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XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (III Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 13 novembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Grande Marta , Presidente ... 2 

Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, sulle linee programmatiche del suo Dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Grande Marta , Presidente ... 2 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 3 
Grande Marta , Presidente ... 11 
Ferrara Gianluca  ... 11 
Fassino Piero (PD)  ... 12 
Aimi Enrico  ... 12 
Palazzotto Erasmo (LeU)  ... 12 
Urso Adolfo  ... 13 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 14 
Migliore Gennaro (IV)  ... 14 
Casini Pier Ferdinando  ... 15 
Lupi Maurizio (Misto-NcI-USEI)  ... 15 
Grande Marta , Presidente ... 16 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 16 
Grande Marta , Presidente ... 16 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 16 
Grande Marta , Presidente ... 20 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 20 
Grande Marta , Presidente ... 20 
Di Stasio Iolanda (M5S)  ... 20 
Alfieri Alessandro  ... 21 
Delmastro Delle Vedove Andrea (FDI)  ... 21 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 22 
Grande Marta , Presidente ... 24

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI MARTA GRANDE

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante resoconto stenografico e con la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.

  PRESIDENTE. A nome delle Commissioni esteri della Camera e del Senato do il benvenuto al Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, che con questa seduta inaugura la consolidata prassi di dialogo aperto e costante con le competenti Commissioni permanenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
  Colgo l'occasione per salutare il Presidente della Commissione affari esteri ed emigrazione del Senato, il senatore Petrocelli, e tutti i colleghi senatori e deputati presenti.
  Prima di dare la parola al Ministro, desidero sottolineare che l'audizione odierna costituisce un'occasione fondamentale per individuare le linee direttrici di fondo della politica estera dell'Italia, cui le nostre Commissioni contribuiscono ogni giorno, in coordinamento tra di loro, in sinergia con la Farnesina e nella profonda condivisione delle questioni attinenti l'interesse nazionale.
  Desidero anche ricordare che oggi, 13 novembre, ricorre il quarto anniversario della strage perpetrata da un gruppo armato, ricollegabile all'autoproclamato Stato islamico, contro i ragazzi che assistevano a un concerto presso il locale parigino Bataclan. Nell'attentato al Bataclan – colpito insieme ad altri siti della capitale francese in quella che fu la più cruenta aggressione in territorio francese dalla seconda guerra mondiale e il secondo più grave atto terroristico entro i confini dell'Unione europea dopo gli attentati dell'11 marzo 2004 a Madrid – morirono 90 persone tra cui l'italiana Valeria Solesin, la giovane ricercatrice universitaria divenuta il simbolo di un Paese purtroppo non immune alla minaccia terroristica ma di cui ricordiamo lo sguardo positivo e brillante, comune alle tante giovani donne e ai ragazzi di talento che portano nel mondo un'immagine di eccellenza del nostro Paese. All'indomani della celebrazione dell'anniversario della strage di Nassiriya, rivolgendo un omaggio a nome delle due Commissioni alle tante vittime, militari e civili, ai feriti, ai familiari e ai superstiti dei vili attentati del terrorismo di matrice fondamentalista, e anche pensando ai connazionali tuttora rapiti – un nome per tutti: Silvia Romano – formulo ai nostri militari italiani gravemente feriti in territorio iracheno, in un agguato rivendicato dal Daesh, i nostri auspici per una rapida guarigione, unitamente al nostro più sentito ringraziamento per il lavoro svolto al servizio della Repubblica e della nostra sicurezza.
  Per quanto riguarda l'organizzazione del dibattito, dopo l'intervento del Ministro, sarà data la parola ai colleghi, per un primo ciclo di interventi e domande, alternando Pag. 3 il più possibile senatori e deputati. Seguirà la replica del Ministro e un ulteriore ciclo di domande, in base al tempo a nostra disposizione.
  Do la parola al Ministro. Prego.

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Grazie a tutti i senatori e senatrici, deputate e deputati.
  Prima di iniziare colgo l'occasione per comunicarvi che oggi pomeriggio rientreranno i militari italiani feriti nel corso dell'attentato in Iraq dello scorso 10 novembre, successivamente rivendicato da Daesh.
  Colgo anch'io, Presidente, l'opportunità di esprimere la mia personale vicinanza e quella del Governo, in questa sede, a tutti i militari coinvolti nell'attentato, alle loro famiglie, ai loro cari e a tutte le donne e a tutti gli uomini in uniforme che in Italia e all'estero rischiano la propria vita ogni giorno per garantire la nostra sicurezza. Anche loro sono i nostri eroi e dobbiamo ringraziarli. Proprio per questo mi scuso se intorno alle 15.25 dovremo interrompere i nostri lavori, perché ho concordato con il Ministro della Difesa di essere presente all'arrivo all'aeroporto di Ciampino del volo che sta riportando a casa i nostri soldati feriti. Ovviamente, do sin d'ora la mia disponibilità ad individuare in tempi rapidi una nuova data per proseguire i lavori e rispondere a tutte le domande che dovessero avanzare da questa prima sessione.
  Sin dal mio insediamento, abbiamo indirizzato l'azione del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale per riportare l'Italia al centro della formazione delle decisioni che in ambito internazionale ed europeo toccano più da vicino i nostri interessi nazionali e, di riflesso, i nostri cittadini; interessi perseguiti sulla scena globale a trecentosessanta gradi, anche grazie all'azione sinergica tra politica estera e politica commerciale. Se da un lato assistiamo a sviluppi preoccupanti nella regione del Mediterraneo allargato, dall'altro dobbiamo guardare anche alle opportunità che si schiudono in contesti più lontani ed economicamente dinamici.
  La complessità dello scenario internazionale richiede un aggiornamento costante delle strategie di azione. I nostri obiettivi possono, infatti, essere meglio perseguiti attraverso la cooperazione, sia con i nostri alleati tradizionali, sia con i nuovi partner sul piano bilaterale e nei principali consessi multilaterali.
  Abbiamo riaffermato la nostra vocazione multilaterale, la nostra scelta occidentale transatlantica europeista, nonché la vocazione internazionale della nostra economia aperta ai mercati esteri.
  In occasione della settantaquattresima sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite abbiamo avuto modo di partecipare a numerosi eventi, tra cui la riunione ministeriale sulla Libia, che ho presieduto con il Ministro francese Le Drian, l'incontro di alto livello sulla Somalia, l'incontro dei Ministri degli esteri dei Paesi INCE e il tradizionale incontro per discutere della riforma del sistema onusiano con i Paesi del gruppo Uniting for Consensus, di cui l'Italia è focal point e speriamo che nella settantacinquesima sessione dell'Assemblea generale si possa arrivare ad un punto di caduta.
  Durante la visita in Italia del Segretario di Stato Pompeo, ho avuto modo di confermare l'importanza e la profondità del rapporto transatlantico: uniti nella difesa della democrazia e dello stato di diritto, un legame che poggia anche sull'impegno per l'integrazione politica europea.
  L'agenda atlantica ed europea non è in discussione, ma deve tenere conto della nostra collocazione geopolitica. Rimane, infatti, per noi centrale promuovere un'agenda positiva per il Mediterraneo allargato, una regione ricca non solo di sfide, ma anche di grandi opportunità, dalla cui stabilizzazione dipende anche la sicurezza del nostro Paese e dell'intera Europa. È proprio per questa ragione che abbiamo stimolato, in occasione della riunione del Consiglio affari esteri dell'UE di lunedì scorso, l'avvio di una profonda riflessione sulla situazione in Libano e in Iraq, anche a seguito delle proteste di piazza a cui stiamo assistendo in questi Paesi. È per queste stesse ragioni che il Governo ha Pag. 4fermamente condannato l'operazione turca nel nord-est siriano, sulla quale ho già riferito nelle Aule di Camera e Senato nelle ultime settimane; una crisi che rischia di avere conseguenze drammatiche sul piano umanitario e potenziale ripercussioni sul fronte dei flussi migratori e della sicurezza.
  Come ben sapete, avevo infatti promosso al Consiglio affari esteri dell'Unione Europea del 14 ottobre l'adozione di conclusioni che prevedessero l'impegno di tutti i Paesi a fermare la vendita di armi alla Turchia, insistendo sulla necessità di introdurre meccanismi di monitoraggio dell'impegno politico assunto. Questa proposta è stata accolta nelle conclusioni del Consiglio stesso.
  Il 1° novembre scorso mi sono recato nel Regno del Marocco: un partner di riferimento nell'area, una porta sull'Africa di importanza strategica, da cui mancavamo da troppo tempo.
  Con il mio omologo Bourita abbiamo istituito un partenariato strategico multidimensionale attraverso la sottoscrizione di una dichiarazione congiunta, che prevede l'attuazione di meccanismi di consultazione periodica di alto livello su tutti i settori di interesse comune: ambiente, sviluppo, giustizia, sicurezza, dialogo interculturale, diritti umani, lotta al terrorismo, migrazioni, istruzione e ricerca.
  Tra i principali risultati conseguiti figura l'istituzione di un gruppo di lavoro misto italo-marocchino sulle questioni migratorie, che avrà anche il compito di occuparsi di minori non accompagnati. È importante lo sforzo del Marocco per impedire partenze illegali dal suo territorio verso l'Europa, come confermato dalle 65 mila operazioni di contrasto all'immigrazione illegale condotte dalle forze di sicurezza marocchine nel 2019. Un impegno che si sostanzia anche nella cooperazione assicurata da Rabat nelle operazioni di rimpatrio dei marocchini illegalmente in Italia, aspetto su cui il Marocco ha assunto l'impegno ad accelerare il processo di ratifica di tutti gli accordi giudiziari firmati dai due Paesi.
  Sul tema dei rimpatri vorrei poi ricordare che il 4 ottobre scorso, con i ministri Bonafede e Lamorgese, abbiamo firmato il decreto interministeriale in materia di «Paesi sicuri» per i richiedenti protezione internazionale. Si tratta – come ben sapete – di un provvedimento che definisce una lista di tredici Paesi sicuri, alle cui nazionalità sarà possibile applicare procedure accelerate e riesame delle richieste di asilo e di protezione internazionale. Questo permetterà di procedere rapidamente al rimpatrio degli irregolari che non hanno diritto di restare nel nostro Paese. Naturalmente verranno garantiti i diritti dei singoli in relazione a specifiche discriminazioni o abusi che possono aver subito nel loro Paese.
  A proposito del tema migratorio, segnalo che lo scorso 1 novembre l'Ambasciata d'Italia a Tripoli, su mia istruzione, ha formalmente proposto alle autorità libiche la convocazione di una riunione della Commissione congiunta italo-libica, al fine di concordare un miglioramento del memorandum d'intesa del 2017.
  La Libia è stata anche al centro dell'incontro che ho avuto con il Ministro tedesco Maas sabato scorso, in occasione delle celebrazioni per il trentesimo anniversario della caduta del muro di Berlino.
  Allargando, infine, l'orizzonte ai contesti più lontani, dobbiamo cogliere l'opportunità per la crescita del nostro Paese e per questo mi sono recato a Shanghai dal 4 al 5 novembre per partecipare al China International Import-Expo e in questa sede sono stati firmati importanti accordi tra la nostra Agenzia per il commercio con l'estero e diversi soggetti economici cinesi. Questa visita si colloca in continuità con le due precedenti mie visite da Ministro dello Sviluppo economico. Ho voluto promuovere le nostre aziende e il Made in Italy e incontrare le controparti cinesi, sia il Ministro degli esteri sia quello del commercio, per ottenere un migliore accesso al mercato, parità di condizioni tra gli operatori economici e un'effettiva tutela dei diritti di proprietà intellettuale, al fine di continuare ad implementare il memorandum sulla Via della seta firmato a marzo di quest'anno.
  A sostegno delle imprese abbiamo favorito il passaggio dal Ministero dello sviluppo economico alla Farnesina di competenze Pag. 5 in materie di definizione delle strategie della politica commerciale e promozionale con l'estero e di sviluppo dell'internazionalizzazione del sistema Paese; una riforma che punta a valorizzare la diplomazia economica come componente essenziale della politica estera.
  Studi indipendenti hanno stimato che nel 2017 l'azione della rete diplomatico-consolare a sostegno delle attività internazionali delle aziende italiane ha contribuito a produrre circa 16 miliardi di valore aggiunto – pari all'1 per cento del nostro PIL – e a sostenere circa 240 mila posti di lavoro, oltre a un gettito fiscale di più di 6 miliardi.
  Con il riordino delle competenze tra il Ministero degli Affari esteri e il Ministero dello Sviluppo economico, potremo migliorare questi risultati, rafforzando il ruolo di coordinamento della Farnesina dell'insieme di istituzioni italiane che all'estero opera a sostegno delle imprese: ambasciate, consolati e uffici dell'Agenzia per il commercio estero (ICE); uno sviluppo che farà della Farnesina una piattaforma unica e integrata a sostegno del posizionamento delle imprese italiane nei mercati esteri e che consentirà di elaborare una visione più organica della nostra politica commerciale. Saranno evitate duplicazioni, rafforzate l'efficienza decisionale e l'efficacia della nostra azione a sostegno della crescita, tanto nelle relazioni bilaterali, quanto sui tavoli multilaterali, in primis comunitari. Tutto questo in linea con le aspettative di imprese e associazioni di categoria e con l'obiettivo di una più efficace protezione dell'Italia e del suo straordinario tessuto industriale e produttivo nel mondo.
  Una volta migliorato il coordinamento, dobbiamo assicurare gli strumenti adeguati a sostenere l'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano. Le esportazioni, nel periodo 2015-2018, sono aumentate di oltre 64 miliardi di euro; per questo abbiamo assicurato, nella legge di bilancio 2019, il rifinanziamento del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy, compiendo inoltre un primo importante passo la direzione la stabilizzazione dello stanziamento.
  Auspichiamo che nel corso dell'esame parlamentare possano anche essere incrementati i fondi a disposizione di ICE e di SIMEST, e che possa essere ampliato l'organico di ICE, fondamentale per le relazioni tra le nostre imprese e i mercati emergenti.
  L'azione della Farnesina si concentra sia sull'economia, in cui è necessario intercettare una nuova e crescente domanda di Made in Italy, sia sulle aree in forte crescita, con significative opportunità per il trasferimento di know-how e tecnologie produttive.
  Continueremo a porre al centro della nostra azione diplomatica il riconoscimento dei prodotti di qualità, italiani ed europei, anche nell'ambito dei negoziati per accordi multilaterali e bilaterali.
  Nel 2020 Expo Dubai sarà tra le manifestazioni di punta del calendario internazionale. L'esperienza delle nostre aziende in ambito internazionale le renderà protagoniste dell'esposizione ed è anche per questo che ho tenuto ad invitare lo scorso 20 ottobre a Matera il Ministro degli Esteri emiratino, per partecipare insieme all'evento «One year to go» di celebrazione dell'esposizione universale nel 2020. L'Italia primeggia per numero di imprese registrate sulla piattaforma dei fornitori (ci sono più di 1.100 imprese italiane), il 67 per cento delle quali sono piccole e medie imprese; senza contare le aziende che già si sono aggiudicate i lavori di costruzione e fornitura di beni e servizi all'interno dell'area espositiva.
  Vogliamo fare del padiglione italiano un innovation hub che dia spazio all'identità culturale e creativa italiana, frutto del contagio tra arte e scienza, tradizione e innovazione, tecnologia e bellezza.
  È con questo spirito innovatore che dobbiamo rilanciare il progetto europeo, come discusso con il ministro Maas a Berlino pochi giorni fa. L'Unione europea si deve concentrare su politiche per la crescita sostenibile sul piano sociale e ambientale, e mettere al centro della propria azione le persone e la loro sicurezza economica.
  Nell'ambito del negoziato sul prossimo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, Pag. 6accanto a fondi adeguati per la convergenza economica, sociale e territoriale, pensiamo siano necessari investimenti in ricerca e innovazione, infrastrutture, lotta al cambiamento climatico, una politica migratoria comune e adeguate garanzie sociali per i cittadini.
  Intendiamo, inoltre, richiamare l'Unione europea ad assumersi più dirette responsabilità per la gestione dei flussi migratori, attraverso partenariati paritari con i Paesi di origine e transito dei migranti e un impegno alla stabilizzazione dell'area mediterranea.
  L'obiettivo di fondo resta quello di una gestione comune e ordinata dei flussi diretti verso l'Europa, superando il peso eccessivo di cui si fanno al momento carico gli Stati membri di primo ingresso.
  Lavoreremo con la nuova Commissione e i partner europei per una riforma del Regolamento di Dublino, che includa meccanismi di reale solidarietà e responsabilità condivisa, ripartendo cioè il peso che abbiamo dovuto sopportare quasi da soli negli anni scorsi.
  La Presidente designata della futura Commissione europea ha annunciato anche di volersi impegnare in un Green Deal europeo, fatto di politiche economiche ambiziose e di una nuova strategia industriale. Può essere un'opportunità di crescita e innovazione, capace di rafforzare la competitività dei nostri sistemi industriali e di creare nuova domanda e nuovi posti di lavoro. Sosterremo la Presidente designata della Commissione nella transizione verso modelli di produzione e consumo, in linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2. È per questo che ci siamo impegnati, insieme al Regno Unito, ad assicurare un elevato livello di ambizione della COP26 – che si svolgerà nel 2020 – di cui deterremo, in partenariato, la presidenza. Mentre il Regno Unito ospiterà a Glasgow la Conferenza delle parti, l'Italia organizzerà diversi importanti eventi preparatori, tra cui la COP dei giovani, la pre-COP e altre significative iniziative incentrate sull'Africa.
  Quanto all'allargamento dell'Unione europea ai Balcani, in linea con l'obiettivo di uno spazio di democrazia, sicurezza e stabilità ai nostri confini, il Governo continuerà ad assicurare un dialogo regolare e incisivo con i Paesi dei Balcani occidentali, confermando la prospettiva di un futuro allargamento dell'UE, nonostante il freno imposto a seguito del Consiglio europeo di ottobre.
  Il progressivo avvicinamento dei Paesi dei Balcani occidentali all'Europa è anche al centro dell'azione dell'Iniziativa centro-europea, di cui deteniamo nel 2019 la presidenza e a cui abbiamo impresso nuovo dinamismo, ampliandone obiettivi e settori, concentrandoci in particolare sui temi della connettività infrastrutturale, della lotta alla corruzione e della ricerca scientifica.
  Quanto alla Turchia, restiamo fortemente preoccupati per l'involuzione dello stato di diritto e per le azioni che ha intrapreso nel Mediterraneo orientale. Ankara è un attore chiave in Medio Oriente, nei Balcani, in Libia e in tutto il bacino del Mediterraneo. È un Paese alleato della NATO. È un interlocutore dell'Unione europea per le questioni di sicurezza, flussi migratori e politica regionale. È un Paese a cui ci legano interessi politici, economici e culturali. Ci aspettiamo quindi che la Turchia agisca con prudenza, in un quadro di straordinaria complessità come quello siriano. Abbiamo espresso apertamente, con la franchezza che si deve fra alleati, il nostro dissenso rispetto all'intervento in Siria.
  Come concordato al Consiglio affari esteri, reagiremo, dunque, con fermezza alle provocazioni. Resto dell'idea che si debba tenere un canale aperto con la Turchia, al fine di trasmettere, con tutta la franchezza fin qui dimostrata, le nostre preoccupazioni in merito all'azione unilaterale in Siria. Per questa ragione conto di incontrare, in un vertice bilaterale, il Ministro degli esteri turco, in occasione dei «Med Dialogues» che si terranno il prossimo dicembre.
  Il legame transatlantico resta un pilastro essenziale della nostra politica estera. Washington rimane il nostro alleato principale, un partner economico e commerciale di primaria importanza. Un rapporto Pag. 7che si sostanzia anche nella nostra appartenenza atlantica: è infatti nostro compito continuare a far crescere la consapevolezza delle nuove minacce con cui l'Alleanza Atlantica deve confrontarsi, specie a sud. La ministeriale esteri della NATO, il 20 novembre, sarà un'occasione di confronto sui progressi compiuti dall'Alleanza anche in questo senso.
  Allargando lo sguardo su scala globale, intendiamo coniugare le nostre più tradizionali linee d'azione di politica estera con la spinta al rinnovamento del sistema multilaterale, che rimane lo strumento privilegiato per la risposta alle sfide globali.
  Per correggere gli aspetti problematici della globalizzazione, il multilateralismo deve fondarsi sulla leale collaborazione e cooperazione, la trasparenza e il rispetto della persona. Riformare l'attuale architettura delle istituzioni internazionali è un obiettivo da perseguire, guardando alle reali esigenze dei cittadini.
  Sosteniamo l'attuale ambizioso piano di riforma dell'ONU, promosso dal Segretario Generale Guterres, incentrato sui tre pilastri: migliore efficienza dell'organizzazione, rafforzamento dell'architettura di pace, sicurezza e maggiore efficacia del sistema di sviluppo.
  Sosteniamo, inoltre, insieme ai partner dell'Unione Europea, un processo di modernizzazione dell'Organizzazione mondiale del commercio, per favorire l'inclusione dei Paesi ancora ai margini del sistema e per ricalibrare i regimi di trattamento speciali e differenziati in base ai nuovi equilibri economici. Un'azione di riforma finalizzata a ottenere maggiore flessibilità dei processi negoziali, un migliore sistema di risoluzione delle controversie e maggiore trasparenza e garanzia del rispetto degli impegni da parte di tutti i Paesi membri.
  Le tematiche attinenti alla governance globale, come la lotta ai cambiamenti climatici e la prevenzione delle calamità naturali, costituiscono elementi centrali, anche in vista della presidenza G20 che l'Italia assumerà per la prima volta a partire dal 1° dicembre 2020. Siamo pronti ad assicurare una leadership del G20 ambiziosa e concreta, che non rimanga di esclusivo appannaggio dei governi. La nostra azione dovrà avere il cittadino al suo centro e coinvolgere tutte le componenti delle nostre società, con proposte e idee volte a ridurre la distanza tra istituzioni e società civile.
  La centralità della società civile e, più in generale, la tutela e la promozione dei diritti umani nel mondo, rappresentano una priorità chiave per la politica estera dell'Italia; lo abbiamo ribadito lo scorso 4 novembre a Ginevra, al Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite, valorizzando il tradizionale e convinto impegno dell'Italia a sostegno della tutela e della promozione dei diritti e delle libertà fondamentali per tutti.
  Come ben sapete, l'Italia è stata, in quell'occasione, sottoposta al periodico esame della situazione dei diritti umani del Paese, la cosiddetta «Revisione periodica universale», alla presenza di una nutrita delegazione, guidata dal sottosegretario Di Stefano, composta anche dalle Presidenti delle Commissioni diritti umani del Senato e della Camera. I 121 Stati intervenuti ci hanno espresso apprezzamento e ci hanno riconosciuto alti standard di tutela, con una ulteriore conferma del ruolo che il nostro Paese svolge a livello multilaterale per la promozione di diritti umani e l'attuazione degli obblighi connessi alla loro piena realizzazione.
  Noto con particolare soddisfazione come, proprio questa settimana, alla Camera abbia preso avvio l'esame del disegno di legge per la creazione di un'istituzione nazionale indipendente sui diritti umani, la cui assenza nel nostro ordinamento è stata oggetto di specifico rilievo nel corso dell'esame cui siamo stati sottoposti a Ginevra.
  Non mettiamo in discussione la collocazione euroatlantica dell'Italia, ma non vogliamo rinunciare ai legami tradizionalmente positivi che abbiamo con altri attori internazionali. Ciò vale per la Federazione russa, con cui intendiamo continuare a sviluppare relazioni bilaterali, tradizionalmente intense in campo economico, politico, culturale e a livello di società. A fronte delle complesse crisi regionali non possiamo Pag. 8 ignorare il ruolo di Mosca: pensiamo alla Siria, alla Libia, al Venezuela, all'Iran, per non parlare dell'Ucraina e dei conflitti protratti in Europa orientale. Ciò vale anche per le sfide globali, quali la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata transnazionale, la non proliferazione degli armamenti, il contrasto ai cambiamenti climatici, la cooperazione in campo energetico. Per le stesse ragioni, continueremo ad approfondire i nostri rapporti con la Cina, incardinati da quindici anni su un partenariato strategico globale. Con il 19 per cento del PIL mondiale prodotto e un contributo pari a un quarto della crescita mondiale, la Repubblica Popolare costituisce il motore economico dell'Asia ed è pertanto un nostro partner chiave sul piano economico-commerciale. Nondimeno, la nostra collaborazione con Pechino continuerà a basarsi sui principi di trasparenza, inclusività e sostenibilità. Questo garantirà il rispetto dell'ordine internazionale e la tutela della nostra sicurezza nazionale.
  Vorrei tornare sul Mediterraneo allargato, teatro di numerose crisi che si ripercuotono anche sull'Italia e sull'Europa, un'area di importanza strategica da un punto di vista economico, geopolitico e di sicurezza. Penso alla crisi libica che ci interessa più da vicino. La nostra politica verso la Libia è ancorata ai principi dell'unità, sovranità e integrità territoriale del Paese, con l'obiettivo ultimo della sua stabilizzazione, condizione indispensabile per contrastare la minaccia terroristica, prevenire flussi migratori illegali e tutelare i nostri interessi energetici.
  L'azione dell'Italia segue due direttrici principali: il raggiungimento di una de-escalation del conflitto che possa condurre a un «cessate il fuoco»; il riavvio del processo politico a guida ONU: nella ferma convinzione che non esista una soluzione militare alla crisi libica, sosteniamo gli sforzi del Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite, Salamè, per la ripresa del dialogo e contribuiamo attivamente, con spirito costruttivo, alla preparazione della Conferenza internazionale dei Paesi maggiormente coinvolti, che si terrà prossimamente a Berlino.
  L'Italia riconosce il ruolo di primo piano che i Paesi della regione svolgono per il processo di stabilizzazione della Libia. In occasione della prossima Conferenza «Med Dialogues» terremo una riunione con i Paesi vicini della Libia, per far confluire le loro valutazioni nel processo che proseguirà anche dopo la Conferenza di Berlino, in cui tali Paesi – ad eccezione dell'Egitto – non sono stati invitati e quindi rappresentati (ad esempio, Tunisia, Algeria e Marocco).
  A proposito di Egitto, riconosciamo il ruolo chiave di questo Stato nella regione, ma non intendiamo deflettere dalla nostra ferma richiesta di giustizia per Giulio Regeni. Dopo il mio incontro con i genitori di Giulio, mi sono personalmente attivato con il mio omologo, Shoukry, affinché le autorità giudiziaria egiziane assicurino piena collaborazione con la Procura di Roma. Abbiamo preso atto della lettera con cui la Procura del Cairo annuncia la disponibilità ad avere un nuovo incontro con i colleghi italiani. Non possiamo accettare che non ci sia la massima cooperazione tra Procure, per raggiungere la verità e punire i colpevoli. Auspichiamo, dunque, a questo punto, che il prima possibile si tenga un incontro tra le due Procure, che – ricordo – non hanno avuto contatti per quasi un anno. Questa lettera non può portare a facili entusiasmi, ma sicuramente interrompe il silenzio che – come detto – si è protratto molto a lungo. Il collega Shoukry, in una lettera inviatami qualche giorno dopo, ha manifestato la piena disponibilità delle autorità egiziane a collaborare sul caso. Ci aspettiamo, ovviamente, fatti concreti.
  Seguiamo con grande attenzione gli sviluppi politici della giovane democrazia tunisina e della complessa transizione in corso in Algeria. Intendo recarmi a breve in questi due Paesi, non appena avranno completato i rispettivi processi elettorali e di formazione degli esecutivi, per rafforzare con loro una comune politica per lo sviluppo del Mediterraneo e sulle politiche migratorie, anche perché la Tunisia in questo momento è il primo Paese di partenza dei flussi e potrebbe essere complice anche Pag. 9l'instabilità legata alla formazione del nuovo esecutivo.
  A quasi nove anni dall'inizio del conflitto, la Siria resta una ferita aperta, l'ho ribadito recentemente nelle due aule di Camera e Senato: l'Italia è fermamente convinta che non esista alcuna soluzione militare a quella crisi. La formazione del Comitato costituzionale rappresenta un importante primo passo in questa direzione. Ritengo importante mantenere anche il dialogo con l'Iran, affinché lo scacchiere mediorientale non venga ulteriormente destabilizzato. La nostra interlocuzione con Teheran deve coinvolgere anche tematiche critiche, come la sua postura regionale in Yemen, Libano, Siria, il suo programma missilistico e il quadro dei diritti umani del Paese.
  L'attuazione dell'intesa sul nucleare iraniano resta un pilastro della non proliferazione e un contributo di rilievo alla sicurezza regionale.
  Siamo, pertanto, impegnati, assieme agli altri Stati membri dell'Unione europea, a evitare che la rimodulazione dei vincoli dell'intesa in atto da parte di Teheran, faccia deragliare l'intesa stessa.
  In questo quadro, la libertà e la sicurezza della navigazione nel Golfo, in particolare nello Stretto di Hormuz – area in cui transita un terzo delle nostre forniture di idrocarburi – hanno rilevanza strategica. Stati Uniti e Francia sono protagonisti di due distinte iniziative per il dispiegamento di unità navali nel Golfo. Noi crediamo che iniziative diplomatiche distensive e inclusive di tutti gli attori regionali siano fondamentali per una de-escalation.
  La nostra azione a sostegno della stabilità del Mediterraneo deve passare anche da una solida cooperazione in materia di lotta al terrorismo, sia con attività di cooperazione di polizia, sia attraverso la costruzione di una cultura del dialogo, della legalità e della democrazia. Sotto il primo profilo, particolare rilevanza assume il nostro impegno nella coalizione anti-Daesh.
  Proprio domani sarò a Washington per partecipare alla riunione ministeriale della Coalizione anti-Daesh.
  Per quanto riguarda la promozione della cultura del dialogo, vorrei sottolineare, in particolare, come la Conferenza «Med Dialogues», che il Ministero degli Affari esteri organizza insieme a ISPI, sia diventato il principale appuntamento internazionale dedicato al Mediterraneo. Anche quest'anno, dal 5 al 7 dicembre, ci aspettiamo una nutrita partecipazione di Capi di Stato, di Governo e Ministri, per discutere di Mediterraneo come spazio di crescita e sviluppo, oltre che piattaforma di connessione tra Europa, Africa ed Asia.
  Le interconnessioni tra l'area mediterranea e quella subsahariana hanno accresciuto la nostra attenzione verso l'Africa. Da quel continente provengono alcune delle principali sfide globali. L'Africa dispone, al contempo, di un potenziale di crescita che, se valorizzato, può beneficiare tanto i Paesi africani, quanto i loro partner.
  L'impegno italiano continuerà a guardare in via prioritaria al Sahel e al Corno d'Africa; dalla stabilizzazione di queste due regioni dipende, infatti, un efficace contrasto alle immigrazioni irregolari e al terrorismo internazionale, e la creazione di nuove opportunità di crescita e benessere. L'approccio italiano si caratterizza per la sua multidimensionalità e per la volontà di costruire partnership paritarie.
  La nostra cooperazione allo sviluppo ha destinato ai Paesi dell'Africa subsahariana circa 150 milioni di euro a dono nel 2019, coniugando sviluppo, progresso e pari opportunità, con iniziative sempre più centrate sulla creazione di opportunità di posti di lavoro. Questo in linea con i principi dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite e dell'Agenda 2063 dell'Unione Africana.
  Per agire sulle cause profonde dell'immigrazione abbiamo inoltre rifinanziato, nella legge di bilancio, il fondo già noto come «Fondo Africa», rinominandolo «Fondo per i Paesi di importanza prioritaria per i movimenti migratori»; risorse che potranno quindi essere destinate anche ai Paesi non africani. Nondimeno, è soprattutto in ambito economico che si esprime la partnership tra l'Italia e i Paesi del continente tramite missioni a guida politica, Pag. 10forum imprenditoriali e altre iniziative informative e di sostegno al credito.
  I tassi di crescita in Africa – già oggi un importante mercato di destinazione dell’export italiano – sono tra i più alti a livello mondiale: più 5 per cento annuo tra il 2000 e il 2015 e l'Italia è uno dei primi investitori del continente.
  La promozione della lingua e della cultura italiane rimane un altro asse portante della nostra politica estera, poiché rafforza l'influenza dell'Italia e assicura preziosi strumenti di dialogo. Questo significa sostenere un comparto che nel 2018 ha creato ricchezza in Italia per oltre 265 miliardi di euro – circa il 17 per cento del PIL – e mantiene oltre 1,5 milioni di posti di lavoro. Per questo riterrei utile se, nel corso dell'esame parlamentare della legge di bilancio, si riuscisse a dare continuità alle risorse del fondo per il potenziamento della promozione della cultura e della lingua italiana all'estero, finanziandolo anche per gli anni dal 2021 in poi.
  Risorsa fondamentale per la promozione del «sistema Italia» del nostro export sono anche i nostri connazionali all'estero. I dati relativi al 2018 sono illuminanti: l’export italiano è cresciuto in particolare nei Paesi dove ci sono forti comunità italiane, veri e propri ambasciatori del Made in Italy. Sempre più le collettività italiane e le più vaste comunità di italo-discendenti, stimabili in 50 milioni di cittadini, sono interessati al cosiddetto «turismo delle radici», che contribuisce alla valorizzazione del nostro territorio. Sono oltre sei milioni i connazionali residenti all'estero. Secondo ISTAT, negli ultimi cinque anni, almeno un milione di persone ha lasciato l'Italia. Questa nuova mobilità rappresenta una sfida con la quale dobbiamo confrontarci; si tratta di assicurare servizi efficaci e, al tempo stesso, favorire l'integrazione nei Paesi di destinazione e far rientrare, con misure economiche, quelli che vogliono rientrare. La Farnesina intende, pertanto, offrire servizi innovativi anche attraverso la digitalizzazione e l'accesso agevole nel solco dell'Agenda digitale del Governo.
  Continueremo a vigilare affinché i diritti dei cittadini italiani siano tutelati, soprattutto nei contesti caratterizzati da congiunture incerte e con particolare attenzione alle categorie più vulnerabili e ciò vale in primo luogo per la gestione delle ripercussioni della Brexit sui nostri connazionali.
  Desidero anche ricordare l'attenzione prestata ai connazionali residenti in Venezuela, cui sono destinati specifici fondi, anche per la fornitura di medicinali non disponibili.
  Una politica estera forte e incisiva come quella che ho sin qui tratteggiato richiede anche un significativo rilancio degli investimenti sulla Farnesina. L'impegno per l'innovazione delle procedure e il miglioramento dei servizi dovrà includere interventi sulla rete diplomatico-consolare, per renderla ancora più funzionale agli obiettivi di politica estera.
  Negli anni della crisi, le risorse umane e finanziarie del Ministero hanno subito un depauperamento: nel 2009 vi lavoravano 3.700 impiegati; oggi sono meno di 2.600, con un'età media di 56 anni.
  La situazione si è fatta allarmante nella rete estera, dove si registrano 700 posti vacanti su un totale di circa duemila. Il blocco delle assunzioni a fronte dei pensionamenti ha ridotto il personale di ruolo all'incirca di un terzo in dieci anni. Oggi la Farnesina conta solo 3.637 unità di ruolo, a fronte delle 4.754 del 2009. Si è così acuito il divario con i Ministeri degli esteri di alcuni Paesi come Francia (5.394 persone di ruolo), Germania (6.099 persone di ruolo) e Regno Unito (5.732 persone di ruolo), che pure hanno una rete di uffici all'estero paragonabile alla nostra.
  Il capitale umano è la risorsa più preziosa per un Ministero che opera in tutto il mondo, attraverso una delle reti diplomatico-consolare più estese e che ad oggi comprende: 128 ambasciate, 8 rappresentanze permanenti, 80 consolati e 84 istituti di cultura. L'attuale assetto della rete diplomatico-consolare è il frutto di un'accurata razionalizzazione conseguente sia alla spending review del biennio 2013-2014, sia al riorientamento della nostra presenza all'estero per presidiare i mercati emergenti e tutelare la sicurezza nazionale. La sostenibilità di quest'opera di razionalizzazione Pag. 11potrà essere garantita solo se il quadro delle assunzioni ritroverà condizioni di assoluta normalità.
  Ho tratteggiato gli aspetti salienti della direzione che intendo dare al mandato mio come Ministro degli esteri e della politica estera di questo Governo, pur nella consapevolezza che le strategie d'azione potranno essere declinate e aggiornate in base ai cambiamenti – talvolta anche repentini – delle dinamiche internazionali, ma sempre avendo in mente che le priorità di politica estera dovranno tradursi in un'azione di contrasto alle disuguaglianze a livello globale e dovranno contribuire a ricondurre al centro dell'azione delle istituzioni l'interesse e le aspettative dei cittadini italiani.
  Confido che si tratti di obiettivi condivisibili, che potranno essere esaminati e migliorati, grazie ad una proficua, costante, essenziale interazione con il Parlamento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Abbiamo all'incirca dodici interventi. Per cui, se vogliamo dare al Ministro la possibilità di replicare, chiederei ai colleghi di contenere gli interventi intorno ai due/tre minuti al massimo.
  Il primo ad intervenire è il senatore Ferrara. Prego.

  GIANLUCA FERRARA. Grazie, Presidente. Grazie, Ministro, per il lavoro che sta svolgendo, in particolare per l'immediata presa di posizione quando c'è stata l'aggressione da parte della Turchia in Siria.
  Io ritengo che l'attività cui dobbiamo aspirare nei prossimi anni si basi su tre principi: la non ingerenza negli affari interni di altri Stati, l'autodeterminazione dei popoli e il dialogo.
  Il contesto geopolitico che stiamo affrontando è chiaramente multipolare. Non sono più solo le grandi potenze a dettare l'Agenda internazionale; pian piano, in questi anni, anche le medie potenze si sono affrancate da una certa subalternità, legata al bipolarismo tipico della guerra fredda, così conquistando spazi di protagonismo sullo scacchiere geopolitico. L'Italia, in questo contesto, può diventare un attore internazionale, in grado di scrivere il proprio copione e non recitare sempre quello scritto da altri.
  Noi, signor Ministro, dovremo muoverci non solo tenendo conto di questo contesto mutato e mutevole, ma cercando di coglierne tutte le opportunità.
  Lei ha anticipato il ruolo di Ministro degli esteri già nel primo Governo Conte, promuovendo la firma del Memorandum della Belt and Road Initiative. Noi siamo stati in Cina con il presidente Petrocelli: allo stato attuale, i container che dalla Cina portano merci in Europa, partono pieni e poi tornano vuoti. Penso sia il caso di fare tutto il possibile affinché questi container siano caricati il più possibile con prodotti del nostro Made in Italy.
  Per affrontare il nuovo contesto multipolare è dunque necessario partire dal dialogo, fondamentale, che è una tradizione della nostra politica estera. Il dialogo presuppone il riconoscimento delle parti in causa in ogni singola crisi. In Venezuela, ad esempio, non abbiamo rincorso le sirene di un prematuro e infondato riconoscimento di Guaidò come Presidente del Paese, a ragione, poiché i fatti hanno dimostrato che si è trattato di una mossa fallimentare che non ha aiutato il dialogo e la risoluzione pacifica del conflitto in quel Paese. Così è necessario fare in Siria, riconoscendo il legittimo Governo del Paese e dialogando per giungere il prima possibile alla pace e alla ricostruzione, a cui possiamo contribuire con le nostre imprese. Così ancora sulla Palestina, dove il riconoscimento dello Stato palestinese può rappresentare un tassello importante per un dialogo finalmente proficuo e concreto.
  Concludo dicendo che dobbiamo – anche per quanto riguarda il discorso dell'Africa – superare e sedare la rissa tra gli ultras dell'accoglienza e gli ultras del respingimento. Dobbiamo aggredire le cause dei fenomeni migratori. In altre parole, dobbiamo contrapporre a un falso sovranismo di una certa destra europea, svenduta agli interessi delle multinazionali e delle politiche neoliberiste, un sano patriottismo Pag. 12 coerente con il nostro interesse nazionale e la nostra Costituzione. Grazie.

  PIERO FASSINO. Ringrazio il Ministro per l'illustrazione. Siccome i minuti a disposizione sono limitati, faccio delle domande. La prima questione riguarda il conflitto in Medio Oriente: come intende agire l'Italia per cercare di rimettere in moto un processo di pace? Naturalmente non lo possiamo fare da soli. Come intende agire l'Italia in sede europea, perché l'Unione assuma un'iniziativa? Mi pare che quello che sta accadendo a Gaza in queste ore dice che siamo di fronte a un ulteriore inasprimento di una crisi che da tempo si trascina senza trovare possibilità di riprendere un cammino di pace. Questa è una questione a cui noi siamo sempre stati attenti come Governo italiano e chiedo di sapere qual è l'orientamento del Ministro.
  La seconda questione riguarda Mediterraneo e Africa. Io condivido quello che Lei ha detto. Sempre di più dobbiamo pensare a una strategia che tenga insieme l'Europa, il Mediterraneo e l'Africa.
  Tradizionalmente l'Europa ha avuto un rapporto binario con l'Africa: una strategia per il Nord Africa – perché era più vicino, perché si affacciava nel Mediterraneo – e una strategia per l'Africa subsahariana. Questa distinzione è sempre meno vera, quindi penso che l'Italia debba farsi portatore – e chiedo a Lei se conviene – nell'Unione Europea di una strategia euro-afro-mediterranea che affronti insieme il nodo del rapporto col Mediterraneo e con l'Africa. I flussi migratori dicono che è necessario, perché i flussi migratori arrivano sempre di meno da Paesi del Nord Africa – Paesi ormai di transito – e sempre di più dall'Africa. Solo una strategia comune, che affronti Mediterraneo e Africa insieme, può essere in grado di essere efficace.
  In sede europea è aperto un dibattito sulle riforme per rendere più efficace l'Unione; penso che una delle questioni che l'Italia dovrebbe porre sul tavolo con forza è il superamento del voto all'unanimità, perché rappresenta obiettivamente un impedimento ad agire su quei pilastri fondamentali: la politica estera di sicurezza comune, la politica di bilancio, e una serie di altre questioni. Quindi credo che questo sia un punto su cui l'Italia dovrebbe caratterizzarsi. Grazie.

  ENRICO AIMI. Grazie, signor Ministro, per la sua presenza e la sua puntualità, anche per la sua relazione che, con i tempi brevi, naturalmente, non ha potuto che essere telegrafica per indicare quali sono le direttrici della sua attività e l'attività del suo Dicastero.
  Settori di crisi: Siria, Turchia, Hong Kong, Russia, Cina, Brexit. Sul fuoco ci sono tanti drammi e tantissimi problemi. Però mi voglio concentrare su due questioni principali. Plaudo all'attività che si sta svolgendo con il Marocco; credo si possa replicare questo tipo di politica anche con la Tunisia. La Tunisia, secondo me, è una nazione strategica, perché viene sempre indicato come porto non sicuro, in realtà la Tunisia è un porto assolutamente sicuro, non solo per le questioni infrastrutturali dello stesso, ma perché la Tunisia è un Paese che, dopo la rivoluzione dei Gelsomini del 2011-2012, è un Paese che ha aderito alle convenzioni internazionali. Quindi sarebbe un porto d'approdo estremamente importante.
  Ho visto che ha accennato in pochissime righe al Venezuela, che ha liquidato con l'invio di medicinali poi da distribuire (non sappiamo in che modo e chi li distribuirà). C'è una grande preoccupazione da parte nostra. Come Forza Italia l'abbiamo sempre evidenziato, siamo stati in prima linea assieme ad altre formazioni politiche. In Venezuela si continua a morire, c'è una repressione molto forte, violazioni di diritti primari da parte del Governo, presieduto da Maduro, nei confronti della popolazione. C'è una politica estera del precedente Governo, io Le chiedo se è cambiato qualcosa, se si può fare qualcosa di diverso, se possiamo riconoscere finalmente i crimini perpetrati da quel regime e se possiamo finalmente avviarci sulla strada del riconoscimento del Governo legittimo di Juan Guaidò. Grazie.

  ERASMO PALAZZOTTO. Grazie, signor Ministro. Nei tre minuti che ho a disposizione Pag. 13 proverò, più che a elencare le questioni, a dare un contributo generale rispetto all'attuale condizione. Se dovessimo mettere assieme le crisi che attualmente si stanno sviluppando, avremmo un quadro veramente drammatico. Ogni giorno probabilmente c'è un Paese che salta, c'è un conflitto che si inasprisce; ieri abbiamo visto quello che accaduto in questi giorni in Bolivia, che è stato preceduto dalle vicende difficili e tumultuose del Cile per quanto riguarda un continente latino-americano che è in continua ebollizione. Oggi siamo di fronte a una nuova escalation a Gaza. Noi dovremmo provare a mettere a tema che il mondo intorno a noi sta bruciando e probabilmente anche gli equilibri geopolitici e quello che noi avevamo conosciuto come un elemento di stabilità permanente, durata per un lungo periodo, non è più davanti a noi. Dovremmo fare i conti con questa dinamica.
  La mia valutazione è che stanno esplodendo in questo momento, contemporaneamente, tutte le contraddizioni di un modello di sviluppo economico, che noi chiamiamo globalizzazione capitalistica. Queste contraddizioni ci mettono davanti a grandi sfide che, ad oggi – devo dire la verità – la comunità internazionale non dimostra di saper affrontare.
  Abbiamo una questione che riguarda la crisi ecologica, la crisi ambientale, una delle principali contraddizioni che diventa madre delle contraddizioni perché ne fa esplodere altre. Buona parte dei flussi migratori e delle situazioni di tensione attualmente in atto sul pianeta discendono dai cambiamenti climatici e dall'impatto che hanno su quella determinata area, nello specifico l'Africa subsahariana. Noi continuiamo ad affrontare i sintomi di quella malattia e non ci preoccupiamo di affrontare la malattia al cuore, perché tutta la condizione di instabilità, le difficoltà, dipendono dall'impossibilità di vita in quella parte del pianeta.
  Tutte queste crisi hanno una ricaduta sull'impianto istituzionale che abbiamo fin qui conosciuto. In particolar modo rispetto a quello che oggi rappresentano i diritti umani e il diritto internazionale: noi ci troviamo in quello che potremmo definire il secolo dei diritti umani, o del loro definitivo tramonto, o della loro riaffermazione su scala planetaria. In questo, il ruolo del diritto internazionale nelle attuali crisi è determinante: o noi lo riaffermiamo, restituiamo una funzione all'Organizzazione delle Nazioni Unite, proviamo ad affrontare le questioni che arrivano sul tavolo anche della NATO, oppure rischiamo di non venirne a capo. Quindi, da questo punto di vista, l'interesse strategico del nostro Paese credo debba essere in primo luogo la riaffermazione del diritto internazionale, delle sue istituzioni e anche la tutela dei diritti umani. Grazie.

  ADOLFO URSO. Grazie, Ministro, per la sua relazione. Vorrei chiederle alcune cose specifiche, con una considerazione. La sua relazione programmatica mi è sembrata quella di una gestione ordinaria del Ministero, nel momento stesso in cui, invece, l'Italia, l'Europa, il Mediterraneo, il mondo, attraversano una fase straordinaria, che avrebbe bisogno di una visione strategica del tutto diversa. In questa gestione ordinaria, dove c'è tutto e nulla, in uno stile – mi stupisce – di pura continuità, volevo evidenziare come persino l'accorpamento del commercio estero agli Esteri, che è un'ambizione degli Esteri di lungo respiro (ricordo il governo Berlusconi del 2001), è fatto in gestione ordinaria. A tal proposito, Le volevo chiedere se è stato nominato il Sottosegretario con delega al commercio con l'estero, perché un accorpamento di questo tipo presuppone una gestione politica significativa e unitaria, soprattutto a fronte del fatto che le competenze e le professionalità dell'ex commercio con l'estero sono disperse nel mare magnum della Farnesina, invece di essere valorizzate. Per lo meno c'è una gestione politica unitaria? C'è una delega a un Sottosegretario?
  Seconda domanda. Lei, parlando del G20, giustamente rileva che l'Italia deve farsi promotrice dei diritti umani nel mondo. Come si concilia questa asserzione che Le hanno scritto, con la dichiarazione che lei ha fatto a Pechino sulla non ingerenza sui diritti umani a Hong Kong? E Le volevo anche chiedere, a tal proposito, come si Pag. 14concilia quello che Lei ha detto oggi qui, in merito all'amichevole rapporto con la Turchia, con le sue stesse dichiarazioni che aveva fatto alla Camera e, comunque, alla stampa, in cui annunciava che l'Italia sarebbe stata in prima fila nella reazione alle invasioni turche in Siria, con la realizzazione, anche unilaterale, dell'embargo delle armi alla Turchia? Come si concilia la posizione italiana sui diritti umani, con l'assenza di una politica in Venezuela?
  A nostro giudizio, una pura gestione ordinaria continuistica, in un mare magnum in forte movimento, invece di affermare il ruolo dell'Italia, ne fa oggetto di mire altrui.

  PAOLO FORMENTINI. Innanzitutto inizierei rendendo onore ai martiri di Nassiriya e ai nostri soldati recentemente feriti. Faccio appello al Ministro perché porti l'abbraccio di tutti noi, un grande abbraccio di un'Italia unita con i propri soldati; un'Italia che non nega il fatto che a Nassiriya siano morti dei martiri. Però, non posso esimermi dall'osservare che c'è stato un richiamo ossessivo nelle sue parole al legame transatlantico, all'Alleanza Atlantica, alla NATO; un legame ossessivo che va, però, a cercare di coprire – come Lei le ha definite – le nuove alleanze, i nuovi partner. Io ho il sospetto che noi, più che con Joshua Wang, con l'autonomia di Hong Kong siamo con il Ministro degli esteri Wang. Ho il forte sospetto e Le chiedo di confutare queste mie parole.
  Noi non possiamo servire due padroni, anzi non dobbiamo servirne nessuno, perché noi non siamo sudditi degli Stati Uniti; noi siamo alleati degli Stati Uniti e tali dobbiamo restare, senza creare dubbi, che davvero si creano quando si dice che noi ad Hong Kong non interferiamo. Quindi i diritti umani valgono solo quando fa comodo.
  È stato citato l'Iran, l'appello di Pompeo sui voli Mahan Air, che termineranno il 15 dicembre, ma – caso strano – già dal 2 dicembre inizieranno i voli Iran Air. Quindi gli appelli alla sicurezza, le tante denunce degli Stati Uniti resteranno ignorate. Mi smentisca se affermo il falso.
  Sicurezza nazionale messa in dubbio dalle modifiche al memorandum con la Libia. Sulla Libia noi abbiamo abdicato a un altro padrone? All'asse franco-tedesco? A Berlino che organizza la Conferenza? Alla Francia, che ha sottoscritto col Governo l'Accordo nazionale di Tripoli? Cosa stiamo facendo? Stiamo – a livello di prima impressione – mantenendo la politica tradizionale del nostro Paese, o stiamo riconoscendo la Palestina, come ha chiesto il senatore Ferrara? Non un accenno è stato fatto a Israele e al suo diritto di esistere e di difendersi. Grazie.

  GENNARO MIGLIORE. Grazie, Ministro, per la sua presenza oggi. I temi da trattare sono molti e per questo mi limiterò a fare solo alcune domande e considerazioni. La prima: visto che Lei si è molto diffuso sul piano economico, sarebbe opportuno conoscere un orientamento più proattivo, non solamente nei confronti della riorganizzazione dell'Organizzazione mondiale del commercio, ma anche rispetto alla politica dei dazi, che si sta affermando come uno dei temi centrali, rispetto ai quali abbiamo non da prendere una parte, ma – secondo me – svolgere una funzione, in concerto con l'Unione europea, più efficace per denunciare anche questa guerra commerciale che si sta determinando.
  La seconda riguarda un'altra vicenda sulla quale mi farebbe piacere che il nostro Governo fosse più chiaro, anzi ne cito due: Hong Kong e Venezuela. Sono due casi che riguardano evidenti violazioni dei diritti umani, in cui la nostra presenza e la nostra attività possono essere sicuramente più incisive.
  Per quanto riguarda il quadrante Mediterraneo, faccio una considerazione: noi dovremmo rafforzare, sia per il Mediterraneo profondo – com'è stato definito – sia per quanto riguarda i Paesi costieri, un concetto che fino ad oggi stenta ad affermarsi – e nel corso dei mesi precedenti è stato addirittura avversato – che è quello della reciprocità. Prima ancora di immaginare un piano di aiuti, un intervento unilaterale, bisognerebbe stabilire dei principi di reciprocità, anche perché, senza questi – come si vede – non si possono neanche fare dei trattati bilaterali che possano garantire, per esempio, i trattati di estradizione; senza Pag. 15un riconoscimento delle strutture che ci sono dall'altra parte del Mediterraneo, difficilmente riusciremo ad affrontare problemi. Ed è questo il motivo per il quale anche sulla Libia Le faccio una domanda precisa: siccome non è un porto sicuro e andrebbe indagata più profondamente la composizione delle milizie che in questo momento sostengono il governo Sarraj, penso che il nostro Paese debba riprendere un filo di interessi comuni con le organizzazioni internazionali, ma anche riprendere un filo di dialogo che possa portare a una soluzione anche negoziale, rispetto a quello che sta accadendo in quel Paese.
  Inoltre, Lei ha detto – e anche questa è una domanda – che è molto interessato a sviluppare una politica multilaterale; noi abbiamo abbandonato, dopo che il presidente Conte aveva firmato il Global compact for migration, quell'accordo sottoscritto da 164 Paesi: penso che sarebbe il caso di ritornare sull'argomento, perché ritengo sia strategico.
  Infine, sui foreign fighter. C'è un tema che riguarda il rientro in Italia: sono – a mia conoscenza – circa dieci persone e credo che dovrebbero essere portate in Italia e processate, così come stanno facendo altri Paesi, come il Kosovo. Grazie.

  PIER FERDINANDO CASINI. In realtà, siamo tutti a disagio per un problema che non è affatto banale: mai, come in questo momento storico, c'è un multilateralismo che è in crisi in modo inedito; è in crisi l'ONU, è in crisi la NATO, è in crisi anche l'Unione europea, perché abbiamo visto che senza la politica estera e di difesa comune, l'Unione non ha le gambe per essere protagonista. E continuiamo a rassegnarci. I nostri Ministri degli esteri vengono qui, in piena continuità – ma non potrebbe essere altrimenti – e ci parlano della Libia, ma tutti sappiamo che in Libia i protagonisti della politica si muovono diversamente. La Francia, rispetto ad Haftar e al Governo libico, ha un atteggiamento molto diverso da quella dell'Italia o della Germania.
  Penso che bisogna essere indulgenti, ma nello stesso tempo preoccupati, perché siamo tutti su una barca destinata in un mare molto più complesso rispetto al passato. Ad esempio, si parlava di Venezuela e di Bolivia. Pretende l'esempio di quello che è capitato in Bolivia: metà del mondo è contenta perché se n'è andato il Presidente, il quale, dopo aver sottoposto la possibilità di una deroga per il quarto mandato, ha avuto il no dei cittadini e si è candidato come se niente fosse; l'altra metà ritiene che l'intervento dell'esercito non fosse ammissibile ed è solidale col Presidente. La verità sta in mezzo, ma il problema vero è che non c'è più una regola e ciascuno piega la visione degli avvenimenti a seconda dei suoi interessi.
  In Venezuela – conoscete le mie posizioni di solidarietà al Parlamento – le cose non sono andate avanti, anzi, forse sono tornate indietro; per cui oggi c'è bisogno di calibrare. La posizione del Governo italiano – che io non ho approvato – probabilmente oggi ci può consentire un'opera di mediazione che è necessaria, perché comunque bisogna uscire da questa situazione. Io andrò in Venezuela, sono stato invitato dal Parlamento, ma devo dire che allo stesso modo intendo incontrare anche rappresentanti del Governo.
  L'ultima è una cosa specifica al Ministro Di Maio: c'è una bomba esplosiva sui Balcani; nessuno ne ha parlato oggi, ma il fatto che Macron abbia imposto di chiudere alla Macedonia e all'Albania la possibilità di accesso dall'Unione europea, è un errore mortale per la stabilità del Mediterraneo, per la stabilità dell'Europa, per l'Italia. Comunque, questi Paesi chiedono il nostro sostegno. Io Le chiedo, Ministro – e farà un'ottima azione per Lei e per il Paese – di prendere un'iniziativa sui Balcani.

  MAURIZIO LUPI. Chiedo sin d'ora al Ministro la possibilità che torni, anche perché alcuni grandi temi credo abbiano necessità di essere approfonditi nel dialogo con le Commissioni.
  La prima domanda riguarda esattamente il grande tema che hanno già posto altri colleghi: da una parte l'adesione all'Alleanza Atlantica, al Patto Atlantico e, dall'altra, quello che Lei ci ha detto circa il dialogo con altri partner internazionali e ha citato, non a caso, la Russia e la Cina; come riusciamo a conciliare le due cose? Come, Pag. 16questo, ci rende protagonisti? Già in altre occasioni della storia della nostra Repubblica abbiamo svolto un ruolo di dialogo, penso alle relazioni tra Russia e Stati Uniti, penso al tema della Palestina. Come il Ministero e Lei pensate di poter conciliare nell'azione quotidiana e concreta questo doppio ruolo?
  Seconda domanda. Qui, vista l'insistenza anche di tanti colleghi, La prego veramente di darci una risposta puntuale: è vero – lo ha sottolineato e noi lo condividiamo – che la politica estera è anche, innanzitutto, sostegno allo sviluppo delle nostre imprese, perché lo sviluppo e la crescita vanno di pari passo, ma contemporaneamente noi siamo da sempre interlocutori fondamentali nella tutela dei diritti umani. L'assenza di protagonismo dell'Italia o, anzi, la paura su Hong Kong ovviamente preoccupa tutti. Contemporaneamente alle sue visite continue in Cina, per il dialogo con un partner importante, noi dobbiamo prendere una posizione chiara e netta – che del resto abbiamo sempre avuto – per la tutela delle libertà, in qualunque posto del mondo. Quindi su Hong Kong vorremmo una risposta chiara.
  Sempre sul tema dei diritti, a me interessa molto capire – lo ha accennato, ma non l'ha trattato nella sua relazione – come l'Italia continuerà ad essere protagonista per la difesa delle libertà e in particolare della libertà religiosa nel mondo, della tutela contro la persecuzione dei cristiani, che mi sembra un fenomeno molto rilevante.
  L'ultima domanda riguarda l'America Latina. Molti hanno parlato di nazioni specifiche; Lei, forse per ragioni di sintesi, nella sua relazione ha parlato solo del Venezuela, ma l'America Latina è un grande continente. Ricordo che la maggior parte dei nostri connazionali, diretti o indiretti, risiedono in Cile, in Argentina, in Brasile. Come si sviluppa la politica dell'Italia verso l'America Latina? Penso alla nuova presidenza argentina: quale sarà la posizione nei confronti del nuovo Presidente e del Governo che si insedia? Questo mi sembra più complessivamente il tema dell'America Latina, e noi auspichiamo che l'Italia possa essere protagonista. Grazie.

  PRESIDENTE. Abbiamo concluso il primo giro di interventi da parte dei gruppi. Mancano solamente tre interventi e chiedo al Ministro se vuole rispondere ora o se facciamo intervenire i colleghi.

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Se posso – visto e considerato che comunque faremo un secondo giro – io darei qualche risposta su questo primo giro e poi – come ho detto all'inizio – do la disponibilità a tornare per il secondo giro. Va bene?

  PRESIDENTE. Perfetto. Prego, Ministro.

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Cercherò di dare un po’ di risposte sui temi fondamentali. In generale, vorrei spiegare la compatibilità dell'appartenenza all'Alleanza Atlantica con quello che è sempre stato – mi pare – un dialogo tra l'Italia e la Russia, quindi un altro soggetto internazionale che potrebbe apparire confliggente con la nostra appartenenza euroatlantica, ma non credo lo sia, perché noi siamo alleati degli Stati Uniti, siamo nella NATO ma, allo stesso tempo, per la nostra posizione, le nostre tradizioni, la nostra qualità di relazioni, abbiamo sempre parlato con tutto il mondo. Non è un caso che in Medio Oriente, come in Africa, abbiamo sempre avuto uno stile diverso anche da altri partner europei e questo ci ha consentito anche di avere una forte influenza.
  Sicuramente una delle novità – non ho nessun problema ad attribuirmi un'implementazione di questo tipo di rapporto – è il rapporto con la Cina. Non è un caso che questo processo sia andato aumentando negli ultimi diciotto mesi. Io ne sono stato protagonista da Ministro del commercio estero, quando il commercio estero era collocato al Ministero dello Sviluppo economico, ed è sempre stato questo l'approccio con cui abbiamo portato avanti anche il memorandum of understanding sulla Via Pag. 17della Seta, ma anche importanti accordi, che adesso vanno tutti implementati, perché sapete meglio di me che il lavoro su quegli accordi da firmare inizia il giorno dopo, quando bisogna iniziare a concretizzare.
  Un altro accordo importante – la prima cosa che ho firmato in occasione della mia prima visita in Cina – è stato l'accordo sugli investimenti nei Paesi terzi; si parla tanto di stabilizzare l'Africa, di rendere le condizioni economiche migliori affinché non ci siano le partenze dei migranti e gli investimenti con la Cina, con lo stile italiano, in Africa, sono molto importanti per consentire uno sviluppo di quelle aree. Adesso, con un tavolo che si farà nei prossimi giorni alla Farnesina, insieme ai principali stakeholder delle imprese italiane, delle associazioni che si occupano di diritti umani e di tutte le parti interessate, elaboreremo un piano programmato degli investimenti che potremo fare insieme in Paesi terzi.
  Sono stati firmati degli importanti accordi in Cina tra la nostra Agenzia ICE e piattaforme digitali come JD.com, o la stessa Alibaba, che sono importantissimi, perché è lì che oggi si vendono gran parte dei prodotti del Made in Italy. Molto spesso abbiamo aziende che hanno bisogno di irrobustirsi per affrontare quel genere di mercato. Quindi io non credo che ci sia un'incompatibilità, anzi credo ci sia una coerenza con lo stile italiano che non è mai stato quello di restare semplicemente, nelle relazioni commerciali o anche nelle relazioni di amicizia, nell'ambito dell'Alleanza euroatlantica. Siamo l'Italia, siamo uno dei Paesi con la cultura e la civiltà più antica del mondo e abbiamo il dovere di avere relazioni con tutti. Questo può aiutare le nostre imprese, può aiutare anche le nostre relazioni di amicizia. È chiaro che l'Italia segue con apprensione quello che sta avvenendo ad Hong Kong e, proprio in ragione delle nostre relazioni, vogliamo facilitare il dialogo tra le parti, per evitare un’escalation. Questo vale in tanti altri teatri. Non bisogna meravigliarsi se c'è un minimo di continuità rispetto al passato nella politica estera, perché ogni Ministro degli esteri eredita un patrimonio di relazioni e di conoscenze che difficilmente altri Ministri possono ereditare ed è veramente poco furbo abbatterlo o distruggerlo. Relazioni che vengono dalla reputazione delle nostre aziende all'estero, dalla reputazione del nostro corpo diplomatico, dei nostri italiani all'estero, dalla nostra postura internazionale per decine e decine di anni: credo che questo sia molto importante anche per evitare di cadere nell'equivoco che stare nella NATO è incompatibile con il dialogo con la Russia e con la Cina.
  Un altro dialogo forte che dobbiamo intraprendere, dal punto di vista commerciale, è con l'India: dobbiamo ripotenziare una serie di relazioni commerciali. Ovviamente, lì abbiamo un panorama indopacifico in sintonia con i nostri alleati storici, quindi avremo meno problemi di compatibilità, ma anche su quello il commercio estero sarà fondamentale e potremo fare un buon lavoro.
  Sull'Iran mi permetto soltanto di dire, al netto del fatto che sia l'Italia sia tutti i Paesi europei sono convinti di dover tenere un canale aperto con Teheran, anche per dirgli le cose che non vanno bene, perché tenere un canale aperto non significa necessariamente approvare tutto quello che fa la controparte. Però, tengo a dire che Iran Air vola su Milano dal 2000, quindi esiste già nel nostro panorama; adesso sta chiedendo nuove rotte, ma l'ENAC non ha ancora autorizzato e – come sappiamo – è l'ENAC che autorizza questo genere di rotte.
  Sul tema della Libia mi permetto di dire che aprire il memorandum per migliorarlo non significa attentare alla nostra sicurezza nazionale, anche perché io sono stato molto chiaro nel dire che la rivisitazione di quel memorandum è nell'ottica di migliorare le condizioni dei diritti umani dei migranti, sia quelli coinvolti nelle operazioni della Guardia costiera libica, sia quelli reclusi nei centri di detenzione.
  Permettetemi di darvi qualche numero sulla Libia rispetto ai centri di detenzione. Oggi ci sono 700 mila i migranti a piede libero in Libia; prima del conflitto c'erano cinquemila persone nei centri di detenzione; dall'inizio del conflitto – ovviamente Pag. 18a causa dell'instabilità derivata dall'azione di Haftar, che prova ad entrare a Tripoli – sono circa duemila le persone adesso in questi centri. Non vuol dire che essendo duemila siano poco importanti, anzi. Una delle prime cose che ho fatto a New York è stato incontrare l'UNHCR, il nostro Filippo Grandi e l'OIM; insieme abbiamo quasi finito di implementare il progetto che sottoporremo al Governo libico per permettere di garantire che quei centri di detenzione non siano più tali, ma diventino dei luoghi d'accoglienza e di rimpatrio volontario, perché l'OIM è quella che favorisce i rimpatri volontari negli altri Paesi africani. Io ricordo che ogni dieci, sette migranti africani si muovono da un Paese africano ad un altro Paese africano e succede, a volte, che chiedono di essere rimpatriati volontariamente. Questo è quello che auspichiamo nella modifica di quel memorandum. L'ho detto già in Parlamento e non ho nessun problema a ripeterlo qui: l'azione della Guardia costiera, finché non si sarà stabilizzata la Libia e finché l'Europa non darà seriamente una mano all'Italia, è un'azione che ci permette di gestire i flussi migratori.
  Non credo che l'Italia non sia protagonista in Libia, semplicemente non vuole assolutamente avere l'approccio che hanno altri Stati che stanno ingerendo in quel conflitto. Quindi se essere protagonisti significa, come fanno alcuni Stati a livello mondiale, fornire armi o fornire finanziamenti ad una delle due parti, quello non è il nostro modo di essere protagonisti. A Berlino si è fatta la terza Conferenza dei tre Paesi fondatori più importanti dell'Unione Europea; si è fatta a Parigi, si è fatta a Palermo, e ora si farà a Berlino. Non sappiamo quali saranno le conclusioni della Conferenza di Berlino. Cercheremo di aiutare quella Conferenza tenendo insieme Tunisia, Algeria e Marocco, che non sono stati invitati e questo non crea un buon clima nei confronti di Paesi che sono limitrofi.
  Sul conflitto in Medio Oriente questo Governo è orientato alla politica dei due popoli e due Stati. Condanniamo ogni tipo di violenza e Israele ha il diritto di difendersi. Ovviamente, l'Unione europea ha già mostrato in varie sedi la propria preoccupazione per quello che sta avvenendo. La nostra intenzione, come Unione europea – mi permetto di dire nostra – è di sostenere il tentativo di mediazione egiziana perché, secondo me, è molto importante che ci sia un mediatore che abbia la massima influenza in questo momento. Allo stesso tempo, come sempre, continuiamo a guardare con assoluta apprensione a quello che avviene, perché il rischio di escalation è sempre maggiore.
  Sul Venezuela, noi sosteniamo l'esigenza di nuove elezioni democratiche. Questo è il principio che accompagna l'azione del Governo italiano. C'è un tentativo di mediazione della Norvegia che noi stiamo sostenendo. La nostra cooperazione allo sviluppo non solo sta sostenendo gli italiani che sono lì, ma sta sostenendo una parte della comunità, per quello che può fare. Uno degli aerei intervenuti ha portato circa trentaquattro tonnellate di farmaci, grazie al lavoro della nostra cooperazione allo sviluppo. Questo è sempre stato l'approccio italiano negli scenari di crisi: aiutare la popolazione, perché noi siamo sempre amici di ogni popolo. Poi, qualora ci siano delle azioni a livello di Governo, siamo impegnati tutti per sostenere qualsiasi tipo di sforzo che possa portare a nuove elezioni.
  La Tunisia è un Paese sicuro, come il Marocco e come l'Algeria, rientrano nell'ultimo decreto che abbiamo firmato. Questo ovviamente non significa che se in uno di questi Paesi o, in generale, dei Paesi considerati sicuri, ci dovessero essere casi di violazione dei diritti umani, è chiaro ed evidente che, in quel caso, chi viene in Italia e chiede asilo, è garantito dalla nostra Costituzione, ma l'aver messo Tunisia, Marocco e Algeria in quel decreto, ci consente di abbattere pesantemente le procedure di verifica se una persona ha, o meno, i requisiti per poter stare qui. Questa procedura deriva dal decreto che ho firmato un mese fa e che ho citato anche prima.
  Il ruolo del diritto internazionale e del multilateralismo è fondamentale e noi lo stiamo sostenendo. Permettetemi, però, di dire che se veramente vogliamo rafforzare Pag. 19l'ONU e il WTO, serve una riforma della loro governance, perché oggi l'Italia è una delle vittime di questa governance, ormai superata e speriamo che, in occasione della settantacinquesima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, si possa procedere a finalizzare la riforma del Consiglio di Sicurezza, uno dei temi che poi a cascata ci impedisce di fare tante altre cose su tanti scenari internazionali.
  Le deleghe di Sottosegretario alla Farnesina non sono state date. Mi permetto di dire che purtroppo sono in buona compagnia, nel senso che stiamo definendo – e spero si concluda la settimana prossima – la procedura di assegnazione delle deleghe a tutti i Sottosegretari, perché molti Ministeri, purtroppo, non hanno ancora proceduto in tal senso. In ogni caso c'è una regia politica ben chiara: il tema del commercio estero e di come vogliamo andare nei Paesi esteri è ben chiaro e deriva dalla riforma che abbiamo fatto, attribuendo alla Farnesina tutte le competenze del commercio estero. Questo ci darà più efficacia e più efficienza.
  Noi abbiamo subito un incremento minimo dei dazi da parte degli Stati Uniti, con un impatto minore, dunque, rispetto a Francia e Germania; poi abbiamo le sanzioni alla Russia, le sanzioni all'Iran, il Mediterraneo in difficoltà. Abbiamo dei mercati di sbocco quasi obbligati, guardando verso l'Asia, se in questo momento vogliamo aiutare le nostre aziende a produrre Made in Italy e ad esportarlo il più possibile, visto che se lo possono anche permettere. Questo lavoro, con India, Cina, Medio Oriente, Emirati Arabi – abbiamo lavorato con il Ministro emiratino su dei memorandum importanti per le nostre aziende – continueremo a farlo.
  Sul tema delle politiche dei dazi è chiaro che siamo preoccupati. Ero con Pompeo a Roma il giorno in cui venivano annunciati i nuovi dazi americani. Sicuramente l'Italia non è stata colpita come altri Paesi europei; in ogni caso, lavoreremo il più possibile affinché nei loro meccanismi di rotazione dei dazi periodici, si possa intervenire per segnalare che da Paesi alleati della NATO e degli Stati Uniti, chiediamo massimo aiuto per le nostre imprese.
  I Balcani sono un tema fondamentale. Non si dimentichi che il giorno dopo che l'Unione europea, a causa del veto francese, ha bloccato il processo di allargamento, il Presidente Conte ha invitato qui il Presidente albanese, è stato in Albania e ha ricevuto qui il Presidente macedone. Quindi abbiamo lavorato il più possibile per tenere ingaggiati questi Paesi e per far capire che l'Italia è dalla loro parte, proprio per evitare che ci fosse un effetto abbandono. Anche perché tutte queste azioni «regalano» influenze ad altre parti del mondo in quella regione, ma questo vale anche in generale. Io mi permetto di sottolineare la questione cinese, perché il giorno in cui sono stato alla Fiera Import-Expo, con me c'era Macron, c'era la Francia, che è particolarmente attiva nelle relazioni commerciali con la Cina, lo è stata il giorno in cui abbiamo firmato la Via della Seta, con una visita di Xi Jinping prima in Italia e poi in Francia. Quindi noi lavoreremo anche per una questione di competizione commerciale con altri nostri partner europei, che comunque ci vedono concorrenti.
  L'America Latina vede una delle più grandi comunità italiane all'estero e batte il continente asiatico per relazioni commerciali, quindi siamo ingaggiati sui vari fronti, proprio per cercare di stare sempre vicino alla popolazione, cercare di gestire i frequenti fenomeni di instabilità – come stiamo vedendo in questi giorni – e la Conferenza sull'America Latina, che abbiamo fatto un mese fa alla Farnesina, è stata una delle occasioni per fare il punto con Paesi che sono partner da sempre. Poi, si può discutere dei singoli Governi, però per me l'Italia è amica di tutti i popoli e lavora nelle relazioni commerciali, per fare in modo che le nostre imprese possano aumentare il loro business. Questo è fondamentale in un Paese che è esportatore e che ha tanto da dare al mondo.
  Sui foreign fighter, io parto alle cinque per Washington, domani abbiamo questa riunione della coalizione anti-Daesh a Washington e affronteremo anche il tema dei foreign fighter perché, secondo me, dobbiamo Pag. 20 affrontarlo dal punto di vista europeo e anche come coalizione anti-Daesh, perché abbiamo sentito le dichiarazioni del presidente Erdogan che diceva: «Adesso ve li rimandiamo tutti». Al di là di questo, credo che tutto sia gestibile, l'Italia ha dei numeri che sono gestibili, come diceva l'onorevole Migliore; credo che dobbiamo farlo con molta attenzione, in quanto, in questo momento, questo potrebbe creare ulteriori instabilità nella percezione dell'opinione pubblica e non vogliamo assolutamente che ciò accada.
  Le relazioni con la Turchia: noi abbiamo bloccato l’export di armamenti; abbiamo fatto in modo che lo facessero anche altri Paesi europei; abbiamo chiesto di farlo in maniera autonoma ai singoli Paesi, in modo da non imbastire una procedura europea, che avrebbe richiesto chissà quanto tempo. Abbiamo detto chiaramente che non eravamo d'accordo con quell'atto unilaterale, però, com'è giusto che sia e come già hanno fatto Francia e Germania, è giusto tenere i canali diplomatici aperti. Chiudere i canali significa dare semplicemente scuse a colui che invece vogliamo tenere ingaggiato come Stato e vogliamo in qualche modo dialogare per riuscire a favorire una de-escalation. Per questa ragione lavoreremo, anche in occasione dei «Med Dialogues», ad un incontro con il Ministro turco. Non credo che le due cose si contraddicano, perché quando c'è stato l'atto unilaterale l'abbiamo condannato e abbiamo preso un'iniziativa europea; adesso è importante che l'Italia, che comunque ha una grande influenza, sia commerciale sia politica in Turchia, possa esercitare una moral suasion nei confronti del Governo turco, per fermare questa escalation.
  Per quanto riguarda i cristiani nel mondo, tutto quello che avviene, che sta avvenendo e che spero avvenga sempre di meno, il tema è la stabilità delle regioni dove ci sono i cristiani, ma dove avvengono atti terroristici, che a volte riguardano dinamiche non religiose, ma la religione viene utilizzata per quelle guerre. Io credo che la protezione dei cristiani nel mondo, la protezione delle popolazioni si basi sul concetto di stabilità: più favoriamo la stabilità di quei Paesi dove c'è instabilità, più ci sarà pace. Per riuscire ad ottenere questo, dobbiamo lavorare agli investimenti, non solo alla cooperazione allo sviluppo, investimenti che consentano la nascita di imprese e, allo stesso tempo, lavoriamo con tutte le coalizioni europee e internazionali anti-terrorismo per fermare le cellule terroristiche, soprattutto – e domani lo dirò a Washington – per rafforzare il monitoraggio dei flussi di denaro che passano attraverso le cellule terroristiche; è con queste azioni che noi riusciamo a indebolirle, molto più che con azioni militari quali, ad esempio, quelle della Turchia in Siria, che hanno indebolito la comunità curda, che teneva foreign fighter nelle sue prigioni: adesso sono stati liberati e ce li ritroviamo a piede libero. Quindi a questo si aggiunge un'ulteriore preoccupazione, come se già non ce ne fossero abbastanza. Grazie mille.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la sua disponibilità.
  Cerchiamo di concludere il secondo giro di interventi.

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Ho una notizia: posso trattenermi fino alle 15,45. Non so se può essere utile. L'aereo dei nostri militari è un po’ in ritardo.

  PRESIDENTE. Avevamo ben tre interventi. La successiva era l'onorevole Di Stasio.

  IOLANDA DI STASIO. Grazie, Presidente. Mi spiace se effettuerò una sorta di elenco, però il tempo è veramente poco. Volevo chiedere essenzialmente le linee del Governo circa la situazione in Yemen, Siria, conflitto israelo-palestinese e soprattutto l'annosa questione relativa alla sottrazione di minori da parte di un coniuge che porta con sé il figlio all'estero, senza consenso dell'altro coniuge, poiché, nonostante ci siano dei trattati che disciplinano la materia, molti Stati proteggono il genitore sottrattore e quindi, a volte, anche un semplice intervento da parte del Ministro con omologhi di altri Ministeri, può spesso Pag. 21sciogliere gli annosi nodi relativi alla sottrazione minorile.
  Sulla situazione in Bolivia: questa mattina abbiamo ricevuto la notizia riguardo una senatrice che si è autoproclamata Presidente ad interim; è una situazione che ricorda molto quella venezuelana.
  Sui rapporti che riguardano India e Cina, nonostante ci siano relazioni commerciali ben consolidate, mi preme ricordare quanto questi Paesi, in tema di sostenibilità, siano ancora carenti e quindi è necessario chiedere l'impegno del Governo sull'aspetto ambientale quando si faranno degli accordi in materia commerciale.
  Auspicherei, inoltre, un impegno specifico del Governo sulla cooperazione spaziale, settore nel quale potremmo essere molto competitivi. Grazie.

  ALESSANDRO ALFIERI. Grazie, Ministro. Io vorrei riprendere il tema dei Balcani. Ritengo positivo che il Presidente Conte abbia subito preso l'iniziativa di andare in Albania e di ricevere il Premier macedone. Penso serva però un'iniziativa in ambito europeo: ricostruire un sistema di alleanze che ci permetta almeno di stabilire una data futura in cui ne parliamo, perché può capitare che ci sia uno stop and go nelle procedure di adesione, ma l'errore, a mio avviso, è che non sia stata neanche definita la data successiva in cui riaprire la questione. Penso che questo vada fatto e, per poterlo fare, va ricostruito un sistema di alleanze, a partire dai padri fondatori, segnatamente Francia e Germania, su questo tema – quindi costruire il consenso –, ma anche su altre grandi partite. Nel negoziato sul Quadro finanziario pluriennale, è evidente che se vogliamo portare a casa qualche soldo in più sull'agricoltura, serve l'alleanza con la Francia; sulla difesa europea con Francia e Germania è fondamentale parlarci; se vogliamo riaprire il percorso che avevamo avviato giustamente dalla Valletta e poi in Lussemburgo, serve l'alleanza con loro per costruire la «coalizione dei volenterosi» per la ridistribuzione obbligatoria di chi arriva in un porto italiano e quindi europeo. Aggiungo che queste alleanze ci servono anche per addivenire, in occasione del prossimo Consiglio degli affari esteri dell'UE, a una dichiarazione congiunta su Hong Kong. Ho condiviso parola per parola il ragionamento sull'Egitto, a cui abbiamo detto che è un partner importante dal punto di vista commerciale, dal punto di vista energetico, nella lotta al contrasto all'immigrazione clandestina, però non defletteremo rispetto alla necessità di arrivare alla verità su Giulio Regeni. Io penso che allo stesso modo, con un partner importante come quello cinese, siano positive le visite, il rafforzamento della collaborazione e i nuovi strumenti esteri del commercio estero, però a livello europeo si può esprimere forte preoccupazione e un richiamo ai diritti umani. Farlo a livello europeo funziona di più.
  Ultimo punto: Fondo Africa, cambia il nome. Io terrei la dizione «Fondo per interventi straordinari per il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani e altri Paesi interessati», teniamola insieme, perché la politica estera ha bisogno anche di simboli e siccome abbiamo spostato già a livello di NATO l'attenzione sul fronte Sud con la nuova strategia per il Mediterraneo, io penso che lo dobbiamo fare anche sul tema dei flussi migratori, dove c'è grande attenzione sulla rotta balcanica, grande attenzione sulla Turchia – 6 miliardi – mentre da questa parte il Trust Fund fiduciario sull'Africa è di soli 500 milioni a livello europeo. Dare anche l'idea che investiamo sui segnali, sui simboli, è importante, proprio per portare l'attenzione dell'Italia e dell'Europa sul Mediterraneo centrale, sul Nord Africa e sull'Africa subsahariana.

  ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE. Grazie, Ministro. La cortesia che ci ha fatto nel rimanere mi impone almeno una cortesia nei toni, se non dei contenuti. Troppa Cina nel suo intervento, nessuna strategia sulla Libia e un'incredibile arrendevolezza – mi dispiace dirglielo – nei confronti della Turchia di Erdogan che sfiora la sottomissione. Dico che sfiora la sottomissione perché all'indomani del suo insediamento, il sultano Erdogan ha mandato due navi militari, ha cacciato ENI da Cipro, che sarebbe una nazione europea, invadendo la zona marittima esclusiva di Cipro e noi non abbiamo balbettato alcunché. Pag. 22 Ha aspettato ancora qualche giorno, poi ha invaso la Siria, con il proposito, neanche troppo occultato, di sterminare i curdi, i nostri essenziali alleati nella lotta al terrorismo, e non siamo riusciti a balbettare alcunché.
  Vi abbiamo chiesto, come Fratelli d'Italia, che la posizione dell'Italia fosse semplice: non sia più l'Europa a trasformare quel nano in un sultano, dandogli 58 miliardi per la pre-adesione all'Europa. Questo avremmo voluto sentir dire dall'Italia.
  Troppa Cina, perché proseguiamo sulla Via della Seta; Germania, Francia e Regno Unito hanno fatto molti più affari di noi, senza sottoscrivere il memorandum della Via della Seta che, giustamente, da Oltreoceano e anche da buona parte degli alleati europei, è visto come il cavallo di Troia per la definitiva e totale penetrazione industriale e commerciale della Cina in Europa e in Occidente. Poi, occorre ricordare anche – a proposito della sua irenica idea dell'Italia che sarà promotrice dei diritti umani – che l'altro giorno l'Italia – a differenza di altre nazioni europee – all'ONU non ha condannato la Cina per la persecuzione degli Uiguri, ai quali, dopo detenerli, espiantano gli organi per venderli, nella migliore tradizione umanitaria dei vostri nuovi alleati cinesi! O forse è quello il motivo per cui non abbiamo votato la normativa sullo screening europeo, con il quale cerchiamo di difendere le aziende strategiche europee dalle acquisizioni predatorie di aziende extraeuropee. O forse ancora è quello il motivo per cui su Huawei abbiamo balbettato troppo poco nella difesa delle reti infrastrutturali.
  Sul Venezuela mi aspettavo di non sentire una sola parola di condanna del criminale Maduro. Libere elezioni: chi, come, quando e con quali garanzie vengono indette? Lei questo non ce lo può dire. Se le indice Maduro, non saranno mai libere.
  L'ultimo tema è sui cristiani del mondo. Mi permetta di dirle, con amarezza, che ho anche fondato un intergruppo sulla tutela dei cristiani nel mondo: non c'è bisogno di stabilità, perché se lei avesse l'accortezza di andare in Pakistan, in Arabia Saudita e in Qatar, si renderebbe conto che quei Paesi stabilmente perseguitano e uccidono i cristiani. Non c'è bisogno di stabilità, c'è bisogno di un intervento anche dell'Italia per promuovere almeno il diritto alla libertà religiosa.

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Per quanto riguarda la questione siriana, Israele e Palestina avevo già risposto. Per i minori sottratti, cerchiamo di dialogare direttamente con i Governi. Nello stesso giorno della recente visita in Marocco, c'era un bambino che era tenuto dal padre, ma la madre era siciliana, e siamo riusciti a ricongiungerlo alla madre, perché era stato sottratto illegalmente dal padre, che lo teneva insieme a lui in Marocco. Devo ringraziare il Ministro degli esteri marocchino, perché è stato un lavoro che avevamo iniziato quando ci siamo incontrati all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, e ha portato a questo obiettivo, grazie anche alle indagini delle forze dell'ordine marocchine. Questo approccio cerchiamo di tenerlo con tutti. È di questi giorni la notizia del bambino, figlio della foreign fighter deceduta, che è stato ricongiunto al padre. È un lavoro su cui mi permetto di dire che servono tanti fatti e poche parole. La Farnesina ha sempre l'approccio di non alzare i riflettori, ma di riuscire a portare a casa il risultato e su questo li apprezzo tantissimo, perché parlare tanto e poi riuscire a non ottenere il risultato di riportare il bambino in Italia è semplicemente un esercizio di politica. Io mi affido molto alle strutture, all'Unità di crisi e tutti coloro che si occupano dei nostri italiani nel mondo e cerco di favorire i processi con le relazioni politiche e diplomatiche parlando direttamente con i Governi.
  Sono d'accordo con il fatto che serviva almeno una data per riuscire ad aggiornarsi sul tema Balcani, ma è chiaro che questo poi causa ulteriore instabilità in quei Paesi, oppure disaffezione al progetto europeo da parte dell'opinione pubblica, quando invece magari i vertici delle istituzioni stavano provando ad avvicinare il Paese all'Unione Europea. Noi profonderemo il massimo sforzo, insieme anche alla Pag. 23Germania, in questo processo, come Paesi fondatori, rispetto ad una Francia che – sappiamo pubblicamente – è meno convinta ad andare in questa direzione. Sicuramente è un processo lungo. Noi non stiamo dicendo che domani mattina questi Paesi diventano Paesi membri, ma proprio questo processo ci permettete di tenerli ingaggiati, di favorire delle riforme – anche noi possiamo migliorare, quindi non dobbiamo insegnare niente a nessuno – interne su tanti fronti, che poi ci permettono di avere dei partner che, anche banalmente nella competizione commerciale, sappiano tutelare ulteriormente le nostre aziende. Quindi questo lavoro cercheremo di farlo con tutte le nostre forze.
  Tengo a precisare che anche l'Unione Europea si è espressa su Hong Kong, e noi ne facciamo parte ovviamente, come pure segnalo la dichiarazione dell'Alto rappresentante per la politica estera..
  Sul tema della Turchia voglio ulteriormente ribadire che la nostra posizione è stata ferma; allo stesso tempo, è stata proprio l'Italia a sostenere un comunicato duro in sede di Unione Europea contro Erdogan. E con chi si è trovata a dover discutere l'Italia nel Consiglio degli affari esteri dell'UE? Di chi erano le resistenze a mettere nelle conclusioni del comunicato che «l'Unione Europea condanna»? Di quei Governi che si definiscono sovranisti e che, evidentemente, avevano qualche difficoltà a mettere «condemn» nello statement finale. A volte mi sento un po’ in un paradosso, perché in Italia i sovranisti mi chiedono di andare giù duro, ma in Europa i sovranisti mi dicono di rallentare. Mettiamoci un attimo d'accordo.
  Credo che sulla Libia dobbiamo continuare a favorire il dialogo ed evitare che ci siano ingerenze da parte di Paesi che in questo momento le stanno avendo. Si può dire che il processo per riuscire ad arrivare a un obiettivo sia lento, sicuramente, perché la situazione va complicandosi, perché l'attuale conflitto civile – lo dice sempre l'inviato speciale Salamè – si sta trasformando nella più grande guerra di droni che esista al mondo e sta trasformando quel conflitto in un conflitto pericolosissimo, perché ci sono altre nazioni che si stanno combattendo lì, per procura; però, allo stesso tempo dico anche che questo processo è lungo perché evidentemente qualcuno nel 2011 ha sostenuto quell'azione scellerata del bombardamento della Libia. Quando succedono queste cose, è chiaro che poi ci vogliono anni per porre rimedio. Noi ce la metteremo tutta, consapevoli che un processo di stabilizzazione della Libia passa sicuramente per l'avvio di un processo democratico. Anche in Siria si erano perse le speranze e poi si è avviato il Comitato costituzionale, grazie al lavoro che ha fatto Pedersen e anche l'avvicendamento tra De Mistura e Pedersen – senza nulla togliere a De Mistura che ha fatto un ottimo lavoro – ha rigenerato il processo, perché a volte non dipende dalla capacità della persona, ma dal fatto che si possa alternare la persona per accelerare dei processi. Oggi il Comitato costituzionale siriano è un punto importante, si è riunito la prima volta il 30 ottobre; noi dobbiamo cercare di favorire un processo simile in Libia. Non esiste alternativa.
  Sicuramente l'Italia ha una capacità in politica estera che deve usare sempre di più, ma lo facciamo sempre col massimo della prudenza, perché abbiamo sempre creduto nel dialogo, nella diplomazia e nel rispetto della sovranità dei singoli Paesi. Non siamo di quegli Stati che cercano di orientare dei processi politici anche con la forza, non lo siamo mai stati e questo ci è valsa una grande reputazione nel mondo.
  Per quanto riguarda in generale i flussi migratori, sicuramente il nostro lavoro è quello di creare il più possibile partnership con Paesi di provenienza, i Paesi del Mediterraneo, tutta quella che può essere l'interlocuzione tra Europa, Nord Africa, ma non solo, cercheremo di farlo al massimo, al netto però dell'instabilità di alcuni Paesi, alcuni Stati africani che poi rappresentano il ventre molle dei flussi migratori. Il lavoro che cerchiamo di fare nel Sahel è fondamentale, perché è da lì che passano gran parte dei flussi, il lavoro con la Cooperazione allo sviluppo, il lavoro con gli investimenti che facciamo: siamo uno degli Stati più attivi in Africa, rispettando le Pag. 24popolazioni locali e questo lo dobbiamo tenere ben presente, perché non possiamo accelerare dei processi sui quali stiamo dando già tantissimo con la Cooperazione allo sviluppo, con gli investimenti, con la formazione, anche con la presenza di nostre forze militari. Quello che cerchiamo di fare, però, è di non causare altri squilibri, perché in passato altri soggetti a livello internazionale, nel cercare di favorire la pace, hanno creato ulteriori squilibri, sia interni sia tra Stati confinanti e l'abbiamo visto più volte.
  Auspico che si possa lavorare il più possibile insieme, anche con risoluzioni che possano mettere insieme tutte le forze politiche e quindi orientare delle scelte. Speriamo di poter lavorare il più possibile tra il Ministero e il Parlamento, quindi le Commissioni competenti di Camera e Senato, per gli obiettivi che vogliamo portare avanti. C'è la questione della riforma della legge n. 185 del 1990, quella sugli armamenti, che spero possa avere un ampio consenso in Parlamento nel suo processo di riforma, perché per noi è molto importante riuscire a irrobustire la capacità dello Stato di intervenire sull’export di armamenti, soprattutto quando abbiamo dei Paesi in palese conflitto e oggi non sempre la normativa ce lo consente. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro, il senatore Presidente Petrocelli e i colleghi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.