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XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 114 di Mercoledì 19 maggio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Licatini Caterina (M5S)  ... 16 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 17 
Licatini Caterina (M5S)  ... 17 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Lorefice Pietro  ... 17 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 18 
Lorefice Pietro  ... 18 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 18 
Lorefice Pietro  ... 19 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 19 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20 
Nugnes Paola  ... 20 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 20 
Nugnes Paola  ... 20 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 20 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 21 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 21 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 23 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 23 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 23 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 23 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 23 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 23 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 23 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 24 
Braga Chiara (PD)  ... 24 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 25 
Braga Chiara (PD)  ... 25 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 25 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 27 
Muroni Rossella (Misto-FE-FDV)  ... 27 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 28 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 28 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 29 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 29 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 29 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 29 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 29 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 29 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 29 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 29 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 29 
Muroni Rossella (Misto-FE-FDV)  ... 30 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 30 
Muroni Rossella (Misto-FE-FDV)  ... 30 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 30 
Muroni Rossella (Misto-FE-FDV)  ... 30 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 30 
Muroni Rossella (Misto-FE-FDV)  ... 30 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 30 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 30 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 30 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 33 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 35 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 35 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 36 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 36 
Briziarelli Luca  ... 36 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 37 
Briziarelli Luca  ... 37 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 38 
Briziarelli Luca  ... 38 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 38 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 38 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 38 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 38 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 38 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 39 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 39

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro della Transizione ecologica (MITE), Roberto Cingolani, accompagnato dalla dottoressa Laura D'Aprile, capo dipartimento del MITE, e dal consigliere Nicolò De Salvo, vice capo di Gabinetto del MITE. L'audizione del Ministro Cingolani rappresenta l'occasione per approfondire i diversi temi di interesse della Commissione in relazione ai profili di competenza del Ministero della Transizione ecologica. A tal fine, in vista della presente audizione che sarà abbastanza corposa di tematiche e di questioni, sottolineo che tutte le relazioni approvate dalla Commissione sono a disposizione del Ministero della Transizione ecologica e che sono state anticipatamente segnalate dal Ministro le questioni di rilevanza per gli oggetti di inchiesta della Commissione stessa. Invito quindi il nostro ospite, dandogli una tempistica di un'oretta, anche scarsa magari, a svolgere l'audizione dove affronterà tutte le questioni che già abbiamo posto in precedenza. Poi io e i miei colleghi le faremo qualche domanda. A seconda anche dei tempi e delle questioni poste, o risponde in diretta adesso in questa audizione oppure nella nota scritta, o comunque sia potremmo anche decidere in futuro una successiva audizione. Grazie. Prego.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Buonasera a tutti. Grazie per l'invito, per l'opportunità. Come sempre succede in queste situazioni, una rapidissima parola di presentazione. Noi abbiamo cominciato i nostri lavori il 15 febbraio, il giuramento è stato il 13. Come potete immaginare, gran parte dell'impegno sino al 30 aprile è stato dedicato alla redazione del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) del Recovery Fund, e quindi dal 30 aprile a oggi abbiamo cominciato a lavorare a una serie di dossier che erano o pendenti o in progresso. Stiamo lavorando molto attivamente a quello che viene chiamato il «pacchetto semplificazioni», che nel nostro caso dovrebbe essere un pacchetto di accelerazione più che di semplificazione. Molte delle domande che mi ponete in questo dossier riguardano non solo qual è il punto di vista del neo Ministero, ma anche cosa intendiamo fare per accelerare, o per migliorare, o per semplificare. È ciò su cui stiamo lavorando adesso, che dovrebbe andare in porto, si spera, nell'arco di poco tempo. L'ultimo obiettivo in questa fase di inizio del MITE sarà quello di costruire un'organizzazione per la nuova struttura che, come sapete, ha accorpato l'energia del MISE e altre cose. Questo è dovuto per la fine di giugno. Questa è la nostra, chiamiamola, roadmap nei tempi brevi, prossimi. Per quanto vi ho detto, molte delle questioni che avete portato alla nostra attenzione sono in una Pag. 4certa misura le questioni ereditate su cui adesso stiamo anche cercando di farci un'idea più dettagliata. Operativamente cercherò di fare un rapidissimo excursus sulle 51 domande che ci avete fatto, proprio per grandissimi linee. Spero di non essere noioso. C'è un documento per cui ringrazio moltissimo la struttura. Ho qui con me i collaboratori attentissimi Nicolò Di Salvo e Laura D'Aprile. Prenderò nota di quello che vorrete sapere in più e poi casomai questo documento in pochissimi giorni ve lo consegniamo opportunamente completato in base a eventuali richieste e domande. In questo documento troverete un ampio dettaglio. Io andrò veramente rapido, sperando di darvi almeno i punti fondamentali. Per non essere troppo didascalico, comincio con la prima domanda, dragaggi uno, in cui si chiede come il MITE valuta l'opportunità di liberalizzare l'attività di immersione in mare dei materiali di escavo, di fondale marino salmastri o di terreni litoranei emersi, oggi soggetta all'autorizzazione regionale. Poi si chiede anche se è possibile semplificare l'iter autorizzativo. Troverete come metodo, nel documentino che vi rilasceremo, una brevissima sintesi della situazione attuale e, ove pertinente, una brevissima ricostruzione storica. Molte di queste cose hanno già un passato di un certo genere. E poi troverete la fotografia attuale e i nostri eventuali intendimenti, che vanno considerati in questa fase ancora un po' preliminari e comunque oggetto di qualsiasi contributo di discussione. Sulla parte dragaggi, sulla domanda sulla liberalizzazione dei materiali di escavo, in generale l'attività di immersione in mare di materia di escavo dei fondali marini, salmastri eccetera è fatta in conformità a convenzioni internazionali, convenzioni di Barcellona e di Londra, ed è disciplinata da un articolo, il 109, del codice ambientale. Questo 109 è stato adottato dal Ministero dell'Ambiente nel 2016 e disciplina le modalità di rilascio delle autorizzazioni per l'immersione in mare di materiale di escavo. L'autorizzazione all'immersione in mare di materiali di dragaggio è rilasciata dalle regioni, che in taluni casi l'hanno anche delegata alle province o alle agenzie ambientali regionali che sono competenti per il territorio. Dal punto di vista tecnico, l'iter autorizzativo vigente è conforme ai protocolli internazionali; quindi comunque non è stato inventato nulla di diverso da quello che si fa nel resto del mondo. Come capite, richiede tutta una serie di caratterizzazioni fisico-chimiche, ecotossicologiche, e quindi segue certi indicatori che vanno misurati. Francamente, tenuto conto delle direzioni internazionali della complessità della materia, al momento come Ministero noi non riteniamo praticabile una liberalizzazione dell'attività di immersione in mare di tutti i materiali di escavo sia dei fondali marini che salmastri. Non pensiamo sia prudente escludere da un processo autorizzativo, per quanto rapido, serio, questo tipo di pratiche. Per quanto riguarda la possibilità di semplificazione, volevamo evidenziare – lo troverete scritto – che l'attività svolta dall'Osservatorio sul decreto ministeriale n. 173/2016, che è stato istituito nell'agosto 2019, ha lo scopo di esaminare tutte le criticità legate al processo autorizzativo regionale. Quindi c'è già una sorta di lavoro in corso. L'Osservatorio è costituito di esperti dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, dal Sistema nazionale di protezione ambientale, dal Consiglio nazionale delle ricerche, dall'Istituto superiore della sanità e dalle regioni interessate, e sta acquisendo i dati e i casi segnalati dalle diverse regioni per consentire una valutazione di azioni che siano finalizzate all'aggiornamento tecnico del decreto n. 173/2016 in ottica di semplificazione dell'iter autorizzativo. Nei prossimi mesi l'Osservatorio presenterà al MITE e ai Ministeri competenti un pacchetto di opzioni che valuteremo. È un lavoro che sta andando avanti. Oggettivamente la materia sembra essere abbastanza delicata. Analogamente, c'è una seconda domanda sui dragaggi. Per quanto riguarda la prospettiva di favorire il reimpiego dei materiali dragati, si chiede al MITE come valuta l'ipotesi di svincolarli completamente dalla normativa sui rifiuti dopo avere accertato l'assenza di pericolosità. Qui si parla di volumi di sedimenti che variano da poche miglia a qualche milione Pag. 5di metri cubi, quindi stiamo parlando di quantità estremamente diverse. Tutto viene fatto nel rispetto di una normativa comunitaria e di accordi internazionali firmati anche dall'Italia: una è la Convenzione di Londra e l'altra è la già citata Convenzione di Barcellona. Il riutilizzo della filiera terrestre, come già avviene in alcuni Paesi europei, consiste principalmente nel reimpiego del sedimento dragato come materiale per sottofondi stradali e infrastrutture come strade, piazzali, eccetera. Ad oggi l'unica alternativa per materiali tolti dall'acqua è l'applicazione della normativa sui rifiuti, che però non si adatta molto bene a una matrice comunque naturale, anche se possibilmente molto inquinata. L'ipotesi di svincolarli dalle normative rifiuti per il riutilizzo in ambito terrestre, ovviamente dopo aver accertato l'assenza di pericolosità, è auspicabile. Andrebbe probabilmente supportata da indicazioni tecniche molto mirate, che siano coerenti con un approccio di valutazione integrata come quello già sperimentato nel decreto n. 173/2016. Si tratta di rifiuti che comunque devono sottostare ai vincoli europei, e non è possibile allo stato prevedere un reimpiego di materiali di questo tipo senza un processo end of waste. Sulla base di questa considerazione, servono delle autorizzazioni amministrative specifiche ogni qualvolta questi rifiuti vengono estratti e riutilizzati. Anche questo, secondo me, è un argomento piuttosto delicato. Dobbiamo fare il bilancio fra i nostri desideri e le normative europee che impongono degli obiettivi comuni a tutti quanti. Il dragaggio numero tre. Qual è il quadro attuale dei dragaggi dei canali di navigazione? Per quanto riguarda l'area di Venezia è il porto Marghera. Questo è un argomento ben complesso, lo sappiamo benissimo. La tematica della gestione dei sedimenti della laguna di Venezia è stata affrontata dalla terza legge speciale per Venezia nel 1991, con un articolo, il numero 4, che dispone che i siti destinati unicamente al recapito finale, compreso il seppellimento dei fanghi non tossici e nocivi estratti dai canali di Venezia, purché sia garantita la sicurezza ambientale, potranno essere ubicati in qualunque area ritenuta idonea dal Magistrato delle acque, anche all'interno del contermine lagunare, comprese isole, barene e terreni di gronda. Questi criteri sono stati oggetto di una prima regolamentazione che nel 1993 era stata chiamata «protocollo dei fanghi», sottoscritto dal Ministro dell'ambiente, comune di Venezia, di Chioggia, province e Magistrato delle acque. In questo protocollo fanghi sono riferiti limiti specifici al riutilizzo dei sedimenti per interventi di recupero e ricostruzione morfologica, ovviamente attraverso il rispetto di valori tabellari di concentrazione chimica che sono relativi ad alcune sostanze specifiche organiche e inorganiche. Negli ultimi anni, i cosiddetti «sedimenti di classe C», quelli non pericolosi, sono stati conferiti anche presso la cassa di colmata del Molo Sali. Io purtroppo non conosco i luoghi, ma immagino che siano nomi noti a chi vive da quelle parti. Sono realizzati dall'Autorità del sistema portuale a seguito dell'accordo di programma Moranzani nel 2008, e solo i sedimenti non di classe C, quindi fortemente inquinanti, sono sottratti definitivamente all'ambiente lagunare e destinati a discarica. Il protocollo del 1993, pur se in via sperimentale e temporanea, è stato a lungo seguito tanto da diventare una sorta di prassi consolidata. Nel corso degli anni sono emerse alcune criticità legate, tra le altre cose, alle disposizioni comunitarie che sono intervenute in materia di acque, rifiuti e habitat. Per superare queste criticità, nel 2017 il Provveditorato alle opere pubbliche ha ritenuto necessario avviare una revisione complessiva della regolazione dei sedimenti lagunari. Questa è stata fatta con l'Autorità di bacino, l'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), l'ARPA (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente), Provveditorati alle opere pubbliche del Ministero. È stato predisposto un aggiornamento del protocollo fanghi. Nel gennaio 2020 è stata presentata una proposta degli allegati tecnici per stabilire i criteri di classificazione dei segmenti aggiornati, e sempre nel 2020 l'articolo n. 95 della legge n. 104, che definisce i nuovi criteri per i dragaggi in laguna, verrà disciplinato con un decreto del Ministro Pag. 6 delle Infrastrutture, del Ministro di transizione ecologica, di concerto con il Ministero della salute, previa intesa con la regione Veneto. Questa è una cosa che va fatta di concerto fra le diverse entità. Allo stato attuale sono in corso interlocuzioni con il Ministero delle infrastrutture, oltre che con quello della Salute, per definire il decreto. Per quanto riguarda il quadratore dei dragaggi, è stata conclusa la procedura di verifica di assoggettabilità e di valutazione di impatto ambientale per il progetto denominato «Interventi per la protezione e la conservazione dei fondi del canale Malamocco-Marghera, opere di protezione delle casse di colmata», la cui istanza è stata presentata dal provveditorato interregionale per le opere pubbliche del Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia nel febbraio del 2020. A esito dell'istruttoria, la Commissione per la valutazione di impatto ambientale e la valutazione ambientale strategica nel febbraio del 2021 ha accertato che il progetto determina importanti impatti ambientali potenziali e pertanto dovrà essere sottoposto a VIA (valutazione di impatto ambientale). Questo introduce il normale canale di valutazione. La quarta domanda riguarda le acque reflue. Ci si chiede, da più di 25 anni dall'applicazione della direttiva CEE sulle acque reflue, se l'Italia ha difficoltà a raggiungere la piena conformità alle relative prescrizioni, e quali azioni saranno messe in atto dal MITE in merito alla gestione dei fanghi derivanti dalla depurazione e alla promozione del loro riciclaggio. Gli impianti di trattamento presenti sul territorio nazionale risultano tuttora insufficienti a soddisfare le necessità depurative complessive, sia per quanto riguarda la capacità di trattamento, sia per l'inadeguatezza delle reti di collettamento soprattutto in determinate aree geografiche. Anche il PNRR, tra l'altro, comprenderà delle misure di accelerazione e sostegno in questa materia, dove oggettivamente ci sono da colmare dei gap. C'è stato un report trasmesso dall'ISPRA a fine 2020 alla Commissione europea. Sono risultati presenti sul territorio italiano 3.717 impianti di trattamento delle acque per il refluo urbano, che servono 3030 agglomerati urbani che hanno un carico organico biodegradabile maggiore o uguale a quello di 2 mila abitanti, quindi numeri ragionevolmente cospicui. Di questi, 170 sono ancora sprovvisti del trattamento secondario per l'abbattimento della sostanza organica che, come sapete, rappresenta il requisito minimo per i depuratori che scaricano in aree definite «non sensibili». Sono risultati presenti 1.581 reti di collettamento ancora non connessi a sistema di trattamento. Tenete conto che di questi all'incirca 300 sono fra Sicilia, Calabria e Campania, quindi c'è anche un problema di differenza territoriale importante. E questi sono certamente una criticità, in quanto sversano nell'ambiente acque reflue che non sono depurate. Con riferimento all'obiettivo di migliorare la depurazione delle acque sul territorio nazionale, c'è una serie di sfide che riguardano soprattutto quali sono i possibili usi dopo che è stato fatto il trattamento. Ci sono tecnologie innovative per automazione e monitoraggio, ed è possibile incrementare l'efficienza energetica degli impianti riducendo anche la loro impronta di carbonio, producendo materiali fertilizzanti, biomasse e biogas, nonché acque affinate che possono essere destinate all'utilizzo irriguo, ma anche a quello civile industriale. Questa è una risorsa che, se ben sfruttata, può diventare una risorsa importante. Per quanto riguarda il ciclo di gestione dei rifiuti urbani, in questo caso una delle tecnologie che si sta valutando con grande attenzione è quella di utilizzare dei gestori municipali per la valorizzazione energetica congiunta di fanghi e frazione organica dei rifiuti solidi urbani per il successivo recupero agronomico dei digestati. Detta in maniera semplice, si fa compost come fertilizzante e si produce anche gas. Questa è un po' la strada che tutta l'Europa sta seguendo per valorizzare questo residuo primo. Altro problema è la presenza di materiali, soprattutto metalli, che sono molto inquinanti e in alcuni casi particolarmente tossici. Ricordo cadmio, rame, nickel, piombo, zinco, mercurio, cromo. Ci sono addirittura delle normative in ambito industriale, come la normativa Pag. 7REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals), che stanno toccando molto pesantemente il riutilizzo di questi ioni, di questi atomi e che sono diventate un punto fondamentale anche in manifattura. Gli Stati membri, così come le singole regioni italiane, sulla base di nuove evidenze recenti scientifiche sugli effetti dell'utilizzo dei fanghi, hanno approvato e implementato misure molto più restrittive per quanto riguarda i valori limite dei metalli pesanti e di alcuni contaminanti, per i quali invece la normativa comunitaria non prevedeva inizialmente limiti specifici. Ma questo è dovuto al fatto che la natura tossica e gli effetti tossici di questi materiali era nota, ma non quantificata, e solo recentemente l'epidemiologia le ha studiate in gran dettaglio e ora si hanno dei limiti.
  C'è un'altra cosa molto importante che adesso semplifico un po'. In questi scarti, in questo materiale di partenza, ci sono i cosiddetti «grassi», che possono essere dagli idrocarburi di origine petrolifera ai grassi animali, e questi hanno ovviamente storia e smaltibilità diversa. Sovente è persino difficile capire come questi siano percentualmente distribuiti. Per quanto concerne le azioni condotte dal Ministero per l'implementazione del riciclaggio dei fanghi di depurazioni delle acque reflue, noi segnaliamo il loro utilizzo per la preparazione dei fertilizzanti, degli ammendanti e dei correttivi per l'agricoltura. Il MITE partecipa alla Commissione fertilizzante attiva presso il Ministero delle politiche agricole, che ha il compito di valutare l'inserimento di questi elementi negli allegati al decreto legislativo n. 75/2010, partecipando alla revisione della normativa nazionale su questi prodotti che sono considerati indispensabili per l'agricoltura. Il Ministero ha anche promosso la nascita della Piattaforma nazionale del fosforo, che vuole raggiungere l'autosufficienza del ciclo del fosforo su base nazionale e il coordinamento con le politiche europee – anche l'Europa è interessata al ciclo del fosforo – avviando uno studio sulla mobilità per il recupero di fosforo proprio dai fanghi di depurazione. Sono allo studio alcuni decreti end of waste per la definizione delle specifiche tecniche di materiali innovativi prodotti a partire da questi fanghi. Nell'ambito del confronto partenariale, che è in fase di conclusione, è stata avanzata dal MITE una richiesta di 4 miliardi e mezzo di euro per concorrere al finanziamento di interventi relativi al Servizio idrico integrato, tra i quali anche la gestione dei fanghi di depurazione; questo nell'ambito dei grandi finanziamenti europei. Questa è un'area in cui, se posso riassumere forse un po' semplificando, ci sono numerose criticità di natura tecnica, riconoscimento chimico, tecnologia di processo eccetera. Direi che l'Italia, in particolare il Ministero, su queste cose è attenta e consapevole del problema. Sta collaborando con le istituzioni europee in maniera efficace e c'è una buona collaborazione interministeriale e con gli enti di ricerca e di controllo che ci accompagnano un po' su tutti i fronti, dai metalli pesanti tossici al fosforo, alla tipologia dei fanghi, al loro riutilizzo. Permangono dei gap che vanno colmati a livello nazionale. Questo probabilmente usufruirà bene delle opportunità aperte dal Recovery Plan a livello di infrastruttura. Acque reflue. Nell'ambito delle politiche di coesione, l'accordo di partenariato prevede che ci sia un'Europa più verde, e questo è fortemente basato sulla promozione e sulla gestione della sostenibilità dell'acqua e sulla promozione della transizione verso un'economia circolare. La domanda numero cinque è la seguente. La Commissione è interessata a conoscere la posizione del MITE rispetto alle regioni che non sono riuscite a soddisfare queste condizioni. Cosa intende fare il MITE? Come può accompagnare il raggiungimento e il soddisfacimento delle condizioni abilitanti? Nell'ambito del ciclo di programmazione 2021-2027 dei fondi europei, nella politica di coesione, è stato rafforzato il meccanismo delle condizioni abilitanti che ciascuno Stato deve soddisfare per potere utilmente usufruire della forma di finanziamento della coesione. Queste condizioni sono state oggetto di un lunghissimo negoziato tra Stati membri e Commissione europea, coinvolgendo la triade Commissione, Consiglio, Parlamento. Questo è andato avanti dalla Pag. 8fine del 2018 sino alla fine del 2020, quindi è stato un percorso lungo. C'è una serie di aspetti innovativi di interesse che penso siano utili per le valutazioni della Commissione. Primo: il soddisfacimento delle condizioni è garantito non soltanto al momento dell'avvio del ciclo di programmazione, ma durante l'intero ciclo. Quindi c'è una necessità di attivare meccanismi di monitoraggio sul mantenimento dei criteri di adempimento, altrimenti si può incorrere in meccanismi sanzionatori. Non basta dire: «Parto e sono in regola», ma devo mantenere la mia regolarità su tutto il periodo. La singola condizione sarà soddisfatta solo qualora l'adempimento sia garantito sull'intero territoriale nazionale. La normativa europea non ci consente di essere troppo diversi da un punto all'altro del Paese. Eventuali carenze, anche parziali, in ordine a criteri specifici, ambiti regionali eccetera non permettono di asseverare la condizione come soddisfatta, con conseguenze che sono penalizzanti per l'intero Stato, cosa su cui particolarmente dobbiamo riflettere. Pertanto, in caso di mancato adempimento di una condizione abilitante, le spese collegate all'obiettivo specifico a cui essa si riferisce, per quanto certificate, non potranno essere rimborsate dallo Stato membro fino a quando l'adempimento non sia certificato dalla Commissione. Questa è una cosa che ci deve fare riflettere perché per noi può diventare abbastanza critica. Il Ministero dell'ambiente, adesso MITE, ha sviluppato sin dalla fine del 2018 un'azione di supporto e monitoraggio affinché le regioni adeguino in tempi rapidi i rispettivi piani di gestione dei rifiuti. In particolare, per la verifica del rispetto della condizione abilitante è stata condotta una ricognizione dello stato dei piani regionali di gestione dei rifiuti e sul loro adeguamento sulla citata direttiva n. 851. La 2.6 è una condizione abilitante particolare, però è una delle principali perché riguarda in questo caso il piano di gestione dei rifiuti. Allo stato attuale non tutte le regioni hanno adeguato il piano alle nuove direttive. In alcune realtà del Mezzogiorno, purtroppo, permangono criticità nell'adozione e nell'aggiornamento dei piani d'ambito, che sono gli strumenti di pianificazione del settore. Mancano piani in materia di modello gestionale e organizzativo e di programmazione economico-finanziaria, c'è un mancato affidamento del Sistema idrico integrato. Le regioni in cui il Sistema idrico integrato non è ancora a regime sono Calabria, Campania, Molise e alcune aree della Sicilia. Sono quelle che comunque hanno compiuto in tempi recenti importanti passi avanti. Se da un lato la situazione non era molto omogenea e metteva a rischio la rimborsabilità dei contributi, in realtà sono migliorate alcune situazioni di disuguaglianza. Permane però una disuniformità importante. Per questo motivo è stata avviata un'azione di supporto e affiancamento da parte del Ministero nell'ambito di un progetto che ha un nome abbastanza interessante, «Mettiamoci in RIGA», dove RIGA è «Rafforzamento Integrato Governance Ambientale». È evocativo come nome. L'obiettivo del progetto è quello di attivare dei percorsi di accompagnamento nelle attività necessarie per la redazione dei piani di ambito e supporto, l'espletamento degli adempimenti per l'affidamento del Servizio idrico, aiutare la struttura di governance a produrre dei piani e metterli in atto in maniera robusta. Aggiungo che sono stati sottoscritti dei protocolli di intesa tra il Ministero e alcune regioni in cui sono disciplinati obiettivi e finalità della collaborazione istituzionale. L'obiettivo è quello di dare una mano nella predisposizione dei piani di ambito e della documentazione per l'affidamento del Servizio idrico integrato. In sostanza c'è grande attenzione al problema. Come sempre, ci sono direttive e normative europee piuttosto stringenti. In particolare, qui ci sono delle condizioni che per noi possono essere molto critiche per avere successo non solo nel reperimento, ma anche nella fruizione dei fondi europei. Su questo il Ministero nel 2018 ha messo in atto una serie di attività che aiutano quanto meno la riduzione delle differenze per poter meglio accedere e utilizzare questi fondi. Comprendete che vi sto raccontando cose che sono state fatte da altri, però è una strategia ragionevole, sostenibile. È una risposta Pag. 9 del Paese, non è una risposta in particolare del MITE. È una risposta delle nostre istituzioni e noi tenderemo, ove possibile, a potenziarla, ma sicuramente a portarla avanti, perché direi che è necessaria. La sesta domanda sulle acque reflue riguarda il piano di investimenti nazionali sulla depurazione connessi al soddisfacimento delle condizioni abilitanti. Per quanto di competenza del Ministero, oggi esistono diversi piani di investimento nazionale: la delibera CIPE n. 60/2012, il Piano straordinario di tutela e gestione della risorsa idrica del 2014, il Piano operativo ambiente (POA) finanziato dal Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020. La prima, la delibera CIPE n. 60/2012, ha assegnato alle regioni Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna oltre un miliardo e 700 milioni per la realizzazione di 183 interventi nel settore di collettamento e depurazione. La seconda, il Piano straordinario di tutela e gestione della risorsa idrica, approvata nel 2014 con decreto ministeriale n. 271, ha finanziato 142 interventi per un ammontare complessivo di oltre 250 milioni di euro, e prevede che le risorse siano trasferite alle regioni all'avvenuta aggiudicazione dei lavori degli interventi finanziati. La terza, il Piano operativo ambiente, finanzia gli interventi volti al superamento delle infrazioni in materia di acque reflue e alla riduzione delle perdite degli acquedotti, con risorse pari a circa 530 milioni di euro. Aggiungo a questa la neo lanciata iniziativa che, sul settore acque, bacini idrici, irrigazione e depurazione delle acque, prevede circa 4,3 miliardi, vado a memoria, sul PNRR, che non è altro che il completamento di questa filiera che pone grande attenzione al problema dell'acqua. In particolare, di questi 4 miliardi c'è proprio un capitolo dedicato alla depurazione. Adesso onestamente a memoria non lo ricordo, ce l'ho in borsa. Se volete lo vedo, ma tanto i dati li avete anche voi. Questo continua un solco su cui si sta cercando ormai da più di dieci anni di recuperare delle carenze infrastrutturali. Da questo punto di vista credo che il MITE abbia fortemente e con convinzione diretto investimenti in questa direzione, perché questa è materia assolutamente cruciale. Sempre sulle acque reflue, la settima domanda è se siamo a conoscenza di fenomeni illeciti. Gli uffici del Ministero hanno parlato con il Nucleo operativo ecologico (NOE) dell'Arma. Ci sono diversi casi, ci sono anche numerose indagini giudiziarie. L'attività nel settore depurazioni acque reflue, gestione rifiuti eccetera, ha permesso a livello nazionale di individuare alcuni elementi di criticità. Fra questi segnaliamo l'elevata densità abitativa e l'intensità delle attività produttive. Questi sono fattori resi sempre più complessi dalla presenza di impianti di depurazione, se gli impianti di depurazione non sono dimensionati appropriatamente. Se noi produciamo più di quanto possiamo depurare, è probabile che questo diventi un problema illecito. La gestione delle infrastrutture spesso è frammentata. Esistono condotte a mare che non dovrebbero ovviamente esserci, però sono storiche in alcune zone sia del Sud che del Nord. Ci sono carichi di punta per i quali gli impianti non sono progettati, tipicamente nelle stagioni turistiche, nei momenti più intensi, e in questi momenti di carico di punta la rete non regge. C'è la diffusa carenza di sistemi idonei di misurazione e caratterizzazione delle portate, e questo è un problema serio perché è la mancanza di uno standard che può generare forti inefficienze. C'è la continua necessità di adeguare impianti che sono stati originariamente progettati in maniera sottodimensionata, e quindi siamo sempre a rincorrere il valore ideale. Ovviamente non è efficace quanto fare un impianto ben dimensionato. Ci sono poi i sistemi delle trincee drenanti. In alcune regioni, come la Puglia, ci sono troppo pochi corpi recettori (fiumi, canali, laghi), quindi alla fine diventano delle zone di accumulo di difficile gestione. C'è una gestione approssimativa degli impianti di depurazione. Molti enti comunali gestiscono gli impianti avvalendosi di ditte esterne che però non sono particolarmente esperte o addirittura non sono in possesso dei titoli autorizzativi, e ogni tanto queste aziende si rendono responsabili di illecito smaltimento dei fanghi provenienti, per esempio, dalla depurazione, Pag. 10 che vengono accumulati in depositi incontrollati e poi nessuno controlla cosa succede. Ci sono poi pluriennali gestioni commissariali degli impianti, che non trovano mai soluzione. Il NOE ci segnala centinaia di azioni di indagine. Troverete una lista sui fogli che vi diamo, quindi ora non ve le racconto. Ci sono 235 controlli su attività produttive, di cui 117 sanzionate al 31 marzo 2021, denunciate 107 persone, 40 sequestri tra aziende e parte di esse per scarichi abusivi, 457 sanzioni amministrative, per un importo non elevatissimo, molto frazionato. Sono numeri grandi, che impegnano i controlli in maniera, direi, estenuante. I principali illeciti sono scarichi di reflui industriali effettuati illegalmente da aziende, scarichi di acque meteoriche di dilavamento che provengono da piazzali esterni all'attività industriale in genere, scarichi di reflui di molti comuni le cui reti fognarie non sono complete o i cui depuratori non sono collettati. Quindi la risposta è: sì, siamo al corrente che ci sono, purtroppo, attività illecite. Devo dire che l'Arma dei carabinieri, il gruppo NOE e anche il neo assorbito Corpo della forestale sono veramente sul territorio in maniera capillare. Vi posso dire che da quando ricopro questo, probabilmente indegnamente, ruolo di Ministro della Transizione ecologica ho già ricevuto tre o quattro telefonate la mattina all'alba dal generale, che secondo il Regolamento è tenuto ad avvertirmi se stanno per lanciare un'azione, solo per quelle grosse dove ci sono cose importanti che avvengono. E in tre mesi è già successo numerose volte. A me che vengo da un mondo completamente diverso, il fatto che mi chiami il generale e mi dica: «La volevo avvertire che fra 20 minuti facciamo irruzione e arrestiamo» fa un certo effetto. Però vi posso garantire che lo Stato sul territorio ci sta e mi pare che facciano veramente un lavoro enorme, durissimo e che speriamo poi alla fine crei anche un'educazione pubblica. Acque reflue, punto numero 8. Qui si chiede in funzione del COVID-19 cosa succede nelle acque reflue, quali sono le misure. Il Sistema nazionale si è attivato subito durante la pandemia e ha mantenuto l'operatività della rete. Direi che il monitoraggio, con tutte le difficoltà connesse alle singole realtà regionali eccetera, è stato molto efficace. Tutti gli atti che sono stati adottati nel primo lockdown, quindi all'inizio del 2020, sono addirittura pubblici e consultabili sul sito del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente. Penso che anche gli altri verranno aggiornati, però già vi potete rendere conto che è stato fatto un buon lavoro. Sono state date indicazioni tecniche dal Consiglio SNPA (Sistema nazionale protezione ambiente) sugli ambientali della pulizia, sugli ambienti esterni, sul lavaggio strade. L'SNPA ha diritto al progetto «Sorveglianza ambientale per la SARS COV-2» su tutti i reflui in Italia. Non voglio farvi perdere troppo tempo, troverete tutto scritto, però direi che un problema che non c'è stato è quello dell'infezione attraverso reflui e scarti. Direi che quella non è stata una cosa critica, e il monitoraggio è partito immediatamente e anche bene. Ribadisco ancora una volta, merito di chi c'era prima. Vi sto solo dando i numeri che sono stati raccolti. Per quanto riguarda i perfluoroalchilici o i porifluoroalchilici, i famosi PFAS, che sono brutte bestie da un punto di vista chimico e tossicologico, la domanda è: cosa state facendo al MITE? Questa problematica relativa alla contaminazione di PFAS riguarda in particolare la contaminazione di acque superficiali e sotterranee, con particolare riferimento ad alcuni comuni. Vicenza è uno di questi. È all'attenzione del Ministero da molto tempo. È un po' all'attenzione di molti Paesi in Europa. Questo è un problema di grande misura e ha aspetti ambientali, salutari, tutela dei corpi idrici, disciplina degli scarichi, non ultima anche una questione di salute perché non è roba che fa bene. Alla luce del primo studio completo effettuato dal CNR (Consiglio nazionale delle ricerche) sul rischio ambientale e sanitario nel 2013, il Ministero ha avviato una serie di iniziative di contrasto alla diffusione di questi composti nei corpi idrici superficiali e sotterranei, nonché finanziamenti appositi per migliorare la situazione e favorire il superamento delle criticità. È stato costruito un gruppo di lavoro con gli istituti Pag. 11scientifici di ricerca nazionale, tra cui l'ISPRA che ha definito per i PFAS gli standard di qualità ambientale dei corpi idrici superficiali. Qui era un problema di metrica, perché se uno non ha la metrica e non sa qual è il limite pericoloso, il limite di sicurezza, poi è difficile regolarsi. L'ISPRA ha contribuito in maniera importante alla determinazione degli standard, e questi valori individuati sono stati poi formalizzati e inseriti nelle leggi conseguenti, il decreto legislativo n. 172/2015 e il ministeriale 6 luglio 2016, che costituiscono la normativa di riferimento, che quindi è aggiornata su criteri anche tecnicamente robusti. Questo gruppo di lavoro, integrato con i rappresentanti di regioni e ARPA, sta anche lavorando sull'elaborazione di una proposta di linee guida per la definizione di valori limiti allo scarico, in modo da supportare anche le regioni e gli enti locali nelle loro regolamentazioni locali. Da ultimo, un'introduzione di limiti quantitativi anche nelle emissioni PFAS negli scarichi industriali è qualcosa che il MITE adesso adotta, e tra l'altro rappresenta con queste sue competenze l'Italia ai tavoli comunitari nei quali vengono definiti per ciascun settore industriale le migliori tecniche disponibili per la rilevazione di questi inquinanti e la mitigazione dei loro danni. Quindi direi che c'è una buona attenzione al problema, una discreta capacità di identificare le informazioni importanti e quindi di legiferare in materia, ma anche un ruolo internazionale importante perché su queste cose che abbiamo sviluppato si creano degli standard internazionali. In merito alle bonifiche ci sono diverse domande. La prima riguarda il SIN (sito di interesse nazionale) di Bussi sul Tirino. Si chiede quali delle indicazioni della Commissione sono state attuate e quali sono le linee del MITE per l'attuazione. In questo quesito ci sono diverse aree. Una è l'area Tre Monti, sita nel comune di Bussi. Qui posso dire che a dicembre del 2018 il MITE, Ministero dell'Ambiente, ha richiesto all'Avvocatura dello Stato di introdurre un autonomo giudizio civile di tipo risarcitorio nei confronti della società Edison Spa, che nel giudizio penale non fu citata quale responsabile civile dal momento che gli imputati si erano avvalsi del rito abbreviato. Questa francamente è una risposta di cinque pagine dove c'è una cronistoria di natura giuridica molto complessa. Ho contato cinque o sei interventi del TAR, cinque o sei impugnative. Forse non vi annoio dandovi questi dati. Ve la diamo e ve la leggete. Credo che tuttavia, in tempi più recenti, in particolare all'interno e all'esterno del stabilimento industriale ex Solvay del comune di Bussi – questa è una delle cose che è stata più seguita in tempi recenti, però la storia è lunga e la trovate tutta scritta – Il Ministero, dopo che il comune di Bussi aveva impugnato un altro decreto sempre con interventi del TAR (una cosa un po' complicata), ha seguito l'ordinanza assegnando il compito di effettuare la bonifica a questa Dec Deme, che è la società che era stata selezionata per fare la bonifica ma che ha avuto una storia molto travagliata perché ci sono state questioni sull'assegnazione, ci sono state impugnative e così via. Per quanto credo che la cosa risalisse al 2018, parliamo di tempi attuali. Finalmente, dopo queste varie vicissitudini, il 16 aprile scorso è scaduto il termine di 60 giorni e il Ministero ha eseguito l'ordinanza assegnando a questa ditta che ha avuto questa travagliata storia il compito di effettuare la bonifica. La Dec Deme ha effettivamente presentato un progetto, che però non sembra avere seguito le caratterizzazioni integrative che pure erano richieste dal Consiglio superiore che era stato incaricato precedentemente. Ormai la cosa, purtroppo, è sul piano legale, non è più nelle nostre mani, quindi anche noi stiamo un po' osservando e rispettando i termini dati dalla giustizia, credo amministrativa in questo caso, non penale. In seguito a questo stiamo ancora aspettando che la cosa evolva. C'è da dire, però, che Edison, che era originariamente subentrata alla precedente proprietà, sta comunque eseguendo alcuni lavori di suo proprio, a titolo di ravvedimento. Si tratta di un aspetto importante, perché il progetto del commissario posto a base di gara non rispettava neppure la normativa vigente sui rifiuti in materia di riporto. Questo è un qualcosa che dovrebbe facilitare un po'. La storia non è finita, per Pag. 12essere molto chiari. C'è un'altra mezza pagina di cose che stanno avvenendo. Non vi annoio. Posso dirvi che con una nota del 30 aprile 2021 – quindi stiamo parlando di pochi giorni fa – Edison ha trasmesso il Progetto operativo di rimozione rifiuti e l'aggiornamento del Piano indagine, fase 1, finalizzati alla successiva elaborazione dell'analisi di rischio del progetto di bonifica delle aree in parola. Questa è comunque una buona notizia perché, per quanto ci siano molti rallentamento e una storia piuttosto lunga, qualcosa si sta muovendo. Non è certamente il quadro che avremmo tutti voluto, cioè di vedere la storia in pronta chiusura, però non è nelle nostre mani, per essere molto chiaro. Stiamo seguendo la catena di eventi, come purtroppo succede molto spesso in Italia. Alle volte è un po' difficile mandare avanti le cose. Undicesima domanda sulle bonifiche, lo stato di attuazione degli interventi sul SIN di Venezia Porto Marghera. Le aree sono quelle con valori di concentrazione degli inquinanti inferiori alle concentrazioni soglia di contaminazione e delle concentrazioni soglia di rischio. Al momento il 17 per cento dei terreni e l'11 per cento delle acque di falda hanno concluso il procedimento di bonifica, però come vi dicevo si tratta delle aree che hanno valori lontani dalle soglie critiche. Nelle aree con progetto di messa in sicurezza e bonifica approvato con il decreto (circa il 71 per cento dei terreni e circa il 66 per cento delle acque di falda), le attività previste e relative ai progetti articolate talora secondo cronoprogrammi di lunga durata, soprattutto in relazione a interventi di risanamento delle acque di falda, sono in corso di attuazione nella gran parte dei casi. Quindi, al di là delle difficoltà che ci sono, è in corso di attuazione fra il 60 e il 70 per cento del progetto integrale. Questa attuazione di interventi di messa in sicurezza e bonifica prevista dai progetti approvati è oggetto di controllo da parte della città metropolitana di Venezia, che periodicamente trasmette un report di monitoraggio al nostro Ministero. Aggiungo a questo che dal 2020 a oggi il Ministero ha emanato una serie di decreti relativi a procedimenti di bonifica, quindi solo nel 2020 l'area di pertinenza della società Idromacchine, quella della società Giarola, Petroven, EniProgetti. C'è un'attenzione molto forte sul sito e stiamo cercando di accelerare tutti i processi. Gli interventi per la salvaguardia della laguna di Venezia sono previsti nel masterplan approvato nel 2004 per la bonifica dei siti inquinati di Porto Marghera. Nel 2016, quindi 12 anni dopo, è stato sottoscritto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal comune di Venezia il documento denominato «Patto per lo sviluppo della società di Venezia», che poi nel 2017 è stato oggetto di un protocollo d'intesa fra il Ministero e il comune di Venezia. Nell'ambito del protocollo di intesa sono state svolte riunioni della Cabina di regia nel 2018, nonché ulteriori riunioni tecniche in sede locale con il coordinamento della regione Veneto. I problemi inerenti ai suddetti interventi sono stati oggetto, nel 2019, di alcune riunioni con enti locali e Confindustria Venezia. Nel corso di queste sono state fornite da parte della regione Veneto le tempistiche stimate di conclusione dei lavori per l'esecuzione e il collaudo dei tratti necessari alla chiusura delle macroisole Fusina e Nuovo Petrolchimico. Per essere chiari, la conclusione dei lavori sulla sponda Enel, compreso il collaudo, è prevista per il 2023; la conclusione dei lavori sulla sponda Darsena della Rana, compreso il collaudo, è prevista anch'essa per il 2023. Tutti gli ultimi impegni assunti dal Ministero ai fini della bonifica dell'area del SIN, fra i vari, includono la sottoscrizione ad aprile dell'anno scorso dell'accordo di programma per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza del sito di interesse nazionale di Venezia Porto Marghera tra Ministero, regione Veneto e Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico settentrionale. È un accordo da 102 milioni. Questo è stato approvato e ora è esecutivo. Nel 2020, ad agosto, il Ministero ha sottoscritto con il provveditore medesimo l'accordo di programma per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza del SIN di competenza del Provveditorato interregionale delle opere pubbliche, con un atto da 69 milioni. C'è un'ingente destinazione di Pag. 13risorse, e le azioni che erano state previste nel piano negli ultimi due o tre anni hanno cominciato a mettersi in moto. Passo ai roghi rifiuti. Siccome ho capito che più veloce di così non posso andare, perché io stesso fatico a capire cosa sto dicendo dato che sto cercando di ricostruire alcune linee per ciascuna delle domande, fermo restando che vi darò tutto scritto, qualora ci fossero vostri ulteriori commenti rivedremo il testo, ve lo diamo e poi rispondiamo a tutto. Comunque il testo c'è, sono circa 60 pagine e tutte le domande hanno risposta. Se mi consentite, a meno che non mi diciate di andare avanti fino a esaurimento tempo, vorrei toccare con voi molto rapidamente due o tre cose che per me sono in questo momento abbastanza rilevanti, perché ci stiamo lavorando. Ho trovato tutte le domande particolarmente rilevanti in questo momento, perché sono proprio su quello che stiamo facendo, su cui stiamo lavorando, anche visto il PNRR. Però ce ne sono alcune che mi hanno fatto molto riflettere, che sono quelle che riguardano i residui radioattivi. Qui ci sono le domande 32, 33, 34, 35, sino a 37, 38, 39 e 40. Sono un pacchetto molto importante. E poi quelle che riguardano, nel pacchetto compostaggio, PNRR e single-use plastics (SUP). Anche quello è un gruppo di cose su cui risponderò individualmente quando ci sarà la possibilità, però ci sono due o tre informazione che volevo condividere con voi. Parto da quelle radioattive, perché sono tante domande e cerco di fare un brevissimo punto. In questi giorni, nelle ultime due settimane, voi probabilmente avete capito come nel MITE, in seguito alla costituzione del nuovo Ministero, ci siamo venuti a trovare con una strana agglomerazione di entità, di istituti chiamiamoli «controllati». Uno è l'ISPRA, che storicamente è sempre stato sotto la vigilanza del Ministero dell'Ambiente, adesso del Mite; però di recente è entrata anche l'ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile). Dopodiché abbiamo il GSE (Gestore dei servizi energetici), che ha peraltro tutta una serie di controllate che si occupano di energia, di rinnovabili e così via; e poi abbiamo Sogesid, che fa delle azioni importanti dal punto di vista del supporto tecnico al Ministero, con anch'essa una serie di controllate. In questo momento quindi, non appena finito il PNRR, ci siamo posti il problema importante di studiare bene l'organizzazione di tutte queste entità, che sono da un certo punto di vista dei bacini di competenze molto importanti. Prima vi dicevo che l'ISPRA studiava i valori limite di certi inquinanti, l'ENEA ha seguito il Superbonus con tutte le statistiche. Però oggettivamente questa è una cosa che va razionalizzata, perché qui parliamo di un numero importante, probabilmente di 7-8 mila persone in totale, anche con dei budget importanti. In questo quadro, forse perché sono un fisico, mi ha interessato subito la questione del rifiuto radioattivo del decommissioning e quindi abbiamo pensato di fare delle audizioni. Abbiamo ascoltato la struttura di governance, il top management di queste istituzioni, negli ultimi 8 giorni, tutti quanti. Abbiamo dato loro un questionario con delle informazioni di base e poi abbiamo fatto delle interviste che sono durate tre ore. Vi devo dire che non sono in grado in questo momento di anticipare cosa faremo, perché il problema è molto complesso e dovremo ottimizzare le sovrapposizioni e fare in modo che tutto funzioni al meglio, però certamente il problema di SOGIN (Società gestione impianti nucleari) e dei rifiuti radioattivi è un problema importante. Voi nelle nostre domande avete toccato in modi diversi il problema del rifiuto radioattivo. In questo caso devo dirvi che è evidente che la storia di SOGIN, vista da uno che è appena arrivato dall'esterno, è un po' critica, nel senso che i costi sono lievitati enormemente per decenni a fronte di uno stato di avanzamento dei lavori che non è soddisfacente, perché non ha coperto le percentuali che ci aspettavamo. Se c'era un cosiddetto «Gantt» che doveva fare certi progressi, questi progressi non sono arrivati. Però il numero di cosiddetti «headcount», di persone che lavorano nella struttura, è cresciuto moltissimo. Poi è andato giù. Comunque adesso ha avuto un picco, se non vado errato 950-970, poi è sceso intorno a Pag. 14900. Però si tratta di numeri grandi – poi vedremo quelli corretti, ora vado a memoria – con una crescita di spesa a fronte di un insoddisfacente raggiungimento del piano. Durante l'audizione io però ho conosciuto il nuovo presidente e il nuovo amministratore delegato, che hanno iniziato da poco, che hanno fatto un'analisi abbastanza accurata di ciò che non ha funzionato. Questa non è condizione necessaria e sufficiente per essere sicuri che funzionerà in futuro – c'è un piano nuovo che costa di più eccetera – però almeno non c'è stata la difesa a spada tratta di un'azione che sinora non è molto difendibile. Tutta un'altra storia, ma sempre su settori che si parlano, riguarda ENEA. Enea ha competenze importanti e viene dal Ministero dello Sviluppo economico, però noi avendo preso l'energia diventa a sua volta vigilato dal MITE. Io credo che ci siano enormi competenze diffuse, veramente enormi, che però vadano un po' rimesse in movimento e strutturate. Leggerete le risposte, i vostri quesiti sono molto puntuali, però sono delle fotografie di ciò che è successo sino a oggi. Non è potuto succedere nulla in questi tre mesi scarsi che abbiamo iniziato, anche perché c'era altro da fare; però una delle priorità che abbiamo in questo momento è di lavorare sulla parte entità, strutture e istituti, che si occupa della parte decommissioning correlata alle tecnologie nucleari in dismissione, e possibilmente trovare delle soluzioni di ottimizzazione. Le competenze ci sono tutte, dobbiamo capire come metterle a terra in tempi molto rapidi. Dopodiché vi mandiamo il documento e vedrete che le vostre domande hanno delle risposte precise. Sono assolutamente condivisibili. Per quanto riguarda, invece, il compostaggio rifiuti eccetera, qui ci sono moltissime domande interessanti, però ve ne voglio dire due. Tenete conto che, al di là di quanto è stato fatto sinora, vorrei che fosse chiaro un punto. Nel settore gestione dei rifiuti ed economia circolare, l'Italia è comunque una delle nazioni migliori che ci siano in giro e ha dei punti di assoluta eccellenza. Ovviamente ha dei problemi in alcune zone, però in valore assoluto noi abbiamo delle regioni che sono leader a livello europeo. Vorrei che fosse chiaro un punto: un po' perché l'abbiamo promesso all'Europa, un po' perché ci crediamo come modello, noi dobbiamo arrivare a quella situazione virtuosa che è attesa intorno al 2030-2035 in cui noi abbiamo il 65 per cento di rifiuto che è differenziato, il che poi dopo prevede che ci sia una filiera per l'utilizzo della roba differenziata. Calma, intanto arriviamo a essere i migliori della classe. In alcune regioni ci siamo già. Un 10 per cento al massimo in discarica, anche quello con un destino da stabilire, e un 25 per cento di rifiuto organico che, con le opportune infrastrutture a valle, può diventare compost da riutilizzare per esempio in agricoltura o può diventare gas e viene processato in maniera intelligente. Questa terna, 65, 10, 25, che è una bella scommessa, parte dall'idea che tutto il Paese differenzi, perché sennò alcune regioni ci sono già o ci arrivano mentre altre non ci arriveranno mai. La grande sfida del PNRR, per accompagnarci nel processo di economia circolare, decarbonizzazione, green economy eccetera, è di arrivare al 2035 come primi della classe, 65, 10, 25, che però implica che tutti stiamo differenziando e che più o meno tutti ci troviamo da quelle parti. In alcune regioni questo vuol dire potenziare la filiera dopo, in altre vuol dire consentire a queste regioni di fare la raccolta differenziata in maniera appropriata. Abbiamo dei dati buoni, circa il 70 per cento di differenziata in alcune regioni, in altre il 50. Il problema è utilizzarla bene e poi creare delle infrastrutture che a valle di questa separazione, di questo utilizzo, 65, 10, 25, ci consentano di utilizzare i rifiuti in maniera intelligente. La sfida nella sfida è che intanto dobbiamo uniformare il livello. Sapete che in questo momento certe zone non si parlano con altre come tecnologie, come capacità di gestire il rifiuto. Troverete a tutte le vostre domande delle risposte puntuali che sono la fotografia di quello che abbiamo fatto. Alcuni ci chiedono in particolare: volete incoraggiare il compostaggio? In che modo verranno individuati i progetti che beneficiano? Qui vi rispondo molto chiaramente. Abbiamo seguito le linee guida europee, che vanno nel Pag. 152035 a 65, 10, 25; potenziare la differenziata in tutto il Paese, quindi ridurre le disuguaglianze dove è possibile; fare tutto quello che si può fare, dopo avere ottenuto questo ciclo del rifiuto, per valorizzare il materiale che abbiamo ottenuto. È ovvio che in alcuni casi... Pensate alla fattoria che viene resa indipendente. La deiezione animale, un po' di biomassa molto umida, viene utilizzata in un digestore piccolo anerobico. Ci fai del biogas e ci mandi avanti il trattore che invece è inquinante, a cherosene. Gli dai l'incentivo, cambia il trattore e la tua fattoria diventa verde e a consumo energetico autonomo. Ovviamente in altri settori, penso a una città, un agglomerato più grande, probabilmente non fai solo biogas. Segui le regole europee, lavorerai sul composto, su altro. Questo lo vedremo in funzione anche di quello che decide la comunità internazionale. In che modo verranno individuati i progetti? I progetti sono stati costruiti sulla base di una strategia che deve portarci alla decarbonizzazione, 55 per cento in meno rispetto al 1990 nel 2030. Nello stesso tempo, a seguire, le linee guida europee in materia di linee guida circolari e di protezione dell'ambiente. Sono e i tre pilastri: l'ambiente protetto, l'economia circolare e la parte energetica. Il Gantt, cioè ha tabella dei tempi, l'abbiamo dovuta mettere già nella negoziazione europea. Quando abbiamo parlato con l'Europa in fase di prenegoziato, noi abbiamo punto per punto discusso quello che volevamo fare e ci hanno detto da subito: «Se questa cosa non la fate subito o se non la fate nel momento giusto, noi non ve la finanziamo». Quindi è stato fatto un prescreaning sul timing. La vera difficoltà adesso è che per essere fedeli a questa tabella dei tempi dobbiamo avere delle regole semplificate in maniera formidabile, perché altrimenti non riusciremmo a rispettare gli impegni. Vi do un esempio per tutti. Noi faremo tutta una serie di azioni sia per l'economia circolare che per la decarbonizzazione. Dobbiamo far ripartire le aste per il fotovoltaico. Il nostro Paese circa ogni anno pianifica di fare 6 gigawatt di potenza installata, 6 miliardi di watt di potenza installata fra fotovoltaico ed eolico, e in media negli ultimi anni ne ha messi 0,8. Quindi 0,8 contro 6 o contro 7. È come dire: promettiamo di fare 100, ma facciamo 13 o 12. Ora, per fare tutte le cose che abbiamo messo nel PNRR che seguono le indicazioni europee sulla decarbonizzazione, dobbiamo arrivare al 2030 con il 72 per cento di energia elettrica rinnovabile. Il resto sarà probabilmente in una fase iniziale gas, perché dobbiamo stabilizzare la rete, e poi vediamo di fare l'idrogeno il prima possibile. Rispettiamo le regole, ci mancherebbe, ma dovremo essere bravi. Il primo obiettivo è come arriviamo al 72 per cento di rinnovabile instillata. Per darvi un numero, questo vuol dire installare 70 gigawatt nei prossimi nove anni, e noi adesso riusciamo a installarne 0,8. In nove anni 70 gigawatt sono otto all'anno. Dobbiamo aumentare la nostra capacità di installazione di dieci volte a partire da ora. Questo è un problema strettamente connesso alla lunghezza della catena dei permessi, alla scelta dei territori, a tutte queste cose. Se noi questa roba non la cambiamo in maniera efficace, noi non riusciremo ad aumentare la nostra capacità di installare le rinnovabili di un fattore dieci. A quel punto ritardiamo a raggiungere il 72 per cento di energia elettrica rinnovabile al 2030, quindi non saremo in grado di cambiare gli altoforni eliminando il carbone, o di produrre idrogeno verde, o di fare elettrificazione verde per le automobili elettriche che devono essere ricaricate da energia verde e non da energia fatta con il carbone, e ci troveremo a essere in ritardo rispetto al Gantt. La domanda è: chi decide le priorità? Le priorità purtroppo le decide il meccanismo di rimborso, perché noi dobbiamo esporre la fattura e la Comunità europea ce la rimborsa. Se esponiamo la fattura in ritardo, una volta ce la rimborsano, la seconda infrazione, la terza non ci danno più i soldi. Da questo punto di vista troverete tutto scritto, però il senso dell'urgenza che volevo dare e che è anche legato a tutte queste discussioni che ci sono sul decreto semplificazione è questo. Purtroppo qui il problema principale è riuscire ad avere delle regole che ci consentano di accelerare di dieci volte. Ultimo e poi mi Pag. 16taccio perché poi, ripeto, vi do il commento. C'è una domanda sulla direttiva single-use plastics in cui mi chiedete: ma che fate con la direttiva europea sulla single-use plastics? Perché questa mette in crisi un po' la filiera di produzione italiana che è famosa, per esempio, per la produzione di distributori automatici eccetera. Da un lato bisogna recepirla, e noi stiamo mettendo in atto tutto quello che si può recepire. Però vi devo anche dire che nell'ultimo incontro che c'è stato con il vice presidente della Commissione, Timmerman, che è venuto da noi due settimane fa, preceduto da una mia lettera specifica abbiamo chiesto di rivalutare un punto con attenzione. Forse è un po' troppo semplicistico dire che le plastiche sono solo quelle che si riciclano al 100 per cento e che tutte le altre per noi non sono considerabili, quindi non vengono nemmeno considerate come potenziali prodotti per fare dei cucchiaini o dei bicchieri, come le plastiche biodegradabili, le nuove plastiche che vengono da fibre naturali eccetera. Gli abbiamo chiesto di valutare il fatto che in fin dei conti, in questo momento, la stessa Commissione europea sta finanziando ricerche sulle plastiche biodegradabili però non le ammette come plastiche per certe applicazioni. Questo è oggettivamente un danno anche alla nostra industria, quando ci sono adesso delle tecnologie che potrebbero salvare capre e cavoli. Stiamo cercando di fare un ragionamento in questa direzione, perché ci sono materiali biodegradabili di origine assolutamente naturale che possono sostituire la plastica da petrolio senza essere considerate plastiche, ma che hanno lo stesso uso. Stiamo discutendo queste cose. Ovviamente nel frattempo ci stiamo attrezzando per recepire le direttive, ma anche per fare delle nostre norme che siano un po' più flessibili, perché comunque c'è la possibilità di discutere con la Commissione. Li abbiamo anche un po' preallertati, quindi c'è un discorso in corso. So che ho già forato. Prendo tutte le vostre domande, e appena possibile aggiorniamo il documentino e ve lo mandiamo per tutte le vostre considerazioni ulteriori.

  PRESIDENTE. Va bene. Prego, onorevole Licatini.

  CATERINA LICATINI. Grazie, presidente. Mi scuso per l'assenza, ma ero relatrice di un provvedimento in Commissione. Ho seguito la parte sulla depurazione, che a me sta tanto cara in quanto la stiamo trattando in Commissione Ecomafie, su una tematica specifica sulla depurazione delle acque reflue in Sicilia. Da siciliana dico che per noi il mare è fondamentale, al di là della bellezza e dell'importanza anche come risorsa economica, oltre che legata sia al fattore del turismo che della pesca. Lei, Ministro, ha sottolineato quante risorse potrebbero essere ricavate da un'efficace depurazione, da quello che si può ottenere facendo un trattamento adeguato, quindi un autosostentamento dal punto di vista energetico dell'impianto stesso. Il problema che abbiamo analizzato anche in questa Commissione è che, al di là di tutti quegli agglomerati che sono sotto procedura di infrazione e sono sotto il Commissario unico per la depurazione – questo un po' ci rincuora perché sappiamo l'efficacia e l'attenzione della struttura commissariale – c'è una serie di agglomerati che non sono in procedura di infrazione, ma che purtroppo non sono stati commissariati perché qualche anno fa stavano adempiendo a un iter. Iter che poi è rimasto bloccato e non è proceduto. Ci chiediamo una cosa, visti i solleciti, vista l'attenzione che abbiamo dato anche a questo tipo di agglomerati, ed è la dimostrazione del fatto che uno dei sopralluoghi che ha fatto questa Commissione era proprio in uno degli agglomerati che, al contrario di quello di cui abbiamo parlato, non è in procedura di infrazione. Quindi in teoria era uno di quegli impianti che avrebbe dovuto lavorare, essere efficiente, ma che in realtà abbiamo trovato chiuso e, per quello che abbiamo trovato, chiuso da diverso tempo. Poi abbiamo scoperto che in realtà lì si stava perpetrando un reato ambientale. Io le chiedo un po' come intendiamo cercare di fare luce su questi tipi di agglomerati che in questo momento sono in questa zona di ombra e probabilmente sfuggono un po' all'attenzione. Per quanto riguarda una cosa Pag. 17sempre un po' legata ai mari, perché purtroppo sappiamo che la maggior parte della plastica monouso va a finire nei nostri corsi d'acqua, nei nostri mari, volevo sapere la tempistica del decreto legislativo che dovrà attuare quanto stabilito dall'articolo n. 22 della legge delegazione europea, la legge n. 53/2021. Come è noto, tale articolo dispone le modalità con cui dare attuazione alla direttiva n. 904/2019 sulla riduzione dei prodotti in plastica monouso. In particolare, il Parlamento italiano con tale articolo ha inteso privilegiare prodotti sostenibili e riutilizzabili e, solo ove non sia possibile, l'uso di alternative riutilizzabili ai prodotti monouso destinati a entrare in contatto con gli alimenti. A tale riguardo le chiedo anche lo stato del decreto del MITE sul green corner previsto dal DL «Clima», che privilegia i prodotti sfusi o alla spina. Per ultimo mi piacerebbe capire un po' l'orientamento del MITE in ordine alla destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative a seguito di illeciti amministrativi. Già ne avete un po' discusso, forse.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. C'era una domanda. Le daremo alle agenzie stesse se è possibile, come hanno fatto già come prassi.

  CATERINA LICATINI. Va bene così, perché questo è un tema importante, visto che comunque poi non si crea quel ciclo virtuoso che noi ci proponiamo di fare. Grazie.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Sulla questione degli agglomerati, al di là del fatto di avere un'esperienza molto limitata sul problema, credo che forse potremmo veramente cominciare a chiedere un'azione capillare sul territorio, anche una tantum. Ne potremmo parlare probabilmente anche con il NOE e dire, dove riteniamo che ci siano aree critiche, di fare un'analisi non a campione ma più capillare, visto che voi pensavate che quello stesse funzionando mentre in realtà l'avete trovato addirittura chiuso. C'è da distinguere, e come sempre si tratta di una gestione cattiva, per cui alla fine la macchina non funziona, non ci sono i soldi per la manutenzione, non ci sono i soldi per il personale, e allora si chiude per questo motivo. Questo è un discorso, perché c'è dell'altro. Purtroppo io in questo momento non ho questa mappa e l'unica cosa che penso sia utile fare è crearla, la mappa. Aggiungo che però ci sono, per esempio, tecnologie di monitoraggio sofisticatissime che combinano droni con satelliti eccetera, per cui uno può in tempo reale vedere le cose con un'analisi fotogrammetrica, però chimica, non con immagini normali. Come puoi vedere l'inquinamento dell'area sulla pianura padana, con la foto satellite puoi vedere se per caso in una zona di mare, visto che parlavi di mare, non trovi in un certo momento una variazione chimica da immagine ad alta risoluzione, che non si può spiegare se non con qualcosa che non funziona. Io combinerei uno studio delle coste ad altissima risoluzione, per esempio con tecnologie perpetrali, e comincerei anche a fare questo tipo di analisi. Immagino che in prossimità di questi agglomerati all'inizio devi fare degli sversamenti che poi dopo si espandono, però lo sversamento ti dà un'immagine chimica diversa. Con un satellite hai un centimetro di precisione, chimico. Quindi pensiamoci, perché queste tecnologie esistono e noi le abbiamo anche messe nel piano per la prevenzione. Dobbiamo utilizzare le forze preposte. Per quanto riguarda la normativa, non vorrei buttare il cuore oltre l'ostacolo perché poi loro dopo me la fanno pagare, ma io ho sentito che entro quest'estate dovremmo avere almeno la parte che recepisce la direttiva SUP. Onestamente sugli sfusi o alla spina non lo so. Chiederò al team legale, perché ammetto la mia ignoranza.

  PRESIDENTE. Senatore Lorefice.

  PIETRO LOREFICE. Grazie, presidente. Grazie al Ministro. Avremo modo anche di leggere in maniera attenta e approfondita la relazione di solo 60 pagine. Aggiungeremo altra carne al fuoco. Parto con la questione bonifiche, in particolare siti di interesse nazionale e regionale. Non so se lei ricorda che già in occasione dell'audizione Pag. 18 sul PNRR io le avevo fatto delle domande abbastanza precise. Ora le rifaccio nella speranza di avere anche qualche aggiornamento. Quali risorse abbiamo già individuato, sia risorse nazionali che nel PNRR, in particolare per quelle bonifiche di competenza pubblica? Perché, come lei sa benissimo meglio di me, ci sono le bonifiche che stanno in capo ai privati, e pertanto devono anche provvedere con proprie risorse a risolvere l'inquinamento cagionato, mentre abbiamo tanti siti orfani o di competenza squisitamente pubblica. Lì, siccome noi come Stato dobbiamo dare l'esempio, vanno individuate le risorse, perché sennò è troppo semplice chiedere agli altri o applicare il principio di «chi inquina paga» solo nei confronti dei privati. Noi siamo lo Stato, siamo il papà e dobbiamo dare l'esempio. Io le chiedo: quali risorse ha già individuato, sia risorse nazionali che nel PNRR, e in che modo il suo Ministero pensa di affrontare la questione? Intimamente legati alle bonifiche ci sono pure i piani di risanamento ambientali, alcuni dei quali partiti nel lontano 1995 ma che poi si sono persi nelle nebbie, non voglio dire in quali tipi di nebbie, tra cui anche ministeriali. Le chiedo se è possibile avere ulteriori dettagli. Passo ai dragaggi velocemente. Per quanto riguarda i dragaggi, spero che già abbiate iniziato un confronto con il MIMS (Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili), cioè con l'ex Mit (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), in quanto la competenza sui dragaggi, e specialmente di determinati porti o anche dragaggi legati a invasi, è legata da un lato alla componente normativa e dall'altro alla tecnologia. State affrontando anche con il supporto di ISPRA la questione legata alle tecnologie per i dragaggi ambientali? Porto ad esempio il progetto delle unità navali della Fincantieri.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Esattamente quello, le avrei risposto subito così.

  PIETRO LOREFICE. Perfetto, bene. Poi acque reflue. In quanto alle acque reflue lei poco fa ha fatto riferimento normativo ai due mila abitanti equivalenti. Io mi permetto di dire che noi abbiamo un problema grande legato alle isole minori, i nostri gioielli di famiglia. Ci sono isolette che hanno 150 abitanti, perciò applicare quelle norme in quei contesti è quanto mai discutibile. Stiamo pensando a un piano straordinario per le isole minori? La depurazione in questi territori, ma anche la gestione impiantistica e il ciclo dei rifiuti, sono intimamente legati. Perciò, se non pensiamo di affrontarlo in maniera unitaria, organica, con un piano per le isole minori, secondo me avremo delle grandi difficoltà a risolvere i problemi. Le potrei fare l'esempio degli sversamenti dell'anno scorso a Linosa, dove anche con i confronti avuti con il NOE, e non solo, emergono i limiti normativi. Però c'è chi gioca sulle norme e in questo caso c'è poco da giocare, perché il turismo è uno dei nostri punti forti. Ultima cosa e chiudo. Per quanto riguarda i rifiuti radioattivi lei ha avuto una sequela di domande, poi andrò anch'io a leggere le risposte. Portali radiometrici, non so se lei conosce la vicenda. Il nostro Stato ha buttato soldi pubblici negli anni e poi, per un conflitto di competenze tra Ministeri, oltre ad avere buttato i soldi pubblici non ha mai attivato i portali radiometrici negli ingressi principali, perciò nei valichi doganali. State affrontando la questione? I portali radiometrici sono uno strumento essenziale. Inoltre, mi permetto di dire e ribadire, ultimamente ci sono stati dei sequestri di materiali ferrosi radioattivi, ma la cosa triste è che noi abbiamo speso soldi pubblici e molti dei portali non funzionano. Anche in altre relazioni di questa Commissione sono emersi più e più volte. Spero che riusciremo assieme a mettere un punto di fine e dare riscontro a queste richieste pregnanti. Mi fermo, grazie.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Grazie, senatore. Rapidissimo, siti orfani. Questa è stata proprio una delle prime misure faro, cioè di quelle di cui vogliamo dare l'esempio, esattamente quello che diceva lei. C'è mezzo miliardo, quindi scegliamo i più importanti. Le dico anche che potrebbero essere Pag. 19persino una soluzione per la localizzazione di grandi impianti rinnovabili. Visto che poi dopo che li hai bonificati in realtà nessuno ci vuole andare, allora forse in certe aree dopo la bonifica possono anche essere nobilitati. Dragaggi. Le avrei risposto che proprio in questi giorni stavo richiedendo a Fincantieri se mi dava qualche informazione in più su queste navi che fanno il dragaggio direttamente in acqua, che quindi hanno un'impronta bassissima dal punto di vista dell'impatto sul fondale. Ho parlato con l'amministratore delegato Gerbono e quindi ora chiederò, ho già chiesto in realtà, di avere informazioni. Potrebbe essere veramente una tecnologia da vedere. Non l'unica, ma sicuramente una delle più promettenti, anche perché è italiana ed è pronta. Isole minori. Accolgo la sua domanda con grande piacere. Ho fatto un incontro con il Ministro Gelmini, che ha la responsabilità delle regioni, però ho partecipato anch'io. Ho incontrato tutti i sindaci delle isole; non quelle grandi, proprio quelle che lei chiama minori. Lì abbiamo un programma di 200 milioni sul PNRR, che serve a un approccio totalmente innovativo che è a metà strada fra l'ambientale e l'energetico. Rendere le piccole isole autonome vuol dire generare localmente energia rinnovabile che può essere utilizzata per desalinizzare o depurare. Rendere queste isole molto più pulite, molto più efficaci, è una roba che questo progetto deve fare partire. Le dico anche che, se ci sono queste condizioni, secondo me è più facile anche attrarre investitori con le aste per mettere delle rinnovabili. L'ho detto nell'introduzione quando ho parlato delle isole: io ho mia moglie che è greca, metà della mia famiglia è in Grecia. Quello è un Paese che ha, credo, due mila isole, a partire dagli scogli; però ce ne sono 200, quindi molte più di quante ne abbiamo noi, che sono piccole comunità. Loro hanno creato un'economia intorno a queste piccole isole che è fenomenale, valorizzando questi siti anche dal punto di vista energetico, del rifiuto, tutto quanto. Dobbiamo, secondo me, seguire quell'esperienza che dal punto di vista turistico è il top ed è una delle piccole esperienze in cui turismo e ambiente si parlano moltissimo. È l'inizio. Non dico che bastano 200 milioni, però cominciamo a mettere a bando le idee migliori. Ultimo. Io sono al corrente della questione del problema della radioattività, anche perché con la scusa che è un rifiuto radioattivo sanitario poi ci infilano dentro l'uranio 235 o altro, quindi c'è proprio un problema di grande attenzione a questo tipo di rifiuti radioattivi. Onestamente non sono sul pezzo. La cosa dei portali non la conoscevo, vorrà dire che la mettiamo nella fila di cose che dobbiamo vedere e fare, perché adesso non abbiamo una misura, non è nel radar in questo momento.

  PIETRO LOREFICE. Ministro, mi scuso, solo perché ho dimenticato una cosa che ritengo importante. Nel PNRR sono state calate risorse per 600 milioni per le acque reflue. Io le chiedo: queste risorse verranno date nella disponibilità del commissario Giugni per continuare a lavorare in quelle regioni dove abbiamo procedure di infrazione e grandi criticità? O in che modo pensate di utilizzare queste risorse? Secondo me sono poche rispetto alle esigenze reali, perché 600 milioni non bastano neanche per la Sicilia. Però questo è un mio pensiero.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. A questo, senatore, non le so risponde oggi. Probabilmente le saprò rispondere entro fine mese, perché in questi giorni si sta elaborando intanto la governance centrale, MEF-Palazzo Chigi, e poi si sta elaborando la strategia con cui questi fondi verranno utilizzati. Io nel MITE ho già fatto la struttura. C'è un gruppo di program di 11 persone e poi ci sono, come li chiamo io, i bracci armati, le stazioni appaltanti, che sono per esempio la GSE o ISPRA – questo poi lo vediamo con calma – e abbiamo già identificato più o meno tutti gli asset. Dal mio punto di vista, quello che sarà fondamentale capire è: cosa viene fatto per accordo di programma (per esempio, per certe azioni sulle regioni, titolo V, accordo di programma, abbiamo già parlato con le regioni, loro poi metteranno in atto); cosa viene fatto con bando competitivo Pag. 20 (su alcune linee probabilmente, non essendoci il pubblico coinvolto, è bene fare un bando); cosa può essere fatto con accordi specifici pubblico-privati. In questa discussione stiamo producendo una proposta che intanto faremo vedere al MEF (Ministero dell'Economia e delle Finanze) e poi concorderemo con le regioni. Ieri c'è stata la riunione con tutti gli assessori ambiente di tutte le regioni italiane, abbiamo cominciato a discutere questo. La settimana prima c'era stata con tutti i presidenti delle regioni. Il suo suggerimento del commissario Giugni è molto interessante, potrebbe essere anche quella un'ottima idea. Lavoriamo su questa cosa in questi giorni.

  PRESIDENTE. Senatrice Nugnes.

  PAOLA NUGNES. Grazie, presidente. Grazie, Ministro. Per quanto riguarda le acque reflue, lei ha parlato dell'annoso problema dei depuratori e dei collettamenti urbani, ma molti di questi depuratori ricevono anche le acque delle ASI (arie a sviluppo industriale), che dovrebbero avere, ma non hanno, degli impianti propri. Quando lei giustamente ha fatto riferimento ai metalli pesanti nei fanghi, noi sappiamo, per quanto ci è dato di sapere, che le strutture, da un punto di vista tecnologico di purificazione di questi fanghi, a livello urbano non sono adatte. Anche se hanno la capacità di ricevere per quantitativi, e lo fanno, anche i fanghi che vengono dalle aree industriali, non hanno la capacità tecnologica per individuare questi metalli pesanti. Poiché la finalità di questi fanghi, come lei ha detto, può essere quella di essere una risorsa, e nessuno di noi si augura che vadano in discarica, mi chiedevo se l'ammodernamento tecnologico di questi impianti rientra nel piano. Ci siamo posti il problema che non è solo una questione di collettamenti e di realizzare impianti, ma anche di migliorare le tecnologie per l'intercettazione di questi metalli? Un'altra domanda per quanto riguarda i PFAS, perché lei ha parlato della possibilità di mitigazione. Innanzitutto noi sappiamo che la situazione che è stata denunciata giustamente nel Veneto è una situazione che sicuramente in quell'area è microscopica, ma ci è stato detto che nelle altre regioni non è all'evidenza perché non sono stati ricercati, visto che questi prodotti, questi PFAS, sono in moltissime lavorazioni. La mitigazione può essere fatta a monte della produzione, ma non sempre riesce a valle ad avere il risultato sull'ambiente e sulla salute che ci si augura. Tra l'altro non sono solo i quattro famosissimi, lei lo saprà sicuramente meglio di me, ma sono tanti, tantissimi, migliaia, e quindi è difficile anche intercettarli, monitorarli. La sostituzione è nei programmi, nella valutazione di poter eliminarli a monte? Poi mi perdoni, perché devo aver perso un passaggio, in chiusura, quando parlava delle plastiche biodegradabili e del fatto che non vengono riconosciute come tali in Europa. Mi è sfuggito proprio quello che lei voleva dire, qual è il problema in sé e se come biodegradabili lei valutava compostabili, cioè quelle....

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. No, no, no.

  PAOLA NUGNES. Proprio biodegradabili, quindi che non hanno i tempi... Me lo dica lei.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. No, le rispondo. Ci sono altre domande? No. Vado sinteticamente sulla questione dei perfluorati e delle famiglie PFAS. Secondo me la soluzione non potrà che essere quella che dice lei, cioè che a un certo punto i grandi produttori a livello europeo continentali si mettano d'accordo sul fatto che questa roba si vieta e basta. Parliamoci chiaro, è un problema di costo della manifattura, di identificazione del sostituto. Ci sono degli interessi grossi dal punto di vista industriale, però questa roba si deve eliminare alla radice, come è già successo con altri composti pericolosi. Al momento quello che si può fare è un'opera di prevenzione, sapendo che in alcune linee di produzione si utilizzano e quindi ragionevolmente te le ritrovi all'uscita. Credo che più di quello Pag. 21non possiamo fare. Comunque un'analisi della manifattura già è importante, perché in larga misura tu sai che per certe manifatture questi composti te li devi aspettare. Per quanto riguarda la prima domanda, che era se noi stiamo prevedendo qualcosa per aggiornare le tecnologie, noi abbiamo previsto una misura, nella nostra misura numero 2, quella di transizione ecologica, il pacchetto componente C1, che si chiama «Realizzazione sia di nuovi impianti di gestione sia di ammodernamento degli impianti esistenti», ed è una misura da un miliardo e mezzo. La risposta è sì, e sono convintissimo che sia la strada giusta. Non solo farne nuovi, ma aggiornare quelli che ci sono è veramente fondamentale. Costerebbe molto di più poi far morire quelli vecchi e cambiarli. Quindi la risposta sì. Terza e ultima domanda. Il presupposto della direttiva single-use plastics è un po' particolare, perché parte con la definizione della plastica che dice: «È plastica un polimero che si può riciclare, tutti gli altri polimeri quasi indistintamente, se non li puoi riciclare come si ricicla il PET, non sono considerati plastica e quindi non possono essere utilizzati come single-use». È un po' la premessa che è troppo esclusiva. Le plastiche a cui mi riferisco io in questo momento sono sicuramente composti di nuova generazione, però per esempio sono composti che derivano dal recupero di cellulosa. Tu puoi fare in massa una roba che per il 99 per cento è cellulosa e per una frazione piccolissima è di un altro polimero, casomai un biopolimero. Questa roba secondo la definizione non è riciclabile, però è biodegradabile. Questa qui non la eliminerei. Loro dicono solo fibre naturali, e per fibre naturali intendono il legno. Secondo me, invece di andare a tagliare gli alberi per fare i cucchiaini, ci sono possibilità di fare degli altri composti. Anche a livello sperimentale, ci sono addirittura delle plastiche che vengono dallo scarto della produzione alimentare, dal prezzemolo, dal pomodoro. Se ne fanno 70-80 milioni di tonnellate all'anno di scarto. Quella roba lì la dobbiamo considerare dal punto di vista meccanico come se fosse una plastica, biodegrada come se fosse un pomodoro. Però non è riciclabile, allora come tale non fa parte di quelli che sono fuori. È solo una questione di definizione. Quando l'ho detto a Timmerman lui ha detto: «In effetti ci possiamo pensare». È uscita adesso una frase un po' positiva, poi ne sono uscite altre un po' di chiusura. Noi però abbiamo cominciato a dirlo, mettiamola così.

  PRESIDENTE. Onorevole Vianello.

  GIOVANNI VIANELLO. Grazie, presidente. Ringrazio l'intervento del Ministro, anche per la disponibilità a questo confronto importante con questa prestigiosa Commissione. Vorrei fare il punto sui rifiuti radioattivi nelle more di approfondire quel documento che ci girerete, in merito soprattutto all'importanza dell'emanazione dei decreti ministeriali. Abbiamo oltre 35 decreti ministeriali che devono essere emanati su una materia importantissima, perché potremmo anche costruire il deposito nazionale, ma se non vengono adottati questi decreti non sapremo come portare questi rifiuti in questo luogo. Faccio riferimento soprattutto ad alcune materie che la Commissione Ecomafie ha evidenziato nella propria relazione che è stata approvata qualche settimana fa, quella per esempio sulle sorgenti orfane fondamentale; la questione sulle incertezze nelle autorizzazioni per le realizzazioni di depositi temporanei, anche queste fondamentali; l'aggiornamento nella normativa relativa alle attestazioni formali per la conduzione delle installazioni; l'incertezza nel trattamento dei rifiuti, quando insieme ai rifiuti radioattivi si sono mischiati anche altri elementi pericolosi, quindi caratteristiche chimiche, tossicologiche, persistenti. Abbiamo anche il problema sul trasporto delle materiale radioattive, visto che mancano delle specifiche modalità di applicazione delle disposizioni sui trasporti, e sono fondamentali; e occorrerebbe anche, visto che comunque alcuni di questi decreti ministeriali attendono di essere emanati dal 1995, dalla normativa principale, l'adozione di alcuni provvedimenti per questi momenti temporanei in cui si è ancora scoperti. Perciò io metto in evidenza la necessità di velocizzare. Pag. 22 Queste sono le cose che reputo prioritarie, perché su questa materia, come sappiamo, tutti fanno vinta di niente, poi quando arriva e arrivano periodicamente le soluzioni non si riesce ad approfondire. Ciò anche nella stessa relazione che è stata approvata qui in Ecomafie, ma anche nella mozione che poi è stata approvata alla Camera dei deputati qualche settimana fa. C'è anche un impegno specifico riguardante la Cemerad di Statte, un impianto integrato di rifiuti radioattivi, l'unico in Italia che non è gestito da SOGIN o da un altro ma che è commissariato, che attende di essere bonificato da circa 21 anni. Le operazioni di bonifica sono andate avanti. Gli ultimi 3700 fusti radioattivi sono ancora persistenti. La Cemerad si trova a Taranto, vicino l'Ilva, vicino l'ENI, vicino quel sistema di scarichi imponenti. È a due chilometri da un ospedale. Come ci è stato segnalato e anche come risulta dagli impegni che sono usciti fuori dalle mozioni che abbiamo approvato alla Camera, ma anche dalla relazione Ecomafia descritta, mancano i finanziamenti per finire gli ultimi tre. Su 16 mila fusti sono stati portati la maggior parte. Cira 3 mila ce ne sono lì dentro. È un intervento fondamentale, proprio perché siamo lì lì per chiudere. SOGIN è pronto, il commissario alle bonifiche è pronto. Manca soltanto questo piccolo finanziamento. Vengo al DL «Semplificazioni». Noi abbiamo visto che i reati ambientali sono aumentati nel corso degli anni. Decisamente i dati 2019 dimostrano un 23 per cento in più rispetto al 2018. Come si intende affrontare questo problema, visto che, e l'abbiamo visto anche durante la prima parte dell'emergenza COVID, quando si vanno a semplificare alcune materie, proprio per aiutare anche nella gestione dei rifiuti, tuttavia si aprono degli spiragli che possono favorire attività illecite? Visto questo aumento di segnalazioni e di questi reati ambientali, la mia raccomandazione è di fare molta attenzione a queste semplificazioni, perché molto spesso si cade nell'errore di pensare che una valutazione di impatto ambientale duri molto tempo per la lungaggine burocratica, quando in realtà per chi fa procedimenti amministrativi di questo genere e li segue nel dettaglio, molto spesso si allungano i tempi perché è il proponente che presenta documentazione carente. Per cui, ogni volta che si richiede di integrare nuova documentazione, i tempi si allungano successivamente perché si riparte con le conferenze. Se si pone un punto chiaro dicendo che se il proponente presenta documentazione carente allora finisce lì la pratica, la via è già finita e i tempi li abbiamo risparmiati, senza andare a snaturare continuamente la via. L'ultimo decreto «Semplificazione» è stato a settembre, ora ne stiamo facendo un altro. Ogni Governo ne sta facendo uno. Stiamo praticamente pensando che la via, invece che tutelare l'ambiente, diventa un ostacolo. Allora forse poi usciamo dalla logica della valutazione dell'impatto ambientale. Una seria riflessione auspico che venga fatta, anche in seno al Parlamento. Un altro tema fondamentale, e io sono di Taranto, come penso si sia capito, è la questione Ilva. Generalmente uno fa un decreto-legge per risolvere un problema. Sull'Ilva sono stati fatti negli ultimi otto anni dodici decreti legge. Non si è risolto il problema. Si è, anzi, evidenziato che le patologie aumentano nonostante la produzione sia dimezzata. La soluzione individuata dal Governo precedente e anche da questo è quella di investire miliardi per una parte di procedimento da cambiare, mentre la parte più rilevante – parliamo di oltre 6 milioni di tonnellate – rimarrà con gli altoforni, mentre solo due saranno a forni elettrici con preridotto. Per cui la questione ambientale continua a essere un problema lì per Taranto. Allora mi domando e le domando, Ministro: visto che per i siti analoghi di Genova e Trieste la soluzione per conciliare l'occupazione, il problema dei redditi e l'ambiente è stata quella della chiusura dell'area a caldo, per quale motivo questa azione non viene intrapresa anche per Taranto? Un altro punto che vorrei evidenziare in questa Commissione è sulle questioni delle trivellazioni. Avrà sicuramente sentito, questa mattina o ieri sera, dell'ultimo rapporto dell'Agenzia internazionale dell'energia, che è un apparato dell'OCSE, in cui pone delle forti criticità Pag. 23 sulle fonti fossili, sul CCS, e addirittura indica che al 2035 dovrebbe smettere in Europa la vendita di auto che funzionano con combustibili fossili.

  PRESIDENTE. Stiamo però andando fuori argomento, noi ci occupiamo di rifiuti.

  GIOVANNI VIANELLO. Chiedo scusa, però visto che siamo usciti sulla questione...

  PRESIDENTE. Rubiamo del tempi agli altri, rimaniamo sui nostri temi.

  GIOVANNI VIANELLO. Perfetto. Una semplice domanda è: le blocchiamo queste nuove trivelle? Le nuove, non quelle in essere. L'ultima, compostaggio, biogas e FORSU (Frazione organica del rifiuto solido urbano), con cui chiudo questo mio intervento, è che nel PNRR come ben detto ci sono circa un miliardo e mezzo per i nuovi impianti, mentre altri due miliardi sono per il biogas. Siamo pienamente d'accordo con quello che lei ha esposto prima, quando diceva che è ovvio che è una piccola azienda con i propri sottoprodotti, che può produrre energia e quindi essere autosufficiente. Ben venga. Tuttavia, quando invece si tratta di impianti che trattano matrice organica da rifiuto, da FORSU, la questione è differente, perché subito dopo l'annuncio del PNRR noi stiamo verificando sui territori una notevole richiesta di impianti di gestione anerobica per produzione per biogas anche dove ci sono già altri impianti. Senza una pianificazione, si corre il rischio di un far west e di concentrare in punti che non servono degli impianti lasciando scoperti, invece, altri territori che ne hanno bisogno. Nella fattispecie poi abbiamo un problema sul biogas, sugli impianti anerobici, per il trattamento delle plastiche biodegradabili. Il ciclo di digestione anerobica non riesce a compostare la bioplastica, ed è un problema. Per cui, quello che può essere un nuovo mercato, quello delle bioplastiche in sostituzione delle plastiche, non riusciamo ad attuarlo perché rimarrà un rifiuto, visto che trattandolo nei biodigestori non si composta nulla. Quindi le aziende hanno speso ulteriori soldi per pulire quel compost, altrimenti ha un'impunità che non è assolutamente vendibile, oltre al fatto che dietro questi impianti di biogas molto spesso non tutti gli imprenditori sono onesti. Alcuni, come l'inchiesta di Fanpage o di Report, ci hanno messo in evidenza che utilizzano questo tipo di impianti per prendere incentivi pubblici, visto che sono economicamente insostenibili e si mantengono soltanto con gli incentivi pubblici. Così viene meno la qualità del composto in uscita, e quindi poi ne perde tutto il processo di economia circolare anche sull'agricoltura. Anche su questo le chiederei di approfondire, magari insieme al Parlamento, la materia sugli impianti da FORSU. Grazie.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Per quanto riguarda le interessanti cose che mi ha detto sul residuo radioattivo, noi francamente non abbiamo avuto proprio possibilità e tempo di lavorarci. Proprio perché mi ha detto quelle cose, mi farebbe comodo avere la lista. Dobbiamo mettere in agenda di lavorare su questo, deve essere molto chiaro. Io non so quanto ci sarò ancora, ma per quel poco che ci sarò mi piacerebbe almeno mettere a pacchetto queste cose e lasciare una testimonianza. A me non piace sapere che ci sono dei fusti con liquidi radioattivi che sono da 60 anni su una falda acquifera con delle saldature fatte non in TIG (Tungsten Inert Gas) ma in ambiente d'ossigeno, che ovviamente dopo 60 anni forse non sono solide. Sono il primo a voler dare un contributo in questa direzione. Ci lavoriamo appena possibile. Tutti i contributi informativi sono utili. Per esempio, questa cosa di 25 anni fa non la sapevo, quindi bene. Per quanto riguarda la VIA non ho capito a chi ti riferissi. Chi è che vuole eliminare la VIA? Io non di sicuro. Nessuno vuole eliminare la VIA.

  GIOVANNI VIANELLO. Mi riferivo all'eccessiva semplificazione.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Allora è un altro discorso, Pag. 24 perché avevo capito che eliminare la VIA è pericoloso. Il punto è che secondo me bisogna finirla con le prescrizioni, che sono una presa in giro. Che io ti do la prescrizione prima, oppure ancora peggio, che tu mi mandi la roba e poi ti aiuto a farla... Tu fai una bella proposta, dopodiché però la VIA deve avere tempi certi. Soprattutto, io vorrei che la Commissione VIA fosse composta da gente che lavora sette giorni alla settimana, non da gente che lavora un giorno alla settimana. Quelle sono le semplificazioni, secondo me. Hai 40 esperti che lavorano dal lunedì al sabato, non che ne hai 20 che lavorano un giorno alla settimana. Per quanto siano bravi, il numero di ore è quello. Poi c'è anche un altro punto. Io ragiono sempre ed esclusivamente in buona fede. Non riesco a pensare a un Paese che legifera in funzione della patologia. È come se io comprandomi casa la costruissi pensando che sono senza gambe, cieco, eccetera. Facciamo le cose giuste. In un momento di assoluta buona fede io non devo pensare di fare le regole perché ci sono gli imbroglioni, ma devo pensare di fare le regole perché siano efficaci. Che la VIA duri in media mille giorni non è accettabile, tanto quanto non è accettabile che ci siano i furbi. Bisogna trovare un compromesso. Comunque il messaggio è recepito, però la sintesi che volevo fare era questa. Trivellazioni. Dal mio punto di vista le trivellazioni nuove sono assolutamente impossibili in questo momento, tanto c'è una legge che le blocca. Mi è arrivato il discorso trivelle, che non sapevo nemmeno cosa fossero un altro po'. Ho detto: mi sembra strano, per essere arrivato adesso in questo mondo, che c'è un piano che si chiama PITESAI (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee), che era stato indetto nel 2018 e nel 2021 ancora non c'era. È chiaro che, se questo piano doveva regolare queste cose, non essendoci non consentiva di regolarle. Allora ho detto: sincronizziamo. Oggi sappiamo che il 30 settembre è dovuto, posso anche preannunciare che il 30 settembre abbiamo fatto uno sforzo molto grosso. Ovviamente andrà alla Conferenza Stato-regioni, però il 30 settembre ci sta. Quindi speriamo di poter riallineare tutto quanto. Ilva. Adesso francamente la storia dell'Ilva non la conosco, neanche quella di Genova, anche se vivevo a Genova. Secondo me, se si vuole salvare la macchina grande, o si passa subito a elettrico (...) e gas, e quindi si prepara la transizione a idrogeno, oppure quella macchina lì non può continuare a esistere perché usa troppo carbone. Qualunque altra considerazione più di sistema io sono più che disponibile ad ascoltarla, però capisci pure che non dipende da me. Io come sono arrivato ho detto: se lo elettrifichiamo, questo non può nemmeno accendersi. È chiaro che se c'è una scelta più di principio, più ampia, io non posso che collaborare e adeguarmi. Sui compostabili poi ti rispondo in un altro momento.

  PRESIDENTE. Onorevole Braga.

  CHIARA BRAGA. Grazie, presidente. Ministro, grazie della relazione. Noi non le possiamo chiedere conto sul passato, però le possiamo chiedere conto su alcune indicazioni, sulle linee del suo mandato, sulle materie di competenza di questa Commissione che, lo ricordo per inciso a me stessa ma anche a tutti noi, è una Commissione d'inchiesta, non è la III Commissione Ambiente in cui le possiamo chiedere qualunque cosa; forse qualcuno l'ha intesa in questo senso. Questo ci ha impedito, forse, anche di focalizzarci a partire da alcune risposte alle domande che lei ha citato che non conoscevamo. Noi avevamo un'altra traccia di questa audizione, ma cerchiamo di recuperare. Io mi concentro su alcuni temi strettamente di competenza della Commissione d'inchiesta e su alcuni filoni di indagine che noi abbiamo sviluppato in questi anni, in questi mesi, su cui mi interessa capire qual è il suo orientamento. Il primo è il tema delle bonifiche. Le è stata sicuramente trasmessa la relazione sulle bonifiche redatta nella scorsa legislatura. Vorrei capire se ha maturato un'opinione su quelle che sono le priorità di intervento per accelerare i processi di bonifica, e restituzione in particolare, dei siti di interesse nazionale. Del tema degli incendi ha Pag. 25parlato. Volevo un chiarimento sui tempi di emanazione dei decreti attuativi della legge n. 132, sul sistema delle agenzie, che sono condizione essenziale a partire dal Regolamento Ispettori e molte altre questioni per completare il quadro degli strumenti di prevenzione e anche di ripristino dello stato ambientale. Il terzo riguarda le garanzie finanziarie, perché su questo punto è stata prodotta una relazione. Vorremmo capire se ha avuto modo di avere delle valutazioni e manifestare degli orientamenti su quello che può essere il supporto che viene dal nostro Paese anche all'evoluzione del quadro normativo europeo. Poi c'è il quarto, il tema della legge n. 68, quella sui delitti ambientali. Come lei sa, il Ministero a cui è subentrato aveva elaborato in passato delle proposte di modifica di riforma della legge n. 68. Vorremmo capire se questa è una priorità sua, come intende sviluppare il monitoraggio in concerto con il Ministero della Giustizia, e una cosa molto specifica, ma che abbiamo incrociato molto spesso nei nostri lavori parlamentari, sulla destinazione delle somme introitate in merito alle prescrizioni del titolo VI-bis del Testo unico ambientale, che è una questione molto dibattuta in questa Commissione. Velocissimamente, sui PFAS le chiedo invece se ha qualche indicazione più precisa sui tempi di emanazione dei limiti allo scarico nelle acque di falde e nei terreni, perché noi abbiamo prodotto diverse relazioni in questa Commissione sui PFAS, che credo avrà potuto vedere. Mi pare che il nodo ormai sia soprattutto questo, cioè la fissazione dei limiti. L'ultimo è sulle acque reflue. Lei ha già dato alcune indicazioni. C'è il tema del Regolamento dei fanghi. Le chiedo se abbiamo notizie, anche se è una questione che riguarda anche altri Ministeri, sui tempi di emanazione di questo Regolamento per risolvere in via definitiva la questione sia di rilevanza ambientale della presenza degli idrocarburi nei fanghi di depurazione, sia dell'uso e dello spandimento in agricoltura di questi fanghi, che penso siano le due questioni più rilevanti di interesse anche della Commissione. Grazie.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Alle prime domande non ci siamo arrivati oggi, ma a pagina 37, 38 e 39 ci sono queste risposte che ora vi faccio avere, in particolare le garanzie finanziarie e poi la 68 sugli ecoreati. Ci sono altre domande alle quali abbiamo cercato di dare una risposta, non proprio breve. Dopodiché a questo punto farei questa proposta: facciamo avere tutto quanto a strettissimo giro, nei prossimi due giorni vi mandiamo tutto. C'è anche un documento un po' più ampio che descrive per lo meno gli indirizzi che penseremmo di dare, però devo dirvi che non è ancora una fase assolutamente chiara su cui possiamo dire: «Vogliamo fare così, così». Alcune di queste cose le abbiamo cominciate a guardare quando ci sono arrivati i 51 quesiti. Quindi ti mando tutto quello che abbiamo.

  CHIARA BRAGA. Non la prendo come una questione personale, però prendo atto del fatto che nessuna delle domande abbia una risposta in Commissione.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Le vediamo subito, quelle che sono qui le vediamo. Con un po' di pazienza ci sarei arrivato. Purtroppo con il tempo che mi è stato dato non potevo andare a fondo su tutto. Comincio con quella a pagina 37 sul settore garanzie finanziarie. La domanda era: «In merito alle conclusioni della relazione approvata dalla XVIII legislatura, quale delle indicazione della Commissione il MITE intende attuare anche in relazione a livello normativo Ue?» Nelle conclusioni che sono contenute nel rapporto della Commissione relativamente alle garanzie finanziarie nel settore delle discariche, vengono riscontrate criticità con riferimento alle imprese scelte quali soggetti garanti. In particolare ci sono dei dubbi circa l'effettiva solvibilità non sottoposta a verifica effettiva delle imprese di altri Paesi Ue o Paesi esteri che rilasciano le garanzie. Inoltre, nel mercato delle garanzie finanziarie per le discariche viene riscontrato un preponderante uso di polizze assicurative a fronte di un limitatissimo ricorso alle fideiussioni bancarie e alle cauzioni. Al fine di affrontare queste incertezze, la stessa Commissione aveva Pag. 26proposto di intervenire normativamente per riportare la materia allo Stato, in coerenza con le norme sovranazionali sulle discariche e con una serie di misure quali maggiore concorrenza, forme univoche dei contratti di garanzia, possibilità per il sistema di protezione ambientale di dotarsi di strumenti informativi che potessero avere una circolarità delle informazioni, banche date coordinate, controlli e monitoraggi meno cartolari. Nel quadro amministrativo un po' più ampio di modifica normativa per regolatore le procedure di prevenzione, trattamento e repressione del danno ambientale, il Ministero ha tra le sue priorità la modifica dell'attuale sistema delle garanzie fideiussorie, rientrando tra le competenze legislative esclusive dello Stato la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche finanziarie per l'esercizio dell'attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie in favore delle regioni. Questa è la risposta al quesito finanziario. Non so se soddisfa, però al momento sembrava la cosa che potevamo fare.
  Dopodiché vado avanti, se posso. Sulla legge n. 68/2015 il precedente Governo aveva attivato tavoli tecnici. Il MITE ha in previsione nuove forme di monitoraggio e consultazione. Si chiede se questo avverrà di concerto con il Ministero della giustizia. Qui abbiamo un combinato di tre risposte sui tre quesiti. Il primo è che i tavoli tecnici che sono istituiti dal precedente Governo avevano portato alla redazione di uno schema di disegno di legge governativo redatto dal MITE in collaborazione, per gli aspetti di competenza, con il Ministero della Giustizia. Questo disegno di legge non ha visto la luce, ma è auspicabile che anche su iniziative parlamentari possano essere previste e dedotte in specifici atti normativi le forme di monitoraggio e di consultazione, conformi a ulteriori consultazioni, in collaborazione con il Ministero della Giustizia, anche eventualmente a mezzo di ripresa del predetto disegno di legge. Io da questo punto di vista credo che noi possiamo fare poco. Se si riapre la discussione su questo provvedimento, benissimo. La seconda domanda era: per quanto riguarda gli interventi di immediata efficacia, il MITE ha valutato la destinazione delle somme introitate dai procedimenti delle prescrizioni di cui al Titolo VI-bis del Testo unico dell'ambiente. Si vuole sapere la destinazione. La destinazione delle somme derivanti dal procedimento di verifica delle prescrizioni impartite dagli organi competenti per eliminare le contravvenzioni accertate è una materia importante per il sistema nazionale e per la protezione dell'ambiente. Nel silenzio della legge, su questo punto l'ISPRA ha evidenziato l'opportunità di prevedere che le somme derivanti dell'applicazione dell'articolo n. 318-quater del Codice dell'ambiente, concernente la verifica dell'adempimento delle prescrizioni, siano introitate direttamente dalle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente che abbiano agito in qualità di organo accertatore. Le agenzie regionali e provinciali dovrebbero destinare obbligatoriamente tali entrate al finanziamento di attività di vigilanza e controllo ambientale di propria competenza. Peraltro segnalavamo che, su indicazione delle procure competenti sui territori, alcune agenzie hanno già raccolto questi proventi, accertando l'entrata su voci di bilancio al momento vincolati in attesa di decisioni normative. Era quello che avevo detto in maniera un po' rapida a un uno dei colleghi. Avevo detto che la direzione che prediligeremo è di rigirarle sulle agenzie. La terza era: «Come intende intervenire il MITE e con quale metodologia sul codice ambientale?» La nostra risposta in questo caso è che il MITE ha avviato delle proposte operative di revisione del codice ambientale. Una prima ipotesi di riforma concerne la semplificazione di procedimenti di valutazione di impatto ambientale, con particolare riguardo alla realizzazione degli interventi compresi nel PNRR, al fine di assicurare tempestiva realizzazione, pur nella piena garanzia delle esigenze di tutela ambientale di cui discutevamo pocanzi con te. Una seconda ipotesi di riforma attiene all'istituto della cessazione della qualifica di rifiuto, nell'obiettivo di semplificare il procedimento di controllo sulle autorizzazioni regionali caso per caso, attualmente disciplinato Pag. 27 dall'articolo n. 184-ter del decreto legislativo n. 152/2006. Questo poi era il piccolo volumetto che la nostra struttura aveva proposto per cominciare ad affrontare questi problemi che, come ti dicevo prima, pensavamo di mandarvi per una prima lettura. Tieni conto che avendo ricevuto 51-52 quesiti abbiamo provato a metterli in fila; adesso tu mi hai chiesto 37, 38, 39 e 40, sono andato a ritrovarli e ho provato a rispondere. Poi siamo aperti a qualunque ulteriormente discussione, però questi documenti ve li mandiamo. Oggi abbiamo preso nota di tutte le domande, implementiamo le ultime cose che ci avete chiesto e le distribuiamo.

  PRESIDENTE. Onorevole Muroni.

  ROSSELLA MURONI. Buonasera. Cerco di andare nel merito delle questioni attenendomi alla natura della Commissione che la ospita, signor Ministro. Attendiamo con impazienza il documento che ha provato a leggerci fino alla fine, perché mi sembra che dietro ci siano tante risposte. Spero di non andare a sovrappormi in cose che doveva ancora dirci. Io ho quattro questioni. La prima riguarda i controlli pubblici e il potenziamento del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente. È un tema importantissimo per questa Commissione. In particolare le chiedo notizie sul finanziamento e sulle risorse messe a disposizione per il completamento del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, anche perché mancano ancora molti dei Regolamenti di attuazione che rendano il Sistema davvero equiparabile in tutte le regioni, e in particolare qual è il rapporto tra Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente e il nuovo Sistema nazionale prevenzione, salute e ambiente e clima previsto nel PNRR. Le volevo poi fare una domanda relativa al decreto «Semplificazioni» per la transizione ecologica, laddove nelle bozze che girano è previsto l'articolo 14, sostanzialmente lo spostamento della competenza del collegamento dei carabinieri forestali dal MIPAAF (Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali) al MITE. Le chiedo se su questo c'è una visione complessiva del tipo di raccordo anche con il Sistema nazionale di protezione dell'ambiente, perché come ci si può rendere conto l'azione portata avanti di prevenzione, di controllo e di repressione di questo Sistema è fondamentale. Ci potrebbe essere una sinergia sempre più forte e fattiva tra i due istituti.
  Il numero 3 riguarda la partita dei rifiuti nucleari. Io sono stata relatrice dell'indagine conoscitiva che questa Commissione ha messo a disposizione del Parlamento. Speriamo di portarla presto in Aula, perché è molto legata a tutto il processo che stiamo facendo sulla CANPI (Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee) e sull'individuazione del deposito nucleare, però noi abbiamo – lei li ha ricordati – i limiti dei risultanti raggiunti, un tema enorme sul decommissioning nucleare. Su questo recentemente le ho presentato un'interrogazione parlamentare, in particolare sul ritrovamento di 300 chilogrammi di uranio arricchito nel sito di Bosco Marengo, un sito che stando alle carte addirittura si stava avvicinando al brown field. Al netto di tutti i ritardi che anche lei ha ricordato, le chiedo se anche qui, sul fronte delle semplificazioni e dei cambi di passo che vogliamo mettere in campo, c'è una riflessione sugli iter autorizzativi, sulla loro difficoltà, che la SOGIN continua a portare anche nelle audizioni che ha fatto con noi come vero elemento critico. Sulla SOGIN e i suoi ritardi io lavoro da quando sono parlamentare, però mi voglio fare carico di questa loro segnalazione e capire il Ministero su questo che intenzioni ha. Il quarto punto è sui PFAS. Lo ricordava benissimo la collega Braga: il tema dei limiti ormai è diventato direi esiziale. Io le segnalo anche qui una mia interrogazione su un particolare tipo di PFAS, il CC6O4, su cui la Solvay ha intimato ai distributori di non fornire il materiale di riferimento certificato, che è quello che serve per fare i rilievi e i controlli. È una vicenda abbastanza inquietante. Adesso immagino che non mi può rispondere nel merito, però siccome ci deve mandare la documentazione magari su questo le chiedo un approfondimento. Grazie.

Pag. 28

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Per quanto riguarda la domanda relativa ai rapporti fra i Ministeri e l'eventuale passaggio – semplifico nel mio linguaggio un po' preciso – del controllo della parte NOE dell'Arma dei carabinieri sotto il MITE al cento per cento, vorrei chiarire sia la posizione del Ministero sia come è nata la cosa. Attualmente i reparti dell'Arma NOE ed ex forestale lavorano al 90 per cento per supporto alle attività del MITE, soprattutto in ambito di controllo, repressione del reato eccetera. Credo per un 10 per cento attività più correlate al Ministero dell'agricoltura. Questo è quello che mi hanno detto loro. Qualche settimana fa abbiamo ricevuto questa richiesta da parte del capo dell'Arma e di altre entità, che ci manifestavano l'interesse a passare sotto il controllo del MITE. Io devo dire la verità, dal mio punto di vista sono neutro su questa cosa. L'importante è che i carabinieri e l'ex Nucleo forestale, che adesso è parte sempre dei Carabinieri, possano continuare a prestare il loro eccellente servizio in termini di controllo del territorio. Quando mi fu prospettata questa eventualità, alla quale io ho detto che a noi ci cambia in realtà nulla, mi fu detto che c'era un accordo generalizzato e quindi che la cosa era priva di attriti. A quanto pare, in tempi recenti questo accordo è venuto meno. Adesso non conosco la storia, so che è stata accorpata la forestale nei carabinieri e probabilmente questo accorpamento, per quanto sia assolutamente effettivo, dopo 4 anni ancora non ha messo d'accordo le parti. Qualcuno non l'ha accettato, sono cambiate alcune posizioni. C'è chi preferirebbe che questa cosa non avvenisse. La posizione del MITE è assolutamente neutrale da questo punto di vista. A me serve il servizio che può garantire l'Arma ai fini delle nostre indagini, del nostro controllo costante del territorio. Se poi sono mutate le condizioni politiche per cui questa cosa avvenga, io ne prendo atto con la massima serenità; per noi non cambia nulla. Non vorrei assolutamente essere frainteso, ma sia che si trovi sotto il controllo di un Ministero che dall'altro io so che l'Arma continua a fare il suo lavoro capillare sul territorio. Non vedo dove sia il problema, almeno da parte nostra. Vorrei che questo fosse messo molto in chiaro. Poi mi hanno detto che ci sono delle questioni che riguardano la storia dei due Corpi. Ovviamente per alcuni la decisione ormai è definitiva, per altri no. Ne ho parlato anche con il Ministro Lamorgese, ma ritengo opportuno che il sia il Ministro a esprimere il suo parere e che io non lo riferisca. Per me è assolutamente equivalente. Dopodiché mi hanno chiesto loro di considerarlo uno dei cambiamenti da fare. Se però adesso qualcuno cambia idea, nessun problema. Lo togliamo, punto e basta. Per quanto riguarda i PFAS, adesso mi informerò su questo CC6O4 di cui non conosco la storia dettagliata, ma è evidente che resta chiara la mia posizione. L'ho detta prima: su questi composti c'è bisogno di una normativa chiara, di un'indicazione europea chiara.

  PRESIDENTE. Se posso, perché ci sono alcuni punti che per noi sono fondamentali anche per i nostri lavori. Ci siamo occupati tanto anche nella scorsa legislatura – c'è qui l'onorevole Braga che era Presidente – dei PFAS e continuiamo anche in questa legislatura a occuparcene. Ci siamo occupati anche della Solvay in Piemonte e abbiamo visto che l'autorizzazione è in mano alla provincia. Non avendo ricevuto particolare supporto, secondo come dicono loro, da altre istituzioni, ha preso a modello una bozza di decreto sui limiti dei PFAS al Ministero – non si sa come sia spuntata fuori, l'ha presa ARPA – dove si parla di 500 nanogrammi come limite per il CC6O4. In realtà noi abbiamo i documenti di ISPRA e i documenti dell'Istituto superiore di sanità che parlano chiaro. L'Istituto superiore di sanità parla di 500, ma per la sommatoria di tutti i PFAS, non solo per il C6O4, e ce ne sono tanti di PFAS. Addirittura il documento di ISPRA dice: «I limiti precauzionali allo scarico devono essere pari a zero». Questo per dire che comunque sia serve un'accelerata per cogliere l'occasione per mettere questi limiti, ma anche la bozza precedente secondo noi non rispetta né quello che dice ISPRA né quello che dice l'Istituto superiore di sanità.

Pag. 29

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Ma la bozza precedente è del Ministero dell'ambiente?

  PRESIDENTE. Sì, sì.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. L'andiamo a cercare.

  PRESIDENTE. Su questo noi ci teniamo. Abbiamo sollevato la questione perché secondo noi è importante. È importante mettere i limiti in maniera celere, ma anche mettere dei limiti abbastanza rigidi come ha fatto anche la regione Veneto, però va fatto a livello nazionale.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Presidente, onestamente non capisco come possa il Ministero emettere una bozza con dati diversi da ISPRA, visto che la nostra struttura tecnica è ISPRA. Se ISPRA dà un numero, quel numero è del Ministero. Se il Ministero tira un fuori un numero diverso da quello di Ispra, o non l'ha tirato fuori lui e qualcuno ha detto che era del Ministero o c'è qualcosa che non torna. Le nostre certificazioni e le nostre valutazioni analitiche sono fatte da ISPRA. Se giustamente mi dite che il numero di ISPRA è un numero scientificamente ragionevole, non è possibile che il Ministero non abbia adottato il suo numero.

  PRESIDENTE. Fatto sta che hanno preso come limite...

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Ci informiamo.

  PRESIDENTE. Scusi se ho interrotto.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. No, no, approfitto del fatto che ci sono qua anche i colleghi. Qualcuno si è inventato un numero senza avere preso il numero di ISPRA. Sarebbe veramente grave. Verifichiamo e grazie per la precisazione. Questo era il quesito di pagina 27, su cui spero almeno di poter impostare una parte della risposta. Il quesito era: quali sono le linee programmatiche del MITE per l'attuazione della legge n. 132/2016, legge istitutiva dell'SNPA (Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente)? Spero che sia questa la domanda a cui si riferiva la senatrice. L'attuazione della n. 132/2016 è parte integrante delle direttive annuali e pluriennali impartite dal Ministero all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, emanate per l'anno 2021 dal precedente Governo. La legge prevede una serie di adempimenti attuativi in capo al MITE, il cui stato di avanzato è riassunto in questo modo. Numero 1, emanazione del Regolamento sulle attività ispettive. Con questo Regolamento si stabiliscono le modalità di individuazione del personale incaricato degli interventi ispettivi nell'ambito del Sistema nazionale, il relativo codice etico, le competenze del personale e i criteri generali per lo svolgimento delle attività ispettive, incluse le misure per garantire la terzietà dell'intervento, nonché l'individuazione delle modalità per la segnalazione di illecito ambientale da parte di enti e cittadini. Il Regolamento è emanato con DPR sulla base dello schema predisposto dell'ISPRA, con il contributo delle agenzie su proposta del MITE, di concerto con il MEF, previa intesa in sede di conferenza Stato-regioni. L'ultima versione dello schema di Regolamento è stata predisposta dall'ISPRA tenendo conto di alcune pronunce del Consiglio di Stato intervenute nel corso del 2020, ed è pervenuta al MITE nello scorso mese di dicembre. L'adozione del predetto schema di Regolamento riveste rilievo soprattutto per le possibili conseguenze in termini di sindacabilità delle ispezioni ordinariamente svolte, aggiungendosi questa problematica alle complicazioni derivanti dalla mancata chiarificazione normativa del ruolo degli ordini professionali in relazione alle attività di controllo ambientale. Sul tema, un ulteriore punto critico è rappresentato dalla clausola di invarianza delle risorse umane e di neutralità finanziaria presente nell'articolo 14 della n. 132. Punto 2, adozione del DPCM sui livelli essenziali delle prestazione tecniche ambientali, i cosiddetti LEPTA. Tale DPCM è di fondamentale Pag. 30 importanza in quanto volto a definire le prestazioni essenziali che dovranno essere garantite in modo omogeneo dalle agenzie ambientali su tutto il territorio nazionale. Esso stabilisce, altresì, i criteri di finanziamento per il raggiungimento dei LEPTA e il catalogo nazionale dei servizi, che definisce gli aspetti organizzativi gestionali e finanziari riferibili a costi standard per tipologia di prestazione. L'iter di adozione del DPCM è in corso. In particolare la relativa bozza, definita di concerto con gli uffici del MITE, è stata approvata formalmente il 21 dicembre del 2020 dal Consiglio del Sistema nazionale a rete per la protezione ambientale. Punto 3, emanazione del DPR sull'abrogazione delle norme incompatibili con la legge n. 132/2016. Al riguardo ISPRA ha trasmesso al Ministero, il 2 febbraio 2017, un contributo del Consiglio SNPA che individuava le norme incompatibili.
  Punto 4, decreto del Ministro della transizione ecologica di approvazione delle tariffe nazionali a carico dei gestori, per le spese relative al rilascio dei pareri sulle domande di autorizzazione ambientale e allo svolgimento dei successivi controlli programmati su impianti e opere, nonché sulle spese relative alle convalide delle indagini analitiche prodotte dai soggetti tenuti alle procedure di bonifica e di messa in sicurezza dei siti inquinati. Tale decreto allo stato non è stato ancora emanato, così come il relativo decreto MITE-MEF previa intesa con la Conferenza Stato-regioni di assegnazioni dei relativi introiti alle agenzie. Questo, secondo me, spero almeno in parte, risponde. Alcune cose sono fatte. A questo punto, soprattutto sul punto 4, probabilmente dovremo accelerare e lo faremo il prima possibile. Non so se risponde almeno in parte al quesito che facevi su SNPA.

  ROSSELLA MURONI. Sì, Ministro. Grazie.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Grazie a te.

  ROSSELLA MURONI. Mi scusi, sui rifiuti radioattivi. Vi ho raccontato la vicenda di Bosco Marengo. Naturalmente quella va di nuovo approfondita.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. La vicenda me la ricordo. Qual era la domanda?

  ROSSELLA MURONI. Sugli iter autorizzativi, se state valutando anche il tema degli iter autorizzativi che viene usato come elemento di giustificazione sui ritardi da parte di SOGIN.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Rossella, onestamente l'audizione di SOGIN c'è stata la settimana scorsa. A tutto il pacchetto in questo momento ci stiamo lavorando. Se ti dicessi ora che abbiamo messo giù qualcosa per iscritto no, però dopo l'audizione ci siamo chiariti diversi punti e, devo dire la verità, trovo la questione del rifiuto radioattivo, in particolare della gestione eccetera, abbastanza complessa. Non ti nascondo anche una certa preoccupazione. Dobbiamo rifletterci molto bene e fare un buon lavoro. In questo momento non ho una novità specifica.

  ROSSELLA MURONI. Sì, anche perché – mi scusi, dico solo una frase – è evidente che se noi partiamo con un processo per individuare il deposito nazionale e abbiamo alle spalle questo tipo di performance, il tutto ha un elemento di non credibilità e richiamo veramente grosso.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Sì, è quanto cercavo di dire prima quando parlavo rapidissimamente della storia costi, personale, raggiungimento degli obiettivi. A forza di rimandarli per 20 anni, è chiaro che uno stenta a credere. È una questione un po' delicata indubbiamente, però ci stiamo lavorando.

  PRESIDENTE. Onorevole Zolezzi.

  ALBERTO ZOLEZZI. Grazie, presidente. Grazie, Ministro. Io le porto una serie di spunti con volontà assolutamente costruttiva. Non pretendo di dire delle cose corretto, però le espongo una serie di dati che Pag. 31penso potranno essere utili proprio per chiarirli. Mi risulta che la nuova Commissione VIA abbia prodotto circa cento pareri che non sono neppure stati decretati ancora tra la VIA e le verifiche. Io partecipai a una conferenza stampa del 2017 sulla vecchia Commissione VIA, dove davvero si verificavano assenze e pesanti conflitti di interesse. La Commissione VIA attuale sembra essere stata scelta almeno per indipendenza e competenza. Forse con una sottocommissione si potrebbe portare avanti il PNRR senza, magari, perdere altro tempo a creare una Commissione parallela con rischio di contenziosi e ricorsi per disparità di trattamento. La ringrazio poi per avere citato la piattaforma del Fosforo. Il tema dei fanghi di depurazione è molto spesso all'attenzione di questa Commissione. Ricordo che il fosforo può essere anche recuperato chimicamente, senza combustioni varie, o può essere recuperato direttamente con fanghi di buona qualità al suolo, se a monte i reflui sono civili e se c'è un campionamento, controllo e tracciabilità. Questo fa parte della finalità di questa Commissione, e credo anche del Ministero, di migliorare i limiti planetari, l'adeguamento dell'Italia alle direttive europee e migliorare lo stato ambientale nazionale a partire dalle zone in infrazione. Per quanto riguarda i fanghi, è necessario cercare di dare tracciabilità. Il 95 per cento dei fanghi di depurazione italiano è trasformato in correttivi, spesso in maniera strumentale proprio per perdere la tracciabilità. La prima indagine di cui ci siamo occupati nella scorsa legislatura riguardava i quattro morti alla Coimpo di Adria, dove un processo sbagliato di recupero dei fanghi ha creato delle nubi tossiche. Il tema dei gessi e tracciabilità è un tema che abbiamo sottoposto anche al Ministero dell'Agricoltura, è una cosa sempre più urgente. Un altro tema è quello delle fonti di energie etiche rinnovabili. Ricordo in interrogatori della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, febbraio e gennaio del 2021, la richiesta vera e propria forte di alcuni mafiosi di incentivi al biometano. È chiaro che non è che se un mafioso chiede una cosa questa cosa non vada bene, però è chiaro che ci vorrà una certa attenzione in più quando si vede che ci sono attenzioni così patologiche. Il tema della digestione anerobica noi l'affrontiamo anche sul discorso bioplastiche. Ci risultano grosse criticità a recuperare bioplastica quando si vuole fare digestione anerobica. Ci risulta che ci sia un recupero energetico netto inferiore a uno. Vuol dire che spreca energia se la filiera di approvvigionamenti è inferiore ai 15 chilometri, e gli incentivi in cui si fa riferimento anche nel PNRR – ci è stato confermato dai NOE in audizione – potrebbero essere appetibili anche per la criminalità organizzata. Mettere qualche paletto sulla filiera potrebbe essere l'arma per avere una sostenibilità di gestione, anche perché ci sono impianti di compostaggio primario che fanno solo compostaggio, che è una filiera ottimale; vedi i vini di Valpolicella. Con la filiera degli impianti di compostaggio di Calcinate non si può fare vino con i fanghi ammendanti, i compostati con fanghi o altre cose. Anche nelle bozze del decreto «Semplificazioni» che sono andate sulla stampa, ISPRA è comunque un ente terzo importante. Passare personale in maniera, magari, non regolarmente coordinata rischia di indebolire. Avere un controllore terzo è importante anche per questa Commissione. ISPRA è quella che ci dice che esistono 5 milioni di tonnellate di capacità residue degli inceneritori italiani, e quest'anno nel 2020 sono anche aumentati perché sono stati ridotti i rifiuti. Ci dà anche qualche stimolo su come gestire i rifiuti sugli impianti semplici, che costano anche meno. Di sicuro la gestione rifiuti non può essere scollegata dallo stato ambientale. Se superi del particolato, ossidi di azoto, precursori dell'ozono, pensare a fare bioenergie in zone che sono già in lockdown ambientale... perché abbiamo l'ozono che è sempre in peggioramento in alcune zone, in particolare nella Pianura Padana, dove le persone se non devono a stare a casa per il Coronavirus ci devono stare quando c'è l'ozono sopra 180, impianti a biogas, e mettono molti più precursori dell'ozono rispetto ai turbogas. Comunque anche nel biometano ci sono combustioni, perdite e quant'altro. Per quando riguarda Pag. 32l'end of waste ci siamo occupati di falso riciclo. Devo dire che il Ministero inteso non come Ministro, con i decreti sui prodotti assorbenti, carta, spazzamento strade, pneumatici fuori uso, credo abbia fatto un grande lavoro, un lavoro preciso che garantisce concorrenza. La bozza che abbiamo visto di semplificazione su caso per caso rischia di lasciare a ISPRA sì la possibilità di guardare le autorizzazioni, ma poi non c'è più lo strumento di cassarle apparentemente, da quello che abbiamo interpretato. Per cui attenzione, perché è stato un testo studiato proprio per spingere il Ministero a scrivere i decreti sui singoli flussi, i decreti end of waste. E nei casi eccezionali in cui c'è qualche flusso negativo, qualche azienda innovativa, comunque con il controllo di ISPRA possono essere autorizzate caso per caso. Per quanto riguarda i PFAS, anch'io ne voglio parlare. La prima cosa è questa: oggi mentre siamo qui che parliamo c'è un'azienda, che è la Solvay di Spinetta Marengo, che ha chiesto di produrre 60 tonnellate di PFAS in un anno. Prima la Solvay non aveva nessuna autorizzazione a produrli. Ne utilizzava un po' provenienti da un'azienda, la Miteni di Trissino, che faceva tutto il processo produttivo di diluizione, che è quello che ha generato la famosa zona rossa dei PFAS. Dopo i danni, dopo le inchieste, dopo i rinvii a giudizio che sono in corso, dopo tutte le fasi processuali a Vicenza, adesso la Solvay chiede di fare lo stesso. È vero che c'è un aspetto normativo di cui il Ministero può dire: «Io sono competente su questo e mi fermo lì», però oggi c'è un ente, che è la provincia di Alessandria, che è competente a dare o non dare l'autorizzazione. La provincia l'ha già data, però è subordinata al parere di ARPA Piemonte, che può bloccare questa autorizzazione sulla base della valutazione del cronoprogramma dell'azienda in merito alla filtrazione agli scarichi. In questo momento c'è un elemento cogente e urgente di normare questi scarichi, ma probabilmente anche solo di dire cosa si pensa. Negli Stati Uniti, Solvay ha annunciato che non produrrà più i PFAS, quindi ci sarà un decommissioning totale di queste sostanze, mentre in Italia pensiamo a buttare 60 tonnellate. Buttare 60 tonnellate con sostanze tossiche nell'ordine dei nanogrammi vuol dire semplicemente far superare i 500 nanogrammi per litro indicati da ISS (Istituto superiore di sanità) nel parere del maggio 2019 su qual è il massimo sommatore di PFAS in acqua sopportabile per la salute. Vuol dire che supererebbero i 500 nanogrammi ben 6 miliardi di metri cubi di acqua, che è tutta l'acqua che la Pianura Padana, tutto il Nord Italia, riesce a recuperare dalle acque piovane secondo Coldiretti. Creerei un peggioramento di uno stato ambientale di un bacino che prende più di un terzo della popolazione italiana. È chiaro che non esiste nessuna norma che imponga di valutare il disastro ambientale in questi termini, però il tema c'è e io lo voglio portare con chiarezza. Abbiamo vari enti che si sono espressi su questo. Io non la invidio su questo, perché c'è EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) che mi dice 4,4 nanogrammi per chilo di peso alla settimana, sopportabile per salute sia negli adulti che nei bambini. Un bambino, 20 chili, può assumere 88 nanogrammi alla settimana. Poi ho l'ISS che mi dice 1.030 nanogrammi su litro, però questo vuol dire che assumerei 7 mila nanogrammi alla settimana, 81 volte più di quello che mi dice EFSA. Non è semplice arrivare a una soluzione di questa cosa, però noi abbiamo chiesto come Commissione ai vari altri Ministeri, come il Ministero dello Sviluppo economico, per capire se davvero mi sta servendo in Italia oggi produrre ancora i PFS o semplicemente sto creando un rallentamento importante dell'azione di vari enti, Ministero compreso, per un'attività che a livello industriale ha già. Perché a me risulta che per il 95 per cento dei prodotti ci siano già i sostituti. Forse un conto è normare la Miteni di Trissino, che sta ancora perdendo PFAS per la sua attività obsoleta. Io lo dico chiaramente: abbiamo contribuito a fermare quella produzione nel 2018. Un conto è normare quegli scarichi di un'attività che è cessata perché devo bonificare, un conto è pensare a dare dei limiti per un'attività che oggi mi chiede di riprendere l'attività, che ha dato sicuramente grandi danni, Pag. 33grandi sofferenze, e mi chiede di rifarlo nel bacino del Po. Ripeto, se butto i PFAS a Spinetta entrano nel Po. Li hanno già trovati a 80 nanogrammi a Castelmassa, in provincia di Rovigo. Hanno trovato proprio CSO4, che solo la Solvay produce. Sono già arrivati 80 nanogrammi a 200 chilometri da lì senza produrlo, solamente con un po' di utilizzo. Forse un po' l'avevano prodotto, ma sicuramente non in 60 tonnellate. Questa sostanza riduce la risposta ai vaccini, riduce il sistema immunitario, aumenta la pressione. Io faccio anche una battuta: la Solvay ha prodotto anche farmaci contro la pressione alta. Forse magari si vuole creare un po' di mercato buttandolo nell'acqua di 20 milioni di persone. Non so perché li produca quando a livello merceologico non si capisce quale sia la finalità. Chiudo sul discorso batterie solari. Ne ha parlato lei, ne parliamo anche noi, perché c'è un discorso di inquinamento. Vediamo questi dati, batterie solari, 82 dollari a megawatt ora. Poi, ripeto, io su questo non sono minimamente preparato. Però di sicuro in un'Italia con pesanti infrazioni, con oltre 65 mila morti per le polveri sottili, pensare a batterie solari rispetto a un PNIEC (Piano energia e clima) un po' troppo, forse, generoso su gas e altre cose mi fa riflettere, anche perché abbiamo una serie di infrastrutture per spostare le merci su ferro previste nel PNRR. Abbiamo il risparmio energetico con il Superbonus, abbiamo capi di allevamenti da ridurre sicuramente per vari motivi di biodiversità sovvertita. Probabilmente non mi serve tutta questa energia, anche perché siamo 346 mila italiani in meno per la pandemia e la prospettiva comunque è di ridurci di almeno il 10 per cento al 2030. Devo tarare la produzione energetica anche sul fatto che siamo di meno. Se faccio emissioni che mi ammazzano ancora più persone, forse non chiudo bene la circolarità. Grazie.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. In alcuni casi non ho capito qual è la domanda. Provo a rispondere alle domande che ho capito. Per quanto riguarda ISPRA non mi è chiarissimo cosa intendesse riguardo allo spostare persone a ISPRA nel MITE. Noi abbiamo semplicemente detto, ed è una delle proposte in discussione per il decreto «Semplificazione», che siccome è il Ministero che controlla ISPRA, non il contrario, poteva essere utile in alcune situazioni richiedere il distacco, lo spostamento di qualcuno per brevi periodi. Un ente che ha, credo, 1.400 persone, più di mille persone, e dovesse eventualmente mettere a disposizione, come succede fra CNR e università o cose del genere, 10 o 20 persone... mi sembra che sia forse un po' cresciuto il livello di attenzione su questa richiesta. Possiamo farne a meno, non c'è problema. L'importante è che ISPRA continui a fare l'ottimo lavoro che fa per il Ministero. Questa è la cosa veramente importante. Ricordiamoci qual è la catena di controllo e di lavoro. ISPRA è un ente controllato dal Ministero, collabora molto attivamente con il Ministero, è il braccio armato, tecnico, certificatorio che dà i numeri. Infatti prima mi meravigliavo che ci fosse un numero che non fosse di ISPRA se viene dal Ministero. Dopodiché se è un problema richiedere per due anni il distacco di qualche unità benissimo, ne prendiamo atto, non c'è problema. Però mi sembra un po' ingigantito. Per quanto riguarda le Commissioni VIA, dal 5 maggio del 2020 al 5 maggio del 2021 sono state lanciate 729 procedure VIA: 216 erano ereditate e 513 erano nuove. Ne sono finite in totale 344,108 delle ereditate e 222 delle lanciate. La nuova Commissione VIA sta lavorando efficientemente. Ciò non toglie che parliamo di tempo medio nell'ordine di 350-360 giorni, che per il PNRR è lungo, perché il PNRR ci deve far mettere 8 gigawatt di potenza all'anno per i prossimi nove anni. Io penso che la Commissione VIA, per lo meno quella che io ho incontrato, quella che ho trovato, che è insediata da poco, abbia fatto un ottimo lavoro e, anzi, sta accelerando. Resta il fatto di capire come fare a potenziarla. Anche qui mi pare che ci sia un riferimento a una proposta di decreto «Semplificazione». Noi abbiamo detto che si potrebbe utilizzare una cosa che c'è già, perché c'è già, che è la Commissione PNIEC, che ha il vantaggio di avere persone tutte quante a tempo pieno, quindi che lavorano sei giorni alla settimana Pag. 34 o sette giorni alla settimana invece di uno. Un'alternativa che è venuta da più parti, sulla quale sono assolutamente neutrale, è quella di fare una sottocommissione VIA arricchendola di persone. Però a conti fatti, dovendo aumentare di un fattore 10 l'efficacia di implementazione delle misure, se facciamo una sottocommissione deve essere molto corposa, perché deve erogare l'equivalente di 6 giorni alla settimana di lavoro per componente. Dopodiché io sono assolutamente neutrale. Purtroppo sono stato chiamato in questa scomodissima posizione a scrivere un progetto, a cercare di dare una mano nella fase iniziale e a farlo decollare. Per fare tutto quello che abbiamo detto serve installare questa roba, e purtroppo i numeri sono mostruosamente elevati; quindi ci servono azioni speciali. Dopodiché io non entro nel merito, se è meglio fare una sottocommissione o usarne una che esiste già e affiancarla. Sono assolutamente neutrale, non ho davvero problemi. Su PFAS e annessi io mi sono espresso molto chiaramente. Secondo me è arrivato il momento di dire con raziocinio: «Questi composti sono pericolosi, fanno male, eliminiamoli». Vorrei far notare che non siamo soli, siamo nell'Europa, e quindi su questa cosa dobbiamo essere sempre ben accordati con la Commissione europea, che credo sia altrettanto attenta. Dato che di mestiere vengo da un mondo affine a queste cose, sarà mia cura cercare di capire al meglio cosa succede in Europa. I numeri che sentivo prima dimostrano anche un po' di indeterminatezza. Se c'è un fattore 10 fra la soglia di pericolosità, vuol dire che qualcuno sbaglia. Purtroppo questo richiede da parte nostra un supplemento di indagine. Ne parlerò sicuramente con ISPRA, che di solito non sbaglia un numero. Parliamo con loro e poi cercherò di capire in Europa se c'è qualche indicatore. Io resto dell'idea di quello che vi ho detto: secondo me questa roba fa male e si leva. Dopodiché metterla al bando a livello nazionale e poi essere disaccordati completamente con l'Europa potrebbe essere un rischio, quindi ne parlerei con Timmerman o con qualcuno dei suoi per capire anche se creare un movimento europeo come nazione leader che si rende conto che questa è una cosa pericolosa. Biogas e affini. Io leggo molte cose. Replico zero, però leggo molte cose. Sono delle cose che mi lasciano molto perplesso. Adesso scusate, ma visto che siamo in fine seduta, ho letto su un giornale che di solito è molto attento un'affermazione di John Kerry di pochi giorni fa, che è stata ampiamente strumentalizzata. Diceva che io gli avrei mostrato le mappe dei gasdotti italiani che purtroppo non ho. E secondo ricostruzioni io sarei stato redarguito da John Kerry sul fatto che il gas non è la soluzione. John Kerry è stato nel mio ufficio, ci sono 10 testimoni, compreso l'ambasciatore. Capite che non posso smentire, non sarebbe elegante. Io non ho mai mostrato la cosa dei gas a John Kerry perché non ce l'ho. Ho detto che in un disegno in cui vogliamo fare idrogeno verde e che si potrebbe fare producendolo in Africa con grandi distese di pannelli solari, avendo quindi una soluzione totalmente delocalizzata che ovviamente non è mia (io certo non posso dire cosa fa l'Africa), questo idrogeno verde costerebbe da 0,2 a 0,3 euro per trasportarlo in una linea attualmente esistente nei nostri bacini per mille chilometri, rendendolo persino conveniente. Quindi figuratevi di cosa si era parlato. Siccome l'idrogeno verde lo potremo produrre delocalizzato in un posto dove c'è un sacco di energia rinnovabile da installare e sole, lo si potrebbe trasportare a 25 centesimi ogni mille chilometri in Germania o in Nord Italia. Abbiamo convenuto in assoluto accordo, tanto che siamo rimasti d'accordo di fare un certo lavoro insieme su cui non posso dire molto adesso in vista del G20 e poi della COP, sul fatto che queste sono delle strade innovative che dobbiamo trattare, a limite sfruttando delle strutture che ci sono. Questo avviene di fronte a testimoni, oltre che ambasciatori, Kerry stesso eccetera. Leggo sul giornale che io gli ho dato le mappe e lui ha detto: «Però il gas non è la soluzione». Grazie, lo dici a me. Da quel giorno in poi si propaga il tam tam sul fatto che a me piace il gas. Signori, a me il gas non piace, ma non mi piace quasi nulla per come sono io. Non mi piacciono nemmeno i pannelli fotovoltaici Pag. 35e nemmeno le pale eoliche, perché quando noi metteremo 80 gigawatt il paesaggio avrà i suoi problemi. La verità è che, se vogliamo fare quello che abbiamo promesso nel PNRR e ci vogliamo allineare allo standard di decarbonizzazione 55 per cento al 2030 rispetto al 1990, dobbiamo arrivare al 72 per cento di energie rinnovabili. Questo non è negoziabile e non è un'opinione. Dovremmo stabilizzare la smart grid, che dovrà gestire fonti discontinue, quando c'è vento, quando c'è luce, quando non c'è nessuno dei due. Dovremmo avere una smart grid probabilmente con gli accumulatori, e come tutte le grid elettriche andrà stabilizzata. Siccome non si potrà pensare di stabilizzare tutto ad accumulatori, checché se ne dica, noi consumeremo in proiezione 340 terawatt all'anno. Sono 340 mila miliardi di wattora. Hai voglia a mettere accumulatori. Dobbiamo costruire tante Empire State Building e riempire le pianure, quindi non si potrà fare. Avremo degli accumulatori locali e avremo uno stabilizzatore, cioè un oggetto che produce corrente elettrica con continuità. Se avremo il 72 per cento di rinnovabile, avremo 28 a gas. Oggi consumiamo 302 terawattora, prima del COVID erano 320 (vado a memoria). Se cresciamo un pochino, ragionevolmente fra 7-8 anni saremo a 340 terawattora. Questo non facendo grandi stime, è una cosa normale. Con questi numeri, col gas che abbiamo ora e con l'eolico e il fotovoltaico che metteremo, dovremo fare 70 gigawatt. A me non piace il gas, però quelli che contestano poi vogliono il cellulare, lo streaming, l'aria condizionata. Quella roba va a elettricità. Diminuiamo il gas che è sacrosanto, però intanto spegniamo questi, spegniamo lo streaming, spegniamo tutto. Io non capisco perché tutto debba diventare una materia. Non capisco perché, per lo meno con me che non sono un politico, che non ho nessuno alle spalle, la discussione debba diventare: stai sposando una tecnica. Assolutamente no. Ho anche detto che la carbon capture non piace e il PNRR dice che non si deve usare. Infatti non c'è, e non c'è l'ENI, non c'è Ravenna. Timmerman, non io, due giorni dopo la scadenza del PNRR ha fatto un lungo comunicato in cui diceva: «Con i fondi europei del PNRR voi pagate solo i low-hanging fruit, cioè il verde facile, però poi un giorno ci servirà la carbon capture e probabilmente ci serviranno anche gli inceneritori». L'ha detto Timmerman, non l'ho detto io. Se questo succederà e diventerà una direttiva europea, dovremmo parlarne. Poi la rifiuteremo, però tutto qua. Non vi chiedo di fidarvi, però vi chiedo almeno di credere nella buona fede. Io cerco di tirare fuori i numeri che con la fotografia attuale possono essere sostenibili. Farò di tutto per andare incontro a quello che dite, però se dobbiamo fare una certa cosa il numero è quello, a meno che non accettiamo una fonte di energia diversa che al momento non è in agenda, questo è evidente. Scusate, ma ho approfittato per dirvi un po' di considerazioni generali.

  PRESIDENTE. Onorevole Patassini.

  TULLIO PATASSINI. Grazie, presidente. Vede, signor Ministro, questo pragmatismo è un pragmatismo che nasce dalla realtà dei fatti, dall'efficacia delle politiche che vengono adottate. È l'unica strada che noi abbiamo, visto il mondo attuale. Non ne esistono altre, non ne conosciamo altre. Magari chiederemo all'Agenzia internazionale per l'ambiente, se dovessimo andare tutti in bicicletta, di utilizzare segnali di fumo; ma questo lo chiederemo a persone che sono molto più esperte di noi, non mi permetterei mai di interloquire. Poi chiederemo anche all'Agenzia internazionale se ha intenzione di interloquire con la Cina e di spegnere le centrali a carbone nel 2050, cosa che oggi non è e lo sanno tutti. Però questo non è il luogo per poter fare queste considerazione. Giustamente è una Commissione d'inchiesta, non è una Commissione Ambiente né di Camera né di Senato. Torniamo ai nostri argomenti, ovvero alla necessità di dover intervenire, come diceva lei, sulla semplificazione, ma per rendere le regole efficaci, perché la semplificazione questo porta. Basterebbe avere memoria di quello che è successo negli anni precedenti, in cui si è parlato di tutti meno che del dinamismo. Il dinamismo non era proprio Pag. 36caratteristica prioritaria dell'ex Ministero dell'Ambiente. Come del resto la capacità impiantistica di un Paese, perché non possiamo parlare né di differenziata, né di compostaggio, né di recupero di materiale, se il Paese non è dotato di impianti, cosa che si fa in qualunque altro Paese europeo. A questo le chiederei, e non so se questo è tra le 51 domande – se è tra le 51 domande le chiedo scusa in anticipo – se vi sono attività ancora in corso per i vari decreti end of waste che sono in via di studio e di emanazione. La seconda domanda è legata al fatto che qualora, come noi ci auspichiamo, ci siano regole semplici, regole chiare e risposte più brevi di 350 giorni, diventi strategica l'attività dei controlli e del monitoraggio anche del sostegno che il Sistema nazionale di protezione ambientale, attraverso ISPRA, mette in atto. È chiaro, questo è fondamentale anche in quest'ottica, cioè utilizzare in maniera efficace le agenzie di supporto all'attività del Ministero. Grazie.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Sì, grazie. Non voglio dare il colpo di grazia, perché ci sono altre 4 pagine, però le domande 19 e 20 e direi anche la 21 in particolare sono proprio centrate: qual è il piano di lavoro del MITE per la redazione e presentazione dei decreti end of waste? Se volete ve le leggo. Gli schemi di decreti end of waste predisposti in fase conclusiva sono cinque: rifiuti sul vetro sanitario, inerti e spazzamento strade, batterie e accumulatori, rifiuti di costruzione, rifiuti di demolizione. Schemi di decreto end of waste in attesa di parere ISPRA e ISS sono per i rifiuti del gesso, scarti delle plastiche miste. Tre, schemi di decreto end of waste per i quali è in corso la consultazione con gli stakeholder, quindi sono quelli meno avanzati, sono membrane bituminose e plastiche miste. Quattro, schemi di decreto end of waste in fase di istruttoria raccolta dati. Sempre per plastiche, queste però sono secondary reduce agents, fanghi da FORSU e rifiuti di vetroresina. Abbiamo poi digestato e fanghi di origine agroalimentare, fanghi contenenti bentonite, oli alimentari esausti e tessili. Per essere chiari, cinque a breve li vedrete, tre sono in fase di conclusione, gli stakeholder sono in fase di consultazione per altri due, e quindi poi ce ne sono 7, 8, 9 su cui stiamo iniziando i lavori. La risposta è: assolutamente sì, è centratissimo l'impegno del Ministero. L'ingegnere D'Aprile è qui, adesso c'è proprio un commitment su queste e su poche altre cose che sono per noi cruciali. Su tutto quello che io ho imparato stasera, per esempio i PFAS e tante altre cose, la parte radioattiva, adesso ci metteremo a lavorare a tempo pieno. Sia chiaro, io non sto evitando il problema, sto solo dicendo che nel PNRR c'erano delle regole che ci venivano dall'alto. Quello ci dava il mutuo e noi lo dovevamo rispettare nei tempi e nelle azioni. Su queste cose che sono meramente italiane noi possiamo anche fare delle proposte e farci noi portavoci in Europa di qualche cambiamento. Pure un'opposizione, se mi consentite. Una volta tanto non ci facciamo trainare. Su questo prendo il massimo impegno.

  PRESIDENTE. Onorevole Briziarelli.

  LUCA BRIZIARELLI. Senatore. Grazie, presidente. Tre domande secche, visto l'impegno e la disponibilità, il tempo profuso finora, e visto che comunque numerose domande nel fascicolo già toccavano temi importanti, stando sul tema degli ecoreati. Prima domanda: in gran parte delle audizioni che abbiamo avuto – io seguo in particolare un'inchiesta sul ciclo delle acque e la gestione fanghi in Sicilia – ci è stata prospettata la necessità di potenziare, sia da parte delle stesse forze dell'ordine che da parte delle varie procure, il contingente del NOE. In particolare il suo predecessore aveva aumentato le dotazioni di 50 unità per la Campania, per la terra dei fuochi, ovviamente mantenendo il livello qualitativo di professionalità. Da più parti si chiede un potenziamento per la Calabria e la Sicilia. Su questo c'è anche una proposta e una mozione che è stata avanzata, quindi vorrei capire se c'è in questo termine la volontà. C'è un altro tema collegato a questo, emerso nel corso delle audizioni. Vorrei utilizzare le parole giuste. Nel massimo rispetto dell'autonomia regionale, ma Pag. 37puntando alla collaborazione istituzionale e alla reale collaborazione, è emersa la necessità di allineare un po' la dotazione e l'efficacia delle ARPA regionali, perché poi se le leggi ci sono chi dovrebbe controllare o non è messo in condizioni o a volte non controlla e crea un problema. È necessario che quel quadro sia di carattere nazionale a prescindere dalle competenze delle regioni a statuto speciale o a statuto ordinario. Terzo passaggio di questo blocco, da più parti ci è stata prospettata la necessità di una rivisitazione, pur avendo rappresentato un passaggio fondamentale e positivo, e su questo siamo tutti d'accordo, l'introduzione della n. 68/2015. Il suo predecessore aveva inteso con il progetto Terra Mia di rivederla. Vorrei sapere se c'è su questo un intendimento da parte sua e del Governo. Seconda questione, mercati paralleli, in particolare relativamente ai rottami ferrosi e ai metalli. Spesso noi non raggiungiamo le quote previste, perché una parte di questi rifiuti segue canali paralleli. Su questo il Presidente ha voluto un'inchiesta in particolare che abbiamo avviato. Abbiamo avviato le audizioni, però è fondamentale che ci siano regole da poter fare rispettare oltre che l'impiantistica. Terzo passaggio, sull'impiantistica, ma sempre relativamente alle competenze di questa Commissione. Io sono convinto, e penso che lo siano anche i colleghi, che tanto più le regole sono chiare e le cose funzionano, tanto meno c'è spazio per il malaffare e per comportamenti illeciti. Al di là di quello che prevede il PNRR relativamente all'impiantistica, con il concetto di prossimità degli impianti relativamente alla produzione, volevo sapere se sia stata presa in considerazione anche la necessità di prevedere un livello minimo di efficienza degli impianti stessi. Prendo il caso di Roma che è eclatante: noi abbiamo degli impianti che sulla carta funzionano e in realtà no, ma solo per il fatto che fanno passare dei rifiuti in determinati processi fanno sì che possano essere di fatto, pur rimanendo quasi tal quale, conferiti in discarica, cosa che diversamente non sarebbe possibile. Penso ai TMB (trattamento meccanico-biologico) di Roma. Se tu hai un tasso di efficientamento inferiore al 20 per cento, quello non è un impianto ma è una truffa legalizzata. Grazie.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Come avevo risposto prima a qualche collega, sono assolutamente convinto che dobbiamo potenziare i controlli. Prima parlavamo degli agglomerati, ma è un po' la stessa cosa che dicevi tu adesso. Io credo che sia assolutamente giusto potenziare le strutture di controllo sul territorio e, se posso farmi portavoce di questo, indipendentemente dal fatto che i carabinieri siano controllati da noi o da un altro Ministero, credo che sicuramente dobbiamo chiedere che nelle zone con più problemi ci sia più presenza dello Stato. Vi faccio un esempio. Parlavo con il Capitano Ultimo, che prima di essere assessore in Calabria è un personaggio pubblico. Lui proprio per le ARPA, relativamente alla questione che mi dicevi di livellamento, mi diceva che sarebbe assolutamente necessario potenziare perché ha solo due persone, credo, o pochissime. Sarebbe assolutamente necessario potenziare perché non puoi con due persone coprire un territorio così complesso e grande. Credo che ci serva anche una mano da parte del Ministero della Sanità, se ho ben capito. Sono convinto che rendere più uniforme le performance delle ARPA, in generale delle agenzie, e nello stesso tempo aumentare la presenza sul territorio sia assolutamente importante. Per la questione degli impianti di riciclo io la vedo un po' sulla stessa direzione. Qui serve comunque una capacità di controllo elevata, perché se c'è un impianto di trattamento che non tratta a quel punto è una truffa, solo che questo va verificato. Alle volte mi chiedo se si possa fare anche con tecnologie non umane, per esempio con un drone, ma forse mi sbaglio, non lo so, perché poi questa è fantasia. Però sicuramente bisogna lavorarci. Invece sulla proposta di legge Terra Mia io ne so pochissimo. Immagino che è un iter parlamentare quello che deve fare o c'è da fare del...

  LUCA BRIZIARELLI. Più in generale la domanda era sull'opportunità, volontà o Pag. 38necessità di una revisione della 68 per iniziativa governativa, viceversa se si ritiene di lasciarlo al Parlamento, all'iniziativa parlamentare.

  PRESIDENTE. Come dovrebbe essere.

  LUCA BRIZIARELLI. Sì.

  PRESIDENTE. Su questo sottolineo che noi come Commissione abbiamo sempre fatto un monitoraggio dell'efficacia della legge. Faremo a breve un convegno perché sarà l'anniversario di questa legge, ne siamo tutti orgogliosi. Monitoreremo l'efficacia o meno, e sarà anche compito nostro comunicare al Parlamento se eventualmente c'è qualche discrepanza o qualche lacuna, qualcosa che vada aggiornato o rivisto, anche se rivedere e aprire una legge del genere poi significa entrare in un calderone dove ognuno...

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Forse una riflessione può essere utile per impostare anche un dialogo. Su questo se possiamo utili vediamo.

  PRESIDENTE. Bene, non ci sono altre richieste di intervento. Gli argomenti sono tanti. Non so se mi ripeto su alcuni punti. Innanzitutto sui dragaggi, il decreto «Fanghi», visto che è tanto che è in piedi, se finalmente si riesce... il 93 doveva essere sperimentale ed è ancora in vigore. Sul SIN di Venezia in particolare abbiamo la relazione e sottolineo che ci sono stati i dati. Erano stati promessi 70 milioni e vorremmo anche un aggiornamento. Anche se questi 70 milioni dovessero arrivare ne mancavano comunque 114, altrimenti il marginamento non si chiude. Già si stanno deteriorando i primi marginamenti fatti, quindi intuitivamente fare un recinto e lasciare il cancello aperto quando poi scappano comunque è una spesa inutile. Sui radioattivi, in particolare c'è il problema ISIN (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione), che spesso ha sottolineato la mancanza di personale. Cerco anche di interpretare quello che aveva detto forse l'onorevole Zolezzi, anche con ISPRA. Ognuno lamenta problemi personali, anche le procure lamentano problemi personali. Però, a maggior ragione che adesso arriveranno tanti soldi e quindi si prevedono tanti impianti, tante autorizzazioni da mettere in piedi, probabilmente noi siamo preoccupati perché vorremmo che, visto che aumenteranno le risorse per gli impianti o più in generale gli investimenti, al contempo ci sia un investimento sui controlli, non solo sulle tecnologie. Su questo noi siamo preoccupati e lo segnaliamo come cosa. Sul tema degli incendi e sul decreto «Sicurezza» vorremmo sapere se dopo due anni ancora non è entrato in vigore, se non si è fatto ancora il protocollo per entrare in vigore. Cave e miniere. Le miniere sono regolate da una legge degli anni Trenta, se non ricordo male, dove ovviamente il tema ambientale non era preso in considerazione. In gran parte prendono le miniere, mettono una porta di legno, chiudono e risolvono. Abbiamo visto anche Monte Amiata, tutto il mercurio che sta arrivando e che rischia di arrivare fino al Tevere per trascinamento. Noi ci stiamo ponendo questo problema che nessuno evidentemente si è mai posto sulla legislazione sulle miniere, e adesso ci è arrivata la risposta del Ministro. Non spetta più al MISE ma è passata a voi. Volevamo sapere gli scenari futuri, se si può mettere mano a questa cosa.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Appena ce lo dicono rispondiamo.

  PRESIDENTE. Anche con le cave, che è di competenza regionale. La dottoressa D'Aprile lo sa bene, però c'è anche una questione nazionale. L'Europa è stata ben chiara. Innanzitutto le cave vanno ripristinate una volta sfruttate, sennò rimangono a cielo aperto. Spesso e volentieri viene grattugiata e tolta anche la barriera naturale che non esiste. Per il tema delle discariche l'Europa è stata chiara: la barriera naturale deve esserci, non basta solo quella artificiale. Invece da noi, in alcuni casi, in alcune regioni si bypassa questa cosa. Anche su Pag. 39questo tema delle cave stiamo facendo un filone d'inchiesta. Tornando all'ISIN, la situazione dei radioattivi per noi adesso sarà fondamentale, visto che adesso è passata anche a voi questa cosa. Noi ce ne siamo occupati un po', abbiamo visto come spesso mancava anche il coordinamento. Sicuramente il fatto che si sia escluso il MISE agevolerà il fatto che le competenze spettino a un Ministero in meno. Però adesso ci sarà da affrontare il tema della CNAPI, tutto il percorso con SOGIN. Vorremmo sapere se il Ministero sta dando delle indicazioni, perché c'è da fare il seminario per arrivare all'individuazione, alla mappa definitiva e poi scegliere il sito. Vorremmo sapere se il Ministero ha dato indicazioni, di che tipo e quali saranno i prossimi passi che devono esserci a breve sul seminario; se quindi il Ministero sta volgendo un ruolo di indirizzo come dovrebbe essere. Sul tema degli end of waste chiedo se c'è anche un problema di personale, perché il lavoro da fare con gli end of waste è tanta roba, visto che spesso vanno a rilento e che lei ha citato il decreto sul plasmix, che è un emendamento mio della legislatura scorsa che ancora non vede la luce. C'è tanto ritardo, quindi volevamo sapere com'è la situazione anche per quanto riguarda il personale. Mi è venuta in mente un'ultima cosa sui RAE. È un argomento che affronteremo nello specifico più avanti, però so che nel Ministero, anche nel gruppo interministeriale, ci deve essere un comitato di vigilanza e indirizzo che di fatto è rimasto vuoto nella carta, visto che il problema dei RAE sarà sempre crescente perché aumenteranno sempre di più gli apparecchi elettronici, le tecnologie. Adesso cominceremo a smaltire i primi impianti fotovoltaici. Il mio grazie a Dio forse altri 10 anni me li garantirà, però prima o poi i primi impianti fotovoltaici saranno da smaltire. Questo è quanto. O direttamente adesso o anche nella nota ci sono tutte queste cose, e ovviamente il tema dei PFAS che a noi sta molto a cuore, perché veramente spetta al Ministero porre i limiti e noi ci auguriamo che venga fatto il prima possibile.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Grazie, presidente. Grazie a tutti.

  PRESIDENTE. Grazie.

  La seduta termina alle 16.40.