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XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 22 di Mercoledì 13 novembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 2 

Audizione del Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 2 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 2 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 9 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 9 
Presutto Vincenzo  ... 9 
Ferrero Roberta  ... 10 
Russo Paolo (FI)  ... 10 
Errani Vasco  ... 11 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 11 
Errani Vasco  ... 11 
De Menech Roger (PD)  ... 12 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 13 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 13 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Bozza di legge quadro consegnata dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 17

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 8.40

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera, l'audizione del Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, onorevole Francesco Boccia, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  Nel ringraziarla per la disponibilità dimostrata, cedo la parola al Ministro, onorevole Boccia. Prego.

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie, Presidente. Grazie, colleghi, intanto per il lavoro svolto e penso sia stato opportuno rinviare di qualche settimana questo nostro confronto, anche per renderlo più concreto, più operativo, più connesso ai passaggi parlamentari che stiamo affrontando proprio in questi giorni e nelle prossime settimane.
  Ho letto approfonditamente il vostro lavoro e penso sia un contributo molto serio al dibattito che, inevitabilmente, è già iniziato nel rapporto tra Governo e Regioni e che intendo presto trasferire in Parlamento, quando quella che per il momento è una bozza di norma che richiama i principi per l'attribuzione alle Regioni delle forme e delle condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 116, comma 3, potrà diventare un testo definitivo.
  Riparto da una breve ricostruzione del lavoro fatto in questi due mesi e poi entro nel merito del lavoro in corso.
  Quando il Governo si è insediato, l'attuazione del 116, comma 3 – è stato ribadito in aula durante il dibattito sulla fiducia al Presidente del Consiglio, Conte – è stato sancito essere uno dei principali impegni del governo Conte. Il rischio che ci si potesse trascinare sulla valutazione di quello che era stato fatto, di quello che non era stato fatto e delle cause per cui tutto questo non era avvenuto, era un rischio molto alto. Personalmente mi sono assunto la responsabilità di andare in ogni regione, non solo per uno scambio naturale dei dossier, come accade quando un Governo si insedia. Con le singole Regioni il mio Dipartimento ha una serie di competenze che conoscete e che non voglio richiamare, ma che inevitabilmente necessitavano di essere raccordate rispetto agli impegni che noi abbiamo preso in aula durante il voto di fiducia. Uno tra tutti: la riduzione del contenzioso sulle leggi impugnate. Siamo a condizioni patologiche, abbiamo oltre dieci leggi regionali impugnate al mese; viaggiamo sulle 120. Io penso non si debba andare oltre. Pag. 3
  Abbiamo avviato una riorganizzazione del Dipartimento per intervenire nella fase ex ante. Stiamo avviando una serie di mediazioni, di trattative con le singole Regioni per stralciare gran parte del contenzioso esistente. Ieri sono stato a Cagliari e con la regione Sardegna abbiamo fatto un accordo la settimana scorsa e abbiamo cancellato una parte consistente del contenzioso che, guarda caso, riguardava tagli per effetto di vecchie spending review, incoerenti per una Regione a Statuto speciale. Come ci siamo più volte detti in Conferenza dei presidenti, l'obiettivo deve essere quello di riportare il contenzioso a un fisiologico 40/50 leggi regionali l'anno.
  Nella Nota di aggiornamento al DEF abbiamo inserito un ddl che teneva dentro l'obiettivo di conciliazione tra Stato e Regioni e l'attuazione dell'autonomia differenziata. Mentre sul primo tema è in corso una ridefinizione delle regole del gioco e sta uscendo una circolare del Presidente del Consiglio che accorcia i tempi dei rilievi fatti dalle Amministrazioni centrali rispetto alle Regioni; spesso, nel recente passato, ci si riduceva, a un'ora prima del Consiglio dei Ministri per contestare alcune norme regionali e, viceversa, le Regioni facevano la stessa cosa con le Amministrazioni centrali. Gran parte dei rilievi, gran parte delle contestazioni erano quasi tutte di natura fiscale; la stragrande maggioranza del contenzioso riguarda entrate contestate, oppure norme di rilevanza costituzionale. Mi sono ripromesso, entro fine anno, con gli uffici, se riusciranno ad aiutarmi anche in questo sforzo abnorme, di consegnare al Parlamento una tavola nella quale, non solo facciamo la sintesi del contenzioso di questi ultimi anni, ma anche di come sono finite le controversie, perché sarebbe interessante, per il Parlamento, capire anche, Regione per Regione, quali sono i costi prodotti per il contenzioso aperto. In alcuni casi, più ci si avvicina alla fase elettorale, più aumentano le leggi da impugnare. La propensione a fare norme-bandiera è molto alta. Siccome i costi poi si scaricano sulla collettività, noi abbiamo ipotecato l'attività dell'Avvocatura generale dello Stato (ormai lavorano solo per noi). Le Regioni hanno un'impostazione differente.
  Mi auguro che le cose che proveremo a fare insieme sull'attuazione del 116 possano far diminuire il contenzioso in atto e non farlo aumentare, perché il livello è davvero patologico e penso sia obiettivo di tutti noi scendere almeno del 50 per cento. È un obiettivo che ci siamo ripromessi, l'abbiamo detto in Parlamento: è intollerabile questo livello di contenzioso tra lo Stato e le Regioni.
  Veniamo al tema oggetto del nostro incontro. Quando mi sono insediato ho trasmesso ai Presidenti delle tre Regioni che avevano già firmato le pre-intese (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), gli atti che avevo trovato e intendo le proposte unilaterali delle tre Regioni e tutti i rilievi mossi da tutte le Amministrazioni centrali, funzione per funzione. Penso che questo gesto di chiarezza fosse utile e necessario per evitare che anche il dibattito parlamentare venisse fatto sulla base di sintesi delle sintesi che, molto spesso, nel dibattito pubblico, fanno inevitabilmente partiti e opinionisti. È agli atti delle Commissioni in cui sono stato già audito; li trasferisco alla Commissione bicamerale. Non so se sono già stati trasferiti, perché avevo chiesto di trasmetterli in Parlamento. Lo faremo questa mattina. Sono le cose che questa Commissione, nella relazione che ho molto apprezzato, ricorda, ossia che non aveva potuto svolgere un lavoro sui testi definiti, perché i testi non c'erano. I testi ci sono sempre; il problema è se i testi si rendono pubblici oppure no. Penso che la cosa più semplice, per dirsi tutto fino in fondo e per capirsi fino in fondo, sia rendere sempre pubblico tutto. Per questa ragione, dopo aver raccolto tutti i rilievi delle Amministrazioni e dopo averli trasmessi alle singole Regioni, ho iniziato un percorso nuovo in Conferenza delle Regioni, non fuori dalla Conferenza delle Regioni. Così intendo lavorano da questo momento in poi.
  Guardando il testo a fronte tra le proposte fatte dalle prime tre Regioni e i rilievi fatti (in alcuni casi 38, in altri 34, in altri 25) dalle Amministrazioni, si capisce anche che in molte materie e in molte funzioni Pag. 4non c'erano preclusioni di natura politica, perché in alcuni casi i ministri che formulano i rilievi e, in alcuni casi, smontano alcune proposte, sono ministri dello stesso partito politico. Dubito che avessero una strategia particolarmente sofisticata nel mettere in difficoltà il Presidente della Regione dello stesso partito. Alcuni rilievi sono stati fatti semplicemente perché le proposte in partenza erano oggettivamente fuori dai binari dell'attuazione non solo del 116, ma dell'intero Titolo V.
  Entriamo nel merito. Penso che attuare il 116 senza guardare nell'insieme tutto il Titolo V, sia un'operazione oggettivamente velleitaria, destinata a finire nelle sabbie mobili, così com'è accaduto nei quindici mesi precedenti, indipendentemente dalle posizioni politiche diverse tra le forze politiche; è un problema di coerenza degli strumenti che si utilizzano. Il Titolo V, così com'è, si attua, indipendentemente dai giudizi di merito sull'impianto generale, come se fosse una sinfonia (una sinfonia c'è, se ci sono più strumenti e se non ci sono solisti).
  Il 119, il modello di perequazione, cui voi avete fatto riferimento più volte nella vostra relazione, è uno dei nodi centrali per provare a capire che tipo di attuazione si dà al 116. Il 117, quindi il trasferimento di funzioni ad Enti locali e Città metropolitane, e il rispetto dei principi di adeguatezza e sussidiarietà, è parte integrante delle modalità con cui si attua il 116, così come il 118, così come il 114.
  Ho incontrato tutti i Presidenti di Regione; me ne mancano pochissimi e quelli che non ho ancora incontrato nelle loro sedi, li ho incontrati in Conferenza dei Presidenti. Sto facendo lo stesso ragionamento anche con i Presidenti delle Regioni a Statuto speciale, perché alcune delle cose che vi dirò riguardano l'idea di attuazione del 116, ma inevitabilmente impatteranno anche le politiche e le Regioni a Statuto speciale.
  Dopo la prima Conferenza dei Presidenti ho proposto – ho ottenuto la loro disponibilità, subordinata ora alla valutazione di merito che vi sottopongo oggi per la prima volta – di far anticipare le intese con una legge quadro che definisse i principi per l'attribuzione alle Regioni delle forme e delle condizioni particolare di attuazione dell'articolo 116 della Costituzione. Di fatto, diventa una sorta di perimetro dentro cui innestiamo tutte le intese. Nell'impostazione precedente le intese avevano un cappello simile: erano premesse assimilabili ad auspici non vincolanti. Io penso abbia molto più senso disciplinare un campo di gioco uguale per tutti, che è il perimetro rigoroso della Costituzione, è esattamente la traduzione degli articoli della Costituzione che, a mio avviso, rendono, non solo cogenti le norme, ma anche più vincolanti i legami tra i singoli articoli della Costituzione.
  La proposta è fatta da due articoli: il primo è caratterizzato dai principi; il secondo sono le modalità di definizione dei LEP, degli obiettivi di servizio che voi, molto opportunamente, avete richiamato nella vostra relazione.
  Ho detto del Presidente che oggi avrei trasmesso formalmente la bozza alla Commissione, ma vorrei sottolineare che si tratta di una bozza, perché intendo continuare a lavorare in questo modo. I documenti che finiscono al Parlamento non possono essere nascosti al Parlamento dalla loro origine: ha senso che vengano resi pubblici. Ovviamente, sono nella fase in cui sto raccogliendo le proposte da parte delle Regioni, quindi al Parlamento questo lavoro arriverà quando lo avremo finito con le Regioni. Poi, arriverà il momento in cui il Parlamento si dovrà esprimere e avrà tutto lo spazio per intervenire, per modificarlo, per valutare. Quindi ora siamo nella fase assolutamente precedente alla discussione con il Parlamento. Sono qui per un confronto di merito con la Commissione che ha già messo le mani in maniera più autorevole rispetto a tutte le altre, ovviamente ha fatto un lavoro legato alle caratteristiche di merito delle singole Commissioni.
  Ci sono sei punti che caratterizzano il comma 1 della legge quadro. Il primo richiama la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, o degli obiettivi di servizio uniformi su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, che è una sorta di pre-condizione. Il secondo punto Pag. 5riguarda il finanziamento e le funzioni attribuite sulla base di fabbisogni standard, nel rispetto dell'articolo 17 della legge 31 dicembre n. 196, in coerenza con il decreto legislativo n. 68 del 2011. Mi permetto di sottolinearvi questo aspetto perché uno dei temi su cui abbiamo discusso molto, soprattutto con la regione Veneto, era l'accettazione, o meno, dell'attuale modello di perequazione delle Regioni a Statuto ordinario. Nell'impianto originario che io avevo ereditato della proposta della regione Veneto, e nella discussione che c'era stata (non vi faccio la storia dei quindici mesi precedenti alla nascita del nuovo Governo, perché do per scontato che sia acquisita e che questa Commissione l'abbia vivisezionata in maniera abbastanza puntuale) ricordo a tutti noi che si era tutto fermato nel famoso Consiglio dei ministri del maggio 2019, quando il Presidente del Consiglio aveva provato a fare una mediazione tra posizioni distanti tra le parti e non erano solo le forze politiche di maggioranza, ma le Amministrazioni centrali (per esempio, il Ministero della ricerca, della scuola e dell'università) e alcune Regioni (ad esempio, la stessa regione Lombardia in particolare e la regione Veneto).
  Il modello di perequazione era uno dei temi che non compariva nella prima proposta del Veneto. Quando mi sono insediato, la regione Veneto mi ha ritrasmesso la precedente bozza (trasmessa dal precedente Governo). Nel primo incontro fatto a Venezia e nel mio incontro con la delegazione trattante, ho fatto presente che su una proposta di intesa che, per quanto mi riguarda, doveva essere subordinata all'approvazione del Parlamento prima della legge quadro, se comunque nella bozza d'intesa non veniva fatto riferimento all'attuale sistema di perequazione del regime a Statuto ordinario, mi si doveva proporre un altro modello di perequazione. Se tu cancelli qualsiasi riferimento al rispetto della 196 del 2009, qualsiasi riferimento alla 42 del 2009 e qualsiasi riferimento al decreto legislativo n. 68 del 2011, mi stai dicendo che non accetti più il modello di perequazione delle Regioni a Statuto ordinario. Senza questo modello, o me ne dai un altro e mi consenti di giudicarlo, valutarlo e farti le controproposte, oppure si fa fatica ad andare avanti.
  Un passo in avanti importante fatto dalla regione Veneto è che dopo il nostro incontro mi ha formalmente trasmesso una nuova proposta in cui riparte dall'accettazione dell'attuale modello di perequazione delle Regioni a Statuto ordinario. Per quanto mi riguarda, questo è stato un passo in avanti importante, perché sgombera il campo dagli equivoci che sono stati oggetto di gran parte del dibattito pubblico: «Il modello di perequazione non c'è più», «I famosi nove decimi», «Dateci le risorse, poi facciamo noi e dopo si vede». Questa cosa semplificata, soprattutto al grande pubblico, non c'è nella nuova proposta fattami dalla delegazione trattante, perché c'è l'accettazione di questo modello di perequazione, salvo modifiche che solo il Parlamento potrà fare, alle condizioni che lo stesso deciderà di definire.
  Il punto c) definisce la necessità di assicurare su tutto il territorio nazionale i livelli, le prestazioni e gli obiettivi a cui fa riferimento lo stesso punto a), quindi la necessità di garantire servizi uniformi.
  Il punto d) richiama sia il 118 che il 117 ed è un passaggio, per me, fondamentale, perché richiamiamo la necessità del rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza previsti dal 118 che definiscono un legame organico tra l'idea di attuazione del 116 e il trasferimento, che poi deve avvenire in maniera quasi naturale, su alcune funzioni agli Enti locali e alle Città metropolitane. Lo dico, perché non è che rischiamo di fare l'errore che spesso è stato imputato di centralizzazione su alcune funzioni allo Stato e di tradurre il centralismo dello Stato in un centralismo regionale nuovo. Quindi definire oggi, per domani, quali sono le competenze anche sulla scala più vicina ai cittadini, penso sia dovere del Legislatore, se sta provando a dare vita a un'attuazione organica del 116.
  Infine, il coordinamento della finanza pubblica con le previsioni di coordinamento e con l'impatto stesso su tutto il territorio nazionale. Pag. 6
  Poi, c'è un tema che a me sta più a cuore e vi confesso che è stato uno dei motivi che mi ha spinto a credere in questo modello: una sorta di vincolo per lo Stato centrale rispetto a tutti i fondi pluriennali di investimento (fondi ordinari del MIT, del MISE, del MEF, della Presidenza del Consiglio). Se poi parlate con i singoli dicasteri vi diranno che hanno criteri, che stanno attenti alla crescita possibile, alle istanze che arrivano dai territori. È tutto vero. Ma un principio che consenta di avere una quota garantita per tutte le aree in ritardo di sviluppo. Sto parlando di risorse statali e voglio sottolinearlo, perché ogni tanto su questo si fa confusione; sto parlando della programmazione degli investimenti pubblici fatti da risorse statali, quindi a tutti i fondi pluriennali inseriti nella legge di bilancio. Siccome l'attuale legge di bilancio – lo dico qui, perdonatemi l'autocitazione – è migliore di quelle precedenti, se non altro perché abbiamo fatto chiarezza nel 2016, con la riforma, mettendo insieme musica e parole, cioè le parole e le tabelle, nel 2016, finalmente, dopo anni, completando la prima parte della riforma fatta all'epoca da Vegas e Tremonti, completammo il percorso di riforma, cancellando per sempre la vecchia legge di stabilità, caratterizzata dalle sole misure legislative, che non avevano alcun collegamento con le tabelle e il disegno di legge del bilancio. Lo facemmo per consentire al Parlamento, in una struttura matrice, di intervenire anche sulle risorse destinate attraverso le tabelle, tant'è che oggi, in sede di manovra, siamo in grado di fare interventi sulle tabelle, essendo già intervenuti sulle parole, sulle misure legislative. So benissimo che cosa accadeva fino al 2016 sui fondi pluriennali di investimento: massima discrezionalità da parte dei decisori politici, che però possono avere un'impostazione figlia dell'indicazione del Governo di turno, ma che non raccoglie – nemmeno per sbaglio – istanze territoriali o norme generali che impongono un intervento per eliminare il ritardo di sviluppo. Tradotto: quando il mio collega Provenzano dice che le risorse europee devono essere (non solo per le aree del sud, ma anche per quelle del nord) aggiuntive, lo dice ipotizzando che poi la norma famosa del 34 per cento venga rispettata; negli ultimi ventuno anni non è mai stata rispettata. Sto parlando del Mezzogiorno, ma vale anche per le aree del nord in ritardo di sviluppo (poi farò degli esempi). Non è mai stata rispettata. Quando c'è stato il massimo picco di spesa pubblica (la spesa per investimenti) negli ultimi vent'anni è stato del 28 per cento un anno, il picco minimo del 19 per cento, la media è del 24/24,5 per cento. Quindi, la si può raccontare come si vuole, ma dal 2000 al 2019 le aree che ottengono e utilizzano le risorse comunitarie non hanno mai avuto né il 30 per cento (vecchio obiettivo) né il 34 per cento (nuovo obiettivo). Stessa cosa per le aree del nord.
  Questo meccanismo impone, definiti i LEP e i fabbisogni standard, automaticamente una quota di vincolo di priorità per tutte le aree in ritardo di sviluppo su scala regionale e, all'interno delle regioni, su scala sub-regionale, quindi su scala provinciale. Questo significa che sui fondi di investimento gestiti dai Ministeri (mi riferiscono soprattutto alle infrastrutture), se in Veneto, Belluno e Rovigo sono in ritardo di sviluppo, una quota delle risorse assegnata alla Regione, deve andare prioritariamente a Belluno e Rovigo. In Toscana – così utilizzo un esempio che ha fatto il Presidente della regione Toscana – una quota di risorse vanno prioritariamente a Livorno, Piombino e Grosseto, che sono tre aree in ritardo di sviluppo, in sofferenza che, nonostante le priorità definite dalla regione Toscana negli ultimi dieci anni, non sono mai riuscite a ridurre il gap. Nella mia Puglia, Foggia e Brindisi vengono prima dell'area metropolitana di Bari, che in questo momento ha tassi di sviluppo simili alla Baviera. Quando c'è la programmazione degli investimenti pubblici, tuttora, quelli per la Puglia partono quasi sempre da Bari, perché la maggior parte delle istanze arrivano dalla Città metropolitana, perché è il luogo in cui arrivano la maggior parte delle richieste di investimenti privati. Spesso si tende ad assecondare, con gli investimenti pubblici, gli investimenti privati esistenti. Il problema è che così facendo, anziché ridurre lo spopolamento, lo acuiamo; anziché Pag. 7 intervenire soprattutto nelle aree interne, di montagna, da cui la gente va via o ci torna per invecchiare meglio, non garantiamo investimenti pubblici.
  Questo è un meccanismo che ci mette di fronte a una serie di responsabilità: individua, Regione per Regione, i livelli di sviluppo e impone una quota prioritaria e vincolata per tutti i fondi pluriennali di investimento. Su questo tema c'è una discussione aperta con le Regioni e penso sia un'opportunità per tutti.
  Ribadisco che non sto parlando di risorse regionali, ma statali, la cui definizione oggi il Parlamento può definirla solo in sede di programmazione triennale durante la legge di bilancio, ma lo fa giocando ogni tanto in contropiede, ogni tanto di rimessa: il Parlamento presenta delle ipotesi, alcune vincolanti e altre pluriennali non vincolanti e poi, dalla mia esperienza di Presidente della Commissione bilancio, negli ultimi tre anni il Parlamento avrà spostato il 6, 7, 8 per cento, mai più del 10 per cento delle risorse programmate dal Governo. Non penso si debba arrivare al 70 per cento, perché la linea la dà il Governo, però probabilmente sugli investimenti pubblici, se il dibattito fosse un po’ più vincolante rispetto ad alcune direttrici di sviluppo, secondo me farebbe bene al Governo stesso avere indicazioni dal Parlamento. Più vado in giro per l'Italia, più apro i dossier delle Regioni, più trovo il buco proprio su questi temi. Ieri ero in Sardegna, dove il nodo sono gli investimenti; poi andrò in Sicilia, che ha un problema simile alla Sardegna. I problemi in Sardegna e in Sicilia sono connessi agli investimenti sulle ferrovie, che non ci sono. Anche lì, se non si dice con chiarezza che alcune risorse infrastrutturali di RFI e ANAS, che riguardano quelle regioni, devono andare prioritariamente a quegli investimenti, i vincoli non ci saranno mai.
  È evidente che quando si parla del 116 non possiamo non ripartire dai punti centrali che indica la relazione che avete licenziato lo scorso 24 ottobre. L'articolo 2 definisce la modalità di definizione dei LEP. So benissimo che i LEP, dal 2001 ad oggi non sono stati definiti. So anche – l'ho riletto con la stessa vostra convinzione nella vostra relazione – che i LEA sono stati fatti; era complicato anche definire i LEA, però sono stati definiti, perché c'è stato un lavoro congiunto di Regioni e Governo centrale. Ho individuato il metodo del commissario; non mi sono inventato nulla, ho solo preso in prestito un metodo già utilizzato al tempo in cui si era finiti nelle sabbie mobili durante il trasferimento delle competenze delle funzioni delle Bassanini. Quando – dopo un po’ di tempo in cui non si riusciva a spingere il percorso verso la meta – fu nominato commissario Alessandro Pajno, abbiamo individuato un meccanismo simile, non facendo venire il commissario da Marte, ma individuandolo in un alto dirigente dello Stato. Quindi immagino un ufficio ad hoc dello Stato e ce ne sono molti, la maggior parte sono quelli che interagiscono con voi, quindi è evidente che sto facendo riferimento a chi ha già queste competenze all'interno del Ministero dell'economia e delle finanze, perché o gli diamo tutti i poteri necessari per imporre a tutte le Amministrazioni centrali e regionali di tirare fuori i dati in tempo reale, oppure uno dei motivi per cui i LEP non vengono fuori è che i dati non vengono fuori e nessuno sente questa responsabilità di dover mettere i numeri e i dati sul tavolo. Quindi la nomina del commissario è stata fatta per potenziare le capacità amministrative di un pezzo dello Stato, soprattutto della sua parte più competente che può imporre agli uffici di dare delle risposte in tempo reale.
  La bozza, che vi trasmetto oggi e che ho trasmesso venerdì scorso alle Regioni, è aperta (altrimenti non sarebbe una bozza) ed è il risultato di un confronto iniziale fatto con tutte le Regioni; è anche il risultato delle contraddizioni del lavoro che è stato fatto negli anni che abbiamo alle spalle. Per contraddizioni intendo anche la voragine che c'era tra alcune Regioni. Non è una cosa che racconto io, ma agli atti della Conferenza delle Regioni troverete gli stracci che erano volati tra Presidenti delle Regioni del nord e Presidenti delle Regioni del sud. Non vi sto raccontando delle cose misteriose. Non si parlavano più, non c'era Pag. 8dialogo su questo: appena parlavi di 116, si separavano anche fisicamente persone che normalmente ogni settimana si incontrano per lavorare insieme su tutto il resto.
  Noi abbiamo il dovere di rimettere tutto insieme, di trovare le ragioni di un dialogo che consenta a tutti di ritrovarsi in quello che definisco un perimetro comune. Poi, le intese, ovviamente, saranno fatte secondo la visione che hanno sui singoli territori le comunità che esprimono quei governi regionali.
  Ci sono proposte diverse. La regione Toscana propone una traslazione di responsabilità essenzialmente amministrative. La regione Toscana era già passata in Consiglio regionale; aveva chiesto più volte di sedersi al tavolo e non era mai stata convocata. Devo dire che la proposta della regione Toscana è forse quella più semplice di tutte; è partita la delegazione trattante e non era mai partita prima. Erano partite solo Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, che hanno ripreso il lavoro con le loro delegazioni trattanti, con gli uffici del Ministero. Sono qui con me Elisa Grande, capo del Dipartimento del Ministero, e Francesco Rana, capo di Gabinetto, che stanno gestendo le delegazioni trattanti. Veneto e Lombardia forse sono già alla terza riunione; l'Emilia-Romagna, se non è alla seconda, è alla terza; la Toscana è già ripartita; la Liguria presto inizierà. Per il Piemonte, ogni giorno il presidente Cirio mi delizia di sue valutazioni; io aspetto ancora che la regione Piemonte faccia un passaggio in Consiglio regionale. Io vorrei convocarlo, ma se non fanno i passaggi in Consiglio regionale, non posso convocare nessuno. Le regole valgono per tutti.
  Molise e Abruzzo erano le uniche due regioni che non avevano cominciato a fare atti. Ho incontrato il presidente Marsilio qualche settimana fa e sta dando ottimi contributi in Conferenza Stato-Regioni; stessa cosa il presidente Toma della regione Molise.
  In questo momento c'è un clima di partecipazione collettiva alla costruzione di questo percorso. Siamo nella fase in cui si entra nel merito. Venerdì ci sarà una Conferenza Stato-Regioni straordinaria. Io ho cercato di trasformare la Stato-Regioni in una conferenza in cui si discute anche di norme, si costruiscono insieme le norme, e si discute di questioni istituzionali, altrimenti rischia di essere un parerificio, che va bene per le intese, per le designazioni, per le nomine, ma poi finisce lì. Quindi sto cercando di ottenere, dentro la Stato-Regioni, proposte ufficiali delle Regioni per poi trasmetterle al Parlamento, alle diverse Commissioni, dalla Commissione sul federalismo fiscale alla Commissione sugli affari regionali, che sono le due Commissioni con le quali io, inevitabilmente, devo confrontarmi e ne sento la necessità. Ovviamente, oltre alle Commissioni permanenti che, per competenze diverse, chiedono aggiornamenti, e mi riferisco alle Commissioni bilancio, finanze e affari costituzionali di Camera e Senato.
  Io mi fermerei qui e mi riservo di rispondere a qualsiasi domanda. Evito di entrare nel merito di questioni che avete già toccato con la relazione che ho letto, perché penso che sia molto utile al lavoro in corso che stiamo facendo con le Regioni e alcuni passaggi – come vi ho citato in questa introduzione – sono già utili alle premesse che stiamo inserendo nel documento che spero venga varato, se non in questa Stato-Regioni, nella prossima.
  Il metodo è un passaggio importante: per quanto mi riguarda, sia la legge quadro che le intese, dovranno poi passare dal Parlamento. La legge quadro per forza, perché se non la approva il Parlamento, non esiste; le intese dovranno passare al Parlamento con le modalità che decidiamo. Nelle bozze ho ipotizzato un meccanismo tentando di andare incontro ai Presidenti delle Regioni che, in realtà, mi chiedono certezze. Io ho detto che l'unico modo di avere certezze è che il Parlamento resti sovrano e, per farlo restare tale, o lo coinvolgi prima, o lo coinvolgi dopo, ma l'ultima parola è evidente che deve essere comunque del Parlamento, non solo con il voto finale dell'Aula. Quindi troverete in questa bozza ipotesi di accordi preventivi, firmati, trasmessi al Parlamento, a questa Commissione, alla Commissione affari regionali, alle Commissioni di merito, con le Pag. 9osservazioni che poi vengono riprese dal Governo e trasformate in integrazioni delle intese e poi le intese vengono firmate e trasmesse al Parlamento per il voto.
  L'altra ipotesi – che non escludo – è che ci rimettiamo, sulle procedure, ai Presidenti di Camera e Senato. Siccome è la prima volta che lo facciamo, lo dico perché ho trovato fuori luogo le ipotesi fatte in precedenza della interpretazione delle intese Stato-Regioni come fossero confessioni religiose. Lo so che vi è stato detto: «Ma anche nel tuo partito c'è chi lo ha ipotizzato». Sì, ma non siamo d'accordo. Non è che se è stata ipotizzata anche nel mio partito, l'ha detto il Padreterno. Abbiamo fatto una valutazione e non siamo d'accordo: le confessioni religiose lasciamole nell'alveo della spiritualità che disciplinano la loro stessa esistenza. Noi qui dobbiamo cercare di fare un lavoro che consenta al Parlamento di dire l'ultima parola.
  Sto facendo una riflessione con voi ad alta voce, perché questo che sto dicendo qui è la stessa proposta che sto facendo alle Regioni. Venerdì vediamo, con le Regioni, qual è la strada migliore; datemi anche voi il vostro parere. Penso che siccome non è mai stato fatto prima, forse la cosa più semplice sia chiedere direttamente ai Presidenti di Camera e Senato come intendano – per effetto anche dei regolamenti esistenti – gestire la trasmissione degli atti che poi verranno fatti dal mio Ministero al Parlamento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Ministro.
  Procediamo con le domande al Ministro. Solito metodo: uno per gruppo e dopo replica il Ministro.
  Cominciamo dall'onorevole Fragomeli. Prego.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Buongiorno. Io intervengo per un minuto, perché poi lascerò la parola al collega De Menech, semplicemente per il fatto che abbiamo una discussione sul decreto fiscale in Commissione finanze e fra tre minuti devo essere dall'altra parte. Però, ci tenevo a sollevare due questioni velocissime.
  Come Partito Democratico avevamo chiesto, con le altre forze di maggioranza, ma anche con le altre forze politiche, che all'interno della relazione venissero evidenziati tre temi che oggi sentiamo essere i cardini anche del lavoro che si è sviluppato nella proposta normativa; mi riferisco al tema dei LEP, al tema altrettanto importante di evitare un neocentralismo regionale ma costruire un regime differenziato che tenga conto degli Enti locali, e mi riferisco anche al tema altrettanto fondamentale di non fare un cortocircuito costituzionale, ma ragionare in una riforma del regionalismo differenziato che tenga conto di tutti gli articoli del Titolo V, quindi dal 114 al 119, e non si focalizzasse solo su alcuni elementi incidentalmente. Vediamo recepito, nel lavoro fatto dal Ministro, in tempi record – perché parliamo di poco più di due mesi a fronte di quattordici mesi dove chiedevamo materiale – discussioni e documenti, ma non avevamo grandi spunti da questo punto di vista.
  Mi permetto di fare una domanda: rispetto a tutto il lavoro fatto che condividiamo, anche questa ipotesi, fondamentale per noi, che ci sia un protagonismo parlamentare nella procedura attuativa del regionalismo differenziato, quali sono le tempistiche di medio respiro che ci siamo? Vorremmo capire se il 2020 può essere l'anno in cui finalmente vedremo un regime attuativo, quindi la possibilità reale e concreta che questo avvenga. Sappiamo tutti che si voterà in tantissime Regioni e anche per una Regione che va al voto è importante sapere quali sono le proprie possibilità di costruire un programma elettorale e poi un programma di mandato che tenga conto anche di una rivoluzione, perché stiamo parlando di questo: un nuovo assetto tra Stato, Regioni ed Enti locali. Quindi ci sembra fondamentale.
  Ringrazio e mi scuso ancora per il fatto che debba andare via.

  VINCENZO PRESUTTO. Grazie, Presidente. Buongiorno al Ministro Boccia, grazie per il suo intervento e grazie anche per aver apprezzato il lavoro svolto dalla nostra Commissione, che si è chiusa con una relazione, approvata all'unanimità, poche settimane fa, come da prassi. Pag. 10
  Volevo farle subito delle domande sulla legge quadro. Le bozze sono passate, quindi abbiamo avuto modo di visionarle, sperando che siano quelle corrette. Però, proprio per portarci avanti sul lavoro, ci sono delle criticità che personalmente mi hanno preoccupato. Viene riferito che se i LEP non vengono definiti entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge, si procede sulla base del riparto delle risorse a carattere permanente iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente; questo significa continuare ad operare ancora con i trasferimenti storici? Questa è la domanda. In questo caso non cambierebbe nulla e quindi le diseguaglianze esistenti sarebbero cristallizzate.
  Secondo punto. La legge quadro assegna al Parlamento un ruolo consultivo (almeno così sembrerebbe). Le Commissioni ricevono un testo provvisorio, sul quale daranno il loro parere. Ma una volta che l'accordo si trasforma in intesa, il testo di legge passerebbe in Parlamento solo per un semplice sì o per un semplice no? Ovviamente, l'orientamento è quello della emendabilità del testo; ci siamo mossi in questa direzione, in attesa anche delle valutazioni fatte precedentemente – non arrivate poi – dalle presidenze di Camera e Senato.
  Terzo punto. Quali sono i criteri per definire le funzioni da trasferire e quelle da non trasferire? Nel testo sembrerebbero non ben definite, quindi sarebbe opportuno valutare con un maggiore dettaglio i criteri che definiscono questo trasferimento.
  Quarto punto, molto importante: la legge quadro che rango avrebbe? Un rango ordinario o costituzionale? Anche per non creare delle conflittualità rispetto alle leggi preesistenti.
  Siamo andati direttamente sulla parte esecutiva, perché è una Commissione che sta lavorando intensamente e penso che l'intenzione, anche del Presidente, sia quella di procedere su un percorso chiaro e condiviso su un tema che interessa oramai da parecchio tempo tutti gli italiani. Grazie.

  ROBERTA FERRERO. Grazie, Presidente. Grazie, signor Ministro, per il suo intervento che ci sorprende, anche perché non abbiamo ricevuto alcun documento preliminare sul suo intervento. Ci sarebbe piaciuto leggere qualcosa prima, anche per poter interloquire con lei con maggiore efficacia, per fare delle domande più puntuali. Noi abbiamo fatto questa relazione semestrale completa, approvata da tutti, dove ci sono degli spunti importanti, con tutte le audizioni fatte.
  Questo suo intervento oggi ci lascia sorpresi, anche perché sono girate delle voci e quindi vorremmo capire cosa c'è di vero nelle voci, o dichiarazioni sui giornali. È stata un po’ preannunciata questa vostra accelerazione, però le voci sono voci e noi vorremmo avere rassicurazioni da lei.
  Ricollegandomi anche a quanto chiesto dal senatore Presutto, vorrei sapere che connotazione avrà questa legge quadro, o comunque questo provvedimento, che adesso il Governo basa sul lavoro precedente, ovviamente apportando le visioni politiche attuali. Per cui, vorremmo capire come si vorrà procedere sull'attuazione del regionalismo.
  Si è parlato di commissario centrale per determinare i LEP. Ho sentito, dal suo intervento, che sarà previsto un commissario e volevo una specificazione ulteriore, se fosse possibile.
  Mi sorprende anche sentire da lei il fatto che c'è stato un clima di partecipazione teso tra i governatori delle Regioni; mi sembra, invece, che nel precedente Governo si sia cercato di fare una sintesi delle posizioni delle varie Regioni. C'è stato un grosso impegno; si è arrivati a delle bozze, però tutta questa conflittualità non mi sembra evidente. L'unico problema è che si è soffiato un po’ sul fuoco, diciamo la verità. Per cui, le chiederei di fare più chiarezza su questo documento che noi, ad oggi, non abbiamo. Grazie.

  PAOLO RUSSO. Grazie, signor Ministro. Vicende di merito proveremo ad affrontarle, approfondendo nelle prossime ore le bozze che potremo finalmente analizzare, non avendolo potuto fare nel passato. Intanto, apprezziamo il metodo, che mi pare più chiaro e soprattutto più definito.
  Mi permetterei di suggerirle alcune riflessioni che vorremmo fossero meglio chiarite. Pag. 11
  Io non ho ben chiaro come andrà avanti il rapporto con il Parlamento. Dalla sua relazione, il profilo di emendabilità non mi è chiaro se sia in una fase ante o successiva; se ragioniamo di una questione che appartiene alle Commissioni di merito e alle Commissioni sul federalismo, per gli affari regionali, prima, quindi quella è la fase dell'emendabilità, o se si riserva la fase dell'emendabilità all'Aula con il percorso che si ritiene di dover fare successivamente.
  Seconda questione. Ha utilmente ragionato del vincolo del 34 per cento; non ho capito come si conforma, nella legge quadro, il vincolo, cioè come quel vincolo – che oggi già esisterebbe – diventa cogente e qual è l'elemento sanzionatorio rispetto all'investimento del 34 per cento di risorse ordinarie?
  Ulteriore questione. Avete già un'idea della tempistica, in modo tale da comprendere se è una vicenda che il Governo ritiene si possa chiudere in un anno o in due anni? Qual è l'idea di massima nella quale poter provare a collocare tutto il percorso, difficile e articolato?
  Ultima questione, ma non meno importante. La definizione dei LEP, a cui voi attribuite, giustamente, come la Commissione, un'importanza rilevante, determinante, al punto da affidarne la cura a un eventuale commissario, avverrà prima o dopo l'approvazione delle intese?

  VASCO ERRANI. Grazie, Presidente. Innanzitutto vorrei esprimere un apprezzamento non formale della esposizione fatta, perché si va configurando un quadro certamente più completo. Innanzitutto apprezzo la trasparenza. Noi, come hanno detto anche alcuni colleghi, abbiamo lavorato in una situazione in cui i documenti, le pre-intese non c'erano.
  Condivido la necessità di una legge quadro. La bozza che ho letto le Regioni ce l'hanno?

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Venerdì scorso è stata trasmessa formalmente a tutte le Regioni italiane. Tutti i Presidenti delle Regioni ce l'hanno da venerdì. Non è un testo segreto.

  VASCO ERRANI. Allora risottolineo con forza l'apprezzamento per il metodo, perché per la prima volta ci troviamo di fronte a un percorso normal, non abnormal. Questa è una cosa importante.
  Invece, ho alcune sottolineature e alcune perplessità. Sostanzialmente tre elementi. Il primo: come lei ha ricordato, Ministro, in relazione alla conflittualità tra Regioni e Stato centrale, io considero essenziale che nella legge quadro siano desunti i principi fondamentali di competenza dello Stato centrale, nel momento in cui le materie con terzo comma del 116 passano alle Regioni. Per intenderci, i limiti attraverso cui l'esercizio dell'autonomia legislativa regionale si esprime sulle diverse materie. Basta leggersi una delle ultime diciotto relazioni – credo – della Corte dei conti annuali, nelle quali la Corte dei conti denuncia il ruolo di surroga che oggettivamente ha dovuto praticare in relazione al fatto che i principi fondamentali non sono stati desunti, come prevedeva il Titolo V, dal Parlamento.
  Nella mia precedente funzione, il tema di costruire un livello di coordinamento tra il Dipartimento, le Regioni, per gestire la conflittualità in modo preventivo, era una delle richieste che inutilmente facemmo per tanti anni. Questo è un punto essenziale, se vogliamo evitare la confusione. Non ho ritrovato questo punto.
  Sulla questione dei LEP, a me va bene il commissario, però, se vogliamo ricordare la Bassanini e l'esperienza Pajno, il punto è politico: lì c'era un'impostazione chiara, ante politica su cos'era la Bassanini e il trasferimento.
  Quando andiamo a fare i LEP, la cosa essenzialmente è avere chiaro politicamente (Governo, Regioni e Parlamento) su quali sono gli obiettivi di fondo dei livelli essenziali delle prestazioni, che non possono essere definiti in corsa. Ci sono punti che devono essere definiti chiaramente, magari anche in via sperimentale; per quanto concerne i LEP, Ministro, si può pensare perfino a un passaggio di verifica, ma prima di procedere al terzo comma del 116, occorre Pag. 12 che ci sia una definizione dei LEP. Diversamente, la contraddizione non si risolve.
  Sono d'accordissimo sul richiamo alla 42 e al 119, peraltro è una sottolineatura che abbiamo fatto anche unanimemente in questa Commissione. È chiaro che – ed ecco perché non si può andare in parallelo, in contemporanea – la spesa storica, in attesa dei LEP e dell'applicazione della legge 42 non può contenere l'autonomia differenziata, come ci hanno dimostrato nelle audizioni innumerevoli esperti. Basta citare l'Ufficio Parlamentare di Bilancio e altri soggetti.
  Stiamo facendo forse la riforma più importante degli ultimi trent'anni, cinquant'anni. Stiamo ridefinendo i tratti sostanziali della funzione pubblica in questo Paese. Sui diritti essenziali bisogna che il quadro sia chiaro, in modo da evitare che io che sto in un territorio e lui che sta in un altro possiamo interpretare questioni fondamentali in modo radicalmente differente. Se andiamo con ordine, mettendo in fila i tempi coerenti, allora faremo finalmente un grandissimo salto di qualità.
  Attenzione che l'applicazione della legge 42 è ferma al 2009, sostanzialmente per una ragione che sta nella decisione politica del Governo.
  Io apprezzo molto il punto che lei ha presentato, che non è solo il 34 per cento, ma è un modo di intendere il Governo della Repubblica. Ma la legge 42 è bloccata perché nel momento in cui vai a discutere nel merito dei meccanismi di partecipazione, co-partecipazione o autonomia fiscale, metti in discussione l'attuale assetto di tenuta dei conti. Non so se è chiaro. Questa è una grande decisione politica del Governo e del Parlamento. Qui stiamo parlando di poteri nel senso alto del termine.
  Infine, va benissimo tutto il ruolo del Parlamento, che deve poter intervenire su tutto il percorso, compreso il percorso finale. Grazie.

  ROGER DE MENECH. Grazie, Presidente, anche per averci consentito di completare il ragionamento iniziato dal nostro capogruppo.
  Siamo di fronte, credo, a un cambio sostanziale rispetto alla gestione del passato. La trasparenza da una parte, ma soprattutto la capacità di trasformare le parole in fatti e atti giuridici, è evidente. Siamo stati qui diciotto mesi, in attesa di bozze che non sono mai arrivate formalmente a questa Commissione. Adesso, come si è visto, venerdì c'è una bozza depositata presso le Regioni e credo che nella mattinata di oggi ci venga consegnata ufficialmente dopo questa audizione. Questa non è solo una questione di forma, ma è una questione di sostanza. Una delle riforme più radicali e più importanti degli ultimi trent'anni non può essere basata sulle parole generiche e sulla visione astratta di atti giuridici che non ci sono. Credo che questa sia la cosa fondamentale e l'inizio del nuovo cammino che abbiamo oggi. Non soltanto trasparenza, ma finalmente una visione generale, perché è l'unica che può consentire al Parlamento prima e alla Regione poi, di arrivare al risultato finale, che è quello che vogliamo tutti, quindi dell'applicazione del 116. Anche questa non è una considerazione così peregrina.
  Vengo ad alcune considerazioni, che poi sono delle domande. Lei è partito, Ministro, con la considerazione rispetto al contenzioso fra lo Stato centrale e le Regioni, cercando di fare in modo che l'autonomia e le leggi di riferimento riescano a ridurre questo contenzioso. Giustamente ha riportato dentro i principi generali per l'attuazione, l'importanza dei territori. La domanda che pongo è molto specifica: nei rapporti tra le articolazioni dello Stato, come riusciamo a rendere cogente e armonico il rapporto anche di sussidiarietà sui territori? Io credo che ai cittadini dobbiamo confezionare un'autonomia vera, che non è quella di spostare centralismi, ma è quella di dare responsabilità ai territori, in base alle competenze. Questa è una prima domanda, perché lei, giustamente, ha citato un pezzo della legge quadro, ma noi abbiamo il dovere di renderlo cogente per fare in modo che tutte le articolazioni dello Stato sia poi trattate alla stessa misura.
  Benissimo la riduzione del gap infrastrutturale. Ad oggi lo Stato si regola, rispetto Pag. 13 ai territori, con la buona volontà del Parlamento; noi dobbiamo creare delle condizioni per cui, invece, non ci sia la buona volontà, ma un criterio chiaro per ridurre i gap. Lei ha citato in maniera puntuale gap che esistono; quando si parla di grandi temi delle infrastrutture, come la ferrovia, i territori non sono mai stati trattati nella stessa misura e questo gap esiste non soltanto fra nord e sud, ma anche all'interno del nord. Allora, uno Stato serio è quello che dice che quando la ferrovia va implementata, va implementata soprattutto in quelle zone in cui la ferrovia non c'è, oppure è strutturata nel modello degli anni cinquanta, o ancora prima. Le chiedo la stessa capacità di cogenza, cioè di rendere operativo quel principio che giustamente ha scritto nella sua relazione.
  Benissimo una visione generale che deve prevedere il coinvolgimento di tutte le Regioni, altrimenti noi non riusciremo mai a portare a casa con concretezza il 116 e l'impianto. Lei è stato molto chiaro: tutte le Regioni vuol dire sia quelle a Statuto ordinario che a Statuto speciale.
  Un'unica osservazione, che è anche uno stimolo. Giustamente, il processo di autonomia del 116 è in piedi da tanti anni (troppi) e noi abbiamo bisogno di dare delle piccole, ma concrete risposte, fin da subito. Quindi io credo che lei debba lavorare con il suo Ministero, ma soprattutto far lavorare in maniera pressante il Parlamento e dentro la legge quadro stabilire in maniera puntuale anche i tempi e i metodi di attuazione di queste riforme, dandoci delle scadenze precise e dando il tempo alla parte tecnica di produrre la documentazione, ma sapendo qual è il punto di caduta finale. Io credo che questo sia doveroso all'inizio nei confronti della pianificazione dello Stato centrale, ma anche e soprattutto nei confronti della pianificazione rispetto al modello e alla possibilità di sviluppo di tutte le Regioni e quindi in primis anche delle Regioni che hanno chiesto questa autonomia. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Do la parola al ministro Boccia per la replica.

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie, Presidente. Cerco di non dimenticare nulla, perché le domande poste sono tutte puntuali e molto utili per noi, anche per approfondire alcuni temi in vista del confronto di venerdì.
  Parto da De Menech. Per come è stata scritta la norma, in questo momento sono cogenti i vincoli; ovviamente, dobbiamo definire i numeri che mancano. Ho fatto l'esempio del Mezzogiorno, perché lì c'è una legge ordinaria che disciplina un obbligo che non è mai stato rispettato. Lo stesso sforzo dobbiamo cercare di farlo per tutte le aree del nord in ritardo di sviluppo e dobbiamo decidere quali sono i numeri e soprattutto qual è il vincolo sui fondi pluriennali di investimento iscritti a legislazione vigente nel bilancio dello Stato. Questo è uno sforzo che dobbiamo fare insieme, lo deve fare il Parlamento. Io non voglio assumermi da solo la responsabilità di definire quei numeri; vorrei che ci tornassimo su, anche in sede di discussione della legge quadro in Parlamento, e definissimo insieme quali sono i numeri che poi diventano vincolanti.
  De Menech ha toccato un tema, secondo me, centrale: il gap nord-nord, sud-sud. Dentro le stesse regioni ci sono aree in sofferenza e ritardo di sviluppo. Il tema dell'alta velocità è quello più facilmente raccontabile: l'84 per cento dell'alta velocità che si dice sia nel centro-nord, ma in realtà è nel nord e un pochino al centro; il sud è al 16 per cento. Il sud ha partecipato fiscalmente al finanziamento dell'alta velocità per più del 34 per cento e si ritrova il 16 per cento. Ci sono aree, come la Calabria, in cui il Frecciarossa lo vedono in qualche film quando se ne parla. Ma anche molti nodi del nord sono scollegati. Di questi aspetti ne ho discusso anche con molti manager di Stato e il nodo di fondo è che se non c'è un indirizzo politico che definisce alcuni vincoli di destinazione, molte aziende pubbliche, che tengono a fare le aziende di Stato, di solito, in questo periodo dell'anno, dalla Nota di aggiornamento al DEF fino al 31/12 sono fuori da queste porte e fuori dalle porte di Montecitorio Pag. 14 e Palazzo Madama, ti incontrano e dicono: «Ma noi siamo aziende di Stato, quest'anno ANAS ha bisogno di più risorse, RFI ha bisogno di più risorse». Poi, quando li incroci a gennaio e gli chiedi una fermata in più del Frecciarossa, o un investimento in più a Belluno, ti dicono: «Ma i criteri di economicità ed efficienza – si dice così – non ce lo consentono. La nostra è un'azienda che deve rispettare quei criteri». Delle due, l'una: se il Parlamento stanzia risorse per investimenti pubblici, il Parlamento definisce indirizzi stringenti sulle modalità con cui quegli indirizzi devono essere poi rispettati. Dentro questa legge quadro cerchiamo di fare un lavoro di questo tipo. So bene che gran parte degli investimenti pubblici seguono gli investimenti privati e viceversa, ma se noi non facciamo nulla, la maggior parte degli investimenti privati e pubblici finiranno non in tutte le aree metropolitane, ma solo nel cuore di alcune aree metropolitane del Paese. Questo vale anche per gli investimenti sulle fibre ultra veloci: stiamo finanziando, con risorse pubbliche, nelle aree più ricche del Paese, che non sono solo al nord, ma sono anche al sud nelle aree metropolitane. Io posso parlare della mia, che conosco bene: la maggior parte delle risorse pubbliche vengono intercettate dalle aree in cui c'è più business, ci sono più persone, c'è più densità economica, c'è più densità di imprese. Penso che se noi non costruiamo un meccanismo che ribalta questo aspetto e se stiamo fermi soprattutto, sarà inevitabile vedere lo spopolamento delle aree interne, lo spopolamento delle aree di montagna e il ritardo che si acuirà tra le aree meno sviluppate e quelle più sviluppate. Per questo, abbiamo provato a costruire questo perimetro. Penso sia cogente, e valutiamo insieme se deve essere ancora più cogente, inserendo i numeri quando arriveremo in Parlamento.
  Errani, giustamente, pone al centro alcune perplessità. Provo a fugarne alcune e altre sono oggetto ancora di discussione. I principi fondamentali, in questo momento, sono definiti dalla Costituzione nel modo che conoscete; nelle intese, in realtà, ci deve essere con chiarezza la distinzione del rapporto tra legge statale e legge regionale. Dobbiamo ipotizzarlo dentro la legge quadro? È possibile, è probabile, sarà oggetto di discussione anche nella prossima Stato-Regioni. Il tema è aperto: o lo si mette qui, o lo si mette come principio in ogni intesa, prima di trasmettere l'intesa per la discussione. Però, è un tema centrale. Mi rendo conto della responsabilità che richiama Errani; è una responsabilità che sentiamo tutti sulle spalle, perché questa è una riforma che oggettivamente, se fatta bene e non correndo all'impazzata, impatta pesantemente sugli assetti e sul funzionamento delle nostre istituzioni.
  La definizione dei LEP e gli obiettivi di fondo, tocca al Parlamento definirli. Il commissario raccoglierà i numeri, che non ci sono mai stati dati, e poi dovrà fare una sintesi e inevitabilmente dovrà tornare qui. Da qualche parte dovremo dire l'ultima parola. Bisognerà assumersi la responsabilità di come si redistribuiscono le risorse.
  Sono d'accordo sulla spesa storica, non ho cambiato idea. Sono stati fatti già molti danni nel principio della spesa storica e i Comuni ce li hanno sulla pelle i danni che sono stati fatti, non intendo farli in questo passaggio. Lo dico anche a Presutto: quello che è nella bozza è un passaggio che garantisce, fino a quando non modifichiamo la 196, che non si vada oltre la spesa attualmente prevista. È una sorta di garanzia per evitare che si violino i vincoli di bilancio attuali. Se dobbiamo scriverlo meglio, lo faremo; è un tema aperto, ma la filosofia non è quella di partire con la spesa storica, al limite si parte con i fabbisogni standard, che devono essere definiti.
  Sul tema dei LEP sono d'accordo con voi, però – come ho spiegato più volte – se non sono stati fatti in diciotto anni, non si può pensare che si facciano in diciotto giorni. Io vorrei farli entro dodici mesi; se non dovessero essere pronti e le intese sono pronte, valutiamo come e a quali condizioni partire, con una fase transitoria, con i fabbisogni standard, ammesso che funzionino, perché a me i tecnici dicono che sono pronti, poi vorrei vederli, vorrei vederli con voi, vorrei vederli con i Presidenti delle Regioni. Io sto parlando di numeri che ho Pag. 15ereditato; il quadro che vi sto costruendo è il quadro del quale mi assumo la responsabilità. Ma i numeri, soprattutto questa Commissione li conosce meglio di me, avendo una funzione quotidiana rispetto agli effetti del federalismo fiscale.
  Non ho trasmesso prima la bozza, che poi leggerete – e mi rivolgo alla collega Ferrero – per rispetto verso il lavoro che sto facendo con le Regioni; il Parlamento avrà la parola solenne finale e, se mi permettete, sono nella fase in cui sto trattando con le Regioni e non mi pare opportuno trattare parallelamente con il Parlamento. A voi arriverà il prodotto semilavorato e poi avrete tutto il tempo per esprimervi. Ho detto al presidente Invernizzi che oggi l'avrei trasmessa, nonostante ci sia la Conferenza Stato-Regioni venerdì. Però, penso sia inutile mantenere un segreto di Stato su un testo già trasmesso venerdì scorso, ce l'hanno i Presidenti della Regioni, la giornata di oggi coincideva con la mia audizione e, ovviamente, ve la trasmetto tre giorni prima, perché non ci vedo nulla di male. Ovviamente, vi trasmetto anche quello che non vi è mai stato trasmesso, non perché ve lo dica io, ma perché ve lo siete detti voi nella relazione: tutto il materiale delle proposte delle tre Regioni e dei rilievi, delle contestazioni, delle criticità fatte da tutti i Ministeri. È agli atti, l'ho trasmesso ai Presidenti delle Regioni quando mi sono insediato e l'ho trasmesso alle Commissioni parlamentari che me l'hanno chiesto; a maggior ragione lo trasmetterò oggi stesso alla vostra Commissione, così avrete un quadro chiaro rispetto alle cose che potevate avere anche in passato e non avete avuto. Ogni atto che farò e che varerò, sarà trasmesso comunque a tutte le Commissioni permanenti e alle Commissioni bicamerali.
  Il collega Russo chiede sull'emendabilità, se ex ante o successiva. Ribadisco un concetto: qui non è mai stata fatta l'attuazione del 116. Quindi abbiamo due strade. Una è quella che indico nella bozza: approvata la legge quadro, si fanno gli accordi, si mandano in Parlamento che si prende tutto il tempo che serve per entrare nel merito e poi ci rimanda – così come facciamo per alcuni decreti e per alcuni trattati – le osservazioni che diventano vincolanti per la definizione delle intese finali, e quando le intese arrivano sono già concordate (non pretendo che sia il metodo, ma è un metodo); la seconda strada è che io alzo le mani, trasmetto gli atti ai due rami del Parlamento e mi dicano, i due rami del Parlamento, qual è il metodo migliore. Io vi faccio questa proposta, se questa proposta non va bene, l'alternativa è che decidano il presidente Fico e la presidente Casellati qual è il metodo migliore, anche perché non è mai avvenuto prima. Faccio riferimento, ovviamente, alle regole parlamentari esistenti e i regolamenti della Camera e del Senato, come sapete, sono sovrani, quindi che si assuma il Parlamento la responsabilità di definire l'iter. Io vi propongo questo passaggio, che penso sia quello che mette in sicurezza tutti: consente a tutte le Commissioni di entrare nel merito e intervenire puntualmente su ogni passaggio. Pensare, però, che questa cosa possa essere assimilabile – so che c'è questa discussione nei corridoi, lo dico al Presidente che poi deve difendere i regolamenti – a un disegno di legge, a un decreto-legge in cui si fa il fascicolo degli emendamenti e si discute degli emendamenti puntuali, non ci prendiamo in giro, non è così. Quello che si può fare è rendere vincolanti, non solo le proposte emendative e le osservazioni, ma fare un lavoro in cui c'è un continuo confronto tra il Governo che, in questo caso, dovrebbe rappresentare anche la volontà delle Regioni sul piano del metodo, e il Parlamento stesso. Non l'ho inventata io questa cosa. L'alternativa a tutto questo era la fuga e le confessioni religiose, che io penso sia una forzatura inaccettabile. Penso che il Parlamento debba, non solo dire l'ultima parola, ma debba partecipare a dire la prima parola dicendo l'ultima sulla legge quadro, perché è chiaro che il ritmo e il metodo ce lo diamo nel momento in cui approviamo la legge quadro. Stiamo indicando il percorso e la strada, e l'ultima parola ce l'ha il Parlamento, non le Regioni. Con le Regioni stiamo lavorando in questi giorni per Pag. 16definire la proposta da fare al Parlamento e penso sia anche corretto come metodo.
  Il vincolo del 34 per cento: il vincolo del Mezzogiorno è richiamato, lo rendiamo più cogente, ma penso che bisogna rendere cogenti le leggi ordinarie esistenti, altrimenti sono solo titoli.
  Alla collega Ferrero dico semplicemente che la sintesi dei conflitti delle Regioni non l'ho fatta io. Le posizioni di tutte le Regioni del sud contro l'autonomia è nota, era agli atti. Alcuni Presidenti non si sedevano nemmeno al tavolo. Oggi sono tutti al tavolo, perché provano a guardare, tutti insieme, a un intervento di sistema. Quindi, francamente, non capisco da dove arrivi la sorpresa. Le Regioni oggi sono tutte sedute al tavolo e penso che abbiamo bisogno, come Parlamento e Governo, del contributo di tutte le Regioni. In passato c'era un dibattito tra le tre Regioni e il Governo, che aveva prodotto gli atti che io vi sto trasmettendo, che non avevate avuto. Non l'ho detto io, lo avete detto voi nella relazione che io ho letto in questi giorni. Vi sto trasmettendo gli atti del passato e vi sto garantendo che in questo momento storico, al tavolo delle Regioni sono sedute tutte le Regioni e io vorrei il contributo da parte di tutte le Regioni, anche di quelle che non hanno fatto domanda di attuazione del 116, comma 3. È evidente che le tre Regioni che sono nella fase più avanzata, lo sono nella trattativa sulle intese che è sul tavolo delle delegazioni trattanti e segue un ritmo diverso rispetto al confronto che tutte le Regioni, penso, hanno il dovere di fare sulla legge quadro.
  Penso di aver risposto a tutto. L'ultima risposta la devo all'onorevole Presutto: rango della legge ordinaria in questo momento. Penso sia corretto ribadirlo. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Ministro. Dispongo che la documentazione prodotta sia allegata al resoconto stenografica della seduta odierna. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.05.

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ALLEGATO

BOZZA DI LEGGE QUADRO IN MATERIA DI INTESE TRA STATO E REGIONI, AI SENSI DELL'ART. 116, TERZO COMMA, DELLA COSTITUZIONE, CONSEGNATA DAL MINISTRO PER GLI AFFARI REGIONALI ON. FRANCESCO BOCCIA NELL'AUDIZIONE DEL 13 NOVEMBRE 2019 PRESSO LA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE

ART. 1
(Principi per l'attribuzione alle Regioni di forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell'articolo 116 terzo comma della Costituzione)

  1. Le Intese tra lo Stato e le Regioni, con le quali sono attribuite, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, al fine di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni o gli obiettivi di servizio su tutto il territorio nazionale, si conformano ai seguenti obiettivi e modalità di attuazione:

   a) determinazione, nelle materie oggetto di attribuzione, dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) o degli obiettivi di servizio uniformi su tutto il territorio nazionale e dei fabbisogni standard, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione;

   b) finanziamento delle funzioni attribuite sulla base dei fabbisogni standard, dei livelli essenziali delle prestazioni o degli obiettivi di servizio determinati ai sensi della lettera a), nel rispetto dell'articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e in coerenza con i principi recati dal decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, con particolare riferimento alla sostituzione delle risorse erariali con autonomia di entrata, territorialità dei tributi e perequazione;

   c) necessità di assicurare su tutto il territorio nazionale i livelli delle prestazioni o gli obiettivi di servizio di cui alla lettera a), anche attraverso la perequazione infrastrutturale. A tal fine, i futuri riparti delle risorse dedicate alle infrastrutture devono tenere conto di tale obiettivo;

   d) previsione del riparto tra regione ed enti locali delle funzioni amministrative oggetto di attribuzione, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, previsti dall'articolo 118 della Costituzione, oltre che con riferimento al principio solidaristico che connota il sistema degli enti locali. All'affidamento delle funzioni si procede, altresì, tenuto conto delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane definite dalla legislazione statale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione;

   e) previsione che, qualora entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa non siano stati determinati i livelli essenziali delle prestazioni, gli obiettivi di servizio e i relativi fabbisogni standard, e fino alla loro determinazione, le funzioni sono attribuite con decorrenza dal 1° gennaio dell'esercizio immediatamente successivo e le relative risorse sono assegnate con decreto del Pag. 18Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base del riparto delle risorse a carattere permanente iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente;

   f) ai fini del coordinamento della finanza pubblica, previsione della facoltà dello Stato di stabilire, in relazione agli andamenti del ciclo economico e dei conti pubblici, misure a carico della Regione, a garanzia dell'equità nel concorso al risanamento della finanza pubblica previa adozione delle medesime misure con impatto finanziario su tutto il territorio nazionale.

  2. Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie trasmette al Parlamento l'Accordo sottoscritto con il Presidente della Regione interessata per l'espressione del parere da parte della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, della Commissione parlamentare per le questioni regionali e delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Le Commissioni si esprimono entro 60 giorni dalla trasmissione e i relativi pareri sono trasmessi a Governo e a Regioni per le rispettive valutazioni.
  3. Il Governo delibera sul disegno di legge che approva l'Intesa che attribuisce ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai fini della sua presentazione al Parlamento entro 30 giorni dalla sottoscrizione dell'intesa da parte del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro degli affari regionali e le autonomie delegato e del Presidente della Regione.
  4. Lo Stato e la regione sottopongono a verifica l'intesa al termine del decimo anno dall'entrata in vigore della legge di attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia o nel più breve termine fissato dall'intesa stessa. Lo Stato e la Regione possono comunque assumere in qualsiasi momento l'iniziativa per la revisione dell'intesa, da definire ai sensi dei commi 2 e 3.

ART. 2
(Modalità definizione dei LEP e degli obiettivi di servizio)

  1. I livelli essenziali delle prestazioni, gli obiettivi di servizio e i fabbisogni standard di cui all'articolo 1, nonché le relative metodologie di determinazione, sono individuati con uno o più decreti del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti i Ministri di volta in volta competenti, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa. La determinazione dei predetti livelli essenziali delle prestazioni, obiettivi di servizio e fabbisogni standard, nonché i successivi riparti, avvengono nei limiti delle risorse a carattere permanente iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente, ai sensi dell'articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  2. Per l'attuazione delle attività di cui al comma 1, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie si avvale quale Commissario, del Dirigente preposto alla struttura di livello dirigenziale generale del Ministero dell'economia e delle finanze competente per materia. Il Pag. 19Commissario è nominato, entro 30 giorni dalla data di sottoscrizione dell'accordo di cui all'articolo, 1 comma 2, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, di intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze. Nel decreto di nomina sono definiti i compiti, i poteri del Commissario, la durata in carica, nonché il compenso connesso ai compiti aggiuntivi. Il Commissario, cui è affidato l'impulso e il coordinamento delle attività di cui al comma 1, si avvale di una struttura di missione posta alle sue dirette dipendenze istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie, nella quale è assicurata la partecipazione di rappresentanti designati dalla Conferenza delle Regioni. Con decreto del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sono definiti il contingente di personale assegnato alla predetta struttura, nonché quello degli esperti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo n. 303 del 1999. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo si fa fronte con le risorse del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Commissario si avvale, altresì, del supporto tecnico della Società Soluzioni per il sistema economico – Sose S.p.A., dell'ISTAT e della Struttura tecnica di supporto alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome presso il Centro interregionale di Studi e Documentazione (CINSEDO) delle Regioni. Il Commissario opera in sinergia con la Commissione Tecnica per i fabbisogni standard di cui al comma 29 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e con il tavolo tecnico per l'attuazione del decreto legislativo n. 68 del 2011, di cui al comma 958 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
  3. A seguito dell'approvazione dei livelli essenziali delle prestazioni, degli obiettivi di servizio dei fabbisogni standard di cui all'articolo 1, nonché delle relative metodologie di determinazione, il Commissario provvede, altresì, alla definizione dei decreti di conferimento concernenti i beni nonché le risorse finanziarie umane e strumentali correlate alle funzioni attribuite ai sensi delle intese di cui all'articolo 116 terzo comma della costituzione. In tal caso la Struttura tecnica di missione è integrata dai rappresentanti indicati dalla Regione interessata.
  4. Gli schemi di decreto di cui al comma 1 , sono corredati dalla relazione tecnica redatta ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e sono adottati previa intesa in Conferenza Stato Regioni, di cui all'articolo 8 della legge 28 agosto 1997, n. 281. Gli schemi di decreto sono trasmessi alle Camere, ai fini dell'espressione del parere da parte della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e da parte delle Commissioni parlamentari competenti. Decorsi trenta giorni dalla trasmissione alle Camere da parte del Governo, il decreto può essere comunque adottato, previa deliberazione definitiva da parte del Consiglio dei ministri. Il Governo se non intende conformarsi ai pareri parlamentari trasmette alle Camere una relazione nella quale indica le ragioni per le quali non si è conformato.
  5. Gli schemi di decreto di cui al comma 3, sono adottati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti i ministri interessati e Pag. 20sono corredati dalla relazione tecnica redatta ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e sono adottati previo parere della Conferenza Stato Regioni, di cui all'articolo 8 della legge 28 agosto 1997, n. 281.