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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVIII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Mercoledì 23 ottobre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE CONDIZIONI DEL PERSONALE MILITARE IMPIEGATO NELL'OPERAZIONE «STRADE SICURE»

Audizione del Prefetto di Palermo, dottoressa Antonella De Miro.
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 
De Miro Antonella , prefetto di Palermo ... 3 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 5 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 5 
Frailis Andrea (PD)  ... 6 
Chiazzese Giuseppe (M5S)  ... 6 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 6 
De Miro Antonella , prefetto di Palermo ... 6 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 7 

Audizione del Sottosegretario di Stato per la difesa, Angelo Tofalo:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 7 
Tofalo Angelo (M5S) , sottosegretario di Stato per la difesa ... 7 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 13 
Tripodi Maria (FI)  ... 13 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 13 
Deidda Salvatore (FDI)  ... 14 
Ferrari Roberto Paolo (LEGA)  ... 15 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 16 
Tofalo Angelo (M5S) , Sottosegretario di Stato per la difesa ... 16 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 16 
Boniardi Fabio Massimo (LEGA)  ... 16 
Russo Giovanni (M5S)  ... 17 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 18 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata dal Sottosegretario Angelo Tofalo ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANLUCA RIZZO

  La seduta comincia alle 9.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Prefetto di Palermo, dottoressa Antonella De Miro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle condizioni del personale militare impiegato nell'operazione «Strade sicure», l'audizione del prefetto di Palermo, dottoressa Antonella De Miro. Informo la Commissione che il prefetto di Caserta ha trasmesso una nota relativa alla sua audizione svolta il 16 ottobre scorso; tale nota è a disposizione dei deputati negli uffici della segreteria.
  Saluto e do il benvenuto alla dottoressa De Miro, che ringrazio per la sua presenza all'incontro di oggi. Ricordo che, dopo l'intervento del prefetto De Miro, darò la parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni, successivamente il prefetto potrà rispondere alle domande poste. Chiedo pertanto ai colleghi di far pervenire al banco della Presidenza la propria richiesta di iscrizione a parlare.
  Do, quindi, la parola alla dottoressa De Miro.

  ANTONELLA DE MIRO, prefetto di Palermo. Grazie Presidente. Ringrazio la Commissione per avermi convocata. Ritengo che questo sia un segno di grande attenzione, non soltanto per le Forze armate impiegate in questo delicato compito sul territorio siciliano, ma anche nei confronti del prefetto di Palermo. Vi ringrazio anche di aver posticipato a questa settimana lo svolgimento l'audizione, a causa dei miei impegni istituzionali.
  Ho preparato una breve relazione che posso consegnare o, se voi ritenete, posso completare con eventuali risposte che si rendano necessarie a integrazione di quanto dirò in seguito alle vostre domande e farla pervenire successivamente per i vostri atti.
  Premetto che l'esperienza dell'impiego dei militari nelle attività di concorso alle Forze dell'ordine per elevare lo standard di sicurezza sui territori e contribuire ai controlli e alla vigilanza di obiettivi sensibili è un'esperienza che muove per la Sicilia dall'operazione «Vespri siciliani». È un'operazione che io stessa ricordo perché, all'epoca, ricoprivo l'incarico di capo di Gabinetto alla prefettura di Agrigento; quindi, ero in stretto contatto con il responsabile del sistema operativo di Agrigento. È stato un impegno importante che ancora i cittadini ricordano, perché la Sicilia era stata funestata da stragi di mafia e delitti efferati. Quindi, questa operazione ha consentito di implementare il controllo del territorio, garantire maggiore sicurezza e recuperare risorse dalle Forze di polizia, che poi sono state destinate alle attività istituzionali che non potevano essere svolte dall'Esercito (la polizia giudiziaria e info-investigativa). Dunque, noi abbiamo già maturato un'esperienza positiva che si rinnova e si completa con l'operazione «Strade sicure» che ha inizio nel 2008 (ben undici anni di esperienza), nata proprio con l'obiettivo di garantire in alcuni territori, a Pag. 4rischio criminalità, un concorso alle Forze dell'ordine per implementare la sicurezza degli stessi.
  Nel documento ho descritto come si è sviluppato questo impianto operativo, che inizia con un'assegnazione di cinquanta unità per giungere, oggi, alle centoventi unità assegnate alla città metropolitana di Palermo. Inizia, inoltre, con un impiego rivolto al controllo del territorio mediante azioni di perlustrazione del territorio e di vigilanza di obiettivi fissi. Nel 2009 l'impiego è stato potenziato con altre unità – sono diventate sessanta – assegnate alla vigilanza fissa a due obiettivi sensibili: il consolato della Federazione russa e il consolato degli Stati Uniti d'America. Questi obiettivi fissi sono tuttora tutelati dall'impiego dei militari dell'Esercito italiano. Il resto del contingente ha continuato a essere impiegato in attività di perlustrazione. Tuttavia per il prosieguo si pose l'esigenza, posta anche dal ministero, di poter impiegare i militari in attività di controllo del territorio più mirate alla tutela di obiettivi sensibili non tanto nella forma della vigilanza fissa, quanto in una forma di vigilanza dinamica dedicata (VDD). Si individuano al tavolo del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica degli obiettivi sensibili e degli itinerari in cui sono presenti questi obiettivi e ai militari dell'Esercito viene assegnato il compito di vigilare questi circuiti con una vigilanza dinamica, che è una perlustrazione mirata alla tutela di obiettivi sensibili che insistono in quel perimetro. Nasce come una forma di sperimentazione, assentita dal nostro ministero, fintanto che nel 2015 questa modalità straordinaria è stata considerata anche a livello di provvedimento legislativo. Successivamente, le aliquote sono aumentate di ulteriori unità, perché abbiamo inserito nel frattempo altri obiettivi sensibili nel circuito di controllo e, in occasioni particolari, come la presenza del presidente cinese in Italia l'anno scorso e la Conferenza OSCE, sono state implementate di trenta unità dedicate a un controllo del territorio.
  Con riferimento all'attualità ho detto che abbiamo 120 unità, che non sono tutte operative: le unità dedicate a compiti operativi sono 103, le altre sono ovviamente di comando e di controllo. Questa attività viene svolta come attività che si esplica in vigilanza fissa a quegli obiettivi che già vi ho indicato e che sono stati individuati a suo tempo, e si esplica soltanto nelle ore di apertura al pubblico delle agenzie consolari (dalle ore 8 alle 14), salvo eventualmente qualche esigenza di prolungamento delle attività di ricevimento che viene rappresentata dalla stessa agenzia consolare.
  Noi abbiamo sei circuiti di controllo dedicati a obiettivi sensibili. Un circuito riguarda obiettivi ritenuti strategici, come ad esempio il porto o l'aeroporto di Palermo; poi ci sono dei circuiti in cui insistono obiettivi sensibili, come sedi istituzionali e personalità che a nostro giudizio hanno bisogno di un rafforzamento del sistema di vigilanza. Ovviamente si tratta di pattuglie che hanno compiti operativi che vengono disposti dal comandante del raggruppamento, ma approvati di volta in volta dal prefetto. Sono a disposizione del prefetto, ovviamente secondo le esigenze che vengono valutate in sede di Comitato provinciale ordine e sicurezza pubblica o, più specificatamente, di riunioni tecniche di coordinamento. In quelle sedi si individuano gli obiettivi sensibili e quali obiettivi di volta in volta possono entrare in un circuito o possono essere tolti da un circuito di vigilanza. La migliore attività di controllo con la maggiore efficacia si determina attraverso la garanzia di flussi informativi con le Forze dell'ordine. Quindi, sono spesso dei briefing in questura e sono a cadenza settimanale. Ci sono anche briefing che riguardano l'attività di sicurezza sul territorio. Ultimamente è entrata in funzione a Palermo il 112, il briefing ha riguardato anche questa novità, che modifica la chiamata alle unità che si occupano del soccorso cittadino. Non se ne occupa certamente l'Esercito. Però il briefing è dedicato anche a nuove iniziative, a nuove attività e a nuovi modelli organizzativi anche dell'apparato sicurezza. Le attività di controllo vengono espletate, normalmente, con due militari nella vigilanza fissa e con Pag. 5tre o quattro militari nella vigilanza dinamica dedicata.
  Come è cambiata nel tempo? Nei primi anni di applicazione di «Strade sicure» la vigilanza dell'Esercito era in concorso con le Forze dell'ordine, mentre oggi è svolta in via esclusiva, sia pure sempre in stretto collegamento con le sale operative delle Forze di polizia che sono, per quadranti, responsabili giornalmente degli interventi sulle fasce di territorio cittadino.
  Non posso che sostenere e affermare l'importanza di questo contributo, che costituisce davvero un rafforzamento del sistema di sicurezza complessivo, molto elevato nella città di Palermo e nella città metropolitana. Va anche considerato che l'impiego delle unità dell'Esercito ha consentito un recupero di circa sessantaquattro unità di personale delle Forze dell'ordine che potrebbero, per dare un'idea, costituire l'impianto di un commissariato di Pubblica Sicurezza. Ecco l'importanza in termini di recupero e anche in termini di deterrenza e di tranquillità dei cittadini. Tra gli obiettivi sensibili c'è, per esempio, anche la stazione di Palermo, in cui vengono svolti interventi molto importanti, perché i militari sostano, entrano all'interno della stazione, effettuano controlli. Voi sapete che hanno il potere di identificare le persone e, nella fase dell'identificazione, possono anche accompagnare la persona al più vicino posto di polizia o comunque chiamare le Forze di polizia per un affiancamento in queste operazioni.
  Ci sono dei dati che riguardano il primo semestre, che ho voluto indicare a titolo esemplificativo, che riguardano l'attività lavorativa, quella più visibile come risultato. C'è poi il risultato immateriale legato alla sicurezza, che credo sia molto elevato; parliamo di 108 persone sospette identificate, di cui quattro denunciate all'autorità giudiziaria in esito ai controlli, una a piede libero e tre in stato di arresto; ventidue veicoli controllati, di cui tre sottoposti a sequestro. Questi sono dati freddi che non rendono l'idea della sicurezza. Ho portato anche un documento di approvazione delle consegne, in cui è spiegato come si esplica un'attività di controllo, per esempio, a un immobile ritenuto obiettivo sensibile perché dimora o sede di una personalità, vero obiettivo sensibile: effettuare il controllo visivo all'ingresso del palazzo; effettuare un controllo dei sigilli di sicurezza, dove previsti, apposti nelle varie cassette (Telecom, ENEL, AMAP, eccetera) adiacenti allo stabile; pacchi sospetti lasciati incustoditi nelle vigilanza; tombini prospicienti l'edificio che non presentino segni di manomissione; controllare e identificare il personale che effettua lavori all'interno o in prossimità dello stabile; controllare e identificare individui che destino sospetti; controllare il divieto di sosta per le autovetture lungo entrambi i lati della carreggiata antistanti il portone d'ingresso; controllare eventuali auto sospette in sosta nei pressi dell'obiettivo, con successiva comunicazione all'autorità competente; bloccare le autovetture in transito al momento dell'arrivo e della partenza della personalità. Questo è un esempio delle consegne e delle modalità operative. Quindi, quando si percorre un circuito che presenta più obiettivi sensibili, queste attività di controllo sono fatte in più punti del tragitto. Immaginate come si eleva il controllo del territorio e la sicurezza grazie al concorso dell'Esercito.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che hanno chiesto di intervenire.

  ANTONIO DEL MONACO. Ringrazio il prefetto per la sua chiara esposizione. Lei ci ha detto che il contingente di militari è passato da 50 a 120 unità, di cui 103 sono operative, con un sostanzioso recupero di personale delle Forze di Polizia. Le chiedo, visto che lei ha vissuto anche il periodo dei «Vespri siciliani», quindi ha visto nascere e svilupparsi questo strumento nel corso del tempo, se ritiene che ci siano delle modifiche da apportare a questo strumento e, se sì, quali potrebbe indicarci. Ha detto inoltre che inizialmente l'attività di controllo era mista e poi è diventata esclusiva: da quanto tempo lo è diventata? Alcuni prefetti ci hanno parlato di attività miste, di un'interazione tra Forze dell'ordine e Forze armate molto ben bilanciata, che secondo loro ha dato maggiori risultati. Lei, Pag. 6invece, ci dice che per un certo periodo ha lavorato in tal senso e che successivamente è passata a un modello prettamente esclusivo. Vorrei una sua riflessione su questo modello.
  Visto il recupero che abbiamo fatto di personale di Forze dell'ordine, uno degli obiettivi che a suo tempo ci si era prefissati, vorrei poi una sua riflessione su questo strumento nato come strumento di emergenza, ma che non può rimanere più come tale. Infine, vorrei chiedere se lei intravede la possibilità di mantenere questo strumento facendo piccole modifiche, lasciando alle Forze armate i compiti di «Strade sicure» oppure attribuendo questo tipo di controllo di sorveglianza alle Forze dell'ordine.

  ANDREA FRAILIS. Ringrazio il prefetto per la sua presenza. Lei ha illustrato molto bene l'utilizzo dell'Esercito e delle Forze armate nell'operazione «Strade sicure». Le chiedo qual è l'impatto che la presenza di militari (talvolta da soli e talvolta insieme alle Forze dell'ordine) ha nei confronti della popolazione. Ci sono comunità che reagiscono in un modo e comunità che reagiscono in un altro. Sono favorevole all'utilizzo delle unità dell'Esercito in compagnia delle Forze dell'ordine, però c'è qualcuno che vede questo come una sorta di occupazione del territorio. A Palermo invece com'è la situazione? È accolta bene; c'è davvero questa sicurezza in più fin dall'operazione «Vespri siciliani» oppure ci sono dei malumori?

  GIUSEPPE CHIAZZESE. Ringrazio il prefetto De Miro per la chiarissima esposizione. Vivo il territorio della provincia di Palermo, la città metropolitana e vorrei chiedere al prefetto cosa ne penserebbe di un'eventuale estensione di «Strade sicure» dalla città di Palermo ai territori della sua provincia, dove magari c'è un tessuto criminoso abbastanza organizzato.

  PRESIDENTE. Do ora la parola alla dottoressa De Miro per le risposte.

  ANTONELLA DE MIRO, prefetto di Palermo. Grazie Presidente. Per il servizio di controllo fu proposto al ministero l'utilizzo in via esclusiva dei militari nel luglio 2012 e fu autorizzato. Credo che divenne modello operativo già a far data da gennaio 2013.
  Ritengo che questo sia un modello ancora efficace. Ho l'esperienza di Palermo, ma non solo quella, provenendo da Perugia. Ricordo come, ad Assisi, l'intervento dei militari a difesa di obiettivi sensibili come la chiesa di San Francesco d'Assisi è stato ben accolto dalla popolazione. Lo ricordo non fosse altro perché lo proposi io. Fu quello il periodo dell'attivazione di quel servizio, nel quadro di un'azione antiterrorismo nell'anno del Giubileo.
  Sono opportune delle modifiche? L'impianto organizzativo, salvo modifiche di dettaglio che si possono fare nelle riunioni tecniche di coordinamento del tavolo, va secondo me assolutamente bene e ha dato i suoi frutti. So che ci sono all'interno dell'Esercito delle riflessioni sulla possibilità di modulare l'organizzazione da turni in quinta a un ulteriore turno, per alleggerire l'orario di impiego dei militari. Inoltre potrebbe per le città essere preferibile l'utilizzo di mezzi più agili. Modifiche all'impianto io non mi sento di suggerirne, perché a Palermo ha dato grossi risultati e io, che mi occupo della sicurezza non solo della città metropolitana ma di tutto il territorio provinciale, so quanto affidamento facciamo a questo concorso da parte dell'Esercito. Ci sono dei luoghi che i militari controllano con grande dovizia di attività e di impiego operativo e – come avete visto – si tratta di modalità operative che anche le Forze di polizia, laddove sono destinate a questo tipo di controlli, fanno altrettanto bene. È un problema di risorse e di possibilità di utilizzare un concorso che garantisca anche un recupero delle Forze di polizia in altre attività di prevenzione, che non sono soltanto quelle del controllo del territorio, ma attività di prevenzione più ampie, anche con riferimento alle misure di prevenzione personali, patrimoniali, ad attività investigative, a controlli a esercizi commerciali per il contrasto di eventuali attività criminogene. Quindi Pag. 7c'è un'azione molto più ampia, a cui sono deputate le Forze dell'ordine.
  Con riferimento alla domanda sulla possibilità di impiego fuori della città, in effetti questo dispositivo già è impiegato fuori dalla città in quanto un circuito riguarda proprio l'aeroporto di Punta Raisi, a trenta chilometri da Palermo. Quindi, è già prevista nel nostro modulo organizzativo l'applicazione dell'Esercito fuori dal tessuto prettamente urbano. Devo anche dire che in sede di Comitato regionale per l'ordine e la sicurezza pubblica è stato valutato, anche su proposta del questore, di considerare un aumento del rischio sicurezza con riferimento all'aumento significativo di turisti che arrivano a Palermo: il porto è diventato attrattivo anche per le navi da crociera e sarà sempre più impiegato per l'attracco di navi da crociera, perché il commerciale si sposta su Termini Imerese. La città ha goduto di una maggiore visibilità internazionale a seguito di una serie di eventi: «Palermo Città della cultura 2018», «Manifesta» e l'inserimento nel circuito della protezione UNESCO di alcune importanti cattedrali, quali le cattedrali di Monreale e Cefalù, per cui si è valutata l'opportunità di un incremento ulteriore di unità di militari per rafforzare i presìdi di sicurezza alla cattedrale di Palermo, alla cattedrale di Cefalù e di Monreale. Quindi c'è una valutazione in questo senso. Definiamola una valutazione in progress.
  Per quanto riguarda la domanda sulla reazione dei cittadini, come sul sentiment che i cittadini dedicano a queste attività, da siciliana devo dire che l'impiego dei militari è molto apprezzato. Già dai tempi dei «Vespri siciliani» i siciliani hanno conosciuto questa presenza dei militari a presidio del territorio e la cittadinanza ha manifestato e manifesta davvero compiacimento per tutto ciò che rappresenta un'attenzione dello Stato alle condizioni di sicurezza della città e del territorio. Spesso la gente si ferma, dialoga con i militari, come fa anche con le Forze di polizia. C'è un grande desiderio di sicurezza, una grande volontà anche di partecipare la stima, la loro affezione nei confronti delle forze dello Stato nel loro complesso.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa De Miro e tutti gli intervenuti; dichiaro, quindi, conclusa questa audizione.

Audizione del sottosegretario di Stato per la difesa, Angelo Tofalo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del sottosegretario di Stato per la difesa, Angelo Tofalo, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle condizioni del personale militare impiegato nell'operazione «Strade sicure». Ricordo che l'audizione del sottosegretario conclude l'attività conoscitiva prevista nel programma di indagine all'ordine del giorno.
  Saluto e do il benvenuto al sottosegretario Tofalo, ricordando che, dopo il suo intervento, darò la parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni. Successivamente, il sottosegretario potrà rispondere alle domande poste. Chiedo ai colleghi di far pervenire fin da ora al banco della Presidenza la propria iscrizione a parlare.
  La parola al sottosegretario Tofalo.

  ANGELO TOFALO, sottosegretario di Stato per la difesa. Grazie Presidente. Con me c'è il Colonnello Nicola Piasente dell'Esercito italiano, per coadiuvarmi nel rispondere a eventuali domande più tecniche. Siamo arrivati alla conclusione di questa importante indagine conoscitiva, per cui immagino abbiate raccolto una mole notevole di informazioni. Il Parlamento sovrano potrà, dunque, fare le opportune considerazioni, ma, se anche oggi volessimo scendere più nel dettaglio su alcune cose, mi sono – se così si può dire – protetto le spalle con il Colonnello.
  Io suddividerò, cercando di non tediarvi troppo, in due parti l'audizione: nella prima parte farò delle considerazioni un po’ più istituzionali, politiche, meno tecniche per quella che è la mia esperienza. Ho ricevuto la delega su «Strade Sicure» nel precedente Governo e il Ministro Guerini mi ha riconfermato tale delega. Gli uomini dell'Esercito italiano (l'Arma che fornisce oltre il 95 per cento delle forze impiegate nell'operazione «Strade sicure») mi aggiornano Pag. 8 puntualmente. Quindi in una prima parte leggerò la mia relazione; nella seconda analizzeremo le risultanze dell'ultimo briefing – che vedete proiettato sullo schermo – fatto con il Colonnello e i dati aggiornatissimi sull'operazione «Strade Sicure».
  Interpretando la mia funzione di Sottosegretario alla difesa, permettetemi di esprimere l'apprezzamento del dicastero, unitamente al mio personale, per aver voluto deliberare questa indagine. Ritengo che questo sia stato un passo assolutamente opportuno per acquisire una conoscenza approfondita (a oltre un decennio dall'avvio dell'operazione) delle condizioni in cui gli oltre settemila militari delle Forze armate vivono e operano quotidianamente nell'espletamento di questo servizio per la sicurezza del Paese. In tale ambito sono lieto di poter condividere con voi la visione e le considerazioni del dicastero che rappresento.
  «Strade sicure», come viene familiarmente chiamata, è un'operazione che, attraverso varie rimodulazioni, è entrata nel suo dodicesimo anno di vita: un arco temporale decisamente significativo che ha abbracciato tre legislature, nelle quali si sono avvicendati ben sette Esecutivi. Un dato che deve far riflettere su come, a prescindere dall'orientamento politico contingente, il contributo dei nostri militari alla sicurezza del Paese sia sempre stato ritenuto fondamentale dalla politica, oltre che dalle persone.
  Il mio intervento giunge, come previsto, nella fase conclusiva di questa indagine, ossia in un momento nel quale ognuno di voi ha verosimilmente già consolidato la propria idea su questa operazione, realizzandone la valenza, maturando i propri convincimenti, confermando o, magari, riconsiderando la propria visione iniziale e individuando eventuali linee di sviluppo future. Siamo stati tutti aiutati in questo dal quadro che, in maniera ampia ed esauriente, è stato delineato da tutti gli autorevoli relatori che mi hanno preceduto. Mi riferisco ai vertici interforze di Forza armata; ai Comandanti a livello operativo e tattico, che ho potuto apprezzare per la loro conoscenza dei problemi e per la loro proattività nel contribuire a soluzioni; agli esponenti della rappresentanza militare; e, non ultimo, quali titolari dell'impiego della componente militare, le autorità prefettizie di alcune tra le sedi interessate dall'operazione. Poc'anzi si è conclusa l'audizione di Sua Eccellenza, il prefetto di Palermo.
  «Strade sicure» rientra nell'alveo delle attività relative al concorso delle Forze armate, alla salvaguardia delle libere istituzioni e allo svolgimento di specifici compiti in circostanze di pubblica calamità e, in altri casi, di straordinaria necessità e urgenza. Ora la natura concorsuale di un compito sottende di norma una connotazione temporale predefinita. Questo è il nodo forse nevralgico di tutto il discorso. Al contrario, infatti, questa operazione, attraverso varie rimodulazioni nelle consistenze organiche, ha visto ampliarsi il proprio raggio di attività sia in occasione di eventi specifici (come ad esempio Expo Milano 2015, il Giubileo della misericordia) sia per compiti contingenti (il terremoto di Ischia, il crollo del ponte Morandi), protraendosi da oltre undici anni.
  I risultati dell'impegno dei nostri militari sono stati già ampiamente illustrati da chi mi ha preceduto, pertanto non ripeterò quanto già noto. Comunque nel documento che ho preparato sono riportati tutti i dati aggiornati a pochi giorni fa. Non è, d'altronde, l'efficacia dell'operazione a essere oggetto di questa indagine, ma ciò che di questa efficacia deve essere uno dei presupposti fondamentali, ovvero le condizioni del personale militare impiegato. Circa un anno fa, quando ricevetti la delega su questa operazione, ho personalmente voluto indossare l'equipaggiamento. Su questo lo stato maggiore dell'Esercito, in particolare, aveva già fatto con lo stato maggiore della Difesa delle importanti riflessioni e da lì si era passati da un equipaggiamento di tipo pesante (l'unico esistente) a una rimodulazione in quattro modalità (T0, T1, T2 e T3), in base alle criticità e ai livelli di sicurezza della zona. Devo dire che questo intervento da parte dei vertici delle Forze armate è stato, a mio avviso, molto positivo e accolto con grande felicità da tutti gli uomini e le Pag. 9donne che prestano servizio. Però si può fare ancora di più, e in questo mi aspetto e ci aspettiamo un grande aiuto dal Parlamento.
  In tale ambito abbiamo tutti constatato, in un bilancio generale confirmatorio e senz'altro positivo in termini di professionalità, di approccio alla missione e alla prospettiva del cittadino, di fiducia nell'istituzione, l'emergere di talune specifiche criticità sottolineate in maniera ricorrente da chi mi ha preceduto. Tali criticità riguardano ambiti diversificati di natura operativa, finanziaria e logistico-infrastrutturale, ma vanno tutte immancabilmente a impattare sul personale militare, che è sempre il protagonista del successo di ogni operazione.
  So di parlare a una Commissione che ha fatto già tanto e farà ancora tanto ed è molto sensibile sull'argomento, però mi auguro che anche altri ci stiano ascoltando: sarò cruento con le parole, però parliamo di uomini e donne militari della Difesa e non di sacchi di patate da mettere lì. Scusatemi la durezza, però questo passaggio ci tengo a farlo, ed è ovviamente non destinato a questa Commissione, ma a ben altri che parlano dell'operazione senza conoscere il sacrificio e la professionalità dei nostri uomini.
  Per tale motivo tali vulnerabilità, pur non avendo mai costituito ragione ostativa nell'assolvimento del compito, e di ciò va dato ampio merito ai nostri militari, devono assolutamente essere prese in considerazione per le appropriate misure correttive, che necessariamente possono richiedere anche un nostro coinvolgimento. Mettere i nostri militari in condizione di svolgere al meglio il loro compito è, infatti, un dovere dal quale nessuno deve sentirsi escluso. In tale ottica la componente politica è già intervenuta in talune situazioni che ne hanno richiesto il diretto coinvolgimento. Mi riferisco, a esempio, allo stanziamento previsto nel decreto-legge n. 104 del 2019, al momento in fase di conversione in Parlamento, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 19 settembre, pari a 4,6 milioni di euro per il secondo semestre dell'anno in corso, relativo ai compensi per lavoro straordinario delle Forze di polizia e delle Forze armate. Si tratta di un passo fortemente voluto dall'Esecutivo che, nel recepire le aspettative del personale, riduce l'impatto dell'eccessivo accumulo di ore sulla pianificazione operativa dei reparti, a tutto vantaggio dell'addestramento e, conseguentemente, della possibilità per i nostri militari di disimpegnare al meglio i compiti primari di istituto. Siamo tutti consapevoli della necessità, ribadita in primis dal Ministro della difesa e manifestata in più occasioni anche in questa sede, di ulteriori sforzi per recepire risorse aggiuntive. Questo è l'obiettivo al quale si dovrà tendere, come lo stesso Ministro ha dichiarato nel corso dell'iter parlamentare di definizione dei provvedimenti. In questa direzione peraltro va l'impegno, espresso dal Consiglio dei ministri, per adottare a breve ogni utile iniziativa che consenta di individuare risorse idonee e ulteriori finanziamenti.
  Esistono poi aspetti di criticità le cui soluzioni richiedono una sinergia tra componente politica e militare. Devo dire che, come Esecutivo, tale sinergia l'abbiamo creata, ma anche il Parlamento e, in particolare, la Commissione difesa hanno fatto altrettanto. E questa indagine è la testimonianza della volontà di migliorare la situazione. Mi riferisco, in particolare, al tema dell'obsolescenza del parco veicoli impiegato nell'operazione, per il quale si è intervenuti autorizzando, nell'ambito dei programmi pluriennali di ammodernamento e rinnovamento dei mezzi dell'Esercito, l'acquisizione di automezzi (fra autovetture da ricognizione, veicoli multiruolo e VTLM 2 in versione light) per un ordine finanziario di circa 133 milioni di euro. Anche questo provvedimento si trova al momento in esame presso le competenti Commissioni parlamentari per l'espressione del previsto parere.
  Un altro tema emerso in maniera ricorrente nel corso dell'indagine è quello infrastrutturale, oggetto di un'attenzione corale e partecipata sia sotto l'aspetto di una efficace individuazione delle sedi di servizio, sia della tempestività negli interventi di ripristino al fine di garantire strutture adeguate Pag. 10 quanto a decoro, sicurezza e funzionalità delle esigenze operative del nostro personale.
  Sul primo aspetto abbiamo visto come, anche al fine di limitare gli spostamenti via terra e di ridurre i rischi e i disagi conseguenti, la Difesa si sia adoperata per alloggiare il personale, ove possibile, presso le strutture delle Forze armate disponibili nella zona di impiego ricorrendo, nel caso di indisponibilità e con oneri a carico del ministero, a strutture civili, cercando di fruire di quelle già convenzionate con il Ministero dell'interno, così da velocizzare le tempistiche e standardizzare con le Forze di polizia le modalità di alloggiamento.
  Quanto al secondo aspetto abbiamo constatato come i comandanti, verificato lo stato infrastrutturale delle sedi di servizio, abbiano senza indugio proceduto, ove necessario, alla contrattualizzazione di ditte per l'avvio di lavori di ripristino e manutenzione.
  Esistono poi specifiche misure attuabili solo nell'ambito di un opportuno dialogo interministeriale. Qui vorrei mettere l'attenzione e sensibilizzare la Commissione – so che non ce n'è bisogno, ma lo dico perché è mio dovere – proprio su questo dialogo interministeriale. Mi riferisco, a esempio, alle modalità di svolgimento del servizio, che (credo sia emerso in maniera ampiamente condivisa) sarebbe opportuno venisse svolto in chiave maggiormente dinamica, accorpando a esempio più siti in un unico itinerario di pattugliamento al fine di economizzare tempo e personale, diminuendo, nel contempo, lo stress. Ritengo opportuno proseguire l'approfondimento in tal senso in ambito dicastero affinché possa avere luogo un'interlocuzione con il Ministero dell'interno, titolare dell'impiego di personale militare di «Strade sicure». Questo concetto poi lo stresserò nelle diapositive preparate dallo stato maggiore dell'Esercito.
  C'è infine un aspetto particolare tra quelli emersi nel corso delle diverse audizioni, sul quale voglio soffermarmi, poiché esso in buona misura può essere considerato come la conseguenza comune di tutte le criticità sinora manifestate. Mi riferisco all'aspetto psicologico. So che in Commissione ci sono cultori ed esperti della materia.
  Abbiamo tutti compreso quale sia l'impatto che un'operazione come «Strade sicure», tendenzialmente atipica rispetto alla natura dei compiti delle Forze armate e poco dinamica quanto alle modalità di svolgimento del servizio, può avere sul personale, se protratta nel tempo, specialmente quando non è possibile godere delle opportunità di sfruttare utilmente i turni di riposo. Va poi sottolineato come le circostanze di impiego, per quanto in territorio nazionale, comportino sulle famiglie dei militari impiegati un peso logistico dovuto all'assenza del contesto familiare, ampiamente paragonabile a una missione operativa all'estero. Nella maggior parte dei casi, infatti, il personale di cui stiamo parlando non può più essere identificato come il ventenne con una famiglia alle spalle, bensì come il trentenne o quarantenne con una famiglia sulle spalle, con tutti gli oneri e le preoccupazioni che tale situazione comporta. Anche su questi aspetti si è intervenuti sia in maniera preventiva, attraverso attività mirate alla gestione dello stress e al supporto del personale in tutte le fasi dell'operazione (preparazione, condotta e ricondizionamento), sia cercando di trasformare, laddove concordasse l'autorità di pubblica sicurezza, un servizio di natura prettamente statica in una direzione maggiormente dinamica, con un ritorno senz'altro maggiore in termini di appeal motivazionale, ma soprattutto, visto che la Difesa fa difesa nazionale, efficacia operativa. Questo lo voglio stressare ulteriormente nelle slide che illustrerò perché è tecnicamente dimostrato.
  Sullo specifico tema del supporto al personale ricordo che accanto ai nuclei di psicologi a contatto, distaccati in operazioni durante l'insorgere di determinate situazioni di disagio, sono attive, su base permanente, anche molteplici strutture specialistiche. Mi riferisco, in particolare, all'unità di psichiatria e consultorio psicologico presso il policlinico militare del Celio che, unitamente agli altri consultori presso le infermerie presidiarie, ai poliambulatori Pag. 11delle Forze armate e al neo riconfigurato Centro veterani della difesa – inaugurato lo scorso anno e tuttora in corso di potenziamento – rappresenta un sicuro e qualificato riferimento in grado di fornire un aiuto concreto nelle situazioni di disagio non solo estreme, ma anche meno evidenti. Ora ho voluto riproporre alcune tra le vulnerabilità evidenziate, ben sapendo che ne sussistono altre, non meno importanti, segnalate e affrontate in maniera esauriente ed efficace dalle autorità che mi hanno preceduto.
  Onorevoli colleghi, non credo in coscienza che vi siano singole criticità sulle quali non si stia già intervenendo ai pertinenti livelli, tuttavia ciò che ritengo vada affrontato in maniera necessariamente corale è il problema di fondo di «Strade sicure», operazione che è nata con una connotazione emergenziale e, nel corso del tempo, anche in virtù degli innegabili risultati conseguiti, è diventata strutturale. Questo è un po’ il nodo: qualcosa che nasce in uno stato emergenziale e poi diventa strutturale. Ovviamente si richiedono delle modifiche che noi dobbiamo apportare.
  In tale quadro appare chiaro come un apparato concepito per supportare un'operazione temporanea in termini di personale, di risorse finanziarie, di mezzi logistico-infrastrutturali e di pianificazione operativa possa inevitabilmente mostrare i propri limiti, allorquando tale operazione si protrae sino ad acquisire natura permanente. Tutto ciò senza dimenticare che dall'inizio di «Strade sicure» a oggi è intervenuta una revisione dello strumento militare che ci ha impegnati, ci impegna e ci impegnerà ancora per molto nel razionalizzare al massimo grado le risorse disponibili. Nondimeno l'operazione «Strade sicure» non solo è utile, ma necessaria alla luce del contributo per la sicurezza delle nostre città. I risultati parlano da soli e – come ha affermato il Capo di stato maggiore della Difesa – in ambito internazionale pochi altri Paesi esprimono il nostro impegno.
  Serve a questo punto riflettere sulla necessità di disegnare un nuovo perimetro con un ampio approccio interdicasteriale della minaccia alla quale siamo soggetti per poter ricalibrare il dispositivo di «Strade sicure» in maniera aderente, efficace e virtuosa in termini numerici, logistico-infrastrutturali e amministrativi, senza pregiudizi per l'assolvimento dei compiti primari dello strumento militare in misura tale da tutelare appieno il personale delle Forze armate, ponendolo in condizioni di operare al meglio. In questo modo l'elemento umano, fattore chiave nel successo di ogni operazione, potrà essere gratificato nel senso più ampio del termine rendendo il successo di «Strade sicure» realmente completo. È questo l'obiettivo che accanto ai vertici delle Forze armate deve coinvolgere tutti noi parlamentari, quindi Commissione difesa e membri dell'Esecutivo e, a riguardo, è inutile sottolineare che il contributo di questa indagine conoscitiva, ormai al termine, sarà fondamentale.
  Voglio lasciare tempo alle domande, per cui andrò velocissimo, però ci tengo a farvi vedere alcune cose di questa presentazione che è il briefing che ho avuto pochissimi giorni fa dallo stato maggiore dell'Esercito, pertanto i dati sono aggiornati a pochi giorni fa.
  Nella terza slide parliamo di voi e di tutto il lavoro eccellente che state facendo e nella quarta ci sono tutti i riferimenti normativi.
  Nella quinta slide vediamo l'impiego sia a comando e controllo, quindi la doppia discendenza (Ministero dell'interno/Ministero della difesa), tutte le Regioni impegnate (esclusa la Sardegna e il Molise), quindi la copertura nazionale.
  I dati sono aggiornatissimi. Un dato sicuramente da notare è che sui settemila militari impiegati, quattromila sono sulla verticale delle tre città principali (Milano, Roma e Napoli): duemila a Roma e mille a Milano e Napoli. Non voglio ribadire i dati sui controlli, ve li avranno già raccontati. Ci sono tutti i risultati dal 2008, per cui basta guardare i controlli su tre milioni e mezzo di persone e quasi un milione e mezzo di veicoli e vedere tutti i sequestri di armi, veicoli, articoli contraffatti, persone arrestate. Pag. 12
  Vi ho detto che, come legislatori, bisogna rilevare che un'operazione che nasce come emergenziale si è trasformata negli anni in strutturale. Qual è stato forse l'errore concettuale che abbiamo fatto come politica? Quando c'è stata l'Expo, si è inviato un certo numero di uomini; poi è finita l'Expo, ma l'incremento del numero di uomini è rimasto lo stesso con il Giubileo straordinario. Quindi parliamo di due eventi emergenziali, che sono diventati strutturali, perché poi l'incremento di uomini è rimasto. Quest'anno, invece, con le Universiadi di Napoli è stata fatta una cosa ottima, perché c'è l'incremento deciso dal Parlamento sovrano, ma terminato l'evento critico che ha richiesto questo intervento, il numero di uomini è ridisceso. Invece in precedenza il numero degli uomini impiegati è cresciuto con le risorse che sono quelle che sono (i turni, gli ulteriori sessanta giorni di recupero) e anche lo strumento militare si è ritrovato con meno personale.
  Mi voglio soffermare qualche minuto in più sulla slide numero 11. In alto a sinistra vedete piazza Venezia. Abbiamo un sito, un piccolo gazebo con i nostri uomini e donne impegnati nell'operazione «Strade sicure» proprio davanti alla stazione dei carabinieri. Questa è un'incongruenza: noi facciamo mettere una postazione di «Strade sicure» fissa a presidiare dove c'è già un punto di presidio del territorio. Al centro vediamo la residenza dell'ambasciatore di Algeria ritenuta sito strategico, ma in realtà l'ambasciatore non c'è, oppure c'è un'ora al giorno, la mattina e la sera. Anche davanti all'ufficio immigrazione della questura c'è una ridondanza, perché spesso e volentieri c'è anche il personale della Polizia di Stato. In basso, a destra, vedete le ambasciate di Libia e Iraq e, se andiamo alla slide successiva, anche qui, in basso a destra, vedete l'asilo infantile israelita e l'Unione delle comunità ebraiche italiane: sono due casi in cui a distanza di pochi metri ci sono due siti considerati sensibili. Siccome nel decreto è scritto «sicurezza per singolo obiettivo», l'interpretazione, giustamente, è presidiare i due siti. Quindi noi abbiamo due siti statici dove i nostri ragazzi si guardano in faccia, quando in realtà basterebbe un unico posto mobile in cento metri che riesce a presidiare il tutto e rendere l'attività più dinamica, meno pesante e anche più efficace.
  Passo ora a una slide dove c'è un esempio positivo, quello della terra dei fuochi. In questo contesto è stato dimostrato tecnicamente come, quando abbiamo aumentato, quindi previsto più posti fissi (la vigilanza allo STIR), sono cresciuti i roghi e le attività malevoli in quel sito, perché, avendo la postazione fissa, anche se ne mettiamo in numero maggiore, i posti sono quelli, chi è malintenzionato lo sa e va altrove. Invece, anche riducendo i posti, quindi anche le risorse, ma rendendoli dinamici, abbiamo riscontrato un netto calo dei roghi e delle attività illecite. Questo è un buon esempio di come, applicando la dinamicità, si sono avuti risultati migliori. Quindi si rende lo strumento più efficace.
  Passo all'evento delle Universiadi che è stato positivo, perché non è stato un intervento strutturale: c'è stata l'emergenza, abbiamo incrementato gli uomini e poi siamo ritornati ai numeri precedenti, così come si dovrebbe fare.
  Vengo alla problematica del CARA di Mineo e di tutti gli hotspot e gli hub, riguardanti i siti per l'immigrazione. Qual è il dato da rilevare? Lo riassumo brevemente. Siamo partiti nel 2016 con un numero di uomini inferiore a mille, per un controllo su quasi dodicimila migranti. I Centri sono stati poi svuotati e quindi non hanno più migranti al loro interno, ma le unità che sono rimaste lì nei siti a fare il controllo non sono diminuite. Quindi non c'è aderenza con quelle che sono le emergenze, perché nella legge vengono ancora considerati punti sensibili anche se, in realtà, non c'è più l'emergenza. L'emergenza è quella normale magari in una normale abitazione dove chi è malintenzionato può accedere o vuole accedere all'interno del CARA di Mineo. Non c'è più quella problematica emergenziale che ben conoscete sull'immigrazione.
  Abbiamo visto come, nonostante le mille difficoltà, le Forze armate, l'Esercito in particolare, abbiano sempre risposto in maniera Pag. 13 notevole (terremoto di Ischia, ponte Morandi, l'alluvione di Belluno, terremoto di Catania) e abbiamo visto come velocemente siamo stati in grado di intervenire, per esempio sul ponte Morandi, con attività di anti-sciacallaggio. Anche questo non viene evidenziato. Oltre alle attività normali, strutturate ci sono quelle di emergenza che purtroppo sono spesso frequenti in un Paese a elevato rischio sismico come il nostro.
  Concludo segnalando quella che, a mio avviso, potrebbe essere una soluzione: intervenire – questo è un compito che affido a voi, ovviamente con un opportuno dialogo e l'avete fatto già in questa indagine conoscitiva con i prefetti – affinché si possa andare a modificare il decreto aumentando la dinamicità del servizio, quindi rendendo in alcuni punti possibile l'applicazione non di un sito fisso, ma dinamico. Ritengo che per rendere il lavoro più facile e meno pesante ai nostri uomini (stare in estate oltre quaranta gradi, in inverno sotto la pioggia sei o sette ore non è semplice) occorra modificare nel decreto questo aspetto e dare la possibilità alle prefetture che applicano la legge di trasformare molti siti fissi in siti dinamici. Ciò, a nostro avviso, renderebbe molto più piacevole l'attività alle Forze armate.

  PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Tripodi.

  MARIA TRIPODI. Desidero ringraziare il Sottosegretario per la dettagliatissima relazione che ci ha fornito stamani. Naturalmente l'argomento è abbastanza corposo, visto che questa operazione viene fatta ormai da più di dieci anni e considerato lo sforzo che i nostri militari fanno.
  Noi abbiamo avuto modo di ascoltare i vari contributi offerti nel corso di questa indagine e abbiamo visto che c'è stata un'evoluzione molto positiva per quanto concerne sia la professionalità, che non è mai mancata, dei nostri militari sia per quanto riguarda la loro condizione che è andata migliorando. Il Sottosegretario ha accennato anche alla questione dell'equipaggiamento che si è cercato sempre di migliorare con il passare degli anni per rendere più funzionale il lavoro quotidiano.
  Vorrei fare una considerazione, più che una domanda. Questa operazione ha portato dei benefici concreti all'ordine pubblico, alla sicurezza e, secondo me, ha avvicinato moltissimo la popolazione alle Forze armate, ed è una cosa non da poco. Nel corso degli anni molte operazioni di questo genere hanno fatto sì che la popolazione si sentisse rassicurata dal presidio che veniva fatto sul territorio. Sarebbe interessante sapere per quanto si intende proseguire con un'operazione di questo tipo e se un'operazione di questo tipo può svilupparsi non solo per situazioni che hanno come finalità la questione dell'ordine pubblico e della sicurezza, ma anche, con il passare del tempo, in maniera diversa.

  ANTONIO DEL MONACO. Grazie, Sottosegretario, per la relazione così ricca di spunti di riflessione, oltre che di dati confortanti.
  Dalle tantissime audizioni fatte possiamo dire che l'indagine ha già avuto un dato positivo: quello di stimolare de facto anche se non ancora de iure – e abbiamo avuto anche dei ritorni direttamente dai prefetti – la possibilità di andare verso forme di una maggiore dinamicità. Possiamo dire che quasi ovunque, e in particolar modo a Caserta dove si sta attuando il nuovo modello, sia stato fatto un doppio passo in avanti: quello della dinamicità e soprattutto quello della pattuglia mista. Ma quali sono gli elementi che da questa indagine sono emersi? Innanzitutto un problema dal punto di vista dei mezzi che utilizzano i nostri militari, perché talvolta ci troviamo di fronte a mezzi che non sono così agili; sappiamo che state lavorando sulla turnazioni, ed è un fatto molto importante; la questione dell'arma corta rispetto al problema del fucile che è pesante (personalmente, da militare, posso dire che l'uso del fucile non va certo bene per questo tipo di attività). Poi abbiamo già accennato alla situazione logistica e sarebbe veramente importante poter operare sulle condizioni riferite agli alloggi. Il servizio nell'operazione «Strade sicure» non è come il servizio per il corpo di guardia, perché mediamente c'è una differenza di sei mesi: al corpo di guardia ci sto ventiquattr'ore o, Pag. 14al massimo, una settimana, basta una branda, un mezzo armadietto e finisce là; nell'operazione «Strade sicure» il militare deve restarci per sei mesi. Il problema sussiste anche nelle ore libere perché, molto probabilmente, il militare non potrà andare altrove (la turnazione non me lo permette) e, quindi, è giusto che venga data una decorosa sistemazione logistica.
  Per quanto riguarda l'aspetto interministeriale avrei una mia proposta. Dovrebbe essere chiarito che il Ministero degli interni dovrebbe indicare l'obiettivo, mentre il Ministero della difesa dovrebbe occuparsi della parte operativa e di come raggiungere l'obiettivo e, quindi, occorrerebbe che vi sia una maggiore incisività da questo punto di vista da parte del Ministero della difesa.
  C'è poi un altro problema: spesso e volentieri vengono utilizzati i VFP1 che hanno un trattamento diverso dal punto di vista economico, ma soprattutto una diversa disciplina dei recuperi rispetto ai VFP4 e ai VSP, e sono uomini e donne anche i VFP1, e non – come diceva il Sottosegretario – sacchi di patate.
  Quando parliamo di dinamicità, dobbiamo considerare anche l'inutilità di presidiare in maniera fissa siti contigui, oppure magari se l'obiettivo sensibile è presente solamente per un'ora al giorno, chiaramente io vado a salvaguardare quell'ora e, se poi ci vuole la vigilanza, la farò di pattuglia passando ogni tanto. Anche perché in termini di operatività sappiamo benissimo che le pattuglie hanno di per sé l'obbligo di non fare mai lo stesso percorso, quindi la diversità del percorso ti mette in condizione di sorprendere il malavitoso. Queste scelte fanno parte di quell'operatività che dovrebbe essere assegnata alla Difesa e non agli Interni.

  SALVATORE DEIDDA. Ringrazio il Sottosegretario, a cui devo riconoscere l'attenzione che ha prestato alle diverse interrogazioni presentate dal gruppo di Fratelli d'Italia, anche su argomentazioni che per il Governo non erano semplici, rispondendo sempre con sincerità. Ricordo anche la sua visita ai soldati dell'operazione «Strade sicure», quando provò l'attrezzatura utilizzata; ricordo il question time dove ammise che la Difesa cercava i fondi, ma che il resto dell'Esecutivo non li aveva assegnati.
  Adesso termino la mia fase pro governativa e passo alle cose più critiche: i fondi. Non è un segreto che il problema di «Strade sicure» sia l'aumento enorme dell'impiego straordinario di uomini, che non vengono ricompensati per quanto spetta loro. Fanno trentasei ore di straordinario e gliene vengono riconosciute un terzo; vengono accumulate ore in riposi, ma non possono essere usufruite perché sappiamo benissimo che gli uomini dell'Esercito devono prepararsi per la prossima missione e si devono addestrare. È ovvio che ci sia del malcontento, che ci sia uno stress psicologico eccessivo. Ricordiamoci che le brigate che vengono a Roma arrivano dall'estremo Nord o dalla Sardegna. Quando vengono a Roma, dove passano il tempo libero? Devono anticipare sempre i soldi e l'indennità o quello che spetta loro arriva sempre dopo mesi. Quindi la loro è una spesa. Ho apprezzato l'impegno dell'Esercito nel cercare di tamponare l'emergenza alloggiativa, perché ho visto i lavori, ho visto l'impegno, ma c'è ancora troppo da fare. Chi non si occupa di difesa crede che i soldati siano abituati a stare nelle buche. Lo fanno sì, ma in Libano, in Afghanistan o in ambienti ostili; se vai al centro di Roma, non è che devi stare in condizioni pietose.
  Sul problema operativo vedo che il Governo sta agendo; il problema è capire quanto possa durare questa operazione, che si sta allargando in tutti i modi. Anche se l'operazione diventa mobile – come abbiamo chiesto – ci dobbiamo comunque ricordare che i soldati non possono arrestare nessuno. I soldati intervengono, bloccano, ma poi devono chiamare chi può effettuare l'arresto e può prelevare il delinquente. Quindi sicurezza anche dei nostri uomini, che sono sottoposti allo stress di essere guardati da tutti e ripresi con il telefonino mentre intervengono per fermare un povero delinquente. Dobbiamo proteggerli e dar loro una sorta di protezione. Il precedente Governo l'ha data quando è capitato – lo riconosco – ai soldati che avevano fermato qualcuno, c'era Pag. 15stata una polemica mentre avevano fatto il proprio dovere, e dovrebbe essere sempre così. Dobbiamo proteggerli. Se noi vogliamo che vadano a vigilare e fermino i delinquenti, se non c'è il carabiniere, loro devono essere protetti nella loro azione, non devono rischiare una denuncia.
  Ricordo però anche le parole, se non sbaglio, del Capo di stato maggiore, che ha detto che l'operazione «Strade sicure» è stata negli anni un'operazione straordinaria e sta diventando ordinaria; va rimodulata, ripensata, forse diminuita. Giustamente Carabinieri e Polizia potrebbero cominciare a chiedersi «noi cosa ci stiamo a fare?». Se per ogni emergenza si chiama l'Esercito, è bello che ci sia tanta fiducia, ma, al tempo stesso, è un atto di sfiducia verso i Carabinieri e la Polizia che, non per colpa loro, a volte intervengono in ritardo o non possono fare tutti i controlli che devono fare, perché mancano le risorse necessarie a garantire tutto. L'Esercito deve essere impegnato per i compiti suoi propri. In quante missioni è impegnato? Ricordiamoci che siamo circondati da conflitti, aree di tensione; andiamo a vedere quanti militari sono impegnati nelle missioni all'estero e forse ce ne vorrebbero di più per garantire sicurezza, avrebbero bisogno di armamenti migliori, e ci sarebbe veramente bisogno di un ripensamento dell'operazione «Strade sicure». Ahimè, in Sardegna non c'è neanche un sito sensibile dell'operazione, anche se c'è la Brigata Sassari che potrebbe rimanere in loco.

  ROBERTO PAOLO FERRARI. Ringrazio il Sottosegretario; è sempre piacevole ascoltare quello che ha da dire, anche perché lo fa in maniera ottima.
  L'indagine è nata per sondare e approfondire le problematiche giunte a conoscenza dei componenti di questa Commissione e, sicuramente anche del Governo, relative alla trasformazione – lo ha sottolineato anche il Sottosegretario – da emergenziale a strutturale di un'operazione svolta all'interno di un quadro normativo che prevede la possibilità del concorso delle Forze armate a tutela e a garanzia delle libere istituzioni. Nelle slide che sono state proiettate si è potuto verificare come un'operazione, che oramai ha superato il decennio, abbia conosciuto una crescita esponenziale soprattutto dopo la manifestazione di Expo; si era partiti da tremila unità (quelle autorizzate in prima battuta) per arrivare a un numero quasi stabile di circa settemila unità, per ritornare a 7.065 unità dopo il termine delle Universiadi di Napoli. Questo ha generato quelle problematiche che toccano l'aspetto economico, che è un aspetto importante, ma anche tutti gli altri aspetti che nella relazione non sono stati nascosti: quello della dotazione strumentale; della situazione alloggiativa; delle modalità operative di impiego; della distanza dalla famiglia; dell'aspetto psicologico; delle possibilità di recupero, connaturate anche all'aspetto degli straordinari. Oltre all'aspetto economico, che è una componente importante, ci sono dunque tanti aspetti psicofisici sicuramente preponderanti per uomini che sono – ce lo hanno sottolineato anche le audizioni precedenti – addestrati per fare altre attività, e svolgono questi compiti in maniera assolutamente puntuale e precisa, anche seguendo le istruzioni operative che vengono dettate dalle prefetture e dal Ministero degli interni. Per esempio, poche settimane fa, il militare provocato a Napoli che non ha reagito si è comportato nella maniera più opportuna, utilizzando tattiche che possono garantirgli di operare all'interno di un contesto urbano, a dimostrazione della formazione e della capacità di operare anche in questi contesti, nonostante la loro sia una formazione diversa.
  Abbiamo raccolto l'impegno, che penso il Governo vorrà portare avanti a proporre modifiche normative al fine di migliorare quelle situazioni e condizioni di operatività che hanno già visto dei correttivi. Arrivo alla domanda. Ritiene, anche a seguito di questa indagine conoscitiva, che il Governo, il Ministero della difesa, in stretta collaborazione e in rapporto con il Ministero degli interni, possano non dico chiudere l'operazione ma arrivare a una riduzione e tornare ai numeri iniziali, in modo da consentire alle Forze armate impegnate anche in missioni internazionali (abbiamo sette/ottomila uomini impegnati continuativamente Pag. 16 nel corso dell'anno in missioni internazionali) di avere unità sufficienti per garantire la propria funzionalità? Inoltre, ritiene che, come sottolineato in altre audizioni, questi compiti possano essere restituiti alle Forze di polizia anche attraverso incrementi – e qui la domanda è come Governo – di personale delle Forze di polizia sia a ordinamento civile che militare?

  PRESIDENTE. Do ora la parola al Sottosegretario per le risposte.

  ANGELO TOFALO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Grazie, Presidente. Rispondo per tutti, anche se perlopiù sono considerazioni che condivido in toto, quindi ringrazio i colleghi onorevoli Tripodi, Del Monaco, Deidda e Ferrari.
  Ritengo che questa operazione vada sicuramente mantenuta e migliorata; c'è stata già una proposta dell'Esercito italiano, quindi in accordo con lo stato maggiore della Difesa, per ridurre gli uomini di duemila unità. Come evidenziato prima, il problema – ma l'avete colto tutti – è stato proprio quello di trasformare ciò che era emergenziale in strutturale. A mio avviso, negli anni, la politica non ha forse fatto le opportune considerazioni che oggi noi abbiamo fatto, e per questo ringrazio ancora il Presidente e tutti i commissari per questa importante indagine conoscitiva.
  Ritengo che all'interno dell'operazione «Strade sicure» ci siano esempi virtuosi e altri magari meno virtuosi, ma credo che si possa verticalizzare, quindi settorializzare anche l'operazione su altre specificità.
  Sulla riduzione io non ritengo di avere la soluzione: non c'è una soluzione univoca. La riflessione è che non si migliora un'operazione semplicemente dando i soldi, cosa che piacevolmente ho sentito da più parti, ma andando a ottimizzare lo strumento. Quindi sicuramente una riduzione degli uomini e poi, lì dove dovesse essere necessario, si può intervenire come fatto quest'anno alle Universiadi e in altre situazioni, perché – questo lo ribadisco in conclusione – i dati e i risultati dell'operazione «Strade sicure» sono sotto gli occhi di tutti. Il merito l'abbiamo dato tutti alle Forze armate, in particolare all'Esercito italiano; c'è ed è messo agli atti. Ridurre gli uomini si può fare; c'è stata una proposta sulla quale si può ragionare, però non è detto che sia quella la soluzione.
  In conclusione voglio sensibilizzare tutti, con le vostre omologhe Commissioni parlamentari, che fare un intervento normativo sul decreto – il Governo ha tutta la volontà, ma poi il Parlamento è sovrano – per dare la possibilità alle prefetture di decidere di non applicare siti fissi, ma dare più dinamicità darebbe un grandissimo aiuto ai nostri uomini e donne impegnati nelle operazioni. Ovviamente ridurre il numero degli uomini significa anche – come facevano notare gli onorevoli Ferrari e Deidda – poter impiegare quelle risorse in altre operazioni, considerando che purtroppo viviamo in un mondo non completamente pacificato, dove minacce in luoghi lontani da qui creano danni anche al nostro Paese, per cui i nostri uomini possono essere presenti in quei luoghi a lavorare per costruire la pace. Sono riflessioni che avete fatto e che condivido.
  Grazie per l'opportunità.

  PRESIDENTE. Confidando nelle doti di sintesi dei colleghi, do ora la parola prima all'onorevole Boniardi e poi all'onorevole Russo.

  FABIO MASSIMO BONIARDI. Grazie, Presidente. Da nove anni, essendo assessore alla sicurezza di uno dei Comuni della prima cerchia di Milano, ho potuto beneficiare del servizio di «Strade sicure».
  Partiamo dal presupposto che il mio Comune, durante l'Expo, faceva parte dei siti sensibili, per cui sia la nostra caserma dei Carabinieri che il Comando di Polizia locale che la Protezione civile sono stati coinvolti; l'organizzazione ha funzionato perfettamente, purtroppo però bisogna fare un paio di osservazioni.
  La prima è che oggi l'operazione «Strade sicure», in mano tendenzialmente ai prefetti, viene utilizzata da questi come risposta ai sindaci che hanno delle difficoltà sul proprio territorio, tendenzialmente Pag. 17 dovute a due fenomeni: il mutamento degli scenari urbani di sicurezza, perché rispetto a dieci anni fa è cambiato il mondo da questo punto di vista, per tutta una serie di motivazioni che non richiamo; e le difficoltà da parte delle amministrazioni comunali che hanno visto via via ridursi l'organico dei Corpi di polizia locale e del personale dei Carabinieri. Quindi, c'è stata questa doppia diminuzione, con l'aumento di tematiche inerenti alla sicurezza urbana. Per cui, a mio parere, ben venga il discorso che un'operazione come «Strade sicure» debba assolutamente continuare. Logicamente, deve essere utilizzata per operazioni non di sicurezza urbana di routine, perché mi rendo conto che nel nostro caso gli uomini dell'Esercito andavano a fare dei servizi insieme ai Carabinieri (per l'impossibilità di poter fare l'arresto), quindi si trovavano in una condizione di dover fare dei servizi di pubblica sicurezza, che in teoria avrebbe dovuto fare la Polizia locale piuttosto che i Carabinieri. Secondo me andrebbe fatta una valutazione, ma qui è un ragionamento che dovremmo fare a trecentosessanta gradi, quindi con la possibilità di aumentare le presenze e con nuove assunzioni dei Carabinieri piuttosto che della Polizia di Stato e dare degli strumenti agli enti locali per poter ampliare i Corpi di polizia locale. In teoria un Comune dovrebbe avere un agente di Polizia ogni mille abitanti: in provincia di Milano siamo ad una media del 40 per cento. Questo significa che i Comuni non solo non riescono dal punto di vista economico a incrementare gli organici per la sicurezza, ma anche quelli che potrebbero hanno tutta una serie di vincoli dovuti al Patto di stabilità, al patto del personale all'interno del Comune per cui non si può sforare il tetto di spesa, che impediscono di fare queste assunzioni. Bisognerebbe svincolare la Polizia locale, dando la possibilità perlomeno ai Comuni virtuosi, quelli che hanno le risorse, di poter implementare i Corpi di polizia locale, per andare a liberare delle risorse per altri servizi. Quindi, secondo me, dovremmo fare anche un ragionamento a trecentosessanta gradi su tutte le Forze dell'ordine.

  GIOVANNI RUSSO. Ringrazio il Sottosegretario per la puntuale disamina. Alla fine del discorso sembra quasi che le strade ormai siano due: o l'operazione va ripensata e riformulata dalla base, perché si è capito che comunque vi è la necessità di avere più uomini; oppure chiuderla e affidare le attività che svolgono i militari direttamente alle Forze di polizia oppure a quelle dell'ordinamento militare.
  Sicuramente vi è la necessità di inquadrare per bene il contesto urbano, che diventa un nuovo scenario operativo e ovviamente vi è la necessità di andare anche ad addestrare in maniera puntuale gli uomini per questo nuovo scenario che si va a configurare, perché i militari non devono essere dei tappabuchi per compensare dei vuoti di organico di altre Forze di polizia, sia locale che nazionale. È per questo che sarebbe auspicabile, come è stata effettuata la rimodulazione dell'armamento, della dotazione personale di ogni soldato impegnato, ipotizzare diversi scenari con diverse modulazioni di armamento, anche di abbigliamento e soprattutto di mezzi, perché per esempio per alcuni contesti (penso alle campagne della provincia di Caserta e della provincia di Napoli) è necessario agire con dei mezzi molto veloci, tipo delle motociclette oppure dei mezzi più veloci rispetto ai Lince e agli altri mezzi pesanti che normalmente vengono utilizzati. Per cui vi è la necessità di creare una svolta vera e propria per quanto riguarda l'operazione «Strade sicure», perché il carattere di emergenza nacque nel 1992 (l'annus horribilis degli attentati) con l'operazione «Vespri siciliani» proprio per dare una presenza forte dello Stato, anche dal punto di vista militare, e far vedere che lo Stato c'era ed era vicino ai cittadini che in quel momento venivano bersagliati anche da bombe, come accadde a Milano e a Roma. Adesso l'operazione è arrivata a un grado di maturazione che richiede una nuova via, per cui c'è la necessità di ripensarla totalmente e mi auguro che il Governo, magari insieme all'attività dei nuovi parlamentari, Pag. 18 possa cominciare questo nuovo percorso.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Tofalo, anche per la documentazione informatica che ci ha lasciato e di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico dell'audizione odierna (vedi allegato), il Colonnello Piasente e tutti gli intervenuti. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.30.

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