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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 26 di Giovedì 28 maggio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione del Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Francesco Boccia.
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 
Russo Paolo (FI)  ... 3 
Turri Roberto (LEGA)  ... 4 
Ianaro Angela (M5S)  ... 6 
De Menech Roger (PD)  ... 7 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 8 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 8 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 13 
Cattaneo Alessandro (FI)  ... 14 
Ricciardi Sabrina  ... 15 
Giglio Vigna Alessandro (LEGA)  ... 15 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 16 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 17 
Modena Fiammetta  ... 17 
Perosino Marco  ... 18 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 18 
Osnato Marco (FDI)  ... 18 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 19 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 19 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 8,20

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Francesco Boccia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Francesco Boccia. Ricordo che nella seduta del 20 maggio scorso il Ministro Boccia ha svolto il proprio intervento e che la documentazione prodotta è stata allegata al resoconto stenografico della precedente seduta. Nel ringraziarla per la disponibilità dimostrata, cedo ora la parola ai componenti della Commissione che hanno chiesto di intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni al Ministro Boccia, cominciando con l'onorevole Russo. Ricordo, ovviamente, che se si vuole essere ripresi dalla web-TV bisogna andare al leggio utilizzando la mascherina, altrimenti si può restare al posto togliendosi la mascherina. Prego.

  PAOLO RUSSO. Grazie, presidente. Ministro, i miei complimenti per un lavoro poderoso, per un'imponente risposta a un evento che non ha paragoni. Mi pare fin troppo facile esprimere giudizi sferzanti e critici proprio perché il lavoro è poderoso, proprio perché il lavoro è enorme. Penso alle mascherine, penso ai test sierologici, ai tamponi; ma penso a tutte quelle cose per le quali persino la scienza ha avuto un atteggiamento tentennante, che è sembrato essere stato assunto, talvolta, più per coprire in modo maldestro le carenze organizzative che non per dare una vera e propria risposta e un'indicazione viro-epidemiologica. Ovviamente il fatto che sia una vicenda straordinaria e unica nel suo genere non ci deve esimere dal provare a comprendere, attraverso il suo privilegiato osservatorio, le criticità al fine di migliorare la performance di sistema. Prima questione: è evidente che l'emergenza si è comportata in modo orizzontale. In verità l'impatto è differenziato. È differenziato perché è prevalentemente al Nord sul piano sanitario e, anche dai dati che Ella ci ha fornito, prevalentemente al Sud, in modo particolare in Sardegna, Calabria e persino Lazio, sul piano economico e sul piano sociale. Ormai credo, rispetto all'audizione che abbiamo fatto l'altra settimana, che i provvedimenti siano arrivati a mille, tra provvedimenti normativi e regolamentari da parte del Governo, dei Ministeri, della Protezione civile, dei commissari, delle regioni, con ordinanze regionali, correzioni delle ordinanze regionali, interpretazioni delle ordinanze regionali, le FAQ (Frequently Asked Questions) sui siti del Ministero degli interni, che in questi mesi si sono sostituiti alle norme, che hanno integrato, che hanno interpretato presuntivamente in modo autentico le norme, le circolari che hanno esteso il senso. Sulla semplificazione che Ella ha puntualizzato vado oltre per non fare la battuta sulla modulistica standardizzata, Pag. 4 che sembra quasi una provocazione dopo che sono cambiate sei volte le autocertificazioni per il lockdown. Veniamo ai fatti più specifici che ci riguardano. Le grandi catene della ristorazione, per esempio, o della caffetteria hanno dovuto implementare dei sistemi, dei software locoregionali, per interpretare le norme, ovviamente tutte diverse sul piano nazionale. Nel Lazio sì al delivery, in Lombardia pure, in Campania no, ma nel Lazio era possibile anche il take-away e altrove no. Insomma, c'è stata un'articolazione di sistema che, più che regionalismo differenziato, ha dato la sensazione di una Babele e un rompicapo. Nei dati che ci ha fornito non ho trovato – eppure sarebbe interessante poterli avere – i dati per regione delle spese rendicontate dalle regioni a valere sulle risorse e sui rimborsi nazionali, così come lei ci ha suggerito. Avrei piacere di comprendere anche la sua valutazione sui comuni dichiarati «zona rossa» e sul perché solo quelli dichiarati dal livello nazionale sono oggetto di attenzione anche dal punto di vista economico. Poi un altro elemento: avete provato a lavorare sul discostamento dai LEA (livelli essenziali di assistenza sanitaria) pre e post Covid? Mi spiego meglio: sarebbe utile capire cosa è successo con questa emergenza non solo al fabbisogno di assistenza o di servizi, ma anche a quale era lo stato dell'arte prima e quale è divenuto lo stato dell'arte successivo per provare a misurare questo elemento come parametro per eventuali ulteriori investimenti strutturali, infrastrutturali, macchinari biomedici, strumentazioni, personale, per evitare che si ricada nell'errore degli asili, per capirci. Dove c'è maggiore efficienza si investe per rendere quell'efficienza ancor più forte, ancor più radicata, e viceversa abbandonare il resto. Nelle azioni normative c'è uno strumento che ormai è abbastanza stabilmente utilizzato, che è quello delle analisi di impatto di ogni strumento normativo. Anche attraverso il suo privilegiato osservatorio, provate a fare analisi d'impatto macroregionali? Come hanno avuto ricadute i primi quattro decreti sul piano degli investimenti, sul piano delle risorse, sul piano delle opportunità, rispetto non solo ai bisogni, ma anche rispetto alle aree geografiche? Poi ultime due questioni e mi taccio. Mi perdonerete per questo. Regionalismo differenziato e Protezione civile: ci aiuta a capire meglio quali sono stati i punti di criticità che si sono registrati rispetto a un modello di Protezione civile di fatto regionalizzato? Io non sono entusiasta del modello di regionalismo differenziato che si andava disegnando, però devo rilevare che se non ci fosse stata la capacità autonoma di alcune regioni – penso per esempio al Veneto – difficilmente una regione si sarebbe potuta comportare in modo diverso, oserei dire opposto, all'indicazione di carattere nazionale a tal punto da misurare anche performance straordinariamente significative. Allora come contemperare queste due esigenze, cioè quella dell'autonomia, che produce risultati, e quella di uno Stato centrale, che magari potrebbe intervenire quando questi risultati non si registrano?

  ROBERTO TURRI. Grazie, presidente. Ringrazio anch'io il Ministro per la disponibilità, per essere ritornato subito per rispondere alle domande. Signor Ministro, il difficile e drammatico periodo appena trascorso ci ha dimostrato quanto sia fragile l'equilibrio su cui poggia la situazione sanitaria, economica e finanziaria dell'intero Paese. Ci siamo trovati di fronte a un'emergenza di dimensioni inaspettate che ha fatto crollare molte certezze e ha messo i diversi livelli istituzionali di fronte all'esigenza di dover provvedere subito, di dover arginare tempestivamente la rapida diffusione dell'epidemia. Sappiamo anche, purtroppo, che insieme alla crisi sanitaria dovremmo affrontare una crisi economica che non ha paragoni, se non con il dopoguerra, e che gli effetti di questa crisi dureranno mesi, se non anni. In questo contesto generale mi pare siano innegabili due fatti. Non si può pensare a un protrarsi di conflittualità tra i diversi livelli istituzionali, in particolare tra Stato e regioni. Questi contrasti disperdono energie preziose che, invece, devono essere tutte convogliate per il superamento di questa situazione economica, sanitaria, e sociale. Pag. 5Non si può pensare a una politica per la ripresa calata esclusivamente dall'alto, dallo Stato centrale, perché diverse sono le realtà territoriali, diverse sono le capacità di reazione delle istituzioni sul territorio, diverse sono le esigenze espresse dal tessuto economico-produttivo e le istanze sociali nei diversi territori. Mi pare che recentemente il Governo stia mostrando delle aperture alle istanze provenienti dalle regioni. Per dare risposte adeguate è necessario modulare le risposte della ripresa sulla base della realtà dei diversi contesti territoriali. Allora mi chiedo e le chiedo se reputa ancora che sarebbe vantaggioso per l'intero Paese, come da lei stesso sostenuto nell'audizione presso questa Commissione lo scorso 13 novembre, che esso prosegua il dialogo bruscamente interrotto dalla situazione di emergenza su una vera riforma istituzionale di questo Paese, che in un clima di partecipazione collettiva poggi le sue basi sull'attuazione di quanto previsto dal Titolo V. Qui apro una parentesi, perché ricordo anche che nella scorsa audizione del 13 novembre lei aveva scandito dei tempi rispetto a quella che era l'approvazione della famosa legge quadro. Si diceva che sarebbe stata approvata dal Consiglio dei Ministri entro dicembre e poi sarebbe approdata alle Camere presumibilmente a gennaio. Devo dire che tutto quanto era precedente a questa situazione di crisi, quindi ciò esula da quello che è successo dopo. Devo notare che, invece, questo non è avvenuto. In ogni caso è importante capire quali siano gli intendimenti del Governo rispetto alla prosecuzione dell'iter dettato dal Titolo V della Costituzione, perché di fronte a questa congiuntura è, infatti, a mio avviso, indispensabile liberare tutte le energie positive presenti in questo Paese, seppure, in un quadro sinergico garantito dallo Stato, le amministrazioni che sul territorio hanno dimostrato di saper fronteggiare questa difficile contingenza emergenziale devono vedersi riconosciute maggiori competenze per adottare tutti gli interventi utili, oltre che a far fronte l'emergenza sanitaria, a sostenere nel contempo il sistema produttivo e rispondere ai nuovi bisogni sociali del territorio. Premessa questa domanda di fondo, le voglio fare tre esempi concreti che declinano questa affermazione per chiederle cosa ne pensa. Per quanto riguarda il prioritario tema della tutela della salute, abbiamo visto in questo periodo di emergenza come sia stato necessario per lo Stato allentare limiti ordinariamente imposti alle regioni in tema di vincoli assunzionali e di assunzione degli specializzandi o in tema di incarichi conferiti ai professionisti sanitari, così come sono state semplificate le procedure per le opere di edilizia sanitaria. Erano queste alcune delle richieste avanzate dalle regioni che avevano avviato il procedimento per il riconoscimento dell'autonomia differenziata. A questo punto, se si fosse già provveduto a concedere maggiori margini di manovra a quelle regioni che avevano già segnalato le carenze in essere e che in sede di emergenza si sono trovate a dover fronteggiare con tempestività le difficoltà estreme della crisi epidemiologica, non crede che ci saremmo potuti trovare maggiormente preparati a combattere la diffusione del virus? Sempre in ambito sanitario, se si ricorresse al MES (Meccanismo europeo di stabilità) da destinare per le spese sanitarie, come intenderebbe usare 37 miliardi l'insieme delle regioni? Avendo a mente il tema centrale della ripresa economica, che, insieme all'indispensabile e irrinunciabile presidio sanitario, rappresenta i fronti caldi della stagione di ripartenza che ci apprestiamo ad affrontare, sappiamo che il Governo, con il decreto «liquidità», ha indicato una disponibilità fino a 400 miliardi di euro per sostenere la liquidità di imprese e professionisti attraverso il Fondo centrale di garanzia e le garanzie rilasciate da SACE (Sezione speciale per l'assicurazione del credito all'esportazione). Anche grazie alla previsione di snellimento delle relative procedure burocratiche, il Governo sembrerebbe andare nella direzione di una trasformazione del Fondo di garanzia in strumento agile di supporto e sviluppo della piccola e media impresa a tutela di imprenditori, artigiani, autonomi e professionisti, che, come noto, caratterizzano il tessuto produttivo italiano, in particolare quello del Veneto. Anche con il decreto «rilancio» Pag. 6sono state previste ulteriori misure a tutela della salute e della sicurezza a sostegno delle imprese e dell'economia. La regione Veneto, regione pioniera nell'attivazione del percorso di riconoscimento di autonomia differenziata, di cui all'articolo 116, comma 3, della Costituzione, nell'ambito della richiesta di maggiore autonomia avanzata al Governo ormai da più di due anni, ha fin dall'inizio posto la questione della necessità di assicurare maggiore incisività ed efficacia ai fondi statali previsti a sostegno delle imprese in rapporto alla peculiarità del contesto economico e produttivo del Veneto, chiedendo quindi l'istituzione di sezioni speciali a ciò funzionali. Le chiedo, signor Ministro, qual è la sua opinione in merito alla percorribilità oggi delle suddette richieste. Infine, sono sotto gli occhi di tutti i ritardi nell'erogazione degli strumenti attivati per sostenere la crisi occupazionale (la cassa integrazione in deroga). Anche su questi temi, non crede che concedere maggiori competenze in materia di alcune regioni virtuose che già hanno dato buona prova di gestione della cassa integrazione in deroga nel passato potrebbe accorciare la filiera procedimentale, assicurando così una maggiore celerità di risposta ai cittadini? Grazie.

  ANGELA IANARO. Grazie, presidente. Grazie, Ministro, sia per la disponibilità a venire qui con tanta rapidità sia soprattutto per il lavoro svolto in questo momento di grande difficoltà, di emergenza sanitaria, che ha vissuto il nostro Paese, che ha costretto il Paese a reagire prontamente per contrastare la diffusione del virus. Dall'altro lato, però, ha messo in evidenza tutte le fragilità del nostro sistema sanitario nazionale, che è un sistema universalistico, ma è anche vittima, purtroppo, di una frammentazione regionale ormai avviata da decenni che ha prodotto da un lato sistemi sanitari regionali a velocità diverse, che sono un po' una replica fedele di quelle che sono le diseguaglianze economiche e sociali del nostro Paese, e dall'altro ha fatto venir meno il principio di uniformità dell'assistenza sanitaria a livello nazionale. In questo caso di grande emergenza di risposta immediata alla pandemia, questo processo di regionalizzazione ha comportato delle risposte affatto uniformi su tutto il territorio nazionale, con esiti a volte drammatici, come abbiamo potuto vedere in alcune regioni, che probabilmente sono conseguenza di scelte operate nel passato che hanno privilegiato alcuni sistemi di natura privatistica rispetto alle istituzioni di reti territoriali di assistenza sanitaria, che probabilmente hanno agito da concausa nel determinare un aggravamento particolare della situazione, oltre a mille altre concause che si sono venute a verificare in determinati territori. Quindi, questa grave situazione dovrebbe probabilmente indurre a uno sforzo ulteriore, oltre che alla lotta al Covid-19, ovvero quello di ridefinire e riorganizzare il rapporto che esiste tra Stato e regione nell'ambito della riorganizzazione del sistema sanitario. In particolare, a tutela della salute nazionale, lo Stato dovrebbe essere in grado di definire regole cogenti per tutte le regioni avocando al potere centrale la capacità di adottare decisioni e standard uniformi per la gestione della crisi, perché sicuramente i molteplici sistemi decisionali e operativi che si sono messi in atto con velocità e capacità di reazioni diverse hanno prodotto risposte diverse, spesso divergenti, che hanno portato, in alcuni casi, a situazioni drammatiche. Quali sono gli insegnamenti da trarre nell'ottica di una rivisitazione dei rapporti tra Stato e regioni, in materia di sistema sanitario, che potrebbero risolversi, a nostro avviso, in un ridimensionamento del federalismo sanitario e in una rivisitazione complessiva dei modelli di federalismo asimmetrico? Alla luce di queste considerazioni, di queste premesse, desidero chiederle, Ministro, se, in attesa di eventuali altre iniziative parlamentari e governative poste in essere per far fronte in via preventiva a eventuali altre situazioni di emergenza o altre epidemie, il Governo intenda ridefinire i protocolli di processo operativo e coordinato tra tutti i livelli istituzionali (nazionali e regionali) anche in accordo Stato-Regioni, al fine di rendere omogeneo il livello minimo di qualità di intervento, anche alla luce di tutte le best practice che abbiamo potuto osservare in Pag. 7alcune regioni, laddove c'è stata una presenza di una sorta di rete che abbia filtrato a livello territoriale la presa in carico del paziente privilegiandola rispetto a una presa in carico esclusivamente ospedaliera. Grazie.

  ROGER DE MENECH. Grazie, presidente. Non posso non iniziare ringraziando, a nome mio ma di tutto il nostro gruppo, per il lavoro fatto dal Ministro in questi mesi molto intensi, un lavoro qualificato, complicato, ma che ha messo in piena luce la delicatezza dei rapporti fra i vari livelli di Governo. Il Ministero che rappresenta è stato il Ministero assolutamente cardine in questa dinamica, quindi nel cercare di gestire dei rapporti complicati fra lo Stato centrale e in particolar modo le regioni in un tema, in una funzione, storicamente regionalizzata. Da un punto di vista politico l'emergenza può essere comunque nella drammaticità degli eventi che abbiamo vissuto e speriamo che il peggio sia assolutamente passato, una buona palestra politica per capire fino in fondo cosa vuol dire autonomia responsabile, termine che abbiamo sempre spesso usato, ma che magari poi non riusciamo a estrinsecare nel pieno sui territori. L'autonomia responsabile è quell'autonomia che differenzia i territori nella capacità organizzativa, ma che ha anche in talune situazioni, e questa era una di queste, la capacità di avere una cornice nazionale. Credo, e per quello ho aperto con i complimenti, che lei abbia dato questa grossa mano nel definire questa cornice nazionale, cosa non assolutamente scontata. Oggi siamo in una fase in cui questa riflessione deve assolutamente andare avanti. Io non penso che il percorso intrapreso con la legge quadro sia abbandonato. Ci sono stati solo gli eventi che hanno interrotto un flusso di dialogo politico fra le parti, ma credo che dobbiamo prendere il giusto insegnamento da tutto quello che è successo e credo che quell'impostazione che avevamo costruito con fatica nei mesi passati sia un'impostazione che oggi alla luce di quello che è successo è assolutamente sul sentiero giusto. Oggi siamo poi in una fase nuova, quella della gestione della rinascita del Paese dopo quella che sarà sicuramente la più grave crisi, sanitaria lo abbiamo già visto, ma lo sarà anche e lo è già economica dal Dopoguerra ad oggi. In questo senso noi abbiamo l'obbligo, io credo, di semplificare il quadro normativo il più possibile. La semplificazione ci consente di mettere a terra i tantissimi provvedimenti che il Governo ha messo in campo in tutti questi mesi, le tantissime risorse a disposizione, insomma non sottolineo la notizia di ieri con ulteriori risorse che arriveranno in campo europeo. Noi abbiamo la necessità di semplificare il quadro, a mio modo di vedere puntando finalmente (l'ho letto in parecchia stampa in questi giorni) in una sorta di responsabilità collettiva, molto di più sulle cosiddette «autocertificazioni» nella fase preliminare della distribuzione delle risorse, per poi avviare una fase completa dei controlli in una fase successiva. In questo senso la prima domanda è quanto anche con il suo Ministero e con il lavoro di tutto il Consiglio dei Ministri nel prossimo decreto o in successivi provvedimenti possiamo semplificare il quadro normativo e dei rapporti fra le norme, le interpretazioni delle norme e le sovrapposizioni delle norme fra lo Stato centrale, ma soprattutto anche nel campo delle regioni, dei Comuni, cioè di tutta la filiera amministrativa, perché lì secondo me si può incidere per dare un contributo di semplificazioni sempre necessario e oggi assolutamente urgente. In questa complessa gestione della dinamica sanitaria fra le regioni e lo Stato centrale, notizia di questi giorni, polemiche proprio sui giornali di oggi, cioè la cosiddetta «differenziazione dei passaporti sanitari» fra regioni e regioni. Anche qui è chiaro che noi stiamo vivendo ed è meglio che ce lo diciamo in maniera molto aperta, una situazione paradossale, nel senso che ci sono regioni che vorrebbero differenziare all'interno dei confini la capacità di spostamento all'interno delle regioni e poi ci sono anche Paesi europei che fanno la stessa identica cosa nei confronti dell'Italia. In entrambi i casi io credo che una cornice europea verso l'alto e una cornice nazionale verso il basso potrebbe essere una soluzione logica per evitare poi che ci siano Pag. 8fughe in avanti che non contribuiscono a quello che ci interessa di più, che oggi è essenzialmente il contenimento del virus, la sconfitta del virus da una parte e la ripresa economica dall'altra. Dobbiamo tenere insieme queste due cose. Ho fatto due esempi molto pratici nei rapporti tra lo Stato centrale e la regione e gli enti locali. Credo che quindi il Ministero che rappresenta può contribuire a sciogliere i dubbi. Chiudo con una considerazione che riguarda le richieste probabilmente legittime da parte degli enti locali in questi giorni. Abbiamo visto che i comuni in particolare stanno chiedendo ulteriori risorse. Ecco io personalmente consiglierei di applicare anche in questo campo lo stesso principio di responsabilità collettiva. Possiamo in questo momento di emergenza allargare i cordoni della borsa e quindi concedere qualche contributo in più, con però un patto di responsabilità vera che quando faremo i bilanci nel 2021 e veramente capiremo quali sono i capitoli e quali sono gli enti locali che hanno sofferto di più, riusciamo a fare con un principio di compensazione una distribuzione equa sul territorio. Chiudo dicendo che differenziare le situazioni, le capacità dei territori, le situazioni dell'emergenza oggi diventa un obbligo per dare equità e giustizia su tutto il territorio nazionale e quindi credo che su questo dobbiamo lavorare insieme con questo senso di responsabilità per raggiungere il miglior risultato possibile. Grazie ancora.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Con l'onorevole De Menech abbiamo esaurito il primo giro di domande. Lascio quindi la parola al Ministro Boccia per una prima replica. Prego, Ministro.

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie, presidente. La relazione della scorsa settimana è agli atti e quindi non ripercorrerò nessuno dei punti già trattati, anche perché molte delle vostre considerazioni hanno fatto riferimento alla relazione stessa. Rispetto ai dati, lo chiedeva l'onorevole Russo, siamo in attesa della rendicontazione complessiva delle regioni. È stata sollecitata e presumo che nell'arco delle prossime settimane sarà trasmessa, così come è giusto che sia, alla Protezione civile. Stiamo parlando della quota di risorse utilizzate dalle regioni dall'esplosione dell'emergenza fino al 6 aprile, perché dal 6 aprile in poi, anche se il commissario per l'emergenza si era già insediato a marzo e per alcune settimane hanno viaggiato in parallelo, cioè la possibilità che le regioni acquistassero sia con risorse proprie che con risorse della Protezione civile. Il commissario acquistava per tutti comunque con il fondo nazionale. Dal 6 aprile in poi, quando è andato a regime il nuovo sistema, abbiamo chiesto alle regioni di rendicontare tutto quello che avevano speso solo per le risorse nazionali, perché per le risorse proprie è tutto nei bilanci delle regioni. Quella quota di rendicontazione, mi pare si riferisse a questo l'onorevole Russo, è stata rendicontata da alcune regioni e non da altre. Aspettiamo il completamento della rendicontazione e poi penso sia utile trasmetterla al Parlamento, così il Parlamento ha il quadro chiaro delle risorse nazionali spese dalle regioni nel momento di emergenza. È evidente che c'è stato un impatto differenziato del virus e anche un impatto economico diverso. Parliamo prima della questione sanitaria e poi arrivo alle questioni economiche. L'impatto differenziato del virus, ora è ancora presto per fare bilanci e penso che abbia molto senso aspettare le valutazioni scientifiche ex post sulla dinamica che ha portato il virus a essere concentrato in alcune parti del Paese e concentrato anche con una certa violenza, perché quello che è successo in alcune province (questo mi consente anche di rispondere alla domanda sui comuni e zona rossa o meno), quello che è successo nelle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Piacenza è oggettivamente di una virulenza che non è stata riscontrata in nessun'altra provincia italiana. Lo dicono i dati, lo dice la condizione degli ospedali di quelle settimane. In alcuni casi sono state numerose settimane. Noi siamo intervenuti in tutti i modi. È già scritto nella relazione che vi ho trasmesso. Siamo intervenuti in tutti i modi anche portando fisicamente non solo strumenti e Pag. 9mezzi, ma anche volontari. L'abbiamo fatto di notte e di giorno. Si poteva fare solo così, nel senso che lo Stato aveva istituito il Comitato operativo in Protezione civile, come avviene in ogni emergenza nazionale, ma la sala operativa della Protezione civile che ne ha viste tante, si è ritrovata per la prima volta con una crisi che riguardava tutto il Paese. Le modalità di organizzazione sono state modalità diverse rispetto alle calamità naturali, o meglio, che l'intervento delle forze armate fosse già stato utilizzato per la distribuzione di materiali anche in passato, questo è abbastanza indubbio, che fosse utilizzato con una tale organizzazione strutturale e per un periodo così lungo, non era mai successo prima, nel senso che se non fosse stato per i mezzi militari, io penso che nessun vettore privato avrebbe avuto la forza per reggere le modalità di distribuzione dei materiali che dal centro sono arrivati in tutte le regioni. Vi ho lasciato agli atti la scorsa settimana i dati aggiornati. Ve li lascio anche in questa settimana, anche se sono tutti online. Vi dà il senso del lavoro massiccio che è stato fatto, mentre le regioni acquistavano in autonomia, cioè le regioni non hanno mai smesso di acquistare autonomia, anzi (questo mi consente di rispondere anche a qualche domanda sul rapporto tra Stato e regioni) per quarantacinque giorni, se non addirittura per due mesi, sono sempre andate in parallelo. Le regioni acquistavano tutto quello che era possibile acquistare e tra l'altro senza vincoli, perché i vincoli sono stati tutti rimossi sia quelli di bilancio, sia per gli avanzi liberi che per gli avanzi vincolati, sia per l'arruolamento del personale. Sono stati rimossi tutti i vincoli per l'assunzione di personale nella sanità. Quindi quando si parla: «Ma la distinzione...», per due mesi e ancora oggi, non abbiamo modificato la disciplina. Fino a quando non la modificherà il Parlamento, non cambierà. Si è andati in parallelo, eliminando tutti i vincoli che conoscete, perché questa Commissione molto autorevolmente se ne è occupata spesso e siamo andati in parallelo con gli acquisti regionali e centrali. Lì sì che dovrà essere valutato tra qualche mese, probabilmente questa Commissione ha l'autorevolezza per farlo, qual è stato l'impatto economico, per rispondere all'onorevole Russo rispetto anche agli investimenti fatti, perché il Governo non ha fatto una ripartizione come normalmente si fa delle risorse e come è agli atti di qualsiasi riparto che io porto in Stato-Regioni e che poi arriva qui in Commissione e che è fatto in base alla popolazione, in base per esempio sulla sanità in base agli indicatori dei LEA o mi riferisco agli altri temi che ben conoscete e che hanno criteri di riparto concordati tra le regioni. Qui sono saltati tutti, perché veniva prima l'emergenza e la necessità di salvare vite umane e di proteggere la salute degli italiani e poi dopo faremo i conti. Lo dico con grande franchezza, penso sia inopportuno ora – con l'emergenza in corso – dire chi ha avuto di più e chi ha avuto di meno; non sarà opportuno dirlo nemmeno dopo, ma sarà opportuno fare questa valutazione per riadeguare alcuni indicatori, però penso che sia così delicato questo tema che sarà opportuno che sia proprio il Parlamento a fare una valutazione di tutto quello che è successo e di come sia stato gestito. Io penso che sia stato gestito nell'unico modo in cui si poteva gestire e cioè con la leale collaborazione, così come è scolpita nella nostra Costituzione. Noi avremmo potuto utilizzare molte volte l'articolo 120, utilizzare quindi i poteri sostitutivi. Io e il Consiglio dei Ministri abbiamo sempre ritenuto che ci fosse lo spazio anche nei momenti più critici e più difficili di ricercare il dialogo e la mediazione tra i diversi livelli istituzionali. Per utilizzare un articolo che ti consente di annullare in tempo reale un'ordinanza, ci vuole poco. Il problema è che strascichi lasci dopo ed è meglio sempre e comunque provare a far sì che quella ordinanza possa essere modificata e se non è modificata, abbiamo scelto di far decidere un terzo, in questo caso la giustizia. È accaduto raramente. Di solito abbiamo trovato insieme le modalità di definizione di un quadro che non era semplice, perché è evidente che (era negli interventi di molti colleghi) il rapporto e il dialogo tra Stato e regioni è utile che prosegua. È fondamentale. Senza dialogo non c'è rapporto tra Pag. 10Stato regioni. È scolpito nella nostra Costituzione. Il disegno di legge quadro lo avevo annunciato per dicembre, questo è vero, ma poi c'era stato un supplemento di valutazione a gennaio e a febbraio. È agli atti. Erano state fatte due informative nel Consiglio dei Ministri ed era prevista la calendarizzazione proprio per la settimana del 23 febbraio, poi abbiamo trovato inopportuno trasmettere al Parlamento il disegno di legge quadro sull'attuazione dell'autonomia differenziata con l'emergenza nazionale che era già stata dichiarata a fine gennaio. Quindi abbiamo semplicemente detto: «Aspettiamo questo percorso e ritorniamo.». Su quali temi? I temi sono quelli che avevamo già trattato in questa Commissione. Mi veniva chiesto se la frammentazione regionale abbia prodotto sistemi diversi e quindi meno uniformità sul servizio sanitario: la definizione dei LEP (Livello essenziale nelle prestazioni) supera quella difformità, perciò la discussione sui livelli essenziali di prestazioni era ed è fondamentale, proprio per evitare che il Servizio sanitario o meglio il diritto universale alla salute venga garantito in maniera diversa. Io continuo a pensare che su sanità, organizzazione della scuola, trasporto pubblico locale e assistenza la definizione puntuale dei LEP possa garantire l'attuazione definitiva di un'autonomia differenziata che trasforma l'autonomia differenziata quando l'attua nel principio di sussidiarietà, quello che più volte il Presidente della Repubblica ci ha ricordato essere lo strumento principe per rafforzare l'unità nazionale. Non è un ossimoro. L'autonomia rafforza l'unità nazionale se attua il principio di sussidiarietà. Non sono parole mie. Sono parole del Presidente della Repubblica. Le faccio mie, perché le condivido dalla prima all'ultima, però per far questo bisogna garantire quei diritti. Per garantire quei diritti quasi sicuramente questa esperienza comune fatta tra i diversi livelli istituzionali imporrà alcune certezze nella definizione dei LEP. Nella percorribilità sui cambiamenti, è molto utile un esempio che voglio farvi: se non fosse più utile lasciare alle regioni per esempio la gestione della CIG (Cassa integrazione guadagni) in deroga. Per la verità è successo il contrario, nel senso che, per tornare alla cassa integrazione, gli strumenti di sostegno al reddito che sono intervenuti nel nostro Paese (questo mi consente anche di dare alcune risposte sulle semplificazioni) sono stati oggetto di alcune critiche, perché i tempi di erogazione delle casse integrazione, si è detto nelle settimane più drammatiche, non reggevano i tempi dei bisogni delle persone. Le casse integrazione ordinarie sono state tutte pagate, tutte erogate e i tempi dell'ordinaria hanno superato di poco i trenta giorni, una volta pagata la prima, poi è andata a regime e questo ormai accade sistematicamente da oltre due mesi. Ci sono stati dei ritardi della CIG in deroga, ma perché la CIG in deroga nel nostro Paese ha sempre avuto tempi (non giustifico nulla, anzi colpevolizzo il sistema) che sono andati dai tre ai cinque mesi e sono andati dai tre e cinque mesi, perché le modalità di erogazione della CIG in deroga sono diverse. La domanda si fa in regione. Si raccolgono le domande. Si fanno i decreti. Vanno alle sedi territoriali dell'INPS e poi si chiude la pratica. Era così prima del Covid. È sempre stato così e io ringrazio le regioni, perché in piena crisi e prima del decreto «rilancio» perché la norma di cui vi sto parlando è dentro il decreto «rilancio», abbiamo insieme deciso di far saltare due passaggi e cioè quelli della raccolta delle istanze su scala territoriale, il passaggio all'INPS territoriale, e abbiamo costruito un meccanismo che è molto chiaro. Partirà da giugno. Le vecchie domande vanno in esaurimento, perché non era possibile tornare indietro. Sulle nuove il lavoratore andrà direttamente sul sito o il suo consulente del lavoro, ma con un sistema semplicissimo. Farà domanda. Ci metterà l'IBAN dentro. Ovviamente serve il codice del proprio datore di lavoro, che si assume la responsabilità di quella domanda e ricevuta la domanda, l'INPS anticiperà il 40 per cento, perché conosce già il nome del lavoratore, il nome dell'azienda e l'IBAN stesso del lavoratore. Mi si dirà: «Perché non l'abbiamo fatto prima?» Questo è il nodo. Perché l'accelerazione sulle semplificazioni è avvenuta in piena crisi Pag. 11Covid? Io da quando sono stato investito del problema dentro questo lavoro molto complesso (ringrazio i colleghi che lo hanno riconosciuto, tutti) di raccordo continuo tra Stato e regioni, quando me lo hanno posto il tema sul tavolo, ci abbiamo messo con le regioni quarantotto ore per risolverlo, non un giorno in più. Forse l'intero sistema che si occupa anche di rafforzamento, modifica e integrazione degli ammortizzatori sociali potrebbe avere più fiducia nel rapporto diretto con i cittadini, perché è esattamente la stessa cosa che è successa ogni volta che ci siamo rivolti direttamente ai cittadini. La risposta è stata efficientissima. La mia non è una critica generica alla burocrazia. È un dato oggettivo. Nella società digitale e in piena emergenza abbiamo dovuto agire spesso in deroga alle norme ordinarie, ma il modo in cui abbiamo agito ci ha portato a prendere atto che se costruisci un rapporto diretto senza l'intermediazione di altre amministrazioni pubbliche, i tempi si accorciano. Questo deve farci riflettere su tante cose. Non è cambiata la responsabilità delle regioni sulla CIG in deroga. I 3,3 miliardi che abbiamo stanziato sono stati ripartiti per le regioni in funzione del numero potenziale di lavoratori delle singole regioni. La quota di CIG in deroga dell'Emilia-Romagna e della Campania, per citare due regioni a caso, resta quella lì e lo scomputo viene fatto in funzione della domanda che fa il residente in Campania o il residente in Emilia-Romagna. Che bisogno c'era di fare tutto il giro fisico, anche cartaceo dalle domande che andavano dalla regione, poi il decreto della regione all'INPS (Istituto nazionale della previdenza sociale), poi il passaggio al territorio e poi il passaggio al centro? È stato cancellato e io vorrei che non tornasse più. Quindi lo dico a chi mi chiedeva prima se non sia meglio trasferire la competenza sul territori. Io penso che ha senso soprattutto per le regioni avere certezze sui tempi di risposta. Le risorse sono delle regioni, ma se c'è come in questo caso un ente nazionale come l'INPS che ha un portale che vale per tutti gli italiani in qualsiasi parte si trovino e ogni italiano fa la sua domandina in automatico e quello che serve è il codice che consente di riconoscere il cittadino e di riconoscere l'impresa, perché senza un'impresa è evidente che non sei un lavoratore, le risposte al tempo alla società digitale arrivano in tempo reale. Lo dico, perché il dibattito sull'autonomia non può ridursi alla gestione mera delle risorse che vanno ai cittadini, perché quelle possono arrivare in automatico tra il sistema pubblico e il cittadino stesso e il riparto è fatto sulla base del confronto che c'era stato tra la regione e lo Stato. Io ho ritrovato, devo dirvi con grande franchezza, in questi mesi difficilissimi una forte collaborazione istituzionale tra Stato e regione. Non è stato semplice, perché quando non arrivavano i camici o le mascherine i toni erano alti ed era anche fisiologico, ma non arrivano perché non c'erano nel Paese e in alcune settimane abbiamo dovuto inviare aerei militari in giro per il mondo e lo abbiamo fatto con la forza della Farnesina, con la forza dello Stato nel fare accordi con altri Paesi, perché quando alcuni prodotti non ce l'hai nel tuo Paese e non ci sono produttori che li fanno non hai tanto da fare riunioni. Hai solo da andare in giro per il mondo a raccogliere tutto quello che c'è. Abbiamo vissuto così in quei quindici, venti giorni. Permettetemi di dire anche che per i comuni sulla zona rossa io parlerei anche di province. Ci sono le province più colpite che hanno quel fondo e non paragonerei quelle province a tutto il resto del Paese. Lo dico non volendo mancare di rispetto a nessuno, perché quelle province hanno vissuto un'ecatombe, dopodiché tutto il Paese ha vissuto un dramma. Valuterà il Parlamento se oltre a quelle province ce n'è qualcuna in più, perché intanto abbiamo più dati e oggi il quadro è abbastanza chiaro. Un'altra cosa è il tema di alcuni comuni che erano stati chiusi per tempo, penso a Medicina in Emilia-Romagna, penso ad Ariano Irpino in Campania. Ce ne sono stati tanti, perché nella loro autonomia e responsabilità, per citare De Menech, i presidenti potevano decidere di chiudere alcune città per ragioni di prevenzione. L'impatto di quelle chiusure su quei comuni fuori da quelle province lo valutiamo in Pag. 12Parlamento. Il Ministro Gualtieri ha già aperto. Il Parlamento deciderà se costruire un fondo ad hoc o estendere un ulteriore fondo ad aree che hanno vissuto delle limitazioni prima ancora delle limitazioni che tutto il Paese ha vissuto. Questa è una decisione che potrà prendere il Parlamento, però terrei distinte le cose, perché sono veramente due modalità di intervento sui territori completamente diverse. Rispetto a un tema che mi stava particolarmente a cuore, la cornice nazionale (la richiamava De Menech) è stata una palestra politica per l'autonomia responsabile? Penso di sì. Penso che sia stata una palestra per tutti. Ne usciamo tutti più arricchiti, tutti più consapevoli che la forza è Stato, se lo Stato è snello, non ingombrante. Se è vigoroso e autorevole e non ridondante nelle sue decisioni e l'unica certezza che ci consente di dire è che il rafforzamento poi delle articolazioni istituzionali avviene davvero, perché i sindaci che non finirò mai di ringraziare hanno avuto la forza di autodisciplinarsi rispetto al potere di ordinanza a metà marzo. Quando il presidente dell'ANCI (Associazione nazionale comuni italiani) Decaro ha accettato l'autodisciplina nel periodo di lockdown, è stato un grande contributo di responsabilità istituzionale, perché di fatto autodisciplinandosi nel non emettere ordinanze che andassero in contrasto con le ordinanze nazionali rispetto al lockdown, i sindaci si sono assunti la responsabilità ancora più complessa e difficile di essere coloro che dovevano occuparsi davvero dei bisogni in tempo reale ed è quello che è accaduto. È accaduto ovunque ed è accaduto quando abbiamo fatto il provvedimento sui 400 milioni per gli interventi alimentari. I sindaci ci hanno messo due giorni o tre giorni per organizzare il sistema attraverso gli assessorati ai servizi sociali e ci hanno consentito di fare arrivare non le risorse alle persone, ma i pasti, il cibo, la spesa ed è un lavoro che potevano fare solo i comuni. È accaduto. È successo. Gliene va dato atto, così come oggi ci chiedono rispetto e autonomia, perché la «fase 2» di ripartenza che io penso sia ancora più difficile della «fase 1», non riparte con un interruttore. Non c'è un interruttore ideale per far ripartire la città e ogni città è diversa dall'altra e sa un sindaco se il suolo pubblico da mettere a disposizione debba aumentare, quanto aumentare. Lo dico per le attività commerciali, le attività di ristorazione e non è certo un decreto del presidente del Consiglio o un'ordinanza regionale che può consigliare meglio a un sindaco se il suolo pubblico da dare in più a un ristorante o a un altro debba avere certe caratteristiche. Io penso che debbano avere autonomia non solo su quanto spazio dare in questa fase di emergenza. Sto limitando tutto a questa fase di emergenza e soprattutto ai prossimi tre mesi estivi, così come per gli orari, perché ci sono storie e abitudini diverse. Da questo punto di vista io penso che la leale collaborazione che c'è stata tra Stato e regioni in questa fase debba essere la leale collaborazione tra regioni e comuni nella «fase 2», con lo Stato che accompagna questa fase. Mi si chiedeva rispetto alla semplificazione. Io non vorrei più tornare indietro dal punto di vista delle procedure amministrative. Le sperimentazioni che abbiamo fatto vorrei che le rendessimo un esempio su come far funzionare i tempi di risposta delle burocrazie e quindi nel prossimo decreto-legge sulle semplificazioni, così come abbiamo stabilito in conferenza Stato-Regioni e in conferenza unificata proporremo all'unanimità, come abbiamo sempre fatto, quando c'è stata unità di intenti, una serie di ipotesi che sottoporrò alla Ministra per la funzione pubblica e al Presidente del Consiglio, ma saranno proposte unanimi sulle procedure amministrative di regioni, comuni e Stato centrale. Stiamo ragionando sulla trasformazione del più ampio numero possibile di termini ordinatori in termini perentori, perché il nodo è tutto lì. Il nodo è pretendere e consentire che le imprese pretendano dalla pubblica amministrazione tempi certi e non derogabili. Se noi trasformassimo la maggior parte dei termini ordinatori in termini perentori, ci sarebbe un sì o un no certo in trenta giorni, sessanta, novanta, ma pensare di gestire relazioni così complesse con termini ordinatori, io penso che non sia adeguato. Infine consentitemi di fare un ultimo passaggio Pag. 13 su questa storia della differenziazione dei passaporti sanitari. Io invito tutti a rileggere l'articolo 120 della Costituzione, non per i poteri sostitutivi che ho già detto che possiamo utilizzare e finora non abbiamo utilizzato, ma la disciplina chiara che ricorda che la regione non può istituire oltre i dazi di importazione ed esportazione o transito tra le regioni, non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose, nel limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale. Potrei continuare, ma non lo faccio, perché poi lì si entra nei poteri sostitutivi. Se la comunità scientifica dice che non ci sono passaporti, non ci sono passaporti. Altrimenti li avremmo tutti noi qui. Con la carta d'identità avremmo anche il passaporto quello nostro tradizionale e poi quello sanitario che non c'è. Nei prossimi giorni, nelle prossime ore l'ultimo clic che c'è tra i tanti interruttori (come dicevo prima non ce n'è uno, sono stati tanti), che riporterà il Paese a muoversi, ci dovrà essere anche quello del buonsenso, perché se tutte le regioni ripartono, ripartono senza distinzione sul profilo dei cittadini residenti in una regione o in un'altra se le autorità sanitarie, se il Governo deciderà e quando deciderà che il Paese è pronto per la ripartenza. La distinzione tra cittadini che arrivano da una città anziché da un'altra non è prevista nella nostra Costituzione e se siamo tutti sani, ci muoviamo nel Paese come abbiamo sempre fatto. Diversa è la valutazione che è stata fatta anche nella prima fase del lockdown, quando non era completo, ma ci si spostava ancora tanto per diversi motivi. Diverso è prevedere una fase di quarantena, ma non siamo in quella condizione, e anche in quel caso ci vuole un accordo tra le parti tra tutte le regioni. Quello che auspico è che quando prenderemo, assumeremo le prossime decisioni, quelle decisioni possano essere assunte con la leale collaborazione che ha caratterizzato il rapporto che c'è già stato fin qui. Sono stati mesi difficili – non lo nego – ma alla fine quando uno si guarda indietro, tira un sospiro di sollievo. Perché la fatica della leale collaborazione ha portato alle scelte che abbiamo fatto di comune accordo e ha portato a mettere in protezione la salute e il diritto universale alla salute, non dimenticando mai che 33.000 italiani non ci sono più. Non sono numeri: sono storie familiari, nomi e cognomi concentrati in alcune parti del Paese. Non dobbiamo mai dimenticarlo. Per questo l'impegno del Governo è assoluto nel garantire alle famiglie e alle imprese il massimo sostegno per la ripartenza. Sulle risorse e chiudo, le valutazioni le faremo quando avremo tirato una riga sotto (io penso che c'è ancora bisogno di tempo per tirare quella riga). Intanto arrivano le risorse europee, oltre 80 miliardi a fondo perduto delle risorse stanziate annunciate ieri, tutto declinato al futuro, onorevole. Nulla è declinato al passato quando arrivano le risorse: si declina sempre al futuro, e tocca a noi accelerare il più possibile per far sì che quelle risorse entrino nelle vene del Paese. È un impegno assoluto del Governo, penso, a tutto il Parlamento, quello di pretendere che le risorse arrivino presto e che vengano utilizzate. Siccome una massa di risorse così ampia, (non sto facendo riferimento agli oltre 170 miliardi, mi riferisco a quelle a fondo perduto che in un periodo così breve non ci sono mai state nel nostro Paese), sarà opportuno con il Parlamento confrontarsi, su come saranno indirizzate, su come impatteranno sui diritti principali che dobbiamo mettere in sicurezza, a partire da quelli garantiti dai livelli essenziali delle prestazioni.

  PRESIDENTE. La ringrazio, signor Ministro. Adesso facciamo un altro giro di domande. Vi chiedo di contenere il più possibile gli interventi per dare la possibilità di una esaustiva replica. Approfitto per fare una domanda al ministro. Mi riferisco all'articolo 111 del decreto-legge n. 34/2020, che riguarda il fondo di compensazione previsto per tutto il comparto dalle regioni sia a statuto ordinario che a statuto speciale, che prevede uno stanziamento di un miliardo e mezzo ad oggi, a fronte di 5 miliardi di euro previsti, di perdite di gettito per tutto il comparto; è evidente che vi è una discrasia tra quello che oggi viene previsto per coprire, e quello che invece Pag. 14servirebbe. È evidente che il fondo debba essere finanziato ai fini di garantire equilibrio di bilancio – conosciamo tutte le difficoltà in cui ci troviamo oggi – ma ritengo fondamentale chiedere se ci siano, e quali siano gli intendimenti del Governo per andare incontro alle richieste delle regioni (che altrimenti si vedrebbero obbligati a dei tagli che per loro sarebbero insostenibili, e che sarebbero tra in totale distonia con gli assunti del DEF). Grazie al ministro per la risposta che mi vorrà dare. Lascio ora la parola ai colleghi per gli ulteriori interventi.

  ALESSANDRO CATTANEO. Grazie ministro. L'emergenza COVID è stata un'occasione che avremmo voluto evitare, ma ci darà indicazioni sul tema che in questa bicamerale trattiamo, ovvero dove posizionare l'asticella tra autonomia e responsabilità nel rapporto con le regioni. Vorrei che facessimo un lavoro il più possibile concentrato su temi di politica alta. Da un lato abbiamo visioni differenti di funzionamento dello Stato, con una tendenza a ciascuno di noi all'efficienza e all'efficacia con cui eroghiamo i servizi al cittadino; dall'altro lato la verità dei numeri, che dovremmo analizzare anche a valle di questa emergenza, riguardando tutto ciò che è accaduto e andando a vedere caso per caso. Vorrei che facessimo questo lavoro al di là delle appartenenze di partito, o anche geografiche, che in questo caso un po' condizionano tutti noi. In aula ne abbiamo sentite già un po' di tutti i colori e abbiamo sentito strumentalizzazioni, che francamente (io sono lombardo) mi hanno particolarmente infastidito, e spero che questo sia un contesto diverso su cui lavorare sui contenuti. Ci siamo lasciati, prima di questa emergenza, in cui era avviato un percorso salutato da tantissime regioni, come auspicato, che era quello dell'autonomia differenziata. Vorrei sapere una sua indicazione: se questo percorso proseguirà, e come, da una difficoltà che abbiamo vissuto, cogliere l'occasione anche per valutazioni che rimangano a beneficio di tutti con qualche elemento di attenzione (io già vedo per esempio alcune spinte di natura centralistica, statalista che non mi convincono e mi preoccupano). Prima parlava della sussidiarietà. Mi vedo moltissimo nelle parole del Presidente della Repubblica, che lei ha ricordato. «La sussidiarietà ci fa sentire tutti uniti.» Sussidiarietà vuol dire, trasversalmente, concorrere al bene pubblico, e in questo senso comprendo anche i privati, senza imbarazzo alcuno. Anche nella sanità, il ruolo dei privati, credo che debba essere guardato nel merito e non con un retaggio ideologico (da una parte o dall'altra). Credo che in alcuni casi si vogliono dare delle soluzioni facili a problemi complessi. La Lombardia è stata investita in particolare da un'onda d'urto, che non ha paragoni con altre regioni. Non è andato tutto bene però facciamo un discorso maturo, guardando numeri e casistiche. Per esempio, credo che sia andata più in crisi la sanità di territorio piuttosto che altri tipi di polemiche (che ho sentito qui e non voglio sollevare nuovamente). Io continuo a credere che il percorso su autonomia, responsabilità, e un federalismo fiscale maturo sia la direzione di marcia da proseguire. Questa è un'occasione per correggere qualcosa che non ha funzionato, che non funziona, ma guai a invertire la direzione di marcia. C'è un grande vantaggio nell'autonomia; i cittadini, al massimo di cinque anni, giudicano coloro a cui hanno affidato la gestione dei servizi pubblici e del bene pubblico. Questo è un controllo di cui mi fido. I cittadini sono un elemento – per me – sovrano in maniera assoluta. Guardando anche il gradimento medio dei governatori, con qualche eccezione, ma i governatori sono stati visti come punti di riferimento; questo è un piccolo indicatore che dice che le regioni hanno svolto e possono svolgere una funzione virtuosa e positiva. Questo è un po' il succo. Questa è una Commissione in cui io credo, con l'auspicio di fare un lavoro sui numeri, e di capire da lei, insieme al ministro, come poter proseguire in questo lavoro. A margine, un grande tema che viene avanti, che io saluto con ottimismo, che è quello del Recovery Fund, quello del MES. Nel caso in cui potessimo contare anche su queste risorse, bisogna capire come innestarle in maniera virtuosa all'interno del percorso del federalismo fiscale. Pag. 15Concludo con un'attenzione ai numeri: questa è stata una pandemia mondiale, che statisticamente non avviene ogni anno. È stata un'eccezione. Attenzione a guardare i numeri che avremo davanti, traendone poi un dimensionamento come fosse un tempo ordinario. Adesso faccio una battuta: non ci sono per fortuna vincoli nell'assunzione del personale sanitario. Non vorrei che alla fine ci trovassimo che hanno assunto più quelli non hanno avuto l'emergenza rispetto a quelli che hanno avuto l'emergenza – lo dico una provocazione – ma questo è per dire che dobbiamo avere anche la lucidità di ricondurre i numeri che sono di un'emergenza, che sono preziosi, ma non possono far regola in un tempo ordinario, a cui speriamo tutti di tornare presto. Grazie ministro, sempre per la disponibilità.

  SABRINA RICCIARDI. Grazie, sarò brevissima. Mi riallaccio alla domanda fatta dalla collega Ianaro per chiedere una specificazione. L'emergenza COVID ha mostrato la fragilità della sanità meridionale, causata da una sperequazione persistente della spesa pubblica sanitaria. Nonostante ciò, la Lombardia è risultata la singola regione più colpita al mondo. Si sono registrati anche episodi di malasanità che sono al vaglio della magistratura. Vorrei sapere se si è discusso in seno ai ministeri competenti, la possibilità di nominare un commissario ad acta per la sanità lombarda (sempre nelle more dell'emergenza sanitaria) e se ritenga che questo decentramento sanitario possa essere messo in discussione a favore di un sistema centralizzato. Grazie.

  ALESSANDRO GIGLIO VIGNA. Grazie, presidente. Buongiorno, ministro. Ci stupisce che definisca la «fase uno» più semplice di tutto il complesso. Io sono deputato piemontese della Lega, e qui c'è anche la senatrice Ferrero, anche lei della Lega e piemontese. Noi, sui territori siamo stati a contatto con i nostri. In regione, abbiamo avuto un link diretto giorno per giorno. Non abbiamo percepito un'impressione di semplicità nella «fase uno». Abbiamo avuto problemi a capire la vostra catena di comando. Confusione, protocolli attivati in ritardo, mancati acquisti. L'epidemia ha evidenziato la criticità del Governo riguardo al rapporto con le regioni (e di questo stiamo parlando). Avete scelto di centralizzare gli acquisti e avete reso le regioni dipendenti dallo Stato per gli approvvigionamenti. Quando il vostro sistema ha avuto dei problemi, avete reso impossibile alle regioni gli acquisti: burocrazia, richieste di autorizzazioni, e materiale requisito (perché è successo anche questo, o almeno questo è successo a regione Piemonte). La Regione Piemonte ha comprato del materiale dall'estero, anche le regioni si sono attivate con gli strumenti (molto meno potenti di quelli dello Stato) per comprare all'estero il materiale che non arrivava dallo Stato centrale; materiale poi requisito alle dogane. Ancora oggi stiamo svolgendo indagini, non in forma di magistratura, ma indagini per capire da quale autorità e con quale autorità avete – io dico «avete» nel senso «voi come autorità statale» – requisito il materiale comprato da regione Piemonte per i cittadini piemontesi e soprattutto dov'è quel materiale, che è stato un acquisto di regione Piemonte (quindi anche a posteriori, se si potesse poi riavere). Sulla fase due: state lasciando interi settori nel caos. Regole non chiare, virologi da talk show, membri di task force che si smentiscono, protocolli slegati dalla realtà, molte volte alcuni dei vostri (fra virologi e questi membri della task force) rilasciano interviste, lasciando interi settori nel caos diffondendo vere e proprie fake news. Differenziazioni fra territori senza senso, come ad esempio il caso Calabria e Bolzano. Il sistema dell'INPS è totalmente in panne. Questa situazione – dal nostro punto di vista – ha dimostrato la buona gestione delle regioni, e tutte le problematiche dello Stato centrale. Secondo noi, e secondo quella che è l'impressione del Paese reale, lo Stato è stato molto meno efficace delle regioni. Ancora una volta è necessario andare in una direzione, dove dovrà esserci più regione e meno centralizzazione. Noi, come gruppo Lega, abbiamo chiesto una Commissione parlamentare per capire che cosa Pag. 16non è andato nel vostro lavoro; cosa non è andato nella gestione governativa a livello statale. Siamo sicuri che nell'ottica della trasparenza (quella trasparenza tanto sbandierata da alcuni dei partiti della maggioranza di cui voi siete parte), questa Commissione parlamentare ci sarà per andare a indagare cosa non è andato. Signor ministro, speriamo di ritrovarci fra un po' di mesi per parlare di autonomia. Speriamo di riprendere quel percorso virtuoso e di lasciarci queste fasi alle spalle, perché ancora una volta questo Paese ha dimostrato di avere tanto bisogno di autonomia, e i cittadini la vogliono. Finisco facendole, e facendo a noi a tutti noi un piccolo riassunto di quella che è la situazione italiana. Sarò molto breve. È un elenco in cinque punti, un piccolo elenco di quella che è la situazione italiana dell'autonomia. Abbiamo quattro regioni e due province autonome storiche (statuti speciali storici, di cui come legislatori andiamo orgogliosi perché sono degli esempi di autonomia da cui prendere spunto); tre regioni che il 28 febbraio 2018, hanno sottoscritto accordi preliminari con il Governo, e di queste tre regioni, due hanno fatto votare i cittadini, il popolo; tre regioni (di cui il nostro Piemonte) hanno confermato il mandato ad avviare negoziazioni con il Governo; cinque regioni hanno già parlato informalmente di autonomia, e solo due regioni non hanno ancora mosso nessun passo, neanche informale, verso l'autonomia. Questa Commissione parlamentare per capire dove avete sbagliato è indispensabile (noi la vogliamo). Speriamo di tornare a parlare di autonomia, come dovrebbe fare questa Commissione e come di sicuro farà questa Commissione. Grazie ministro. Grazie, presidente.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Grazie, ministro. Anch'io non posso non unirmi ai ringraziamenti che sono stati fatti prima dal collega, perché credo che il suo volto abbia accompagnato, e abbia rappresentato lo Stato in scenari molto complessi, ma non l'ha rappresentato solo in modo formale, ma l'ha rappresentato con un sostegno concreto con l'arrivo di infermieri e medici in una situazione che in Lombardia era veramente drammatica. A nome del Partito Democratico, rinnovo i ringraziamenti, forse sono stati fatti poco anche da parte nostra nei suoi confronti. Questa è la questione che mi preme evidenziare oggi. Io, da lombardo, ho meno certezza di prima sull'autonomia. Vorrei che iniziassimo a fare un discorso che non parli di più o meno autonomia, ma una rifondazione anche del pensiero dell'autonomia, perché quello che è accaduto in alcuni contesti dimostra che qualcosa non va (a me non interessa oggi definire che se abbia più colpa lo Stato o più colpa la regione.) Qualcosa non ha funzionato in generale. Non ha funzionato nell'emergenza e sappiamo che ci sono state molte difficoltà (io non vorrei che facessimo l'errore di non cogliere questa drammatica situazione anche come un'opportunità per riscrivere il sistema autonomistico italiano), e lo dico anche a fronte di quello che arriva dall'Europa: dal tema importante di questi giorni che sono le risorse. Noi non possiamo commettere l'errore di pensare di prendere queste risorse straordinarie, di gestirle in modo ordinario attraverso una distribuzione tra enti, tra livelli dello Stato, delle regioni. Non è questa la questione che dobbiamo affrontare. Le chiedo se ci sono già delle stime, perché molto spesso noi abbiamo discusso di vincoli della questione del MES e di altre cose, senza arrivare a capire cosa significa il MES concretamente (visto che si tratta di risorse che devono andare in modo diretto o indiretto a finanziare i sistemi sanitari; e sappiamo che nei sistemi sanitari, c'è molto di regione). Vorrei capire se c'è anche una stima di come queste risorse possano essere suddivise sul territorio italiano, anche per intervenire nel sostegno di quei sistemi sanitari che sono stati maggiormente colpiti. Vorrei anche capire, se è possibile, come riscrivere i fondi nazionali (come il fondo sanitario regionale e le altre forme di contribuzione); come vengono riscritti e quali sono i parametri. Mi rivolgo anche al sistema non più solo pubblico, ma accreditato. In Lombardia, ad esempio, qualche regola in più rispetto all'implementazione in determinate situazioni della risposta anche del sistema accreditato privato, credo che debbano arrivare. Con tutto il rispetto Pag. 17per il grande lavoro fatto nella costruzione di un ospedale in fiera a Milano, credo che noi dobbiamo avere un sistema che sia in grado di rispondere in modo migliore alle emergenze, anche in modo diversificato, e che queste risorse vengano distribuite al privato anche con l'impegno di contribuire in alcune situazioni al bene, alla salute pubblica; purtroppo è evidente che non è avvenuto (io penso che sia chiaro a tutti). Da questo punto di vista anche i criteri di accreditamento devono inserirsi non solo il tema dell'eccellenza di alcune grandi asset portanti della sanità regionale; devono permettere che ci sia un maggior rapporto, una maggiore integrazione della risposta al fabbisogno dei cittadini sanitario. L'ultima questione che le chiedo è proprio inerente a questa Commissione e segue un po' il filo conduttore del mio intervento. Credo che oggi noi non possiamo commettere l'errore (che siano 170, oppure 90 a fondo perduto e altri a prestito), di non ridisegnare il sistema fiscale italiano partendo anche dal rapporto tra i livelli tra Stato, regioni, enti locali – commetteremo un errore enorme – anche perché sappiamo tutti che questa è una grande opportunità che ci deve spingere a ridisegnare il sistema fiscale. Credo che non ci sarà un'altra opportunità come questa, anche riguardo a quelle che sono le misure che l'Europa sta adottando. Noi dobbiamo approfittare. In questi anni, anche le crisi economiche sono state risolte in parte con delle politiche monetarie, e io credo che le politiche monetarie dovranno essere in Europa sempre più sostituite dalle politiche fiscali armonizzate. Credo che il lavoro che questa Commissione dovrà fare sarà proprio quello di definire meglio i rapporti da subito, quindi partire dal rapporto tra i diversi enti nazionali e regionali, prima di iniziare a parlare di riforma dell'IRPEF e di altre cose. Non vorrei che affrontando questo tema in coda, ci troviamo di fronte al problema che non riusciamo a sviluppare un sistema autonomistico vero – e dico «vero» – ed è importante che non sia solo a corollario di un sistema già riformato. Grazie.

  PRESIDENTE. Ci sono ancora tre commissari iscritti a parlare, per cui vi chiedo cortesemente di privilegiare nei vostri interventi le domande rispetto alle riflessioni, che comprendo sono importanti, ma dobbiamo anche lasciare al ministro la possibilità di replica.

  FIAMMETTA MODENA. Buongiorno ministro. Io mi baso su quello schema che lei ha lasciato nella precedente audizione con riferimento agli articoli rilevanti del DL bilancio. Un tema che ha già toccato è quello che riguarda le zone rosse. Credo che l'impostazione, anche se data con riferimento alle province che può essere corretta, rischia di trovare delle anomalie, perché può trovarsi in regioni (tipo la mia che è l'Umbria) con un comune che è dentro e un comune che è fuori. Su questo invito una riflessione, perché ci possono essere delle disparità che poi diventano incomprensibili e difficili da gestire. Sempre nello schema che ci ha fornito, c'è un riferimento a un argomento che è quello dell'emittenza locale che riguarda in parte anche il MEF (un DPR n. 146, che viene citato per l'applicazione) che determina il fatto che moltissime emittenti vengono lasciate fuori. È un criterio che può essere comprensibile in tempo di pace. Invito, se possibile, a una riflessione in tempo di guerra, perché noi abbiamo tantissime piccole radio e piccole televisioni, che non rientrano nei requisiti (si è cercato di creare un'aggregazione di mercato, di chi ci riusciva a stare sul mercato) però nella fattispecie attuale, ci sono delle piccole realtà che hanno due o tre dipendenti che sono rimaste travolte (glielo segnalo perché era tra le norme del decreto «Rilancio», e che erano ancora in fase di pubblicazione). L'ultima questione (questo è un invito per la prossima volta che ci vediamo) è se si potesse fare un quadro con riferimento alle risorse che sono state date, e in merito a come poi le regioni si attrezzano se ipoteticamente dovesse venire un'altra pandemia fra uno, due, tre quattro anni. Ultimissima cosa: per l'Umbria noi abbiamo avuto una polemica con riferimento alla questione dei dati. Volevo sapere se era stato corretto il sistema di monitoraggio, o se è rimasto tale. Grazie.

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  MARCO PEROSINO. Signor ministro, concedo al Governo parecchi attenuanti rispetto a questa situazione; non solo le generiche, ma proprio quelle specifiche per un fatto di tale portata, come già sottolineato, e di tutta evidenza. Con il senno di poi (lei ha fatto una cronistoria dei fatti) era meglio chiudere tutto e subito. In quel momento capisco che c' erano le pressioni di Confindustria, e anche qualche politico pensava di continuare a fare gli aperitivi, e che tutto ripartisse, ma quasi trasversale (non me ne voglia). Con il senno di poi, forse, chiudere subito voleva dire «mettere un punto fermo per due, o tre settimane» (magari alla cinese, salvo gli aspetti che noi non abbiamo, per nostra fortuna siamo democratici). Lei ha accennato al problema della semplificazione. Io vorrei evidenziare quello che lei a pagina otto della relazione che ci ha inviato, alla lettera F, che ama «tipizzare le ipotesi di colpa grave per danno erariale, in modo da non essere colpiti da un altro virus altrettanto pericoloso», la paura della firma. Al di là e oltre di questa faccenda, io penso che il suo ministero, assieme al ministero della Pubblica Amministrazione, dovrebbe studiare, approfondire questo problema, che è evidente del sistema italiano e che è un po' il grimaldello che può far saltare, migliorando il sistema. Io ho fatto questa battaglia a tutti i livelli di impegno politico a cui ho partecipato. Sono fautore della firma da parte dei sindaci, soprattutto dei piccoli comuni. Sono un sindaco e firmo. L'unico sistema che ritengo che possa funzionare è accelerare. Poi, la differenziazione, la caratterizzazione delle competenze tra Stato e Regioni in materia della sanità. Bisogna precisare meglio, ma non pensare di tornare a centralizzare. Le regioni sono quelle più vicine per davvero, e se funzionano (mi riferisco ad esempio l'edilizia sanitaria, un conto che parta dal capoluogo di regione, un conto che parta da Roma) magari bisognerebbe precisare meglio alcune questioni. Mi riferisco alla prevenzione sanitaria e anche alla medicina di base. Mi riferisco a quello che citava qualche collega, passaporti digitali, analisi varie, (quelle che adesso sono un po' confuse) e non ci fanno capire che cosa si può fare, che cosa si potrà fare. Ritengo inoltre che si debba avere una massima attenzione nei confronti della app Immuni, perché ha dei profili di invasione di altri settori delicati. Infine, chiudo con una battuta sugli assistenti civici, quei 60.000. Io lascerei perdere, perché prima che si siano formati forse la pandemia sarà finita, come speriamo.

  PRESIDENTE. Grazie. Rimaniamo nell'ambito delle materie di cui tratta questa Commissione.
  L'ultimo intervento è dell'onorevole Osnato, a cui raccomando la brevità.

  MARCO OSNATO. Sarò brevissimo. Parto da una riflessione dopo l'intervento di una collega che chiedeva il commissariamento per elementi di malasanità quasi accertati in Lombardia. Andando a modificare il sistema stesso delle materie di competenza regionale e statale, di quelle concorrenti, io volevo chiedere se si ritiene che il tema della concorrenza delle materie forse abbia generato qualche confusione in questi anni, non solo negli ultimi gli ultimi accadimenti. Se si pensa che anche lo Stato centrale abbia un po' indugiato nell'affidare totalmente il tema sanitario alle regioni, senza neanche fornire tutti gli strumenti, in questo caso si è visto proprio in tema di prevenzione e di profilassi. Io ho una valutazione diversa su quello che è successo in Lombardia rispetto alla collega. Io credo che se si chiede il commissariamento per presunti episodi di malasanità, credo che gli stessi presunti episodi di malasanità ci siano stati anche in Emilia Romagna, nel Lazio, in Calabria, in Puglia. Insomma, il tema delle indagini sulle case di riposo, al quale evidentemente si riferisce, c'è un po' dappertutto. Quindi chiedo di aggiornare il Titolo V, eliminando il più possibile la concorrenza delle materie, soprattutto in sanità, ma non solo. Sulla sanità privata io credo che proprio il virtuoso esempio della Lombardia forse potrebbe essere un ottimo benchmark per le altre regioni, se pensiamo che in un momento critico come quello del Covid, proprio la sanità lombarda Pag. 19 privata accreditata ha fornito – spesso anche con risorse private – un apporto notevole. Per esempio pensiamo a un ospedale molto noto, il San Raffaele, che per i tre quarti dei suoi posti letto in questo periodo ha assistito malati di Covid, d'intesa ovviamente con la regione Lombardia. Quindi evidentemente il tema dell'accreditamento degli ospedali privati è un elemento positivo che forse potrebbe essere esteso ad altre regioni e che potrebbe fornire maggiore assistenza ai cittadini di queste regioni, senza incidere in modo eccessivo sui costi delle regioni stesse, magari evitando anche quel turismo sanitario... Uso questa frase abbastanza triste, che connota i rapporti tra Lombardia e le altre regioni. L'ultima domanda è sulla spesa sanitaria riferita anche al MES, Recovey Fund e quant'altro. Forse l'ha già detto, ma io magari l'ho perso. Abbiamo un'idea esattamente di una previsione di quanto sia questa spesa sanitaria di cui l'Italia ha bisogno in questo momento? Grazie.

  PRESIDENTE. Lascio la parola al Ministro per la replica.

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie, presidente Invernizzi e grazie ai colleghi per le domande molto puntuali. Mi consentono di chiarire molti degli aspetti che abbiamo toccato. Parto dalle sue domande, presidente. Il Fondo di compensazione per le regioni di un miliardo e mezzo, il Governo non lo ha mai considerato esaustivo e non può esserlo per un motivo che questa Commissione conosce quanto il Governo. Forse anche più del Governo. Cioè che i dati sulle mancate entrate le avremo non prima di fine giugno. Il riparto di questo miliardo e mezzo è previsto non a caso a luglio e valuteremo qui quali sono le migliori entrate che hanno avuto impatto – tra l'altro molto diverso – tra le regioni a statuto speciale e quelle a statuto ordinario. Per questa ragione il miliardo e mezzo va considerato come un anticipo importante, ma non siamo in grado di stimare quale sarà il saldo. Lo stimeremo insieme. Francamente nessuna regione italiana oggi è in grado di dirci con certezza a quanto ammontano le minori entrate. Nessuna esclusa, ve lo garantisco. Nemmeno le regioni a statuto speciale con le quali sono in contatto strettissimo, non abbiamo i dati. Si fanno delle stime che sono delle presunzioni, ma non possiamo fare atti normativi su presunzioni che comunque possono essere verificate durante l'anno. Quindi a giugno il Governo, il Parlamento e questa Commissione avranno i dati reali di questa prima fase. Vedremo quanto copriamo con il miliardo e mezzo e subito dopo sarà inevitabile fare un altro intervento a chiusura delle minori entrate che ci sono state. Penso che oggi sia prematuro quantificarle con un numero, non sarebbe corretto.
  L'onorevole Cattaneo chiedeva dove posizioniamo l'asticella su autonomia e responsabilità. L'importante è tenere insieme autonomia e responsabilità, l'asticella va posizionata in alto, ma quanto basta per poter essere superata però, perché non deve essere una chimera. Autonomia e responsabilità hanno viaggiato di pari passo in questa crisi del Covid 19, è stato così sin dal primo momento.
  Onorevole Vigna, io non ho mai parlato di semplicità. Le parla uno che ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette, senza mai fermarsi per settanta giorni, ha fatto su e giù per il Paese. Ringrazio l'onorevole Fragomeli per averlo ricordato, penso di essere venuto una decina di volte nei quaranta giorni di maggior crisi, per motivi diversi. Ho incontrato tutti i presidenti delle regioni che erano in maggiore difficoltà, compreso il presidente Cirio. Ho semplicemente detto che la fase due rischia di essere più complessa e difficile della fase uno. La fase uno l'ho vissuta, come tutti voi, nella sua drammaticità e nella sua estrema difficoltà, così come tutti gli italiani. Penso che la fase due sia ancora più complessa e quindi dobbiamo fare ulteriori sforzi per gestirla, perché mentre in quella fase gestivamo chiusure dolorose e difficili, nella fase due bisogna far ripartire il Paese con tutte le sue articolazioni e con un sistema di imprese che ha bisogno di essere aiutato, accompagnato, assistito. Io devo dirle che non ci sono mai state autorizzazioni. Pag. 20 Le regioni sono state libere di acquistare. Con il presidente Cirio, in qualsiasi momento della giornata, ci sono state giornate in cui ci siamo sentiti numerosissime volte. Non c' è presidente di regione che abbia messo per iscritto che ci sono state ulteriori autorizzazioni. Solo le autorizzazioni agli acquisti con i fondi dello Stato oggi sono necessarie, ma non serve l'autorizzazione, serve l'ordine. Se una regione ha bisogno di cinquanta ventilatori polmonari, acquistati con risorse statali – non mi pare una cosa molto complicata e difficile – manda una mail al commissario per l'emergenza che fa l'ordine in nome e per conto della regione che ha mandato la mail. Non servono timbri, serve una mail e non ci sono autorizzazioni. Chi compra con i soldi dello Stato, ha la necessità di sapere a cosa serve il materiale che viene acquistato con le risorse dello Stato, così come non ci sono materiali bloccati, se sono per le regioni. L'agenzia delle dogane ha svolto un lavoro difficilissimo. C'è un decreto-legge convertito in legge che ha bloccato nella fase più critica tutti i materiali in uscita e in entrata dal nostro Paese che non andassero negli ospedali. Quindi l'agenzia delle dogane, facendo un lavoro difficilissimo, nel momento in cui il Paese era tutto chiuso, ha bloccato tutto quello che poteva andare a privati all'estero. Come è noto sono stati bloccati tamponi, reagenti, in alcuni casi ventilatori polmonari che servivano all'Italia, invece venivano esportati. Come si fa normalmente nel commercio, però eravamo in una condizione drammatica e se permette era più giusto vendere alla Repubblica italiana che portava quelle cose negli ospedali. Quando è stato bloccato qualcosa – perché ci sono stati casi di importazioni fatte dalle regioni – il commissario Arcuri ha detto in comitato operativo che si è sempre riunito, continua a riunirsi dal giorno dell'emergenza e sarà così fino all'ultimo giorno dell'emergenza. Ogni giorno alle ore 9 c'è un comitato operativo al quale partecipano tutte le regioni, il commissario Arcuri, il capo della Protezione civile Borrelli e quando serve ed è opportuno va anche un Ministro. Ma stiamo parlando di coordinamento operativo che avviene ogni giorno, senza distinzione, dal lunedì alla domenica. Quel comitato operativo dà indicazioni a tutte le strutture operative che si muovono in funzione degli obiettivi e delle esigenze. È stato detto più volte ed è tutto a verbale, che le importazioni bloccate temporaneamente alle dogane, se fossero state oggetto di commesse delle regioni, sarebbe bastata una mail per sbloccarle. Questo è avvenuto, perché le dogane in alcuni casi non erano a conoscenza che gli ordini fatti in Cina o dall'altra parte del mondo erano stati fatti dalle regioni, perché spesso c'erano degli intermediari privati. Se non c'era il nome della regione, non si riconosceva la finalità di quell'acquisto. È bastata una semplice mail per sbloccare tutto. Diverso è aver giustificato per i blocchi alle dogane materiali che venivano importati, ma non andavano negli ospedali o nelle ASL (azienda sanitaria locale), ma andavano a privati per fare business. In quel caso, mi dispiace e lo ribadisco, è vero. Sono stati bloccati perché tutti i materiali sanitari arrivati dovevano andare prioritariamente negli ospedali e nelle farmacie. Su questo tema siamo stati molto chiari fino a quando l'emergenza non è stata acuta. Stiamo parlando di questo e tutti i presidenti delle regioni sono sempre stati informati in tempo reale. Quando si è trattato di sbloccare qualcosa... È successo alla regione Lazio, alla regione Emilia Romagna di aver fatto importazioni prima che la crisi diventasse drammatica e non essendoci un riconoscimento all'ingresso della dogana, sono state tutte cose sbloccate subito. Penso sia successo anche alla regione Lombardia, a Malpensa. Sono tutte cose che si sono risolte nel giro di pochissimi giorni. Ovviamente se ritenete che ci siano tuttora cose bloccate alle dogane di competenza delle regioni o della pubblica amministrazione locale, attraverso la Commissione potete segnalarlo al Ministero, alla Protezione civile e all'ufficio del commissario Arcuri e si interviene in tempo reale. Normalmente i tempi di risposta sono di qualche ora, nemmeno di una giornata. Mi consentirà anche di ricordarle una cosa, onorevole Vigna, perché penso che se ne sia parlato poco. Così Pag. 21recuperiamo un tema a me molto caro. Nei giorni più drammatici – io sono venuto a Torino con i medici e gli infermieri volontari – sono arrivati cinquecento medici, seicento infermieri e sono arrivati quasi tutti dal centro sud. Sono arrivati nel giorno di Pasqua, Domenica delle Palme, di sabato e domenica. Erano giovani nonni, giovani nonne. Abbiamo fatto un bando, a proposito di volontari, scavalcando le burocrazie su richiesta della regione Piemonte, della regione Lombardia, della regione Emilia Romagna, delle due province autonome di Trento e Bolzano, della regione Liguria. In un momento drammatico come quello, in cui non c'era più la disponibilità per i turni perché alcuni operatori sanitari facevano anche quarantotto ore consecutive e non c'erano nemmeno più medici arruolabili. Ricordo a tutti voi che abbiamo eliminato subito i vincoli alle assunzioni e tutti potevano assumere chiunque, potevano far rientrare dalla quiescenza chiunque. Questo è stato autorizzato dal primo giorno dell'emergenza. Gran parte delle regioni colpite hanno fatto il massimo arruolando tutti quelli che si potevano arruolare, compresi gli specializzandi del quarto e quinto anno. Siccome non bastavano gli operatori sanitari, ci siamo rivolti direttamente ai volontari e la prima volta lo abbiamo fatto chiedendo alle burocrazie regionali un numero di volontari. Quello che vi dico è agli atti. Le burocrazie regionali sia del comitato operativo che del rapporto Stato-regioni. Erano arrivate quaranta disponibilità, che ho ringraziato, dalle burocrazie regionali, da tutte le altre regioni per andare nei posti più colpiti. Ho condiviso con le regioni l'ipotesi di chiedere direttamente agli italiani, ai medici, agli infermieri. Ho detto: «Siccome siamo in totale emergenza e qui stanno saltando tutte le regole, chiediamo direttamente ai medici se se la sentono». Sono arrivate ottomila domande di medici italiani, anziché quaranta che erano arrivate attraverso la disponibilità delle burocrazie regionali. Guardate, lo dico perché questa è una lezione per la burocrazia e per la politica. Perché evidentemente l'orecchio nelle corsie degli ospedali non era adeguato se mi arrivano sul tavolo quaranta disponibilità e poi quando si chiede direttamente ai diretti interessati, arrivano otto mila disponibilità per andare a Bergamo, Brescia, Piacenza. Nei momenti in cui i turni erano di quarantotto ore, per dare il cambio hanno lasciato famiglie, nipoti, molti sono ritornati dalle pensioni. Quasi il trenta per cento erano pensionati che sono tornati dalle pensioni, perché non è facile trovare rianimatori, anestesisti, infettivologi o virologi nel nostro Paese. Questo è accaduto nell'emergenza. In quei giorni di emergenza – su questo ringrazio la Guardia di finanza e l'aeronautica militare che ha messo i voli a disposizione – sono stati portati i medici notte tempo da Roma dove facevano i tamponi. Ovviamente bisognava portarli negativi nelle corsie degli ospedali delle varie regioni. Il Piemonte è stata una delle regioni che ha beneficiato di più del volontariato dei medici e degli infermieri del centro sud. Tuttora. Qualche giorno fa hanno viaggiato con me novantotto infermieri. Sono andati in Lombardia, in Piemonte, in Liguria e in Emilia Romagna. Succede ogni giorno, non è che viaggiano sempre con me. Io ho preso un passaggio da loro in questo caso perché ho incontrato a Milano il presidente Fontana. Accade ogni giorno ed è questa la forza, la macchina dello Stato e il rapporto tra Stato e regioni. Questo stesso bando di volontari – così le rispondo sui volontari – è stato fatto su richiesta degli ospedali e hanno risposto ottomila medici. È stato fatto su richiesta delle ASL e delle RSA (residenze sanitarie residenziali) private che sono andate in crisi e ci sarà da riflettere su questo e seriamente. Anche qui dalle burocrazie arrivava disponibilità di trentacinque infermieri, hanno risposto 9.500 volontari e infermieri. Sono andati negli ospedali, delle ASL e nelle RSA. Poi c'è stata l'emergenza carceri. Il Ministro della giustizia Bonafede mi ha chiesto in emergenza... Quando c'era la fase delle scarcerazioni, in alcuni casi per le ragioni connesse al Covid-19 e le difficoltà che c'erano nelle infermerie e nei presidi sanitari dentro le carceri, e in più c'era anche la necessità di riorganizzare la vita nelle carceri. Pensate ai colloqui, pensate a tutte quelle attività che presuppongono Pag. 22 un rapporto fisico più vicino tra le persone. Anche lì servivano ai direttori delle carceri e al DAP (dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) e abbiamo fatto un bando volontario con lo stesso dispositivo del bando volontario per gli assistenti civici. Le parole sono le stesse, la finalità è diversa e la responsabilità è di chi li accoglie. Hanno risposto 25.500 operatori sociosanitari. Sulla base di questo successo straordinario di volontariato puro che non si sostituisce a nessun'altra rete esistente, per la quale noi siamo assolutamente grati, e non è sostitutivo di null'altro. Io sono uno dei più grandi sostenitori del terzo settore. Sono state tutte operazioni fatte in emergenza. Dopo i direttori generali delle ASL, i dirigenti degli ospedali, i proprietari delle RSA, i direttori delle carceri, potevano o no i sindaci chiederci la stessa cosa? Perché ce l'hanno chiesto i sindaci, con i quali io sono assolutamente sempre stato d'accordo e lo stesso dispositivo degli assistenti e civici connesso a esclusive finalità sociali – oggi ci sono un po' di interrogazioni sul tema, i Ministeri coinvolti lo chiariranno – non c'è mai stato da nessuna parte. Non c'è mai stato un documento nel quale fosse scritto che gli assistenti civici fossero guardie o sentinelle di qualcosa. Dove è scritto degli assistenti civici? In centinaia di regolamenti comunali, non lo abbiamo inventato. Centinaia e centinaia di comuni hanno già gli assistenti civici. Ci sono leggi regionali. Ce n'è uno dell'Emilia Romagna del 2003 che definisce la categoria di assistente civico che molti di voi hanno incontrato spesso fuori dalle scuole, con le palette, quando ci sono le strisce pedonali e sono quasi sempre pensionati. La finalità è quella. Quando i sindaci ci hanno chiesto con la forza che lo Stato ha, perché la verità è che i bandi su medici, infermieri e operatori sociosanitari fatti dallo Stato hanno avuto successo. La rete alla quale ci siamo appoggiati, anche nella comunicazione pubblica nazionale, ha smosso la partecipazione volontaria di persone che hanno regalato il loro tempo a chi era in difficoltà e hanno regalato il loro tempo ai luoghi che erano in difficoltà. È agli atti, non è una cosa che sto dicendo per la prima volta, che tra le decisioni di molti magistrati di sorveglianza... Una per tutti, cito la magistrata del carcere di Reggio Emilia che ha detto no ai domiciliari a Raffaele Cutolo. È scritto dentro la decisione del magistrato che tra i vari motivi per cui si rigetta quella richiesta è anche l'arrivo di otto volontari sociosanitari arrivati da qualche giorno. È successo anche questo nel nostro Paese, al di là delle discussioni assolutamente comprensibili. Io accetto sempre le critiche personali, sono abituato come voi. Chi fa politica si assume sempre la responsabilità di quello che fa. Ma siccome la rete che ha portato alla partecipazione volontaria di molti italiani è stata uno straordinario esempio di passione e di generosità, io vorrei che la rispettassimo e rispettassimo soprattutto i sindaci che ce l'hanno chiesto. Molti degli straordinari volontari della Protezione civile dopo la fine del lockdown sono tornati al lavoro, come era inevitabile che fosse e andava potenziata la cosa dai sindaci stessi. Noi possiamo decidere se lasciare soli i sindaci che ancora una volta dovranno organizzarsi da soli la rete degli assistenti civici che c' è, perché esiste ovunque e quindi ognuno poi fa da sé con gli strumenti che ha. Oppure, come ci è stato chiesto, cosa che ho condiviso perché ho proposto dopo il successo condiviso dai sindaci, perché quando le regioni ci chiedevano nello Stato regione... Tutto quello che vi sto raccontando è accaduto in cabina di regia dove c'erano regioni, province e comuni. Sempre. Quindi quando abbiamo preso le decisioni in favore delle regioni, i sindaci c'erano e sapevano. Quando li abbiamo presi per le RSA in crisi, i sindaci c'erano e sapevano e hanno sostenuto questo ricorso al volontariato. Quando è toccato ai sindaci, devo dire che i presidenti di regione hanno sostenuto, l'intesa col presidente Bonaccini è arrivata nel giro di ventiquattro ore. Questo è il racconto istituzionale, poi si è trasformato in altro e ognuno può farsi un'idea di quello che è accaduto. Ritengo che sia necessario per la metà del mese di giugno – perché avevamo ipotizzato quello come periodo – e per tutta l'estate che i sindaci vadano aiutati in attività che sono quelle di portare il cibo a Pag. 23casa di coloro che non possono uscire di casa, i medicinali. Tutte attività che oggi si fanno. Il sostegno alle mense dei disagiati, il presidio di luoghi che inevitabilmente hanno bisogno di persone che rispondono l'amministrazione comunale. Pensiamo ai parchi, alle chiese, ai luoghi chiusi, i mercati chiusi in cui è necessario contare il numero di persone che entrano per evitare che ci sia affollamento. A questo servivano, servono e serviranno gli assistenti civici che se non arrivano attraverso noi, arrivano in autonomia attraverso l'azione dei sindaci. La ringrazio per la domanda, perché mi ha consentito di specificare questo aspetto. Ribadisco, il dispositivo dell'ordinanza ha le stesse parole delle altre ordinanze. Non c'era una parola in più e se era comprensibile per medici, infermieri e operatori sociosanitari, io penso fosse anche comprensibile per gli assistenti civici. La senatrice Ricciardi ha fatto una domanda molto secca sul commissariamento della sanità lombarda. Penso che non sia mai stata all'ordine del giorno. Non ci sono elementi per valutare un provvedimento di questa natura. La centralizzazione... Guardi, non voglio riaprire un tema che qui abbiamo trattato più volte. Io penso che questa esperienza ci induca a rafforzare ancora di più la prevenzione territoriale pubblica. Un collega lo diceva prima con chiarezza. C'è stato un passaggio rispetto alla fragilità della prevenzione territoriale. Il problema della fragilità è legato al numero di persone disponibili. Qui nessuno ha mai messo in discussione il mix pubblico-privato, ma la quota di pubblico. Il nodo vero è la quota di pubblico. Dove era bassa, il sistema non ha retto perché un'epidemia che si trasforma in pandemia ha bisogno del cento per cento. Tu hai il cento per cento della popolazione che si riversa e se sei fragile, inevitabilmente vai in difficoltà e hai bisogno che il sistema privato si trasformi a sua volta. Ma non sempre è trasformabile, perché anche un'eccellenza europea non sempre è trasformabile in tempi rapidi. Io penso che le risorse pubbliche, quelle europee e quelle nazionali stanziate dovranno rafforzare come non mai il sistema di prevenzione territoriale pubblica, che significa rafforzare i medici di base e i luoghi in cui si fa prevenzione. Io penso che in molte regioni vada rafforzato, ma di tanto. Lì lo sforzo può farlo solo lo Stato ed è uno sforzo senza precedenti. Cosa diversa è pensare di gestire da Roma, da qui dove siamo noi, l'ospedale di Belluno di De Menech o di Bisceglie, per citare la mia città. Penso che sia una follia pensare che da Roma si possa si possa capire meglio come può essere l'organizzazione territoriale di un ospedale. Da Roma si può imporre, quello sì, con una leale collaborazione, un rafforzamento della prevenzione territoriale pubblica. Questa, secondo me, è una sfida che il Parlamento deve raccogliere e io spero non ci siano distinzioni politiche o ideologiche su questo. Perché senza una presenza della sanità pubblica sul territorio non si risponde a delle emergenze che, nel mondo in cui viviamo, possono davvero mandare al collasso il Paese.
  Chiudo con la senatrice Modena, che mi poneva una questione sulle emittenze locali. Il tema è di competenza degli altri Ministri. Lo seguo perché era una delle richieste che mi era arrivata alle regioni, c'è una valutazione in corso. Spero che il dibattito parlamentare possa chiarire anche l'estensione del fondo nella finalità che lei auspicava. Sul sistema di monitoraggio, devo dirle che funziona bene. Mi è dispiaciuta l'incomprensione con la regione Umbria, ma ci dobbiamo abituare al fatto che c'è un sistema di monitoraggio condiviso – tra l'altro è stato condiviso da tutte le regioni – che ogni settimana ci dà il termometro della condizione di tutti i territori. Anche se alcune regioni sono partite che avevano un grado di rischio meno basso di altre, non era un giudizio. Non è una pagella, non ci sono di voti. Era il tentativo, ed è tuttora il tentativo di dire che ci sono delle luci che si accendono se c'è un piccolo focolaio, se la resilienza della sanità è fragile, debole e non è piena. Questo dipende dai numeri di posti in terapia intensiva, dai numeri dei posti in terapia subintensiva, dal rapporto tra tamponi e positivi. Ci sono oltre venti indicatori – mi pare siano ventuno- che compongono un algoritmo condiviso dai tecnici del Governo e dai tecnici delle regioni. Pag. 24Quindi nessuna regione deve sentirsi osservata speciale, anzi, deve sentirsi aiutata da quegli indicatori. Quando si è partiti, c'erano indicatori che mettevano le regioni Umbria, Molise e Lombardia in una certa fascia. Poi la regione Umbria e la regione Molise sono uscite. In verità nella regione Molise non c'è stato nessun dibattito. C'è stato nella regione Umbria. Mi dispiace, ma può succedere in qualsiasi regione e in qualsiasi settimana. Va preso per quello che è, una spia che ci dice che se c' è bisogno di intervenire sulle terapie intensive, si interviene. Se c'è bisogno di intervenire sulle terapie subintensive, si interviene. Non è una bocciatura o una promozione e soprattutto non deve incidere sulla ripartenza delle regioni che ci è già stata. Ora dalla prossima settimana ci saranno ulteriori passi in avanti e consentirà a tutti noi, finalmente, di goderci tutto il nostro Paese. Io per primo non vedo l'ora di tornare in Umbria, ma non trasformiamo il sistema di monitoraggio in una pagella perché non lo è. È un aiuto alle valutazioni che fanno non solo i decisori pubblici, ma anche i cittadini, perché sono più sicuri anche di quello che sta accadendo. Ribadisco, i dati rispetto alle valutazioni che il Governo farà per il 3 giugno arriveranno al Ministro della salute entro domani e poi si faranno le valutazioni, così come tutti si aspettano, così come è sempre avvenuto in maniera assolutamente rigorosa, laica e partendo sempre e comunque dal presupposto che la protezione della salute e della vita è una priorità assoluta. Ora il sostegno all'economia e alla necessità di rilanciare i posti di lavoro è la priorità delle priorità rispetto all'impegno non solo del Governo, ma di tutto il Parlamento. Di questo sento ogni giorno contributi di gruppi e dei colleghi di maggioranza e opposizione che vanno spesso nella stessa direzione. Tutti quanti noi vogliamo tornare a far sì che il Paese cammini e corra come desideriamo. Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Ministro. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10,25