marzo 2018 che di gennaio 2019, questa è stata ovviamente mandata nei termini previsti alle regioni e alle province autonome, però anche alle prefetture. Il rapporto è proprio questo, cioè noi stressiamo (nel senso migliore del termine) il sistema prefettizio perché sia l'interlocutore privilegiato.
  Per i motivi contenuti nel modello che ho illustrato poc'anzi, il prefetto rappresenta il soggetto coordinatore, che al tavolo prende nota di quanto si sta muovendo sul suo territorio. Le dico anche che i rapporti con le regioni, che poi le devono prendere con proprio atto di giunta, da questo punto di vista stanno funzionando, anche perché hanno la facoltà, che reputo corretta, di poterle plasmare sul proprio territorio sia in termini regionali, sia in termini provinciali o addirittura micro territoriali, per cui da questo punto di vista il sistema, da come mi risulta, sta funzionando.
  Il Decreto Sicurezza è di dicembre, ma insomma da gennaio, più tutti i tempi, perché a febbraio c'era il primo step ed è ancora da farsi il piano di sicurezza esterno che è il secondo, però le dico già che dove l'abbiamo applicato, quindi in questo caso Terra dei fuochi, sono raddoppiati gli arresti, sono passate da una a tre le sanzioni elevate di natura amministrativa e di natura penale, cioè le denunce a piede libero.
  È chiaro che una cosa è la fase investigativa operativa, altra cosa è il giudizio Pag. 19finale, che ovviamente ha i tempi della giustizia, quindi non le saprei dire l'esito del dibattimento, ma glielo potrei dire tra qualche anno. Abbiamo riscontrato che queste maglie così come è stato costruito il sistema incominciano a funzionare.
  Noto anche che la stessa classe imprenditoriale, che è la cosa che ci sta più a cuore in questo senso, recepisce le linee in modo anche proattivo, perché, tranne che non sia il soggetto criminale, tema di cui non dobbiamo parlare in questa sede, la stragrande maggioranza ha interesse a mettersi nelle condizioni di poter lavorare sereno, proprio per non subire il rischio di sequestri o chiusure. Questo, attraverso la filiera del coordinamento del prefetto, come mi dicono i prefetti e quindi il Ministero dell'interno, sta cominciando a funzionare bene e si sono persuasi, al punto tale che hanno incominciato a chiedere di fare questi piani anche i famosi rottamatori, che erano fuori dal sistema, ma hanno cominciato a chiedere di farne parte, perché fa spendere delle risorse in più, però li garantisce di più (me lo dicevano i prefetti l'altro giorno).
  Circa i roghi in altre parti d'Italia, sto raccogliendo, sempre attraverso il Ministero dell'interno perché il mio riferimento sono i prefetti, segnalazioni di molte parti (penso alla medesima città di Roma, dove ieri ho incontrato il prefetto) in cui ci sono problemi di abbandono di rifiuti, di roghi tossici o di entrambi, però aspetto di avere il quadro da tutti i prefetti, perché oggi rischierei di darle un dato incoerente con quelli di qualche prefettura.
  Lei ha ragione, gli incendi sono molto diminuiti nel periodo a cui lei faceva riferimento; erano una cifra veramente gigantesca e sono stati più che dimezzati, però se parti da più di 3.000 incendi e te ne ritrovi 1.700, statisticamente è un bellissimo risultato, ma il valore assoluto è pazzesco, sono sempre 1.700, se li distribuisco in 365 giorni, sono 4-5 al giorno, che mi sembra un numero improponibile. Ecco perché dico che se statisticamente il trend è positivo, in valore assoluto dobbiamo tendere allo zero e correre ancora più veloce.
  Tengo quindi molto al modello, perché se questo modello funziona, io non arriverò subito al rogo zero, però certamente distinguo tra i criminali e le persone oneste, e la classe imprenditoriale in particolare mi aiuta a scovare il criminale.
  Dico questo (è quasi banale) perché lei non ha idea di quante volte sono andato a fare sequestri e arresti nella mia vita precedente, non da Ministro ovviamente, e l'imprenditore mi diceva: «generale, tu vieni da me quando uno, due e tre sono totalmente illeciti», ed è ovvio che poi andavo anche da uno, due e tre, perché è banale, ma il sistema funziona anche così, la maglia più è stretta e più mi consente di individuare il criminale rispetto alla persona perbene.
  Delle linee guida dell'esterno ho parlato la settimana scorsa con alcuni prefetti, perché vorremmo scriverle insieme, quindi in realtà ancora non sono state emanate per il semplice motivo che ci sono delle questioni che vorrei costruire insieme a loro, cioè le ho abbozzate, ma non sono ancora state emanate per questo motivo, ma già funzionano almeno come indicazioni di base.
  Lei mi chiedeva del disequilibrio tra impianti nord e sud, come ho detto nel mio intervento noto che c'è una differenza di impianti tra nord e sud, tanto che sto stimolando molto. Penso ad esempio ad alcuni impianti di compostaggio, che sono un elemento cardine della filiera dei rifiuti specialmente in alcune regioni del sud, che sono un po’ poveri. Li sto stimolando molto, però questa è una competenza tutta regionale, quindi il Ministro può fare moral suasion in questo senso.
  Ho incontrato il CIC, il Consorzio dei compostatori italiani, proponendogli di immaginare in termini di business planning un sistema fatto «a stella», cioè un impianto di compostaggio medio, che vuol dire intorno a 20-25.000 tonnellate su base annua, e dei sistemi di cosiddetta «prossimità». La cosa che mi ha colpito è che il CIC mi ha detto che è un ottimo sistema, che consente nei piccoli centri, nelle piccole realtà di avere l'impianto di compostaggio di prossimità, che è un impianto a gestione piccina (800, 1.000 o 1.500 tonnellate), Pag. 20 di microterritorialità, dove anche il cittadino può avere nozione diretta di quanto accade in quell'impianto, e che fa filiera con quello un minimo più grande, che si trova in questa posizione a stella o a ruota, come meglio preferite, e che economicamente rende.
  Lo dico perché mi ha messo anche per iscritto che concorda, non me l'ha detto davanti a un caffè e basta, perché secondo me è la sana mediazione tra l'esigenza di avere territori dove il cittadino vuole il compostaggio di prossimità controllato, frequentato (pensi ai piccoli centri delle piccole valli degli Appennini dove c'è questa esigenza), e una zona più grande, che è la zona della città, dove c'è un'esigenza più marcata.
  Questo è un sistema che come Ministro mi vede d'accordo, che vede d'accordo il CIC che è il soggetto di riferimento, quindi la domanda è perché le regioni non lo applichino se l'imprenditore concorda, però ovviamente è un tema che ha a che fare con le regioni.

  CHIARA BRAGA. Questo sistema di compostaggio andrebbe bene anche per Roma, però le volevo dire solo una cosa: le linee guida non le deve scrivere il Ministero dell'ambiente, le deve fare la Presidenza del Consiglio con il Ministero dell'interno; mi pare che non ci siano.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. No, per i motivi che le ho detto, perciò io sono in contatto con il prefetto, però devo anche dire per onestà intellettuale e per correttezza che come mi sono permesso di contribuire alla direttiva del Ministro dell'interno non mi sento di chiamarmi fuori, perché già mi è stato chiesto di dare una mano, quindi perché non farlo, visto che mi intendo un po’ della materia? Ovviamente, però, non è a firma mia, non mi permetterei mai...

  ROSSELLA MURONI. Grazie, Ministro, provo ad essere molto rapida. Prima ha fatto riferimento a una mappa sui rifiuti e sugli impianti, quindi vorrei sapere se il Ministero sia in grado di indicare quanti impianti servirebbero in questo Paese per uscire da un'emergenza rifiuti che riguarda sicuramente alcuni territori più di altri, ma è il sistema che ancora non sta funzionando, in particolare che tipo di impianti, dove e se a suo parere in questo Paese servano altri inceneritori per risolvere il problema dei rifiuti.
  Per quanto riguarda l'azione preventiva sui roghi, va benissimo, ci ha raccontato un sistema che potrebbe davvero diventare un modello. Nel momento in cui c'è un incendio e un impianto viene danneggiato, il Ministero che ruolo ha nel controllare la situazione, nel seguire il processo di bonifica e nel capire se l'impianto debba riaprire o meno? Lo chiedo perché Roma è una città sotto attacco da questo punto di vista, il TMB Salario è solo l'episodio più clamoroso, però con questo sistema studiato sulla Terra dei fuochi Roma potrebbe essere un territorio su cui passare alla fase due della sperimentazione, perché è evidente in alcuni territori particolarmente sotto attacco attenersi alle reciproche competenze non aiuta, quindi ben venga un modello che superi le separazioni.
  Ultima cosa. Le volevo chiedere anche rispetto alla sua esperienza pregressa, essendo passato un po’ di tempo, se nella vicenda dei roghi, del controllo del territorio e della prevenzione l'assorbimento da parte dei Carabinieri del Corpo forestale rappresenti un elemento di potenziamento o di depotenziamento anche per le competenze nel domare gli incendi che sono passate ai Vigili del fuoco, se il sistema si sia normalizzato. Grazie.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie, onorevole. In ordine alla vicenda di Roma e alle competenze, delle quali rammenterà che abbiamo parlato in altri momenti non necessariamente «ufficiali», certamente concordo, tanto che quando ci fu l'incendio al TMB Salario io fui presente pur non avendo competenza dal punto di vista giuridico-amministrativo. Era giusto che il Ministro dell'ambiente ci fosse, così come è giusto che ci sia sulla vicenda dei roghi in Campania, non per appartenenza Pag. 21territoriale, perché a quello di Roma avrei potuto non presentarmi, ma nella logica per cui se posso dare una mano la do senza vedere di chi sia la competenza, a meno che non mi venga chiesto di farmi i fatti miei (scusi la volgarità della riflessione).
  In caso di incendio, nelle linee guida e nel Piano di azione (parlo di Terra dei fuochi, ma può essere estensibile come modello) è prevista una serie di micro azioni che devono essere fatte, addirittura è temporalmente individuato chi fa cosa e chi deve fare cosa concatenatamente a chi inizia.
  In particolare, il sistema è collegato sulle competenze del sistema agenziale e delle ASL; le ASL ovviamente per attivare le procedure sanitarie, il sistema agenziale per fare immediatamente la verifica della qualità dell'aria (nelle prime sei ore, poi nelle dodici ore a seguire). Perciò si chiama Piano di azione, coordinato però sempre dal prefetto, perché c'è un potenziale rischio emergenziale, quindi scatta la procedura che è in capo al prefetto e non più alla regione, al comune o alla provincia, perché il prefetto è in grado di coordinare tutto.
  Se il prefetto dice a te ASL dove devi andare ed entro quante ore, cioè coordina queste cose, ha questi led che si accendono, chi è il link di riferimento del prefetto? È il Governo nazionale, quindi ritorniamo al sistema che passa per il Ministero dell'interno, perché il prefetto è Ministero dell'interno, ma che a sua volta si irradia sulle altre competenze, allora ritorna la competenza del Ministero dell'ambiente e della salute. Ecco perché è stato pensato così, è come se il prefetto fosse una sorta di hub, è un carico pesante però è l'unico soggetto cui riferirsi. Ecco dove nasce la mia competenza, attraverso questa filiera che è perfettamente costituzionale.
  In ordine a quanti impianti occorrerebbero, lei sa meglio di me che è una cosa che studia il sistema agenziale, cioè ISPRA, però è anche vero che la filiera della gestione dei rifiuti fa capo alle regioni con il piano regionale dei rifiuti, che è in contraddittorio, nel momento in cui viene proposto, con la Direzione generale rifiuti del Ministero dell'ambiente e con ISPRA, perché da una parte ci sono i dati e dall'altra c'è la norma, cioè le regioni che la devono fare applicare, anche in relazione al concetto di macro aree.
  Lei sa meglio di me che il meccanismo di gestione dei rifiuti è per macro aree, ci sono le macro aree sud, centro, nord-est, nord-ovest, per cui in realtà il flusso del sistema dei rifiuti viene gestito in termini ultraregionali, quindi è fatto da norma regionale, da valutazione ultraregionale che è competenza Ispra e Ministero dell'ambiente in concorso. Ecco perché i piani regionali dei rifiuti passano per il Ministero dell'ambiente, che li può osservare, come è successo recentemente.
  Ho detto pubblicamente che quando i tecnici prendono delle iniziative dovrebbero rispettare quella che è la direttiva politica, che ha valore cogente, il tecnico o rispetta la direttiva politica o è fuori dal sistema Italia.

  CHIARA BRAGA. Anche le leggi hanno valore cogente.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ci mancherebbe, è la prima cosa, la Carta costituzionale e le leggi, però c'è una direttiva politica che prevede la legge stessa. Adesso arriviamo anche alla questione che lei mi ha proposto, ma sugli impianti questo è il ragionamento e io sono il primo a dire che gli impianti ci vogliono. Abbiamo parlato di impianti di compostaggio, perché non dimentichiamo che mediamente l'umido, tutto ciò che va in compostaggio, rappresenta il 30 per cento, e in talune zone arriva anche al 40 per cento, cioè è una delle maggioranze di rifiuti che viene a sistema nella filiera, tenendo anche conto che ANCI-CONAI stanno negoziando un accordo.
  Non dimentichiamo che ANCI e CONAI sono due soggetti di diritto privato; anche ANCI, sebbene siano i comuni d'Italia, è un soggetto di diritto privato, che sta negoziando il nuovo accordo, non ricordo se triennale o quadriennale, e adesso è in proroga alla fine dell'anno, perché l'accordo non è stato ancora trovato. Pag. 22
  Con il referente CONAI e il presidente dell'ANCI l'altro giorno eravamo a Treviso e parlavamo anche di questo, quindi ho chiesto come Ministro, fermo restando che la negoziazione è loro, anche se sto tentando una moral suasion vigorosa, di cambiare il sistema dalla linearità agli scalini di qualità della differenziata, cioè che venga fatta una differenziata di qualità per step, a gradini, che tradotto vuol dire favorire di più colui che ben differenzia e ha un riciclo elevato, perché a volte la differenziata non vuol dire che ci sia un riciclo elevato (devono non dico collimare, ma quasi). Treviso con la vicenda dei pannolini che ho firmato da poco arriverà al 95 per cento di differenziata con un riciclo del 90-92 per cento, che è un'enormità. Cioè siamo oltre ogni elemento immaginativo.
  Se però in un altro posto d'Italia ho il 90 per cento di differenziata e il 40 per cento di riciclo, vuol dire che qualcosa non funziona in quella differenziata, e ho chiesto che il nuovo accordo vada per scalini e non in modo lineare, come adesso, per cui favorisci il comune di più se ha una differenziata alta e un riciclo alto, e molto meno, quindi più che proporzionalmente, chi invece si trova ai gradini più bassi, così spingi il sistema verso l'alto, a parità di risorse, perché conviene differenziare e fare un riciclo sostanzioso.
  Ribadisco però che l'accordo è tra due soggetti di diritto privato, che vengono auditi dal Ministro, il che non vuol dire che debbano seguire la linea del Ministro. Loro mi dicono però che la stanno seguendo, che sarebbe la grande conquista per arrivare ad una differenziata e a un riciclo elevati. Se questo è il nuovo accordo che la liturgia amministrativa prevede che si faccia entro quest'anno, è chiaro che poi nel sistema di gestione degli impianti devi tendere verso quegli impianti che seguono questo accordo, cioè che vanno verso il modello Treviso, che tra l'altro è un modello che è nel contratto di Governo di questa compagine.
  Se nel contratto di Governo che la compagine di maggioranza si è data l'obbligo di rispettare è quella la linea da seguire, differenziata alta, riciclo alto, come Ministro dell'ambiente per un motivo tecnico ed in prospettiva sono in disaccordo rispetto all'apertura di inceneritori. Inoltre, c'è la direttiva europea sul pacchetto rifiuti e sull'economia circolare che aiuta il modello Treviso (non è un caso, però è il Ministro dell'ambiente che parla, io sono un peones del Governo).

  PAOLA NUGNES. Grazie, Ministro, ho trovato tutto molto interessante, soprattutto questa descrizione del modello per i siti sensibili. Mi permetto anche di dire che mi ricorda una proposta che elaborammo, in cui li chiamammo SARA, Siti a rischio ambientale, il coordinamento di tutte queste parti che si occupano di siti particolarmente soggetti a rischi ambientali, anche se all'epoca il cuore di tutto questo, la struttura portante era il Corpo forestale dello Stato, un corpo civile e non militare, anche se vengono posti sul campo solo in particolari periodi.
  Sono però preoccupata per la tempistica di tutto questo, che è molto complesso. Finalmente si sentono cose interessanti, perché mettere a sistema tutte le banche dati e condividerle è un passo importante, però mi sembra che non si veda il termine di tutto questo, la linea dell'orizzonte, quindi mi chiedevo se lei ha un'idea dei tempi di realizzazione, soprattutto per quanto riguarda questa ricognizione di tutta l'impiantistica.
  Come ha detto gli incendi negli impianti sono aumentati, perché come diceva anche la collega 262 incendi, 165 negli impianti da giugno a giugno, sono effettivamente un dato estremamente allarmante, e nonostante l'articolo 26-bis del decreto n. 113, che è recente, ma registra comunque 5-6 mesi di attuazione.
  Contestammo il dato di Prometeo perché si basa sul numero degli incendi spenti, dato che abbiamo sempre valutato come ambiguo. Non vorremmo che questa diminuzione degli incendi dal 2012-2013 al 2017 fosse inficiata da questo tipo di valutazione.
  Gli incendi, come giustamente lei dice, sono causa di aziende produttrici in regime di eversione fiscale. Su questo mi chiedo se con il Ministero del lavoro si stia provando Pag. 23a fare una riflessione su come recuperare queste aziende, perché purtroppo, avendo affrontato il tema anche con l'altro Ministro, ci siamo sentiti dire cose alquanto imbarazzanti sulla tenuta del tessuto sociale e lavorativo, un po’ come quello che si diceva sul traffico di sigarette in Campania. Non vorrei che questa evasione fiscale fosse tollerata perché comunque sostiene un tessuto lavorativo.
  Cosa si sta pensando di mettere in atto? Sappiamo che dal rifiuto lasciato sul ciglio della strada è possibile risalire all'azienda, una volta risaliti all'azienda so che viene messo in atto un sistema che si ritorce su se stesso, perché viene chiusa la fabbrica e il proprietario sposta in altra sede i macchinari e ricomincia da capo, quindi sarebbe opportuno ragionare su come recuperare competenze e mercati portandole però nella legalità.
  L'ultima domanda riguarda gli pneumatici. Conosciamo la questione e quanto recupero è stato fatto negli ultimi anni; so che per l’end of waste ci sono dei problemi laddove altri invece sono stati risolti e ne siamo molto felici. A che punto siamo e quali problemi di tipo ambientale e sanitario vengono riscontrati?

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Intanto chiedo scusa all'onorevole Muroni perché non avevo risposto a quell'ultima domanda, che peraltro la senatrice Nugnes ha ribadito, per cui colgo l'occasione per rispondere, se me lo consentite, a entrambe, visto che veramente mi ero dimenticato e chiedo scusa.
  Sapete benissimo che io provengo dal Corpo forestale e poi sono stato assorbito nell'Arma dei carabinieri. La riflessione quindi è duplice: da una parte personalmente è stata (lo dico con la massima schiettezza, qui lo dico da Ministro, ma considerate che lo dico anche per appartenenza di giubba) una idea assolutamente scellerata del Parlamento dell'epoca che ha chiuso il Corpo forestale dello Stato, lo dico con molta franchezza, non mi permetto di contestarla, la osservo e ne ho il massimo rispetto, perché quando il Parlamento si pronuncia il Parlamento è sovrano, che io sia d'accordo o no non rileva, rileva il fatto che è accaduto.
  Detto questo, ricordo che anche all'epoca, in quel caso da Generale, mi fu chiesto cosa ne pensassi, dissi le medesime cose, però proposi alternative, perché all'epoca, se voi rammentate, era in discussione la legge n. 132 del 2016, quella sul sistema agenziale, e io proposi che forse era un buon modo di costruire un nuovo Corpo forestale dello Stato, anche in coordinamento con quelli regionali e con il sistema agenziale e con il sistema delle polizie provinciali, perché sono tutti quelli che si occupano di ambiente, tranne ovviamente il NOE dei Carabinieri, che è l'altro soggetto (all'epoca era in concorso, adesso è quasi da solo) che occupa questo tipo di attività, in particolare di natura fortemente investigativa. Questa era l'alternativa e dissi: «facciamolo ancora più forte, visto che siamo quelli che più vengono osservati nel resto d'Europa, in particolare come un protocollo operativo di tutela ambientale molto significativo».
  Il Corpo forestale non era infatti solo tutela ambientale, ma anche tutela naturalistica, elemento che secondo me va riguardato, perché la tutela naturalistica (penso anche alla Cop 21 sulla biodiversità) ci dice che a livello mondiale (l'Italia ovviamente fa la sua parte, ma è normale) diminuisce in modo molto consistente e che quando diminuisce la biodiversità diminuisce il patrimonio genetico a disposizione per le generazioni future. Questa non è retorica, ce lo dice il braccio scientifico delle Nazioni Unite, lo dice l'IPCC che lo ha certificato.
  Se lei invece mi chiede se questo ha determinato rispetto agli incendi un decremento, le dico no, con franchezza, le dico sì in termini naturalistici, e l'abbiamo detto. L'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma oggi secondo me lascia un vuoto sul sistema di gestione e di tutela, perché l'elemento è la tutela/valorizzazione, più tuteli e più automaticamente è valorizzato il sistema della biodiversità, e questo è un vuoto grande, ancora da colmare.
  Sui sistemi di presidio ambientale, che è un altro tema (non vorrei che si confondessero, Pag. 24 vanno in parallelo, peraltro in taluni casi si congiungono come se avessero dei gangli che li legano), sicuramente con l'Arma dei carabinieri si sta camminando bene. Il tema però qual è? Che si è (consentitemi di dire così perché non ho mai riconsegnato il tesserino e quindi sono ancora un Generale dell'Arma dei carabinieri) troppo pochi, oggettivamente già soltanto parlando dei roghi tossici o in generale dei roghi di rifiuti, ancor più se allargassimo il panorama a tutte le vicende ambientali che ci riguardano e che richiedono tutela e valorizzazione, che è diverso da polizia. Un corpo come l’ex Corpo forestale, gli attuali Carabinieri forestali, non nasce solo per fare polizia, altrimenti è riduttivo, è asfittico come discorso, nasce per fare tutela e valorizzazione, che è l'elemento supplementare, l’expertise in più di cui l'Italia ha bisogno.
  Mi fa piacere che lei mi abbia fatto questa domanda, perché mi piacerebbe affidare a questa Commissione e attraverso di lei al Parlamento l'idea di incrementare queste figure professionali, tanto che ho fatto uno studio come Ministro dell'ambiente da cui si evince che occorrerebbero almeno 1.500 nuove assunzioni con quella specializzazione, che siano il NOE o i Carabinieri forestali.
  Cosa diversa se lei mi chiede se sia il caso di disgiungere i Carabinieri e ritornare al Corpo forestale, perché se si dovesse tornare al Corpo forestale, si dovrebbe tornare in una sorta di allargamento del potenziale territoriale, con i Corpi forestali regionali, con il sistema agenziale e con le polizie provinciali che in questo momento hanno perso expertise fantastiche. Essendo stato direttore della provincia di Napoli per tre anni pubblicamente prestato e avendo ricostruito nel mio piccolo i regolamenti ambientali mi rendo conto che le province hanno grandi competenze, ma pochissime risorse perché stanno morendo, e le polizie provinciali soffrono della medesima cosa, hanno grandi competenze e capacità, ma non hanno modo di muoversi.
  Se questo è il ragionamento che fa il Parlamento, è un bel ragionamento, se invece è un taglia e ritorna indietro, la storia non si può riavvolgere, ma credo che si possa migliorare. Auspico un incremento di Carabinieri forestali e di NOE molto consistente, almeno 1.500, si può fare in stabilità e chiedo al Parlamento di aiutarmi, visto che come Ministro all'ambiente non lo posso proporre, ma il Parlamento sì, e nello stesso tempo ragionare sul sistema agenziale in logica non attuale, ma allargando il concetto.
  Tempistica del modello, e qui rispondo alla senatrice Nugnes. Il modello ha una tempistica orientativa, per tempi di adeguamento in crescita, però tenga conto che ogni due mesi e mezzo ritardo personalmente il modello; scendo giù, riunisco tutti gli step, è presente l'ingegner Fabrizio Curcio delegato dalla Presidenza del Consiglio per questo motivo, quindi non le so indicare un tempo, ma le posso dire che il meccanismo sta iniziando a girare.
  La ricognizione sull'impiantistica è sostanzialmente terminata, al punto tale che, come dicevo poc'anzi all'onorevole Braga, sono andati oltre, ci hanno chiesto altri come ad esempio i rottamatori, quindi la ricognizione è terminata, ora il concetto non è più la ricognizione in termini di individuazione, è la ricognizione in termini di conoscenza.

  PAOLA NUGNES. Mi perdoni, si può avere un'idea di quanti impianti sono fuori norma, quanti non hanno l'impiantistica antincendio, quanti non ricevono solo i rifiuti?

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Allora, questa sua richiesta può essere soddisfatta, ma non immediatamente, perché il Piano esterno di cui all'articolo 26-ter del Decreto Sicurezza trova soddisfazione entro l'anno solare, quindi entro la fine dell'anno lei potrà avere questo dato, però adesso è sicuramente zoppo.
  Su Prometeo condivido, ricordo quelle contestazioni, però Prometeo era il tentativo di far parlare le banche dati tra loro, quindi era povero perché le banche dati possono parlare tra loro nel momento in cui c'è un atto forte del Governo, non Pag. 25quando è l'iniziativa di una singola prefettura o di due prefetture, per cui quel dato era povero e Prometeo va arricchito, quindi va colto come tentativo, è asteriscato.
  Recuperare le aziende è già un protocollo che passa attraverso il Ministero competente, non il mio ovviamente, per consentire loro di uscire dal nero totale o parziale, però il sentiment di giustizia che noi dobbiamo assicurare vuol dire anche che io ti posso aiutare a emergere, ma sei responsabile delle colpe, perché altrimenti diventiamo buonisti e non è proprio il caso, per cui sì, però lo sta facendo un altro Ministero che è competente per materia.
  Infine, su Ecopneus PFU concordo pienamente e secondo me va allargato a tutta Italia, non è solo un protocollo Terra dei fuochi, perché ci sono problemi del genere con gli pneumatici anche altrove, sono un innescante molto forte, perché bruciano molte ore e vanno a minimo 600 gradi centigradi, quindi va fatto.
  La gomma vulcanizzata è in Consiglio di Stato e sta tornando, la procedura degli end of waste prevede che ci sia il parere del Consiglio di Stato, perché l'atto del Ministro è di natura regolamentare, quindi va in Consiglio di Stato e il Consiglio di Stato lo sta restituendo, poi va verificato in che termini ritorna dal Consiglio di Stato e poi deve andare per notifica in Europa e il termine di notifica sono tre mesi.
  Questo mi apre la riflessione per dire molto velocemente che invito il Parlamento a trovare una sintesi sull’end of waste, a norma e garanzia del cittadino per trovare il cosiddetto «caso per caso», dove il Ministero dell'ambiente può dettare le linee guida e fare il ricontrollo di verifica successivo (questa è la mia personale idea) per aumentare i termini dell’end of waste, perché più aumentiamo i termini dell’end of waste facendo lavorare le regioni, ma con un meccanismo di tutela statale, che è quello del MATTM, per omogeneità territoriale, più noi avremo bisogno di meno impianti che gestiscono i rifiuti, quindi il meccanismo del cosiddetto «fattore di pressione» verrebbe meno, o almeno verrebbe molto limitato.
  Questo, però, è soggetto a norma primaria, quindi io lo posso affidare al Parlamento. Chi mi conosce sa che ci ho provato parecchie volte e che continuerò a provarci per trovare la cosiddetta quadra parlamentare.

  TULLIO PATASSINI. Grazie, Ministro. Intanto rivolgo un appello, perché chiaramente dopo l'articolata relazione del Ministro sarebbe importante riprogrammare un altro appuntamento. Gli argomenti sono tanti e di tale portata che le curiosità e le possibilità di confronto sono assolutamente importanti.

  PRESIDENTE. L'abbiamo già fissato informalmente.

  TULLIO PATASSINI. Grazie mille, presidente.
  Vorrei porre una domanda relativa all'importante lavoro che sta facendo in Campania, nella Terra dei fuochi. Lì è evidente che c'è una riduzione in valore assoluto degli incendi sul territorio. Vorrei chiedere il suo parere: non so se ha comportato una presenza di roghi in altre regioni d'Italia dove prima non c'erano. Se là c'è controllo e in un altro territorio non c'è controllo, è evidente che la malavita organizzata potrebbe fare delle valutazioni diverse. Tra l'altro, i roghi si potrebbero localizzare laddove vengono prodotti rifiuti, quindi anche per una questione di economicità di malaffare, di gestione.
  Su un altro aspetto varrebbe la pena conoscere un suo parere, una sua valutazione. Ci sono delle regioni assolutamente diseguali in termini di trattamento rifiuti, di recupero e di differenziata: come pensa, secondo la sua esperienza anche pregressa, di poter evitare il trasporto di rifiuti in altre regioni? È evidente che in questo caso tante regioni di un territorio sostengono il trattamento e lo smaltimento di rifiuti di altre regioni. È chiaro che questa è una disparità, oltre che una perdita economica per quelle regioni, perché alcuni rifiuti hanno ancora una rilevanza economica.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Lei mi Pag. 26ha chiesto, in ordine alla mia esperienza, se la riduzione dei roghi può determinare o ha determinato l'incremento di roghi altrove.
  L'esperienza professionale mi dice che, quando parliamo dei cosiddetti micro, o poco più di micro, medio roghi, la risposta è no, e per un motivo molto semplice: per il trasporto del rifiuto, a questo punto abusivo, che supera mediamente i 30, 40, 50 chilometri, ed è già tanto, come si suol dire, la spesa non vale l'impresa. Questo non mi risulta. Mi risulta, invece, altro.
  Mi risulta che, se non viene rivisitato tutto il sistema della filiera di gestione dei rifiuti – qualcosa ci siamo detti poc'anzi sugli accordi ANCI-CONAI, sulla differenziata, sull’end of waste e sui sistemi collegati – il rischio di incendio di rifiuti può insorgere anche in altre parti d'Italia e in modo anche consistente, perché è un modo illecito per smaltire.
  Per evitare che un rifiuto venga incendiato, penso, come persona, oltre che come Ministro e come Generale operativo, che l'unico modo sia dare a quel rifiuto un valore. È un modo forse poco culturale, non lo so, però è di sicuro pragmaticamente operativo. Se io gli do un valore, quel valore mi consente di attivare un'ulteriore filiera, un'ulteriore procedura che ha un ritorno. Questo, secondo me, è l'obiettivo che, non solo il Governo, ma proprio il Parlamento deve perseguire, perché questo è soggetto anche a fonti primarie. Io credo che lì sia la risposta alla sua domanda.
  Non è più un problema di polizia o di presidio del territorio, ovviamente anche, perché il criminale ahimè non manca mai, ma più costruisco una filiera sana per la stragrande maggioranza dei nostri imprenditori, ed è veramente la stragrande maggioranza – ho sempre detto che non meno del 95 per cento sono sani e perbene – più creo questa filiera, più isolo il rimanente 2, 3, 4 per cento.
  Oggi, invece, si accusa una categoria, peraltro in modo ingiusto. Su quello sto lavorando, ma si deve lavorare su più livelli: quello regionale, quello per esempio dell'accordo ANCI-CONAI, quello delle linee guida, giustamente. È un lavoro intragovernativo, ma intergovernativo, perché ha a che fare con tanti soggetti. Su quello mi sto spendendo, ed è su quello che ho chiesto anche prima all'onorevole Muroni e alla senatrice Nugnes: aiutatemi come Parlamento, perché questo è soggetto a fonte primaria, non lo posso fare da solo con un atto del Ministro, posso regolare poche cose con atto ministeriale.
  In ordine alle diseguaglianze sugli impianti di rifiuti, se non ho capito male lei mi chiedeva...

  TULLIO PATASSINI. Le riformulo la domanda, scusi, Ministro.
  È evidente che, quando una regione va in emergenza, altre regioni supportano quella regione nel sostenere l'emergenza rifiuti.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Sì, con il concetto delle macro aree, il turismo dei rifiuti.

  TULLIO PATASSINI. Esatto. Purtroppo, avviene che siano sempre le stesse ragioni ad andare in emergenza e sempre le stesse regioni a supportare le altre.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Certo.

  TULLIO PATASSINI. Qual è la sua idea in proposito?

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La ringrazio per avermi consentito di comprendere meglio. Le dico subito che, intanto, ad oggi la norma parla di macro aree, per esempio macro area sud, per cui il concetto di impiantistica non è collegato alla regione, ma dentro il piano regionale anche al flusso dei rifiuti della macro area. Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria sono una macro area, la macro area sud. Il sistema deve tenere conto del piano regionale e, contemporaneamente, della macro area, per cui se c'è un deficit di impianti in «Pinco Palla» Pag. 27regione, potrebbe essere soddisfatto da altra regione della medesima macro area. Questa è la norma attuale.
  Qual è il concetto? Al di là di questa norma, che ovviamente può essere superata con ulteriore norma, il concetto è: intanto, cominciamo a diminuire i rifiuti. Sembra quasi banale quello che le dico, ma molti di questi rifiuti oggi sono riconosciuti come rifiuti quando sarebbero materie prime seconde, il discorso degli end of waste, ed è quello su cui sto spingendo molto. Con i miei DM provo a farlo, ma sollecito il Parlamento a trovare una sintesi costituzionale, non soltanto della maggioranza – questa è una materia ampia, di tutti – per arrivare all’end of waste regolamentato.
  Dall'altra parte, ovviamente, più considero merce il rifiuto, tutelata e qualificata, più c'è un ritorno anche economico, quindi di nuovo figlio della differenziata e del riciclo, perché diventa qualcosa che mi dà il risultato. Allora, è un rifiuto solo sulla carta, ma di fatto è altro, ed è il discorso del pacchetto rifiuti ed economia circolare, su cui tra l'altro dobbiamo dare delle risposte all'Unione europea.
  Se entriamo in questo meccanismo, è evidente che a quel punto c'è l'autosufficienza di ogni regione, perché non ce n'è più bisogno. Non so se riesco a spiegarmi. Vuol dire che a quel punto il grandissimo problema della gestione dei rifiuti è che o non ci sono impianti o che non c'è un sistema di differenziata adeguata. È uno dei problemi che, quando osservo un piano regionale dei rifiuti, mi porta a dire: come gestisci questa quantità? Tot migliaia di tonnellate, come le gestisci? Le gestisci tu, a carico di chi? E dimmi anche quest'eventuale carico di chi. Questa è la vera sfida.
  Io da solo non la posso vincere. Qua ho bisogno proprio di fonti primarie. Qui c'è il vostro aiuto. La mia idea è proprio questa, di proiettarmi forse verso l’end of waste e a quel punto verso questo forte accordo di differenziata e di riciclo. Fatto quello, siamo nel modello Treviso, nel quale il 5-6 per cento rimane di indifferenziata. E dove viaggia? Non ha più senso, a quel punto. È talmente piccino che non ha più senso. Ecco perché sta nel contratto di Governo, perché è un sistema che cambia il paradigma completamente. Ci vuole l'aiuto del Parlamento, non solo della maggioranza.

  TULLIO PATASSINI. Da questo punto di vista, non ci sono preclusioni di sorta, assolutamente. Il punto è che in alcune regioni siamo al 6 per cento di differenziata, non al 94. Quanto tempo ci metteremo ad arrivare dal 6 al 94?

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Non so al 94, ma le posso dire che chi parte dal 9 per cento, e non cito per caso il 9 per cento, perché è un numero che conosco bene. Ho notato che il più grosso problema della differenziata è nelle grandi città, quindi è un problema organizzativo. Che vuol dire? Che se lei prende una grande città ha un problema di percentuali. Se lei prende i paesi vicino ai piccoli centri, ai medi centri, vicino a quella grande città, mediamente – Milano è un caso a parte con una differenziata molto alta – hanno percentuali di differenziata di 65, 70, 75. Qual è la questione? È quel luogo geografico che non vuole farla o è un problema organizzativo? È un problema organizzativo, ovviamente. Questa è la questione.
  Secondo me, non c'è la voglia di non farla. Si tratta di aggiustare il sistema organizzativo di talune situazioni, che però pesano percentualmente in modo molto consistente. Su quello stiamo lavorando moltissimo. Su quello stiamo lavorando veramente tanto. Secondo me, lì possiamo trovare la soluzione, perché sta crescendo nelle grandi città.

  PAOLO RIPAMONTI. Grazie, Ministro, anche per l'esposizione. Onestamente, ritengo che lei sia molto bravo a trasferire in modo chiaro anche le sue posizioni.
  A intervenire dopo molti altri colleghi si assottigliano le domande. A mano a mano, i dubbi sono stati un po’ fugati. Prima di rivolgerle due domande molto rapide per risposte molto semplici, faccio una riflessione. Pag. 28
  Concordo pienamente sulla follia dell'abolizione del Corpo forestale. Se messo insieme con l'abolizione delle province, ha creato un danno enorme anche sulla filiera dell'organizzazione per molte cose. Questa, forse, è una riflessione che va fatta anche su quello che potrebbe essere il futuro di queste due realtà che io giudico importantissime.
  Lei faceva riferimento alla vigilanza anche attraverso i droni. Ministro, si faccia carico anche di una riflessione col Ministro Trenta per agevolare le forniture, proprio per l'uso duel che può avere un drone, oltre che per risolvere qualche crisi aziendale che c'è nel Paese. Quest'inerzia non aiuta nessuno. Forse, una sollecitazione su questo potrebbe essere utile.
  Vengo alle due domande. Dei 262 incendi vorrei conoscere la geografia, che può darsi mi sia sfuggita. Ormai, sono quasi tre ore di Commissione. La domanda più semplice che faccio al peones più che al Ministro è: due discariche in Campania e tre nel Lazio sono sufficienti? Se sì, perché? Se no, perché?

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Non ho riportato la geografia, quindi non le è sfuggito, non l'ho detto, ma semplicemente perché fa parte del carteggio che poi consegnerò, e anche perché – mi consenta la battuta – guardi com'è scritta piccina, mi «ceco» gli occhi a raccontarvela.
  C'è, però, questa geografia, e ahimè non racconta la storia di una regione, ma la storia di tutto il Paese, o sostanzialmente di tutto il Paese, dalla Lombardia alla Sicilia. Prima ancora di proporle i numeri attraverso il presidente, le dico che oggettivamente attraversa il Paese. Da questo nasce l'idea di sperimentare un modello nuovo in un luogo in cui – lei l'ha detto poc'anzi – ha dato molto in questo senso, e parlo della provincia di Napoli e Caserta, non perché io sia di là, ma perché questa questione già nasceva prima.
  In ordine alla questione delle discariche che mi poneva, che sono solo due, e vado a memoria, in Campania – anch'io dopo tre ore mi dimentico, ma comunque è un numero abbastanza esiguo – anche se non sono presidente di regione e il piano regionale dei rifiuti della Campania è del 2016 ed è atto legittimamente autonomo, io credo che il problema maggiore sia la mancanza in Italia e in Campania di impianti di compostaggio.
  Se assumiamo che tra il 30 e il 40 per cento della nostra raccolta sia umido, mediamente, se si toglie la frazione secca della differenziata, e penso all'alluminio, al legno, se si toglie la plastica, al di là delle vicende Cina, che aprono altri scenari, alla fine rimane poco e niente. Ecco dov'è l'elemento.
  Ora, la Campania si sta spingendo – bisogna essere intellettualmente onesti – sugli impianti di compostaggio. Possono piacere o non piacere. Io sono per quelli di prossimità a stella – l'ho detto poc'anzi – e il CIC mi dà ragione, ma è una scelta legittima dell'organo politico, che risponde politicamente di quello che fa.
  Io credo, però, che se si combinano le due cose, se si aumenta a scalini il rapporto ANCI-CONAI, quindi premiante per i comuni che molto si spingono in quella direzione, e dall'altra parte, si aumenta il compostaggio, a quel punto la discarica potrebbe servire solo come discarica di «emergenza», in attesa di arrivare a quei numeri, ma non come discarica strutturale. Non so se mi sono spiegato. Tra una discarica temporanea, con tutti i limiti, ma con tutte le necessarie tutele di una temporanea, e una strutturale la differenza è abissale, chiaramente.
  Il discorso è quando si celebra, invece, l'apertura di impianti di compostaggio, perché è lì la questione. Diversamente, quando andrà in una discarica «x», che cosa vedrà subito? Una quantità enorme di gabbiani. E la domanda qual è? Perché i gabbiani là? Perché c'è l'umido. Se, però, c'è l'umido, santa pace, vuol dire che il compostaggio non è stato fatto. Adesso, io l'ho fatta un po’ terra terra, ma ne ho sequestrate talmente tante che le conosco a memoria, ahimè.
  Per questo le dico che secondo me è lì la vicenda, è tutta lì la vicenda, ma questo può valere per la Campania, perché lei cortesemente mi ha fatto la domanda per la Pag. 29Campania, ma pure per altre regioni. Potremmo anche scendere un po’ più giù. L'elemento è quello? Li vogliamo fare questi impianti di compostaggio, vivaddio?

  LUCA BRIZIARELLI. Ovviamente, avevo chiesto la parola prima di sapere che il Ministro sarà ancora con noi, e quindi ci sarà modo di approfondire la relazione. Chiederò, quindi, solo due cose, di recente attualità una, l'altra relativa alla risposta che ha testé dato.
  Per la recente attualità, faccio riferimento alle sue dichiarazioni in merito alla Pedemontana, al discorso rifiuti, anche perché le ha giudicate così importanti da farle il giorno prima del voto. Ci sono novità, visto quello che ha dichiarato? Peraltro, come ha puntualizzato il presidente di regione, non è che sia l'opera a produrre rifiuti; nel realizzare l'opera, se ne sono trovati. Su questo può essere un attimo più preciso nell'aggiornarci, vista la sede?
  Inoltre, lei faceva riferimento al fatto che ovviamente non può essere il Ministero a bypassare le regioni relativamente al piano di gestione dei rifiuti. Alle evidenti criticità presenti in Campania o nel Lazio, che storicamente si perpetuano, non è possibile per il Ministro sopperire, ma mi sovveniva un passaggio: può approfondirci il motivo per il quale, invece, sul piano di gestione dei rifiuti della Sicilia c'è stato un intervento così forte da parte del Ministero relativamente alla previsione o meno di termovalorizzatori? Lì c'è stato un passaggio forte da parte del Ministero, con uno scambio di pareri, contropareri e azioni molto forte. Con quest'interpretazione si darebbe una linea univoca a prescindere dalla regione e dal contenuto.
  Poi, come hanno detto i colleghi, ci sarà occasione, ma tutti siamo convinti che il modello Contarina riportato sul contratto sia fondamentale, la gestione del tempo che tutti speriamo sia il più breve possibile per arrivare al 6 per cento.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie, senatore.
  In ordine alla Pedemontana, intanto per una questione proprio di correttezza voglio dire non era il giorno prima, ma qualche giorno prima. Al di là dei giorni, qual è l'elemento? Le dico, senatore, con molta franchezza che mi arriva una segnalazione come Ministero, arriva al Ministro una segnalazione di presunte irregolarità – noti che io chiarisco presunte irregolarità – e il Ministero, che ha funzionalmente dipendente il NOE, che fa? Il Ministro, in questo caso, ma parliamo del Ministero.
  Normalmente, in via ordinaria, il classico default, sposta al NOE chiedendo: mi fai sapere che cosa sta accadendo? Questo nei limiti del segreto istruttorio. Questo, però, è già normato, è il default di base. Io non ho fatto altro che prendere quello che mi è stato segnalato, al di là di chi lo segnala, che sia il cittadino singolo o l'associazione «Pinco Palla». Mi dà un video, nel caso di specie, e io, senza saper leggere e scrivere, al di là della mia precedente competenza, lo sposto al soggetto titolato per legge funzionalmente dipendente da me, quindi non il comando generale, non il CUFA, ma il NOE, che funzionalmente dipende da me, per dire: fammi sapere. E il NOE fa il controllo. Tutto qui. Sa quante volte accade? Accade normalmente.
  Mi permetto di dire, quindi, con il massimo garbo che ridimensionerei la cosa, perché è ordinarietà. Condivido con lei, come con il presidente Zaia, un altro elemento: non è l'opera che determina i rifiuti. Magari, accade che sia la cattiva gestione dell'opera o di quel singolo tratto che potrebbe determinare – io uso sempre il condizionale, perché il controllo segue percorsi suoi, che io non devo ovviamente conoscere – una qualsiasi forma «x» di reato, che sia dei rifiuti o che sia altro. Non è l'opera. Io non sto contestando l'opera.
  Quando l'opera è legittimamente autorizzata secondo tutte le procedure di legge, basta. Il punto è com'è applicata l'opera in termini cantieristici. Non è nulla di più. Lungi da me l'idea di contestare l'opera. Non lo dico perché il presidente «X» si è arrabbiato. Poteva essere anche il presidente «Y». È il servizio allo Stato che mi dice: un'opera legittimamente autorizzata va. Costa è d'accordo? No. Non rileva. Va perché è legittimamente autorizzata. È condotta Pag. 30 in parte o in toto male? Allora, vediamo chi, perché e come, ammesso che sia vero. È tutto qui, in modo molto trasparente, le assicuro.
  Detto questo, sulla questione della Sicilia, ma potrebbe essere qualsiasi altro piano regionale – la Sicilia è capitata recentemente – che cosa accade? Accade che qualsiasi regione, quando fa un piano regionale, da norma è obbligata a notificarlo al Ministero dell'ambiente, che con la direzione generale è obbligato insieme a Ispra a verificarne i contenuti e la cosiddetta compatibilità territoriale nell'ambito o della macro area, di cui abbiamo detto più volte prima, o della micro area o di entrambe, in funzione di che tipo di regione.
  Nel caso di specie, la regione Sicilia correttamente, una volta che ha deliberato il piano, quindi è andato in giunta, l'ha spostato al Ministero dell'ambiente per compiere quello che già la norma prevede che si faccia. Il Ministero dell'ambiente ha verificato l'incompatibilità con – recito a memoria, potrei sbagliare – circa 600-650.000 tonnellate di rifiuti, di cui non si conosce la gestibilità successiva. Dove vanno a finire? Che cosa si fa?
  Inoltre, che cosa ha contestato? Parliamo, però, di termini giuridico-amministrativi. La regione Sicilia ha individuato una serie di sottobacini – non mi ricordo come li ha chiamati, immaginiamo una sorta di ATO dei rifiuti, ma hanno un termine appena diverso, mi scusi l'imprecisione, ma siamo là – che più o meno corrispondono a ogni provincia. Credo siano nove, le province, in Sicilia. Non è tanto questo, però, l'elemento.
  Se tu mi illustri qual è il tuo piano e mi dici che il tuo piano funziona attraverso gli ATO e nel piano scrivi che gli ATO delibereranno come gestire i rifiuti dei loro ATO, a me come Ministero stai dicendo che non hai gestito nulla, cioè rimandi all'ATO la gestione, che ancora deve pronunciarsi. Come Ministro dell'ambiente, come conosco la tua solvibilità ambientale? Non so se mi spiego.
  Abbiamo detto, allora: prima, costituisci gli ATO, e questo è il tuo paradigma gestionale, fatti fare il piano di gestione dei rifiuti degli ATO, me lo comunichi e vediamo se c'è temperanza ambientale e i dati collimano, altrimenti mi stai dando una scatola vuota. Il discorso è molto tecnico. Io non so se l'ho trasmesso in modo chiaro. Non sto accusando la Sicilia, ci mancherebbe altro. Sto dicendo che le abbiamo chiesto di conoscere i piani programmatici di gestione dei rifiuti degli ATO o degli equivalenti degli ATO che ha costituito. Sono osservazioni, quindi, quelle che abbiamo fatto. Questo è il ruolo del Ministero dell'ambiente.
  Tornando agli impianti di compostaggio della Campania, io non posso suggerire alla Campania di fare il sistema CIC a stella per gli impianti di compostaggio. Se mi dice che c'è solvibilità e collimità ambientale su un sistema che ha pensato in modo diverso, io posso dire che non concordo, che gliene suggerisco un altro, ma prendo atto che legittimamente ha determinato. Ecco la differenza grande. Non so se sono riuscito a risponderle.

  PRESIDENTE. È sicuramente interessante vedere il censimento di questi impianti, però non ho ben capito se è stato fatto anche sui vari capannoni, depositi, magazzini e piattaforme della raccolta differenziata, che sono forse gli impianti maggiormente a rischio. C'è questo censimento, è in corso d'opera, è già disponibile, oltre a quello degli impianti principali, come TMB e discariche?
  Soprattutto, vorrei capire se c'è un'analisi, un approfondimento, che magari faremo anche noi come Commissione, per capire quali sono i materiali che vanno a fuoco, se c'è una statistica che dica che va a fuoco l'indifferenziato, la plastica, la carta, sulla tipologia delle materie che vanno incendiate.
  Per quanto riguarda i piani di emergenza esterni, visto che veniamo da una realtà come Malagrotta in cui ci sono più impianti insieme, viene considerato anche l'effetto domino? In questi impianti, che dovrebbero essere sottoposti a direttiva Seveso, l'effetto domino non è mai stato considerato, mai.

Pag. 31

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Scusi, effetto domino in che termini?

  PRESIDENTE. Se ci sono due impianti vicini, si sommano. Un singolo impianto, invece, fa il proprio piano di emergenza come se fosse in mezzo al mare, in mezzo al nulla, al deserto. A fianco, invece, magari c'è un deposito di gas, che ovviamente moltiplica l'effetto.
  Ho notato anche – non so se c'è un cambiamento in questo senso – che i prefetti spesso, sempre citando l'esperienza di Malagrotta, mostrano questi piani di emergenza scritti sulla carta, che dovrebbero essere rivolti anche alla popolazione, e lo fanno in un ufficio che magari dista 15 chilometri alle 10 del mattino e nessuno ci va. Lo fanno solo formalmente.
  In teoria, i cittadini, che dovrebbero essere informati, se dovesse succedere un incidente, non sanno nemmeno che lì dietro magari c'è l'impianto. È importante non solo fare le cose sulla carta, ma poi trasferire questa conoscenza e le esercitazioni, come la legge Seveso impone, anche ai cittadini. Così, invece, non si è mai fatto. Anche girando per l'Italia e chiedendo se abbiano mai fatto un'esercitazione con i cittadini, la risposta è stata che praticamente non è mai stata fatta.
  Inoltre, lei giustamente parlava di prevenzione, di rifiuto e di dare un valore a questa materia, e diceva che serve anche un apporto del Parlamento in via legislativa. Ci sono anche delle leggi, come quella sul vuoto a rendere e sul plasmix, e so che c'è quella sull’end of waste quasi in arrivo, e ci sono anche dei finanziamenti per quelle imprese che decidono di prendere il CDR o quei materiali di scarto che vanno a fuoco o vengono inceneriti perché li trasformino in materia, ma essendo più costoso vendere quella materia, quel tavolino, quel materiale, hanno difficoltà economiche. Da legge c'era quest'incentivo, però non ci sono stati decreti attuativi dal Ministero. Vorrei sapere anche su questo qual è la situazione.
  Per quanto riguarda l'abbandono, le multe, le telecamere, la polizia locale è molto importante fare sinergia tra i vari comuni, che da soli non ce la possono fare. Ho visto che la polizia locale o, in generale, chi fa le sanzioni, non è chi incassa il denaro. Se io polizia locale faccio la multa e poi comunque a prendere i soldi è la provincia, forse – non voglio dire una cattiveria, ma è umano – sono meno incentivato a fare i controlli se comunque non ho un ritorno economico.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per quanto attiene il monitoraggio, non per caso lo immagino del modello futuro italiano a carico, o comunque incardinato presso le prefetture. Potendo godere del Comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica, sia quello «stretto», cioè Forze dell'ordine e basta, sia quello allargato, come ho detto prima, questo monitoraggio consente di arrivare anche ad avere georeferenziati anche altri elementi che normalmente o sono abusivi o, comunque, non collimano col sistema che vi ho descritto all'inizio, cioè sono censiti in modo diverso. Quel monitoraggio tiene anche conto di questo.
  È chiaro che dovete partire, però, da un altro presupposto. Quando il monitoraggio tiene conto di queste cose, tiene conto in termini ufficiali di ciò che è autorizzato e in termini non ufficiali di ciò che non è autorizzato, ma fa parte della georeferenziazione, che però poi ovviamente è sottoposto alla giurisdizione quasi sempre dell'autorità giudiziaria. Un capannone abusivo è sequestrato immediatamente. Nel momento in cui viene scoperto, viene monitorato, automaticamente viene sequestrato. Esiste, quindi, nella georeferenziazione, ma entra nel novero di quei luoghi diversamente sensibili perché sottoposti a una giurisdizione supplementare.
  Per quanto riguarda la tipologia di incendi, in relazione a ciò che brucia, statisticamente bruciano quasi sempre plastica e carta, nel senso di varie tipologie di carta e cartoni. Quasi sempre è plastica o sono entrambe insieme. Questo è ovvio, perché ovviamente non ha molto senso che bruci l'umido. Magari, può bruciare l'impiantistica dell'umido. È raro che la frazione cosiddetta secca (legname, alluminio e altro) bruci, perché trova altri percorsi già Pag. 32prima ancora, nella fase della prima separazione.
  È tutto il tema che riguarda poi anche i mercati, che non si sono più aperti, o comunque sono difficili, con una parte del mondo, e penso alla Cina in particolare, perché bruciano in particolare non le plastiche primarie, ma quelle secondarie e terziarie, cioè di scarsa qualità, quelle che non hanno mercato.
  Per la carta c'è tutto sommato un problema simile, perché il mercato della carta ha avuto negli ultimi due o tre anni un decremento fortissimo dal punto di vista commerciale. Viceversa, adesso sta riprendendo, fortunatamente, e quindi gli incendi di carta stanno diminuendo per una questione sempre di sbocchi commerciali. Come vedete, torniamo sempre allo stesso argomento: quando dai un valore economico a quello che consideriamo un rifiuto, l'incendio non ha più senso. Qual è, quindi, il discorso?
  Se per la carta il mercato sta riprendendo, fortunatamente, anche perché stiamo chiudendo buoni accordi con i consorzi dedicati, per la plastica c'è proprio quel tentativo che stiamo facendo in modo parallelo di cambiare la natura della plastica e di andare sul biodegradabile e sul biocompostabile. A quel punto, intanto va nel compost, quindi va nell'umido; poi, gli dai un valore economico, come abbiamo fatto utilizzando anche la legge di stabilità. Personalmente, mi sono speso per mettere un chip sulle aziende che producono con il biocompostabile, perché tu favorisci l'azienda, non deprimi quella che non produce come tu ritieni sia giusto, ma aiuti quella che invece lo fa. E, infatti, abbiamo messo il 36 per cento di credito d'imposta fino a 42 milioni di euro complessivi del chip 2019.
  L'effetto domino è collegato al piano di emergenza, ma se parliamo del cosiddetto rischio di incidente rilevante, allora quelli vanno nella norma ordinaria degli incidenti rilevanti, a rischio di incidente rilevante, già sono normati e già sono monitorati; se parliamo, invece, dell'effetto domino fuori della norma del genere, come la norma Seveso, allora quelli sono dentro il piano di emergenza esterna, che non a caso infatti viene osservato dai Vigili del fuoco, che sono i titolari come Ministero dell'interno sul territorio per fare questo tipo di valutazione. Questo tipo di informazione c'è.
  Per quanto riguarda i decreti attuativi, lei ha ragione, ci stiamo lavorando, il mio legislativo ci sta lavorando. Posso solo stressarlo ulteriormente appena torno in sede.
  Per quanto riguarda le sanzioni, è quello a cui accennavo all'inizio della mia audizione, ovverosia l'articolo 318 della legge n. 68 del 2015. In buona sostanza, oggi quelle sanzioni, in base a quell'articolo, non si sa chi debba incamerarle. Oggi, vanno o all'Agenzia delle entrate, a volte alla provincia, a volte all'ente competente. Io provengo dall'Arma dei carabinieri e vanno sulle spese correnti dell'Arma dei carabinieri, ma non c'è una norma. Alcune agenzie delle entrate stabiliscono una cosa in una provincia, alcune un'altra. È arrivato il momento di normarle.
  Ora – è la riflessione che facevo – vanno ai comuni? Vanno agli enti titolari del luogo? Vanno a chi esercita l'attività di controllo? Questo è il tema sul quale stiamo riflettendo, ma è anche il tema che arriverà in Parlamento, per cui si aprirà il dibattito parlamentare.
  Io ritengo che non sarebbe male se immaginassimo che i proventi andassero una quota parte ai comuni e una quota parte ai soggetti obbligati alle bonifiche o ai gestori della bonifica, in modo che possano fare poi la messa in sicurezza della bonifica, che è l'altro tema economico un po’ problematico, e non necessariamente a tutti gli attori che determinano il controllo, cioè alle Forze di polizia nazionali. Io la vedrei così, però mi affido poi al Parlamento.

  PRESIDENTE. Non parlavo solo della legge n. 68, ma anche delle sanzioni amministrative per l'abbandono dei rifiuti.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Quelle che normalmente vanno alla provincia.

  PRESIDENTE. Esatto, ma a fare i controlli non è la provincia.

Pag. 33

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Lei ha ragione, presidente. La questione è sempre quella. Mi scusi se faccio una riflessione che supera la mia competenza di Ministro dell'ambiente, ma le province che fine devono fare? Così non funzionano. Io ve lo dico per l'aspetto ambientale: così non servono a niente. Poverette, mi fanno pure tenerezza, però così non funzionano.
  O si decide in un modo o si decide in un altro, ma in questo momento veramente sono in mezzo al guado. Scusatemi se faccio questa riflessione, ma dal punto di vista ambientale noto che le province hanno grandi competenze e non riescono a dare le grandi risposte che dovrebbero dare, perché non ce la fanno più. E questa è «roba» da Parlamento, non da Ministro.

  PIETRO LOREFICE. Sarò sintetico al massimo. Lo sono sempre.
  Per quanto riguarda i fanghi di depurazione, a che punto è il gruppo di lavoro? Tra le possibili ipotesi di riduzione del rifiuto in uscita dagli impianti di depurazione, avete previsto l'implementazione o la verifica di una tecnologia, un compostaggio accelerato dei fanghi all'interno degli impianti di depurazione? Ci sono delle tecnologie già esistenti.

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Guardavo il dottor Berlenghi, il capo della segreteria tecnica, perché mi sembra che sia proprio lui a presiedere il gruppo di lavoro sull'articolo 41, per essere chiari, del decreto Genova. Chiedo scusa, ma visto che abbiamo proprio il diretto interessato...

  TULLIO BERLENGHI, Capo della segreteria tecnica del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La domanda esula dall'argomento di quest'audizione, ma c'è un gruppo di lavoro che sta predisponendo una norma di aggiornamento per quanto riguarda anche i limiti delle sostanze tossiche e nocive contenute nei fanghi di depurazione.
  Questa norma è ormai in fase di limatura finale. Pensiamo nelle prossime settimane di poter già cominciare a far vedere al Ministro il testo. Il tema è veramente molto complesso, perché si è sovrapposta una serie di novità per quanto riguarda la gestione dei fanghi, e quindi vogliamo costruire un quadro normativo che poi non crei problemi, come abbiamo visto in passato, relativi al superamento di determinati limiti, e soprattutto problemi di carattere ambientale e sanitario.
  Penso che realisticamente entro il mese di giugno dovremmo avere il testo disponibile. Sulla base di questo, ovviamente si apriranno dei ragionamenti per costruire il quadro normativo complessivo.
  Lei faceva anche una domanda relativa alle tecnologie da applicare per la gestione dei fanghi di depurazione. Su questo, ovviamente, noi aspettiamo di capire quali tecnologie. Non è il Ministero dell'ambiente a decidere questo. Il Ministro dell'ambiente può, eventualmente, autorizzare qualora si propongano delle formule rispettose delle norme ed efficaci dal punto di vista degli effetti complessivi, ma su questo ovviamente abbiamo bisogno di avere degli elementi. Siamo disponibilissimi.
  Se il fango non ha le caratteristiche giuste per poter essere smaltito nelle aree agricole, deve essere avviato alle due modalità di smaltimento che sono quelle peggiori previste dalla gerarchia dei rifiuti delle direttive europee: la termovalorizzazione o, addirittura, il conferimento in discarica. Il Ministro ha già detto, però, nel suo intervento che l'obiettivo non è quello di lavorare per realizzare nuove discariche, ma di evitare che si debbano costruire nuovi impianti di questo tipo.
  L'idea di lavorare sull'economia circolare, sempre nel quadro normativo europeo, è esattamente questa. Dobbiamo puntare prevalentemente alla riduzione della produzione dei rifiuti e poi via via utilizzare gli altri step della gerarchia dei rifiuti. La termovalorizzazione e le discariche, in un'ottica complessiva di economia circolare, dovranno essere progressivamente abbandonate.

  PRESIDENTE. Ho dimenticato una domanda, che mi sembra importante. Pag. 34
  Se le regioni non recepiscono le linee guida, non hanno alcun valore, giusto? Attualmente, ci sono delle regioni che le hanno recepite? Se ne parlerà in futuro.
  Soprattutto, andando per esempio a Rocca Cencia, a Roma, impianto andato a fuoco, dentro la vasca non esiste né telecamera né un minimo di sistemi antincendio, e siamo proprio nel cuore del rifiuto. Com'è possibile? Mi auguro che non accada più, ma in tempi brevi, e in generale in tutta Italia.
  Come si può poi trasformare queste linee guida in un obbligo, secondo me di buonsenso?

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Confermo che, se non vengono recepite con decreto di giunta regionale, non hanno valore applicativo, perché devono assumere una cogenza amministrativa. La Campania l'ha fatto la settimana scorsa. Non ho il quadro preciso di tutte le regioni, ma lo stiamo acquisendo. Lo facciamo attraverso le prefetture di coordinamento, cioè i capoluoghi di regione.
  Per quanto riguarda la cogenza, una volta recepite con delibera di giunta, che cosa configurano? L'obbligo da parte della commissione AIA della regione – attenzione, non dello Stato, perché queste sono soggette ad autorizzazione integrata ambientale regionale – di porle dentro l'AIA per quel determinato sito. Se l'AIA non le recepisce, allora è un'illegittimità, una volta che ovviamente ci sia stata la delibera di giunta regionale di acquisizione. Il percorso, quindi, è: recepimento della giunta regionale, passaggio all'AIA, emissione dell'autorizzazione, emanazione dell'AIA a favore del soggetto richiedente nei termini previsti dalle linee guida. Non lo fa, il soggetto richiedente? Ovviamente, è fuori legge.

  PRESIDENTE. L'AIA può essere modificata in corso d'opera o si deve aspettare la scadenza?

  SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. È banale dire che le AIA nuove, una volta che c'è stata la delibera di giunta regionale, devono rispettare. C'è un tempo, e io dico che si plasma dal punto di vista geografico, che ogni regione conosce per le AIA prossime a finire, quindi c'è il preannuncio. Pensiamo a un anno, va bene, ma se l'hai avuta adesso e ti dura, per dire una stupidaggine, cinque anni, allora la regione può legittimamente definire, ma in termini concordati con il soggetto, l'adeguamento in un tempo tecnico definito dalla regione di adeguamento dell'AIA. Chiaramente, ci sono le due legittimità a contrapporsi.
  È chiaro che il primo atto, però, è la deliberazione di acquisizione e poi la trasformazione plastica sul proprio territorio.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la sua disponibilità.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 11.25, è ripresa alle 14.10.

Audizione del procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore nazionale antimafia, dottor Federico Cafiero De Raho, accompagnato dal sostituto procuratore nazionale, dottoressa Eugenia Pontassuglia, che ringrazio per la presenza.
  Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta. Invito, quindi, i nostri ospiti a svolgere una relazione, che so abbastanza corposa, sui temi cari alla Commissione. Eventualmente, i miei colleghi le rivolgeranno poi qualche domanda di approfondimento.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. Innanzitutto, presidente, grazie per avermi invitato. Porgo il mio saluto ai componenti della Commissione e ringrazio tutti loro della presenza.
  La Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ha iniziato a occuparsi anche dei reati ambientali dal 2010, cioè da quando la legge ha attribuito alla competenza delle Pag. 35direzioni distrettuali antimafia il reato di traffico organizzato illecito di rifiuti. Da quel momento, la Direzione nazionale ha iniziato anche a organizzarsi in modo da poter approfondire questo tema.
  La Direzione nazionale è un ufficio di coordinamento, come sapete tutti voi, e di impulso. I compiti della Direzione nazionale riguardano essenzialmente la circolazione delle informazioni. È un ufficio che nasce dall'idea di Giovanni Falcone di rendere effettivo il circuito antimafia. Nell'affrontare l'istruttoria della famosa maxinchiesta su Cosa Nostra, Giovanni Falcone dovette necessariamente imbattersi all'epoca nella parcellizzazione, nella diffusione degli elementi indiziari utili tra tantissimi uffici, che erano le procure circondariali. Pensate che in Italia ci sono oltre 150 procure circondariali.
  Quando Giovanni Falcone si recò al Ministero per ricoprire l'incarico di direttore generale degli affari penali propose questa modifica, che poi nel novembre 1991 divenne legge e della materia dell'antimafia si occupavano da quel momento soltanto le 26 procure distrettuali presenti sul territorio nazionale, la procura capoluogo del distretto e quella competente per i delitti di mafia e la Direzione nazionale come centrale di coordinamento e impulso.
  La Direzione nazionale ha, quindi, il compito di rendere le conoscenze condivise, in modo che tutti gli uffici possano avere un contenitore conoscitivo che consenta poi di sviluppare ulteriormente e meglio la propria indagine.
  Quando, nel 2010, le è stato attribuito il delitto di traffico illecito organizzato, la Direzione nazionale ha pensato a come poterlo affrontare.
  La Direzione nazionale è articolata in strutture che si individuano in: sezioni corrispondenti alle organizzazioni criminali presenti sul territorio (mafia, ’ndrangheta, camorra, criminalità straniera e terrorismo); altri cinque servizi, che servono a sostenere il lavoro dei magistrati della Direzione nazionale e sono finalizzati a rendere effettiva la circolazione dell'informazione, di cui uno dei più significativi è quello che riguarda la tecnologia, di sostegno, e quindi la banca dati; in poli di interesse, vale a dire laboratori tematici, che trattano sostanzialmente tematiche trasversali alle sezioni.
  Nell'ambito di questi laboratori, è stato istituito anche il polo della criminalità ambientale, il polo di cui la collega Eugenia Pontassuglia è responsabile. Nell'ambito del polo si svolgono le attività proprie della Direzione nazionale.
  Tengo, però, a sottolineare come, essendo la Direzione nazionale l'organismo che dovrebbe creare il coordinamento, è evidente che l'ufficio riesce a conoscere innanzitutto ciò di cui sono competenti le direzioni distrettuali antimafia, e quindi i vari altri delitti, tra i quali nel 2010, come dicevo, è stato introdotto il traffico illecito organizzato di rifiuti.
  Questa è stata, per la verità, la conseguenza di un'esigenza che si era rivelata importantissima, significativa fin dagli anni Novanta: quando ci si trovò a dover contrastare soprattutto la camorra del clan dei Casalesi, si rilevò che quella camorra trattava anche i rifiuti, ma in materia di rifiuti il problema era quello di ricondurre i soggetti che li trattavano illegalmente al reato associativo di mafia, altrimenti non se ne sarebbe potuta occupare una direzione distrettuale antimafia.
  Allora, peraltro, i reati che prevedevano le violazioni in materia di trattamento e smaltimento di rifiuti erano quasi tutti contravvenzionali. L'unico delitto era collegato al documento che accompagnava il rifiuto, quindi vi era la falsità nel formulario.
  Devo anche ricordare come esperienza personale – all'epoca, trattavo proprio il clan dei Casalesi – che la difficoltà enorme fu quella di vedere che i vari uffici giudiziari del nord, le procure circondariali, trasmettevano a noi le indagini che riguardavano il trattamento di rifiuti, o meglio il trasporto illegale di rifiuti, portato avanti da imprese che illegalmente se ne occupavano. Tutto questo evidenziava, peraltro, una destinazione dei rifiuti per uno sversamento illecito nei terreni della Campania in particolare, ma anche altrove.
  Laddove non era possibile ricondurre il trattamento all'associazione mafiosa, non Pag. 36vi era nemmeno la possibilità di configurare un'associazione per delinquere, perché la finalità di questo gruppo criminoso non era un delitto, ma una contravvenzione, e quindi non era nemmeno possibile punirlo. La contravvenzione si prescriveva in tre anni, oltre un anno e mezzo di interruzione, il tempo di accorgersi del reato e sviluppare l'indagine, per cui puntualmente i reati si prescrivevano. Quelli che non si prescrissero furono i reati, ma, più che i reati, i fatti ricondotti nell'associazione mafiosa.
  Questo è innanzitutto per comunicarvi quali difficoltà vi sono state nel tempo e come, quindi, siano stati importanti sia il decreto legislativo del 2006, n. 152, sia quello del 2015, n. 68, e quale importanza abbia poter riconoscere nei fatti che attengono ai rifiuti una fattispecie punita con la multa e con la reclusione, o comunque con la reclusione, che sia cioè delitto, non contravvenzione.
  Spero che con il Ministro Costa, che ha lavorato tanto nel settore, questo si possa finalmente conseguire, perché ancora oggi abbiamo il reato di cui all'articolo 256 e quello di cui all'articolo 259 del Testo unico ambientale ancora puniti come contravvenzioni, con la conseguenza che, pur riguardando sostanzialmente un'attività di gestione di rifiuti, laddove non si tratta di rifiuti trattati in modo organizzato, e quindi laddove quel comportamento non è ascrivibile al traffico organizzato illecito di rifiuti, finisce per essere trattato come contravvenzione. Che cosa comporta questo?
  La contravvenzione viene trattata dalla procura circondariale disseminata sul territorio nazionale, la procura che tratta un'attività di gestione del rifiuto e che non ha nessun collegamento con la procura che è fuori dal distretto: laddove si tratti di ipotesi diverse da quelle prese in considerazione dalla legge n. 68, viene così trattata dai vari uffici.
  Il problema che pongo e che condivido con la Commissione è che la Direzione nazionale è una centrale di coordinamento, ha una banca dati straordinaria, nella quale entrano gli elementi indiziari che vengono inseriti dalle procure distrettuali fin dal momento dell'iscrizione. Qualunque fatto che riguardi la mafia, e dal 2015 il terrorismo, viene quindi inserito nella nostra banca dati (SIDNA), che è in collegamento con le banche dati delle singole direzioni distrettuali, le banche dati SIDDA. Queste ultime, in cui inseriscono le singole direzioni distrettuali, riversano poi il loro contenuto nella nostra banca dati, e noi abbiamo un compito di analisi ed elaborazione, e quindi anche di rilevamento di eventuali connessioni ai fini del collegamento investigativo.
  Che cosa avviene, oggi? Laddove il delitto di cui si occupa una procura distrettuale è il 452-quaterdecies, esso viene inserito nella banca dati, la Direzione nazionale ne è a conoscenza, e quindi, laddove vi sono elementi di connessione e di collegamento, può sviluppare un'azione di coordinamento, ma non conosce invece tutte le ipotesi di reato in materia di rifiuti trattate dalle procure circondariali.
  È anche vero, però, che l'articolo 118-bis in materia di coordinamento delle indagini, dall'innovazione che ha portato la normativa n. 68 del 2015, ha consentito che la Direzione nazionale venisse a conoscenza dei reati di cui all'articolo 452-bis, 452-quater, 452-sexies e 452-octies, quindi inquinamento ambientale, disastro ambientale, morte o lesioni derivanti da inquinamento e sversamento di materiali radioattivi. Per questi, qualunque procura dovrebbe comunicare alla Direzione nazionale, che ne riceve sì la comunicazione, ma, rientrando queste ipotesi nell'ambito della competenza non di una direzione distrettuale, bensì di una procura circondariale, intanto può fare il coordinamento in quanto vi sia la disponibilità della procura circondariale.
  Solitamente, la disponibilità c'è, non vi è dubbio, ma il meccanismo è tale per cui una condivisione delle conoscenze totale non c'è. Soprattutto, non c'è in relazione agli articolo 256 e 259, che sono appunto quelle disposizioni che costituiscono un po’ il reato spia rispetto al traffico organizzato illecito di rifiuti, che come tale dovrebbe consentire di operare una sorta di confronto tra tutto quello che esiste sul territorio Pag. 37 nazionale al fine di verificare il collegamento, e quindi operare il coordinamento.
  Se un reato di gestione non organizzata di rifiuti è riconosciuto o rilevato a Pordenone, però autore di quel reato è una certa impresa, e un reato analogo è rilevato a Caltanissetta e un altro ancora nel Monferrato, via via gli uffici giudiziari che se ne occupano non sono solo slegati tra loro e senza alcun coordinamento e alcuna possibilità di condividere le conoscenze, ma in più questi reati, che messi assieme potrebbero sostenere il traffico organizzato illecito di rifiuti, visti separatamente restano nella configurazione di un'ipotesi contravvenzionale.
  Allora, è anche questa una situazione grave. La mancanza di conoscenza non consente uno sviluppo ulteriore. Anche di questo ho parlato al Ministro Costa, ma lo voglio sottolineare a questa Commissione, che sicuramente valuterà le esigenze giudiziarie e probabilmente potrà anche chiedere un'accelerazione su questo campo.
  Noi pensiamo che probabilmente i reati che attengono ai rifiuti debbano entrare nel circuito della condivisione delle conoscenze sul territorio nazionale, che debba cioè esservi un obbligo di riversare a una centrale di conoscenza le pendenze, e quindi le indagini in corso. Solo in questo modo si può arrivare a comprendere come viene portato avanti il traffico illecito di rifiuti in campo nazionale.
  L'unico ufficio che ha una centralità nel coordinamento e un'esperienza in questo settore è, appunto, la Direzione nazionale. Non che si voglia inserire per acquisire maggiore competenza, ma credo che sia effettivamente l'unico ufficio giudiziario in grado di comprendere le conoscenze di tutti gli altri uffici in questa materia. E quanto sia importante avere la centralità delle conoscenze è chiaro a tutti.
  Devo anche dire che tale discorso è totalmente indipendente, poi, dalla competenza a trattare il procedimento. Altro è il coordinamento, altro la competenza. Anche se si volesse mantenere la competenza presso le procure circondariali per tanti reati così com'è, ciò non esclude però l'esigenza di una centralizzazione. Vi parlo di problemi che sono sussistenti. Forse, mi sto dilungando troppo, ma per noi è importante riuscire ad avere una conoscenza di tutto il panorama nazionale.
  Un altro aspetto importante, sempre guardando all'efficienza del contrasto, è quello che attiene alla competenza in sede giudicante.
  Pensate che tutti i reati che attengono ai rifiuti, a partire dal traffico organizzato illecito di rifiuti (inquinamento ambientale, disastro ambientale), tutti questi reati particolarmente complessi e di difficile accertamento, che richiedono molto spesso consulenze, perizie e che sviluppano campi investigativi enormi, sono di competenza del giudice monocratico. Questo significa che rientrano nel circuito più carico nell'ambito della giurisdizione.
  Quando un giudice porta ogni giorno sul ruolo 60-70 processi e c'è quello di inquinamento ambientale o quello di traffico organizzato illecito dei rifiuti, diventa veramente difficile affrontare la materia, a meno che non vengano rinviati tutti gli altri, ma i giudici hanno la difficoltà di rispettare anche il ruolo e le pendenze, che devono essere ridotte. Questo, è evidente, porterà a trattare una parte del processo complesso, anche piccola, e poi trattare quelli più semplici, che possono essere chiusi e numericamente danno luogo anche a una statistica maggiore.
  Un altro aspetto che vi segnalo, quindi, è l'esigenza che i reati che riguardano i rifiuti possano passare dalla competenza del giudice monocratico a quella del giudice collegiale, che ha una competenza per un numero più ridotto di reati, e comunque quei reati vengono trattati con grande attenzione.
  Altro aspetto è quello che riguarda gli incendi. Come avete visto, in tantissimi casi sono stati rilevati casi di incendio di depositi di rifiuti. Anche qui, quello che manca è il coordinamento. Ciascun incendio viene trattato dalla procura circondariale o dalla procura distrettuale, a seconda che si configuri comunque nel caso di specie anche un'ipotesi collaterale di traffico organizzato illeciti di rifiuti, altrimenti l'incendio Pag. 38resta disseminato nelle oltre 150 procure circondariali. E mettere in collegamento un incendio con l'altro diventa difficile. Soprattutto, se vi fosse una strategia comune in questi incendi, è evidente che non potrebbe essere colta, perché ci sarebbe la dispersione degli elementi. Se anche dietro gli incendi, quindi, ci fosse un'organizzazione mafiosa o un'organizzazione camorrista, è evidente che questo potrebbe essere colto solo occasionalmente e quasi per caso grazie a un'intercettazione, grazie a qualche altro elemento. Diversamente, non vi sarebbe alcuna possibilità.
  Il quadro attuale delle procure distrettuali è quello di un'unica attenzione specifica, che appunto è quella del reato di loro competenza. L'esigenza di una conoscenza condivisa è fondamentale.
  Credo, inoltre, che i reati in materia di rifiuti debbano essere puniti come delitto e che si possa arrivare a ritenere le violazioni in materia di rifiuti come comportamenti molto gravi, sui quali bisogna intervenire a ogni costo. Sotto questo profilo, peraltro, è anche necessaria una specializzazione in questa materia. Al di là, a volte, delle resistenze poste da alcuni uffici giudiziari, è necessaria la concentrazione per riuscire anche a raggiungere la specializzazione necessaria per individuare anche i metodi di lavoro.
  Passando dagli uffici giudiziari alle Forze di polizia, ugualmente è necessario che si acquisisca quella specializzazione che occorre per affrontare con il dovuto impegno, ma anche con la dovuta professionalità, le varie fattispecie. Devo anche dire che una volta la forestale aveva una grandissima esperienza, tanto che anche le direzioni distrettuali si avvalevano di quel Corpo.
  Oggi, con l'assorbimento, c'è la tutela ambiente dei Carabinieri, ma è evidente che anche sotto questo profilo bisognerebbe forse avere una specializzazione, direi addirittura specifica per quanto riguarda alcune ipotesi di reato, la capacità di individuare le violazioni che avvengono sul territorio e che sono produttive di inquinamento o di disastri. Lo si può fare solo attraverso l'utilizzazione di uffici di Polizia, di Carabinieri, o anche la Guardia di finanza, che sta iniziando anch'essa a esprimersi su questo terreno, dotati di mezzi capaci di rilevare le violazioni in questa materia.
  Per quanto riguarda nello specifico le varie indagini presenti sul territorio, avrei predisposto una nota, che mi accingo a depositare, anche perché probabilmente sarebbe preferibile, piuttosto che tenervi qui tre ore, come era preventivabile, che, se mi consentite, leggeste la nota e poi casomai ci richiamaste. In questo modo, su ogni punto, laddove c'è da fare delle precisazioni, le facciamo.

  PRESIDENTE. Può anche descrivere sommariamente in due minuti gli argomenti trattati.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. Sulla base di quello che ci era stato chiesto, abbiamo riferito delle inchieste in materia di rifiuti presenti sul territorio. Il primo territorio al quale abbiamo fatto riferimento è la Calabria. Abbiamo poi in quell'ambito considerato non solo alcune indagini della DDA di Reggio Calabria, ma anche alcune che sono state portate avanti dalla procura di Palmi e dalla procura di Locri.
  Abbiamo anche considerato le inchieste portate avanti dalla DDA di Catanzaro, e quindi le indagini della procura di Crotone, della procura di Paola, della procura di Vibo Valentia e della procura di Cosenza. Abbiamo poi parlato delle indagini che sono state portate avanti in Basilicata dalla DDA di Potenza; nel Veneto, dalla DDA di Venezia, oltre che dalla procura di Vicenza, di Belluno, di Verona e di Rovigo.
  Poi si è parlato dell'inquinamento del PFAS in alcune province del Veneto, delle indagini sul mercato degli indumenti usati portate avanti dalla DDA di Roma, dalla DDA di Potenza e dalla DDA di Milano.
  Si è parlato del mercato illegale delle bioplastiche, dei flussi paralleli dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche o semplicemente rifiuti elettronici; in relazione a questo tema, delle indagini portate avanti dalla DDA di Ancona, dalla DDA di Bari, dalla DDA di Venezia, della DDA di Roma e dalla DDA di Palermo. Pag. 39
  Si è anche parlato delle fideiussioni sugli impianti di trattamento di rifiuti. Le indagini più significative sono state quelle di Velletri e della procura di L'Aquila.

  PRESIDENTE. La nota è libera o è riservata?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. Questa è libera.

  EUGENIA PONTASSUGLIA, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Nella nota sono stati indicati i numeri dei procedimenti penali. Quelli che abbiamo indicato sono procedimenti non più coperti da segreto, ma per l'utilizzabilità eventuale di qualsiasi informazione contenuta sarebbe poi opportuno rivolgersi ai procuratori della Repubblica titolari dei procedimenti. Noi l'abbiamo realizzata sulla base delle segnalazioni ricevute dalle singole procure della Repubblica in merito a tutti i temi che ci erano stati indicati.
  Così come ci avevate chiesto, quando è stato possibile, abbiamo anche inserito il numero del procedimento penale per darvi la possibilità poi di avanzare richieste autonome ai procuratori della Repubblica. Sono in sintesi riportate le attività più significative svolte in merito a quelle tematiche.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. In relazione alle fideiussioni, come stavo dicendo, il tema è emerso nell'ambito delle indagini perché in un'occasione la fideiussione è risultata sostanzialmente falsa; in un'altra, provenendo dall'estero, la fideiussione sembrava in realtà non utilizzabile, mentre su questo c'è stato poi approfondimento e rivalutazione, e si è ritenuto che anche una fideiussione che proveniva, nel caso di specie, da una società rumena fosse da ritenersi valida per la nostra legge.
  Poi abbiamo parlato degli incendi presso gli impianti di rifiuti. Recentemente, però, c'è stata anche l'ordinanza di custodia cautelare emessa dalla procura di Milano, dalla DDA di Milano, è stata inserita anche questa.
  Abbiamo poi, ancora, impianti di depurazione e trattamento di fanghi di depurazione, di cui si sono occupati la procura di Reggio, quella di Palermo, quella di Sciacca, quella di Trapani, di Agrigento, di Bari, Potenza, Velletri, Tivoli e Frosinone.
  Un altro paragrafo riguarda i finti prodotti che continuano a essere rifiuti. Su questo ci sono indagini della DDA di Reggio Calabria e della DDA di Ancona.
  Un altro paragrafo contiene lo stato di avanzamento dei lavori di bonifica dei siti di interesse nazionale.
  Al paragrafo 11, poi, abbiamo trattato i criteri ambientali minimi e la gestione dei rifiuti radioattivi, DDA di Potenza e l'ufficio che se ne è occupato.
  Con il permesso del presidente, darei la parola alla collega Pontassuglia per qualche ulteriore precisazione.

  EUGENIA PONTASSUGLIA, Sostituto procuratore nazionale antimafia. I temi sono stati illustrati dal procuratore. Qualche precisazione si può fare con riferimento alle singole inchieste attualmente pendenti sul territorio nazionale in relazione a quelle tematiche.
  A mio avviso, gli elementi che destano maggiore attenzione sono quelli relativi all'infiltrazione della criminalità organizzata nel settore del traffico illecito di rifiuti, segnalata da diverse direzioni distrettuali, in particolare dalla DDA di Reggio Calabria.
  Nel paragrafo che tratta le indagini della DDA di Reggio viene segnalata, in particolare, l'attività svolta nell'ambito dell'operazione cosiddetta «Metauros», che conduceva nell'ottobre del 2017 all'esecuzione di una misura cautelare nei confronti di dieci affiliati alla cosca Piromalli e al sequestro preventivo di dieci società. È un'indagine molto significativa, perché attesta il pieno coinvolgimento della ’ndrangheta nella gestione dei rifiuti, diretto coinvolgimento.
  Anche le attività svolte dalla DDA di Catanzaro nell'ambito di altre indagini, nel procedimento cosiddetto «Stige», hanno consentito di verificare l'interesse delle cosche Farao-Marincola di Cirò Marina e Pag. 40Trapasso di San Leonardo di Cutro nel settore della raccolta e smaltimento di RSU attraverso una serie di società, indicate nella nota (Derico New Geo Srl, EW & T Srl Eco Works & Trans, Rocca Srl), che sono risultate essere controllate dalle cosche di cui vi ho fatto cenno e sottoposte oggi a sequestro preventivo.
  Sono pendenti altre indagini, coperte comunque da segreto, sul coinvolgimento di altre aziende in traffici di rifiuti, aziende riconducibili a cosche di ’ndrangheta.
  Altra questione che a mio avviso merita attenzione è quella che riguarda gli impianti di trattamento e depurazione di rifiuti di fanghi.
  Che cosa è emerso dal monitoraggio che abbiamo effettuato su vostro input? La maggior parte dei depuratori a servizio dei comuni, sia nell'Italia meridionale sia nell'Italia centrale – sono queste, soprattutto, le procure che ci hanno trasmesso informazioni – presentano delle carenze strutturali che hanno determinato in molte situazioni ipotesi di sversamento nel mare e in corsi d'acqua di sostanze altamente inquinanti. In tutti questi procedimenti viene contestato molto spesso anche il reato di disastro ambientale. Questo è un fenomeno che ritengo sia particolarmente allarmante, legato molto spesso anche a condotte imputabili a pubblici amministratori.
  In queste indagini, infatti, non è raro che accanto al reato di natura ambientale contestato nei confronti dei gestori degli impianti si contestino anche reati nei confronti dei sindaci dei comuni e degli amministratori pubblici per abuso d'ufficio o per altre fattispecie, a volte anche di maggiore rilevanza sotto il profilo penale.
  Nel paragrafo dedicato agli incendi presso gli impianti di rifiuti si è evidenziata l'attività investigativa molto importante che sul punto sta svolgendo la direzione distrettuale antimafia di Milano.
  La recente indagine a cui faceva riferimento il procuratore, conclusasi nella fase investigativa con l'emissione di un'ordinanza cautelare nel febbraio del 2019, ha consentito di verificare che un corposo gruppo di società – facciamo riferimento ad almeno cinque società – ha dolosamente contribuito alla realizzazione di un'imponente attività organizzata di gestione abusiva di rifiuti speciali. Nella specie, erano rifiuti provenienti dalla raccolta di rifiuti indifferenziati urbani. Stiamo parlando di circa 37.000 metri cubi di rifiuti, gran parte dei quali è stata oggetto di un incendio doloso accertato nell'ottobre 2018 in un deposito di Milano, il deposito di via Chiasserini.
  Che cosa hanno consentito di riscontrare le indagini? L'esistenza di attività di deposito incontrollato di rifiuti in diversi siti localizzati in parti diverse del territorio dell'Italia settentrionale. Le indagini hanno consentito di sequestrare capannoni nei quali erano stipate tonnellate di rifiuti a Milano, a Fossalta di Piave, a Verona, a Meleti, depositi trasformati in vere e proprie discariche non autorizzate.
  Ora, il discorso che faceva prima il procuratore può essere compreso nella sua interezza proprio facendo riferimento a questi casi. Quello di deposito incontrollato di rifiuti è un reato di natura contravvenzionale. In questa situazione, che cosa si è verificato? Discariche abusive erano state realizzate in luoghi diversi dell'Italia settentrionale. Mai si sarebbe potuto ricondurre a unità questa condotta illecita se non vi fosse stata l'indagine della DDA di Milano avviata a seguito dell'incendio nel deposito di via Chiasserini.
  L'attribuzione e l'iscrizione dell'ipotesi di reato di traffico organizzato di rifiuti, e quindi l'utilizzazione degli strumenti del binario antimafia all'ipotesi di traffico organizzato di rifiuti – mi riferisco, in particolare, alle intercettazioni, ai termini d'indagine più lunga, a tutti quegli strumenti che è consentito utilizzare nell'ambito delle investigazioni per questi reati – hanno portato a ricondurre a unità tutti questi fenomeni, che invece sarebbero rimasti casi isolati qualora non vi fosse stata la possibilità di attrarli in un unico procedimento. Non so se sono stata chiara nell'illustrare il meccanismo che ha consentito di ricostruire l'attività organizzata imputandola a ben cinque società che operano nel settore dei rifiuti. Pag. 41
  Un'altra considerazione che vale un po’ a far emergere una delle ulteriori criticità legate alla repressione di questo tipo di condotte illecite è quella rappresentata dalla difficoltà di individuare i responsabili di altri tipi di condotte.
  In questo procedimento, per esempio, non è stato possibile acquisire elementi per individuare gli autori dell'incendio benché gli accertamenti tecnici eseguiti abbiano consentito di accertarne senza ombra di dubbio la natura dolosa. Come è emerso anche dai lavori della vostra Commissione depositati con la relazione del febbraio, credo, 2018, uno dei problemi emersi in modo più critico è proprio quello dell'accumulo di materiali in maniera illecita all'interno di questi depositi.

  ALBERTO ZOLEZZI. Ringrazio il procuratore. Grazie davvero per il grande lavoro che avete fatto. Avete seguito una serie di punti che abbiamo provato ad analizzare nella scorsa legislatura.
  Più o meno, l'avete detto, ma vorrei fare una domanda da persona ignorante di certi temi, quindi mi scusi per la semplicità della domanda. Avete fatto riferimento all'incendio di via Chiasserini, una situazione importante, per cui ci si è rivolti direttamente alla direzione distrettuale. Ci sono linee guida: quando una procura circondariale decide di rivolgersi alla direzione distrettuale? Quando è evidente il reato o quando lo sospetta? Io sto seguendo, per esempio, a Mantova il caso di rifiuti apparentemente indifferenziati conferiti e un'indagine per gestione illecita. Per capire se c'è traffico organizzato forse ci possono volere mesi. Voi suggerite, quando c'è anche il sospetto, di iniziare a chiedere l'aiuto della direzione distrettuale, che può, come dicevate, mettere in campo anche strumenti investigativi diversi, che magari fanno comprendere meglio se ci sia o meno un'attività di traffico organizzata?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. Nell'ambito di ciascun distretto, il procuratore generale e il procuratore nazionale si fanno promotori di un protocollo, che dovrebbe disciplinare la condivisione, o almeno l'allarme che deve essere dato dal procuratore circondariale al procuratore distrettuale su determinati fatti. Al momento, però, i protocolli sono rari, rarissimi.
  Nella materia dell'antimafia e nella materia dell'antiterrorismo, oltre che nella materia delle misure di prevenzione, laddove il procuratore nazionale è egli stesso titolare di specifiche funzioni di coordinamento, i protocolli ci sono e prevedono che, ogni qualvolta ci sia un reato spia, questo porti la procura circondariale a comunicarlo alla procura distrettuale. A volte, è la stessa polizia giudiziaria che viene incaricata di fornire notizie anche alla procura distrettuale laddove il reato spia è un reato di competenza della procura circondariale, ma perché la procura distrettuale possa verificare se vi siano altri elementi che portano quel reato dal quadro di competenze della procura circondariale alla competenza della procura distrettuale. I reati spia, come dicevo, sono reati indicatori dell'eventuale ascrivibilità del fatto a un contesto mafioso o terroristico.
  In materia di rifiuti, invece, proprio perché il procuratore nazionale rientra nel circuito della circolazione di informazioni solo con riferimento al traffico illecito organizzato di rifiuti, anche farsi promotore di protocolli diventa molto più difficile.
  Peraltro, gli stessi reati che sono stati introdotti dalla normativa n. 68 del 2015 hanno anche attribuito l'esigenza di comunicazione degli stessi reati al procuratore generale perché in ambito distrettuale possa creare le condizioni per il coordinamento, ma il distretto è un ventiseiesimo rispetto al territorio nazionale. In materia di rifiuti, invece, l'esperienza ci insegna che le imprese che si occupano illegalmente di rifiuti operano su tutto il territorio nazionale. Dove, in particolare? Laddove rilevano che c'è minore interesse al contrasto agli illeciti comportamenti proprio in questo campo. Ecco perché si sollecitava, peraltro, una maggiore incisività quanto al coordinamento in relazione a quest'ipotesi, e soprattutto quanto al coordinamento a livello nazionale.

Pag. 42

  PRESIDENTE. Il SIDNA racchiude tutti i delitti che vengono segnalati dalle procure distrettuali, giusto? Il problema nasce, invece, per i reati quelli contravvenzionali; è lì che la procura circondariale non ha l'obbligo di comunicazione nell'organo centrale? È questo il problema di fondo?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. Non solo, ma anche per i reati di inquinamento e disastro. Se c'è l'obbligo di comunicazione, dell'iscrizione, non c'è l'obbligo di riversamento degli atti. Quando procede una procura distrettuale, non solo abbiamo l'iscrizione, e quindi sappiamo chi è il soggetto, qual è l'ipotesi di reato, ma conosciamo l'informativa, l'intercettazione telefonica, tutti gli elementi che portano l'indagine a svilupparsi, e quindi il nostro sistema consente un raffronto di ogni elemento con tutti gli elementi presenti in banca dati.
  Cosa diversa, invece, accade per i reati di inquinamento e disastro ambientale, laddove abbiamo solo il nome, e spesso sul territorio nazionale i nomi che possono essere identificati sono solo la punta dell’iceberg, perché dietro quel nome c'è un'intera struttura. Se quella struttura viene confrontata con le altre strutture, casomai troviamo tante altre identità. Ecco perché è importante non solo avere la conoscenza dell'iscrizione.
  Questo vale, peraltro, solo per i reati di cui alla normativa n. 68, che non essendo di competenza delle direzioni distrettuali, vengono comunicati al procuratore nazionale limitatamente alle iscrizioni. Per i reati contravvenzionali, reati importanti – gestire i rifiuti al di fuori di un'autorizzazione è un'ipotesi molto importante – non averne conoscenza è un ulteriore rallentamento della possibilità di...

  PRESIDENTE. Non basta un vostro protocollo interno? Mandateci tutte le informazioni...

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. L'abbiamo fatto. Sono anni che lo facciamo, che chiediamo alle procure circondariali di mandarci le iscrizioni, ma poiché non è previsto dalla legge, non sono tenuti a farlo, e anzi potrebbero dire che il loro riferimento in relazione a quei reati può essere il procuratore generale, non il procuratore nazionale, perché quelli sono reati ordinari. Possono dirmi che io sono competente per i reati di mafia e di terrorismo, e che quindi sto chiedendo qualcosa in più.
  Ci sono delle procure virtuose che ci fanno la segnalazione, ma sono pochissime. Tutte le altre non ce lo comunicano. Nella mia gestione già abbiamo mandato due lettere e queste pochissime hanno risposto.

  CHIARA BRAGA. Sempre sull'argomento, anche se in parte ci ha già risposto adesso. Intanto, voglio ringraziare lei, procuratore, e la dottoressa Pontassuglia per la relazione e anche per aver ricordato il lavoro fatto da questa Commissione ad esempio sul tema del fenomeno degli incendi, che credo abbia contribuito anche ad accendere una lampadina su questo tema.
  Provo a dirla così, e mi scuserete se non sarò tecnicamente ineccepibile: dal punto di vista di un parlamentare della Repubblica, credo di poter distinguere la questione che lei poneva, dottore, sulla necessità o opportunità di trasformare alcuni reati contravvenzionali in delitti, tema che peraltro lo scorso Parlamento ha discusso lungamente, incontrando anche molte resistenze, da quella della condivisione delle informazioni in possesso delle varie procure.
  Giusto per capire, allo stato attuale, di fronte a una necessità o a un'esigenza, comunque la vostra Direzione ha la possibilità di chiedere e acquisire tutta la documentazione inerente reati, in questo caso di questa natura, legati alla gestione del ciclo dei rifiuti? Quello che mi pare di aver colto nell'intervento è che questa richiesta di centralizzazione di tutti gli atti e delle informazioni è qualcosa di molto diverso; allo stato attuale, a normativa vigente, la possibilità di chiedere su singoli casi di acquisire informazioni esiste, c'è, è applicata?

Pag. 43

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. C'è nell'ambito del circuito delle direzioni distrettuali, non c'è per quanto riguarda le procure circondariali. La procura circondariale deve partecipare a una circolazione delle informazioni. A volte, invitiamo le procure circondariali, laddove vi è un reato di mafia, a condividere le proprie informazioni con quelle che hanno gli uffici che stanno procedendo su temi analoghi, ma non c'è una norma che preveda che il procuratore nazionale possa chiedere gli atti al procuratore circondariale.
  Nel circuito antimafia, quindi laddove i reati entrano in quel circuito, qualunque procuratore che ha iscritto quel reato deve immetterlo nel circuito della conoscenza condivisa; laddove, invece, il reato non entra nel novero di quelli di competenza delle direzioni distrettuali, è evidente che è una facoltà del procuratore circondariale, e anzi lo stesso procuratore circondariale potrebbe dire, trattandosi di un reato ordinario, che non vi è motivo di trasmetterlo.
  Nel momento in cui abbiamo conoscenza perché una procura distrettuale ce lo comunica, aggiriamo l'ostacolo invitando il procuratore della Repubblica che sta trattando quel fascicolo, unitamente al procuratore distrettuale o agli altri procuratori distrettuali che stanno trattando temi da condividere, proprio perché tutti possano avere cognizione del livello di conoscenze e se effettivamente il fatto trattato dal procuratore della Repubblica che fino a quel momento teneva presso di sé quell'indagine debba invece essere trasmesso al procuratore distrettuale del suo distretto.
  Noi non possiamo chiedere la trasmissione degli atti. Proprio per questo poc'anzi chiedevo che si valutasse l'esigenza di rendere possibile un coordinamento nazionale su questi temi. Un coordinamento nazionale supererebbe il problema che c'è oggi sugli incendi, di cui la collega Pontassuglia poc'anzi vi ha parlato. Se non fosse stato per il procuratore distrettuale, che diligentemente e nello svolgimento delle proprie attività con intercettazioni è riuscito a rilevare il coinvolgimento di tanti altri soggetti, il tutto si sarebbe fermato a fatti molto meno gravi, apparentemente, mentre dietro c'era tutta una realtà organizzata e gravemente organizzata.
  Si può fare tutto questo solo nel momento in cui si preveda un circuito di condivisione come quello che esiste per l'antimafia, e il tema dei rifiuti richiede necessariamente questo, perché le imprese che se ne occupano è evidente che non se ne occupano solo in un territorio, ma svolgono le proprie attività in tantissime regioni, con la conseguenza che se non alziamo il livello di attenzione e condividiamo le conoscenze, mai si potrà contrastare efficacemente il traffico di rifiuti organizzato, come sta avvenendo oggi.
  Ormai si organizzano con società ad altissimo livello, ma ci sono anche società per azioni che sono infiltrate nel circuito, quindi è evidente che, di fronte a un'organizzazione così imponente, non possiamo continuare a contrastarla con il metodo tradizionale della piccola procura ordinaria, che si muove nel proprio piccolo territorio, ormai appartiene ad altri tempi un metodo di contrasto di questo tipo. Bisogna superare le riottosità e gli ostacoli che si trovano spesso, anche a volte negli uffici interessati, perché si crei una possibilità analoga a quella che attualmente vige sia per il terrorismo che per la mafia.
  L'avvelenamento del nostro territorio dipende dall'inquinamento ambientale, che è determinato dalla gestione dei rifiuti e dal sotterramento dei rifiuti, dall'occultamento, da quello che sta avvenendo in tantissimi luoghi. Questi traffici danno una ricchezza enorme, ricordo quando il clan dei Casalesi diceva «noi non trattiamo cocaina ed eroina, ma trattiamo il rifiuto, che dà molta più ricchezza dell'eroina o della cocaina», però questo lo dicevano 25 o 26 anni fa, e noi ancora consentiamo a queste imprese di svolgere il traffico organizzato illecito di rifiuti, consentendo di slegare la loro azione, proiettarsi in tanti territori, operare con azioni frammentate, impedendo quindi agli uffici sia giudiziari che di polizia di rilevare l'organizzazione nel traffico, per far incorrere in una contravvenzione che sicuramente si prescrive. Pag. 44
  Quando infatti emettete una contravvenzione nell'ambito del ruolo di un giudice monocratico, non sarà mai in grado di trattare quel procedimento, quindi quel procedimento andrà sicuramente a estinzione per prescrizione.

  EUGENIA PONTASSUGLIA, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Presidente, se mi consente, volevo aggiungere soltanto una cosa a quello che ha detto il Procuratore sul ruolo delle procure circondariali. Devo spezzare una lancia, perché per la realizzazione di questo lavoro devo riconoscere che molte procure circondariali soprattutto della Calabria (Palmi, Locri, Crotone, Paola) hanno risposto e fornito elementi sui procedimenti pendenti.
  È chiaro che non esiste un obbligo da parte loro di rapportarsi con la Direzione nazionale, però nel momento in cui abbiamo avanzato, attraverso i magistrati che curano il collegamento investigativo con le distrettuali, la richiesta di acquisire notizie in relazione alle tematiche che voi ci avevate indicato, molte procure anche qui nel Lazio si sono rese disponibili e ci hanno fornito dati precisi sui procedimenti trattati.
  Lo dovevo dire, perché mi sembrava corretto.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. Voglio però sottolineare che nel richiedere una collaborazione si è fatto presente che era necessario per riportare alla Commissione parlamentare gli elementi di conoscenza, e rispetto alle 150 penso siano una ventina quelle che hanno risposto.

  EUGENIA PONTASSUGLIA, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Esatto, però ci hanno risposto.

  PIETRO LOREFICE. Grazie, procuratore e dottoressa Pontassuglia. Lei, Procuratore, ha parlato di questa centrale unica, ma anche di interlocuzioni con il Ministro dell'ambiente che ha dato l'impulso, quindi il Ministro Costa sta predisponendo un atto normativo che va in questa direzione?
  All'interno della DNA c'è una sezione specializzata in ambito ambientale e quanti sostituti procuratori si occupano della materia? Per quanto riguarda l'articolo 434 del codice penale, il disastro innominato, che è stato utilizzato dalla procura di Gela per quel grande processo di natura ambientale, secondo me hanno trovato una via per passare dalla contravvenzione al delitto in quanto l'articolo 434, se non erro, descrive un delitto. Questa fattispecie vi viene segnalata e la tenete in considerazione tra quelle da attenzionare? Visto che si parla di un grande processo di natura ambientale, volevo capire se tra quelli segnalati vi arrivi anche il disastro innominato, l'articolo 434, perché nell'elenco non c'è.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. Sì, appunto, fra le procure che hanno risposto non c'è indicazione su questo tema, l'articolo 434 non rientra nel novero dei delitti, perciò c'è il disastro ambientale specifico, è stata creata quindi una disposizione specifica, però è evidente che se non riusciamo a creare il rapporto necessario fra tutti gli uffici che si occupano di reati di questo tipo, diventa difficile potersi orientare in modo unitario.
  La Direzione nazionale ha creato un polo di interesse, quindi un laboratorio di approfondimento delle tematiche che riguardano i rifiuti, di cui la collega Pontassuglia è la responsabile, quindi farei dire alla collega da quanti magistrati è composto e più specificatamente qual è l'attività che stanno svolgendo.

  EUGENIA PONTASSUGLIA, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Il polo è stato creato nel 2014 e dovrebbe essere composto da sei magistrati, però nel tempo due magistrati sono andati via, quindi dovrebbe essere ricostituita la pianta del polo.
  C'è un coordinatore, il procuratore aggiunto Maria Vittoria De Simone, poi c'è il responsabile e ci sono altri quattro colleghi che ci lavorano. Ci occupiamo essenzialmente di analisi sui procedimenti di natura ambientale e anche di procedimenti concernenti la criminalità nel settore agroalimentare, altra area di interesse del polo, la cosiddetta «agromafia». Pag. 45
  Devo dire però che quando si parla di agroalimentare non è corretto associare all'agroalimentare l'agromafia, perché è vero che il settore, così come quello concernente il traffico di rifiuti, in quanto altamente redditizio attira gli interessi della criminalità organizzata di stampo mafioso e anche recenti indagini ne danno riscontro, ma è altrettanto vero che ci sono gruppi criminali imprenditoriali avulsi da contesti mafiosi, che operano in quel settore, creando ugualmente danni molto rilevanti.
  Tra le attività che in questo momento ci stanno impegnando (ne abbiamo dato atto nella nota che abbiamo depositato oggi) vi è quella susseguente alla stipula di un protocollo che la Direzione nazionale antimafia ha siglato con il Commissario per la bonifica dei siti di discarica rivenienti da procedure di infrazione comunitaria.
  Che tipo di attività stiamo svolgendo? Attraverso un gruppo di lavoro che è stato creato all'interno del Polo criminalità ambientale, abbiamo messo a sistema tutte le informazioni provenienti dall'attività dell'ufficio del Commissario con i dati della banca dati del sistema SIDDA-SIDNA, al fine di riscontrare se nell'aggiudicazione degli appalti a società che oggi operano e sono impegnate nella bonifica di quei siti siano presenti società che hanno connessioni con la criminalità organizzata, verifica che ha portato in alcuni casi al riscontro di questa ipotesi.
  Qui accenno a un'altra questione che avevate indicato nella terza nota inviata al procuratore, quella relativa alle white list. Quando sono emerse queste situazioni, la prima domanda che mi sono fatta è stata esattamente questa: come è possibile che queste aziende abbiano superato gli accertamenti?
  Se in alcuni casi è stato facile riscontrare che le aziende coinvolte solo attraverso le nostre ricerche sono state riconosciute (lo dico in maniera molto semplice) come società aventi connessioni con organizzazioni di tipo mafioso, in altre situazioni è emerso che queste società, sebbene non coinvolte in indagini di criminalità organizzata, erano comunque state coinvolte in procedimenti in materia ambientale. È accaduto in una situazione che addirittura l'appalto era stato aggiudicato ad una società i cui vertici erano stati condannati per disastro ambientale.
  Come è stato possibile? È stato possibile perché il reato ambientale non rientra all'interno della categoria di reati che vengono indicati e verificati dalle prefetture. Questo è un altro elemento significativo; sarebbe importante indicare anche i reati ambientali, perché altrimenti ci troviamo di fronte al paradosso, che – ripeto – si è verificato, per cui un soggetto condannato per disastro ambientale si aggiudica l'appalto per la bonifica della discarica.

  ANTONIO DEL MONACO. Grazie, procuratore, della sua relazione e dei suoi dati, sicuramente leggeremo la nota.
  Vedo dalla lettura della nota che state trattando traffici illeciti di rifiuti organizzati, avete anche specificato i traffici di abiti usati e di fanghi, però non ho sentito qualcosa inerente alla filiera dei rifiuti ospedalieri e dei rifiuti tossici, soprattutto l'amianto. A me interessa soprattutto la parte della chiusura della filiera, ossia, tolto l'amianto, dove vada, se venga distrutto, abbandonato o sotterrato, perché in una discarica a cielo aperto, nel comune di San Felice a Cancello, ho trovato un bel pacco di amianto, quindi ho fatto la denuncia al commissario e ai vigili urbani. Tra i tanti rifiuti c'era anche un bel pacco di amianto ben sigillato.
  In più, ho fatto la denuncia del sito radioattivo di Casal di Principe, l'ho fatta a Federico Bisceglie che purtroppo è morto una settimana dopo la morte di Carmine Schiavone...

  PRESIDENTE. Invito ad essere sintetico e a fare la domanda, perché al Senato stanno per iniziare a votare, quindi noi tecnicamente dovremmo chiudere.

  ANTONIO DEL MONACO. Volevo sapere qualcosa sul sito radioattivo di Casal di Principe. Grazie.

  EUGENIA PONTASSUGLIA, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Sinteticamente, Pag. 46 con riferimento ai rifiuti ospedalieri vi è traccia di una indagine della DDA di Reggio Calabria, in particolare trasporto di rifiuti sanitari a rischio, attuato mediante l'imbarco su navi traghetto che attraversavano lo stretto di Messina.
  In questa indagine viene ricostruito tutto il percorso dei rifiuti prodotti dall'ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria, destinati a una società siciliana che gestiva raccolta e trasporto fino al luogo di discarica, sito in provincia di Catania, quindi c'è una indagine, ci è stata segnalata. Ripeto: quello che abbiamo riportato in questa nota altro non è che l'esito delle richieste che abbiamo fatto alle procure.
  Con riferimento a indagini concernenti amianto, forse troverete qualcosa, ora io a memoria non riesco, mentre sui rifiuti ospedalieri avevo ben in mente questa indagine, sull'amianto probabilmente ci sarà qualche altra cosa, perché attiene allo smaltimento illecito, ma anche questa ipotesi di reato è di competenza delle circondariali.
  Come diceva prima il procuratore, ci hanno risposto una ventina di procure su 158 che coprono tutto il territorio nazionale, il fatto che qui non siano state riportate informazioni certamente non esclude che indagini di questo tipo siano in corso.

  PAOLA NUGNES. È stato molto interessante tutto, ho preso nota delle segnalazioni da fare. So che il sottosegretario Micillo ha all'attenzione l'integrazione dei reati ambientali che dovranno essere trasformati in delitti, che non rientrarono nella legge n. 68 del 2015, quindi mi informerò dello stato dell'arte di questa faccenda, sul coordinamento delle procure, che mi sembra indispensabile, e sulla questione che i reati ambientali non siano tra quelli delle white list.
  La domanda che voglio fare, che da molto tempo ci viene posta dalle procure circondariali, riguarda il traffico di rifiuti illecito organizzato, perché le procure circondariali lamentano che questo sia invece reato distrettuale, perché, laddove non si rileva lo stampo mafioso, questo reato non viene...

  EUGENIA PONTASSUGLIA, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Non è così, non c'entra niente lo stampo mafioso...

  PAOLA NUGNES. Volevo sapere come valutate la sussistenza di questa richiesta.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. La figura del traffico organizzato illecito di rifiuti è entrata nell'elenco dei reati di competenza delle Direzioni distrettuali perché, secondo i risultati di diverse indagini, entrava nell'ambito del programma criminoso di diverse organizzazioni criminali, a volte ’ndranghetiste, a volte camorriste, quindi per l'indice di presenza di questo reato in queste organizzazioni è stato inserito nell'elenco, ma la fattispecie non è connotata da riferimenti alla mafia o alla camorra...

  PAOLA NUGNES. Mi perdoni, mi sono sicuramente espressa male, non erano queste le motivazioni, però che ci sia una richiesta che venga riportato alle procure circondariali è un dato, cioè che sia stato fatto più volte presente, quindi mi chiedevo come leggete questa richiesta, se ha una sussistenza, un valore, una necessità.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. Come avevamo detto prima, uno dei problemi maggiori nel contrastare il traffico di rifiuti è proprio la dispersione dei procedimenti, quindi non riuscire a capire se un traffico non organizzato sia configurabile come tale soltanto perché una procura si è occupata di quell'impresa o se invece, mettendo assieme gli elementi che riguardano il traffico di rifiuti, non si arrivi a configurare un'ipotesi di traffico organizzato illecito di rifiuti.
  È evidente che se tutto viene messo in un unico contenitore si può configurare, se invece viene disperso, sicuramente si escluderà la possibilità di configurarlo. Ci sono casi in cui emerge chiaramente la fattispecie, altri casi in cui la fattispecie si costruisce attraverso l'acquisizione di elementi che emergono dalle indagini presenti in territori diversi, a volte lontani. Ecco qual Pag. 47è l'esigenza di coordinamento e di concentrazione: non vi può essere coordinamento e quindi conoscenza approfondita se non esiste una centralizzazione di conoscenze.
  Quando le procure circondariali chiedono di riavere questo reato, fanno l'inverso di quello che è un contrasto efficace, che vuole invece la centralizzazione. D'altro canto, se combattiamo così la camorra, mafia, la ’ndrangheta e le altre organizzazioni, non è soltanto perché hanno una proiezione nazionale o internazionale, ma anche perché la finalità è quella di mettere in un unico contenitore tutti gli elementi e poterli utilizzare, quindi di rendere più efficace il contrasto.

  PRESIDENTE. Non ci sono altre richieste di intervento. Io volevo rientrare sul discorso delle white list, perché ho visto i soggetti che possono chiedere di entrare a far parte delle white list e mancano dei soggetti fondamentali, chi fa le bonifiche e anche chi ha grandi impianti, ho visto scritto solo il trasporto di rifiuti per conto di terzi, ma chi riceve il rifiuto non ha la possibilità di chiedere l'iscrizione alla white list. Mi domando il motivo di questo, se sia normale.
  Ci sono varie strutture di missioni, quindi mi domando se ad esempio il Commissario alle bonifiche, che si deve occupare della procedura di infrazione dei siti abusivi, che deve a bonificare e accelerare i tempi, abbia strumenti adeguati, visto che la white list ha comunque procedimenti lunghi e chi bonifica non è tenuto ad essere iscritto alla white list, se riesca a dialogare con voi o con qualcuno per accelerare e per coordinarsi su questo tema della white list. Vorrei capire meglio questo aspetto.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. Il nostro ufficio, come la collega ha accennato poc'anzi, ha creato un protocollo con il Commissario per le bonifiche e il protocollo prevede che vi sia uno scambio di informazioni.
  Il Commissario per le bonifiche riferisce quindi alla Direzione nazionale le imprese che sono e o possono essere coinvolte, la collega svolge un approfondimento con la nostra banca dati e quindi, attraverso il confronto del contenuto della banca dati, siamo in grado di riversare al Commissario conoscenze circa l'inquadramento di imprese in vicinanza o contiguità con organizzazioni mafiose, se vi sono possibilità di questo tipo, o circa responsabilità in relazione al reato di cui all'articolo 452-quaterdecies. Questo è un discorso che si fonda sul protocollo.

  PRESIDENTE. Questo protocollo quindi è sufficiente oppure c'è qualcosa che si potrebbe fare meglio?

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. Come peraltro mi ricordava la collega, proprio grazie al confronto che viene sviluppato con gli elementi presenti in banca dati, laddove vi siano elementi positivi abbiamo esercitato anche atti di impulso alle procure distrettuali competenti, per aprire procedimenti penali nei confronti dei soggetti e soprattutto nel contesto per verificare la posizione del soggetto indicato.
  Il problema della white list probabilmente invece va affrontato con una norma, che faccia rientrare nell'ambito degli elementi ostativi all'iscrizione anche la commissione di reati in materia di rifiuti, reati ambientali, cosa che invece non è prevista.

  PRESIDENTE. Sì, questo sì, ma addirittura non è previsto che chi è titolare di una discarica possa chiedere l'iscrizione alla white list, ma solo chi trasporta per conto terzi, cioè c'è un elenco di categorie molto scarno, quindi anche se si introducessero i reati ambientali, la white list sarebbe comunque dedicata soltanto ad alcune categorie...

  EUGENIA PONTASSUGLIA, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Dovrebbe evidentemente anche estendersi dal punto di vista dell'indicazione dei soggetti da inserire nella white list.

  PRESIDENTE. Paradossalmente chi trasporta il rifiuto verso una discarica può accedere alla white list, chi invece riceve Pag. 48quel rifiuto e possiede una discarica non è tra i soggetti che possono essere iscritti nella white list, la trovo un'incongruenza.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia. Ma certo che è un'incongruenza, va completato anche questo circuito. Credo che sia fondamentale mettere chi deve valutare, come le prefetture e altri soggetti, in condizione di confrontare la posizione dei soggetti con ipotesi chiare e specifiche, ma questo deve avvenire necessariamente attraverso un atto normativo.

  PRESIDENTE. Sicuramente. Un'altra domanda: soprattutto nel caso che ho citato prima delle bonifiche delle discariche abusive, per le quali c'è una procedura di infrazione, quindi ogni giorno che perdiamo sono soldi, anche se ci fosse tutta l'analisi e l'iscrizione alla white list, questo procedimento può durare un anno, quindi quando c'è una situazione emergenziale in cui bisogna andare veloci ci sono degli strumenti per accelerare, per rendere il tutto più efficace, oppure bisogna andare a tentoni e poi dopo fare i relativi accertamenti e, se dovesse risultare, intervenire a ritroso?
  Quando c'è l'urgenza, come con le bonifiche delle discariche abusive, come ci si comporta e come ci si dovrebbe comportare?

  EUGENIA PONTASSUGLIA, Sostituto procuratore nazionale antimafia. Allora, l'urgenza è rappresentata dal fatto che su 80 siti l'ufficio del Commissario ha evidenziato delle priorità, a seconda di una serie di indici che sono stati oggetto di valutazione autonoma.
  Sulla base degli accertamenti che man mano vengono fatti si verifica quali sono le situazioni che meritano approfondimenti in tempi più brevi, quindi, a prescindere dal rispetto della cronologia degli accertamenti fatti dal Commissario, se emerge che una situazione è in odore di illiceità, facciamo questo incrocio di dati in maniera abbastanza rapida, in modo da consentire al Procuratore nazionale di esercitare l'attività di impulso e quindi di segnalare tempestivamente alle procure interessate questi elementi investigativi emersi, che poi saranno sviluppati secondo le competenze degli uffici distrettuali.

  PRESIDENTE. Al Senato stanno quasi per votare. Non ci sono altre richieste di intervento, quindi ringrazio i nostri ospiti per la disponibilità e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.