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XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (XI e XIV)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 3 luglio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giaccone Andrea , Presidente ... 3 

Comunicazioni del Governo in vista del Consiglio dell'Unione europea in materia di occupazione, politica sociale, salute e consumatori, previsto per l'8 luglio 2019:
Giaccone Andrea , Presidente ... 3 
Cominardi Claudio (M5S) , sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali ... 3 
Giaccone Andrea , Presidente ... 7 
Papiro Antonella (M5S)  ... 7 
Fatuzzo Carlo (FI)  ... 7 
Murelli Elena (LEGA)  ... 8 
Viscomi Antonio (PD)  ... 9 
Serracchiani Debora (PD)  ... 10 
Rossini Emanuela (Misto-Min.Ling.)  ... 12 
Sensi Filippo (PD)  ... 12 
Giaccone Andrea , Presidente ... 12 
Cominardi Claudio (M5S) , sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali ... 12 
Giaccone Andrea , Presidente ... 15 
Rossini Emanuela (Misto-Min.Ling.)  ... 15 
Cominardi Claudio (M5S) , sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali ... 15 
Giaccone Andrea , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XI COMMISSIONE
ANDREA GIACCONE

  La seduta comincia alle 16.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo in vista del Consiglio dell'Unione europea in materia di occupazione, politica sociale, salute e consumatori, previsto per l'8 luglio 2019.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo in vista del Consiglio dell'Unione europea in materia di occupazione, politica sociale, salute e consumatori, previsto per l'8 luglio 2019.
  Avverto che in rappresentanza del Governo è presente il sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali, Claudio Cominardi, che invito a rendere le sue comunicazioni.

  CLAUDIO COMINARDI, sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Grazie, presidente. La presidenza finlandese ha convocato il prossimo 8 luglio l'EPSCO (Employment, social policy, health and consumer affairs council) straordinario, dal momento che lo svolgimento delle ultime elezioni per il Parlamento europeo ha fatto slittare l'agenda abituale del cosiddetto «semestre europeo».
  Mi riferisco al ciclo annuale di coordinamento delle politiche degli Stati membri, che, partendo dall'individuazione delle priorità e degli orientamenti per l'anno successivo, inizia a novembre di ogni anno, passa per la pubblicazione delle relazioni per ciascun Stato membro, con le valutazioni delle politiche economiche e sociali, vede i Governi nazionali approntare i rispettivi programmi di riforma, stabilità e convergenza e si conclude con l'approvazione di raccomandazioni specifiche per tutti i Paesi dell'Unione nel mese di giugno. Nei restanti mesi dell'anno i Governi nazionali sono chiamati a mettere in pratica le raccomandazioni, preparandosi per l'esercizio dell'anno successivo.
  Il processo prevede che dopo l'EPSCO si pronunci il consiglio ECOFIN (Economia e finanza) il 9 luglio per l'adozione del documento finale. L'agenda prevede, dunque, in primo luogo l'approvazione delle raccomandazioni a ciascuno Stato membro sui Programmi nazionali di riforma 2019, le valutazioni delle raccomandazioni specifiche per Paese, ovvero le country specific recommendations (CSR) del 2019, l'attuazione delle CSR 2018 e la decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione.
  La presidenza finlandese ha proposto poi un dibattito orientativo sull'economia del benessere e un altro dibattito orientativo su una visione strategica a lungo termine per un'economia climaticamente neutra e le correlazioni con gli aspetti occupazionali.
  Le raccomandazioni specifiche per Paese attribuiscono quest'anno per tutti gli Stati membri una particolare attenzione agli investimenti nelle risorse umane, in specie per la formazione e la riconversione Pag. 4professionale dei lavoratori come tema trasversale a tutte le raccomandazioni.
  Al riguardo l'Italia ribadirà l'importanza di siffatti investimenti in un'ottica inclusiva, tesa a non lasciare nessuno indietro. Questo Governo condivide l'idea di un maggior investimento nella formazione, nell'accrescimento delle competenze, nella riqualificazione professionale e nel sostegno nelle fasi di transizione.
  Torneremo ad affermare che tutti gli sforzi profusi in questo senso vanno considerati, sia a livello europeo sia a livello nazionale, come un vero investimento sociale, da tenere fuori dalle logiche di equilibrio del bilancio. L'Italia potrà rivendicare che a livello nazionale sono state varate riforme in materia di formazione, contrasto alla povertà, inserimento lavorativo e servizi pubblici all'impiego.
  Con riferimento alle raccomandazioni specifiche per l'Italia, al nostro Paese ne vengono indirizzate cinque, una in più rispetto all'anno precedente. Quella indirizzata all'Italia per quanto riguarda i temi del lavoro e sociali recita: «Intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro sommerso; garantire che le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali siano efficacemente integrate e coinvolgano soprattutto i giovani e i gruppi vulnerabili; sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, in particolare garantendo l'accesso ai servizi di assistenza all'infanzia a lungo termine di qualità; migliorare i risultati scolastici, anche mediante adeguati investimenti mirati; promuovere il miglioramento delle competenze, in particolare rafforzando le competenze digitali».
  Al di fuori della raccomandazione n. 2, riferimenti ai temi sociali sono inclusi nella raccomandazione n. 1: spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati, incoraggiando, quindi, una riduzione del cuneo fiscale; attuare pienamente le passate riforme pensionistiche, al fine di ridurre il peso delle pensioni sulla spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita, in quanto l'incidenza della spesa pensionistica sulla spesa pubblica è ritenuta eccessiva e tale da impedire i migliori investimenti.
  Analizzando le recenti riforme, infatti, la raccomandazione esprime critiche rispetto alla riforma pensionistica, nella misura in cui sembra sottrarre risorse ad altre spese sociali, quali l'educazione e la lotta alla povertà. La riforma pensionistica, inoltre, viene valutata con sfumature negative legate all'incidenza della relativa spesa sulle finanze pubbliche e alla riduzione del tasso di occupazione dei lavoratori più anziani.
  Maggior interesse riscuote il reddito di cittadinanza, di cui si sottolineano le potenzialità sia ai fini dell'inclusione sociale e della riduzione del rischio di povertà sia per il potenziamento del mercato del lavoro. Tuttavia, restano alcune sfide per ottenere i risultati attesi dalla riforma, più specificamente la necessità di sostenere con risorse umane, materiali ed economiche i servizi per l'impiego, perché possano raggiungere gli obiettivi fissati, superando le disparità regionali. Si sottolinea altresì l'importanza di un monitoraggio costante e di una formazione adeguata del personale pubblico, a partire dalle conoscenze digitali, e la necessità di sostegno alla mobilità dei lavoratori.
  Le politiche attive e sociali vanno finalizzate verso i giovani e altri gruppi vulnerabili. Un aspetto di criticità viene individuato anche nella mancata integrazione tra politiche dell'educazione e dell'occupazione, per cui la raccomandazione invita a investire nella formazione, focalizzata su target precisi, nella riqualificazione e nel rafforzamento delle conoscenze digitali, oltre che nel sostegno del sistema educativo.
  Critiche sono poi rivolte al sistema di reclutamento e di retribuzione degli insegnanti, che non valorizza il ruolo sociale del corpo docente, non incentiva a scegliere la carriera e si riflette in mancanze al livello della formazione universitaria e professionale di terzo livello.
  Sul tema della digitalizzazione si rilevano sfide sulle capacità informatiche necessarie, con riferimento non solo ai lavoratori Pag. 5 e ai cittadini, ma anche alle piccole e medie imprese. Vengono, quindi, sollecitati investimenti importanti per sostenere l'innovazione.
  Sul tema ricorrente della bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro, la raccomandazione, come in precedenti anni, verte su misure di politica attiva, unite a una strategia complessiva per le famiglie, che includa adeguati congedi parentali, forme di flessibilità e servizi di cura e di assistenza.
  Apprezza l'attività dell'Ispettorato nazionale del lavoro, specie nel contrasto al caporalato, e invita a continuare la lotta contro il lavoro nero, negativo sia sotto il profilo delle mancate tutele di gruppi vulnerabili sia sotto il profilo di mancati apporti al PIL. Anche sotto questo profilo, il reddito di cittadinanza potrebbe facilitare l'emersione dal sommerso.
  Una valutazione poco favorevole è stata rivolta al sistema di protezione dei lavoratori autonomi, ritenuto insufficiente.
  Infine, in merito alla contrattazione collettiva, la raccomandazione accoglie positivamente l'accordo quadro in materia di rappresentatività, salute e sicurezza sul lavoro, concluso tra le parti sociali maggiormente rappresentative, come seguito del precedente accordo per il rilancio della contrattazione di secondo livello.
  Man mano che si è proceduto lungo le varie fasi del semestre europeo, l'Italia è intervenuta per correggere le percezioni negative non basate sui fatti, per spiegare la ratio dei provvedimenti e sottolineare che, per la loro complessità, non ci si può attendere risultati totali e immediati nel brevissimo termine.
  Chiederemo, dunque, che la Commissione prenda atto degli sforzi profusi nel rispondere alle sfide segnalate negli anni passati, i cui risultati vanno proiettati nel medio-lungo termine, anche considerato il tempo necessario per costruire una ownership delle diverse strategie con le parti sociali e la società civile.
  In sede di confronto con la Commissione e i comitati delle filiere EPSCO ed ECOFIN, alcune nostre richieste sono state accolte, come quando è stato stemperato il giudizio di pesante criticità sull'impossibilità di attuazione completa del reddito di cittadinanza.
  Pertanto, l'8 luglio a Bruxelles potremo condividere la raccomandazione n. 2, che tiene conto del valore della riforma del mercato del lavoro, anche se rileva alcune sfide da affrontare, oltre a invitare a una maggiore integrazione con le politiche sociali.
  In linea con il taglio delle raccomandazioni specifiche per Paese di quest'anno, che riportano indicazioni simili per tutti gli Stati membri, si può condividere l'invito a investimenti importanti nelle competenze, specie digitali, e nel migliorare i risultati scolastici.
  La raccomandazione n. 1 è stata parimenti modificata su nostra richiesta, con la cancellazione del riferimento alla pensione di anzianità per quanto riguarda la riforma pensionistica cosiddetta «quota 100» ed è stata alleggerita nel testo la critica rivolta alla tassazione eccessiva a carico dei lavoratori autonomi.
  Sui due dibattiti, quello sull'economia del benessere e quello sugli aspetti occupazionali di un'economia neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050, le posizioni che porterà il Governo saranno ispirate dalla centralità dei cittadini nelle decisioni dei Governi e dalla convinzione che un pianeta pulito per tutti non è in contraddizione con gli interessi delle imprese e dei lavoratori.
  Quanto all'economia del benessere, i Ministri verranno chiamati a riflettere su come mettere l'economia del benessere al centro delle decisioni dei Governi e su come si può sviluppare il processo decisionale dell'Unione europea, al fine di rafforzare il legame tra politica economica e politiche di benessere, in un'ottica di lungo termine cui bisogna ispirare i prossimi passi.
  Da parte italiana rivendicheremo che in ambito OCSE l'Italia è tra i Paesi più attivi, anche se molto resta ancora da fare. I numerosi cambiamenti di cui siamo testimoni in ambito politico, economico, sociale e ambientale ci portano a riflettere sempre di più sul legame tra crescita, sviluppo Pag. 6economico e benessere, soprattutto dopo i lunghi anni di crisi.
  Nella filiera EPSCO abbiamo sempre insistito sulla necessità di rafforzare il legame tra politiche economiche e politiche sociali. Il benessere rappresenta lo snodo centrale di questo legame. Non nasconderemo che vi sono delle difficoltà. La prima questione riguarda la difficoltà di misurare il capitale umano, perché il rendimento dell'investimento non è semplice e gli approcci esistenti si basano prevalentemente su indicatori monetari. La seconda difficoltà riguarda la tempistica, il numero di anni necessario a rendere visibile e misurabile il rendimento dell'investimento.
  Rivendicheremo comunque che in Italia, sulla base della metodologia «Beyond GDP», sviluppata dall'OCSE, il nostro istituto statistico pubblica ogni anno dal 2013 un rapporto sul benessere equo e sostenibile (BES), basato su 130 indicatori statistici.
  Sottolineeremo, inoltre, come dal 2017 il ciclo di programmazione economica italiano contenga l'allegato sul benessere equo e sostenibile (BES), che analizza le tendenze dei dodici indicatori di benessere selezionati tra i 130 disponibili e proietta le future evoluzioni.
  A Bruxelles diremo anche che le misure attuate dal Governo dall'estate 2018 in poi e, in particolare, quelle previste dalla legge di bilancio 2019, dal reddito di cittadinanza alla cosiddetta «quota 100», porteranno un sensibile miglioramento degli indici degli indicatori del benessere equo e sostenibile, con un aumento del reddito disponibile aggiustato delle famiglie italiane, il riequilibrio della distribuzione dei redditi, una marcata discesa della povertà assoluta e una maggiore partecipazione al lavoro.
  Vengo ora agli aspetti occupazionali di un'economia neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050. I Ministri verranno sollecitati a esprimersi su come concepire le politiche sociali e dell'occupazione, comprese le politiche sulle competenze, a livello europeo e nazionale, per sostenere al meglio una transizione giusta verso un'economia competitiva, rispettosa dell'ambiente e neutrale dal punto di vista climatico.
  Inoltre, ci si potrà esprimere su quali siano le azioni più urgenti per mitigare gli effetti negativi della transizione verso un'economia neutrale dal punto di vista climatico, tenendo conto, in particolare, dei lavoratori meno qualificati e interessati da questa transizione.
  Al riguardo, l'Italia affermerà che l'accesso equo a beni e servizi e l'impatto su lavoratori e aziende delle politiche ambientali necessitano di un approccio olistico e inclusivo ed entrambi sono necessari per l'accettazione e la condivisione delle misure necessarie e l'adozione di nuovi modelli di comportamento da parte dei cittadini. Non intendiamo avere ulteriore povertà energetica o esposizione delle fasce più povere della popolazione agli effetti negativi sulla salute dell'inquinamento.
  Strumento cardine dovrebbero essere gli investimenti, i cui effetti, tuttavia, dovrebbero essere valutati in un medio-lungo periodo. Altri strumenti potrebbero essere il ricorso a benefici sociali, edilizia sociale e finanza etica.
  Il Governo italiano crede che la sfida ambientale non possa essere causa di perdita di posti di lavoro o di riduzione delle tutele dei lavoratori. Occorre un'azione sinergica tra Stati membri e Unione europea per sostenere la transizione.
  Condividiamo le proposte della presidenza dell'Unione europea per un uso coordinato di tutti gli strumenti disponibili, a partire dai diversi tipi di fondi strutturali e programmi europei, sia per fare investimenti a favore delle imprese sia per sostenere la transizione dei lavoratori con azioni di formazione e riconversione professionale.
  La priorità dovrebbe essere data alla ricognizione dei posti di lavoro dei settori che verranno maggiormente colpiti, a partire dal settore minerario, o che non potranno beneficiare di trasformazioni tecnologiche o di forme di sostituzione delle sostanze fossili. I lavoratori di questi settori dovranno essere i primi a giovarsi di attività di riconversione professionale. Eventuali leve fiscali o pensionistiche dovrebbero essere ugualmente prese in considerazione.

Pag. 7

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANTONELLA PAPIRO. Tra i temi decisivi per il futuro dell'Europa per i prossimi anni c'è sicuramente quello dell'economia del benessere, che dovrebbe essere al centro del programma della presidenza finlandese nell'ambito dei temi afferenti al settore sociosanitario, quale obiettivo centrale dell'Unione europea.
  Una strategia concreta di sviluppo economico non può non tenere conto dei limiti degli attuali paradigmi che guidano i sistemi di produzione e di consumo, non solo del nostro Paese, ma di tutti gli Stati membri dell'Unione europea. Per questo abbiamo ribadito, anche nel programma di Governo, che i limiti indicati dal principio di sostenibilità vanno rinnovati anche in sede europea.
  La presa di coscienza della carenza e definitezza delle risorse a disposizione ci deve spingere a mettere in atto nuovi modelli di sviluppo, alternativi a quelli cosiddetti «lineari», che tengano conto anche della capacità dell'ambiente, nell'ottica della sostenibilità.
  A margine di questa riflessione, che abbraccia il sistema dell'economia del benessere, non solo europea, ma internazionale, chiedo allora al Governo se non sia opportuno, in occasione del Consiglio del prossimo 8 luglio, interessare le istituzioni comunitarie, come peraltro è già stato fatto a livello nazionale proprio da questo Governo, a rinnovare una profonda riflessione sugli attuali sistemi di misurazione del benessere degli Stati membri dell'Unione europea, che non si limiti esclusivamente alla rilevazione del PIL, ma tenga in considerazione anche altri fattori, che misurano il progresso degli Stati membri.

  CARLO FATUZZO. Saluto il sottosegretario Claudio Cominardi. Lo rivedo con piacere in Commissione. Credo che lui non possa rispondere alle mie domande, ma io mi chiedo: chi ha scritto queste raccomandazioni? Una grande personalità sicuramente. Chissà chi gli ha dato questo grande potere?
  Alcune dichiarazioni che ho ascoltato appena arrivato mi lasciano sempre più stupefatto, anche a distanza di undici anni, da quando ho lasciato il Parlamento europeo, dopo lo stupore che ho avuto nei dieci anni precedenti nel vedere le cose assurde, stranissime, che avvengono nella politica europea.
  Ad esempio, l'Unione europea non ha alcuna competenza sulla modificazione dei sistemi pensionistici degli Stati membri, nessuna, zero. Me lo ricordò decisamente una collega del Partito Socialista Europeo che ora non c'è più purtroppo, Fiorella Ghilardotti. Le prime parole pronunciate in Commissione a Bruxelles ovviamente, parlando di pensioni, furono: «Stai tranquillo, Fatuzzo, perché in materia di pensioni qui non abbiamo nessuna competenza. Studiati qualcosa di diverso». In effetti, è così: l'Unione europea non ha alcuna competenza sulle leggi dei singoli Stati membri che riguardano il trattamento pensionistico di chi ha lavorato tutta la vita e si ritrova, in età avanzata, pensionato, come si definisce in italiano.
  Tuttavia, di fatto l'Unione europea dice – lo sta dicendo ormai da venticinque anni e io sono stanco di sentire da venticinque anni sempre questa litania – «dovete diminuire le pensioni», ed è scritto addirittura nella raccomandazione n. 2, che ha letto il sottosegretario. Io invito il sottosegretario Cominardi, per quel poco che possa essere ascoltato, a farsi portavoce della mia assoluta opposizione a una acquiescenza nei confronti di chicchessia nell'Unione europea, specialmente non eletto, come chi propone queste misure e ne fa una minaccia per tutti gli Stati europei... Sappiamo cos'è successo in Grecia. Vorrebbero che anche in Italia si facesse questo. Sarebbero felicissimi se i pensionati, dalla sera alla mattina, sparissero nel nulla.
  Non è possibile considerare i pensionati come numeri rossi nel bilancio, non è possibile intromettersi nei problemi dei singoli Stati e, in particolare, non è possibile spingere in tutti i modi possibili, immaginabili e non concessi, gli Stati membri a tagliare le pensioni, come se i pensionati fossero persone nate ricche, vissute ricche e che, Pag. 8anche a 80 anni, vogliono continuare a divertirsi comprando medicine nelle farmacie.
  Ho parlato anche troppo, sottosegretario. Spero di essermi spiegato, ma vorrei veramente che aveste, come Governo, più mordente di quello che già avete. Secondo me, su questo tema se ne deve avere di più, di più, di più.

  ELENA MURELLI. Io prima di tutto vorrei ringraziare i funzionari e gli uffici che hanno reso possibile questo tipo di incontro, che è il primo che viene realizzato nell'imminenza della partecipazione di un membro del Governo a un Consiglio europeo. Lo ritengo un momento costruttivo, di confronto, viste anche le questioni che ha sollevato il collega Fatuzzo, questa «repressione» e le continue raccomandazioni verso l'Italia. Ritengo che, invece, sia doveroso, dal nostro punto di vista, anche vedere l'altra faccia della medaglia e proporre noi qualcosa all'Europa.
  Ho letto il dossier che ci è stato preparato dagli uffici e ho ascoltato quello che ha detto lei giustamente, sottosegretario Cominardi. All'interno del dossier degli uffici si parla di quello che richiamava la collega Papiro, l'economia del benessere, che è stata adottata dalla presidenza finlandese. A me ha fatto un po’ sorridere, perché si parlava di approccio olistico. Parliamo, invece, di approccio realistico. Effettivamente questo approccio è utopico oppure no? Se noi andiamo a vedere i Paesi nordici, di cui la presidenza finlandese è espressione, l'economia del benessere vista da loro è sicuramente diversa rispetto all'economia del benessere in un Paese come il nostro, un Paese del nord del Mediterraneo.
  Questo approccio vuole promuovere le persone, la produttività, la crescita economica e migliorare la sostenibilità di bilancio. Parliamo di Paesi in cui alle 16.00 del pomeriggio finiscono le attività lavorative, i cui cittadini hanno tutti i servizi per la gestione familiare dei bambini e degli anziani e, per questo, vogliono imporre un approccio olistico anche ai nostri Paesi, dove invece la situazione è ben diversa. Questa cosa mi faceva un po’ sorridere.
  Adottare, invece, come lei diceva giustamente, una visione a medio-lungo termine è sicuramente importante anche per il nostro Paese, per avere una visione in prospettiva fino al 2030 e non a breve termine. Le riforme che noi stiamo facendo sono riforme importanti, sono riforme che vanno valutate sicuramente nell'arco di dodici mesi, non da un mese all'altro, continuamente, sulla base di dati statistici. L'approccio a medio-lungo termine, con la prospettiva di arrivare al 2030 con gli indicatori dell'economia del benessere positivi, ci deve essere.
  L'altra cosa che andrei a sottolineare in Europa è altrettanto importante e riguarda il Pilastro europeo dei diritti sociali. Si parla di rilanciare la domanda di forza lavoro, di potenziare l'offerta di forza lavoro e di migliorare l'accesso all'occupazione. Il problema che mi pongo io è quello del dumping salariale. Il dumping salariale non riguarda esclusivamente l'Italia, ma riguarda soprattutto il nostro rapporto con gli altri Paesi europei. Molte delle nostre aziende cosa fanno? Vanno ad aprire le loro succursali negli altri Paesi europei, perché il costo del lavoro è inferiore. Questo dumping salariale riguarda anche il mercato del lavoro estero, laddove, invece, il mercato del lavoro europeo dovrebbe essere, a mio avviso, tutto uguale.
  L'altro punto importante per quanto riguarda le raccomandazioni che lei ha richiamato è la necessità di intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro sommerso. Ne abbiamo parlato in audizioni precedenti, anche in quella, appena conclusa, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul caporalato in agricoltura che stanno svolgendo congiuntamente le Commissioni riunite Lavoro e Agricoltura. Ci sono sicuramente settori in cui vanno riviste le forme contrattuali, per esempio l'agricoltura, per esempio la ristorazione, per esempio il settore alberghiero. Questi sono sicuramente settori dove c'è il lavoro sommerso e dove si possono verificare casi di caporalato. Un altro esempio è il caporalato in sanità.
  Un altro problema collegato a questo, che io farei presente in Europa, è legato all'immigrazione. Infatti, molti dei problemi legati al caporalato in agricoltura, in Pag. 9sanità e in altri settori sono collegati all'immigrazione e, in particolare, all'immigrazione irregolare. Come risulta dalla ricordata audizione da poco conclusa sul caporalato in agricoltura, per esempio, 18.000 stranieri arrivati nel Sud Italia sono usciti dal sistema dell'accoglienza e sono stati attirati nel sistema del caporalato in agricoltura, cosa sicuramente che non va. Pertanto, il contrasto del lavoro sommerso è uno dei problemi anche dell'Europa, non deve essere solo uno dei problemi dell'Italia.
  Vorrei concludere con un altro punto importante. I Ministri saranno invitati l'8 luglio a esprimere la propria opinione su come dovrebbero essere concepite le politiche occupazionali e sociali a livello europeo e degli Stati membri per sostenere nel modo migliore la transizione verso un'economia competitiva, rispettosa dell'ambiente e climaticamente neutra.
  Credo che quello che lei ha detto sia sicuramente importante. Ritengo che, però, questa condivisione debba riguardare tutti gli Stati europei. Per esempio, la normativa sul superamento della plastica (plastic free) è stata condivisa da tutti. La stessa cosa a livello europeo deve accadere per quanto riguarda l'economia del lavoro in tutti e ventisette gli Stati membri, non esclusivamente, come sempre accade, in uno dei Paesi, come l'Italia, che recepisce le direttive europee, mentre altri Paesi non lo fanno.
  Lo abbiamo visto in occasione dell'esame della legge europea, che prevede il recepimento di molte direttive europee che non sono state recepite dalla stessa Germania. È sicuramente importante ribadire all'Europa che, nel momento in cui vengono approvate delle direttive, queste devono essere recepite nel modo corretto anche dagli altri Paesi che ne hanno condiviso l'adozione.

  ANTONIO VISCOMI. Confesso di provare una sensazione strana, quasi di incertezza, nell'intervenire dopo le parole del sottosegretario, perché mi è parso di capire che, nella lettura della situazione dei rapporti fra Paese ed Europa da lui proposta, vi sia quasi una valutazione delle raccomandazioni alla stregua di un esame nei confronti del nostro Paese, rispetto al quale noi dobbiamo giustificarci, parlando di percezioni negative, di attesa dei dodici mesi e più per ottenere risultati, e così via.
  Credo che sia un modo sbagliato di intendere i rapporti con l'Unione europea da questo specifico punto di vista. Abbiamo davanti non dei regolamenti e neppure delle direttive, sottosegretario, ma delle raccomandazioni, che suggeriscono una linea di azione possibile per il Paese per armonizzare le politiche economiche, sociali e, in questo caso, anche gli affari dei consumatori nello spazio europeo.
  Questo atteggiamento così negativo mi sembra che non sia coerente con la funzione delle raccomandazioni all'interno della politica comunitaria, tant'è che nell'analisi delle raccomandazioni il sottosegretario ha focalizzato l'attenzione soltanto su alcune questioni e ha dato come unica possibile risposta a tutte le questioni che ha focalizzato, che sono solo una parte, i risultati attesi dall'introduzione del reddito di cittadinanza: strategia contro la disoccupazione, strategia contro l'emersione, strategia contro la povertà e così via.
  Io credo che sia il caso, invece, di riprendere con attenzione la lettura di queste raccomandazioni, come farò velocemente, non di tutte, perché il problema che abbiamo davanti forse è un po’ più complesso, un po’ meno conflittuale. Forse dovremmo ragionare un po’ di più, per esempio sulla raccomandazione n. 3, laddove parla di porre l'accento sulla politica economica connessa agli investimenti in materia di ricerca e innovazione e sulla qualità delle infrastrutture, tenendo conto delle disparità regionali.
  Mi sembra che questo sia un punto rispetto al quale le osservazioni che lei ha fatto prima sono molto eteree, molto fragili. Parliamo di politica economica connessa agli investimenti quando vogliamo parlare di promozione dell'occupazione, perché altrimenti stiamo scherzando. L'occupazione non è creata da leggi, regolamenti, bandi, borse e così via, l'occupazione è creata, banalmente, da un sistema imprenditoriale che sta in un mercato fortemente Pag. 10competitivo e che è in grado di produrre una serie di innovazioni di processo e di prodotto e, quindi, di vendere i prodotti elaborati dal sistema delle imprese. Se non c'è questo sistema, non possiamo creare l'occupazione.
  La prima domanda che io vorrei porre al Governo, tramite lei, sottosegretario, è: qual è la politica economica connessa agli investimenti in materia di ricerca e innovazione che questo Governo vuole fare e qual è la qualità delle infrastrutture che questo Governo vuole assicurare, tenendo conto delle disparità regionali? Per esempio, in questo momento, vorrei sapere che cosa andiamo a dire al Consiglio europeo sul regionalismo differenziato.
  Cito a caso qualche altra raccomandazione: ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio. Sappiamo perfettamente qual è il problema della giustizia civile di questo Paese. Ci sono studi e documenti della Banca d'Italia che dimostrano come i differenziali di efficienza e di efficacia della giustizia civile nel Paese impattino direttamente sui livelli occupazionali e sul sistema delle imprese, ma su questo non mi pare di aver sentito molto. Ho sentito soltanto parlare di reddito di cittadinanza e «quota 100».
  Potrei continuare così, però mi soffermo soltanto su due o tre questioni piccolissime, minute, considerato il poco tempo a disposizione, che riguardano i rapporti di lavoro e le politiche del lavoro.
  La necessità di intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro sommerso – lo diceva prima la collega Murelli – ci sta vedendo impegnati da tempo sia in sede di indagine conoscitiva sul caporalato sia in altre sedi. Io non ho capito bene qual è la strategia che il Governo intende proporre per contrastare il lavoro sommerso, che ha una sua fenomenologia ben chiara, sia pure poliedrica, che sia diversa dal reddito di cittadinanza, cioè dall'auspicare, secondo un noto articolo vecchissimo, pubblicato dal professor Tridico in una rivista scientifica, che con il reddito di cittadinanza possiamo abbattere una quota di lavoro sommerso spingendo all'iscrizione nelle liste di collocamento al fine di ridurre i differenziali. È inutile che riprendiamo questo discorso.
  Quella, però, è una politica dagli effetti molto marginali. Contrastare il lavoro sommerso significa iniziare a ragionare di tipologie contrattuali, se le abbiamo o meno coerenti con le esigenze delle imprese, di costi. Da tempo stiamo chiedendo un abbattimento del costo del lavoro per lo meno di 4 punti percentuali fissi, altrimenti non riusciamo ad andare avanti.
  Mi piacerebbe ancora ragionare sulla questione dei giovani e dei gruppi vulnerabili. Che tipo di formazione stiamo proponendo a questi ragazzi? Queste sono anche le indicazioni delle raccomandazioni europee. E così per le donne, così per l'accesso ai servizi di assistenza all'infanzia e a lungo termine di qualità, cito testualmente, ovviamente connessi con i livelli occupazionali femminili.
  Concludo dicendo che, da questo punto di vista, mi sembra che forse lei, sottosegretario, dovrebbe assicurare un surplus di approfondimento sulle raccomandazioni, non metterle a margine pensando che siano semplicemente dei giudizi negativi ai quali dobbiamo rispondere quasi fossimo sotto esame. Sono, in realtà, obiettivi che noi stessi dovremmo assumere come funzionali al nostro sistema.
  L'economia del benessere non è un'invenzione della Presidenza finlandese. È un elemento sul quale da tempo tutti stiamo ragionando, in chiave politica i decisori politici, in chiave accademica coloro che fanno ricerca, e così via. Non è sicuramente una novità. Noi stessi – lo ricordava lei – abbiamo previsto l'allegato al bilancio del BES, del benessere equo e sostenibile, ma economia del benessere significa che tutto si tiene e che, forse, dobbiamo smettere in questo Paese di pensare per singole tessere di un mosaico, che poi non riusciamo a comporre. Dovremmo avere un'idea generale del mosaico, e poi comporre le tessere. Quello che, però, a me pare manchi in questo momento in questo Governo è proprio l'idea generale.

  DEBORA SERRACCHIANI. Intervengo soltanto con due parole rispetto alle considerazioni già fatte dall'onorevole Viscomi, Pag. 11che ovviamente appoggio totalmente e che credo abbiano centrato la funzione delle raccomandazioni.
  Possono sembrare indicazioni anche troppo alte rispetto alla politica quotidiana, soprattutto in questo Paese, ma in realtà contengono degli spunti sulla visione, ma anche sulla cornice dei vari provvedimenti che vengono adottati, che sono estremamente utili e interessanti, e che un po’ permettono una valutazione su quello che sta accadendo qui.
  Ovviamente, il mio è il punto di vista, in particolare, del lavoro e delle politiche del lavoro, e sono stati fatti degli interventi spot che non sono ancora, o almeno noi non riusciamo a capirli, inquadrati in una cornice di sistema: il «decreto Dignità», che si è occupato dei contratti a termine, il reddito di cittadinanza, che ancora non si è capito se sia lotta alla povertà o politica attiva del lavoro, l'implementazione dei centri per l'impiego, che è ancora ferma al palo. Tecnicamente, non abbiamo ancora capito come le politiche attive del lavoro di questo Paese dovrebbero inserirsi anche nel contesto europeo. E da questa audizione non risulta.
  Faccio una valutazione per tutte. Visto che negli ultimi anni la Commissione europea è stata a guida popolare conservatrice, quindi di centrodestra, a grandi linee, e che, in qualche modo, si troverà, dopo le ultime elezioni, a essere chiamata anche a scelte di campo importanti, con maggioranze che probabilmente si formeranno di volta in volta, ci chiediamo, ad esempio, se il nostro Paese intenda dire qualcosa sull'indennità di disoccupazione europea, argomento che per certi versi si accorda anche con quello che è stato detto dall'onorevole Murelli sulla necessità di evitare quel dumping sociale che c'è tra Paesi e che, purtroppo, è stato invece il frutto di distorsioni che hanno allontanato l'idea di Europa anche da molti dei nostri cittadini.
  Quando si parla di pilastro europeo dei diritti sociali, la proposta dovrebbe andare un po’ oltre la lotta alla povertà in quanto tale. Se la lotta alla povertà aiuta gli indigenti in momenti particolari e determinati della loro vita, dovremmo capire anche come sostenere la forza lavoro, qual è il modo con cui si reinseriscono nel sistema del lavoro le persone che da quel sistema sono state espulse.
  A oggi, non solo non lo sappiamo, ma è stata messa in campo una misura che sta ottenendo due risultati. Prima di tutto, non si spendono i soldi messi a disposizione di quella misura, e non si dica che è soltanto dovuto al fatto che nelle manovre di bilancio si deve coprire l'intera platea dei potenziali beneficiari, che oggi scopriamo essere di meno del previsto. Quello che sta succedendo è che sono di meno anche i soldi che ricevono queste persone. La cosa più seria e grave, però, è che non ci sono i patti per il lavoro, le agenzie per il lavoro non sono messe nelle condizioni di sollecitare forza lavoro, come raccomanda l'Europa.
  Ci chiediamo come questo possa essere ottenuto se, al contempo e specularmente, si tagliano le risorse sulla formazione, sulla scuola, sull'università e sulla ricerca. Anche aver eliminato del tutto, tout court, l'alternanza scuola/lavoro, che poteva non piacere, ma che era un inizio di avvicinamento del mondo del lavoro e del mondo del sapere, anche se magari si avevano idee diverse – si poteva modificare, si poteva far meglio, si potevano inventare altri strumenti – senza prevedere strumenti alternativi, sinceramente non vedo come possa, e insisto, promuovere l'aumento della forza lavoro in questo Paese.
  Senza contare, e lo dico perché iniziamo ad avere anche qualche dato, che quelle iniziative un po’ spot che sono state assunte, che vanno dalla flat tax per alcuni al reddito di cittadinanza per altri, e comunque con un'assenza di visione sulle politiche attive del lavoro, qualche risultato lo stanno ottenendo.
  Nella relazione del sottosegretario non è stato specificato, ma in quegli indicatori di benessere noi mettiamo anche quello che sta avvenendo nel sistema del lavoro? Il fatto, ad esempio, che l'osservatorio del lavoro ci dica che nei primi tre mesi del 2019 sono aumentate le partite IVA, il cui numero è superiore al 39,2 per cento tra i soggetti che hanno più di 65 anni, non ci fa Pag. 12venire il dubbio che, se soltanto il 9 per cento di partite IVA sono under-35, qualcosa si stia distorcendo nel sistema del lavoro, perché magari a qualcuno conviene diventare partita IVA invece che stipulare un contratto di lavoro subordinato?
  Ci stiamo ponendo questi temi anche nei rapporti con l'Europa? No, non c'è assolutamente nessuna indicazione su quella che voi chiamate qualità del lavoro, di cui avete fatto un bel titolo nel «decreto Dignità» e di cui non abbiamo più avuto traccia.

  EMANUELA ROSSINI. Gentile sottosegretario, le chiederei inizialmente di esplicitare un'espressione che lei ha usato: economia neutrale sotto l'aspetto del cambiamento climatico. È un'espressione di cui le chiedo il significato.
  Questo mi dà il la per dire che come Paese abbiamo bisogno di porre, anche a livello europeo, il cambiamento climatico come emergenza. È già un'emergenza. Noi abbiamo i nostri ghiacciai che copriamo con coperte termiche, non so se lo sapete, per evitare inondazioni in due-tre giorni. Ieri, avevamo 33 gradi a 2.100 metri. Non era mai successo. Il cambiamento climatico è un'emergenza che, a livello europeo, dobbiamo affrontare come tale, perché anche tutti gli altri Paesi lo fanno. Avete visto che effetti ha avuto la tempesta «Vaia».
  Quest'emergenza ha un impatto enorme sull'economia, perché creerà migrazioni interne, migrazione per motivi anche economici, sradicamento di coltivazioni. A livello di agricoltura, stiamo già affrontando questo. Ci sono anche nuove potenzialità, sicuramente, ma il paradigma da affrontare è il cambiamento, un cambiamento drammatico, che nasce in modo drammatico.
  Allora, anche come Paese immerso in un ambiente geografico diverso, che vede concretizzarsi proprio questi cambiamenti drammatici, dobbiamo porre con forza il tema dell'impatto che ha il cambiamento climatico al tavolo di confronto sulle emergenze che dobbiamo sollecitare a livello europeo proprio per coordinare anche un lavoro comune.
  Inoltre, si sta parlando di fiscalità comune? A che punto è la riflessione? Si affronterà questo discorso?
  Quanto all'economia del benessere, abbiamo un grande rischio che in Europa l'economia del benessere possa significare lo smantellamento del welfare sociale. Una settimana fa, Trump a Londra lo ha detto: «Guardate il nostro sistema, funziona». A parte che l'Inghilterra ha il problema di riconoscere di essere parte dell'Unione europea, perché comunque lo è, questo rischio è molto alto.
  Mi chiedo quale sia la vostra opinione su questi tre punti.

  FILIPPO SENSI. Gentile signor sottosegretario, le vorrei chiedere un chiarimento. Mi scuso, innanzitutto, per non essere riuscito a seguire nella sua interezza la sua esposizione.
  Nella relazione ha detto che la Commissione europea nelle sue valutazioni avrebbe espresso riserve sulla riforma pensionistica perché distrarrebbe risorse da altre politiche. Vorrei chiederle se il Governo intenderà sostenere la riforma in sede europea.

  PRESIDENTE. Non essendoci ulteriori interventi, cedo la parola al sottosegretario per la replica.

  CLAUDIO COMINARDI, sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Innanzitutto, ringrazio tutti per i contributi. Cercherò non di dare una risposta puntuale a ognuno, non perché non lo voglia fare, ma perché alcune questioni esulano un po’ dalle competenze della XI Commissione. Mi risulta che si faranno altre audizioni nelle Commissioni di competenza su alcune questioni specifiche. Faccio un esempio su tutti: la raccomandazione n. 3, che non era oggetto della relazione.
  Relativamente alla riflessione della collega Papiro, chiaramente, in sede di Consiglio europeo, come Governo, rappresentando il nostro Paese, abbiamo più volte sollevato la questione dell'importanza di ulteriori indicatori relativi al PIL, che, effettivamente, non contempla una serie di Pag. 13condizioni, anche umane, anche sociali. Questa è una strada ormai già intrapresa, che continueremo a percorrere nella medesima direzione.
  Per quanto riguarda l'osservazione dell'onorevole Fatuzzo, che devo dire condivido pienamente, aggiungo un'altra considerazione rispetto a quanto raccomandato dalla Commissione europea sulla questione previdenziale italiana, cioè sull'eccesso di spesa pubblica per il sistema pensionistico.
  C'è un errore di fondo che viene spesso commesso, e cioè si considera spesa pensionistica sia quella relativa all'assistenza, sia quella relativa alla previdenza. Se si scorporano le due spese, in realtà siamo nella media europea, non c'è nessun eccesso di spesa, considerando anche le nuove misure adottate in materia di anticipo dell'accesso alla pensione.
  Sicuramente, siamo sensibili rispetto alle «ingerenze» dell'Europa negli Stati membri, perché difendiamo quello che stiamo facendo, e difendiamo anche la nostra sovranità in questo senso.
  Sono state sollevate varie questioni anche dalla collega, onorevole Murelli. Anche queste sono, in parte, oggetto di discussione. Secondo me, meritano una maggiore attenzione in Europa. Parliamo di un'Europa comune, unita, dei popoli, ma in realtà abbiamo una fiscalità diversa da Paese a Paese, regole sociali diverse da Paese a Paese, diritti e tutele del mondo del lavoro diverse da Paese a Paese. Spesso, questo comporta effettivamente un dumping sociale, fiscale, e quindi anche salariale.
  Io spero che con l’European Labour Authority, di recente istituzione, la cui sede dovrebbe essere in Slovacchia, se non ricordo male, questi temi saranno sempre più oggetto di attenzione. Negli incontri bilaterali che ho avuto modo di avere in Europa in sostituzione del Ministro Luigi Di Maio, ho posto al centro questa questione, e quando ho avuto modo di incontrare in Italia il Ministro che aveva proposto di ospitare l'Autorità europea del lavoro, ho fatto presente di tenere in considerazione anche quest'aspetto del dumping salariale, oltre a quelli che citavo prima.
  Sul tema, poi, dello sfruttamento, del caporalato, devo dire che questo Governo ha messo il problema al centro della sua azione. A settembre, è stato convocato un tavolo a Foggia, molto partecipato, di contrasto al caporalato, presieduto dal Ministro Di Maio. Ero anch'io presente. È stato il più partecipato in assoluto, perché vi hanno preso parte tutte le regioni, l'INPS, l'INAIL, le Forze dell'ordine, l'INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro), che sta lavorando attraverso varie commissioni che si occupano di diversi temi. Per sconfiggere il fenomeno del caporalato, bisogna intervenire su molti fronti, che sono anche la mobilità, i centri per l'impiego, le locazioni dei lavoratori che prestano servizio presso questi cantieri, i trasporti, vista la tragedia di Foggia.
  Se come Italia riusciamo a concretizzare i lavori di questo tavolo, che tra l'altro si è riunito moltissimo in nove mesi di lavori, più di tre incontri al mese, se non ricordo male, credo che possiamo essere anche un esempio in Europa, perché è un problema che interessa molto il nostro Paese, ma non solo.
  Per quanto riguarda alcune considerazioni fatte dal collega Viscomi, vorrei semplicemente dire che non c'è nessun atteggiamento negativo sulle raccomandazioni europee, anzi. Non lo dico in maniera provocatoria, però questo Governo è riuscito, in qualche modo, a concretizzare una raccomandazione europea del 1992, che faceva riferimento a forme di sostegno al reddito e di contrasto alla povertà, con il reddito di cittadinanza.
  È vero, la prima azione fatta in questo senso è stata fatta dal Governo precedente, ma noi abbiamo dato un'accelerazione da questo punto di vista ampliando la platea dei beneficiari. Non sto qui ad annoiarvi, perché ne abbiamo già discusso a lungo nei mesi passati.
  Non ho fatto menzione della raccomandazione n. 3, perché non è propriamente di competenza della XI Commissione, però effettivamente tutto è correlato. Se parliamo di occupazione, giustamente, dobbiamo chiederci che cosa crea occupazione. Pag. 14
  Il «decreto Dignità», e questa è la sede opportuna per parlarne, ha sicuramente aiutato la trasformazione dei contratti a tempo indeterminato, contribuendo a creare lavoro più stabile. L'occupazione in termini economici viene determinata dagli investimenti e dalla domanda aggregata, quindi sono tanti i fattori in gioco: investimenti in innovazione e ricerca, nonché nelle nuove tecnologie emergenti, con interventi a livello del territorio, ma con una visione generale del sistema Paese. Credo che da questo punto di vista stiamo facendo tantissime cose.
  Per le tecnologie emergenti abbiamo individuato una task force sul blockchain e l'intelligenza artificiale. Se rimaniamo nell'ambito europeo, il nostro Paese, prima che si insediasse questo Governo, era ancora fuori dalla partnership per una blockchain europea, che riguarda tecnologie molto importanti. Il protocollo blockchain, per esempio, è applicabile in vari settori, che vanno dalla finanza alla logistica, ai trasporti e alla tutela del made in Italy, quindi al contrasto alla contraffazione, che il nostro Paese vive in maniera molto pesante.
  C'è poi il fondo di venture capital per le start-up che decidono di investire nell'ambito delle tecnologie emergenti, ma potrei andare avanti in questo senso su una concezione di futuro che vede investimenti nella mobilità leggera, nella mobilità elettrica. Il nostro – possiamo anche vantarci di cose buone, ogni tanto – è il decimo Paese al mondo per numero di colonnine per le ricariche elettriche, ovviamente anche rispetto alla popolazione. Abbiamo dei numeri che giocano a nostro favore.
  Le azioni di Governo, secondo me, sono importanti, considerando che non è sempre semplice intervenire quando si hanno dei vincoli di bilancio non indifferenti e che l'Europa stessa ci impone. Ecco perché noi chiediamo di non considerare ai fini dei vincoli di bilancio una serie di spese, soprattutto che riguardano un certo tipo di investimenti, anche investimenti nel capitale umano, che noi abbiamo messo al centro della nostra politica.
  Sul reddito di cittadinanza la collega Serracchiani faceva presente che non è partita la vera ristrutturazione dei centri per l'impiego, che ancora siamo fermi al palo.
  In realtà, non è proprio così. Recentemente, credo anche abbastanza velocemente rispetto alla conversione in legge del cosiddetto «Decretone», è stato firmato il decreto di riparto tra le regioni delle risorse economiche che serviranno ai centri per l'impiego per le assunzioni, ma anche per le dotazioni informatiche, per le infrastrutture e altro. Da quel punto di vista, stiamo andando spediti.
  Il «Decretone» prevede anche l'adozione di decreti attuativi per una serie di questioni che attengono anche ai percettori di reddito e ai lavori che svolgeranno per i comuni, ma per questo serve un tempo di sei mesi, come sapevamo già, in quanto previsto dalla norma primaria. Oggi, si è tenuta la riunione della Conferenza Stato-regioni e gli accordi e le convenzioni con le singole regioni tra un po’ saranno siglati. Da questo punto di vista, quindi, stiamo andando veramente molto spediti.
  Che cosa significa economia neutrale?
  Non posso dare una definizione precisa, ma il concetto di fondo dell'economia neutrale è quello di un'economia che non impatta eccessivamente dal punto di vista ambientale, ma tenga in considerazione tutti gli aspetti. Un'economia sana deve andare di pari passo con le tecnologie emergenti, che possono – un esempio su tutti, visto che oggi si parla molto di plastic free – ridurre l'imballaggio alla fonte e renderlo il più possibile compostabile, biodegradabile nel breve termine. Ricordo che ogni cosa è biodegradabile, ma qualcosa si degrada in mille anni e qualcosa in dieci giorni. Su questo c'è grande sensibilità da parte di questo Governo.
  Quello della fiscalità comune, come dicevo, è un tema importante, ma mi sembra che in Europa non ci sia – è una percezione mia, personale – tutto questo grande interesse ad andare in quella direzione.
  Mi è sfuggita la terza domanda.
  Faccio fatica a ricondurre l'economia del benessere allo smantellamento del...

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  PRESIDENTE. Collega Rossini, se vuole fare un'integrazione, la faccia al microfono.

  EMANUELA ROSSINI. Relativamente all'economia del benessere legata a un incremento di agevolazioni per un'iniziativa privata in ambito sanitario, dei servizi sociali, qual è, dalla sua percezione, l'interesse a mantenere un welfare pubblico? C'è un rischio di smantellamento di una parte del nostro welfare pubblico.

  CLAUDIO COMINARDI, sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Sinceramente, le intenzioni a livello europeo sarebbero da approfondire, da capire, perché chiaramente ci sono sensibilità molto diverse.
  Dal mio punto di vista, i servizi essenziali devono rimanere assolutamente pubblici, un esempio su tutti il servizio idrico integrato, l'acqua come bene comune indispensabile. Credo che ci sia sensibilità anche da parte di molti parlamentari. Ci sono anche dei progetti di legge in discussione a livello nazionale. A livello europeo, chiaramente le sensibilità sono diverse, per cui è difficile avere una posizione univoca.
  Quanto al sostegno della riforma pensionistica, mi sono già espresso con la risposta all'onorevole Fatuzzo. L'intenzione è quella, e anzi l'abbiamo già fatto, abbiamo già difeso quello che abbiamo fatto in ambito pensionistico.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il sottosegretario per l'esposizione e per la replica.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.