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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 18 novembre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Corda Emanuela , Presidente ... 2 

Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia, sui rapporti tra lo Stato e le regioni in conseguenza delle recenti evoluzioni dell'emergenza coronavirus (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Corda Emanuela , Presidente ... 2 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 2 
Corda Emanuela , Presidente ... 10 
Gariglio Davide (PD)  ... 10 
Rossini Emanuela (Misto-Min.Ling.)  ... 11 
Fregolent Sonia , (in videoconferenza) ... 12 
Federico Antonio (M5S)  ... 13 
Drago Tiziana Carmela Rosaria  ... 13 
Mollame Francesco  ... 14 
Granato Bianca Laura  ... 14 
Corda Emanuela , Presidente ... 15 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 15 
Corda Emanuela , Presidente ... 19 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 20 
Corda Emanuela , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
EMANUELA CORDA

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta, con modalità sperimentale, sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia, sui rapporti tra lo Stato e le regioni in conseguenza delle recenti evoluzioni dell'emergenza coronavirus.

  PRESIDENTE. Avverto che, al termine dell'intervento del Ministro, darò la parola per un primo giro di domande a un commissario per gruppo, con preghiera di contenere gli interventi in un tempo limitato. Ringrazio, quindi, sentitamente il Ministro per la sua presenza e gli do la parola per lo svolgimento della sua relazione. Prego, Ministro.

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie, presidente, sono io che ringrazio la Commissione. Diamoci solo un impegno sui tempi, nel senso che ora indicherò i temi che intendo trattare per aggiornare la Commissione su una serie di aspetti che hanno caratterizzato il lavoro del Governo con le regioni e poi, Presidente, mi dica lei se li affronteremo tutti o soltanto in parte, in funzione del tempo che abbiamo a disposizione.
  Ovviamente, partirei dalla situazione epidemica e dalle attività svolte durante l'emergenza sanitaria con le regioni. Incastrerei, in questo ragionamento, un aggiornamento sul processo di attuazione del percorso dell'autonomia differenziata, uno sui rapporti finanziari tra Stato e regioni in seguito all'emergenza, un passaggio connesso all'emergenza sanitaria che riguarda i cosiddetti 21 indicatori che sono stati oggetto di un confronto anche recente tra le regioni, un aggiornamento su alcune questioni legate all'emergenza, come gli ospedali da campo regione per regione e, poi, infine, un aggiornamento al quale tengo particolarmente, che secondo me necessita di una riflessione specifica, perché è un lavoro molto articolato, fatto dal Dipartimento, sulle leggi impugnate, sul loro 'impatto nel rapporto con le regioni, sulla loro infondatezza sia dal punto di vista del Governo che dal punto di vista delle regioni. Penso che questo sia un lavoro sul quale il Parlamento e il Governo dovranno confrontarsi alla luce dei dati degli ultimi anni. È un lavoro molto articolato, che mi piacerebbe presentare in maniera approfondita alla Commissione.
  Dall'inizio dell'epidemia i casi positivi, comprensivi di chi è guarito, di chi ancora è malato e di chi è deceduto, sono stati pari a 1.238.072 a ieri sera. Di questi, 457.798 sono guariti; i deceduti sono 46.464 e, tuttora, i positivi sono 733.810. Sono stati fatti oltre 19 milioni di tamponi, 19.200.000 i più precisamente, e viaggiamo verso i 20 milioni. Perché inizio con questi numeri? Perché una riflessione seria sull'organizzazione delle reti sanitarie in questa seconda ondata non può prescindere da questi numeri e dall'impatto che hanno questi numeri su alcuni indicatori, che sono anche compresi nei famosi 21 indicatori del sistemaPag. 3 di monitoraggio della cabina di regia, che è partita da alcuni punti fermi che hanno caratterizzato anche le valutazioni fatte dal primo giorno della pandemia.
  Metto in evidenza alla Commissione che la distribuzione del materiale per le regioni e, attraverso le regioni, a tutti gli enti territoriali, prosegue senza sosta a cura del Commissario per l'emergenza. Ieri sera abbiamo distribuito, complessivamente, dall'inizio della pandemia, quasi 2 miliardi di materiali consumabili; per l'esattezza, sono un miliardo 977 milioni. C'è dentro di tutto: dalle mascherine, che ne sono state distribuite dal Governo centrale (un miliardo e 829 milioni), guanti, ovviamente tamponi, test antigenici, test sierologici, tute di protezione, oltre 4 milioni di visiere. Sono tutti materiali che vengono distribuiti ancora oggi quotidianamente e tutti i cittadini italiani possono trovare l'aggiornamento sui siti del Commissario per l'emergenza, della Protezione civile, del Ministero della salute e, in generale, del Governo attraverso Palazzo Chigi. Sono stati distribuiti i materiali cosiddetti non consumabili per quasi 900 mila unità (897.536, ieri sera) e dentro c'è di tutto: dai termometri ai saturimetri, alle pompe, ai monitor, ai laringoscopi, agli elettrocardiografi, agli aspiratori, agli ecotomografi, agli umidificatori, fino ai ventilatori. I ventilatori distribuiti, che consentono e hanno consentito il rafforzamento delle terapie intensive, sono stati 5.471. Questo passaggio sui numeri è fondamentale perché, come ricorderete, tra i due parametri che sono stati messi in evidenza nella prima fase e che sono stati riconfermati nella seconda, che hanno in qualche modo fissato alcuni punti fermi, c'è quello da non superare mai del 30 per cento delle terapie intensive di pazienti Covid-19 e il 40 per cento dei posti letto, i cosiddetti «posti di area medica», sempre per pazienti Covid-19. Questi numeri, ve li richiamo, perché danno il senso anche della diversa e necessaria organizzazione su scala territoriale che c'è stata e che c'è per la seconda ondata. Nella prima ondata – che ha toccato tutto il Paese, ma si è concentrata in alcune province del Paese, soprattutto in sei o sette regioni, quattro delle quali sono oggettivamente andate in crisi, penso alle province di Bergamo, Brescia, Lodi e Cremona in Lombardia, Piacenza e Rimini in Emilia Romagna, Torino in Piemonte, Genova in Liguria, Trento e Bolzano nelle due province autonome di Trento e Bolzano, anche se ci sono altre province che sono andate in crisi molto seria – con un numero di contagiati molto più basso, siamo arrivati nel picco più alto ad avere circa 67.000 ricoverati Covid-19 in area medica, cioè hanno occupato posti in ospedale 67 mila pazienti, si sono curati in ospedale quasi il 45 per cento dei contagiati nella prima ondata, mentre oggi, in questa seconda ondata, ovvero una fase che possiamo considerare di picco, siamo intorno ai 35.000 ricoverati di area medica, spalmati su tutto il territorio nazionale. Ad aprile ne avevamo 67.000, concentrati soprattutto in una parte del Paese con un numero di contagiati, che non vi sfuggirà, era di molto inferiore rispetto a quello di oggi. Mentre oggi il 94 per cento dei contagiati, di fatto, si cura a casa, e il 4 o 5 per cento si cura in ospedale. Nella prima ondata il 45 per cento dei contagiati si curava in ospedale. Nella prima ondata finiva in terapia intensiva tra il 12 e il 14 per cento dei contagiati, questi erano i picchi nei mesi più acuti. In questa ondata, meno dell'un per cento finisce in terapia intensiva, stiamo parlando dello 0,7 o 0,8 per cento. Ovviamente, abbiamo numeri completamente diversi. Facciamo tamponi, perciò vi ho citato il numero dei tamponi all'inizio, che sono dieci volte superiori rispetto a quelli che facevamo a marzo e ad aprile. Ora viaggiamo sui circa 250.000 tamponi al giorno.
  I due parametri delle terapie intensive e dei posti di area medica che avevano caratterizzato l'allarme rosso nella prima ondata, oggi non lo sono più. Vanno sempre tenuti in seria considerazione e ci sono regioni che li hanno leggermente superati, ma non sono più quelli di marzo, di aprile e di maggio. L'allarme è diventato la trincea che è fuori dagli ospedali, che in molti casi è stata travolta dal numero dei contagiati, quindi, le reti sanitarie esterne, la necessità di consentire in tempo reale che venissero Pag. 4fatti non solo tamponi, ma che venissero fatte anche diagnosi, la necessità di non pesare troppo sui pronto soccorso e la pressione soprattutto in molte aree metropolitane, che sono diverse rispetto ad alcune aree interne del Paese. Questa è la sintesi: i dati, ovviamente, come sempre, ve li lascio e sono agli atti, così i commissari potranno rendersi conto, con il massimo dettaglio regione per regione, della necessità di ridurre il contagio attraverso i comportamenti e attraverso anche una zonizzazione che incide sui territori in funzione del modello che avete imparato a conoscere.
  L'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, del 3 novembre 2020, ha fatto partire un nuovo approccio della gestione dell'emergenza: l'approccio della cosiddetta zonizzazione in area gialla, arancione e rosso ,corrispondente ai diversi livelli di criticità. Questo modello viene varato e reso pubblico con decreto ministeriale del Ministero della salute del 30 aprile 2020 e a questo lavorano l'Istituto superiore di sanità, il Ministero della salute e tre tecnici delle regioni, che vengono indicati dalla Conferenza delle regioni. Siamo tra la ventiseiesima e ventisettesima settimana di utilizzo di tale modello, quindi non è nato il 3 novembre, quando è stato fatto il decreto, ma è nato ad aprile, e qui in Commissione lo avevamo già ricordato, perché la fase di graduale riapertura, l'abbiamo gestita con la massima cautela nonostante ci fossero spinte legittime, ma che andavano graduate per le riaperture immediate dopo le otto settimane. La verità è che ci sono stati moduli diversi. Ricorderete che nella prima fase abbiamo staccato gradualmente alcuni interruttori fino a staccarli quasi tutti. Oltre il 90 per cento degli interruttori del funzionamento del Paese erano staccati. Erano ferme anche le industrie, l'artigianato, tutto il commercio al dettaglio, tutti i servizi. Nella prima fase erano aperte solo le filiere necessarie alla sopravvivenza minima del Paese, come la filiera agroalimentare, l'energia e, soprattutto, il sistema sanitario. Quel modello, che era il modello di lockdown nazionale, non è riproponibile semplicemente perché a marzo e ad aprile non avevamo nulla, non c'erano mascherine che oggi produciamo e, per quanto riguarda le mascherine chirurgiche, anche a prezzi controllati. Vi ho citato il numero dei ventilatori distribuiti, ovvero 5.471, perché questo ha consentito da subito l'adeguamento del numero delle terapie intensive evitando di poterci ritrovare nella condizione in cui eravamo stati per una fase nella prima ondata. Ricordo a tutti noi, ma questa è una cosa che abbiamo già detto in Commissione, che nella prima ondata, quando i ventilatori non c'erano, li abbiamo dovuti fabbricare, anche con l'aiuto dell'Esercito, grazie ad alcune aziende e alcuni privati che li producevano, anche se in misura assolutamente limitata. Colgo l'occasione per ringraziare le Forze armate e le Forze dell'ordine per il doppio e per il triplo lavoro fatto in questi mesi, e non solo per aver garantito la nostra sicurezza nazionale a diversi livelli di competenza, ma anche per aver fatto tante cose insieme. In alcuni casi hanno assistito alcuni aziende industriali nel modificare i cicli produttivi per produrre meglio alcune cose; in altri hanno trasportato merci; in alcuni casi medici e volontari; in altri casi, come per l'Esercito e per la Marina, hanno anche montato ospedali da campo che sono preziosissimi proprio per allentare la pressione esterna sugli ospedali, di cui parlavo prima.
  Lo dico, perché questo modello di zonizzazione era stato costruito ad aprile per rendere il più graduale possibile le riaperture. C'era una parte del Paese che spingeva, comprensibilmente, per un'apertura immediata e il Governo, proprio qui in Parlamento, ribadì che era necessario aprire con gradualità. Vi ricordate? Alcuni volevano aprire il 4 maggio, ma il Governo licenziò l'apertura interna alle regioni il 17 maggio e il 16 maggio fu varato un decreto-legge che portò alla modifica della norma che ha consentito alle regioni di riprendersi le competenze per valutare eventuali allentamenti successivi in base alla condizione epidemiologica. La condizione epidemiologica era il monitoraggio settimanale della Cabina di regia nella quale ci sono sempre Pag. 5stati tutti: l'Istituto superiore della sanità, il Ministero della salute e le regioni attraverso tre tecnici indicati dalla Conferenza delle regioni e, nella fattispecie, sono i responsabili indicati dalla regione Lombardia, dalla regione Umbria e dalla regione Campania, a nome di tutti i presidenti delle regioni. Con quel modello, il 3 giugno del 2020, arrivammo a decretare e a definire l'apertura della mobilità tra regioni. Da giugno ai giorni che conoscete si è andati avanti con un report settimanale, che è sempre stato sul tavolo del Governo e delle regioni e che è quello di cui discutiamo anche oggi. La differenza del report settimanale è che oggi quel report determina il passaggio in un'area, gialla, arancione o rossa, e che nelle settimane dei mesi scorsi consentiva di avere un monitor di bordo davanti. Ognuno poteva valutare l'andamento di ogni indicatore dei 21. Lo ribadisco qui, presidente, perché dal dibattito esterno sembra che questi indicatori siano arrivati all'improvviso, come se ci fosse un'alchimia particolare. Non c'è stata nessuna alchimia. Sono gli stessi indicatori sui quali la stessa Cabina di regia ha lavorato da maggio a oggi e continuerà a farlo. Io penso che questi indicatori siano a garanzia della tutela della salute di tutti noi e sono oggettivi. Ieri, nella Conferenza delle regioni, c'è stata, come sapete, una richiesta assolutamente comprensibile di tutte le regioni per un confronto sugli indicatori, ma il confronto avviene ogni settimana in Cabina di regia dove ci sono i tecnici delle regioni e se dalla stessa Cabina di regia, dove siede il professor Brusaferro a garanzia di tutti, dovesse venir una valutazione scientifica sui parametri che può consentire a un parametro di essere ponderato meglio o in maniera diversa rispetto ad altri, la Cabina di regia deve e può dare un contributo di questo tipo. L'unica cosa che non possiamo fare è politicizzare i parametri, perché sarebbe un errore, o meglio rendere discrezionali alcuni parametri rispetto ad altri senza il conforto della comunità scientifica e dei tecnici, che fanno una valutazione a tutela di tutti quanti. Penso che questo confronto sia giusto e oggettivo. Ovviamente, le regioni lo hanno chiesto al Ministro della salute e al Ministro degli affari regionali e non solo non ci sottrarremo, ma lo faremo con lo spirito di garantire sempre l'oggettività dei numeri che vengono fuori e che devono tener conto dello scenario completamente cambiato rispetto a marzo e ad aprile. Non basta più dire che le terapie intensive di una regione sono sotto controllo. Il problema è capire se il livello di contagio si è abbassato, se la capacità di fare interventi è sempre alta, se i pronto soccorso di una rete sanitaria reggono, se c'è un raccordo molto forte con tutti i sistemi di protezione territoriali. Ci sono una serie di cose che dobbiamo comunque rafforzare, anche se le cose vanno meglio, perché la curva decelera, ma è evidente che in questa fase è importante che questo aspetto venga sottolineato. Il Ministro della salute, con frequenza almeno settimanale, verifica il permanere dei presupposti per l'applicazione delle misure di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, fermo restando che la permanenza per 14 giorni, in un livello di rischio o in uno scenario inferiore a quello che ha determinato le misure restrittive, comporta la nuova classificazione. Le ordinanze del Ministro della salute sono efficaci sempre per un periodo minimo di 15 giorni. Con ordinanza del Ministro della salute, d'intesa con il presidente della regione interessata, può essere prevista, in relazione a specifiche parti del territorio regionale, in ragione dell'andamento del rischio epidemiologico, l'estensione dell'applicazione delle misure più restrittive di cui ai citati articoli 2 e 3. Questo lo sottolineo per evitare che poi ci sia un dibattito. Immagino ci saranno domande sull'alleggerimento, ma è già scritto nel decreto. È già scritto e lo si può fare d'intesa con il Ministro della salute, in funzione delle differenze territoriali che insistono sulle regioni. Perché l'intera regione all'inizio delle zonizzazioni? Perché l'organizzazione sanitaria è regionale. Colgo l'occasione per ringraziare tutte le regioni per il lavoro difficilissimo che abbiamo fatto insieme e rivendico la leale e la massima collaborazione che c'è stata in questi mesi. Il nostro è un modello diverso dagli Pag. 6altri: non è quello di uno Stato federale, ma non è nemmeno un modello centralista come quello francese. Eppure, rispetto a un confronto continuo con la Francia, con la Spagna, con la Germania e con gli altri Paesi europei, con lo stesso Regno Unito con cui, pur essendo fuori dall'Europa, c'è un confronto continuo, il nostro modello ha retto e regge. Dobbiamo essere sempre e comunque orgogliosi del nostro sistema sanitario, perché cura tutti. Non c'è alcun essere umano, in Italia, a cui possa essere chiesto un corrispettivo entrando in ospedale in condizioni difficili. Non esiste e non esisterà mai. Questo è un grande patrimonio che ci portiamo dietro, per il quale dobbiamo ringraziare i nostri bisnonni, i nostri nonni e i nostri avi. Questo modello lo stiamo difendendo con i denti, lo stiamo rafforzando e lo stiamo facendo tutti insieme: i presidenti di regione, che ne hanno la responsabilità organizzativa sul territorio; il Governo centrale che, con questi numeri, con questi materiali distribuiti e con queste risorse distribuite, sta aiutando in condizioni di profilassi internazionale tutti i sistemi sanitari che sono sotto pressione e che vanno alleggeriti.
  Per le misure più restrittive resta fermo il potere delle regioni, ai sensi dell'articolo 3, comma 1 del decreto-legge n. 19 del 2020, di introdurre, nelle more dell'adozione del successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e con efficacia limitata alle misure più restrittive, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio e in parte di esso. Ne discende, quindi, un quadro di competenze coordinate e articolate su vari livelli di governo, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà e del riparto di competenze stabilito dalla Costituzione. Lo sottolineo, perché questa è la nostra forza. Non è la nostra debolezza, ma è la nostra forza. Questo approccio consente un modello dinamico alle esigenze di contrasto alla diffusione del Covid-19, differenziando le misure secondo le effettive esigenze dei territori e secondo principi di adeguatezza e di proporzionalità e, soprattutto, imponendo e costruendo percorsi che portano i cittadini e le imprese a fare i minori sacrifici possibili. Sappiamo che questi sacrifici, in alcuni casi, sono molto grandi, ma sono i minori possibili e, appena si può allentare allentiamo, mantenendo però sempre la sicurezza sanitaria; infatti, il modello è sempre stato prima la salute, la difesa della vita e poi costruiamo meccanismi per mettere in protezione le attività economiche e continuiamo su questa strada. Devo dire che il contenzioso, rispetto alle emergenze, è stato davvero limitato a pochissime impugnative. Tra l'altro, abbiamo utilizzato più la moral suasion che gli strumenti dati dalle norme e rivendico questo atteggiamento. Ovviamente, quando ci sono valutazioni diverse, come è successo recentemente con la provincia autonoma di Trento, non c'è stata la possibilità di evitare l'impugnativa, perché la necessità di chiudere i bar e i ristoranti prima, è stata confermata, poi, dai fatti. È successo con alcune province autonome in alcune regioni, ma poi ci siamo chiariti anche con il presidente Fugatti e con il presidente Kompatscher, in un rapporto di estrema collaborazione.
  Per quanto riguarda le ulteriori attività svolte durante l'emergenza sanitaria, come sapete, le azioni di prevenzione e contrasto della pandemia da Covid-19 per la tutela della salute sono espressione e chiamano in causa il nostro ordinamento con un assetto abbastanza chiaro di garanzie costituzionali, a partire dalle competenze esclusive statali in tema di livelli essenziali e di profilassi internazionale, che sono sanciti dall'articolo 117, comma secondo, lettere m) e q), della Costituzione. Il ruolo delle regioni e delle province autonome è indispensabile e prezioso, come vi dicevo prima, ma è anche integrativo e richiede l'applicazione di tutte le misure coerenti con i provvedimenti statali. L'obiettivo resta sempre lo stesso. Lo ribadisco anche qui, presidente: assicurare l'unità giuridica ed economica del Paese, nonché la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni, tra cui quella della salute, che è un diritto fondamentale dell'individuo. Per questo ricorre la necessità di applicare misure che siano coerenti con l'obiettivo della tutela della Pag. 7salute e quelle misure, le adottiamo sulla base di solide risultanze scientifiche concernenti la gestione della curva epidemica. Si comprende, pertanto, come l'attività di raccordo delle autonomie territoriali abbia chiesto un presidio e un interscambio continuo con tutti i soggetti coinvolti. Ovviamente, non solo con le regioni con le quali il raccordo è quotidiano per l'attività di coordinamento delle reti sanitarie, ma di tutti gli enti locali, tutti i comuni e le province che ringrazio, perché i sindaci sono stati le sentinelle sui territori dell'attività congiunta che lo Stato ha dovuto organizzare a più livelli. È stato necessario uno sforzo organizzativo imponente e la massima disponibilità di tutto il personale pubblico e, ovviamente, anche del personale delle parti del Governo che sono in prima linea.
  Per quanto concerne le leggi regionali, rinvierei, nel senso che per il termine di impugnativa abbiamo fatto un lavoro duro con il Dipartimento e qui c'è la capodipartimento Elisa Grande che segue i nostri lavori. È stato fatto un lavoro molto imponente, anche per la massa di decreti legge, che sono stati convertiti, e devo dire che, insieme con le regioni con le quali c'è stato sempre un confronto, abbiamo tenuto la barra abbastanza dritta. Ovviamente sono aumentate anche le impugnative per ragioni incostituzionali, ma questo capitolo poi lo deciderà il Presidente con l'Ufficio di Presidenza e vorrei che lo analizzassimo in un secondo momento, perché è una riflessione molto seria su quali sono i casi di impugnativa, le materie su cui il Governo prevale sistematicamente, quelle su cui spesso c'è l'infondatezza, quali sono le regioni che rispettano gli impegni che assumono e quali sono le regioni che non li rispettano, perché anche la tecnica dell'impegno su cui si fonda la leale collaborazione, se viene minata, poi viene minata anche la leale collaborazione. Sono pronto a trasmettere tutti questi dati al Parlamento, perché danno una radiografia chiara di quello che è accaduto negli ultimi anni e non nell'ultimo anno. Se volete, l'ultimo anno ha messo a dura prova le tecniche con cui si gestisce, anche dal punto di vista giuridico, la cosiddetta leale collaborazione tra il Governo e le regioni, però penso che sia un lavoro molto serio da fare. Sono state istruite, dal 31 gennaio 2020 al 12 novembre 2020, dagli Uffici del Dipartimento degli affari regionali ben 578 leggi regionali per l'esame del Consiglio dei ministri. Sono stati esaminati, sempre dal 20 febbraio ad oggi, dalla Conferenza Stato-Regioni 199 provvedimenti e dalla Conferenza Unificata 156 provvedimenti. Le conferenze sono diventate, come ci eravamo detti e come ci eravamo promessi reciprocamente, dei luoghi di confronto istituzionale e politico, non più delle fabbriche di pareri, e lì dentro sono nati molti degli accordi che poi hanno dato vita a una serie di attività che conoscete.
  Velocemente alcuni passaggi sulla manovra. Nel corso del 2020, nonostante le problematiche connesse all'emergenza Covid-19, sono state stanziate risorse – con riguardo alle competenze del Dipartimento – per le minoranze linguistiche, sono stati aumentati i fondi per la montagna, a partire dal Fondo nazionale integrativo per i comuni montani, per arrivare al Fondo nazionale per la montagna, così come per le isole minori e per le aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a Statuto speciale. Il Fondo di sviluppo per le isole minori è incrementato per le annualità 2020, 2021 e 2022 di un ulteriore contributo di 41 milioni e lo troverete poi nella manovra che è stata appena trasmessa al Parlamento e penso che sia un passaggio molto importante, perché consente ai comuni delle isole minori di avere risorse aggiuntive autonome, con le quali fare ogni anno un investimento pubblico urgente e necessario.
  Infine, alcuni passaggi davvero veloci sul processo di autonomia differenziata, soprattutto perché c'è un passaggio nel Documento di economia e finanza (DEF) che avete già affrontato in Parlamento, e c'è un passaggio come il collegato. Come Affari regionali abbiamo presentato due proposte di collegato nel DEF, entrate in manovra: la prima è un disegno di legge sulla riduzione del contenzioso tra Stato e regioni di fronte alla Corte costituzionale e penso che questo Pag. 8sia un lavoro sul quale il Parlamento possa svolgere un ruolo decisivo fondamentale e credo che dobbiamo fare questa riflessione al termine dell'analisi dei dati che vi darò del rapporto tra regioni e Stato, presumo in una prossima seduta; l'altra è quello connessa al completamento dell'attuazione del Titolo V, per il quale c'è un dibattito aperto e parlo di una valutazione a Costituzione vigente, in cui solo il Parlamento può valutare se ci sono le condizioni per intervenire sul Titolo V. Non entro nel merito di questo aspetto, così come non lo fa il Governo, è giusto che lo faccia il Parlamento con le forze parlamentari e il Governo ovviamente seguirà le indicazioni che verranno fuori dal Parlamento. L'attuazione completa però del Titolo V è un dovere reciproco, proprio per arrivare a quell'obiettivo che indica spesso il Presidente della Repubblica, oltre che a richiamarci molto opportunamente a una leale collaborazione e a un'unità assoluta nei momenti di emergenza nazionale e sanitaria. L'autonomia che rafforza l'unità nazionale, non sono parole mie, ma sono del Presidente Mattarella, avviene quando si attua fino in fondo la Costituzione, quando si attua il principio di sussidiarietà. L'emergenza sanitaria ha stimolato certamente nuove riflessioni e valutazioni sulle materie oggetto di devoluzione alle regioni, con particolare riferimento anche ai profili riguardanti i temi di cui abbiamo discusso qui in Commissione più volte, e mi riferisco ai temi connessi ai livelli essenziali delle prestazioni, alla sanità, all'organizzazione della scuola, al trasporto pubblico locale e all'assistenza.
  Penso che l'audizione di oggi sia l'occasione per riprendere il discorso sull'attuazione dell'articolo 116 della Costituzione da dove ci eravamo lasciati, seguendo le indicazioni del Capo dello Stato quando chiede, al Governo e al Parlamento, di essere conseguenti rispetto alle caratteristiche della Costituzione, che sono sotto gli occhi di tutti. Non è stata completata l'attuazione perché ci vuole più decentramento amministrativo. Questo è ciò che penso. Ci sono ancora passaggi amministrativi concentrati in stanze ministeriali che non hanno alcun senso, che debba essere un Ufficio di un Ministero, o il mio, o l'ambiente, o le infrastrutture o il lavoro, il MISE o il MEF, cambia poco, ma alcune autorizzazioni amministrative possono essere date su scala regionale. Non ha senso che il dragaggio di un porto debba avere un up and down di procedure, che l'apertura di una discarica o di una scelta connessa alla gestione dei rifiuti debba fare tre gradi di valutazioni, che a volte diventano sei o a volte nove, perché dipende da quante volte fa su e giù, è una cosa che oggettivamente blocca il Paese e ferma anche le valutazioni.
  Diverso è il tema connesso alle risorse collegate ai bilanci degli enti, che incidono sui livelli essenziali di prestazioni. È arrivato il momento di definire i livelli essenziali di prestazioni e questo lo deve fare il Parlamento, in maniera autorevole e chiara. Sono venti anni che il Paese aspetta i livelli essenziali di prestazione e la crisi pandemica ci impone sia la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, sia un adeguamento di essi, che sembravano intoccabili fino a circa dodici mesi fa e non lo sono, perché se vogliamo garantire a tutti, indipendentemente dal ceto e senso, gli stessi diritti e, soprattutto, i diritti universali, non dobbiamo avere il timore di tirare una riga e di pagare il conto che c'è per le diseguaglianze, non solo tra Nord e Sud, ma anche tra Nord e Nord, tra aree interne e aree più sviluppate, tra aree di montagna che caratterizzano il 53 per cento del nostro territorio e le aree più sviluppate. È evidente che il Recovery Fund è una grande occasione per il riequilibrio, ed è evidente che anche il completamento del percorso di autonomia differenziata nel rispetto rigoroso dei binari costituzionali avviene, se anche lo Stato fa la sua parte, contribuendo alla riduzione delle diseguaglianze.
  Tutto questo per sottolinearvi che nella legge di bilancio sono stati inseriti 4,6 miliardi sul fondo perequativo infrastrutturale. Lo dico pensando al disegno di legge collegato, che è già stato trasmesso al Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) nelle settimane scorse, e che, a questo punto, è giusto che il Parlamento affronti. Il testo del disegno di legge è stato trasmesso il 21 ottobre scorso e consta di Pag. 9due soli articoli. Il terzo articolo, che riguardava il fondo, lo abbiamo staccato dal corpo del disegno di legge ed è già in manovra e sarà approvato, quindi sarà operativo ed è un segnale molto chiaro. Sono 4,6 miliardi per ridurre le diseguaglianze. Bastano? No. L'obiettivo è alimentarlo il più possibile, legarlo alle politiche coerenti che fa il Ministro della coesione territoriale e che dovranno seguire un binario parallelo. Avremmo vinto tutti insieme quando quel fondo perequativo sarà dieci volte superiore ai 4,6 miliardi, che sono già tanti ma che è un primo inizio. Quelle risorse si sommano alle risorse del Recovery Fund. Allora avendo risorse nazionali e risorse europee che riducono le diseguaglianze, è evidente che il conto alle diseguaglianze, che in passato faceva arrossire tanti e rendeva impotenti tanti altri, oggi si può pagare e abbiamo il dovere di affrontarlo, però per affrontare le disuguaglianze dobbiamo anche definire i livelli essenziali delle prestazioni delle infrastrutture. Tutte le aree interne necessitano di infrastrutture. Non c'è solo l'alta velocità nel nostro Paese, che serve e va completata soprattutto nel Mezzogiorno, ma ci sono anche tutte le aree interne, che hanno bisogno di essere collegate ai centri di tutto il Paese, da nord a sud. La stessa cosa vale per l'assistenza e per l'organizzazione della scuola, dal tempo pieno, alla certezza di nidi con una percentuale che sia uguale in tutto il Paese, per arrivare alla stessa sanità che la pandemia ci impone. Ovviamente questi temi sono temi che sono sotto gli occhi di tutti e che sono nella nostra disponibilità.
  Lascio, presidente, alla sua attenzione e all'attenzione dei colleghi un aggiornamento sulle risorse trasferite alle regioni dall'inizio dell'emergenza sanitaria, con le tabelle e il riparto dei fondi stanziati dall'articolo 111 del decreto-legge n. 34 del 2020. Partiamo dai primi 500 milioni di euro, di cui la quota più grande dell'ammontare complessivo – il 17,48 per cento – va alla regione più grande, ossia la Lombardia, e lo 0,96 per cento alla più piccola, che è il Molise Tuttavia le risorse sono sempre commisurate, i riparti sono sempre equi e i valori sono diversi in funzione della popolazione. C'è il riparto dei primi 500 milioni, così come il riparto di 1,2 miliardi. Qui i colleghi potranno trovare i riparti regione per regione: ogni regione sa quello che ha avuto e le risorse sono state trasferite. Complessivamente c'è la dotazione di 4,3 miliardi per l'anno 2020, di cui 1,7 miliardi a favore delle regioni a Statuto ordinario, mentre gli altri 2,6 miliardi sono stati ripartiti come minori entrate per le regioni a Statuto speciale per le ragioni che già abbiamo affrontato. Poi ci sono tutti gli altri fondi che sono stati distribuiti, a partire da quelli sul trasporto.
  Chiudo rinviando il report sulle leggi impugnate davanti alla Corte costituzionale e su quale report potremmo costruire il confronto sul secondo disegno di legge.
  Permettetemi, semplicemente, di sottolineare come in questi giorni il lavoro senza sosta delle Forze dell'ordine, per il trasferimento di alcuni materiali attraverso i mezzi che ci mettono sempre a disposizione e delle Forze armate soprattutto sugli ospedali da campo, ci ha consentito in pochissimi giorni di avere 932 posti letto aggiuntivi negli ospedali da campo, che non sono costruiti per i posti letto, perché la rete sanitaria sta reggendo sia sulle terapie intensive che sui posti di area medica. Ho fatto l'esempio iniziale di 67.000 in tutto il Paese, ma era concentrato in più regioni; ad aprile erano 35.000 o 36.000, poi i dati cambiano di giorno in giorno. In questo momento spalmati in tutto il Paese. È evidente che le reti sanitarie stanno tenendo grazie al lavoro eccezionale che fanno gli operatori e grazie al potenziamento che c'è stato. Questi ospedali da campo, che sono fondamentali, allentano la pressione sui pronto soccorso e sulle aree più in difficoltà e avere la certezza di 932 posti, in 14 regioni, dà il senso del lavoro e dell'impegno eccezionale svolto dalle Forze armate e dalla Croce rossa italiana, che non finirò mai di ringraziare, e da altre organizzazioni che stanno contribuendo a vari livelli, Da ieri c'è anche l'accordo tra Emergency e la Protezione civile italiana, che rafforzerà anche l'intervento sulle reti sanitarie e sul coinvolgimento dei medici.Pag. 10
  Ne approfitto, presidente, anche per darvi un aggiornamento. Oggi alle ore 12 scade un primo bando per medici specializzati per la Campania, ma annuncio qui in Commissione, con il capo della Protezione civile, Borrelli, faremo un nuovo bando di altri 200 medici per tutto il territorio nazionale. Quindi, i due bandi saranno legati e nelle prossime ore sarà varato il secondo bando. Questa volta sarà un po' più difficile di marzo, di aprile e di maggio, perché in quei mesi potevano rispondere dipendenti di aziende pubbliche e di aziende private e, quindi, molti medici delle regioni del sud sono andati negli ospedali del Nord, dove la situazione era più critica. Questa volta i dipendenti delle aziende pubbliche e delle aziende private non possono partecipare ai bandi, perché devono restare lì negli ospedali in cui operano e, quindi, ci stiamo rivolgendo a quella limitata fetta di medici disponibili, ma non ci sono quelli in servizio, perché hanno risposto tutti e per questo li ringrazio. Ci stiamo rivolgendo soprattutto ai medici in pensione, ai quali va veramente un ringraziamento doppio, perché stanno rientrando in tanti dalla quiescenza e stanno rispondendo ai bandi della Protezione civile e a loro va il nostro grazie per la loro disponibilità. Da ieri c'è anche la possibilità di attingere attraverso appelli, che faremo dalla rete di Emergency raccordata alla Protezione civile. Questo lavoro è oggetto di approfondimento con il capo della Protezione civile.

  PRESIDENTE. La ringrazio, Ministro. Do adesso la parola al deputato Gariglio.

  DAVIDE GARIGLIO. Grazie, presidente. Signor Ministro, la ringrazio innanzitutto per il lavoro che ha fatto in questi mesi e che sta facendo, anche in situazioni molto difficili. La ringrazio per il chiarimento prezioso sui numeri che ci danno la misura dell'intervento del Governo in termini di risorse finanziarie e di dotazioni erogate sull'intero territorio nazionale. La ringrazio anche per aver dato una chiara spiegazione sui meccanismi di monitoraggio adottati dal mese di aprile ad oggi e sugli indicatori sulla cui base si effettua questo monitoraggio, nonché per la serietà e la pacatezza con cui ha affrontato questo problema. Credo siano le caratteristiche necessarie e, dunque, non posizionarsi sulla contrapposizione e sulla ricerca perenne dello scaricabarile, ma cercare di avere il massimo del ragionamento, il massimo della razionalità e, mi permetto di dire, il massimo della virtù della pazienza, per cercare di far funzionare una macchina che è complessa e per esercitare la funzione, a lei istituzionalmente propria, di raccordo non solo con le regioni, ma con tutte le autonomie locali. Quindi, la ringrazio per come ha esercitato questo faticoso compito di far sedere le persone intorno al tavolo e portare a decisioni condivise, che la nostra dottrina costituzionale definisce dare collaborazione.
  C'è stata più di una polemica, resa pubblica ed evidente anche dagli organi di stampa, specialmente da parte di alcune regioni, riguardo al fatto che i dati e gli indicatori oggetto del monitoraggio non fossero stati resi pubblici alle stesse regioni e ai cittadini. Poiché questo è stato un elemento molto spesso denunciato sui telegiornali, può indicarci come questi dati sono stati resi pubblici. Abbiamo capito che le regioni hanno tre esperti da loro indicati nel Comitato e nella Cabina di monitoraggio, però vorrei sapere come questi dati sono accessibili alle regioni ed eventualmente ai cittadini. Alcuni commentatori hanno anche rivendicato che per far fronte a questa fase di emergenza sarebbe stato utile un modello di centralismo alla francese. Lei, intervenendo, ha affermato che la nostra forza è proprio questo meccanismo; non siamo un sistema federale, non siamo un centralismo alla francese, ma siamo un sistema che necessita di una collaborazione leale tra vari livelli istituzionali, ed è questa la nostra forza. Condivido molto questa affermazione, anche alla luce della mia lunga esperienza in un Consiglio regionale e credo che proprio da questa esperienza si debba ripartire per porre mano a eventuali aggiustamenti, se serve, della legge costituzionale n. 3 del 2001, soprattutto per attuarla. Lei giustamente ha ricordato, e non è la prima volta Pag. 11che lo fa, come sia compito del Parlamento intervenire sui livelli essenziali delle prestazioni, definendole. Lo condivido, così come condivido che la possibilità di attingere agli aiuti che arriveranno dall'Unione sia un'occasione più unica che rara per porre mano a quel sistema, anche di definizione dei livelli e di finanziamento dell'opera di riallineamento delle varie aree del Paese, che è necessaria per dare uno sviluppo a tutta la nazione. Voglio solo ricordare che non c'è solo una differenza fra il Nord e il Sud, ma ci sono anche differenze che vanno colmate tra le stesse aree del nord.
  Signor Ministro, non so se lei ci ha mai fatto caso, ma la nostra Costituzione è entrata in vigore il primo gennaio 1948 e le regioni sono state istituite nel 1970, esattamente 22 anni dopo. Ora la legge costituzionale a cui lei ha fatto riferimento è del 2001. Se rispettiamo sostanzialmente questo trend, alla fine di questa legislatura, nel 2023 cadranno questi 22 anni dell'attuazione delle norme sul regionalismo. L'augurio che vi farei è di riuscire in qualche modo a emulare i legislatori della prima fase della storia della Repubblica e di portare a compimento, entro questa legislatura, una riforma che ormai è maturata.
  Volevo chiederle, la presidente ne valuterà l'opportunità, anche poi di tenere aggiornata la Commissione sui due provvedimenti collegati alla manovra di Governo, che verranno qui discussi in sede formale, ma sarebbe opportuno monitorarli anche informalmente e comunque rimanere sul pezzo, perché sono provvedimenti importanti per le nostre competenze.
  Infine, signor Ministro, volevo chiederle se ci può dare qualche elemento in più sul caso della Calabria. La Calabria è un caso particolarmente difficile da gestire sia per tutta la questione che c'è stata relativa alla gestione della sanità, sia perché, purtroppo, siamo in una situazione in cui la regione è priva del suo Presidente essendo prematuramente deceduta la nostra collega. Sarebbe stato un caso difficile da gestire comunque in questo contesto di emergenza e, in una regione priva del vertice istituzionale, la situazione diventa particolarmente delicata. Quindi, volevo chiederle se ci può puntualizzare i prossimi passaggi che ci attendono, perché quello che è successo l'abbiamo visto, per dare la possibilità anche alla Calabria di avere un'organizzazione all'altezza delle sfide che l'attendono. Grazie.

  EMANUELA ROSSINI. Grazie, Ministro, per il quadro davvero completo che ci ha dato e che sarà anche frutto di una nostra riflessione nel riportare sui territori tutte queste precise informazioni. Ho molto apprezzato l'equilibrio che lei e il Governo avete mantenuto durante tutta la gestione della pandemia e l'aver posto al centro del vostro lavoro questo meccanismo del confronto con le regioni, lavorando così bene anche con la Conferenza Stato-Regioni. È stato essenziale proprio perché tutti siamo chiamati a fronteggiare la situazione: le regioni, i territori e noi come Parlamento. Come diceva lei, l'attuazione della Costituzione è un dovere reciproco e credo che alle regioni non solo spetti il diritto di legiferare, ma anche la responsabilità e il dovere di legiferare, cioè di utilizzare gli strumenti che hanno, proprio per non lasciare al Governo o allo Stato quei compiti, a volte ingrati, con scelte impopolari. Pertanto, l'avvio del fondo perequativo della legge di bilancio deve essere accompagnato con una politica territoriale che utilizzi ed eserciti quegli strumenti che le regioni hanno per attuare già ora quello che è già in Costituzione. Questo è molto importante, perché se manca la politica territoriale, è chiaro che non possono bastare solo i fondi.
  Vorrei concentrarmi con una domanda sul tema di grande attualità che sta tenendo con il fiato sospeso il Paese, cioè cosa succederà a dicembre.
  L'organizzazione della sanità è importante, così come i parametri messi a punto che vanno a monitorare l'organizzazione dei pronto soccorso, le reti domiciliari, per capire come stanno i territori gestendo. A me pare che manchi un parametro che, ora, nella ripresa diventa cruciale ed è l'organizzazione dei territori. Immagino che lei sarà d'accordo che i territori non possono aspettare che noi sistemiamo tutto il sistema sanitario. Non possiamo aspettare Pag. 12di avere l'assistenza domiciliare perfetta prima di ripartire. Per ripartire dobbiamo stimolare la capacità organizzativa dei settori produttivi delle città e dei territori a mantenere con misure di cautela, a reggere in vista di una riapertura, perché deve esserci una riapertura graduale. Noi non possiamo, ripeto, aspettare di avere tutto a posto come sistema sanitario. La stagione invernale, da un punto di vista economico, costa circa 4 miliardi di fatturato e sono in gioco 100 mila posti di lavoro. Le altre regioni si stanno organizzando, anche per gli impianti sciistici, è il segnale che l'apertura ha dei protocolli di sicurezza raffinati. Quindi la mia domanda è: la cautela oggi è sinonimo di capacità organizzativa o dobbiamo aspettare solo i parametri sanitari? Perché altrimenti rischiamo di non riuscire a restare in sintonia con il Paese e con i cittadini e gli operatori che stanno mettendo in campo una volontà di stare insieme a noi con il Governo, ma anche di ripartire gradualmente. Grazie.

  SONIA FREGOLENT, (in videoconferenza). Ministro, la ringrazio per la puntuale relazione e mi unisco al ringraziamento a quei medici che stanno rientrando dalla quiescenza.
  Il professor Ricciardi pochi giorni fa ha affermato che siamo entrati in un periodo storico in cui questi virus e queste pandemie saranno sempre più frequenti. Con il Coronavirus ci è andata bene, perché ha una bassa letalità, ma se con il prossimo virus la mortalità dovesse essere più alta, i risultati sarebbero disastrosi. Quindi, le chiedo come si sta muovendo il Governo? Che cosa pensa di fare?
  Il 12 ottobre è stato previsto, in via definitiva, il piano di intervento dal titolo Prevenzione e risposta al Covid-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, se non ricordo male, il 4 novembre scorso. Non ritiene che questo piano avrebbe dovuto essere approvato prima e concordato anche con le regioni, in modo tale da essere pronti per la seconda ondata, che sapevamo tutti sarebbe arrivata nel periodo autunnale?
  Sulla completa attuazione del Titolo V della Costituzione e sull'avvio del regionalismo differenziato, sicuramente credo che quella che ci stanno offrendo, sia un'opportunità per eliminare eventuali sovrapposizioni e confusioni di competenze. Ritiene sia il caso di accelerare sul processo del regionalismo differenziato?
  Lei diceva che nella legge di bilancio sono stati stanziati 4,6 miliardi di euro per le disuguaglianze e concordo con lei sul fatto che sia doveroso ridurre il gap tra le varie regioni italiane. Tuttavia, in tutte le audizioni fatte, non parlo della sua in modo specifico, non sento mai parlare della riduzione delle inefficienze e del corretto utilizzo delle risorse. Prima di andare a distribuire ulteriori risorse, che poi costituiscono e saranno debito nei confronti delle future generazioni, qual è la strategia per ridurre le innegabili inefficienze che esistono nel Paese? Qual è il piano, qual è la sua idea e l'idea di questo Governo per quanto riguarda anche la valorizzazione dei settori e degli ambiti produttivi già esistenti? Perché è bene ridurre il gap e le disuguaglianze che ci sono, ma è il caso anche di supportare quegli strati industriali che sono il fulcro e l'elemento centrale per il motore del Paese, Senza partite IVA, senza imprenditori che si collocano anche in zone che non sono svantaggiate o comunque dove si sta abbastanza bene, non ha senso. Non deve esserci una politica punitiva, anzi forse dovremmo invertire pensiero e ragionare in termini opposti, ossia valorizzare quelle aziende che sono un traino per l'economia e, contemporaneamente, ridurre le disuguaglianze.
  Sul Recovery Fund, vediamo come si svilupperanno le trattative in Europa, perché non è così scontato l'arrivo delle risorse, che saranno una tantum. Ne abbiamo già parlato in altre occasioni in modo informale e ho sempre la stessa perplessità: essendo il Recovery Fund una tantum, come andiamo a finanziarlo nel prossimo futuro? Non possiamo pensare di introdurli e di lasciare poi, fra cinque anni, il problema a chi ci sarà dopo di noi. Credo che una politica lungimirante vada nell'ottica di una sostenibilità del sistema. Grazie.

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  ANTONIO FEDERICO. Ringrazio anche io il Ministro per la presenza più che mai necessaria e utile in questo periodo e, riprendo le parole usate anche dalla collega Rossini, per l'equilibrio con cui ha gestito questa situazione e il rapporto con le regioni, per come è stato impostato il lavoro anche del Governo, in cui c'è un giusto approccio di diversificazione delle iniziative di contrasto al diffondersi della pandemia, a seconda di quelle che sono le realtà territoriali e la resilienza dei territori. Tutto questo è possibile solo in un contesto di leale collaborazione tra Istituzioni, tra il Governo, tra lo Stato centrale e le regioni. Questo spesso ha portato ad accendere delle polemiche, che secondo me – come Parlamento – dobbiamo essere in grado di spegnere immediatamente, proprio per quel principio di unità nazionale che ci chiede il Paese, perché dobbiamo dare certezza e sicurezza a un Paese che ha bisogno di avere un faro importante. Quindi, il suo equilibrio e anche la relazione così puntuale, che ha fatto stamattina, vanno in questa direzione e me ne compiaccio.
  Voglio però affrontare un tema che riguarda la gestione sanitaria della pandemia a livello regionale. Secondo lei, qual è il rapporto tra lo Stato e le regioni, rispetto alla verifica dell'attuazione di tutti i vari piani di contenimento?
  Faccio riferimento ad alcuni aspetti ben precisi, come la questione della mortalità. Le terapie intensive devono stare al di sotto del 30 per cento proprio per restare in quei parametri a cui ha fatto riferimento, ma spesso succede che poi si muore nei reparti di malattie infettive oppure a casa, perché non c'è la presa in carico. Tutto ciò perché c'è una mancanza di personale medico e su questo è importante il riferimento al nuovo bando. Volevo chiederle, come prima domanda, se poteva meglio circostanziare questa aspetto, perché penso che sia importante soprattutto per quelle regioni, come la mia, il Molise, che viene da un commissariamento decennale e che ha avuto per dieci anni il blocco del turnover creando gravi problemi agli organici del personale medico.
  Lo stesso discorso vale per il territorio, perché il sistema delle Unità speciali di continuità assistenziali (USCA) va secondo me dimensionato non solo al parametro della popolazione, cioè una ogni 50.000 abitanti, ma anche a un contesto territoriale. Infatti, un'area metropolitana è diversa da un'area interna, un'area metropolitana di una città come Milano è diversa da alcune aree del nord di montagna, così come un'area metropolitana di Roma o di Napoli è diversa da un'area interna nell'Appennino. Un'altra cosa che le volevo chiedere è di verificare se questo parametro della realizzazione delle attivazioni delle USCA, uno ogni 50.000 abitanti, è funzionale rispetto alla diversificazione del territorio, perché magari in un'area metropolitana può funzionare, mentre in un'area interna in cui c'è una grossa dispersione demografica potrebbe creare dei problemi nel rapporto con il territorio.
  Un altro passaggio importante che lei ha fatto riguarda tutto quello che sono le competenze del Titolo V e l'attuazione del regionalismo differenziato. Credo che affrontare questa pandemia in questo modo è anche occasione per capire quanto sia importante avere un sistema sanitario il più unificato possibile in termini di prestazioni, di garanzia e di appropriatezza delle prestazioni in tutto quanto il territorio nazionale. È la nostra Costituzione che ci mette in condizione di avere quest'unitarietà e dobbiamo rafforzare questo aspetto.
  Il collega Gariglio ha fatto giustamente riferimento alla questione calabrese. Le chiedo anche, prendendo spunto dal fatto che il Molise è l'unica regione con una situazione paragonabile a quella della Calabria, in cui, dopo dieci anni di commissariamenti è stato nominato un commissario esterno, se era intenzione del Governo, parificare quella situazione che c'è in Calabria anche in Molise, proprio perché sono simili le situazioni e i contesti. Grazie.

  TIZIANA CARMELA ROSARIA DRAGO. Ringrazio il Ministro per la relazione. Prendo spunto da un'espressione che ricorre spesso ultimamente; quella della leale collaborazione.Pag. 14
  In questo momento, al Senato, stiamo lavorando sul cosiddetto decreto-legge ristori-bis, con degli interventi ad ampio spettro. L'ambito della relazione odierna è ovviamente quello sanitario, ma vorrei mettere in risalto anche alcuni aspetti che toccano le grandi e le piccole e medie imprese. In alcune testate giornalistiche ho letto dei commenti riferiti a interventi immediati e non strutturali. L'uno ritengo che non escluda l'altro e da questo punto di vista, volevo sottoporle una situazione spiacevole che si sta verificando in questi giorni proprio in una delle Commissioni del Senato, la Commissione Finanze e tesoro, riguardo un disegno di legge che riguarda le zone franche montane della Sicilia. Ho appreso, dal suo intervento, che anche nella legge di bilancio sono prospettati interventi su queste tematiche, però ritengo che sia una situazione paradossale, in quanto il percorso della legge dovrebbe completarsi a dicembre e ritengo veramente grave che sia un organo statale a bloccare l'iter, con la motivazione della copertura economica. Sembra che l'articolo 6 di questa legge non chiarisca se l'onere di 300 milioni annui sia a carico o meno della regione Sicilia. Su questo, e penso di parlare con il Ministro di riferimento, la regione Sicilia sta aspettando da 76 anni i decreti attuativi degli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto. Questo spiega il motivo per cui la regione siciliana e è dovuta necessariamente passare per l'autorizzazione da parte delle due Camere del Parlamento. Ritornando al discorso del problema strutturale, lei avrebbe il primato, dopo 76 anni, di poter richiedere un incontro della Commissione paritetica, che si chiama paritetica proprio perché due commissari sono scelti dal Parlamento e due dalla regione, per intervenire e cercare finalmente di mettere ordine in questo rapporto finanziario della Sicilia con l'Italia e dell'Italia con la Sicilia.
  Credo e confido profondamente, lo dico in questa sede, nel concetto di leale collaborazione, perché questo concetto è l'unico che può portare veramente a un intervento trasversale, in questo momento in cui abbiamo un'emergenza sanitaria notevole.
  Concludo dicendo che questo intervento permetterebbe di avere dei ristori proprio in un momento in cui la Sicilia versa in difficoltà economiche notevoli e mi riferisco alle piccole e medie imprese. Anche ieri, su La Repubblica è stato affrontato questo aspetto dello sviluppo economico siciliano e delle difficoltà che crea il fatto di essere stata dichiarata zona arancione.
  Ritengo che sia un intervento importantissimo, in questo momento ,per le piccole e medie imprese e per le famiglie in queste zone montane che potrebbero così avere un ristoro, da gennaio a ottobre, che potrebbe permettere loro ovviamente di fronteggiare tutta una serie di difficoltà non indifferenti. Grazie.

  FRANCESCO MOLLAME. Cercherò di essere brevissimo. Ringrazio il Ministro, perché la sua esposizione è stata molto chiara e fondata su dati assai interessanti.
  L'indirizzo che ha dato il Governo è stato quello di salvare in primis le vite umane e su questo sono pienamente d'accordo, in quanto sono scelte non derogabili, e poi l'economia, con le scelte seguite dopo la prima emergenza.
  Vorrei chiedere al Ministro se il Governo, nel momento in cui abbiamo superato la prima e la seconda fase pandemica, abbia pensato alla gestione di una terza fase, che dovrebbe probabilmente verificarsi nei primi mesi del 2021 e anche a un diverso approccio al problema, perché probabilmente incominceremo ad avere i vaccini. Le chiedo, quindi, se ha pensato di anteporre una strategia economica per cercare di risolvere le conseguenze di questa tragica pandemia. Grazie.

  BIANCA LAURA GRANATO. Grazie, presidente. Ministro, la ringrazio per essere intervenuto oggi, perché era fondamentale sentire la sua opinione su tutto quello che si sta verificando.
  Devo dirle però che non condivido la sua visione rosea dei rapporti tra lo Stato e le regioni e sulla leale collaborazione. Mi riferisco al piano scuola, per esempio, che, dopo un accordo raggiunto a giugno tra il Ministero dell'istruzione e le regioni per la Pag. 15gestione della riapertura delle scuole, ha visto invece una risposta assolutamente inefficiente e inefficace da parte di tutte le regioni. In molte regioni si è ritenuto di chiudere per prime le scuole, perché, contrariamente alle attività produttive ed economiche, non devono essere ristorate. Mi riferisco alla regione Campania dove le scuole sono chiuse dal 15 ottobre, per non parlare della regione Puglia dove il presidente Emiliano, dopo aver fatto un'ordinanza per la chiusura delle scuole del primo ciclo, poi l'ha praticamente ritirata, ma ha incitato i cittadini a non mandare i figli a scuola e ha assunto anche le sembianze di Ministro dell'istruzione locale, proponendo di fare la didattica sia a distanza che in presenza. Chiaramente tutte queste regioni, ad oggi non hanno presentato alcun piano per la riapertura. Credo che la riapertura delle scuole debba essere assolutamente una priorità, perché non possiamo precludere né ai ragazzi delle scuole superiori, né tantomeno ai bambini del primo ciclo, di poter riprendere la frequenza in presenza, a maggior ragione se ci troviamo di fronte a una chiusura partita da regioni dichiarate zone gialle come la Campania, senza delle misure per la riapertura. Sappiamo benissimo che i contagi arrivano nelle scuole dall'esterno. Non sono le scuole il focolaio dei contagi. È chiaro che i contagi continuano ad aumentare se non si prendono delle misure sul trasporto pubblico locale, ma non basta dire che è necessario ridurre l'affollamento dei mezzi pubblici, ma bisogna prevedere anche delle misure di vigilanza affinché tali misure vengano rispettate e anche tutte le limitazioni nella circolazione tra comuni agli assembramenti. Tutto questo deve essere accompagnato anche da misure sanzionatorie per poter essere efficace.
  Sono calabrese e, purtroppo, non ho la sua stessa visione così rosea per quanto riguarda la situazione anche dell'Italia, che non è né una Repubblica federale, né centralista, ma è una via di mezzo che, comunque, lascia indietro molti.
  La situazione purtroppo non ci consente e di poter dire che la riforma del Titolo V ad oggi abbia consentito a tutte le regioni di poter crescere allo stesso modo, anzi è il contrario, perché il gap tra le regioni è aumentato in maniera esponenziale e le misure di commissariamento, le vediamo adesso tutti i giorni, noi in Calabria in prima persona, non state efficaci per risolvere i vari problemi. Quindi mi sembra che, invece di procedere su una strada di incremento dell'autonomia, bisognerebbe fare dei doverosi ripensamenti. Grazie.

  PRESIDENTE. La parola al Ministro per la replica.

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie, presidente. Le domande sono molto puntuali e spero di essere nella condizione di rispondere, per i tempi limitati che abbiamo, ma ovviamente ci provo.
  Parto dalla fine, perché l'ultima risposta mi consente di riagganciarmi alle prime valutazioni fatte dall'onorevole Gariglio. Non ho mai parlato di situazione rosea, non è una mia espressione. Ho sottolineato che la leale collaborazione c'è stata, che va ricercata ogni giorno e che è necessario per tutti rispondere all'appello del Presidente Mattarella, perché è nostro dovere costituzionale essere conseguenti rispetto a quell'appello e ai problemi che abbiamo di fronte e che possiamo affrontare solo tutti insieme. Per questo ho ringraziato più volte i presidenti delle regioni, perché non è facile gestire una pandemia di queste dimensioni mantenendo sempre alta la ricerca della mediazione. Rivendico, questo sì e mi consente anche di rispondere all'onorevole Gariglio, la differenza tra il nostro sistema e gli altri sistemi che stanno attraversando difficoltà molto più gravi delle nostre. Mi riferisco alle comunità spagnola, ma anche al modello centralistico francese. Qualcuno di noi, per ragioni anagrafiche, ha anche l'età per ricordarselo. Non penso che un funzionario del Ministero della salute o, se volete, riprendo anche altri esempi per altri comparti, possa conoscere meglio di un presidente di regione e di un assessore alla sanità quale modello organizzativo attuare in una corsia di ospedale. Non sento la mancanza di quei tempi – sto parlando Pag. 16degli anni Settanta – in cui da Roma si decidevano anche i modelli organizzativi degli ospedali. La sanità italiana del 2020, pur con molti problemi, non è peggiore di quella degli anni Settanta e Ottanta. Vorrei che fosse chiaro a tutti.
  È evidente che stiamo parlando di funzioni e di responsabilità diverse. Una cosa sono le linee guida chiare e, in profilassi internazionale, le abbiamo attuate; un'altra sono i modelli organizzativi territoriali; un'altra cosa ancora, sono il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni, responsabilità di Governo e Parlamento insieme. Lo dico al collega del Molise, Federico: i livelli essenziali delle prestazioni li deve tirare fuori il Parlamento, di concerto con il Governo; non possono certo tirarli fuori le regioni e il rispetto di quei livelli porta a delle risposte, come per esempio la capacità di garantire alcuni servizi indipendentemente dal ceto e dal censo e la domanda successiva è chi paga. Negli anni scorsi, sbagliando a tutti i livelli, di fronte a questa domanda hanno prevalso i vincoli di bilancio. Dopo questa pandemia non ci sarà mai più qualcuno che metterà in discussione il diritto universale alla salute per vincoli di bilancio e io, aggiungo, nemmeno il diritto allo studio. È evidente che è cambiato qualcosa in questi mesi, è sotto gli occhi di tutti. Quelli che tra noi mettevano in discussione i vincoli di bilancio, rispetto alla tutela dei diritti universali, venivano emarginati nel dibattito politico. Ora però ci siamo e penso che ci si debba assumere questa responsabilità. Per questo sono d'accordo con Gariglio quando dice di ricercare, dopo venti anni, quell'attuazione delle norme volute dai padri costituenti, per la quale ci sono voluti 22 anni. Questo non significa non essere d'accordo con la clausola di supremazia. Condivido questa clausola, ma dentro la certezza di attuare fino in fondo il quadro costituzionale che oggi abbiamo, che non è solo il Titolo V, ma è anche il rispetto degli articoli della prima parte della Costituzione, che, se non definiamo i livelli essenziali delle prestazioni, non possono essere rispettati.
  Sul tema del regionalismo italiano, penso che si debba andare avanti e non indietro e che si debba chiarire, attraverso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, i punti che in questo momento restano sullo sfondo e che portano a un'ambiguità che induce la politica ad accapigliarsi su alcuni passaggi.
  Il passaggio che alcuni colleghi fanno rispetto alla vicenda calabrese, secondo me, è significativo. Penso che nessun commissario ad acta abbia mai avuto tanta attenzione come il commissario ad acta di questi ultimi giorni. Il commissario ad acta si occupa esclusivamente del ripiano dei disavanzi sanitari e non è il punto di riferimento operativo gestionale di tutto quello che accade alla sanità della regione oggetto del ripiano e se c'è un ripiano da fare, la legge non è dell'altro giorno, ma è del 2005, poi modificata nel 2007. Molte regioni tornare in equilibrio ci hanno messo dieci anni; alcune sette alcune, altre sei. Alcune sono uscite, penso al Lazio e al Piemonte, ma recentemente anche la Campania, dopo percorsi durati anni. Vorrei ricordare a tutti noi che dietro quegli anni c'erano anche anni di disastri. Non è un segreto che in alcune ASL calabresi, nel decennio che abbiamo alle spalle, mancassero anche i libri contabili, nel senso che non erano nemmeno approvati i bilanci e non possiamo far finta di dimenticarlo ora solo, perché c'è la pandemia. Dobbiamo assumerci ancora più responsabilità per rendere più trasparenti e rigorosi alcuni passaggi. Lo dico, perché anche il dibattito che c'è stato sul commissario ad acta è stato un dibattito abbastanza surreale, perché il commissario ad acta ha una responsabilità amministrativa molto chiara, ma non si occupa di una serie di misure per le quali abbiamo tutti la responsabilità di intervenire. Ecco perché penso che sia fondamentale il rapporto di collaborazione, e quello con la presidente Santelli, che manca a tutti, era eccellente. Con la presidente Santelli, anche se abbiamo avuto confronti duri, potevamo permettercelo entrambi, rappresentando le due Istituzioni, perché c'era un antico rapporto di rispetto e di conoscenza reciproca. Con il presidente Spirlì, nonostante le visioni politiche diverse, abbiamo non solo il dovere della leale collaborazione,Pag. 17 ma anche la consapevolezza reciproca che dobbiamo far sì che le nostre Istituzioni prendano e tengano per mano una regione straordinaria come la Calabria. Per questo vorrei che si distinguesse la funzione del commissario ad acta, che deve occuparsi esclusivamente del disavanzo sanitario. Lo dice la legge, non il dibattito politico. Ovviamente, dentro la pandemia emergono altre priorità che stiamo gestendo di concerto. Con la regione abbiamo individuato i quattro siti militari della Croce rossa, che sono già stati attivati e che servono a fare da polmone agli ospedali calabresi. Posso dirvi che la Conferenza Stato-Regioni di venerdì prossimo, la farò dalla sede della regione Calabria. Ho informato questa mattina il presidente Spirlì. Non è solo un segnale simbolico, perché l'ho già fatto in Veneto, l'ho fatto in Puglia, lo faremo venerdì in Calabria. I presidenti sanno quando siamo in giro per la pandemia e le regioni ci ospitano e, anziché farla dalla sala della Conferenza Stato-Regioni, le facciamo direttamente dalle sedi delle regioni. Lo faremo dalla regione Calabria venerdì e ci sono provvedimenti importanti che approveremo, ma – nello stesso tempo – questo livello di collaborazione ci porta a dire fino in fondo una serie di cose che abbiamo il dovere di affrontare e di risolvere. Uno di questi temi è come rafforziamo le reti sanitarie e su questo la regione già sta facendo un lavoro importante con le aziende, con la partecipazione di tutti i consiglieri regionali. A noi arrivano contributi che sono di tutti i consigli regionali e non guardiamo nemmeno più il colore politico di chi fa proposte. Nello stesso tempo devo dirvi che leggere le parole con cui Gino Strada ha commentato la conclusione di un accordo per la Calabria, dopo un attento e proficuo confronto fatto ieri con me e con il capo della Protezione civile, Borrelli, devo dire che siamo noi a doverlo ringraziare, perché Emergency è un patrimonio del Paese in giro per il mondo. Quella rete, sommata a quella della Protezione civile, non può far altro che rafforzare la capacità di intervento sui luoghi in cui siamo più sofferenti, come i luoghi del triage che ora stiamo affrontando con gli ospedali da campo, che ribadisco, non servono tanto per i posti letto, quanto per la capacità di far rifiatare le nostre trincee esterne, i nostri pronto soccorso. L'accordo raggiunto ieri, secondo me, permetterà alla Calabria di sfruttare nel modo migliore le qualità non solo di Gino Strada, ma anche di tutta Emergency e di questo ce n'era bisogno. Il lavoro che si farà sarà oggetto di un confronto e di un raffronto permanente istituzionale, dentro il perimetro della Protezione civile, che è un po' il riferimento di tutti noi italiani nei momenti di difficoltà e nei momenti di emergenza assoluta. Sono sicuro che questo accordo potrà dare un sostegno reale alla regione e anche al Paese, perché Emergency è già impegnata a Milano e con lo stesso modello potremmo intervenire anche per assistere le persone in difficoltà in altre aree del Paese e di questo ne sono molto orgoglioso, perché si tratta di qualcosa che è stata fortemente voluta dal Presidente del Consiglio, da noi tutti e da tutto il Governo, ma diversa rispetto alla gestione amministrativa del ripiano del disavanzo sanitario. Vorrei che fosse chiaro, ma il dibattito surreale che c'è stato nei giorni scorsi ha messo insieme l'emergenza assoluta, che possono affrontare solo uomini e donne che si mettono in camice e sono lì e affrontano i temi e lo fanno indipendentemente dalle loro storie, chi rientra dalla pensione e lo studente all'ultimo anno al quale è stato consentito di fare un'esperienza sul campo e in mezzo, poi, c'è tutta la storia della sanità italiana, più i tanti volontari della Croce rossa che fanno un lavoro eccezionale. Tutto questo non c'entra nulla con il disavanzo sanitario. Sono d'accordo con chi dice di recuperare anche gli ospedali dismessi o non completati ed è un lavoro, anche quello, che faremo insieme con la regione e la Protezione civile, se servirà, e lo valuteremo, ma sono tutti aspetti che non c'entrano nulla con il ripiano del disavanzo sanitario, che è una procedura amministrativa definita in maniera abbastanza semplice, ma rigorosa, dal Ministero dell'economia e delle finanze. Ovviamente so che condividete questa distinzione netta che sto facendo, ma dobbiamo farla qui in Parlamento,Pag. 18 perché altrimenti fuori emerge un dibattito schizofrenico che non ha alcun senso ed è anche falsato, perché si dà la percezione che il commissario sia una sorta di gestore di tutto, compresa l'emergenza. Se le cose non funzionano per l'emergenza, la colpa sarà nostra, perché la responsabilità è nostra, delle Istituzioni che possono intervenire con gli strumenti che conoscete, da quelli del Commissario per l'emergenza che, mentre noi parliamo, continua a inviare materiali, non solo in Calabria, ma in tutta Italia, alla Protezione civile e a tutti coloro che poi, attraverso la Protezione civile si raccordano.
  A quando le riaperture? L'onorevole Rossini sa, perché ci confrontiamo spesso ed è la caratteristica della seconda e della terza fase, che la capacità di convivere con questo tipo di contagio è molto diversa, come abbiamo visto, dalla prima parte e, probabilmente, sarà diversa anche dalla terza, ma è evidente che la convivenza passa attraverso la capacità di mettere in sicurezza alcune attività economiche. L'industria in questa fase non è stata chiusa, perché i protocolli di sicurezza, tra l'altro costruiti con i sindacati e le associazioni delle imprese, hanno funzionato bene ed è sotto gli occhi di tutti. Nella prima fase non c'erano protocolli. Ci siamo fermati perché non c'era e non poteva esserci un protocollo, perché non c'era mai stato il Covid-19. In tutte le regioni in cui oggi viaggio visito sempre delle aziende, degli artigiani e dei luoghi in cui ci sono imprese che hanno caratteristiche diverse, e trovo sempre protocolli rigorosi e rispettati, perciò la convivenza ha funzionato. È evidente che la convivenza con le piste da sci, se questa è la domanda, è una convivenza diversa, però anche lì si sta lavorando e anche lì ci sono rigore e attenzione. Intanto, riduciamo il più possibile non solo il livello di contagio, ma anche i luoghi del contagio e poi, insieme, come sempre abbiamo fatto fino ad oggi, valuteremo le diverse condizioni territoriali. Da questo punto di vista il modello distinto che c'è e che vi lascio, anche se già lo avete perché è figlio del decreto ministeriale della salute del 30 aprile, ci consente di entrare nel merito di tutte le valutazioni che abbiamo fatto sugli indicatori di processo, sulla capacità di monitoraggio e di risultato relative alla stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari. Tutti gli indicatori messi insieme ci danno gli aspetti che abbiamo di fronte. Quindi, ci dobbiamo convivere, ma avendo messo in sicurezza il più possibile il Paese, sapendo che in questo momento il virus viene contenuto con questo sistema di restrizioni che poi sono allentate un po'.
  L'altra domanda era quando si potrà riaprire tutto. Tutto non è contemplato, perché tutto ci porterebbe al primo gennaio del 2020 e lì non ci possiamo andare fino a quando non abbiamo la certezza che siamo fuori, ma dobbiamo avere anche la certezza che quando arriverà il vaccino, ci sarà un periodo in cui bisogna tenere in sicurezza tante persone. Arriverà il giorno X con il vaccino e l'immunizzazione di tutti, ma sarà un periodo di una sorta di phasing-out da questa condizione e lo faremo con il massimo rigore.
  La collega Drago chiedeva quali sono i sostegni per le imprese. Vi lascio per ragioni di tempo gli atti con tutte le risorse stanziate. Dei primi 100 miliardi quasi 40 miliardi erano andati alle imprese e 30 miliardi alle casse integrazioni, quindi indirettamente al mondo del lavoro e alle imprese. Degli altri 50.000 miliardi vi ho lasciato la ripartizione e non era un caso che la maggior parte delle risorse del primo lockdown fossero andate soprattutto al mondo dell'impresa e del lavoro. Agli enti locali, alla sanità e alle regioni era andata la restante parte, perché era necessario tenere in sicurezza il Paese sul piano sociale, alimentando anche lo stop che era stato imposto alle imprese. Ora le industrie non si sono fermate, l'artigianato non si è fermato, i servizi non si sono fermati, alcuni servizi alla persona non si sono fermati, altri sì. Ora c'è un focus su tutte le attività che si sono fermate e che vanno aiutate in maniera rigorosa e in tempi anche rapidi. I bonifici dell'Agenzia delle entrate sono partiti in moltissimi casi, in altri stanno partendo. C'è un impegno del Ministro dell'economia, del Ministro del lavoro e del Ministro dello sviluppo economicoPag. 19 nel monitorare, giorno dopo giorno, le competenze di tutti gli apparati dello Stato che devono dare risposte in tempo reale. È evidente che la differenza tra la seconda fase e la prima è legata al fatto che nella seconda fase una parte consistente delle attività economiche sono in funzione, ma sono in funzione anche nelle aree rosse.
  C'era un passaggio sul personale medico. Ovviamente io condivido l'omogeneità dei sistemi sanitari, perché penso che i livelli essenziali di prestazione la possano definire meglio. Su questo ribadisco la mia convinzione di attuare il più possibile la Costituzione, nel solco tracciato dal Presidente della Repubblica, di definire i livelli essenziali delle prestazioni e, se il Parlamento riterrà, di aprire una discussione costituzionale su alcune modifiche al Titolo V, a partire dalla causa supremazia. La disponibilità del Governo è totale, ma è una prerogativa del Parlamento, dentro una visione regionalista del Paese e non dentro una visione centralista, perché, per parafrasare Gariglio, torneremmo indietro di quei 22 anni. È come se negli anni Settanta fossimo tornati indietro al 1945. Invece, nel 1970, quando sono nate le regioni, siamo andati avanti. Possiamo individuare tre periodi, tre fasi successive: il periodo dagli anni Venti agli anni Novanta è stato quello della prima evoluzione; dagli anni Novanta in poi si va verso un forte decentramento amministrativo con le leggi Bassanini, l'autonomia impositiva (non vorrei farvi la storia, ma gli amministratori pubblici e i cultori della materia sanno che c'è una fase che va dal 1990 al 2001 e il 2001 con la riforma costituzionale apre un'altra fase ancora); ora, secondo me, siamo alla fine della terza fase, ma abbiamo il dovere di definire i livelli essenziali delle prestazioni e, forse, la pandemia ha anticipato la quarta fase, con uno Stato più forte nelle linee guida anche nei processi sanzionatori, ma più snello. Abbiamo bisogno di uno Stato snello, non obeso, e veloce, con tempi rapidi che devono essere dati anche dalle regioni e dagli enti locali.
  Chiudo sui medici. Sono d'accordo con quanto detto sul personale USCA nelle regioni più piccole, quelle con 50.000 abitanti, e so bene in Molise quanti chilometri valgono, ovvero tanti, così come in tutte le aree interne e tutte le aree di montagna e questi sono dati che abbiamo il dovere di rivedere e di adattarli alle aree interne e alle aree di montagna. Ringrazio pubblicamente il personale medico che sta facendo un lavoro eccezionale. Stanno tornando tutti quelli che potevano tornare, quindi il nostro grazie, soprattutto a chi torna dalla pensione, non sarà mai abbastanza.
  Ovviamente i temi sono tanti e sono articolati. I materiali ovviamente li lasciamo come sempre alla vostra disponibilità. Mi riservo davvero e vi do tutta la mia disponibilità, poi vedremo i tempi, di analizzare con voi invece tutto il dossier connesso ai ricorsi costituzionali, che oggi non abbiamo toccato per ragioni di tempo, perché viene fuori un quadro dal 2015 al 2020 molto interessante per una valutazione anche in termini di impatto delle leggi regionali sul sistema e viceversa. Non sempre su alcune ragioni di infondatezza è colpa delle regioni, perché vi garantisco che in alcuni casi c'è un abuso di potere anche da parte del centro, altrimenti non sarebbero infondate un numero così cospicuo di impugnative e mi riferisco alle leggi regionali. Anche qui ci sono alcuni settori e comparti che hanno una propensione ad impugnare che secondo me è sbagliata. Tutti i temi connessi al personale, all'ambiente, al coordinamento della finanza pubblica e a volte anche dei beni culturali, necessitano di un dibattito parlamentare serio, di un Parlamento che dia con chiarezza indicazioni e che possa ridurre il conflitto davanti alla Corte costituzionale. Questo rapporto, secondo me prezioso, che ci fa una fotografia sugli ultimi cinque anni di vita dei rapporti tra il Governo e le regioni e, in generale, dei confronti davanti alla Corte costituzionale, penso che sia un patrimonio per il Parlamento affinché possa dire delle cose chiare non solo alle regioni, ma anche allo Stato centrale nelle sue articolazioni, a partire dal Governo. Per questo, presidente, quando vorrà, potremo continuare questo confronto. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio, Ministro, anche perché c'erano i colleghi calabresi, in Pag. 20particolare, che o avrebbero voluto approfondire il tema. Quindi l'invito che le rivolgo è anche quello di interfacciarsi con il Ministero per poter approfondire in altra sede.

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Ho fatto una prima informativa in Consiglio dei ministri, devo completarla, vedremo con gli Uffici. In uno dei prossimi Consigli dei ministri la completerò e, se volete, vi trasmetterò il dossier presentato. Poi magari sulla base del dossier che vi avrò trasferito, così lo approfondite tutti, potremo fare un'audizione con il dossier già studiato, anche perché è assai corposo.

  PRESIDENTE. Perfetto. Salutiamo il Ministro, che ci trasmetterà tutta la documentazione. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.30.