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XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Giovedì 16 luglio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 4 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 
Trancassini Paolo (FDI)  ... 8 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 9 
Tripodi Maria (FI)  ... 9 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 9 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 9 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 9 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 9 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Ungaro Massimo (IV)  ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 12 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 12 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 12 
Orsini Andrea (FI)  ... 12 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 13 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 13 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 14 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 14 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 15 
Magi Riccardo (Misto-CD-RI-+E)  ... 15 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 15 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 15 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 15 
Serracchiani Debora (PD)  ... 15 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 16 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 16 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 17  ... 17  ... 17

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web-tv della Camera, come convenuto in sede di ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio. Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta, a richiesta dell'audito o dei colleghi che formuleranno quesiti od osservazioni.
  Ricordo altresì ai colleghi la prescrizione di indossare la mascherina, mentre consentirò di prendere la parola senza, avendo assicurato la necessaria distanza grazie alla dislocazione dei posti e alla sanificazione dei singoli microfoni.
  Ringrazio, a nome di tutta la Commissione, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, per aver accettato l'invito a intervenire in audizione, cogliendo l'occasione di dargli atto della piena collaborazione che questa Commissione ha sin qui ricevuto dal dicastero da lui diretto sia per le audizioni del personale diplomatico sia per la trasmissione della documentazione richiesta.
  L'odierna audizione fa seguito a quella svolta il mese scorso dal Presidente del Consiglio dei ministri e inizia il ciclo delle audizioni di coloro i quali sono stati in successione alla guida della politica estera italiana fino a risalire all'epoca dei fatti.
  Ricordo che il Ministro Di Maio è stato invitato a intervenire anche in relazione alle funzioni da lui precedentemente assolte di Vice Presidente del Consiglio dei ministri e di Ministro dello sviluppo economico, nell'ambito delle quali effettuò una missione al Cairo nell'agosto 2018 incontrando in particolare il Presidente della Repubblica araba d'Egitto in un colloquio in cui, a giudicare dalle notizie di stampa, fu richiamata significativamente la vicenda di Giulio Regeni.
  Al riguardo, mi preme rammentare che la delibera istitutiva di questa Commissione parlamentare di inchiesta sancisce il compito di «verificare fatti, atti e condotte commissive e omissive che abbiano costituito o costituiscano ostacolo, ritardo o difficoltà per l'accertamento giurisdizionale delle responsabilità relative alla morte di Giulio Regeni».
  L'istruttoria sin qui svolta dalla Commissione ha confermato quanto siano decisivi, in tale ottica, i fatti, gli atti e le condotte che configurano la qualità delle relazioni bilaterali italo-egiziane.
  A fronte dello straordinario lavoro svolto dalla Procura della Repubblica di Roma, supportata dai reparti speciali della Polizia di Stato e dei Carabinieri, il solo mezzo a disposizione della politica, per non renderlo vano e anzi per corroborarlo, è l'esercizio della pressione diplomatica.Pag. 4
  L'audizione odierna rappresenta quindi per la Commissione un tassello essenziale sia nell'opera di ricostruzione dell'intreccio tra la dinamica dei rapporti italo-egiziani e l'accertamento della verità sulla morte di Giulio Regeni sia nella prospettazione dei relativi sviluppi. È quindi di assoluta priorità per questa Commissione conoscere le istruzioni che vengono impartite alla nostra ambasciata al Cairo e approfondire le conseguenti azioni che il Governo intende intraprendere per tutelare la credibilità internazionale dell'Italia e per onorare le promesse fatte all'opinione pubblica e alla famiglia Regeni che continua a dare altissima prova di dignità nonostante il senso di frustrazione alimentato da recenti episodi come l'irrituale consegna di presunti oggetti personali che sono invece elementi di prova di uno dei tanti tentativi di depistaggio subiti.
  È infatti un'incontrovertibile realtà che gli sviluppi della cooperazione giudiziaria sulle responsabilità relative alla morte di Giulio Regeni sono stati direttamente proporzionali alla serietà e alla determinazione che Governo e Parlamento hanno dimostrato nei confronti dell'Egitto, facendo seguire i fatti alle parole.
  D'altra parte, la preoccupazione espressa in Aula ieri pomeriggio dal Ministro Di Maio rispondendo al question-time sulla persecuzione che sta subendo lo studente della più antica università europea, l'Alma Mater di Bologna, Patrick Zaki – a cui è stata ancora una volta prolungata la carcerazione preventiva nonostante il monitoraggio processuale dell'Unione europea – conferma tristemente il presente quadro dei diritti umani e civili in Egitto.
  Insomma, ci interroghiamo oggi con preoccupazione sulla stridente asimmetria che si evidenzia nel riconoscimento del carattere di partner strategico nel bacino mediterraneo che l'Italia accorda all'Egitto – sottolineato anche dalla crescita esponenziale delle forniture militari – e il sostanziale immobilismo a cui si assiste sul versante della cooperazione giudiziaria. Pertanto, questa Commissione è interessata ad acquisire la valutazione politica della Farnesina in ordine all'esito del confronto dello scorso primo luglio tra i vertici delle procure interessate e ai suoi immediati seguiti.
  A più di quattro anni dalla barbara uccisione di Giulio Regeni, a fronte di una mobilitazione pubblica che non accenna ad affievolirsi nonostante il decorso del tempo, è indispensabile sgomberare il campo dall'impressione che la politica proceda nell'ottica del giorno per giorno, «aspettando Godot». Riteniamo sia giunto il momento, soprattutto alla luce della volontà politica manifestatasi anche con l'istituzione di questa Commissione parlamentare di inchiesta, che il Governo si assuma la responsabilità di definire, attuare e prospettare alla parte egiziana una road map delle legittime e irrinunciabili aspettative dell'Italia perché siano assicurati alla giustizia i colpevoli della morte di Giulio Regeni.
  Fatta questa doverosa premessa, do quindi la parola al Ministro Di Maio per lo svolgimento della sua relazione.

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie mille, presidente. Grazie alle deputate, ai deputati e a tutti i funzionari presenti.
  Vorrei innanzitutto esprimere un sentito ringraziamento per offrirmi oggi la possibilità di illustrare il mio ruolo prima come Vice Presidente del Consiglio dei ministri e poi nelle attuali funzioni di Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nelle attività volte a fare piena luce sul barbaro omicidio di Giulio Regeni. Dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, avete già avuto un quadro del forte e costante impegno del Governo nel perseguimento della giustizia sull'uccisione del nostro giovane ricercatore. Desidero a mia volta ribadire con determinazione che autorità politica e diplomazia continueranno a impegnarsi con il chiaro obiettivo di pervenire alla verità, una verità che dobbiamo alla memoria di Giulio e alla sua famiglia, ma anche all'Italia intera. La tragica vicenda di Giulio è una ferita aperta per tutto il nostro Paese. Permettetemi di rinnovare la mia personale vicinanza e quella della Farnesina a Paola e Claudio Regeni. Ricordo bene il nostro incontro avuto al Ministero degli affari esteri il 7 Pag. 5ottobre 2019. Da allora ho avuto modo di comprendere ancor meglio il loro immenso dolore, un dolore che rispetto profondamente. Ogni loro critica, anche forte, è legittima e comprensibile e deve spingere tutti noi a continuare con ostinazione nella ricerca della verità. Come uomo dello Stato posso dire in coscienza che stiamo facendo il massimo come Governo. Le principali questioni relative alle iniziative messe in campo per favorire sviluppi nella cooperazione giudiziaria con l'Egitto sono note. Vi sono state illustrate dal procuratore della Repubblica Prestipino e dal sostituto procuratore Colaiocco, dal Segretario generale della Farnesina, Elisabetta Belloni, e dagli ambasciatori Massari e Cantini. Incentrerò quindi il mio intervento sulle azioni che abbiamo intrapreso a livello politico.
  Partirei da quelle nel precedente Governo. Mi preme innanzitutto sottolineare il fortissimo impegno che gli esecutivi di cui ho fatto parte hanno profuso a sostegno dei nostri organi inquirenti nella ricerca della verità. Abbiamo condotto un'azione continua e insistente. Su una questione di questa portata non possono e non devono esserci cali di tensione. Nel periodo intercorso tra la fine della precedente legislatura e l'inizio di quella attuale abbiamo assistito, anche grazie all'incessante azione di sensibilizzazione a tutti i livelli da parte del nostro ambasciatore al Cairo e al lavoro svolto dalla Procura di Roma, a un'intensificazione della cooperazione giudiziaria tra i rispettivi team investigativi italiani ed egiziani. Come evidenziato dalle precedenti audizioni, l'arrivo al Cairo del nostro ambasciatore ha visto passi in avanti nelle azioni per la ricerca della verità sul caso Regeni che si sono dapprima sostanziati nella costituzione di parte civile della famiglia Regeni, risultato mai ottenuto nei molti mesi di assenza dell'ambasciatore. A ciò è seguita la consegna attesa per oltre venti mesi del fascicolo istruttorio da parte della Procura del Cairo nel dicembre 2017. Al termine della missione al Cairo, nel maggio 2018, di un team di investigatori italiani coordinati dal sostituto procuratore Colaiocco, la Procura generale egiziana ha consegnato agli inquirenti italiani il materiale video della metropolitana del Cairo e nuovi verbali di interrogatorio. Si è trattato solo di timidi progressi sul fronte dell'indagine. Occorre tuttavia tener conto che Italia ed Egitto non dispongono di un trattato bilaterale di cooperazione giudiziaria e che questi sviluppi sono arrivati dopo la stagnazione dell'anno precedente. Ricordo peraltro che l'Egitto non ha mai condiviso con nessun altro Stato straniero un intero fascicolo istruttorio. È su tale sfondo che il Governo, nel quale ero Vice Presidente del Consiglio dei ministri, ha ritenuto di affiancare all'azione diplomatica e di investigazione un'interlocuzione con l'Egitto sul piano politico-istituzionale nell'auspicio di far progredire ulteriormente la cooperazione giudiziaria. Si è trattato di un'azione intensa che ha visto il coinvolgimento, oltre che dei vertici, dei funzionari del Ministero degli esteri e dei magistrati della Procura della Repubblica di Roma, anche delle principali personalità dell'esecutivo. In questo quadro si è inserito il ciclo di visite a livello politico svoltosi nell'estate del 2018. In quel frangente, la mia missione al Cairo del 28-30 agosto ha seguito di poche settimane quella dell'allora Vice Presidente del Consiglio e Ministro dell'interno e dell'allora Ministro degli esteri. L'ultima visita a livello di Ministro risaliva a oltre due anni prima, quando l'allora ministra Guidi interruppe i suoi incontri nella capitale egiziana proprio dopo il drammatico ritrovamento del corpo di Giulio. Il caso Regeni è stato posto con fermezza in cima all'agenda dei colloqui con i numerosi interlocutori incontrati in quei giorni.
  Nella mia interlocuzione con le massime cariche istituzionali egiziane, tra cui il Primo Ministro e vari Ministri, ho reiterato con determinazione le forti attese del Governo e dell'opinione pubblica italiana di giungere al più presto a una svolta per chiarire responsabilità e circostanze dell'atroce omicidio di Giulio. Il mio messaggio a tutti gli interlocutori si è concentrato sull'impellente esigenza di garantire una piena ed effettiva cooperazione nelle indagini. Ho ribadito ovviamente le medesime aspettative nel corso del colloquio che in quell'occasione ho avuto con il Presidente della Pag. 6Repubblica al-Sisi. Vi ricordo – mi sembra doveroso farlo, nonostante abbiate già raccolto i dettagli direttamente da lui – l'intensa attività del Presidente del Consiglio dei ministri fin dal suo insediamento nel giugno 2018 per sollecitare instancabilmente una più completa e tempestiva collaborazione con l'Italia da parte delle autorità egiziane al fine di far progredire le indagini. A questo scenario di iniziale e incoraggiante collaborazione ha fatto seguito una fase diversa, a cavallo tra il 2018 e il 2019, contrassegnata da eventi ampiamente descritti nelle audizioni precedenti: l'ultimo incontro di persona tra gli inquirenti italiani ed egiziani del 28 novembre 2018 al Cairo, poi l'iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura della Repubblica di Roma di cinque agenti dei servizi di sicurezza interna egiziana il 4 dicembre successivo e la mancanza di riscontri alla rogatoria del 30 aprile 2019. In conclusione, tengo a ribadire che la volontà di quel Governo, come di questo, è la ricerca della verità per Giulio. Tutte le missioni, anche nel 2018, hanno avuto e hanno come obiettivo quello di sollecitare le istituzioni in tal senso, presupposto fondamentale per la ripresa di ordinarie relazioni tra i due Paesi.
  Passiamo adesso alle azioni in veste di Ministro degli esteri. In questa cornice caratterizzata dall'assenza di passi in avanti tangibili nell'identificazione dei responsabili dell'assassinio di Giulio, ho assunto a settembre la guida del Ministero degli esteri. Sin dai momenti immediatamente successivi al mio insediamento e in linea con quanto ininterrottamente fatto dal Presidente del Consiglio dei ministri in occasione dei numerosi contatti con il Presidente al-Sisi, la mia azione nei confronti delle autorità del Cairo si è articolata lungo una direttrice sempre rappresentata alle mie controparti. Il raggiungimento della verità sull'uccisione del nostro ricercatore resta, come ho già detto, condizione imprescindibile per un pieno sviluppo dei rapporti tra Italia ed Egitto. È su questo presupposto che insieme al Presidente del Consiglio Conte mi sono nuovamente confrontato per la prima volta, in veste di Ministro degli esteri, con il Presidente al-Sisi e il Ministro degli esteri Shoukry a margine della 74esima Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2019. In quell'occasione abbiamo ribadito alla controparte la necessità di ristabilire un'efficace cooperazione giudiziaria anche alla luce dell'avvicendamento ai vertici delle procure di Roma e del Cairo, in linea con gli impegni ripetutamente presi dagli egiziani. Abbiamo quindi sollecitato un riscontro adeguato in tempi rapidi alle richieste della magistratura italiana, inclusa la restituzione degli effetti personali di Giulio quale primo segnale. Anche in quella circostanza il presidente egiziano ha assicurato la volontà di cooperare per la ripresa della collaborazione giudiziaria e per il perseguimento dei responsabili dell'omicidio di fronte alla giustizia. Proprio sulla scorta delle rassicurazioni di al-Sisi, l'11 ottobre scorso ho indirizzato una lettera al mio omologo Shoukry. Gli ho rivolto un fermo invito a promuovere un rapporto di piena collaborazione tra le procure per pervenire a risultati definitivi nelle indagini. In parallelo, in quei giorni, stessa cosa ha fatto il Ministro della giustizia Bonafede con il Ministro della giustizia egiziana. In risposta, il 4 novembre ho ricevuto una lettera in cui il Ministro Shoukry mi ha fornito ulteriori garanzie circa l'impegno di dare impulso alle indagini e di assicurare i responsabili alla giustizia.
  Ho continuato sistematicamente a porre la questione al centro dei colloqui avuti con lo stesso Shoukry a margine della sua partecipazione alla Conferenza MED Dialogues lo scorso 5 dicembre qui in Italia. Nel nostro incontro ho evocato ancora una volta la prioritaria e unanime attesa mia e dell'intero Paese per l'instaurazione di una reale, fattiva ed efficace cooperazione da parte egiziana al fine di giungere quanto prima all'accertamento della verità. Ho rappresentato le forti aspettative per l'imminente fissazione di un incontro tra le due procure, atteso all'epoca da più di un anno. Anche in occasione di questa conversazione, il mio interlocutore ha manifestato la convinta volontà di fare di tutto per arrivare alla verità, segnalandomi, a confermaPag. 7 di questo proposito, come il Governo del Cairo avesse rappresentato al nuovo procuratore generale egiziano l'esigenza di lavorare in modo trasparente con il collega italiano e giungere in tempi brevi a concreti sviluppi investigativi nelle indagini relative alla morte del nostro connazionale. Dopo la ripresa dei contatti a livello tecnico tra i rispettivi team investigativi nel gennaio di quest'anno e l'invito egiziano a svolgere un vertice tra procure, sono tornato a sollecitare il Ministro Shoukry affinché questo percorso si accelerasse nel corso dei tre colloqui telefonici, il 3 maggio e poi il 3 e 5 giugno, dopo lo scoppio della pandemia. In ognuna di queste circostanze, nonostante la pressante esigenza di coordinamento per la gestione dell'emergenza sanitaria e il necessario confronto sui principali focolai di crisi nel vicinato comune, il caso Regeni ha rappresentato l'elemento centrale nella mia interlocuzione con il Ministro egiziano. Nel lamentargli l'esigenza di segnali tangibili e fattivi che attestassero concretamente una cooperazione più intensa, ho rappresentato come la nomina a procuratore della Repubblica di Roma del dottor Prestipino avesse rimosso ogni impedimento alla realizzazione di un incontro, seppure in formato virtuale, tra i rispettivi organi inquirenti.
  Proprio in vista della videoconferenza tra procure del primo luglio, ho ritenuto doveroso attirare nuovamente l'attenzione del mio omologo attraverso un'ulteriore lettera trasmessa il 17 giugno di quest'anno, riallacciandomi anche a quanto richiesto dal Presidente del Consiglio Conte al presidente al-Sisi nel corso del loro più recente colloquio, e in quell'occasione ho ribadito l'importanza di riattivare una leale collaborazione tra le due procure. Nella stessa lettera sono tornato a chiedere una rapida esecuzione della rogatoria italiana del 30 aprile 2019, con riferimento in particolare alla notifica del domicilio legale dei cittadini egiziani iscritti nel registro degli indagati dalla nostra autorità giudiziaria. Nelle ore successive al vertice del primo luglio tra procure, la Farnesina ha chiesto all'ambasciatore egiziano a Roma ulteriori approfondimenti, mentre la Procura egiziana ha dichiarato che agirà con la massima trasparenza. Ora più che mai è necessario che alle parole seguano i fatti.
  Signor presidente, ho cercato di offrirvi una panoramica del lavoro da me svolto in questi anni in cui l'Italia ha continuato a richiedere all'Egitto, a tutti i livelli, di fare giustizia. Ribadisco con fermezza che non intendiamo deflettere in alcun modo da questo impegno, massimo e prioritario, per la ricerca della verità sull'omicidio di Giulio, obiettivo per noi irrinunciabile e sul quale nessun oblio potrà mai calare. Affinché la nostra azione per la ricerca della verità sull'omicidio di Giulio possa essere efficace, riteniamo necessario coinvolgere costantemente al più alto livello le autorità del Cairo attraverso un confronto franco ed esigente che possa trasmettere il senso di una tenace capacità di pressione. In questo senso vorrei essere molto chiaro. Secondo me è fuorviante credere che avere un nostro ambasciatore al Cairo significhi non perseguire la verità sul caso di Giulio Regeni e, viceversa, penso sia altrettanto fuorviante pensare che il ritiro del nostro ambasciatore sia necessario per raggiungere la verità. Sia ben chiaro, tutto il Governo comprende perfettamente il dolore della famiglia Regeni, un dolore che non è nemmeno immaginabile. La strategia del Governo di tenere l'ambasciatore al Cairo si fonda proprio sull'azione incessante per ottenere la verità su chi purtroppo non c'è più, come Giulio, e su chi, come Patrick Zaki, c'è ancora e va tutelato e difeso nei suoi diritti fondamentali, sollecitando anche un maggiore coinvolgimento dei partner europei e internazionali.
  Soltanto un partenariato lungimirante, ancorché critico, per riprendere l'espressione del presidente Conte proprio di fronte a questa Commissione, ci permetterà di dare sostanza al nostro ostinato impegno per la verità. Questo obiettivo non può prescindere da un confronto continuo e un'interlocuzione forte con l'Egitto, paese con il quale abbiamo interesse a mantenere rapporti in un quadro più generale per la gestione comune di dossier come la Libia, dove il Cairo svolge un ruolo imprescindibile, alla collaborazione nella lotta al terrorismoPag. 8 e ai traffici illeciti, alla gestione dei flussi migratori, alla cooperazione in campo energetico. In tutti questi settori la cooperazione tra Italia e Egitto risponde a un nostro interesse nazionale, non solo sul piano della collaborazione bilaterale ma anche nell'ottica di un'auspicabile stabilizzazione del vicinato comune. È quindi necessario continuare a sviluppare con il Cairo un dialogo sulle numerose tematiche di comune interesse, ma ciò non significa in alcun modo sottovalutare la gravità dell'omicidio di Giulio, tanto meno pregiudicare la ricerca della verità, che resta per noi la priorità assoluta.
  Le relazioni con l'Egitto risentono fortemente della tragica irrisolta vicenda Regeni. La qualità e l'intensità delle relazioni con il Cairo non sono paragonabili a quelle del passato e rimangono nettamente al di sotto delle potenzialità. Le visite istituzionali e politiche, inclusi i vertici bilaterali, un tempo costanti e assidue, sono fortemente limitate. La cooperazione economica con quello che prima era tra i nostri primissimi partner commerciali nella regione è altrettanto depotenziata, come dimostra, nonostante le frequenti pressioni da parte egiziana per una sua riattivazione, il perdurante congelamento delle attività del Business Council bilaterale sospeso dal 2017. Nella mia azione e in quella di tutto il Governo, la tutela dei nostri connazionali all'estero riveste importanza prioritaria. La diplomazia, la difesa, l'intelligence non smettono mai di lavorare per garantire che la giustizia prevalga. In dieci mesi, su altri dossier, su fronti diversi, abbiamo riportato a casa i rapiti Luca Tacchetto e Silvia Romano, abbiamo chiuso la vicenda dei marò dopo otto anni di sofferenze per le loro famiglie e sono sicuro che arriveremo anche alla verità per Giulio Regeni. Per me e per tutti noi è un impegno ben chiaro, una responsabilità che sentiamo forte nelle nostre coscienze. Grazie, presidente. Resto a disposizione per le vostre domande.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Di Maio. Anche in funzione dell'andamento dei lavori dell'Assemblea, invito i commissari a prendere la parola per brevi domande e osservazioni, cercando di rimanere nei limiti di due o tre minuti ciascuno. Do la parola al collega Trancassini.

  PAOLO TRANCASSINI. Grazie, presidente. Grazie, Ministro, per questa audizione, per le cose che ci ha detto, per la sua disponibilità. Faccio a lei la stessa domanda che ho fatto al presidente Conte, nella speranza di avere una risposta più esaustiva. Anche lei ci ha detto che ha posto – di questo la ringraziamo come italiani – al centro dei colloqui e di tutte le trattative avute con l'Egitto il caso Regeni. La domanda non è che cosa ha detto lei ad al-Sisi o ai diplomatici, ai ministri egiziani. La domanda è che cosa hanno detto loro, perché io credo – sono convinto di questo – che non solo voi abbiate posto il problema generale di Regeni, ma che abbiate chiesto anche conto di un blocco, di una resistenza, rispetto ai fatti concreti con i quali noi come Commissione ci siamo misurati e che lei sicuramente conosce bene. Quindi sarebbe interessante conoscere quali risposte e quali giustificazioni hanno dato a queste tematiche. Questo, anche alla luce dei rapporti politici e commerciali che oggi sono molto buoni e amichevoli, pensiamo alla vicenda di Eni o di Fincantieri. Allora perché questo blocco su Regeni? È un blocco del Governo o è un blocco della potente burocrazia che magari è ancora vicina ai Fratelli Musulmani? Questa era la seconda domanda. Terza domanda: i giornali hanno scritto che il Presidente del Consiglio ha chiamato al-Sisi per comunicare che il Governo aveva autorizzato la vendita delle fregate, e tutto questo per la verità non ci sembra molto normale. Ma in quella telefonata e in quegli incontri ha chiesto più collaborazione nel caso Regeni? Da una parte noi abbiamo una intensificazione dei rapporti, della collaborazione, dell'amicizia e di pari passo su questa vicenda sembra quasi, dopo un'iniziale riavvio, che si spengano i rapporti. Credo che su questo probabilmente qualcosa vi è stata riferita e vorrei sapere se magari a partire dalle relazioni commerciali amichevoli si possa sperare di avere un rapporto più diretto, più amichevole e anche più sincero da parte degli organi egiziani.

Pag. 9

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola alla collega Tripodi.

  MARIA TRIPODI. Grazie, presidente. Faccio qualche breve osservazione e due domande al Ministro. Intanto la ringrazio perché è venuto, ma soprattutto per la relazione che mi è sembrata molto dettagliata e molto esaustiva. Anche noi di Forza Italia concordiamo per quanto riguarda – ovviamente non poteva che essere diversamente – la ricerca assoluta, ferma ed efficace della verità per Giulio, anche per la tragicità della morte nella vicenda nella sua interezza.
  Volevo farle due domande, Ministro. La prima riguarda il discorso delle relazioni bilaterali tra Italia ed Egitto, cioè se non reputa che tutta questa strumentalizzazione politica, che purtroppo io vedo essere fatta a volte sui giornali o su tutti i media, sia nociva a livello di ricerca effettiva della verità, perché forse – questa è una mia considerazione personale – ci vorrebbe un pochino di sobrietà nel trattare questa vicenda anche da parte della politica.
  La seconda domanda che le volevo porre riguarda la cooperazione giudiziaria. Sulla vicenda commerciale della vendita di navi personalmente reputo che sia uno scambio che avviene anche nell'alveo del fatto che l'Egitto è un partner e non credo che non vendendo le navi si possa arrivare a una soluzione per la ricerca della verità. Lei non pensa, invece, che da un punto di vista giudiziario forse dovremmo impegnarci di più per trovare una cooperazione reale ed effettiva? Non dubito che il Governo ce la stia mettendo tutta ad alti livelli, però quando i magistrati egiziani purtroppo non danno le risposte che spera non solo il Paese, ma anche la famiglia, sospetto che forse ci sia da parte egiziana poca collaborazione. La ringrazio ancora.

  PRESIDENTE. Grazie. Dopo l'intervento della collega Quartapelle chiuderei il primo giro di domande dando al Ministro la possibilità di rispondere.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio il Ministro per essere venuto subito in audizione. Io credo che dalla nostra attività stia emergendo quanto la questione Regeni sia effettivamente al centro delle nostre relazioni con l'Egitto. La domanda riguarda più la prospettiva futura, cioè qual è la strategia italiana per il futuro? Credo che nessuno abbia giudicato soddisfacente l'incontro del primo luglio tra le procure. Alcune fonti della Farnesina hanno dichiarato la scontentezza dopo l'incontro. Anche il gesto fatto dagli egiziani, che poteva essere apprezzabile, su cui il nostro Paese si è prodigato, della restituzione in teoria degli effetti personali di Giulio, nella pratica si è rivelato essere un gesto molto diverso da quello che ci si aspettava. Non sono stati restituiti gli effetti personali, bensì presunti effetti personali che erano sostanzialmente parte di quel depistaggio che condusse addirittura al richiamo del nostro ambasciatore. Qual è l'idea per il futuro delle nostre relazioni con l'Egitto? Come titolare della nostra politica estera, come pensa di strutturare in futuro le nostre relazioni con l'Egitto? Il primo luglio era per tutti noi segnato come una data spartiacque. Qual è la valutazione che lei dà di quell'incontro e quali sono i passi successivi? La famiglia chiede un richiamo dell'ambasciatore che probabilmente ha come obiettivo una loro idea di strategia diplomatica. Quali sono i prossimi passi che ci immaginiamo? Non possiamo lasciare da sola la Procura di Roma. È una questione nazionale, come lei ha detto.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per il primo giro di risposte.

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Vi ringrazio per le domande poste. Vorrei partire da una considerazione che è un po' il percorso che ho iniziato a fare quando mi sono insediato al Ministero degli esteri. Quando sono arrivato al Ministero degli esteri a settembre dell'anno scorso, era un anno che le due procure non si parlavano più, cioè non c'erano proprio più contatti. In realtà, il 28 novembre del 2019 sarebbe stata la data in cui si celebrava l'anniversario dell'assenza di contatti tra le procure. Pag. 10Subito dopo l'incontro con la famiglia Regeni, quindi a inizio ottobre del 2019, a un mese dal mio insediamento, assicurai l'impegno a voler far riprendere i contatti tra le procure, anche perché quella era la cosa fondamentale per riuscire a permettere dei passi in avanti. Ricordiamoci sempre che c'è un'interlocuzione tra i Governi e i passi in avanti che si devono fare tra le due procure. Poi ovviamente in Egitto e in Italia c'è una diversa divisione dei poteri, ma in ogni caso ciò che voglio dire è che noi, ogni volta che incontriamo le autorità politiche, chiediamo loro di impegnarsi a sollecitare l'autorità giudiziaria a fare dei passi in avanti. Questo vale per quello che ho iniziato a fare da Ministro degli esteri. L'ambasciatore Belloni, ascoltata dalla Commissione qualche mese fa, vi ha confermato che anche lei si è recata in Egitto. Lo stesso ambasciatore Cantini è stato spronato nei primi mesi – è stata una delle prime cose che ho fatto come Ministro degli esteri – a sollecitare le autorità egiziane a riprendere i contatti tra le due procure. Ci sono state le lettere tra me e Shoukry, c'è stato il contatto tra il Presidente del Consiglio e al-Sisi in mia presenza a New York quando abbiamo partecipato all'Assemblea delle Nazioni Unite. In tutte quelle occasioni l'obiettivo era far riprendere i contatti, perché noi abbiamo profonda fiducia nel fatto che i nostri inquirenti siano in grado, con le continue interlocuzioni con l'autorità giudiziaria, di far progredire questa inchiesta e di farla avanzare. Da quel momento riusciamo a fissare un primo incontro tecnico tra le procure il 14 gennaio, che caso vuole è anche il giorno in cui il Presidente del Consiglio italiano è al Cairo perché stava facendo il giro dei principali Paesi coinvolti nella questione libica. Avviene questo primo contatto tecnico tra le procure, che sostanzialmente si organizza ma con interlocuzioni che partono ben prima del 14 gennaio, cioè le due procure ricominciano a comunicare grazie alle sollecitazioni del corpo diplomatico iniziate mesi prima. Si scrivono per cominciare a coordinare l'incontro tecnico del 14 gennaio. Perché parliamo di «incontro tecnico»? Perché, fermo restando che la Procura di Roma era pienamente operativa (la mancanza del procuratore non implica che la Procura non abbia un vertice, conosciamo benissimo il principio) ciò che ponevano gli egiziani era: appena c'è il nuovo Procuratore della Repubblica di Roma facciamo incontrare i due procuratori. È vero che, come ho detto nella mia relazione iniziale, al-Sisi incontra il presidente Conte a New York all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e in quel caso comunica che c'era un nuovo procuratore.
  Quindi capirete che quando sono arrivato al Ministero degli affari esteri è come se fosse iniziata un'altra fase con un nuovo procuratore e con la volontà di voler rimettere in moto le relazioni tra le due procure. Il 14 gennaio c'è l'incontro tecnico, dopodiché aspettiamo la nomina del nuovo Procuratore della Repubblica di Roma e poi inizia il periodo del Covid. Ora non ricordo di preciso la data in cui il Procuratore di Roma è stato investito dell'incarico, ma stiamo parlando del periodo immediatamente precedente al Covid, alla pandemia e ai nostri mesi tragici.
  Ora in quale fase stiamo? C'è stata una videoconferenza tra le due procure. L'obiettivo adesso è far fare l'incontro dal vivo delle due procure. Non ho detto che ci sono certezze o che mi illudo di avere certezze sul fatto che le due procure che parlano dal vivo possano far progredire questa inchiesta sulla verità sull'omicidio di Giulio Regeni, ma il nostro prossimo obiettivo nel percorso che abbiamo iniziato a settembre 2019 alla Farnesina è questo: l'incontro dal vivo delle due procure, un incontro che deve essere in grado di far progredire questa inchiesta.
  Come lavoriamo con le istituzioni? Giustamente chi me lo chiedeva può pensare: «Voi glielo dite, ma che cosa vi rispondono?» La risposta è la piena disponibilità, ovviamente. Io dico sempre che a questa piena disponibilità a parole devono seguire i fatti, altrimenti non serve a niente la piena disponibilità. Ovviamente, ogni volta che avverto che c'è un ritardo nei colloqui tra le due procure, sento le autorità politiche per dire che non dobbiamo creare ulteriori ritardi, che dobbiamo fare in modo Pag. 11che le due procure si parlino e si scambino informazioni. Questo lo dico perché, presidente, è chiaro ed evidente che c'è un percorso che stiamo portando avanti come Governo e il percorso è mettere in condizioni, come diceva anche l'onorevole Quartapelle, i nostri inquirenti di avanzare. E non dobbiamo lasciarli soli. Anzi il nostro lavoro è quello di assistere il loro operato. Ciò che ovviamente non ci va bene è se ci viene detto: piena disponibilità e poi non vediamo passi in avanti, passi in avanti che secondo me in questo momento non portano ancora a risultati concreti, ma dall'inizio di settembre, quando si è insediato questo Governo, dal mio insediamento alla Farnesina, il corpo diplomatico insieme a tutti gli altri apparati dello Stato sta sollecitando per far rimettere a regime il rapporto tra le due procure. Ripeto che era totalmente assente da un anno, anche per comunicazioni cartacee, anche per corrispondenza. La strategia per il futuro è quella di non abbassare assolutamente la guardia e posso assicurarvi che i nostri colloqui con gli egiziani (il mio, quello di tutti i ministri e del Presidente del Consiglio) partono dal caso Regeni e anche dopo che ci sono incontri come quello del Cairo noi ci aggiorniamo nel risentire le autorità egiziane per risollecitare. Lo stesso fa l'ambasciatore Cantini; lo stesso fa tutto il nostro corpo diplomatico con i nostri direttori; lo stesso fa ai massimi livelli il Segretario generale della Farnesina, che con le autorità competenti ha sollecitato di persona al Cairo la ripresa delle comunicazioni tra le due procure. Poi è chiaro che dobbiamo seguire gli inquirenti, perché gli inquirenti sono coloro che ci sanno dare anche il polso. La magistratura sta indagando. La Procura di Roma, le autorità, le forze di polizia che coadiuvano la Procura sono coloro che hanno la percezione di che cosa stia accadendo e se si stiano facendo passi in avanti oppure no.
  Tengo però a dire che con enorme difficoltà, con una pandemia di mezzo e con la nomina del Procuratore di Roma, abbiamo fatto riprendere i contatti tra le due procure e crediamo che l'azione del corpo diplomatico, sia da qui sia al Cairo, stia producendo questo processo che non è nato dal nulla. Ci tengo a dirlo. Aggiungo che è molto importante che si ribadisca il fatto che è giusto pretendere anche attraverso la società civile, quindi con tutte le azioni dimostrative e pacifiche che si stanno portando avanti, la verità. Questo è un altro strumento di pressione sulle autorità egiziane, ma è uno strumento di pressione anche sulle autorità italiane e mi permetto di dire anche sulle autorità europee, autorità europee che a mio parere devono essere coinvolte molto di più, devono sentirsi coinvolte molto di più. Questo voglio dire, perché Giulio Regeni, oltre a essere un cittadino italiano, era anche un cittadino europeo.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al collega Ungaro, le volevo chiedere se ci sia stata risposta alla lettera che ha inviato al suo omologo Shoukry il 17 giugno scorso. Non vi è ancora stata nessuna risposta?

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. No, perché è pianificata una telefonata nei prossimi giorni tra me e Shoukry e quindi probabilmente me ne darà riscontro in tale sede.

  PRESIDENTE. Grazie mille. La parola al collega Ungaro.

  MASSIMO UNGARO. Grazie, presidente. Ministro, grazie per la sua presenza e per l'operato suo e del Governo in prima persona per cercare di assicurare verità e giustizia sulla tragedia di Giulio Regeni.
  Siamo molto consapevoli che quella di Giulio è solo una dimensione della complessa relazione tra il nostro Paese e l'Egitto, ma volevo farle tre domande puntuali. La prima, per cercare di passare dalle parole ai fatti: quali sono i mezzi di pressione politica che il nostro Paese e il Governo hanno a disposizione per cercare di assicurare una maggiore cooperazione giudiziaria da parte dell'Egitto? Noi abbiamo visto questo incontro del primo luglio che – è stato detto poco fa – ci ha riportato veramente molto indietro e il nostro è un Pag. 12Paese che ha dimostrato negli anni di poter esercitare una pressione maggiore riscuotendo un successo maggiore in termini di cooperazione giudiziaria. È stato così solo pochi anni fa. Quindi devo chiedere a lei se esistono dei mezzi, se sì quali e se il Governo intenda adottarli o meno.
  Passo alla seconda domanda. L'UAMA, organo del Ministero che lei dirige, ha dato l'autorizzazione per negoziare l'esportazione dei sistemi d'arma. Le volevo chiedere se l'autorizzazione finale per chiudere il negoziato dell'UAMA sarà condizionata dall'esito del caso Regeni.
  La terza domanda, che rivolgo a lei, ma anche al sistema Paese, è se sia opportuno per il nostro Paese esportare armi, ma soprattutto armi da fuoco individuali, verso un Paese che sistematicamente viola i diritti umani, il che appare in contrasto con la legge n. 185 del 1990 che vieta al nostro Paese la vendita e l'esportazione di armi a Paesi che violano i diritti umani. La ringrazio.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Pettarin.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Grazie, presidente. Innanzitutto desidero ringraziare il Ministro per la sua presenza qui, assolutamente importante. È assolutamente importante sentire queste parole di grande decisione. Ogni volta in cui si parla di Giulio Regeni credo che tutti soffrano moltissimo. Ci sono persone che soffrono enormemente, è inutile ricordarlo. La più grande solidarietà alla famiglia e la necessità di ricordare che Giulio Regeni non era solamente un ragazzo, un ricercatore, uno studioso, un'eccellenza di Fiumicello; non era solamente un'eccellenza italiana, ma era un'eccellenza europea. In riferimento a questo, abbiamo la grande fortuna di avere degli inquirenti straordinari e abbiamo il dovere di aiutarli in ogni modo.
  Io ho una serie di crucci. Il cruccio più grande di tutti è quale sarà la goccia che farà traboccare il vaso, se purtroppo arriveremo ad avere questa esigenza. In riferimento a questo, quindi, due domande. Una lei l'ha già anticipata. È chiaro che l'Unione europea ci debba dare ausilio, ma noi cosa abbiamo chiesto all'Unione europea? Cosa stiamo chiedendo all'Unione europea? Che cosa abbiamo preteso come ausilio da parte dell'Unione europea rispetto a questa vicenda? L'altro è un tema forse un po' più giuridicamente tecnico, per cui io le chiedo un'assicurazione. È vero che non c'è una convenzione bilaterale per quanto riguarda le relazioni giurisdizionali tra Italia ed Egitto, ma è altrettanto vero che l'Egitto è un sottoscrittore, come l'Italia, della Convenzione internazionale contro la tortura ed è altrettanto vero che in quel rapporto di carattere convenzionale e internazionale c'è la previsione espressa che in caso di mancata collaborazione giudiziaria – vi sono dei precedenti specifici sul punto – vi potrebbe essere, sperando che non sia necessario, il diritto da parte dell'Italia di ricorrere alla Corte di giustizia internazionale dell'Aia. Siamo disposti a farlo? Lei è in grado, Ministro, di darmi e di darci assicurazione sul fatto che la goccia che farà traboccare il vaso porterà anche alla possibilità di utilizzare tutti gli strumenti giuridicamente rilevanti, compreso il ricorso all'Aia, per poter pretendere e fare giustizia per la famiglia di Giulio Regeni?

  PRESIDENTE. Grazie. La parola al collega Orsini.

  ANDREA ORSINI. Grazie. La mia è una domanda molto breve che forse richiederebbe semplicemente un sì o un no. Il Presidente del Consiglio, quando è venuto qui in audizione nei giorni scorsi, ha detto – cito a memoria, ma non credo di forzarne il pensiero – di ritenere che sia più facile in un quadro di amichevole collaborazione con l'Egitto arrivare alla definizione della verità sul caso Regeni piuttosto che da una «contrapposizione muscolare», espressione che lui non ha usato, la uso io per sintesi e per chiarezza, intendendo con «contrapposizione muscolare» una serie di ritorsioni diplomatiche o altro. Lei condivide questo giudizio ed è il criterio a cui ritiene di ispirarsi nella sua opera come Ministro degli esteri?

Pag. 13

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al Ministro per rispondere a questa tornata di domande.

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. La posizione espressa dal Presidente del Consiglio è la posizione di tutto il Governo, una posizione che non significa, mi permetto di dire, ripristinare i rapporti com'erano prima. L'ho detto nella mia relazione iniziale: i rapporti con l'Egitto sono oggettivamente compromessi dalla vicenda Regeni. Questo li ha depotenziati. Ho parlato del fatto che il Business Council non si riunisce dal 2017, ma c'è anche tutta un'altra serie di relazioni con Stati con i quali non intercorrono questioni come queste e che portano oggi l'Egitto a non avere l'Italia presente, come invece essa è presente in altri Paesi, e viceversa. Questo lo dico, e lo dicevo anche nella relazione iniziale, perché il fatto di avere il corpo diplomatico presente lì o il fatto di interloquire con l'Egitto non significa voler tralasciare la battaglia per la verità su Giulio Regeni. Io lo dico con molta franchezza: anche sul caso Zaki, Cantini sta seguendo la vicenda, Cantini ha attivato la delegazione Ue per monitorare il processo e per premere affinché si possa ottenere il rilascio. È il nostro corpo diplomatico che ci aggiorna su quello che succede, anche con gli incontri che si tengono non a livello di ministri: molti qui hanno molta più esperienza di me e sanno benissimo che ci sono gli incontri tra i vertici politici, ma poi ci sono tutti i lavori che si fanno a livello di gabinetto e staff per riuscire a implementare quello che si dice. Credo che uno degli strumenti di pressione sia proprio quello di continuare nell'azione che porta avanti il corpo diplomatico, che è sempre, sempre e comunque in correlazione con l'intelligence, in correlazione con gli altri apparati dello Stato che sono presenti.
  L'altro tema che secondo me è importante tener presente è proprio quello di cui si parlava prima. Un altro strumento di pressione consiste nel coinvolgere le organizzazioni sovranazionali o internazionali. Su questo l'Italia ha più volte coinvolto i nostri amici europei; più volte abbiamo posto questa questione anche nei vari speech a livello di Nazioni Unite. Il lavoro che cercheremo di fare è sempre quello di un partenariato equilibrato e franco con l'Egitto che possa arrivare alla verità. In questo momento il nostro obiettivo è far progredire la magistratura. Non voglio perdere di vista l'obiettivo, perché il nostro obiettivo è fare in modo che la magistratura abbia gli strumenti per processare i colpevoli; non individuare i colpevoli, ma processare i colpevoli, e su questo dobbiamo far progredire quell'inchiesta. Aspettiamo l'incontro dal vivo delle due procure per poter chiedere all'Unione europea un ulteriore endorsement al processo sulla verità per Giulio Regeni, alle Naioni Unite un ulteriore endorsement e allo stesso tempo noi con l'Egitto oggi dialoghiamo principalmente per questioni come quella della Libia e ci dialoghiamo in un momento particolare. Non voglio fare digressioni che non sono proprie dell'oggetto della nostra audizione, ma è chiaro ed evidente che l'Egitto è uno degli attori cruciali in Libia ed è uno degli attori che ha una particolare influenza su alcune aree della Libia. Quindi abbiamo necessariamente un'interlocuzione, tanto è vero che anche la presenza del Presidente del Consiglio al Cairo a gennaio è proprio legata al giro che stava facendo tra Turchia e, se non sbaglio, anche Emirati Arabi per parlare della Libia. Per il resto è chiaro ed evidente che non torneranno le relazioni allo stato precedente all'omicidio Regeni finché non avremo la verità per Giulio Regeni. Io su questo non ho nessun problema a dirlo.
  Intendo soffermarmi sulla questione dell'UAMA. Partiamo da un presupposto, proprio come mia sensibilità politica. È chiaro ed evidente che in Parlamento, sia nella precedente legislatura in cui c'ero sia in questa, si discute da tanto tempo di riformare la legge che riguarda l'esportazione di armamenti; poi ognuno ha la sua idea su come riformarla. Una cosa è certa: è una legge che in questo momento individua secondo me dei principi molto generali, che permette di avere delle maglie molto larghe e sono maglie così larghe che poi l'autorità amministrativa cerca di affrontare le decisioniPag. 14 tenendo conto anche di quello che è il mandato politico delle autorità che sono al Governo. Perché dico questo? Come ha detto giustamente il deputato Ungaro, ci sono due fasi dell'export di materiale legato agli armamenti, che sono l'autorizzazione a negoziare e l'autorizzazione all'esportazione.
  Sulla vicenda FREMM, siamo nella fase in cui il Governo ha deciso di dare l'autorizzazione a negoziare, che porterà alla firma di un contratto, immagino. Se non ci sarà la firma del contratto, non ci sarà la richiesta di esportare, quindi ragioniamo nell'ottica della firma del contratto. Dopo la firma del contratto, all'UAMA viene notificata dalla società privata che ha firmato il contratto la volontà di esportare e l'UAMA deve decidere di nuovo valutando l'esportazione o meno, però attenzione: come Governo, sulla vicenda FREMM, coinvolgendo tutto il Consiglio dei ministri, tutte le delegazioni in Consiglio dei ministri, abbiamo dato l'assenso a negoziare. L'autorizzazione all'esportazione però non segue gli stessi criteri dell'autorizzazione a negoziare. Anzitutto, devono essere intercorsi dei cambiamenti tra la fase dell'autorizzazione a negoziare e la fase dell'autorizzazione a esportare. Stiamo parlando di cambiamenti di scenario del Paese dove noi stiamo andando ad autorizzare o meno una vendita. In secondo luogo, in questo caso si deve dare un indennizzo all'azienda a cui è stata data l'autorizzazione a negoziare, perché l'autorizzazione all'esportazione si basa su due principi. Il primo principio in particolare viene prima valutato da una commissione mista che vede il Ministero della difesa e il Ministero degli esteri, oltre ad altri soggetti amministrativi, e poi in questo caso credo che necessariamente siano interessate anche le autorità politiche. Prima parlavo di una legge a maglie, possiamo dire, a geometria variabile, perché l'UAMA, quando vede che anche all'interno della maggioranza di Governo c'è una particolare sensibilità su un dossier, chiede un approfondimento politico. In altri casi segue la procedura amministrativa, che comunque coinvolge il Ministero degli esteri, il DIS e il Ministero della difesa. Questo vale per tutto, vale anche per le armi da fuoco individuali.
  Io auspico che la legge in questione possa essere riformata. Ovviamente sono membro del Governo, non devo dare l'ordine del giorno al Parlamento, ci mancherebbe altro. Però, siccome sono anche membro del Parlamento, personalmente penso che quel tema vada affrontato. Permettetemi soltanto di dire che però, se lo affrontiamo qui, lo affrontiamo su tanti altri scenari, perché ci sono Paesi in tutto il mondo in cui aziende italiane di questo settore hanno relazioni economiche con Paesi che di certo non sono assimilabili alle democrazie occidentali, mettiamola in questo modo. Quindi il nostro obiettivo è fare tutto quello che serve per arrivare alla verità su Giulio Regeni, ma adesso il nostro obiettivo, per rispondere a tutte le domande che sono state poste, è far avanzare in maniera concreta le relazioni tra le due procure e incoraggiare l'incontro dal vivo.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai colleghi, Ministro, sull'ultimo passaggio le chiederei una precisazione. I lavori di questa Commissione hanno verificato che ci sono passaggi autorizzativi che richiedono una valutazione politica che si basa su una serie di atti. Nello specifico, sulla vicenda egiziana c'è un passaggio: il Consiglio Affari esteri europeo, con una risoluzione del 2013, invita gli Stati membri a non esportare armi in Egitto, in particolare armi di piccolo calibro, sulla cui base anche l'Italia per anni ha bloccato ad esempio delle commesse della Beretta. Abbiamo verificato con il nostro lavoro di indagine che nel 2018 c'è stata, invece, la decisione di riprendere l'export di armamenti senza che sia intervenuta un'altra deliberazione europea; anzi quella raccomandazione è stata richiamata in successive conclusioni del Consiglio Affari esteri, ma soprattutto in successive risoluzioni del Parlamento europeo. Da questo punto di vista, c'è stata una valutazione politica fatta in seno al Governo sul fatto che si poteva riprendere a esportare?

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Pag. 15Quindi lei mi chiede se è stata fatta in seno al precedente Governo? No, non è stata fatta una valutazione, che io ricordi. Il Vice Presidente del Consiglio non aveva visibilità né sui servizi, né sul corpo diplomatico, né su UAMA.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Magi. Poi i colleghi Formentini e Serracchiani.

  RICCARDO MAGI. Grazie, presidente. Grazie, Ministro Di Maio. Ministro, lei ha parlato di progressi che ci sarebbero stati da quando lei è arrivato, ricostruendo una fase estremamente critica nella quale sostanzialmente non c'erano più rapporti da tempo tra le procure. Esattamente, però, questi progressi in che cosa si sono concretizzati? Al punto in cui siamo arrivati, dobbiamo tenere presente che c'è anche il rischio, ad esempio, che se un incontro dal vivo, un incontro di persona, sfociasse in un diniego a qualsiasi tipo di cooperazione giudiziaria, di per sé non rappresenterebbe un progresso.
  La domanda la traduco così affinché sia ancora più chiara: qual è l'obiettivo esplicito che il Governo italiano pone per non dover prendere una determinata serie di provvedimenti o mutare il suo orientamento nei confronti dell'interlocutore? Rispetto a questo, forse è utile anche ampliare il raggio temporale della nostra analisi e non limitarlo solamente a questo Governo. Lei nell'agosto del 2018, quindi quasi due anni fa, fece una visita ufficiale in Egitto e a margine di questa visita dichiarò che la normalizzazione dei nostri rapporti con l'Egitto non può che passare per la verità sulla morte di Giulio Regeni. In quell'occasione auspicò che entro la fine di quell'anno, il 2018, ci potesse essere una svolta. Poi rivelò anche che il presidente al-Sisi nel corso di quel vertice avrebbe detto: «Giulio Regeni è uno di noi». Da quello che ci risulta, una certa normalizzazione c'è stata proprio a partire dall'attività di quell'esecutivo nel 2018, che ad esempio ha poi portato nel 2019 a un aumento sensibile delle esportazioni di armamenti.
  Torno sul punto che aveva posto il collega Ungaro perché sia chiarito. Dalla risposta che lei ci ha dato mi sembra di capire che non si consideri la finalizzazione dell'esportazione, ad esempio, delle due fregate che hanno avuto la prima autorizzazione, ma anche di tutta la successiva grossa commessa su cui si sta lavorando, come un elemento che può essere condizionato rispetto all'avanzamento o meno della cooperazione giudiziaria sul caso Regeni. Non so se è chiaro. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Formentini.

  PAOLO FORMENTINI. Grazie, presidente. Grazie, Ministro. Proprio due ore fa Matteo Salvini in Piazza Montecitorio, sollecitato dai giornalisti, ha ribadito che sulla questione Regeni non ci devono essere spaccature nel Paese e ci deve essere piena fiducia nell'operato del Governo. Quindi qui noi, come Lega, le rinnoviamo questa fiducia, questa difesa dell'interesse nazionale che a nostro avviso deve seguire una strategia di dual-track approach, di doppio binario. Da un lato la ricerca incessante, assidua, costante della verità; dall'altro, in un momento di crisi drammatica, economica e sociale del nostro Paese, non sacrificare quel poco di sistema Paese che abbiamo, quindi mantenere quelle minime relazioni diplomatiche e commerciali che abbiamo. Secondo lei tutto ciò è possibile?

  PRESIDENTE. Do la parola alla collega Serracchiani.

  DEBORA SERRACCHIANI. Intanto, Ministro, la ringrazio per la presenza. Possiamo derubricare il mio intervento a una curiosità. Siccome lei è stato molto puntuale nel dire che nel corso di uno degli ultimi incontri ha chiesto esplicitamente, proprio in virtù di quella cooperazione giudiziaria che ricordava, il domicilio delle persone indagate, lei si è fatto un'idea del perché ad oggi il domicilio non sia stato fornito dalle autorità egiziane? Lo so che è una domanda che, come dicevo, può derubricare a considerazione personale, però Pag. 16credo che, visti i contatti di questi anni, magari un'impressione ce la possa comunicare.

  PRESIDENTE. Non ci sono altri iscritti a parlare. Se ci fosse qualcun altro che si vuole iscrivere può intervenire adesso, così poi passiamo alla seduta segreta.
  Allora pongo io qualche domanda. Dal lavoro di indagine di questa Commissione abbiamo visto come, al netto della sospensione del Business Council, erano tre gli elementi principali di pressione, ovvero di non normalizzazione dei rapporti tra Italia ed Egitto. Il primo è stato il richiamo dell'ambasciatore, che poi è stato ripristinato nel 2017. Il secondo fu la sospensione delle visite ufficiali in Egitto, ripristinate nel 2018, come ci ha ricordato lei: l'ultimo Ministro in visita ufficiale in Egitto era stata la Ministra Guidi durante il ritrovamento del corpo di Giulio. Il terzo la limitazione dell'export di armamenti – anche grazie a un atto parlamentare del 2016 con cui si sospese l'invio di materiali di ricambio per gli F-16 secondo il rapporto G2G che l'Italia aveva con il Governo egiziano – export che nel 2018 è stato ripreso. Noi abbiamo, dunque, un andamento grafico evidente: nel 2016 e nel 2017 la vendita di armamenti viene praticamente azzerata; nel 2018, nel 2019 e nel 2020 c'è un incremento esponenziale della vendita di armamenti. La domanda quindi è: la compromissione dei rapporti tra l'Italia e l'Egitto, a parte il Business Council, in che cosa consiste esattamente? Quali sono gli elementi di crisi aperti?
  L'altra questione riguarda il passaggio europeo. Attualmente a livello europeo abbiamo solo degli statement, delle risoluzioni a livello parlamentare sulla vicenda Regeni. È mai stato chiesto o è intenzione di questo Governo chiedere una presa di posizione, in sede di Consiglio Affari esteri europeo oppure di Consiglio europeo, che in qualche modo dimostri una solidarietà da parte europea, proprio alla luce delle cose che lei ci diceva, ovvero del fatto che Giulio Regeni era un cittadino europeo, e quindi, da questo punto di vista, avere una maggiore cooperazione da parte di altri Paesi europei? Nello specifico, visto il coinvolgimento del Regno Unito – se prestiamo molta attenzione al caso Zaki, il quale, pur non essendo un cittadino italiano, era comunque uno studente in una nostra università, anche Giulio era in primo luogo un ricercatore dell'università di Cambridge – è mai stato valutato o si sta valutando un intervento congiunto di pressione politica da parte dell'Italia e del Regno Unito sull'Egitto per chiedere maggiore cooperazione sul piano giudiziario?

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Non voglio enfatizzare il fatto che si siano fatti progressi; sono stato il primo a dire che non sono ancora progressi che ci soddisfano. Ci tengo a dire, però, che l'obiettivo che mi ero dato come Ministro degli esteri, come primo step della vicenda, era riavviare il dialogo giudiziario tra le due procure e l'abbiamo rimesso in moto. Non sono qui a celebrarlo, ci mancherebbe altro, come sono stato io il primo a intervenire dopo la riconsegna dei presunti effetti personali dicendo che non è questo il punto in base a cui possiamo dire che il dialogo e la cooperazione stiano andando a gonfie vele. Ci sono dei passaggi che chiede la nostra procura: confido che, stante il fatto che c'è un nuovo procuratore al Cairo e stante anche la tenacia e la professionalità dei nostri inquirenti, potremo fare dei passi in avanti.
  Quando invece parliamo di quelle che sono le relazioni commerciali, voglio fare in premessa una precisazione. L'Italia negli ultimi anni non ha mai incoraggiato con strumenti istituzionali le relazioni commerciali tra aziende italiane ed Egitto. Quello che è avvenuto fino ad ora, ad esempio, sulla vicenda delle FREMM, rientra in una dinamica all'origine. Quindi quand'è che si decide che le FREMM vadano all'Egitto? Quando Fincantieri riesce nell'interlocuzione con il governo egiziano a ottenere questa commessa. Poi ci sono tutte le procedure che riguardano l'UAMA e quindi riguardano il Governo, ma missioni di sistema, Business Council, incontri legati alle Camere di commercio, tutte quelle questioni che la Farnesina da gennaio dirige in via esclusiva – perché la competenza sul Pag. 17commercio estero è stata tutta trasferita al Ministero degli esteri e della cooperazione internazionale – l'Italia negli ultimi anni non le ha mai fatte. Ci tengo a dirlo perché sia la vicenda delle FREMM sia altre vicende che riguardano le esportazioni non fanno parte di una strategia del Governo italiano. Penso di poter parlare per i governi del 2017, del 2018 e del 2019, perché ce ne sono stati tre in tre anni. In tutti e tre, mentre verso altri Paesi siamo «molto aggressivi» nel portare le nostre aziende del made in Italy a vendere, qui non c'è stata una regia dello Stato o del Governo nell'incentivare i rapporti commerciali. C'è una dinamica di mercato e poi ci sono le garanzie ovviamente legate a uno Stato che ha una legge come quella che riguarda l'esportazione degli armamenti e che passano per determinate procedure amministrative di cui abbiamo già discusso.
  Ho i miei dubbi, mi permetto di dirlo. Ho i miei dubbi che la vendita di questi prodotti all'Egitto si possa intendere come un favore dell'Italia all'Egitto, anche perché ci sono altri Paesi che sono pronti a fare lo stesso. Ve li trasmetto perché qualcuno mi diceva: «Come lo possiamo usare rispetto alla mancata risposta sul dossier Regeni?». Io non credo che questo infici la ricerca della verità, tantomeno che possa essere una sorta di leva per ottenerla. La nostra leva è il lavoro che facciamo, continuo e quasi esclusivo – perché abbiamo i rapporti sulla Libia – con il corpo diplomatico, con le relazioni tra organi di Governo, con le azioni della nostra intelligence, tutto quello che può fare uno Stato che ha questi strumenti.
  C'è piena volontà, presidente, di coinvolgere ulteriormente le istituzioni europee, soprattutto a livello di Consiglio e anche, se possibile, a livello di Commissione. Ciò che però voglio dire è che in alcuni casi abbiamo rilevato come le relazioni forti e proficue tra altri Paesi e l'Egitto non abbiano subito un rallentamento o un arresto perché un cittadino italiano è stato ucciso in Egitto. Questo, secondo me, deve farci anche interrogare su quanto l'Unione europea voglia sentirsi consapevole del fatto che Giulio Regeni era un cittadino europeo e ne debba sostenere il processo per arrivare alla verità.
  Giustamente il presidente Palazzotto diceva: «Noi avevamo due o tre cose che creavano la discontinuità». Però mi permetta: con uno Stato con cui abbiamo pieni rapporti, ci sono continue relazioni fiorenti, su tutti i fronti. I vertici intergovernativi producono una serie di percorsi in partenariati su tutti i fronti, che vanno dalla sicurezza alla cultura, all'istruzione, alla formazione, all'aerospazio. Ogni volta che facciamo un vertice intergovernativo, abbiamo processi di collaborazione con un altro Stato che interessano anni e anni. Tutto questo oggi è fermo e non sta progredendo perché non c'è volontà, in questo momento, di ristabilire i rapporti al pieno livello com'erano prima dell'omicidio Regeni perché vogliamo sapere la verità.

  PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Se non ci sono obiezioni, passerei alla seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta)

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.

  (La Commissione riprende in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la corposa audizione, per le informazioni che ci ha dato e per la sua disponibilità. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.