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XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (III-XIV Camera e 3a-14a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 18 dicembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battelli Sergio , Presidente ... 3 

Comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2019:
Battelli Sergio , Presidente ... 3 
Amendola Vincenzo , Ministro per gli affari europei ... 4 
Battelli Sergio , Presidente ... 10 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 10 
Giglio Vigna Alessandro (LEGA)  ... 10 
Berti Francesco (M5S)  ... 11 
Urso Adolfo  ... 11 
Formentini Paolo (LEGA)  ... 12 
Ginetti Nadia  ... 12 
Cabras Pino (M5S)  ... 13 
Colaninno Matteo (IV)  ... 13 
Casolati Marzia  ... 14 
De Luca Piero (PD)  ... 14 
Battelli Sergio , Presidente ... 15 
Amendola Vincenzo , Ministro per gli affari europei ... 15 
Battelli Sergio , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XIV COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
SERGIO BATTELLI

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2019.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2019.
  A nome delle Commissioni affari esteri e Politiche dell'Unione europea della Camera e del Senato, saluto e do il benvenuto al Ministro per gli affari europei, Vincenzo Amendola.
  Il Consiglio europeo che si è svolto la scorsa settimana, si è innestato in una fase politica di negoziati particolarmente intensa e gli argomenti trattati assumono in prospettiva una valenza strategica particolare. Mi riferisco, in primo luogo, alla questione dei cambiamenti climatici, per la quale sappiamo che l'approvazione dell'obiettivo di fare dell'Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050 non è stata affatto scontata, essendovi diverse resistenze e titubanze per questa che potrebbe e dovrebbe essere intesa anche come una straordinaria occasione di crescita economica e di nuova occupazione, oltre che un impegno inderogabile che noi tutti dobbiamo alle generazioni future. Sentiremo quindi dal ministro Amendola come si è sviluppato il confronto su questo grande tema della transizione ecologica, su cui gli interessi dei singoli Stati non sempre convergono, come ha dimostrato del resto il deludente esito della recente COP25 di Madrid.
  Parimenti siamo molto interessati a sapere se e in che misura sono stati fatti passi in avanti nel negoziato sul prossimo Quadro finanziario pluriennale (QFP), a seguito della presentazione di uno schema completo di cifre da parte della Presidenza finlandese, sulle cui proposte iniziali l'Italia non ha peraltro mancato di esprimere le proprie perplessità e di evidenziare la non sufficiente ambizione.
  Ricordo inoltre che il Consiglio europeo ha affrontato altri temi rilevanti, quali la proposta di una conferenza sul futuro dell'Europa, le relazioni di partenariato UE-Africa, le questioni connesse alle tensioni commerciali e alla paralisi del meccanismo di risoluzione delle controversie dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) nonché quelle, più recenti, relative alle attività illegali di trivellazione della Turchia nella zona economica esclusiva di Cipro e al memorandum d'intesa Turchia-Libia sulla delimitazione delle giurisdizioni marittime nel Mar Mediterraneo, ritenuto lesivo dei diritti sovrani di Stati terzi.
  Anche su tali aspetti confidiamo nelle comunicazioni del ministro Amendola, che avrà modo anche di dare conto degli esiti sia della riunione del Consiglio straordinario dedicato alla Brexit, sia di quella del vertice Euro del 13 dicembre scorso che ha discusso del pacchetto di riforme del MES Pag. 4e delle altre questioni connesse al rafforzamento dell'unione bancaria e al completamento dello strumento di bilancio per la convergenza e la competitività (BICC).
  Prima di dare la parola al ministro Amendola per il suo intervento, prego i colleghi che intendano intervenire di far pervenire alla Presidenza le loro richieste di intervento al fine di organizzare i tempi del relativo dibattito, che dovremmo cercare di concludere entro le ore 10.15, anche per dare modo ai colleghi interessati di intervenire all'intervento che svolgerà in Senato il Segretario delle Nazioni Unite, Antònio Guterres, previsto alle ore 10.30.
  Lascio quindi la parola al ministro Amendola.

  VINCENZO AMENDOLA, Ministro per gli affari europei. Grazie, presidente. Il Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2019 ha affrontato importanti questioni: la strategia a lungo termine dell'Unione europea in materia di cambiamenti climatici; il bilancio a lungo termine dell'Unione europea (Quadro finanziario pluriennale – QFP 2021-2027); l'unione economica e monetaria nel quadro dei lavori del Vertice-Euro del 13 dicembre. Altri temi, tra cui la Conferenza sul futuro dell'Europa, i rapporti UE-Africa, l'organizzazione mondiale del commercio, il roll over delle sanzioni Russia, la Turchia e il terremoto in Albania. Non era presente Boris Johnson, che ha delegato al suo posto il neopresidente del Consiglio europeo, Charles Michel, poiché impegnato in una competizione elettorale che l'ha visto ampiamente vincitore, su una piattaforma che vedeva come impegno principale il completamento della Brexit al 31 gennaio 2020. In questo quadro i leader si sono riuniti anche nel formato articolo 50 per concordare i prossimi passi del processo di uscita del Regno Unito.
  Il 13 dicembre si è svolto anche il vertice Euro che ha discusso della situazione economica attuale e del completamento dell'unione economica e monetaria. È stato il primo Consiglio europeo sotto la guida di Charles Michel e dopo l'insediamento della nuova Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, presente ai lavori.
  Per quanto riguarda i cambiamenti climatici, i capi di Stato e di Governo hanno avuto una lunga discussione sull'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e sulle modalità con cui raggiungerlo. Il confronto tra i leader è avvenuto anche sulla base della recente comunicazione della Commissione europea sul «green deal» europeo. La strategia presentata prevede l'adozione entro marzo 2020 di una prima normativa europea in ambito di tutela ambientale (cd. «climate law»), traducendo in legge l'obiettivo di fare dell'Unione europea il primo continente climaticamente neutrale entro il 2050. La questione principale riguarda quei Paesi, come ad esempio la Polonia, che partono da una situazione di svantaggio a causa di economie basate, per ragioni storiche, su fonti energetiche inquinanti come il carbone. In questo quadro è molto importante stabilire l'ammontare dei fondi e relativi criteri distributivi con cui sarà finanziata la cosiddetta «transizione verde».
  Nella discussione in Consiglio europeo è emerso quindi chiaramente il forte legame tra green deal europeo e prossimo Quadro finanziario pluriennale. In ogni caso i capi di Stato e di Governo torneranno sulla questione a partire del giugno 2020.
  Anche sugli aspetti finanziari l'Italia ha definito proprie proposte che vanno dal ruolo della Banca europea per gli investimenti, ai criteri per il «Just Transition Mechanism», dal partenariato pubblico/privato fino all'utilizzo di altri strumenti che possano consentire spazio fiscale per affrontare questa sfida generazionale. Tra queste la flessibilità nel Patto di stabilità e crescita e lo scorporo degli investimenti verdi.
  Teniamo conto che la comunicazione della Commissione europea, prima del Consiglio europeo, parla di investimenti verdi per un valore di mille miliardi di euro. Al netto di questi elementi ancora da chiarire il Consiglio europeo ha approvato l'obiettivo di realizzare nell'Unione europea un impatto climatico zero entro il 2050 (saldo zero tra emissioni e assorbimenti di CO2), in linea con l'accordo di Parigi e si è impegnato – come ho sopra anticipato – a Pag. 5tornare sulla questione a giugno prossimo. Il progetto è molto ambizioso e, come per tutte le strategie così complesse, richiederà un articolato lavoro di coordinamento tra le politiche economiche, ambientali, sociali e industriali. La stessa presidente von der Leyen ha ribadito che il green deal europeo intende essere una strategia per la crescita, per gli investimenti.
  In questa fase, dopo la delusione sugli esiti della COP25 sui cambiamenti climatici di Madrid e in vista della COP26 di Glasgow (presieduta nel 2020 dal Regno Unito in partenariato con l'Italia), l'Unione europea dovrà avere un ruolo di traino del resto della comunità internazionale nel processo di fissazione degli standard globali.
  È giusto evidenziare come l'Italia sia tra i Paesi maggiormente a favore di ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni in seno all'Unione. Abbiamo raggiunto e superato gli obiettivi europei al 2020, garantendo opportunità di crescita per le aziende e la salvaguardia dell'ambiente. Entro il prossimo anno presenteremo una strategia di lungo periodo e lavoreremo per un risultato che agisca su tre livelli: mitigazione dell'impatto ambientale e dei cambiamenti climatici; avvio della transizione industriale; definizione di un modello concreto di gestione degli inevitabili impatti economici e soprattutto sociali che ne deriveranno.
  Presteremo, in particolare, la massima attenzione a due aspetti: che il tessuto sociale sia opportunamente tutelato e accompagnato in questa trasformazione e che la transizione industriale tenga debitamente conto delle esigenze delle piccole e medie imprese, di cui l'Italia è ricca e forte.
  Green deal significa anche un'agricoltura moderna e sostenibile. L'Italia è impegnata anche sul fronte di un'etichettatura che rifletta la qualità della produzione agroalimentare italiana e la necessità di consumi salutari e sostenibili. Su questo abbiamo avviato un dialogo costruttivo con la Commissione europea e formalizzeremo a breve una proposta basata su studi scientifici.
  Riteniamo, inoltre, che il dibattito con gli altri Stati membri non possa prescindere dal raggiungimento degli obiettivi già fissati al 2020 e dalla richiesta di uno sforzo aggiuntivo, in vista degli obiettivi al 2030, a quegli Stati membri che non hanno ancora indicato un livello di ambizione sufficiente.
  Il punto 2 sul Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 ha avuto natura prevalentemente procedurale. La Presidenza finlandese ha presentato la «negotiating box» e il Consiglio europeo ha invitato il presidente Michel a proseguire i negoziati per raggiungere un accordo. Si tratta di una prassi consolidata volta alla preparazione del compromesso nelle sue fasi finali. Alla gestione delle prossime dinamiche negoziali contribuirà soprattutto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, insieme alla nuova Presidenza del Consiglio europeo, quella croata, che dovrà favorire gli sviluppi di un negoziato che veda opportunamente coinvolto anche il Parlamento europeo.
  Per quanto ci riguarda e per la posizione espressa, abbiamo in questi giorni ribadito la necessità di un bilancio ambizioso, e la cosiddetta «Scatola negoziale» proposta dall'attuale presidenza finlandese, che prevede un bilancio pari all'1,07 per cento del reddito nazionale lordo dei ventisette dell'Unione, non va a nostro giudizio in quella direzione.
  Un volume di risorse più basso di quello proposto dalla Commissione (1,1 per cento del RNL dell'Unione europea) non consente infatti di finanziare adeguatamente tutte le nostre priorità e manca l'obiettivo di modernizzazione del bilancio.
  In questo quadro, l'agenda verde europea avrà inoltre un peso molto forte sul prossimo QFP. Si ipotizza che almeno il 25 per cento del bilancio europeo sia dedicato a spese collegate a obiettivi climatici. L'Italia non ha inoltre accolto positivamente l'indebolimento delle risorse dedicate a settori importanti quali lo spazio, la difesa, il digitale. Per quanto riguarda la politica di coesione resta per noi inaccettabile un'ulteriore riduzione del coefficiente di prosperità relativa per le regioni meno sviluppate nei Paesi a medio reddito. Quanto alla politica agricola comune, anche se la proposta Pag. 6 finlandese fa ritornare il bilancio ai livelli precedenti, restiamo convinti che la convergenza esterna dei pagamenti diretti debba essere abolita, in quanto iniqua e priva di giustificazione, sia sotto il profilo economico che dal punto di vista sociale. Resta prioritario tutelare adeguatamente la flessibilità del bilancio, così da rispondere in modo efficace a eventi imprevisti, come è accaduto a seguito delle crisi migratorie.
  La condizionalità legata allo Stato di diritto rappresenta uno dei principi fondamentali dell'Unione e il perno della nostra integrazione. La proposta, tuttavia, ha ancora bisogno di essere migliorata a livello tecnico.
  Restiamo inoltre favorevoli a condizionalità di tipo sociale, perché volte all'attuazione delle politiche per una maggiore coesione e inclusione sociale; e a quelle in ambito migratorio, se realmente capaci di accrescere la solidarietà ad una gestione responsabilmente condivisa del fenomeno tra gli Stati membri.
  Quanto alla riforma del lato delle entrate abbiamo confermato il mantenimento della risorsa IVA (secondo la formula di maggio 2018).
  Sul tema delle nuove risorse proprie abbiamo ribadito che il relativo pacchetto deve essere portato avanti nella sua interezza, inclusa la risorsa CCCTB (Common Consolidated Corporate Tax Base), la base imponibile consolidata comune per la tassazione delle società. Positiva è invece, a nostro giudizio, l'apertura al momento registratasi verso l'abolizione delle correzioni, di cui alcuni Paesi beneficiavano e, dopo la Brexit, diventa un tema assolutamente dirimente.
  Continuiamo a lavorare sotto Presidenza croata e con il presidente Michel per trovare al più presto nei prossimi mesi una soluzione di compromesso.
  Il Consiglio europeo ha affrontato in modo sintetico anche questioni specifiche, a partire dalla Conferenza sul futuro dell'Europa. Il Consiglio ha infatti chiesto alla Presidenza croata di definire una posizione su contenuti, portata, composizione e funzionamento della Conferenza. Su queste basi sarà poi avviato il dialogo con il Parlamento europeo e la Commissione europea. L'Italia intende rendersi pienamente partecipe dello sforzo di elaborazione, svolgimento e attuazione della Conferenza sul futuro dell'Europa, ribadendo la necessità di un processo inclusivo, improntato alla cooperazione interistituzionale e che coinvolga opportunamente i cittadini e soprattutto i Parlamenti nazionali. Nella nostra ottica la Conferenza deve promuovere innanzitutto un dibattito autenticamente europeo, vale a dire transnazionale, sulle politiche che hanno un maggiore impatto sulla vita dei cittadini. L'Agenda strategica dell'Unione adottata dal Consiglio europeo di giugno ci offrirà una valida guida. Da parte italiana proporremo, tuttavia, di non limitarci a passare in rassegna tutte le politiche prioritarie dell'Unione, ma di concentrarci soprattutto su quelle che hanno una maggiore rilevanza nei rispettivi dibattiti nazionali. Fra queste spiccano in particolare il green new deal, la governance dell'Eurozona e le tematiche migratorie. In parallelo pensiamo di promuovere anche un dibattito su alcune limitate modifiche istituzionali che potrebbero migliorare il funzionamento dell'Unione o rivestire un'importante valenza simbolica. Si tratta di un'impostazione coerente anche con l'approccio del Parlamento europeo che, come anticipato dal presidente Sassoli, prevede di adottare una risoluzione su tale Conferenza a gennaio. Per il mese di gennaio è inoltre attesa la pubblicazione da parte della Commissione di una specifica comunicazione sul tema della Conferenza.
  In materia di partenariato Unione europea-Africa è stato confermato che un dibattito strategico sulle relazioni con l'Africa e sul prossimo vertice Unione europea-Unione africana avrà luogo a giugno del prossimo anno. La riaffermazione dell'impegno unionale per il consolidamento di un partenariato con l'Africa moderno e rivolto alle sfide del futuro corrisponde al nostro forte interesse per uno sviluppo del continente che faccia perno sulle opportunità per i giovani, su nuovi investimenti, sulle infrastrutture, sull'accesso all'energia sostenibile e sulla cooperazione digitale. Pag. 7
  Per conseguire tale obiettivo è necessario attualizzare e assicurare una nuova proiezione strategica all'eredità del vertice tra Unione europea e Unione africana di Abidjan del 2017 e alle potenzialità dell'alleanza per gli investimenti e l'occupazione sostenibile lanciata dalla Commissione europea nel 2018.
  Il Consiglio europeo ha poi confermato il proprio risoluto sostegno a un ordine internazionale basato su regole anche nell'ambito del commercio internazionale. Siamo, infatti, preoccupati per la paralisi del meccanismo di risoluzione delle controversie dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), che aggrava i rischi legati alle crescenti tensioni protezionistiche e il potenziale pregiudizio per quei Paesi che, come l'Italia, presentano un elevato grado di internazionalizzazione e una radicata vocazione all’export. In questo senso i capi di Stato e di Governo hanno sostenuto l'iniziativa della Commissione di porre in essere accordi provvisori con Paesi terzi, mentre si ricerca una soluzione permanente. Il Consiglio europeo ha inoltre invitato il Parlamento europeo e il Consiglio ad esaminare con carattere di urgenza la proposta della Commissione (cd. riforma dell’enforcement regulation) per consentire risposte dell'Unione a misure daziarie illegali pur a fronte dell’impasse dell'organo di appello dell'organizzazione di Ginevra.
  Per quanto riguarda la Turchia il Consiglio europeo ha riconfermato, in linea con quanto fatto nei precedenti Consigli, un chiaro segnale di sostegno e solidarietà alla Grecia e Cipro (rispetto da parte della Turchia delle zone economiche esclusive di tutti i suoi Paesi vicini).
  Circa il memorandum d'intesa Turchia-Libia sulla delimitazione delle giurisdizioni marittime nel Mar Mediterraneo si è convenuto che lo strumento lede i diritti sovrani di Stati terzi e non è conforme al diritto del mare.
  Ricordando le vittime e i danni del recente terremoto in Albania, i capi di Stato e di Governo hanno accolto con favore l'annuncio della Commissione europea che fornirà aiuto umanitario e organizzerà una conferenza dei donatori.
  C'è stata, inoltre, la consueta discussione semestrale sullo stato di attuazione delle intese di Minsk. La Francia e la Germania hanno fornito brevi aggiornamenti sugli esiti dell'incontro dei capi di Stato e di Governo nel cosiddetto «formato Normandia» (Francia, Germania, Ucraina e Russia), svoltosi a Parigi il 9 dicembre scorso.
  Il Consiglio europeo ha concordato su una proroga semestrale delle sanzioni settoriali economiche nei confronti della Russia. Su questo punto due le priorità ribadite dall'Italia: continuare in un convinto sostegno per far progredire le intese di Minsk; riflettere sul fatto che le sanzioni non sono un fine a sé, bensì uno strumento finalizzato ad avviare a soluzione la crisi ucraina.
  In tema di Brexit i capi di Stato e di Governo hanno preso atto dei risultati delle elezioni del Regno Unito del 12 dicembre scorso. Il Primo Ministro Boris Johnson ha confermato il suo impegno per un'uscita dall'Unione entro il prossimo 31 gennaio, sulla base dell'accordo di recesso che dovrebbe essere ratificato e tempestivamente attuato.
  Una volta realizzata l'uscita, si entrerà nella nuova fase negoziale dell'accordo sulle future relazioni, di cui in Parlamento avete già acquisito importanti anticipazioni dal capo negoziatore Barnier in occasione della sua visita a Roma del 12 novembre scorso.
  Il negoziato sulle future relazioni dovrebbe essere portato a termine entro il 31 dicembre 2020, sulla base della dichiarazione politica che ha definito il quadro dei rapporti tra Regno Unito e Unione europea dopo la Brexit.
  Si lavorerà – questo è un elemento negativo – con tempistiche strette e, per la parte economica, il futuro partenariato economico avrà la forma di un accordo di libero scambio. La Commissione europea presenterà al Consiglio una proposta di mandato per negoziare le future relazioni.
  Vogliamo assicurare prima di tutto la tutela del cosiddetto «level playing field», una giusta parità di condizioni e trattamento reciproco che non consenta vantaggi indebiti per il Regno Unito. Pag. 8
  L'obiettivo per l'Italia e l'Unione europea resta quello di un risultato giusto ed equo per tutti gli Stati membri e nell'interesse delle persone e delle imprese.
  In particolare per l'Italia resta prioritaria la tutela dei diritti dei cittadini, anche con specifico riferimento a una mobilità adeguata all'attuale livello delle nostre relazioni, e garantire un accordo commerciale «zero tariffe», «zero quote» e «zero dumping» che preservi i volumi di interscambio (con un surplus di circa 12 miliardi di euro Londra è, per noi, partner indispensabile). Altro elemento che dovremo assicurare sarà una forte cooperazione in materia di sicurezza.
  Al Consiglio europeo è stato ribadito l'auspicio che i negoziati si svolgano in modo coerente, all'insegna dell'unità e della trasparenza. Proceduralmente saremo impegnati su diversi livelli.
  Il Consiglio europeo seguirà i negoziati e concorderà ulteriori orientamenti politici generali, ove necessario. Il Consiglio Affari generali e il COREPER, assistiti da un gruppo ad hoc, garantiranno lo svolgimento dei lavori con il Regno Unito.
  Vengo al punto relativo al vertice Euro del 13 dicembre. La discussione è iniziata con un aggiornamento sulla situazione economica, a partire dall'intervento introduttivo della Presidente della BCE, Christine Lagarde. Le previsioni di crescita e le prospettive dell'inflazione restano ancora deboli ma con segnali di miglioramento; positivo l'andamento dell'occupazione. Inizia a farsi strada la convinzione che sarebbe auspicabile avviare una politica di interventi espansivi, in particolare da parte dei Paesi con spazi di bilancio, anche alla luce della considerazione che l'Unione europea non può restare l'unica area economica del mondo che aumenta i propri risparmi invece di investire.
  In relazione al rafforzamento dell'unione economica e monetaria va rilevato come il lavoro sia in corso su tutte e tre le direttrici di riforma. Da parte italiana è stato ribadito come sia necessario che le tre componenti fungano complessivamente. Si tratta – come sapete – della riforma del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), l'unione bancaria, lo strumento di bilancio per la competitività e la convergenza (BICC). La cosiddetta «logica di pacchetto» (MES, BICC, unione bancaria), come ribadito dal Presidente Conte e anche in più occasioni dal ministro Gualtieri, accompagnerà ogni tappa dei lavori per assicurare l'equilibrio complessivo dei diversi elementi al centro del processo di riforma dell'unione economica e monetaria. Il Presidente Conte sul punto è stato chiaro e la sua posizione è stata accolta e condivisa dai partner europei. I leader hanno quindi incaricato l'Eurogruppo di «continuare a lavorare sul pacchetto di riforme del MES – fatte salve le procedure nazionali – e di proseguire i lavori su tutti gli elementi dell'ulteriore rafforzamento dell'unione bancaria», su base «consensuale». Questa formulazione (cfr. paragrafo 2 dove si recita «continuare a lavorare» che sostituisce il termine «finalizzare») è stata proposta dal Presidente del Consiglio e pienamente condivisa dagli altri Stati membri, fotografando al meglio lo stato dei negoziati. Voglio sottolineare che si tratta di un risultato niente affatto scontato. Si continuerà, quindi, a lavorare per la revisione dell'istituto del MES che – occorre ricordare – esiste già dal 2012.
  In particolare, come da più parti evidenziato in occasione del recente dibattito pubblico e parlamentare sul tema, ci sono alcuni aspetti sui quali il Ministero dell'economia e finanze sta già lavorando e il Parlamento sarà edotto grazie alla sua presenza.
  Il Presidente Conte ha ad esempio richiamato le clausole di azione collettiva, perché vogliamo che sia un meccanismo che garantisca maggiormente gli Stati nei confronti dei creditori e che sia articolato sulla base di aggregazioni specifiche di categorie omogenee dei creditori.
  Questo ovviamente renderà il percorso di revisione più articolato, ma in una logica che crediamo sarà di vantaggio per tutti, sia per l'Italia che per gli altri Stati membri. Vogliamo quindi continuare a negoziare sulla base di una valutazione complessiva di un processo riformatore molto articolato. Pag. 9
  Venendo agli altri aspetti. In tema del bilancio per la convergenza e la competitività (BICC) abbiamo ribadito che occorre una maggiore ambizione e che il lavoro sinora svolto rappresenta solo un primo passo, tenuto conto che è necessario muoversi anche in funzione di una stabilizzazione macroeconomica. È per questo che il BICC dovrà essere dotato di risorse più cospicue. Il paragrafo 3 della dichiarazione del vertice Euro registra questa premura, aprendo ad una prospettiva più efficace verso la stabilizzazione macroeconomica.
  Per quanto riguarda il terzo aspetto del processo riformatore (EDIS – sistema europeo di assicurazione dei depositi), al momento il punto è meno maturo rispetto agli altri. L'Eurogruppo ha tuttavia riconosciuto la notevole riduzione dei rischi operata dalle banche europee e tra queste la solidità patrimoniale è, a sistema, notevolmente migliorata negli ultimi anni. Occorre pertanto avanzare nel negoziato sull'unione bancaria e l'Italia nei prossimi mesi si impegnerà a velocizzare le trattative su questi temi. Il Presidente del Consiglio ha infatti annunciato la preparazione di una proposta italiana per il rilancio del negoziato sull'EDIS da sottoporre ai nostri partner nel prossimo anno. Quanto sopra – preme ricordarlo – si inserisce nel quadro di una valutazione complessiva che il Governo e il Parlamento italiani raccomandano. Il Presidente ha infatti ricordato ai partner europei le due specifiche risoluzioni votate in tema dal nostro Parlamento: quella di giugno e quella di dicembre. A ben vedere, anche su questo richiamo c'è stata piena sintonia; non a caso, al paragrafo 2 della dichiarazione dell’euro-summit si fa esplicito riferimento alle procedure nazionali, cioè al fatto che i parlamenti nazionali siano coinvolti nella valutazione e definizione del dossier secondo le rispettive procedure nazionali. Il vertice Euro ha quindi incoraggiato il proseguimento dei lavori su tutte le summenzionate questioni, che si tornerà ad esaminare al più tardi nel giugno 2020.
  Senatori e deputati, questi sono i principali risultati del Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre.
  Concludendo, richiamo i temi principali oggetto di discussione tra i leader e, in linea con le risoluzioni adottate lo scorso 11 dicembre da Camera e Senato, ribadisco che da parte italiana: sui cambiamenti climatici si è sostenuta l'adozione di conclusioni che confermassero l'obiettivo della neutralità climatica al 2050 e una strategia di lungo termine per una crescita economica sostenibile, equa e socialmente inclusiva; sul Quadro finanziario pluriennale abbiamo ribadito di lavorare per avvicinarci al compromesso finale senza pregiudicare la qualità del risultato e le nostre linee rosse; sulla dichiarazione del vertice Euro del 13 dicembre abbiamo confermato la volontà di procedere in modo consensuale sulla base del rispetto di quelle che sono le procedure nazionali e le prerogative dei parlamenti nazionali, si è ribadita l'intenzione di mantenere la logica di pacchetto per una valutazione complessiva del processo di riforma dell'unione economica e monetaria; su Brexit continueremo a lavorare per un'uscita ordinata del Regno Unito, a tutela di cittadini e imprese, e a garantire che i negoziati sul futuro accordo proteggano il principio di parità di condizione nel mercato interno per un'intesa «zero tariffe», «zero quote», «zero dumping».
  Sosterremo attivamente – qui sarà anche premura del Parlamento italiano – la realizzazione della Conferenza sul futuro dell'Europa, coerentemente con la particolare responsabilità morale e politica che l'Italia ha in quanto Stato fondatore dell'Unione da sempre impegnato a favore del miglioramento del progetto di integrazione. Favoriremo il dialogo strategico Unione europea-Africa, anche in vista del dibattito al Consiglio europeo di giugno prossimo. Sosterremo l'Unione europea nei suoi sforzi per preservare un ordine internazionale basato su regole chiare e trasparenti. Sosterremo la Commissione europea nella riforma dell'Organizzazione mondiale del commercio, in particolare nel ripristino dell'organo di appello del meccanismo di risoluzione delle controversie.

Pag. 10

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questioni o formulare osservazioni.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Grazie, presidente. Grazie al Ministro per la consueta premura nel venire a riferirci.
  Alcune tematiche. Mia opinione personale è che il tema climatico è importantissimo, ma un tema climatico traguardato al 2050 credo che assomigli molto a uno strumento di oppio dei popoli.
  Detto questo, una serie di istanze. La Presidenza croata del primo semestre sarà seguita dalla Presidenza tedesca nel secondo semestre. Tema importantissimo. Sono convinto che la Presidenza tedesca sia il convitato di pietra o uno dei convitati di pietra che in questo momento sono più rilevanti. Rispetto a questo una domanda che fa riferimento all'apertura che la Commissione europea uscente ha fatto alla Croazia per quanto riguarda la possibilità che quest'ultima entri nell'area euro nei tempi più rapidi possibile. Di questo non ho visto evidenze particolari, chiedo al Ministro se c'è stato modo di riuscire a toccare questo tema e a temporizzarlo.
  Rispetto a questo mi collego all'altro tema che a me sta molto a cuore. Di Balcani non si è parlato. Non è vero, perché c'è stata una manifestazione di solidarietà, doverosa, nei confronti dell'Albania per quanto riguarda il recente terremoto, ma nascondere la tematica Balcani dietro la sensibilità per quanto riguarda gli esiti di un terremoto è veramente imbarazzante. E il silenzio che l'Unione europea ha su questo tema, in maniera particolare l'Italia, è veramente assordante. La domanda che faccio è se si sia potuto o meno interloquire, magari anche ufficiosamente, su questo tema e se magari non si sia potuto chiedere che sia uno dei temi più importanti della conferenza sul futuro dell'Europa, perché naturalmente i Balcani occidentali sono tematica dirimente.
  Infine un ultimo tema. Le dicotomie, forse dei veri e propri conflitti, tra il Parlamento europeo e la Commissione europea uscente: c'è la sensazione che si stiano superando. La valutazione del Ministro rispetto a questo è molto importante, perché mia opinione personale è che invece questi conflitti stiano continuando e si stiano approfondendo.

  ALESSANDRO GIGLIO VIGNA. Grazie, presidente. Sul tema migrazioni stendiamo un velo pietoso, perché con la riapertura dei porti le morti nel Mediterraneo stanno aumentando, questi sono dati, quindi direi di stigmatizzare l'argomento e passare ad altro.
  Sulla Brexit il risultato delle elezioni in Gran Bretagna era abbastanza scontato, per chi sa leggere i dati e per chi riusciva a interpretare la sensibilità di quel Paese. Noi siamo interessati a sapere nel dettaglio i prossimi passi del Governo. Tra l'altro era simpatico il fatto che all'interno dell'odg del Consiglio europeo vi fosse il tema Brexit declinato nelle trattative, come se la Gran Bretagna fosse già uscita dall'Unione europea e come se le elezioni del 13 dicembre fossero già stati vinte dai pro-Brexit. Secondo me l'argomento più importante, quando si parla di Brexit, è sgombrare il campo dalle grossissime fake news che ci sono state in questi due anni di processo Brexit. Ricordo infatti che i «giornaloni» europei schierati da una certa parte ci hanno fatto credere che la Gran Bretagna fosse sull'orlo di una crisi sociale, politica, culturale, economica, che stesse letteralmente affondando su se stessa, e fin dal primo minuto ci hanno fatto credere che la Gran Bretagna avesse cambiato idea e che il suo popolo avesse cambiato idea, mentre il risultato di queste elezioni conferma l'esatto opposto: cioè che si è radicata l'idea della Brexit. A nostro parere, quindi, importantissimo per distendere il clima – e l'Unione europea ha una grossa responsabilità di dover distendere il clima dopo averlo incendiato per quasi due anni –, è stoppare le fake news su Brexit. Iniziamo ad argomentare in modo neutro.
  Solo un passaggio sull'impatto climatico. Noi ci crediamo che diversi Paesi abbiano delle preoccupazioni, perché a fronte degli investimenti che si vogliono destinare alla questione climatica si ha notizia che nel QFP vi è una riduzione della percentuale rispetto agli investimenti e alle risorse per la PAC: è di conseguenza chiaro Pag. 11che diversi Paesi sollevano problematiche e maturano risentimenti. Voi volete andare verso questo impatto climatico zero, mentre ritengo che molti Paesi europei, molte forze politiche europee, e di sicuro i cittadini europei, hanno la necessità di porre al centro dell'agenda non tanto il clima, pur importantissimo – siamo tutti ambientalisti, ci mancherebbe altro! –, quanto principalmente il tema lavoro. Prima di voler andare verso un continente, un'Unione europea, a impatto climatico zero, cerchiamo di andare verso un continente, un'Unione europea, a disoccupazione zero.

  FRANCESCO BERTI. Grazie, presidente. Grazie, signor Ministro. Ci fa piacere sentir dire che l'Italia vuole avere un ruolo di traino nel prossimo quinquennio. Bisogna parlare molto di questo green deal che è il nostro faro come popolo europeo e come Stati europei. Se guardiamo l'Unione europea dal mondo, vediamo una sensibilità ambientale che non fa parte di nessun altro continente del mondo, quindi investire in questo senso lo accogliamo con favore.
  Erano state fatte stime che servivano 260 miliardi di euro, siamo arrivati ad una cifra di 100 miliardi annui, è una cifra importante grazie anche alla BEI, però ci dobbiamo ricordare che questa cifra va suddivisa per i ventisette Stati ed è stato proprio scritto nelle conclusioni che questi soldi serviranno anche a fare una transizione economica soprattutto per gli Stati dell'Est.
  Io ritengo che l'Italia in questo consesso, in questa discussione debba giocare anche il ruolo di proteggere l'assetto innanzitutto dei sei Paesi fondatori. L'Unione europea è nata da sei Stati che si sono uniti per portare pace in Europa, ed è bene che si cominci a dire che ci sono regioni dell'Unione europea, tra quelle classificate come NUTS 2, che hanno una disoccupazione molto alta anche negli Stati fondatori dell'Unione europea: non penso solo al Sud Italia ma anche aree del nord della Francia e dell'ovest del Belgio. In questo ci possiamo inserire come Italia nel dialogo che c'è fra Francia e Germania sulla conferenza del futuro dell'Europa. Francia e Germania hanno addirittura prodotto un «non-paper» e, se questo dialogo esistente tra le due nazioni poteva essere tollerato nel 1950 dopo il secondo conflitto mondiale, nel 2019 l'Italia si deve inserire di diritto in questo dialogo rilanciando il tema del piano occupazione. Sono state fatte negli anni molte polemiche riguardo all'articolo 3 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, dove veniva messa al primo posto la crescita economica, la stabilità dei prezzi invece della piena occupazione. Anche per stimolare quella solidarietà di fatto, di cui si è sempre parlato in Unione europea, l'Italia secondo me, vista purtroppo anche la crisi economica che ci ha colpiti negli ultimi anni, deve dire a gran voce che l'Unione europea deve avere un ruolo importante nella piena occupazione che assicura benessere e pace sociale. Questo credo che ce lo potremmo permettere, ci potremmo dare questo obiettivo ambizioso e credo che l'Italia lo possa fare a buon diritto.

  ADOLFO URSO. Grazie, presidente. Grazie al Ministro per la relazione e per la differenza di stile che ha avuto rispetto al Ministro dell'economia Gualtieri.
  Parto da questo. Il Ministro Gualtieri nella prima riunione di questo Governo, in cui si è parlato della questione alla Commissione finanze ed esteri del Senato, il 27 novembre disse due cose che oggi si dimostrano sostanzialmente false, e le disse anche in maniera violenta, aggredendo verbalmente i parlamentari che gli chiedevano di definire con precisione la sua posizione. La cosa che oggi lei ammette essere profondamente falsa è che la revisione del MES, come definita in giugno, non era assolutamente modificabile. Lo ribadì più volte anche rispetto ai miei interventi volti a chiedere chiarimenti. Oggi invece apprendiamo che è modificabile. Quindi il Ministro Gualtieri ha cercato di porre il Parlamento di fronte al fatto compiuto su una cosa che oggi il Governo dice non era affatto compiuta. La seconda cosa che il Ministro Gualtieri aveva detto in quell'occasione – ma quella era un'opinione politica – è che era una buona revisione. Buona per l'Italia. Oggi il Governo ci dice che non era buona e che sarà modificata in Pag. 12corso d'opera. Queste due cose sicuramente, oggi smentite, pongono un problema nel rapporto fra Governo e Parlamento che deve essere sempre corretto, come lei ha dimostrato in questa sede. A tal proposito le voglio chiedere come possa articolarsi la logica del pacchetto, cioè quale tempistica lei prevede per la firma della riforma del MES e quali modifiche, a suo avviso, sono possibili come obiettivo italiano. Quale parte del MES il Governo italiano intende modificare e quando prevede la firma del MES. Questo alla luce del fatto che lei ci dice contemporaneamente che sugli altri due pilastri siamo ancora all'anno zero. Questa logica del pacchetto, secondo il Governo italiano, nelle previsioni del Governo italiano, come si esplicherà e quali sono le modifiche che al MES il Governo italiano intende perseguire.
  Per quanto riguarda il resto del Consiglio europeo io sono preoccupato, come italiano e come esponente del Parlamento, del piano inclinato che abbiamo su tutti i dossier. Piano inclinato che ci mette in difficoltà. Su questo piano inclinato vi sono: la riforma del Quadro finanziario pluriennale, che lei stesso ci ha detto, ma lo stesso Presidente Conte, in Parlamento che per noi le proposte finlandesi sono inaccettabili; la riforma del meccanismo di coesione; gli stanziamenti o, meglio, la distribuzione delle risorse del PAC e soprattutto – e le chiedo sul punto di sapere che fine abbia fatto – l'accordo di Malta sulla ridistribuzione nonché cosa si è detto sulla Libia e, in ultimo, se non ritiene che sia il caso che in Parlamento ci sia un dibattito chiaro e preventivo sugli obiettivi della conferenza sul futuro europeo che Francia e Germania hanno già prefissato e portato all'attenzione del Consiglio europeo.

  PAOLO FORMENTINI. Grazie, presidente. Io vorrei chiedere al Ministro che idea ha dell'Europa questo Governo; cosa vogliamo e riusciamo difendere in Europa; riguardo al Nutri-score, quale proposta ha questo Governo per salvare il made in Italy, i nostri prodotti alimentari.
  La nostra impressione è che l'Italia, nonostante la svolta cosiddetta europeista attuata dal Movimento 5 stelle e da questo Governo, sia solo un socio sostenitore di questa Europa, dall'asse portante della quale è totalmente esclusa; si sta creando – ed è stato evidente con la sottoscrizione dell'Accordo di Aquisgrana tra Francia e Germania – un nuovo impero, che dell'idea di Europa carolingia prende solo gli aspetti peggiori e si dimentica di quei popoli che vengono costantemente penalizzati; penso, inoltre, che sulla Brexit l'Europa abbia dato il peggio di sé, non rispettando un voto democratico, con il solo risultato di convincere maggiormente, con quello che di fatto è stato il secondo referendum, il popolo inglese delle proprie ragioni. Non costruiremo un'Europa dei popoli cercando di chiuderli in una gabbia, quindi le chiedo che visione abbiamo: siamo destinati a fare da servi, da colonia in questa nuova Europa a due velocità o avremo una voce?

  NADIA GINETTI. Vorrei ringraziare il Ministro che, insieme al Presidente Conte, ha avuto la capacità, la forza e l'autorevolezza di rappresentare in sede di Consiglio europeo la posizione espressa dal Parlamento con le risoluzioni approvate e di portare anche il resto dei membri del Consiglio verso le nostre posizioni. Si tratta di un ottimo risultato, che sottolinea la fine di una politica dell'isolamento che ha vissuto precedentemente il nostro Paese. Quindi parto da questo ringraziamento.
  Rispetto alle dichiarazioni sui cambiamenti climatici, mi sembrano una priorità irrinunciabile che ci mette di fronte a quella responsabilità intergenerazionale, che ci richiama a questo obiettivo prioritario. La mia domanda è se non fosse possibile, per un principio di concentrazione della destinazione delle risorse, vincolare a questi obiettivi la prossima programmazione dei fondi strutturali: si potrebbe prevedere che nella gestione, programmazione e impegno dei fondi strutturali venga effettuata una valutazione di impatto rispetto alla green economy, alla transizione verso emissioni zero, quindi agli impegni sulla Strategia 2030: una convergenza verso gli obiettivi da dimostrare in concreto.
  L'altra domanda è l'impatto che potrebbe avere la Brexit sul nuovo Quadro finanziario pluriennale rispetto alla politica Pag. 13 agricola comune, quindi agli impegni nella ridistribuzione delle risorse anche in relazione alla prima bozza di compromesso che prevedeva – mi sembra – una riduzione del 5 per cento degli stanziamenti destinati all'Italia.
  Infine, riguardo ai lavori nell'ambito della istituenda Conferenza sul futuro dell'integrazione europea, mi chiedo se possiamo immaginare un'accelerazione sul piano istituzionale anche verso il superamento di quel dumping sociale dovuto al ritardo nell'applicazione del pilastro sociale e al dumping fiscale, cioè immaginare un'accelerazione anche sul piano dell'armonizzazione fiscale per completare il mercato unico della concorrenza.

  PINO CABRAS. Nella relazione del Ministro è stata evocata un'espressione che ha avuto grande enfasi nel discorso europeo recente, e che ha una proiezione futura: il «Green new deal». Questa evocazione ha dei significati molto precisi, se la vogliamo percorrere fino in fondo. Al di là del «green», dal punto di vista del metodo è il «new deal» che diventa un tema centrale importantissimo. «New deal» ce n'è stato uno nella storia ed è stato quello portato avanti da Roosevelt e dai suoi successori sulla base di politiche definibili, in linea di massima, come keynesiane: quindi un modo di intendere l'intervento pubblico radicalmente diverso da quello perseguito nelle politiche europee di questi anni. L'Europa in questi anni ha scelto un altro modello, che viene definito scherzosamente «austeritario»: un modello che è il contrario del «new deal», è il taglio della spesa pubblica, molte volte lineare, molte volte ottuso. C'è quindi la consapevolezza, che sta aumentando in Europa, che bisogna adottare un metodo diverso per rilanciare il proprio ruolo economico, la propria vita economica nel continente, con i suoi punti forti, con una capacità che l'Europa ha dimostrato di promuovere nuove tecnologie nell'ambito verde. Però questa cosa collide con molti elementi del vecchio sistema che perdurano. Lo dimostra la fatica della discussione sul Meccanismo europeo di stabilità. Perciò la logica di pacchetto, la riconsiderazione del ruolo delle politiche finanziarie deve essere davvero di pacchetto e integrarsi anche con la questione del «new deal».
  Cosa significa in concreto per l'Italia? Che, ad esempio, nuovi investimenti per l'Ilva saranno trattati come una questione di «new deal» europeo? Il dissesto idrogeologico sarà trattato come una questione per la quale bisogna fare spesa a deficit e riconosciuta come un tema europeo che giova complessivamente all'ambiente? Così per l'energia. Su questo mi pare che le riflessioni in ambito europeo siano ancora generiche, e si debba fare il massimo sforzo come Italia per porre questi temi come centrali, nonché coincidenti con l'interesse nazionale.
  L'altro tema è quello dell'Africa. C'è una declamazione della centralità del tema africano, ma nella realtà non si è trattata la questione della profondità strategica dell'Europa in Africa con altrettanta forza e investimenti, come si è invece fatto sul lato balcanico-turco rispetto a quelle direttrici migratorie. Non è solo una questione di migrazione, c'è la questione complessiva del ruolo nel Mediterraneo e di politiche da seguire su alcuni temi caldissimi: penso alla Libia e al Sahel. Su questo c'è un potenziale enorme, perché adesso l'Unione africana ha aperto un'area di libero scambio e quindi il rapporto fra Europa, nel suo insieme, e Africa deve essere rivisto completamente, magari con una maggiore quota di investimenti.

  MATTEO COLANINNO. Grazie, signor Ministro. Mi ha fatto piacere aver sentito la sua relazione sull'esito del Consiglio europeo e vorrei puntualizzare due aspetti, anche alla luce di alcune questioni poste dai colleghi.
  La prima riguarda la neutralità climatica, l'obiettivo del 2050. Io sono molto soddisfatto che lei, Ministro, e il Governo abbiate inserito nella risoluzione che il Parlamento ha votato a maggioranza la questione che riguarda la tutela del sistema industriale italiano in questo processo di transizione. È chiaro ed evidente a tutti che l'Italia e l'Europa devono essere nel mezzo di questa frontiera del «Green new deal». Chi la evita, chi non la cavalca, chi non la Pag. 14accompagna è inesorabilmente fuori dai processi produttivi di sviluppo dei prossimi dieci, quindici, venti o trent'anni, anche perché le più grandi potenze industriali, finanziarie e demografiche mondiali si stanno muovendo verso questa frontiera, ma come italiani nella risoluzione di maggioranza abbiamo inserito che questa debba essere una transizione giusta e che tuteli il sistema industriale italiano.
  Secondo, il Meccanismo europeo di stabilità (MES). È stato un risultato – come nella locuzione che lei ha utilizzato – per nulla scontato. Un risultato molto importante che introduce un meccanismo fondamentale di tutela e di protezione del risparmio e dei risparmiatori italiani, che tutela qualsiasi Stato dell'Unione in un'eventuale condizione di eventi avversi. L'Italia oggi non è in questa condizione, ma ci siamo dotati di questo strumento. È stato fondamentale, e qui la sua azione, Ministro, e del Governo nel modificare l'approccio del Consiglio europeo che oggi ha accettato, è diventata consapevolezza comune di portare avanti la logica del pacchetto, anche questa per nulla scontata, che – voglio ricordare – prevede oltre al MES, il BICC (l'embrione del budget dell'eurozona), l'EDIS (l'assicurazione sui depositi bancari) e il fatto fondamentale di non frenare qualsiasi tipo di detenzione dei titoli di Stato da parte degli asset, degli attivi delle banche, allontanandoci dal rischio di una logica diversa dalla ponderazione zero sempre sui medesimi titoli di Stato. Quindi è un risultato importante. L'Italia ha dato un contributo fondamentale all'interno del Consiglio. È diventato un fatto acquisito che ci sia questa logica di pacchetto per tappe; è un dato acquisito che il Parlamento italiano sarà sempre coinvolto in qualsiasi passaggio su qualsiasi tappa, per questo la ringrazio e vorrei dire, di fronte a tutta la Commissione, che il suo lavoro, Ministro – del suo staff, ma in particolare il suo – è stato fondamentale per portare a casa un risultato molto importante per l'Italia.

  MARZIA CASOLATI. Grazie, signor Ministro. Si legge che il Consiglio europeo ha discusso le principali caratteristiche del nuovo Quadro finanziario pluriennale, e mi domando: riguardo alla politica agricola comune ci sono margini per impedire la riduzione della dotazione finanziaria e, di conseguenza, minori risorse per il nostro Paese? Qual è la posizione che intende tenere il Governo? A volte si ha l'impressione che si voglia colpire al cuore il nostro Paese screditandone le qualità produttive per poi ridurre gradualmente – a volte neanche così gradualmente – i contributi economici. Io non vorrei che dopo la perdita del primato manifatturiero a favore della Germania ci trovassimo a perdere anche quello agricolo a favore della Francia.

  PIERO DE LUCA. Ringrazio, a nome del gruppo del Partito Democratico, il Ministro Amendola per la costante e continua interlocuzione che mantiene con il Parlamento e con tutti quanti noi parlamentari su temi delicati e sensibili per il futuro del nostro Paese. Abbiamo instaurato un nuovo metodo di lavoro e di collaborazione, per il quale anche io, a nome del gruppo del Partito Democratico, lo ringrazio, perché è un modello di collaborazione con il Parlamento utile e fruttuoso per il Paese.
  Il Governo italiano ha recuperato e sta recuperando credibilità e autorevolezza sui tavoli europei, e la relazione del Ministro mi pare lo chiarisca in modo inequivocabile. I temi affrontati sono sensibili. Su alcuni richiamati nel dibattito credo sia opportuno – anche se non sono stati oggetto specifico del Consiglio europeo, neppure della relazione del Ministro – fare un rapido accenno. Penso al tema dell'immigrazione, citato da alcuni colleghi. Leggevamo ieri i dati: il nostro Paese torna ad essere autorevole anche sui ricollocamenti in Europa, rispettando le norme attualmente in vigore, che per troppo tempo non sono state rispettate. Negli ultimi quattro mesi la Ministra Lamorgese ha consentito, grazie al proprio lavoro, di ricollocare 196 richiedenti asilo in altri Stati europei, secondo le direttive del 2015. Quindi circa quarantanove/cinquanta al mese. Il precedente Ministro dell'interno aveva prodotto in quattordici mesi soltanto ottantacinque ricollocamenti in Unione europea, quindi meno di undici al mese. I dati, al di là di un Pag. 15po’ di propaganda, sono – credo – inequivocabili e molto chiari a riguardo.
  Sulla Brexit credo che il lavoro svolto dal negoziatore europeo sia stato serio, difficile, ma ha consentito e sta consentendo di portare avanti negoziazioni nell'interesse dei cittadini italiani ed europei. Ritengo che non dobbiamo occuparci della Brexit in modo neutro o neutrale, come ha ricordato lo stesso Michel Barnier, quando è venuto in audizione qui alla Camera: noi dobbiamo lavorare per difendere gli interessi dei 700 mila cittadini italiani nel Regno Unito e delle aziende italiane ed europee, sugli standard minimi di competizione e concorrenza – richiamati dallo stesso Ministro Amendola – e per tutti gli aspetti legati alle politiche assistenziali, sociali, lavorative, occupazionali che riguardano i nostri ragazzi, i nostri lavoratori, le nostre aziende nel Regno Unito.
  Quanto alle politiche di bilancio noi condividiamo l'aspirazione che il Governo sta portando avanti e sulla quale il Ministro Amendola sta lavorando, ovvero provvedere a creare un bilancio più ambizioso. Noi dobbiamo lavorare a un bilancio dell'Unione europea più consistente che preveda nuove risorse proprie. Siamo profondamente d'accordo e sosterremo il Governo nei negoziati futuri per arrivare a istituire finalmente una web tax europea, una corporate tax europea anche per andare verso una maggiore equità fiscale e contributiva a livello continentale.
  Sul MES due aspetti rapidissimi. Il Governo e il Presidente Conte hanno pienamente rispettato il mandato che il Parlamento, con la risoluzione approvata in Aula, ha conferito all'esecutivo. Noi siamo contenti e siamo qui per riconoscere il ruolo importante che l'Italia ha recuperato sul tavolo negoziale, le modifiche al comunicato finale relative anche all'esigenza di continuare a lavorare su tutti gli aspetti legati all'evoluzione dell'Unione economica e monetaria, nell'interesse della stabilità del Paese e della tutela dei risparmi dei consumatori italiani. Da questo punto di vista credo che sia i Ministri Amendola e Gualtieri sia il Presidente Conte abbiano fatto un lavoro straordinario in queste ore per salvaguardare la credibilità dell'Italia in Europa ma, al tempo stesso, per migliorare gli aspetti di dettaglio che ancora sono oggetto di negoziato.
  Ultimo aspetto, il «Green deal». A livello europeo si lavora – lo ha ricordato il Commissario Gentiloni qualche ora fa – per cento miliardi di investimenti, che non significa ridurre risorse per altre politiche europee, ma aggiungere politiche per creare proprio occupazione e sviluppo, in una logica di sostenibilità. Per cui credo che sia nostro dovere e obiettivo sostenere il Governo, perché a livello europeo possiamo portare avanti questo piano che consenta di aggiungere risorse ulteriori a quelle già previste, e consentire al nostro Paese di investire risorse supplementari scomputandole semmai dalle regole del Patto di stabilità e crescita. Per cui sosteniamo il Governo sotto questo punto di vista.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Amendola per la replica.

  VINCENZO AMENDOLA, Ministro per gli affari europei. Grazie, rispondo a tutte le questioni. Onorevole Pettarin, lei sostiene – e rispondo anche agli altri che hanno posto la stessa questione – che la neutralità climatica nel 2050 sia un obiettivo lontano. Se guardo i dati della produzione energetica italiana e del consumo, non è così. Sulla produzione a carbone noi siamo assolutamente sotto qualsiasi media europea. Il problema – come si è dimostrato nella dichiarazione – sono altri Paesi, a partire dalla Polonia, che invece hanno un'economia e devono fare una transizione energetica durissima. Il 2050 è un obiettivo credibile. Il problema è che la neutralità al 2050 si può raggiungere se c'è un impegno, ma questo impegno sulla produzione energetica ovviamente deve basarsi su un grande investimento. Ha ragione il deputato Cabras, qui noi stiamo parlando innanzitutto di «new deal», perché l'impatto che la Commissione vuole mettere nella sostenibilità e nella transizione anche energetica è imponente. Qual è l'obiettivo? Uno è un obiettivo di leadership mondiale. Noi scegliamo che il nostro meccanismo produttivo Pag. 16 e il nostro sistema sostenibile si affermi a livello mondiale – e si è visto alla COP a Madrid – come un soggetto, un player, un attore che investe su se stesso e sa benissimo che i livelli abbastanza flebili di crescita economica devono essere rinvigoriti con un sistema che dia la possibilità di consumare di meno, costruire qualità e impresa, legandosi alla rivoluzione digitale in atto, e costruire anche una sovranità economica e tecnologico-ambientale europea. Io credo che sia un'ambizione forte, perché serve innanzitutto per noi come sistema produttivo europeo per reggere i livelli di competizione. Quindi leadership a livello internazionale dal punto di vista ambientale, introducendo anche dei meccanismi nuovi: la «carbon border tax» – una tassazione per chi commercia con l'Europa, ma non assume i nostri criteri di sostenibilità ambientale – è una cosa saggia e giusta, perché, se vogliamo essere competitivi con giganti che utilizzano forme energetiche che hanno dei numeri molto superiori all'Europa, noi dobbiamo competere. È una sfida di leadership, è una sfida di rivoluzione industriale per rendere i nostri meccanismi, dall'economia circolare alla produzione energetica alla ricostruzione anche infrastrutturale di qualità del nostro continente – e, quando parlo di infrastrutture, parlo di quelle digitali e di quelle fisiche –, è una grande sfida. È un'ambizione, sì, ma è un'ambizione anche necessitata, visti i livelli di crescita europei. Per essere competitivi dobbiamo scegliere un modello produttivo all'avanguardia, e questo ci consente di arrivare non solo alla neutralità climatica, che è un obiettivo assolutamente raggiungibile per la nostra economia, ma anche per le altre economie europee. Il punto è come lo facciamo. Uno dei temi – così rispondo a domande di altri parlamentari – è ovviamente la strumentazione per fare questa mole di investimento, che deve avere vari capitoli. Uno dei meccanismi che si discute è il «just transition fund», ovvero l'utilizzo di un'energia sostenibile e climaticamente neutra. Per fare quello, come italiani noi diciamo che non si deve attingere ai Fondi coesione, perché significherebbe che togliamo una parte dei fondi per lo sviluppo e la convergenza e li mettiamo a sostegno delle economie che devono andare a carbone. Non è nostro interesse nazionale, infatti nelle conclusioni abbiamo slegato i due elementi. Secondo, l'impatto di questa politica ovviamente deve avere dei numeri più alti, perché, per portare alcuni Paesi sotto il 20 per cento nella produzione e nel consumo di energia a carbone, bisogna fare molti passaggi.
  Guardiamola per ordine. È secondo me la sfida su cui anche voi come Parlamento dovete aiutare il Governo. Noi abbiamo prodotto già un «non-paper», insieme ad altri Ministeri, nel nostro Comitato Tecnico di Valutazione (CTV) utilizzando anche Cassa depositi e prestiti con il loro expertise. Noi dobbiamo mettere in campo in questa trattativa – che si è aperta con le comunicazioni della Commissione che sono solo un perimetro, ma proseguirà nelle trattative dal punto di vista degli strumenti – l'ambizione alla neutralità perfetta, della competizione globale perfetta, perché altrimenti non reggiamo con questi livelli di competitività cinese e americana; la capacità di fare un pilastro sociale, e su questo c'è un lavoro sia sul salario minimo europeo sia sull'assicurazione contro la disoccupazione, perché ci vuole un pilastro per fare una transizione; ma quello che può servire, su cui sia il Commissario Gentiloni sia il Commissario Timmermans ed altri stanno lavorando, è avere un meccanismo sulla transizione energetica, un meccanismo sugli investimenti che riprenda le modalità del Piano Juncker: una proposta è quella di «InvestEU» con una leva di moltiplicazione tra pubblico e privato, utilizzando la BEI che al 50 per cento investirà solo sul green; in tal modo riusciremmo a mobilitare capitali, investimenti e qualità che va non solo nel circolo delle nostre vene economiche europee, ma va anche ad aiutare le imprese che devono fare questo salto di qualità, che è ovviamente digitale ma è anche sostenibile. Io credo – lo dico senza distinzione di schieramento politico – che l'Italia su questa partita c'è, ma c'è già adesso, perché noi abbiamo campioni energetici; ENI, ENEL, TERNA sono dei Pag. 17campioni europei con una tecnologia e dei brevetti che sono all'avanguardia; abbiamo la capacità delle nostre piccole e medie imprese a costruire progressi ed economia di produzione con un valore aggiunto; abbiamo anche la capacità del nostro sistema energetico, perché noi – sul carbone l'ho detto – utilizziamo gas ed energia rinnovabile, abbiamo una delle quote più alte di energia rinnovabile in Europa: questa è una sfida che ci serve, serve alla nostra economia, alla nostra competitività e anche a raggiungere gli obiettivi.
  Sui Balcani l'Italia sta continuando lavorare. Nell'ultimo Consiglio affari generali abbiamo rimesso il tema all'ordine del giorno e abbiamo due obiettivi – io sono stato due giorni in Serbia, domani, qui a Roma, vedo il Commissario per l'allargamento, Várhelyi – che intendiamo continuare a perseguire: 1) aprire i negoziati con Macedonia del Nord e Albania; 2) far andare più speditamente il negoziato con Serbia e Montenegro. L'allargamento è uno di quei fenomeni avvenuti storicamente: l'allargamento verso l'Est Europa dopo la caduta del muro di Berlino, l'allargamento verso gli Stati baltici; l'allargamento verso i Balcani è una delle sfide culturali, politiche, storiche dell'Unione europea più necessarie per una ragione geopolitica, perché poi non è che possiamo lamentarci dell'egemonia economica e politica di altri soggetti esterni all'Europa, quando lasciamo un'area di venti milioni di persone che vuole entrare in Unione europea. Secondo, è un rafforzamento strategico dell'Unione europea che – come ho visto anche ieri in Serbia – è legata alla nostra radice culturale, commerciale e identitaria. L'Italia è uno dei Paesi che nei Balcani ha una forza espansiva enorme non solo della grande impresa, anche delle piccole e medie, se pensiamo alla Serbia e all'Albania. Quindi noi sui Balcani continueremo a lavorare in vista del Consiglio europeo di marzo e del summit euro-balcanico che sarà organizzato a maggio del 2020 sotto Presidenza croata. Questi sono i nostri obiettivi e in tutti i Consigli affari generali continueremo a metterli all'ordine del giorno.
  Conflitto Commissione/Parlamento. Il Parlamento ha dato larga fiducia alla Commissione, ma sappiamo bene che si farà sentire sul merito delle questioni. Quindi la Commissione dovrà, argomento per argomento, cercare di convincere il Parlamento sull'opportunità di un lavoro congiunto. Io penso che sia anche frutto del risultato elettorale, di avere un Parlamento che ovviamente ha una maggioranza un po’ più flessibile, se mi consentite.
  Il collega Giglio Vigna ha posto il tema delle migrazioni. Adesso l'onorevole De Luca le ricordava il meno 52 per cento tra gennaio e dicembre di quest'anno rispetto all'anno scorso: la vera emergenza è la rotta balcanica, siamo onesti. La Grecia è arrivata a dei numeri altissimi, non solo per la tradizionale presenza di rifugiati siriani, ma, leggendo nelle statistiche, le comunità rappresentate sono altamente variegate, e noi con la nuova Commissione, con la commissaria Johansson, dobbiamo riorganizzare il sistema. Io, proprio su richiesta del Comitato Schengen, sono andato in Polonia a visitare Frontex, perché onestamente il bilancio che l'Unione europea vuole stanziare per Frontex a me non convince, rispetto alle sue capacità di gestire queste emergenze. In questa fase di bilancio i due strumenti sono in discussione, perché come Italia stiamo lavorando insieme alla Farnesina a un non-paper da sottoporre alla nuova Commissione; io credo che bisogna potenziare quello che la Ministra Lamorgese sta facendo a livello nazionale, che è il meccanismo dei rimpatri europei. Per fare i rimpatri europei, ci vuole una gestione, una base giuridica nuova, cioè un regolamento sull'asilo e il cosiddetto «Dublino», e ci vuole un'organizzazione di strumentazione per una gestione ordinata, strutturale, che contemperi solidarietà e sicurezza dei confini europei. Prendiamo il caso Grecia, che stiamo affrontando con spirito di solidarietà (perché poi noi costruiamo solidarietà e viviamo di solidarietà): la Grecia ha dei numeri al momento esplosivi che si riversano su tutta la rotta balcanica; al confine tra Bosnia e Croazia, che è confine europeo, c'è un campo profughi di ottomila persone; per avere un modello di gestione europea bisogna, certo, mettere le risorse e discutere Pag. 18 come utilizzarle bene – e il caso di Frontex al momento non mi pare quello più eclatante, anche se ci sono ufficiali italiani che lavorano lì con grande dedizione e stile –, ma dobbiamo ricostruire una strumentazione che sia organica; ci aspettiamo di lavorare con la Commissione per avere un sistema che favorisca i meccanismi.
  Il senatore Urso chiedeva che fine ha fatto l'Accordo di Malta. Malta è un meccanismo che abbiamo introdotto volontariamente con quattro Paesi, a cui se ne sono aggiunti altri. Ma, se guarda al caso greco, sappiamo benissimo che i meccanismi volontari, anche per questioni – come mi insegna lei – relative alla rotta balcanica, devono essere gestiti in un sistema europeo. Questa Commissione sarà subito sfidata da noi – se opereremo e collaboreremo, ovviamente – ad implementare un nuovo sistema che prenda spunti anche dall'esperienza dell'Accordo di Malta, costruito da questo Governo per implementare dei sistemi emergenziali relativi agli sbarchi. Quello che ci serve, invece, è un sistema strutturale complessivo e ben organizzato.
  Su Brexit si può dire tutto quello che si vuole, onorevole Giglio Vigna, ma dire che l'Europa ha vessato la Gran Bretagna mi pare eccessivo. Da giugno 2016 abbiamo avuto tre Primi Ministri, due accordi di recesso, due turni di elezione e tutto con il rispetto e l'attesa placida dell'Unione europea rispetto alle condizioni e alle scelte successive del popolo britannico. Da giugno 2016, rispetto ai tre Premier che si sono succeduti, ai due accordi firmati e mai ratificati, ai due turni elettorali, alle tre proroghe sull'accordo firmato, abbiamo detto che il popolo britannico ha il diritto di decidere sul proprio futuro. Lo deve fare in maniera ordinata e noi aiuteremo in maniera ordinata ad arrivare a un accordo in base alle loro decisioni. Non c'è stata una parola di invasione o di condanna ai sostenitori della Brexit – all'epoca ce n'erano molti, oggi non ne vedo molti –, dopo di che abbiamo sempre rispettato la loro scelta.
  Perché si convoca il Consiglio articolo 50? Perché l'articolo 50 è quello che disciplina i meccanismi, quindi il Regno Unito era assolutamente invitato al Consiglio europeo, hanno ceduto il diritto di voto al presidente Michel. Quando si convoca ex articolo 50, non è per cacciarli dalla sede, ma perché è il nucleo negoziale che serve, insieme alla Commissione e a Barnier, ad aprire la trattativa. Ma per quanto riguarda l'Italia i rapporti con il Regno Unito devono mantenersi solidi. Noi abbiamo previsto già visite, ci torneremo. Abbiamo un accordo commerciale molto solido, rapporti in termini di sicurezza e difesa; abbiamo 700 mila italiani di cui quasi la metà si sono già registrati al sistema che poi sarà implementato. Ci sarà da fare un accordo commerciale. Essendo che l'Inghilterra, dopo l'accordo di recesso, sarà un Paese terzo, ovvio che bisognerà fare un sistema di accordo, e faremo anche insieme la COP26. Questa è una bella sfida: Regno Unito e Italia verso il vertice di Glasgow cercheranno di superare i problemi che abbiamo avuto a Madrid in queste ore.
  Per quanto riguarda la politica agricola comune (PAC) – lo dico all'onorevole Giglio Vigna e alla senatrice Casolati –, nella proposta della presidenza finlandese dell'UE si passa da 336,623 miliardi a 346,582, quindi c'è un incremento del 3 per cento. Non facciamo allarmismo. La proposta della Finlandia sulla PAC (non andata a buon fine) prevedeva addirittura un incremento del 3 per cento rispetto alla proposta della Commissione europea. Vi invito a leggere i numeri. A noi non va bene lo schema di QFP generale della Finlandia, perché sulla coesione per esempio c'è un forte taglio; sulla difesa c'è un dimezzamento; sul digitale, che è la frontiera, c'è un dimezzamento. Sulla PAC la proposta finlandese non ci ha allarmato, anzi siamo contenti, dentro la proposta finlandese quello che non ci va bene è la cosiddetta «convergenza esterna» dei pagamenti diretti, su cui c'è ancora molto da lavorare. Ma non alziamo il tono delle polemiche sulle PAC, quando invece, anche nelle ultime trattative, il tetto complessivo addirittura è cresciuto.
  Sulla Conferenza sul futuro dell'Europa – anche qui rispondo a Berti e ad altri che lo hanno sollevato – il documento franco-tedesco non esprime molti contenuti. So che un giornale italiano lo ha lanciato in Pag. 19prima pagina come se fosse lo scoop del secolo, magari, se l'avessero letto tutto, si sarebbe visto che è una richiesta di due Governi per dire «facciamo una Conferenza sul futuro dell'Europa». Richiesta avanzata dal Presidente Macron, che stava anche nell'intervento di insediamento del Primo Ministro Conte a settembre. Siamo tutti d'accordo. Fosse per me, la chiamerei la «Conferenza sul presente dell'Europa». Comunque sarà un lavoro che si svilupperà, sulla base di una proposta della presidenza croata, tra il 2020 e il 2022.
  Per noi e per il Parlamento italiano deve essere prioritario questo appuntamento, per due motivi: 1) perché la Conferenza sull'Europa deve essere inclusiva, non può essere relegata solo ai capi di Stato, ma deve vedere la partecipazione di più soggetti; 2) perché anche a Trattati vigenti si possono modificare alcuni elementi, penso alle maggioranze qualificate su politica estera e politica economica (cd. «clausole passerella»). Ci sono tante cose nel meccanismo decisionale che possono essere migliorate. Quindi il mio invito ai presidenti Licheri e Battelli: sulla Conferenza per il futuro dell'Europa lavoriamo insieme, anzi il Parlamento deve lavorare molto fortemente.
  Un piccolo accenno sul «Nutri-score». Anche qui ho provato a rispondere a delle polemiche che il vostro partito ha sollevato in maniera molto vibrante; serenamente e pacatamente – come si suol dire – io a settembre, quando sono entrato nel mio Ministero, la controproposta al «Nutri-score» non l'ho trovata. Quello che abbiamo fatto è attivare subito, grazie al sostegno di Federalimentare e altri soggetti (Coldiretti) che me lo hanno richiesto, i nostri meccanismi, i CTV con i vari Ministeri. Qual è il lavoro? Alla Commissione abbiamo già notificato che noi abbiamo il nostro sistema – molti lo chiamano «meccanismo a batteria», io lo chiamo «Health-score», perché dobbiamo elevarci a un sistema di qualità, cosa che il «Nutri-score» a nostro parere non garantisce – e stiamo finalizzando adesso la base scientifica per il progetto. Un po’ in ritardo, certo; se si fosse fatto prima, se qualcuno avesse urlato un po’ prima, avremmo ridotto i tempi. La Commissione, oltre ad avere un nome, vuole un meccanismo che abbia un test scientifico. Lo consegneremo dopo l'ultimo CTV di oggi, è affidato a uno studio della LUISS, lo finalizzeremo, lo manderemo alla Commissione dove si aprirà una battaglia per le alleanze tra chi sostiene il «Nutri-score» e il nostro «Health-score». Non lo dico per spirito di polemica, è solo che mi ha fatto un po’ sorridere, perché, se qualcuno nell'ultimo Governo ci avesse lavorato un po’ di più, oggi non saremmo in ritardo. Mi consenta la battuta amichevole.
  Per quanto riguarda il MES, senatore Urso, noi abbiamo mantenuto la linea imposta dal Governo rispetto al lavoro del Parlamento. Credo che anche gli onorevoli Cabras e Colaninno lo abbiano sollevato. Noi manteniamo una discussione, non a caso il vertice ha preso atto che non solo sul MES ma anche sul BICC, per non parlare dell'EDIS sul cui lavoro bisogna accelerare (l'Italia presenterà una proposta), c'è da continuare a lavorare, perché è evidente che l'Unione economica e bancaria ha bisogno di alcuni notevoli e sostanziali cambiamenti. Faccio l'esempio del BICC, su cui tutti i Paesi dell'Eurogruppo sono d'accordo: la dotazione di risorse per finanziare e per far funzionare un bilancio di competitività e coesione, vedendo i dati del QFP, è evidente che è un bel bambino ma che non ha forza, quindi si è detto di lavorare per incrementare le sue capacità espansive. Sul MES io riprendo quello che il Presidente del Consiglio e la risoluzione del Parlamento ha proposto in termini di modifiche da noi richieste. E sull'EDIS il lavoro continua su una scelta anche italiana di aggiungere e aggiornare le proposte. Quindi io mi rifaccio sia alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio sia alle precisazioni del Ministro Gualtieri sul lavoro che bisogna continuare per portare il MES, il BICC e l'EDIS a una formulazione per noi più ambiziosa.
  Per quanto riguarda Formentini sul «Nutri-score» ho risposto. Per quanto riguarda la senatrice Ginetti, giustamente lei parla di Conferenza sul futuro dell'Europa e di dumping sociale. Su questo dobbiamo, secondo me, non rimetterci troppo alla Conferenza Pag. 20sul futuro dell'Europa, perché onestamente ne abbiamo viste molte di Conferenze di questo tipo; adesso dobbiamo spingere con il Commissario – credo sia Schmit, insieme a Dombrovskis – per affrontare queste due sfide: salario minimo europeo, su cui c'è una contrapposizione tra sistemi, perché ci sono Paesi nordici che hanno una contrattazione nazionale e non accettano una contrattazione di livello sovranazionale; e, partendo dalle importanti dichiarazioni del vicepresidente Dombrovskis, costruire questo schema di assicurazione contro la disoccupazione. È il pilastro sociale nato a Göteborg che noi dobbiamo rafforzare, e – io credo – dobbiamo farlo adesso con le prossime iniziative della Commissione europea.
  Per rispondere a Cabras sul tema dell'Africa, ha assolutamente ragione, ha fatto bene la Presidente von de Leyen nella sua prima visita ad andare ad Addis Abeba, non solo perché c'è un Primo Ministro premio Nobel, ma perché c'è la sede dell'Unione africana; è la profondità strategica che noi chiediamo, che non è solo per la regolazione dei flussi migratori, ma è anche per un destino commerciale, competitivo, di solidarietà che il nostro continente deve avere.
  Accenno sull'Ilva. Certo, nel «just transition mechanism» c'è una transizione delle produzioni energetiche che possono valere per molti comparti, come la produzione dell'acciaio che può essere introdotta, come ha già detto il Presidente Conte. Il tema ovviamente è che il «just transition mechanism» è oggetto di trattativa adesso, e la trattativa non ha una tempistica prefigurabile in termini molto sicuri.
  Rispondo anche all'onorevole De Luca, sempre sulla Brexit, confermando il lavoro che dobbiamo fare, perché ha assolutamente ragione: abbiamo dei destini comuni in termini di sicurezza.
  Su temi come la Libia – sollevato anche dal senatore Urso – mi rifaccio alla visita molto giusta del Ministro degli esteri, Di Maio, ieri a Tripoli e Bengasi, perché ritengo sia un tema su cui l'Italia debba avere un interesse unitario delle forze politiche a lavorare insieme, in quanto c'è una modifica dei tradizionali confini delle «guerre per procura». Pensavamo sempre che le «guerre per procura» fossero lontane da noi, nel Mediterraneo allargato; sappiamo che purtroppo lo scenario libico sta diventando – anche per ritardi dei Paesi europei, che magari erano troppo solerti a organizzare tra di loro convenevoli diplomatici – molto rischioso con la possibilità di una «guerra per procura».
  In conclusione, la proposta che io faccio al presidente Battelli e al presidente Licheri è: 1) alla ripresa di gennaio di lavorare fortemente sul QFP dove entreremo nelle fasi negoziali finali e il Parlamento deve essere edotto e sempre aggiornato; 2) sulla Conferenza sul futuro dell'Europa vorrei che condividessimo, almeno nella prima fase negoziale, il posizionamento dell'Italia. E ribadisco l'invito, che non è stato possibile adempiere per vicende legate alla legge di bilancio, di una riunione a Bruxelles tra le vostre Presidenze e la Cabina di regia dei parlamentari europei che vi aspetta ancora per fare un lavoro di sinergia sui principali dossier dell'interesse nazionale a Bruxelles. Quindi vi invito a fissare nuovamente la data, perché le disponibilità economiche ci sono.

  PRESIDENTE. Assolutamente d'accordo, Ministro. Procederemo sicuramente da gennaio, penso che anche il collega Licheri sia d'accordo.
  Vi ringrazio, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.