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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (I-XI Camera e 1a-11a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 9 marzo 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brescia Giuseppe , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro per la pubblica amministrazione, Renato Brunetta, sulle linee programmatiche (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati) :
Brescia Giuseppe , Presidente ... 3 
Brunetta Renato (FI) , Ministro per la pubblica amministrazione ... 3 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 8 
Ciprini Tiziana (M5S)  ... 8 
Viscomi Antonio (PD)  ... 9 
Costanzo Jessica (Misto)  ... 9 
D'Ettore Felice Maurizio (FI)  ... 9 
Grassi Ugo  ... 10 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 10 
Grassi Ugo  ... 10 
Laforgia Francesco  ... 11 
D'Alessandro Camillo (IV)  ... 11 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 12 
Rizzetto Walter (FDI)  ... 12 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 13 
Brunetta Renato (FI) , Ministro per la pubblica amministrazione ... 13 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 15 
Brunetta Renato (FI) , Ministro per la pubblica amministrazione ... 15 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 16 
Laus Mauro Antonio Donato  ... 16 
Bressa Gianclaudio  ... 17 
Toninelli Danilo  ... 17 
Legnaioli Donatella (LEGA)  ... 17 
Musella Graziano (FI)  ... 18 
Catalfo Nunzia  ... 18 
Alaimo Roberta (M5S)  ... 19 
Ceccanti Stefano (PD)  ... 19 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 19 
Berardini Fabio (Misto-CD-IE)  ... 20 
Baldino Vittoria (M5S)  ... 20 
Mantovani Maria Laura  ... 20 
Giarrizzo Andrea (M5S)  ... 21 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 21 
Brunetta Renato (FI) , Ministro per la pubblica amministrazione ... 21 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 22 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal Ministro per la pubblica amministrazione ... 23

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico-Italiani in Europa: Misto-CD-IE;
Misto-Cambiamo!-Popolo Protagonista: Misto-C!-PP;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Europeisti-MAIE-PSI: Misto-EUR-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA I COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
GIUSEPPE BRESCIA

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Informo che, come specificato anche nelle convocazioni, alla luce di quanto stabilito dalla Giunta per il Regolamento della Camera nella riunione del 4 novembre 2020, i deputati e i senatori possono partecipare all'odierna seduta in videoconferenza.

Audizione del Ministro per la pubblica amministrazione, Renato Brunetta, sulle linee programmatiche

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, l'audizione del Ministro per la pubblica amministrazione, Renato Brunetta, sulle linee programmatiche.
  Avverto che per lo svolgimento dell'audizione abbiamo a disposizione uno spazio temporale fino alle ore 16:30, quando riprenderanno le votazioni presso le rispettive Assemblee della Camera e del Senato. In ragione di tale limite temporale, faccio presente che, dopo la relazione del Ministro, sarà data la parola a non più di un deputato o senatore per gruppo per ciascuna Commissione, per una durata di non oltre due minuti ciascuno, a cui farà seguito la replica del Ministro. Sulla base del tempo disponibile si valuterà se procedere poi allo svolgimento di ulteriori interventi ed, eventualmente, anche a una ulteriore replica del Ministro. Pregherei quindi i gruppi di comunicare i nominativi di coloro che intendono intervenire alla Segreteria delle Commissioni.
  Anche a nome della Presidente dell'XI Commissione della Camera, Debora Serracchiani, nonché del Presidente della 1a Commissione del Senato, Dario Parrini, e della Presidente dell'11a Commissione del Senato, Susy Matrisciano, unitamente a tutti i colleghi senatori e deputati presenti o collegati da remoto, ringrazio il Ministro per la presenza e gli do la parola per lo svolgimento della sua relazione.

  RENATO BRUNETTA, Ministro per la pubblica amministrazione. Grazie, presidente. Ringrazio i presidenti, con cui ho parlato nei giorni scorsi per organizzare questa audizione, che è certamente un obbligo sostanziale che ho voluto onorare in maniera particolare, non rilasciando alcuna intervista o alcuna anticipazione sul lavoro che stiamo facendo, in quanto questa è la sola e unica sede in cui anticipare le linee programmatiche.
  Per cui sono qui, per la prima volta, a illustrare al Parlamento e ai media il concentrato di una ventina di giorni di lavoro intensissimo, svolto sulla base delle linee programmatiche date dal Presidente del Consiglio, il quale ha ricevuto la fiducia del Parlamento, e sulla base delle necessità del nostro Paese, legate soprattutto, ma non solamente, al cosiddetto «PNRR» (Piano nazionale di ripresa e resilienza), ma l'oggetto principale della audizione consiste nella pubblica amministrazione, nelle linee programmatiche del Ministero e nel suo Pag. 4contributo alla redazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
  Perché dico questo? Perché normalmente la pubblica amministrazione si riassume con un acronimo, «PA». Non è un bell'acronimo, è un po' freddo, ma PA vuol dire medici, infermieri, insegnanti, magistrati, forze dell'ordine, dipendenti delle amministrazioni centrali e dipendenti delle amministrazioni periferiche delle regioni. PA vuol dire chi cura tuo padre quando è malato, vuol dire chi regola il traffico, chi ti assicura sicurezza, chi insegna ai tuoi figli. PA è tutto questo. PA, quindi, è lo Stato, è il volto della Repubblica che si presenta nella vita di tutti i giorni: l'ospedale, il Municipio, la scuola e il tribunale – queste sono le parole del Presidente Mattarella –, il museo. Cosa più importante, la PA è la nostra vita, è la nostra qualità della vita. Sono i servizi che fanno la nostra vita, quella dei nostri cari, dei nostri figli. PA vuol dire anche le nostre tasse, perché i servizi sono pagati con le nostre tasse e sono determinanti per la qualità della nostra vita e delle nostre imprese.
  Per questo la PA è il nucleo fondante dello Stato, quello che trasforma le regole, le istituzioni in servizi, cura e sicurezza. È facile a questo punto pensare che uno Stato è tanto più amato, più serio e più efficiente, quanto più la sua pubblica amministrazione è seria, amata, efficiente e apprezzata. Ragion per la quale, poi, i cittadini, anche se pagano le tasse per far funzionare la PA, sono contenti di pagarle perché le vedono trasformate in buoni servizi, in qualità della loro vita per le famiglie e per le imprese.
  È vero anche il contrario, ovvero che, se la qualità di questi servizi non è buona, è un intralcio o un problema, allora diventano solo costi e, quindi, il rapporto dei cittadini con la pubblica amministrazione diventa conflittuale, freddo e negativo, tale addirittura, da indurre a rifiutare – succede – o a eludere o a evadere il pagamento delle tasse, perché se lo Stato non mi dà i servizi, io mi sento autorizzato a una sorta di alleggerimento fiscale.
  Ci rendiamo conto quanto questa sigla, PA, sia dentro la nostra vita e dentro la nostra cittadinanza. Questo è un dato ineludibile.
  C'è un altro passaggio teorico – poi la smetto ed entro nel merito – in base al quale, contrariamente a quanto accade per altri tipi di servizi, per quelli privati e quelli che sono forniti dal mercato, la PA non ha un mercato a cui sottostare e che, come tutti i mercati, dà indicatori di qualità, come «il servizio è buono» o «il servizio è cattivo». Il mercato serve a questo. Il mercato ti dà degli indicatori di prezzo, di quantità, di efficienza e, se la quantità, la qualità e l'efficienza non sono buone, il mercato ti sanziona. La gente se ne va ed esce, protesta se il pane non è buono o se lo yogurt è scaduto e te lo tira dietro. Questo è il mercato ed è un grandissimo, straordinario regolatore e valutatore di qualità.
  Nella PA possono succedere le stesse cose, ovvero che i prodotti siano buoni o meno buoni, però, apparentemente, non ci sono sanzioni o premi. In realtà, tutto questo avviene a livello sotterraneo, non in maniera trasparente. Per cui anche il produttore di questi beni e servizi, non avendo un misuratore di performance, un misuratore di qualità o un misuratore di prezzo, ha difficoltà a sapere se la sua produzione di servizi è buona o cattiva, perché normalmente non ha il polso della situazione. Direte: «Ogni cinque anni nei comuni, se il Sindaco non ha dato buoni servizi, non viene più rieletto», ma sappiamo tutti che non è così o, quantomeno, che non è così semplice.
  La PA mette insieme i servizi fondamentali per la nostra vita e per le nostre imprese, i servizi fondamentali per il futuro dei nostri figli, per la nostra sicurezza, per la nostra salute ed è, come dire, «sospesa» su una produzione necessaria, non avendo indicatori, premi e punizioni che invece hanno i servizi privati.
  Passo all'ultimo punto. Questi servizi sono fatti per tutti, senza esclusione. Non ci può essere un'esclusione del tipo: «A te non fornisco la scuola e a te non fornisco la sanità». Grazie alla nostra civiltà giuridica e alla nostra storia, la pubblica amministrazione non può escludere né con il Pag. 5prezzo né con altre discriminazioni. Quindi, i suoi servizi sono per tutti e, per questo, sono spesso servizi monopolistici, nel senso che vengono offerti quasi in regime di monopolio. Dico «quasi» perché spesso il mercato, laddove ci sono delle falle nell'offerta di questi servizi, fornisce dei servizi paralleli privati, con il pericolo di fare possibili discriminazioni. Quelli che hanno i mezzi possono bypassare i servizi della PA, acquistando quegli stessi servizi nel mercato privato, ma sono i ricchi o i più abbienti o i più forti. La PA, invece, è necessariamente per tutti e, soprattutto, per i più deboli. Un cittadino normale deve assolutamente accedere ai servizi della pubblica amministrazione e non può pensare di rivolgersi ad altri, perché non ha le risorse e, soprattutto, non sarebbe giusto, perché pagherebbe due volte, prima con le tasse e poi per il servizio complementare sostitutivo.
  Con PA, quindi, si intende anche la giustizia sociale, il riequilibrio e la redistribuzione del reddito, la garanzia e, in definitiva, la Repubblica.
  Bisogna fare un piccolo mea culpa. Anche in ragione della crisi economica che attanaglia il nostro Paese da circa un decennio – pensando solo all'ultima – tutti abbiamo visto la PA come un costo. Alzi la mano chi non lo ha mai pensato o chi è stato esente da questo cattivo pensiero. Non che non sia un costo, ma è un costo fondamentale per l'esistenza di un Paese, di uno Stato, di una Repubblica e di una comunità. Questo pregiudizio dura da troppo tempo, anche giustificato da tanti eventi che possono riguardare oltre tre milioni di lavoratori.
  In ragione della pandemia, in ragione di questa straordinaria e spaventosa crisi che abbiamo subìto, che stiamo subendo e che, probabilmente, subiremo ancora solo per alcuni mesi – speriamo – noi abbiamo fatto una riflessione. Se non ci fossero stati gli infermieri, i medici, le forze dell'ordine e la comunità, questo Paese si sarebbe disgregato.
  Dovremmo ripartire proprio da questo, da questa crisi per fare un grande ripensamento sostanziale su chi siamo e su chi vogliamo essere, ma, soprattutto, c'è un altro fatto rilevante, ovvero le risorse che l'Unione europea, con il cosiddetto «momento Merkel», ovvero con la mutualizzazione del debito che serve per ricostruire e per darci capacità di reazione, ci ha messo a disposizione e che ammontano a 200 miliardi di euro, una parte regalati e una parte prestati a tassi molto convenienti, messi a disposizione solo se cambiamo, se facciamo le riforme che abbiamo sempre tentato di fare e che, per il nostro egoismo e la nostra miopia, non siamo mai riusciti a fare. È una bella sfida. Ieri, nel corso dell'audizione informale presso le Commissioni riunite 1a 14a del Senato, il professor Cassese ha detto che non vanno fatte riforme, non solo e non tanto, per questi cinque o sei anni di «gobba» di spesa – chiamiamola così – per superare così la crisi, ma devono essere riforme strutturali, perché «recovery» vuol dire spesa e ripresa, ma «resilienza» vuol dire fare riforme e, se non c'è la resilienza e, quindi, non ci sono le riforme, non si riesce neanche a spendere. Certo, ci potrebbero essere anche riforme che non costano, ma senza investimenti le riforme che non costano hanno un impatto molto limitato.
  I termini «recovery» e «resilienza» sono termini assolutamente inscindibili, l'uno presuppone l'altro. Se tu non fai le riforme, non spendi i 200 miliardi. D'altra parte, se tu fai solo le riforme senza fare gli investimenti necessari, le riforme rimangono non fini a se stesse, perché servono sempre, ma hanno meno impatto.
  Per questo l'Unione europea ha condizionato questo sforzo economico e finanziario e per fortuna lo ha fatto, perché altrimenti, molto probabilmente, la strada del recovery e della resilienza sarebbe stata praticata molto superficialmente. Abbiamo visto tante volte che non basta avere i soldi da spendere, non basta poter fare debito, ma bisogna avere anche le regole che consentono di fare debito «buono» – come direbbe Draghi – e di avere il necessario impatto positivo sulla società.
  Ve la faccio breve. Tutti dicono: «Caro Renato, caro professor Brunetta, caro onorevole, tu hai in mano la chiave del recovery e della resilienza». È un po' retorico, Pag. 6ma me lo dicono. Io rispondo: «Sì, è vero, perché ho in mano la pubblica amministrazione, la nuova regolazione della pubblica amministrazione». Cosa voglia dire questo, Dio solo lo sa. Lo sforzo che ho fatto in questi venti giorni insieme a tutti i miei collaboratori è stato proprio il seguente: come declinare in maniera concreta la frase: «Tu hai in mano il recovery, la resilienza e il futuro di questo Paese» che, ripeto, è un po' retorica. Cosa vuol dire che ho in mano il destino del Paese?
  Se guardate la presentazione grafica che ho trasmesso alle Commissioni, abbiamo cercato di razionalizzare questo ragionamento con una sorta di alfabeto, di lessico, proprio per dare una tassonomia, per dare un ordine e per dare il nome alle cose. Magari ci siamo dimenticati degli elementi, ma la tassonomia serve per capirci. Come si sa, l'alfabeto inizia con A, B, C, D: A vuol dire accesso, B vuol dire buona amministrazione, C vuol dire capitale umano e la D sta per digitalizzazione. Poi, vi sono alcuni corollari.
  Per cambiare la pubblica amministrazione, per far sì che i servizi forniti dalla pubblica amministrazione siano di buona qualità, siano giusti, arrivino in fretta alle persone, che le persone e le imprese siano soddisfatte, noi dovremmo avere un sistema di accesso alla pubblica amministrazione funzionante. L'accesso consiste nel reclutamento, nei concorsi, nelle progressioni di carriera. L'accesso consiste in tante cose. Possiamo dire oggi che il nostro accesso, la nostra A, funzioni? No. Vuol dire che uno degli elementi fondanti dell'efficienza di un sistema, ovvero il reclutamento, un sistema fatto di oltre tre milioni di uomini e donne, deve avere accessi efficienti, funzionali, sintonizzati con le esigenze del cambiamento tecnologico, e così via.
  Nella parte della presentazione grafica dedicata alla lettera A – non illustro tutto, se no vado avanti per due ore – ci sono tutte le richieste che ci fa l'Europa e le nostre controproposte per cambiare i sistemi di accesso e per cambiare le modalità di reclutamento. Vi faccio un esempio. Un concorso non può durare dieci anni o essere bandito e poi rimanere in sospeso. Un concorso come quello degli avvocati non può essere bloccato. Ho ricevuto la lettera di un papà che ha una figlia che si sta preparando da mesi, da anni, per l'esame di Stato di avvocato, che continua ad essere «appeso». Non può andare così, nonostante la pandemia. Non si deve dire: «Vi preparerò una grande riforma strutturale che, nell'arco dei prossimi dieci anni, cambierà i sistemi di accesso». No. O si fa subito, nei prossimi due o tre mesi, o non prendiamo i soldi del Recovery, tanto per essere chiari. Il sistema di accesso e di reclutamento in tutta la PA deve cambiare radicalmente – poi vi dirò alcune cose tecniche che riguardano proprio il Parlamento – altrimenti il sistema, non solo è bloccato, ma è morto.
  Il reclutamento consiste anche nel turn over. Lo ricordava un quotidiano oggi. Io stesso, da Ministro in un precedente Governo, in un momento di crisi finanziaria, ho dovuto bloccare o limitare il turn over. Sappiate che questa è una misura estrema, perché quando un policy maker o un imprenditore blocca il turn over, è sull'orlo del fallimento. Un'impresa non può avere il turn over bloccato, perché vuol dire che è un'impresa destinata alla chiusura. Questo nostro meraviglioso Paese ha il turn over bloccato, totalmente o parzialmente, da decenni. Non si può andare avanti.
  Abbiamo avuto la crisi, abbiamo avuto il disastro, abbiamo avuto la pandemia, ma avremmo i soldi e abbiamo un Governo di unità nazionale, di cui fanno parte tutte le formazioni politiche rappresentate in Parlamento, tranne una legittima eccezione, abbiamo tutte le condizioni per cambiare, dal punto di vista economico e dal punto di vista regolativo delle riforme. Quindi l'accesso al pubblico impiego deve cambiare.
  Passiamo poi alla buona amministrazione, la B. La buona amministrazione consiste nelle procedure, nella semplificazione, nel silenzio-assenso, ma consiste anche nella digitalizzazione, perché una delibera deve nascere digitale. La delibera di un comune non può nascere scritta a mano e poi essere battuta al computer e immessa – questa non è transizione digitale – ma Pag. 7deve essere in formato digitale fin dall'inizio. Questa è la buona amministrazione, attenta al giudizio dei clienti, la customer satisfaction. Quando, un po' di anni fa, da Ministro, avevo lanciato il programma degli emoticon, lo avevo fatto perché era un modo per dare dei segnali al produttore di quel servizio, che, altrimenti, non sa se i clienti sono soddisfatti o meno. Il mio sogno era che un sindaco avesse il computer e avesse gli emoticon relativi a tutti i servizi del comune giorno dopo giorno sul tavolo e che, dai servizi funerari agli asili nido, avesse la possibilità, in maniera organizzata, di conoscere il grado di soddisfazione dei cittadini, senza dovere aspettare cinque anni per sapere se lo voteranno di nuovo o no.
  Passiamo alla lettera C, il capitale umano, che consiste in 3,2 milioni di dipendenti, su cui avremmo dovuto investire, ma, purtroppo, non lo abbiamo fatto. Mea culpa. Io ho fatto il Ministro di questo stesso Dicastero, ma eravamo più impegnati – perché il momento ci imponeva questo – a tagliare, a bloccare i contratti, a bloccare la contrattazione di secondo livello, a tagliare la formazione professionale ed era tutto necessario a causa del momento, della crisi economica e finanziaria, del rischio di bancarotta. Adesso, però, non possiamo più permetterci tutte queste cose, perché senza un capitale umano formato, qualificato con le skill giuste, noi non possiamo spendere i 200 miliardi dell'Europa, grimaldello del cambiamento, non riusciamo a spenderli e l'Europa neanche ce li dà. Se non abbiamo gli ingegneri giusti, al centro come in periferia, l'Europa non ci dà neanche i soldi. Questo è un grimaldello per poter finalmente fare le riforme che abbiamo sempre detto di voler attuare e che non siamo mai riusciti a fare per la nostra miopia, per il nostro egoismo.
  Passiamo alla lettera D, la digitalizzazione. Si potrebbe pensare di comprare tutti i computer del mondo per risolvere il problema. Questa è la considerazione più sbagliata del mondo, perché se si dà un hardware o della «ferraglia» nuova a un capitale umano che non li sa usare, non succede assolutamente nulla. La digitalizzazione deve essere strettamente legata ai processi di reclutamento, di buona amministrazione, di investimento in capitale umano, cioè di formazione, in maniera tale che l'uno dialoghi con l'altro. I maggiori esperti dicono che la formazione del capitale umano è addirittura preminente rispetto ai processi di digitalizzazione. Io sono un po' più equilibrato e dico che i due processi, i due investimenti, devono andare di pari passo.
  Troverete tutti i punti nella presentazione grafica che ho trasmesso. Per ogni punto, per ogni pallino c'è una scheda descrittiva e una scheda di investimenti. Stiamo facendo e stiamo realizzando tutto questo.
  Vi dico due cose al margine, andando verso la fine della mia relazione e chiudendo. Tutto questo non si fa e non si realizza se non c'è coesione sociale, se non c'è responsabilità, se non c'è un «momento Italia», ovvero la consapevolezza e la percezione che questa è l'unica strada, che questo è il momento di fare tutte queste cose. Questo è il momento di cambiare il nostro Paese, non solo e non tanto per la «gobba» di spesa del Recovery, ma per il futuro delle prossime generazioni. Di fatto, si chiama Next Generation EU. Tutto questo presuppone la coesione sociale, ovvero la modalità politica che l'Italia ha adottato nei momenti cruciali della sua storia.
  Penso all'ultimo di questi momenti, che è stato il 1993 con l'accordo Ciampi-Giugni – ero un po' più giovane e davo una mano a Ciampi e a Giugni – che era un accordo di politica dei redditi che seguiva l'adesione dell'Italia al Trattato di Maastricht, che è stato un altro fatto epocale. Non mi voglio paragonare a nessuno, ma dico solo che questo momento, il momento che sta vivendo l'Italia, somiglia molto a quel momento di tanti anni fa e che ha costituito un cambio di fase. All'epoca siamo entrati in un processo che, con tutte le sue ombre, ma, soprattutto con le straordinarie luci, ci ha portato fino ad oggi. Il Presidente Ciampi decise di costruire un patto sociale, un accordo sociale con il mondo del lavoro e il mondo delle imprese, di costruire un grande accordo di coesione sociale. Pag. 8
  Domani il Presidente Draghi – straordinariamente sensibile a questa tematica – per quanto riguarda la PA, il capitale umano pubblico, centrale in questo momento, firmerà un accordo di coesione sociale sull'innovazione e sulla coesione sociale, una sorta di quadro di riferimento perché tutto questo possa avvenire sulla base di una scelta condivisa nel mondo del lavoro, all'interno del quale, tra l'altro, lo Stato è datore di lavoro. Domani avverrà questa firma a Palazzo Chigi e a breve saranno convocati i sindacati rappresentativi del pubblico impiego per avviare la tornata dei rinnovi contrattuali 2019-2021, perché queste sono solo parole se poi non si riesce a fare un contratto. Se il contratto non risponde alle esigenze del mondo del lavoro pubblico, tutte queste sono solo parole.
  Passiamo, quindi, all'ultimo punto. Questo mio quadro programmatico è solo la premessa di una strategia più ampia che deve andare oltre il mese di aprile e che deve riguardare la fine della legislatura e anche la prossima , visto che il PNRR ha una portata temporale che riguarderà anche tutta la prossima legislatura.
  Come ha detto ieri il Ministro Daniele Franco, stiamo lavorando a un decreto di accompagnamento del PNRR e presenteremo all'Europa un PNRR, che si basa sulla proposta di PNRR presentata lo scorso 12 di gennaio dal Governo precedente, perché essere comunità vuol dire anche garantire la continuità delle istituzioni. Noi abbiamo lavorato partendo da quella proposta di PNRR, tenendo conto della composizione del nuovo Governo e delle forze politiche che lo sostengono. Ringrazio il mio predecessore, Fabiana Dadone, per tutto lo straordinario lavoro fatto. Questa è civiltà istituzionale. Anche nel testo del nuovo PNRR ho scritto cose bellissime sulla semplificazione, cose da attuare e cose che forse non hanno funzionato ed è così che si dovrebbe fare sempre.
  Noi accompagneremo il testo del nuovo PNRR che consegneremo all'Europa con un decreto-legge che sarà già stato approvato, per l'attuazione del contenuto del Programma medesimo. Per cui – questa è l'ultima cosa che vi dico – se nella proposta di PNRR ci sono delle buone indicazioni, inserite con il consenso di tutti, sulla semplificazione dei concorsi, sulle carriere, sulla digitalizzazione, non saranno solo delle buone intenzioni, ma saranno degli articoli di decreto che entrano immediatamente in vigore. Accompagneremo il nuovo PNRR dell'Italia, in attesa che le Istituzioni europee lo valutino e lo approvino, con un testo normativo di attuazione di tutte le cose che vi sono contenute.
  Sto lavorando, parallelamente, non solo alla redazione del PNRR definitivo, ma anche a scrivere gli articoli del decreto-legge che riguardano le materie di competenza del mio Dicastero, così come il Ministro della giustizia, quello delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, quello dell'istruzione, e via dicendo, cosicché, alla fine, il decreto determinerà il futuro del nostro Paese. Ho finito. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Brunetta anche per la particolare attenzione e rispetto istituzionale che ha dimostrato nei confronti del Parlamento e delle nostre Commissioni riservando a questa sede la prima esposizione pubblica delle linee programmatiche del suo Ministero.
  Do, quindi, la parola ai deputati e senatori che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  TIZIANA CIPRINI. Grazie, presidente. Grazie, Ministro. Volevo chiedere una cosa. A seguito dell'esperienza che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo con la pandemia, chiedo al Ministro se il lavoro agile nella pubblica amministrazione è considerato nelle sue linee programmatiche il fulcro per il lancio di un nuovo modello organizzativo. È, infatti, un tema importante, che si collega anche a quello dei nuovi modelli e metodi di valutazione della performance – ricordo infatti che erano state emanate delle linee guida sul lavoro agile. Chiedo, inoltre, al Ministro se sia al lavoro su un disegno di legge collegato alla legge di bilancio per regolamentare proprio il lavoro agile nella pubblica amministrazione.
  Chiedo, infine, al Ministro se vuole agire in un'ottica di continuità con il lavoro che Pag. 9stavamo portando avanti e che è rimasto in sospeso. Grazie.

  ANTONIO VISCOMI. Grazie, presidente. Grazie, Ministro per le sue parole. Le auguro un buon lavoro, perché la sfida che ha davanti è veramente dura e ambiziosa. Cercherò di essere sintetico, utilizzando tre parole chiave: costituzione, organizzazione e regolazione. Costituzione, perché mi pare di cogliere nel suo discorso – che condivido molto – la centralità della pubblica amministrazione come strumento di attuazione dell'articolo 3 della Costituzione. Proprio questo periodo di pandemia ha reso evidente a tutti che la pubblica amministrazione serve per rimuovere quegli ostacoli che impediscono la piena partecipazione alla realizzazione della persona umana.
  Da questo punto di vista, condivido e sottolineo con lei l'importanza della centralità della pubblica amministrazione ai fini della coesione sociale, ma proprio per questo credo che sia importante focalizzare la seconda parola, «organizzazione», perché credo che il punto di sfida reale nella nostra pubblica amministrazione sia quello di costruire un'organizzazione in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini. In fondo, il termine medio fra le politiche, i diritti e i cittadini è dato proprio dall'organizzazione.
  Faccio tre esempi brevissimi. Il primo riguarda i concorsi. Lei stesso ha ricordato che i concorsi richiedono una diversa organizzazione e devono essere finalizzati all'acquisizione delle migliori competenze per la migliore organizzazione. Il secondo esempio è lo smart working che, purtroppo, spesso è tradotto in chiave di diritti e non di organizzazione. Quando lo smart working viene tradotto in chiave di diritti individuali e non di organizzazione, si pone qualche problema. Infine, il terzo esempio è la digitalizzazione, che, come ricordava lei stesso, non è soltanto una questione di capitale umano, ma di radicale trasformazione delle procedure amministrative, altrimenti l'introduzione del computer significa sostituire la macchina da scrivere con il computer.
  La terza parola è «regolazione». Per realizzare la migliore organizzazione, signor Ministro, quale ruolo intende attribuire alla contrattazione collettiva? Perché molto spesso, dal 1992 o dal 1993 ad oggi, abbiamo pensato di introdurre per legge la migliore organizzazione e questa è una trappola. Grazie.

  JESSICA COSTANZO(intervento da remoto). Volevo fare una domanda che interessa prevalentemente l'ANCI (Associazione nazionale comuni italiani), che ha chiesto 60 mila assunzioni per rafforzare gli enti locali. La domanda riguarda soprattutto l'età media dei dipendenti della pubblica amministrazione, che è intorno ai 55 anni, mentre i giovani sono solo il 2 per cento, e le loro competenze, che sono prevalentemente giuridiche, mentre mancano tecnici, ingegneri, economici e via dicendo.
  Lo scorso settembre, nel corso di una audizione, l'ex Ministra Fabiana Dadone aveva annunciato un piano straordinario di assunzioni, con procedure concorsuali gestite dal Dipartimento della funzione pubblica a favore di tutte le pubbliche amministrazioni, di personale tecnico molto specializzato con competenze in ambito digitale, quindi ingegneri, architetti e non solo giuristi. Per i tecnici e i professionisti oggi si parla di un meccanismo di reclutamento rapido che sarà messo in campo con selezioni veloci e non con concorsi o con procedure complesse, anche perché il contesto rende difficile l'organizzazione.
  La domanda è: in che senso il nuovo piano di assunzioni di esperti e lo sblocco delle procedure concorsuali cosiddette «canoniche» riusciranno a differenziarsi concretamente rispetto alle linee già illustrate in questa sede dalla precedente Ministra? I concorsi saranno più snelli e veloci con l'accertamento del possesso delle cosiddette «soft skills», quindi delle competenze trasversali e delle capacità logico-attitudinali, come aveva promesso la precedente Ministra? Grazie.

  FELICE MAURIZIO D'ETTORE. Ringrazio anche io il Ministro Brunetta che, con la sensibilità istituzionale che l'ha sempre contraddistinto anche nel lavoro parlamentare, ha immediatamente fornito alle Camere Pag. 10 dei chiarimenti in ordine a quelle che sono le linee guida essenziali relative al PNRR. È importante soprattutto perché le linee programmatiche, come ha chiarito il Ministro – questo è il dato fondamentale – saranno già trasfuse in un provvedimento ad hoc e il contributo che possiamo dare alle Camere diventa da questo punto di vista fondamentale. Quindi, viene realizzata nei fatti quella richiesta, che proveniva anche da Forza Italia, di una discontinuità in senso positivo e costruttivo per poter dare un'interlocuzione sempre maggiore al Governo da parte del Parlamento.
  Rapidamente ho alcune questioni da porre. Innanzitutto, la valorizzazione del personale della PA. Il tema della valorizzazione dei dipendenti della PA, soprattutto in questo momento, diventa del tutto centrale. Vorrei capire come questo tema possa essere affrontato e quale iniziativa il Governo intenda assumere per valorizzare i dipendenti della pubblica amministrazione.
  Un altro tema è quello della celerità dei concorsi. In questo momento, il sistema dei concorsi, come ben sa il Ministro, è costruito sulla base di un ordinamento che non è efficace e che non è in grado di dare soluzioni immediate. Ad esempio vi è la questione delle graduatorie degli idonei, di soggetti che nutrono aspettative continuative nel tempo, a fronte delle ripetute proroghe e sanatorie che vengono previste. Come si vuole mettere mano a una riforma complessiva del sistema dei concorsi, visto che uno dei fondamenti del Piano sarà quello di valorizzare la pubblica amministrazione, fare nuove assunzioni e consentire di avere una risposta efficace da parte della mano pubblica?
  Un'altra questione che mi permetto di porre al professor Brunetta è quella relativa al piano di assunzioni nel mondo della ricerca scientifica. Anche questo è un pilastro fondamentale del PNRR e vorrei capire come si possa cominciare ad attuarlo per il settore dell'università e della ricerca. Chiaramente questo è un tema che riguarda un altro Ministero, ma la pubblica amministrazione riveste un ruolo centrale.
  L'ultimo punto riguarda la formazione. Quali sono le iniziative che riguardano la formazione e la Scuola nazionale dell'amministrazione? Sono previste novità al riguardo?

  UGO GRASSI. Il mio intervento durerà qualche minuto in più perché mi hanno consentito di utilizzare anche il tempo disponibile per l'XI Commissione.

  PRESIDENTE. La prego comunque di contenere il suo intervento nei 2 minuti previsti.

  UGO GRASSI. Proverò a sintetizzare al massimo il mio intervento.
  Ministro, lei ha toccato molti argomenti, dimostrando una grande padronanza del tema relativo alla pubblica amministrazione e più in generale del diritto amministrativo.
  Voglio ricordare il famoso rapporto di Massimo Severo Giannini del 1979 sullo stato della pubblica amministrazione, perché è da lì che poi è iniziato il tentativo di inserire nella pubblica amministrazione i criteri di mercato – o, perlomeno, il simulacro di criteri di mercato – per efficientare la pubblica amministrazione. Sappiamo che questo tentativo, questo innesto, non ha dato buoni risultati. Questo è un tema che andrebbe affrontato forse con un'altra chiave di lettura, introducendo una competizione tra le pubbliche amministrazioni, ma qui noi finiremmo per sforare su un altro argomento, ovvero quello del regionalismo differenziato, che in fondo non è altro che una modalità di messa in competizione delle varie pubbliche amministrazioni.
  All'interno del documento che lei ci ha sottoposto, vi è un passaggio che ha richiamato la mia attenzione. La Commissione raccomanda di semplificare l'ordinamento, ma soprattutto raccomanda di evitare un quadro delle riforme frammentato e incompleto. Potrei menzionare – ma perderei tempo – alcuni aspetti critici dell'attuale ordinamento amministrativo, come le difficoltà interpretative e le difficoltà di Pag. 11interpretazione che sono foriere di un aumento del contenzioso.
  Perché non osare, invece, ipotizzare un codice di diritto amministrativo? Perché non pensare, non a un decreto – che vedrebbe la sua genesi all'interno di questi palazzi – ma a una legge delega a cui affidare il compito di istituire delle Commissioni, aperte alle competenze esterne, che avrebbero il compito di procedere a una riscrittura organica, a una riforma organica del diritto amministrativo sostanziale? Mentre si provvede alla riforma del diritto sostanziale, si potrebbe anche tenere in conto l'aspetto informatico al fine di semplificare i progetti, i procedimenti, avvalendosi al contempo delle competenze di esperti informatici, in modo che il giurista e l'informatico lavorino in parallelo. Immagino Commissioni composte non solo da professori universitari, da funzionari ministeriali, ma anche da amministratori pubblici, sindaci, ovvero da tutti coloro che poi sperimentano sulla loro pelle, in prima persona, l'applicazione del diritto amministrativo.
  Mi rendo conto che è un progetto apparentemente immane, però mi viene da dire «Se non ora, quando?».

  FRANCESCO LAFORGIA. Ringrazio il Ministro Brunetta non solo per la relazione ma anche, se mi permette, per la onestà intellettuale con cui ha ammesso di essere entrato in una fase nuova del suo percorso politico.
  D'altro canto, lei, Ministro, assume per la prima volta la responsabilità di Ministro della pubblica amministrazione nel 2008 – se non sbaglio – con il Governo Berlusconi e in tutti questi anni, suo malgrado, viene ricordato come il Ministro che ha ingaggiato una sorta di battaglia iconoclasta nei confronti della pubblica amministrazione, con la retorica dei furbetti del cartellino, della pubblica amministrazione. Persino suo malgrado, Ministro, questa è stata la rappresentazione che è stata data di lei, della riflessione che lei ha sviluppato da politico nei confronti della pubblica amministrazione.
  Ammettere di essere entrati in una fase nuova della storia di questo Paese, in ragione di questa terribile vicenda che ci sta attraversando, che è la pandemia, credo sia un elemento positivo di grande avanzamento, ed essere arrivati alla posizione secondo la quale l'amministrazione pubblica non solo non deve dimagrire – questa è stata la tesi ideologica che ha informato tutti i campi politici, quello della destra e quello della sinistra – ma ha bisogno invece di una cura esattamente opposta, quella di una riqualificazione pesante e di un grande piano di assunzioni, è un punto di condivisione molto positivo. Credo – e spero – che lei possa lavorarci seriamente nel brevissimo periodo, come si è impegnato a fare.
  Ci sono due aspetti, però, che non ritrovo nella sua relazione o che ritrovo tangenzialmente, sui quali vorrei delle delucidazioni. A proposito del «bistrattamento» della pubblica amministrazione, negli ultimi lustri abbiamo assistito a due fenomeni che hanno reso la pubblica amministrazione un coacervo di pregiudizi fondati e non fondati. Da un lato vi è il processo di esternalizzazione dei servizi, che fa parte di quella tesi del dimagrimento della pubblica amministrazione che è stata alla base di ragionamenti che hanno attraversato tutti i campi politici e che avrebbero dovuto creare efficienza e snellimento, ma che invece hanno creato squalificazione, dequalificazione e una creazione di catene di responsabilità dove queste ultime non vengono più individuate e che hanno sostanzialmente creato disfunzioni. Dall'altro lato, vi è il tema del precariato, perché interi settori della pubblica amministrazione si reggono sul precariato.
  Accanto al tema delle assunzioni, Ministro, le chiedo che cosa pensa di fare dei precari, che già oggi lavorano nella pubblica amministrazione e che sono essenziali per la fornitura degli stessi servizi che la pubblica amministrazione eroga.

  CAMILLO D'ALESSANDRO(intervento da remoto). Ringrazio innanzitutto il Ministro per la sua relazione.
  Mi permetta di manifestare una preoccupazione che nasce dalla lettura di un po' tutte le riforme o delle ipotesi di riforme, Pag. 12dalla legge n. 142 del 1990 ad oggi, sulla pubblica amministrazione.
  Secondo i dati Istat al 31 dicembre 2019, in Italia abbiamo sei comuni sopra i 500 mila abitanti, sei comuni tra i 250 mila e i 500 mila abitanti e abbiamo invece 5.509 comuni sotto i 5 mila abitanti. Qual è la preoccupazione? La preoccupazione è che qualunque tipo di riforma immaginata va calibrata in ragione della consistenza delle fasce dei comuni italiani, perché – come noterà – esiste un problema generale della pubblica amministrazione ed esiste un problema particolare sui piccoli e medi comuni; se aggiungiamo anche i comuni fino ai 10 o 15 mila abitanti, si sta parlando della stragrande maggioranza dei comuni italiani.
  La mia preoccupazione è che ogni volta che si è tentato di applicare una riforma che riguardasse il comune di Milano, così come il comune più piccolo di 2 mila abitanti, questi comuni vanno profondamente in difficoltà. Credo che la sua esperienza e sensibilità lo possa confermare svolgendo una riflessione ulteriore sul taglio da dare alla riforma della pubblica amministrazione, tenendo conto di questa composizione demografica dei comuni.
  Chiedo scusa se utilizzo la sua presenza per porle una questione che non la investe direttamente, ma che la investe indirettamente, in combinato disposto con il Ministero dell'interno, ovvero la grande questione dei segretari comunali, che non ci sono e, se ci sono, rifiutano di andare nei comuni medio-piccoli. Questo sta comportando il ritardo nella «messa a terra» delle risorse che ci sono e di quelle che ci potranno essere. Esiste una questione, che è vero non riguarda direttamente il Ministero per la pubblica amministrazione, seppure in Aula, alla Camera, quando era in carica l'ex Ministra per la pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, avevamo approvato un ordine del giorno unitario, ma rimane questo grande problema.
  In sostanza la mia preoccupazione è che la «messa a terra» di progetti straordinari rispetto all'attuale assetto dei comuni, anche in termini demografici, considerata l'assenza di figure cardine nella pubblica amministrazione, come, per esempio, i segretari comunali, rischi poi di non fare attuare gli interventi straordinari che alla prima responsabilità chiameranno proprio i comuni italiani.

  PRESIDENTE. Passiamo all'ultimo intervento del primo giro di interventi. Rassicuro tutti gli altri colleghi, soprattutto coloro che sono al Senato, che faremo in modo di fare intervenire tutti. La disponibilità del Ministro è fino alle 16:30, quindi cerchiamo di rispettare i tempi. L'ultimo intervento del primo giro è di Rizzetto di Fratelli d'Italia.

  WALTER RIZZETTO. Grazie, presidente. Buongiorno, Ministro Brunetta, e buon lavoro. Ho tre o quattro «spot», nei due minuti che mi sono concessi. Non ho ancora letto il documento che ci ha presentato, per cui ringrazio sempre gli uffici.
  Vorrei capire che cosa ne pensa rispetto allo scorrimento delle graduatorie, ovvero al diritto all'assunzione di coloro che hanno superato già un concorso, il cui merito non scade, evidentemente, anche se purtroppo sono scadute molte graduatorie in essere nei mesi scorsi. Vorrei capire se quando parla di turn over si riferisce esattamente a questo, ovvero cercare di capire, in un momento nel quale effettivamente la pubblica amministrazione ha bisogno di rinforzi, se è possibile usufruire di questo bacino, senza andare a bandire altri concorsi.
  Ancora più nello specifico, nel 2013 eravamo entrambi alla Camera dei deputati, vorrei capire che cosa pensa della legge n. 101 del 2013 dell'ex Ministro D'Alia.
  Rispetto allo smart working nella pubblica amministrazione, laddove compatibile, mi chiedo come si faccia ad amalgamare la tutela di coloro che lavorano in smart working – oggi secondo me non è un vero smart working, ma è una remotizzazione dei posti di lavoro – senza farne soffrire chi ne usufruisce, perché se le due cose non collimano, evidentemente non si riesce a farlo funzionare bene.
  Un altro punto è quello della digitalizzazione della pubblica amministrazione. Secondo Pag. 13 me siamo molto indietro, soprattutto rispetto a un momento nel quale molti servizi pubblici potrebbero essere digitalizzati, anche per non avere dei contatti fisici tra le persone. Su questo siamo ancora molto indietro. Qual è la sua visione sotto questo punto di vista?
  Ho due ultime questioni. Secondo me, anche se non fa parte solamente del suo Dicastero, la scuola è pubblica amministrazione, quando la scuola è pubblica. A braccetto con il Ministero dello sviluppo economico, secondo me c'è da digitalizzare ancora molto, perché oltre il 30 per cento degli studenti italiani oggi non è ancora dotato di un'infrastruttura Internet ad alta velocità. Tutti gli studenti devono partire dalla stessa linea di partenza. Non è possibile che il 60 o il 70 per cento di studenti abbia una linea ad alta velocità e l'altro 30 per cento non riesce a fare didattica a distanza, a causa dell'assenza della linea Internet.
  Sulla scorta di quanto ho ascoltato dal collega D'Alessandro, secondo me i segretari comunali oggi vanno anche in più comuni e fanno un grande servizio. Vanno da un comune più grande a un comune più piccolo. Conosco segretari comunali che gestiscono circa dieci comuni. Secondo me, sulla base dell'ordine del giorno votato da tutto il Parlamento, bisogna procedere con un'assunzione di massa, perché ne mancano ancora troppi.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per una prima replica.

  RENATO BRUNETTA, Ministro per la pubblica amministrazione. Grazie per le vostre domande. Dando le risposte, cercherò di valorizzare anche il tanto lavoro svolto che è nella mia documentazione e che mi sono accorto di aver trattato – dati i vincoli di tempo – in maniera solo sommaria.
  Per quanto riguarda il lavoro agile è stato forse la più grande esperienza sociale di questa pandemia. Il lavoro agile e l'uso dei nuovi sistemi di comunicazione legati alla rete – come Zoom, le videoconferenze e i rapporti a distanza – sono stati forse il più grande esperimento sociale nella storia del nostro Paese. Non posso che pensare bene rispetto a questa rivoluzione, che non è solo culturale, ma è anche personale e legata al lavoro e ai nuclei familiari, perché questo tipo di attività coinvolge l'intera società e lo stesso vale ovviamente anche per le imprese e per gli uffici. Il primo giudizio è che in brevissimo tempo abbiamo vissuto un'esperienza straordinaria.
  Passo alla seconda valutazione. Di mestiere faccio l'economista del lavoro. Di questa potenzialità, nella letteratura del Labour Economics, se ne parlava da cinquant'anni, se non di più. Mai nessuno avrebbe pensato che le nuove tecnologie, anche per l'emergenza pandemica, avrebbero portato un'accelerazione spaventosa e straordinaria di questa potenzialità. Nella letteratura internazionale lo smart working non esiste, ma esiste il telework, il telelavoro, che però da noi ha un'accezione completamente diversa; quindi bisognerà fare anche un approfondimento lessicale di significati. Credo che questa esperienza non vada buttata via, ma non va neanche iscritta in un meccanismo rigido normativo che la renda meno valida e meno feconda dal punto di vista dei suoi esiti.
  Da sempre sono un amante della contrattazione. Sono un amante dell'innovazione sociale legata alla contrattazione. Laddove c'è il conflitto distributivo, il conflitto regolativo tra il datore di lavoro e il lavoratore pubblico e privato, lì nascono le innovazioni sociali. Nella mia giovinezza ho studiato tutto questo e le più grandi innovazioni sono venute fuori dal conflitto distributivo, soprattutto sui luoghi di lavoro, come la contrattazione di secondo livello, la contrattazione decentrata, la contrattazione territoriale e così via. Naturalmente tutto questo deve essere recuperato, ripensato e riorganizzato, soprattutto, in primo luogo, nelle esperienze dei posti di lavoro; poi, una volta maturato, penso che tutto questo possa tradursi in una statuizione di tipo normativo.
  Penso tutto il bene possibile dello smart working. Mi rendo anche conto che lo smart working che si è realizzato è stato emergenziale e, tra l'altro, lo stato di emergenza Pag. 14finisce il 30 settembre. Abbiamo tutto il tempo per riflettere con opportune indagini esperienziali, che sono in corso. Infatti, è stata avviata una commissione tecnica – che sta ricevendo delle risposte seppur con un po' di ritardo – che indaga al fine di comprendere dove tale strumento ha funzionato, dove non ha funzionato, perché non ha funzionato.
  Poiché la discussione è aperta, vi dico il mio pensiero. Poiché stiamo chiudendo i contratti di lavoro nel settore pubblico, bisogna valorizzare attraverso la contrattazione le migliori esperienze e le migliori pratiche. Per questa ragione dico tutto il bene possibile, ma non pensiamo che sia il toccasana dell'organizzazione del lavoro, perché è un'ulteriore forma su cui abbiamo fatto un apprendimento obbligatorio di massa che non va disperso, ma che deve essere valorizzato in termini di performance, di produttività, di libertà e di privacy. Ci sono tante di quelle valenze e sfaccettature che vanno approfondite e rispettate.
  Faccio riferimento solo ad una questione. Quando ho visto i progetti del precedente Governo, avevo visto questi hub che non mi hanno convinto. O stai a casa o vai al lavoro. Secondo me, o lavori da casa o fai lo smart working, non è che vai in un luogo intermedio e dal luogo intermedio fai lo smart working. Quello non mi ha assolutamente convinto, però sono pronto ad essere convinto da argomentazioni di questo tipo. L'organizzazione del lavoro si deve arricchire con lo smart working serio, contrattato, libero, premiato, controllato e che non rischi di essere addirittura una vessazione o un condizionamento del lavoratore.
  Per quasi vent'anni ho diretto la Fondazione Brodolini e nello statuto dei lavoratori si parlava della dignità del lavoratore, nel senso della non controllabilità dello stesso attraverso i sistemi automatici, le videocamere e così via. Quella fu una conquista. Non vorrei che regredissimo rispetto a quella conquista, magari facendo passare tale modalità per innovazione sociale. Mi scusi, ma ho un po' di storia alle spalle. Ricordo Giacomo Brodolini come un grande riformista e ricordo la sua legge n. 300 del 1970, ovvero lo Statuto dei lavoratori.
  Quindi, lo smart working è stato fatto in via emergenziale, è stato una grande esperienza sociale, è certamente una modalità di ulteriore di flessibilità e di efficienza, che consente di riorganizzare e di ripensare la nostra organizzazione sociale e comunitaria, permettendo soluzioni di mobilità. Bisogna stare attenti a demonizzarlo, ma allo stesso tempo non è neanche il toccasana dei problemi del lavoro. Oggi il lavoro è una realtà molto complessa che ha bisogno di grandi attenzioni, di poche fughe in avanti, di grande concretezza. Penso, ad esempio, al tema dei licenziamenti e della norma del blocco dei licenziamenti, su cui andrebbe avviata una grande riflessione da subito, con un metodo di fine-tuning ovvero di grana fine, in relazione alla specificità delle norme .
  Riguardo all'articolo 3 della Costituzione, all'organizzazione, alla digitalizzazione e alla regolazione, sono totalmente d'accordo. Non vorrei banalizzare, ma quello che ha detto il collega Viscomi mi trova totalmente d'accordo. Non ho niente da aggiungere, se non che la regolazione è l'elemento fondante di tutto questo processo di cui stiamo parlando.
  Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Costanzo sull'ANCI, sull'età media e sui concorsi più snelli nel tempo, ci sono alcune indicazioni quantitative. Ieri ho sentito l'ANCI e abbiamo trovato una perfetta concordanza di idee sui concorsi più snelli e veloci, perché c'è un'emergenza relativa a concorsi già banditi che non possono essere svolti in ragione dei vincoli del CTS (Comitato tecnico scientifico). Stiamo lavorando in queste ore con una linea guida per sbloccare quantomeno tutti i concorsi già banditi e vi dico anche come. I vincoli del CTS riguardavano il numero dei partecipanti. Il rischio è che ci fosse la deriva di fare svolgere i concorsi online da casa. Io sinceramente non amo questo tipo di soluzione, ma preferisco concorsi online in luoghi istituzionali. L'idea che sto perfezionando insieme a tutti i colleghi del Governo è quella di individuare dei luoghi pubblici Pag. 15istituzionali, delle università, delle sedi fieristiche e altre aree dotate di strutture, di piattaforme tecnologiche, di computer e così via, dove ospitare un numero più ampio di candidati e fare svolgere dei concorsi online, senza carta e senza penna, con test appropriati; si tratta dunque di luoghi dove è possibile garantire la sicurezza e anche una dimensione più ampia. Stiamo facendo alcune verifiche con i sindaci, che mi dicono amerebbero questo tipo di soluzione che potrebbe partire nell'arco di qualche settimana.
  Passiamo al tema della valorizzazione della PA, dei meriti, dei concorsi, delle graduatorie, della semplificazione e della ricerca. Nella mia introduzione ho richiamato poco il tema della semplificazione. La semplificazione è una delle chiavi di volta di tutta l'operazione. Non lo è solo la semplificazione, ma lo è anche la firma, cioè la decisione del dirigente, che attualmente è condizionato da alcune norme di carattere penale. Su questo qualcosa è già stato fatto. Secondo me tutto l'impianto della responsabilità del dirigente e della firma deve essere affrontato insieme – questo sarà il mio compito e quello della collega Cartabia – per trovare una soluzione che arrivi sino all'assicurazione del dirigente proprio in ragione delle responsabilità per danno erariale, evitando ed eliminando i reati evanescenti di difficile individuazione ed altro. Questo tema va affrontato una volta per tutte. In parte è stato già affrontato con delle sospensioni delle normative, ma va data certezza, perché se vogliamo un «attraversamento» certo, facile e veloce del processo dell'atto amministrativo, dobbiamo dare delle garanzie a chi viene bypassato dal silenzio-assenso, perché altrimenti diventa responsabile senza averne la responsabilità. Stiamo individuando un pacchetto di semplificazione delle norme che consenta ai dirigenti di firmare e di essere scientemente responsabili. Quindi, stiamo lavorando anche su questo.
  Vorrei dire al senatore Grassi che farò tutto il contrario di quello che lei gentilmente mi ha consigliato di fare. Non voglio fare la grande riforma, la grande delega con i tanti decreti legislativi. In primo luogo perché l'ho già fatta e avevo un po' di tempo davanti. In secondo luogo, perché non abbiamo il tempo per fare una cosa che lei giustamente dice, perché fare una grande delega, mettere in piedi tante commissioni di studio con tanti bei professori universitari – su cui avrei qualche dubbio, appartenendo alla categoria e lo dico prendendomi in giro (vanno presi a piccole dosi) – sarebbe la cosa più bella. Tutto questo andrebbe benissimo se fossimo all'inizio della legislatura, se avessimo questi soldi all'inizio di legislatura e se avessimo il tempo. Per fortuna non siamo in quelle condizioni, perché altrimenti rifarei la legge n. 150 (con le sue luci ed ombre); poiché l'ho già fatta, dico che adesso non c'è tempo per fare la grande riforma, semmai c'è tempo per rispondere alle emergenze che l'Europa ci indica – dai concorsi, alla digitalizzazione, alla formazione e al capitale umano e così via – e poi, in parallelo, sistemare tutto nell'arco dei due anni che abbiamo a disposizione fino alla fine della legislatura. Prima di tutto, però, dobbiamo rispondere alle esigenze del PNRR. Credo che questo sia, tra l'altro, metà o due terzi della soluzione. Serve poi una sistematizzazione dell'intero quadro.

  PRESIDENTE. Ministro, la invito a concludere, perché abbiamo un altro giro di interventi.

  RENATO BRUNETTA, Ministro per la pubblica amministrazione. Lo scorrimento delle graduatorie è un atto di necessità: non si fanno i concorsi nuovi, tranne le graduatorie, ma c'è fabbisogno di personale. Lo scorrimento delle graduatorie rappresenta la migliore soluzione? No! Quella sarebbe riuscire a fare i concorsi programmati e i concorsi necessari, senza fare lo scorrimento delle graduatorie; ma se non si riesce a farli, come nella situazione attuale, il male minore è rappresentato dallo scorrimento della graduatoria, che è una rottura del patto implicito. Si bandisce un concorso per 10, 20 o 50 vincitori, con una graduatoria, e quelli che non ci rientrano ne fanno un altro. Il dubbio legittimo è se Pag. 16ve ne sarà un altro, perché se l'altro non c'è, allora, alla fine, occorre giocare o lavorare sullo scorrimento. Ma lo scorrimento non è la scelta ottimale. La scelta ottimale è fare tanti concorsi che durino poco tempo e farli bene, farli online, farli con gli attuali sistemi di valutazione. Questo è ottimale! In questo processo non di riforme, ma di soluzioni parziali, immediate, incisive, che inneschino un meccanismo di cambiamento, io punto a farli fare.
  Vi dico un'altra cosa. Il Recovery fund ha bisogno di tempi brevissimi in termini di skills e in termini di reclutamento. Non si possono avviare dei concorsi strutturali perché il Recovery fund non li finanzia, finanziando i progetti. Quindi, stavamo pensando a un meccanismo – molto anglosassone o di schema internazionale – che consenta di avvalerci degli ordini professionali, in maniera tale che gli enti interessati e i responsabili dei progetti possano fare cherry picking, ovvero una scelta all'interno degli ordini professionali, dentro talune classi di età e di specializzazione, con dei limiti e svolgendo delle valutazioni. Questo ci consentirebbe di avere dei contratti a termine di alta specializzazione e di immediata fruizione, per poi lasciare alle amministrazioni e agli interessati la scelta se continuare oppure no dopo i cinque anni del progetto del Recovery fund. Ne stiamo ancora parlando, ma potrebbe essere una soluzione che mette insieme la specializzazione, la libertà, le skills e la tempestività.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati e senatori che intendano porre ulteriori quesiti o formulare ulteriori osservazioni.

  MAURO ANTONIO DONATO LAUS. Ringrazio il Ministro per l'illustrazione e la fotografia che ha fatto della pubblica amministrazione. Tralasciando tutta una serie di premesse, sono in linea, visto anche il momento storico, circa l'acquisizione di consapevolezza da parte di tutti i dipendenti della pubblica amministrazione e di tutte le forze politiche che partecipano responsabilmente ad affrontare un momento di difficoltà.
  Nella fotografia lei ha definito la pubblica amministrazione come il volto della Repubblica, e io aggiungerei l'anima e il cuore della nostra Repubblica. Poi ha parlato di capitale umano, dicendo, giustamente, che è centrale nella pubblica amministrazione. A tal proposito volevo farle una precisa e puntuale domanda. Credo che nella pubblica amministrazione non possiamo permetterci il lusso di classificare il capitale umano in dipendenti di serie A e dipendenti di serie B. Vengo alla domanda. Lo strumento della terziarizzazione è stato e viene utilizzato spesso – fortunatamente non da tutta la pubblica amministrazione – in modo improprio. La terziarizzazione è un concetto tale per cui si ritiene che una società sul mercato possa offrire un servizio con migliori capacità, efficienza e qualità, perché fa solo ed esclusivamente quello come, ad esempio, l'attività di ristorazione negli ospedali. Questa è la ratio. Tuttavia, questo strumento è mal utilizzato, perché spesso la pubblica amministrazione scarica volgarmente i costi del personale sulle aziende fornitrici e appaltatrici, colpendo l'anello più debole, cioè il lavoratore. Ci sono casi nella pubblica amministrazione di affidamento di servizi a cifre improponibili, come 4 o 5 euro, e poi invece ci sono pezzi della pubblica amministrazione – la maggior parte – che affidano gli stessi servizi a cifre congrue. Potrei fare un elenco, e ci metteremmo tutti le mani nei capelli, di amministrazioni di primaria importanza che utilizzano in modo improprio questo strumento della terziarizzazione.
  Arrivo alla domanda, alla quale da parte mia ho dato una risposta, ma mi piacerebbe avere una sua risposta: è giusto che la pubblica amministrazione utilizzi in modo improprio questo strumento e che approfitti di costi del lavoro più bassi rispetto a quelli che invece dovrebbe sostenere? Ho chiesto anche alla nostra Commissione in Senato di svolgere degli approfondimenti e delle attività conoscitive su questo, che svolgeremo, però su questo punto mi aspetto da lei un impegno importante, che possa dare lustro alla nostra Repubblica, perché la pubblica amministrazione è il volto della Repubblica.

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  GIANCLAUDIO BRESSA. Ringrazio il Ministro per la sua relazione. Nelle sue colte osservazioni preliminari il Ministro ha reso una dichiarazione forte, dicendo che la pubblica amministrazione non ha un mercato e, non avendo un mercato, non ci sono indicatori di qualità, di quantità, di efficienza e di efficacia. Poi vado a vedere il documento che ci ha dato e nelle conclusioni leggo: «La vera semplificazione e soprattutto un buon policy making richiede una costante attività di monitoraggio delle politiche pubbliche, una verifica dello stato di implementazione delle riforme e una valutazione dei loro effetti prima di procedere a qualsiasi intervento di revisione o a nuova normazione». C'è una contraddizione tra quanto lei ha detto in premessa e queste conclusioni. Quali sono gli strumenti che lei intende utilizzare per poter fare le cose che nelle conclusioni afferma di voler fare?

  DANILO TONINELLI. È evidente che la situazione che abbiamo di fronte ci dà per la prima volta tanti soldi da impegnare in poco tempo, cosa che l'Italia non è stata in grado di fare, salvo rari casi, negli ultimi decenni. Questo penso che ci obblighi e la obblighi, Ministro, a utilizzare il pragmatismo, un pragmatismo che abbia anche tanto ascolto alla base e ben poca filosofia.
  Sappiamo perfettamente quanto sia importante la digitalizzazione, ma sappiamo altrettanto perfettamente che non basta digitalizzare. Le faccio un esempio: l'applicazione «Immuni», che ha visto l'Italia all'inizio dell'estate scorsa essere uno tra i primi Paesi a utilizzare un'applicazione del genere in modo efficiente (è stata valutata positivamente anche a livello internazionale), non ha sortito gli effetti desiderati, perché c'è stato un cortocircuito, che può avere tante motivazioni (probabilmente la complessità di alcuni processi amministrativi propri delle regioni, o magari anche una cattiva collaborazione tra vari livelli di governo). Questo può certamente capitare di nuovo. Le chiedo, quindi, se ha in mente degli strumenti in grado di incidere sul problema dell'esistenza di mezzi digitali efficienti, ma che non sono efficaci a causa di tali cortocircuiti. A mio avviso, vi possono essere due strade. Una è certamente la trasparenza: pensiamo ai siti che oggi ci permettono di vedere come le regioni impiegano i vaccini che ricevono dallo Stato centrale. Un'altra strada è la valutazione delle performance: in particolare, le chiedo, Ministro, il collegamento tra la valutazione della performance individuale e la valutazione della performance organizzativa, perché sappiamo perfettamente come ci siano dirigenti valutati ai massimi livelli – e lo dico con lo spirito più meritocratico, di valorizzazione del personale della pubblica amministrazione – che sono responsabili di asset della pubblica amministrazione i cui risultati non sono efficienti. Quindi, si tratta di persone e dirigenti valutati bene che gestiscono amministrazioni che invece non danno un servizio efficiente. Che cosa intende fare su questo aspetto, per evitare che la digitalizzazione sia solo uno strumento che in realtà non porti ad una rivoluzione positiva per il Paese?

  DONATELLA LEGNAIOLI. Onorevole Ministro, vado subito al punto, visto il tempo a disposizione. Volevo chiederle come si sta valutando e come si intenda verificare la produttività del dipendente pubblico, visto che l'attuale crisi pandemica, con l'utilizzo dello smart working impone senza dubbio di fare una valutazione sull'efficienza, sull'efficacia e sulla produttività, per far sì che non vengano a mancare delle risposte certe ed efficienti ai cittadini che si rivolgono alla pubblica amministrazione.
  Inoltre, vorrei mettere in evidenza la necessità di proseguire – credo che lei sia la persona giusta – il percorso di riforma della dirigenza della pubblica amministrazione. Nondimeno una necessità, anzi una priorità è senz'altro sburocratizzare la macchina della pubblica amministrazione, visto che emergenza e lockdown ne hanno messo ancora più in evidenza le criticità, fra cui la criticità legata – come già si è sentito in vari interventi – alle procedure concorsuali, che in questa fase di emergenza sanitaria sono rallentate. A tal proposito, Ministro, quali iniziative intende adottare per superare tale criticità? Le chiedo, inoltre, in che modo cambierà la formazione Pag. 18delle persone che vogliono lavorare nella pubblica amministrazione.
  La ringrazio, Ministro, e le voglio dire che ho molto apprezzato la sua introduzione e la fotografia che ha fatto della pubblica amministrazione, perché sono stata per trent'anni nella pubblica amministrazione e quando finirò questo mandato sarà ancora il mio lavoro, e credo che lei abbia centrato l'obiettivo, perché la pubblica amministrazione è proprio la testa e il cuore, le persone e ogni cittadino. Per questo la ringrazio e credo anche che lei possa dare il massimo per raggiungere gli obiettivi per riformare la pubblica amministrazione.

  GRAZIANO MUSELLA. Anche io mi associo ai ringraziamenti al Ministro, che non solo ha dimostrato la disponibilità a parlare con noi e a illustrare in modo anticipato rispetto agli organi di stampa tutta una serie di problematicità legate alla sua funzione, ma soprattutto perché ci sta dando una grande speranza, e noi speriamo proprio in questo.
  Anche io sono nella pubblica amministrazione da trent'anni e vorrei finalmente vedere che questa sia veramente la volta buona. Dobbiamo assolutamente impegnarci affinché questa sia la svolta epocale per la pubblica amministrazione. Sicuramente ci sono elementi importanti nella sua relazione, Ministro, legati a una grande possibilità di assunzioni, di rinnovamento e di ringiovanimento del personale e all'abbreviazione dei tempi per le assunzioni. Siamo legati ancora alla normativa del 2009, che ci impedisce obiettivamente di fare determinati passi in avanti per quanto riguarda le assunzioni.
  Le chiedo se l'elemento di fiducia nelle pubbliche amministrazioni, intese come amministratori pubblici, e l'individuazione del solo equilibrio di bilancio, in un'ottica di semplificazione, quale elemento di valutazione della possibilità di assunzione, potrebbe essere forse un fattore di snellimento, che darebbe la possibilità ai sindaci e agli amministratori di essere molto più rapidi nelle assunzioni.
  Vorrei sapere, inoltre, se nell'ambito della delegificazione, e quindi della semplificazione, al di là della digitalizzazione – su cui condivido anche io quello che lei ha detto, anche per un'estrazione culturale analoga alla sua – includiamo anche il tacito assenso, che è fondamentale, e la sussidiarietà, ovvero ciò che dovrebbero fare gli enti inferiori e che non dovrebbero fare gli enti superiori.
  Pongo ancora alla sua attenzione la questione delle province e delle città metropolitane, di cui non ho sentito parlare. Abbiamo migliaia di dipendenti delle province e delle città metropolitane che per certi versi sono un po' sottoccupati. Su questo, penserei a funzioni forti, precise.
  Per quanto riguarda i segretari comunali, vanno certamente bene le assunzioni, però i segretari comunali si devono assumere le responsabilità e devono essere dei veri e propri direttori generali in supporto ai sindaci e alle amministrazioni.

  NUNZIA CATALFO. Grazie, Ministro. Ho ascoltato con molta attenzione le sue parole e ho letto in parte la documentazione, che approfondirò, che gentilmente ci ha consegnato agli atti. Al riguardo, avrei delle osservazioni e dei quesiti da rivolgerle. Intravedo nel suo intervento una continuità, che lei stesso ha ribadito, con il suo predecessore, la Ministra Dadone, sicuramente sull'investimento in capitale umano e, quindi, sul rafforzamento delle competenze dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni.
  Quanto alla velocizzazione delle procedure concorsuali, le chiedo se è possibile capire quali siano i tempi o, perlomeno, avere dei tempi più o meno certi, perché è importante che il reclutamento avvenga in fretta, come lei stesso ha ribadito.
  Le chiedo anche di precisare meglio come avverrebbe il reclutamento delle professionalità tecniche che servono per l'attuazione del PNRR da parte delle pubbliche amministrazioni. Ha parlato degli ordini professionali e leggo nella documentazione del coinvolgimento anche di altri, come il settore privato o le università. Potrebbe precisare meglio in che modalità e con quali tempi riusciremo ad assumere questo personale?
  Inoltre, in ottica di customer satisfaction, come lei stesso ha ribadito, e quindi di Pag. 19semplificazione e di facile accesso da parte dei cittadini a tutti i servizi delle pubbliche amministrazioni, vi era un importante lavoro portato avanti dalla Ministra Pisano e dalla Ministra Dadone, sulla digitalizzazione e l'interoperabilità delle banche dati, nell'ambito del «decreto semplificazioni», e sull'accesso alla pubblica amministrazione attraverso lo SPID e l'applicazione «Io», che lei stesso cita nella documentazione. Vorrei capire se state puntando su queste modalità e che tempi potreste prevedere, in modo tale che questa applicazione diventi, proprio in un'ottica di semplificazione e di customer satisfaction, l'unico punto di accesso per il cittadino ai servizi della pubblica amministrazione.

  ROBERTA ALAIMO (intervento da remoto). Ringrazio il Ministro e cercherò di essere celere. Volevo chiedere al Ministro se non ritenga necessario intervenire sul rispetto delle tempistiche di elaborazione e pubblicazione sia del piano della performance sia della relazione annuale, poiché non mi è sembrato di leggere qualcosa in merito nella documentazione consegnata. Inoltre, chiedo al Ministro se ritenga, invece, necessario intervenire sulla composizione degli OIV (organismi indipendenti di valutazione), al fine di rendere la pubblica amministrazione più efficiente e trasparente.
  Volevo chiedere anche un particolare focus sulle amministrazioni pubbliche delle regioni del sud (le amministrazioni locali, i comuni e le ex province, le regioni) che, da un lato, sono carenti di personale altamente qualificato, ma, dall'altro, sono, invece, ricche di personale precario inquadrato anche con contratti di forma atipica: in che modo si può soddisfare, da un lato, la richiesta dei lavoratori di una stabilizzazione a tempo indeterminato e, dall'altro, l'esigenza di assunzione di personale altamente qualificato? Mi sembra di aver compreso che per le procedure concorsuali già avviate e nelle quali, ad esempio, si è già proceduto alla prova preselettiva nel 2019, e che sono state bloccate per effetto del COVID-19, si potrà procedere allo svolgimento delle ulteriori prove: non ho ben compreso questa parte.

  STEFANO CECCANTI (intervento da remoto). Volevo chiedere al Ministro se si sente di escludere radicalmente lo strumento della legge delega, perché capisco l'esigenza di celerità, e quindi che alcune misure di immediata applicabilità si debbano fare per decreto-legge, però le leggi delega, quando si vuole, consentono uno svolgimento ordinato e si attuano anche in novanta giorni, come le deleghe al Governo Amato nel 1992 o come il «Jobs act». La inviterei a non scartare a priori quello strumento che si presta meglio a dosare le tempistiche, fermo restando che non può essere l'unico.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Ringrazio il Ministro: grazie, professore, per la sua presenza e per il tempo che ci dedica. Sarò rapidissimo. Sono molto impressionato dalla tempistica che abbiamo di fronte a noi. Come lei sa, il quadro finanziario pluriennale va dal 2021 al 2027. La tematica legata al PNRR è perfino peggio: i progetti entro il 2021, l'allocazione entro il 2022, l'impegno entro il 2023, l'impiego entro il 2026, il piano di ammortamento dal 2028 al 2058. Sono tutte spese, naturalmente, per gli investimenti – nessuna di parte corrente – per la necessita di attività produttive che ci permettano di avere anche quella redditività che ci aiuti a pagare il mutuo dal 2028 al 2058. In questo contesto non vi è dubbio che l'arma sia la pubblica amministrazione. Sono fra coloro, come lei, che ritiene una fortuna che esistano le condizionalità, che non sono solo una fortuna, ma anche una sfida enorme.
  Rispetto a questo, ho una domanda. Non basta assumere, ma bisogna anche assumere qualcuno che non siamo abituati ad assumere. Ad esempio, la nostra pubblica amministrazione è allergica ai controlli, di primo e di secondo livello, soprattutto per quanto riguarda l'utilizzo dei fondi comunitari, che siano fondi di gestione o fondi comunitari di altra matrice, e anche qui bisognerà metterci tanta attenzione. Ripeto che assumere non basta, ma bisogna attrarre: come pensa di rendere più attrattiva per i giovani la pubblica amministrazione? Come possiamo rendere attrattiva la pubblica amministrazione per i nativi Pag. 20digitali, che sono l'unico strumento che abbiamo per digitalizzare veramente la pubblica amministrazione?

  FABIO BERARDINI. Ringrazio anche io il Ministro. Vorrei porre l'attenzione proprio sulla digitalizzazione, perché tramite software innovativi possiamo veramente monitorare con precisione scientifica la velocità, l'efficienza, la trasparenza e la produttività della pubblica amministrazione. Anche qui un pensiero va ai giovani. Noi parliamo di Next Generation EU e qualche tempo fa, il 15 maggio 2019, Il Sole 24 Ore titolava: «Più unici che rari: sono under 30 solo 14 dirigenti pubblici su 169 mila». Penso che il tema dei giovani sia importantissimo e fondamentale per quanto riguarda la riforma della dirigenza pubblica, anche perché i giovani, i nativi digitali hanno giocoforza maggiore sensibilità e idee innovative. Lancio un appello, e spero che il Ministro possa essere portavoce di una vera e propria «quota giovani» all'interno della dirigenza pubblica, anche nel gestire eventuali progetti del Recovery Plan.

  VITTORIA BALDINO. Sono parzialmente d'accordo con lei, Ministro, rispetto al tema dello smart working. Lei diceva giustamente che se ne parla da cinquant'anni. È evidente che se siamo arrivati a gestire questa nuova organizzazione del lavoro in un contesto emergenziale in tutta fretta è perché in cinquant'anni non ci abbiamo creduto abbastanza e non abbiamo proceduto in questo senso a livello di normazione.
  Sono d'accordo con lei quando dice che non bisogna disperdere questo patrimonio e questa opportunità, ma dissento quando lei dice – su questo mi auguro che ci confronteremo – che non crede nel progetto degli hub. Prima ci ha svelato che si procederà all'avvio dei concorsi pubblici attraverso alcuni poli, alcuni hub, e questa era anche l'idea della Ministra Dadone, ovvero di ricorrere a questi grandi poli avanzati per i concorsi pubblici, da utilizzare anche in seguito per lo smart working e il coworking. Credo che questo tema meriterebbe un approfondimento, e noi siamo disposti a confrontarci su questo in ogni momento.
  Sul tema della digitalizzazione, è vero che non basta acquistare dei dispositivi elettronici e informatici per digitalizzare la pubblica amministrazione in ogni contesto, su questo sono assolutamente d'accordo con lei, è importante formare il personale. C'è però un tema di gestione pratica degli arretrati, una questione che, peraltro, è molto attuale in questi giorni. Nell'ufficio condoni del Comune di Roma ci sono 180 mila pratiche arretrate, il che adesso sta inficiando la possibilità di accedere al «super bonus», a causa di carenza di personale, di procedimenti giudiziari e di eccessiva burocratizzazione. A mio avviso, dobbiamo incidere proprio sulla dematerializzazione dei documenti e dei procedimenti amministrativi e dobbiamo investire tantissimo su questo, perché è il modo principale per snellire i procedimenti amministrativi in questa fase.

  MARIA LAURA MANTOVANI. Signor Ministro, sono dipendente della pubblica amministrazione da trent'anni, quindi penso di conoscerla anche dall'interno, ma in questo momento mi voglio mettere dal punto di vista del cittadino. Ogni giorno i cittadini ricevono continuamente dei disservizi dalla pubblica amministrazione, e lo vediamo con le code, con i ritardi nelle risposte e nella mancata attuazione del principio once only. Molte volte i disservizi sono causati da mancata o carente digitalizzazione. Questi disservizi ormai sono inaccettabili, perché i cittadini, soprattutto i più giovani, vedono quanto sia arretrata la pubblica amministrazione, e molte volte non si può accettare che si dica che i servizi informatici possono mal funzionare. Molti dei servizi informatici potevano mal funzionare trent'anni fa, ma oggi non è più accettabile che un servizio informatico sia malfunzionante. Se questa cosa non la comprende soprattutto la dirigenza, se non comprende la motivazione per cui un servizio informatico non funziona, per cui non è stata messa in opera la procedura nel modo corretto, in modo da poter usufruire correttamente della digitalizzazione, allora abbiamo Pag. 21 proprio un problema nella dirigenza.
  Ritengo che la dirigenza attuale non abbia le giuste competenze per effettuare la digitalizzazione, perché occorre una diversa mentalità e anche una preparazione specifica. Occorrono informatici, per applicare la digitalizzazione, a livello della dirigenza, perché soltanto un informatico può reingegnerizzare le procedure, fare in modo che queste procedure funzionino, farle correggere nel caso ci siano degli errori e procedere anche con miglioramenti continui, perché l'informatizzazione non è mai fatta una volta per tutte, ma ha bisogno di miglioramenti continui. Questo vale per tutti i settori della pubblica amministrazione, quindi a livello di amministrazione centrale, amministrazione locale, sanità, enti locali e scuola. Ministro, spero che lei abbia il coraggio di fare un rinnovamento radicale della dirigenza pubblica con il reclutamento di professionalità informatiche e STEM.

  ANDREA GIARRIZZO. Ministro, intendo richiamare velocemente l'attenzione su due questioni. La prima riguarda l'interoperabilità dei dati e la trasmissione dei dati della pubblica amministrazione nelle piattaforme di cloud computing. Vorrei capire il suo punto di vista e se lei sia più orientato al pubblico o al privato, per quanto riguarda queste piattaforme cloud, considerando anche che nel PNRR e anche nel «decreto semplificazioni» si è parlato di creare una piattaforma nazionale per il cloud computing, a gestione anche pubblica.
  Per quanto riguarda, invece, l'hub dello smart working, la inviterei a riflettere un po' di più sui vantaggi che possiamo trarre dall'uso di queste pratiche. Ad esempio, gli spazi di coworking sono dei posti dove sostanzialmente c'è tanta contaminazione e condivisione di idee e di dati, grazie ai quali si può crescere, e questo è molto importante.
  Inoltre, vi è tutta la questione sul patrimonio immobiliare della pubblica amministrazione, a proposito del quale vi è la possibilità di una notevole rivalutazione.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per un'ulteriore replica, invitandolo a tenere conto del fatto che abbiamo a disposizione pochi minuti.

  RENATO BRUNETTA, Ministro per la pubblica amministrazione. Mi soffermerò sulle questioni più eclatanti. Sono pronto a discutere sugli hub e sul coworking. Non vorrei che dietro quelle buone intenzioni si nascondesse una gigantesca speculazione edilizia o immobiliare. Sono pronto a discuterne con tutti, all'interno dello schema della flessibilizzazione, del ridisegno dei rapporti casa-lavoro e casa-studio, dei bacini di manodopera. Non ho avuto (qualcosa ho studiato su questi temi) il convincimento che me li faccia indicare come priorità progettuale. Se si vuole lavorare bene e in maniera regolata da casa, si lavora da casa, se no si va nel posto di lavoro. Sull'ipotesi di un luogo intermedio, capisco la contaminazione, sono cose di cui tutti abbiamo letto e su cui tutti abbiamo anche immaginato e fantasticato, però, conoscendo il mio Paese, non vorrei che dietro si nascondesse una grande speculazione immobiliare o edilizia.
  Passando a un'altra questione, una cosa è il mercato, con prezzi e quantità, un'altra cosa è il settore pubblico, che non ha direttamente questi indicatori, brutti, sporchi, cattivi, rozzi e infami, che però funzionano. Funzionano – al riguardo ho già citato Hirschman – con l'exit: se uno non ottiene un servizio di qualità se ne va da un'altra parte; con la voice: se uno non ottiene un servizio di qualità, lo dice, provocando una sanzione; con la loyalty, per quanto riguarda la responsabilità e la fiducia. Nel settore pubblico non c'è l'exit, perché non è possibile, non c'è la voice e spesso non c'è la fiducia. Nel settore pubblico si possono costruire dei succedanei, dei sostituti di exit, voice e loyalty. Mi riferisco, ad esempio, alla customer satisfaction, il meccanismo di dare un giudizio rispetto al servizio ottenuto. Quando ci ho provato, circa dieci anni fa, ho visto sulla mia pelle che vi era una reticenza, una rigidità nel non voler subire un giudizio, quando invece tutti i giorni nella nostra vita diamo giudizi e subiamo giudizi nel Pag. 22mercato (i prezzi, le quantità e via dicendo). Se lo Stato, il datore di lavoro pubblico mette in piedi dei sistemi di valutazione doverosi – quello che propongo al riguardo nella documentazione che ho consegnato è doveroso – non è la logica di mercato, ma è un'altra cosa, perché il settore pubblico è un'altra cosa. Tra l'altro, non appartengo a quella linea di pensiero dell'omologazione, del voler far diventare il settore pubblico come il settore privato, perché la qualità e la tipologia dei servizi forniti mal si presta.
  Il collega che parlava di terziarizzazione forse intendeva dire esternalizzazione, ovvero consentire e lasciare al mercato di produrre taluni servizi come, ad esempio, la pulizia nelle scuole: ai miei tempi era fatta dai bidelli ed era, quindi, interna al sistema, mentre adesso – da quel che so – ci sono delle società, delle cooperative che fanno le pulizie nelle scuole. Va valutato caso per caso, perché, ovviamente, il mondo cambia e certi servizi possono essere svolti più utilmente e più efficientemente da terzi. Anche in tal caso, però, conta la valutazione e la qualità di quello che si fa.
  Per quanto riguarda l'interoperabilità, ne stiamo discutendo con il Ministro competente, il Ministro Colao. Ci sono due leggi, del 1990 e del 2000, ed è inaccettabile che al cittadino venga richiesta per l'ennesima volta la produzione di documenti e di certificati che sono già in possesso della pubblica amministrazione. Questo non può avvenire perché le banche dati non dialogano tra di loro, per ragioni tecnologiche o per ragioni di riservatezza, di privacy o di gelosia (a volte anche giustificate, si pensi ai dati fiscali, ai dati sulla persona, al casellario giudiziale e via dicendo). Tendenzialmente penso prevalentemente a delle piattaforme pubbliche e a dei cloud pubblici, proprio per superare il non dialogo tra i settori pubblici. Sarei molto preoccupato di lasciare tutto questo, compresi i dati sensibili, a «nuvole» private, perché se già oggi non vi è l'interoperabilità sarei preoccupato di fronte a una situazione di tipo privatistico. Però non voglio andare oltre la mia competenza, si tratta di questioni di competenza del Ministro Colao.
  Un'ultima considerazione sui giovani, non perché sia un richiamo generico e retorico. È chiaro che le nuove assunzioni devono essere, per qualità e quantità, sufficienti a cambiare il trend. Non voglio solo ripristinare il turnover, ma voglio invertire la tendenza del turnover proprio in funzione delle nuove tecnologie e in funzione della crescita e della ripresa del nostro Paese, perché se non facciamo questo la quantità dei posti di lavoro vacanti aumenterà sempre di più e, come con la demografia, non riusciremo a invertire la tendenza. Quindi dobbiamo invertire il turnover. Bisogna però fare attenzione, perché la comunità ci giudica: se noi facessimo delle infornate, da todos caballeros, perché è il momento in cui entrano tutti, pregiudicheremmo il nostro futuro. Noi dobbiamo far entrare tanti giovani bravi e di qualità, non solo per gestire il loro futuro, ma anche il nostro, quando andremo in pensione. Perciò dico che questo è un momento delicatissimo di cambio di fase, di cambio di paradigma, di cambio delle regole. Un Governo come questo, di unità nazionale, ha tutte le condizioni e tutta la forza per poter avviare tale cambiamento. È ovvio che non finisce tutto ad aprile, con tutte le deleghe possibili che si possono fare e che si possono rinnovare, ma ad aprile il PNRR è il grimaldello per cambiare la deriva, che altrimenti ci porta al disastro e a galleggiare nel Mediterraneo.

  PRESIDENTE. Avverto che il Ministro ha messo a disposizione della Commissione una documentazione, di cui autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato). Ringrazio ancora il Ministro, anche per l'esaustività delle risposte che ha fornito, e tutti i colleghi che sono intervenuti, e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.35.

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