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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVIII Legislatura

VII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 25 settembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gallo Luigi , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI INNOVAZIONE DIDATTICA

Audizione di rappresentanti della Fondazione per la Scuola Compagnia di San Paolo, della Fondazione Agnelli e della Fondazione Golinelli.
Gallo Luigi , Presidente ... 3 
Crepax Nicola , direttore della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo ... 3 
Benussi Lorenzo , responsabile dell'ufficio innovazione della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo ... 4 
Gallo Luigi , Presidente ... 6 
Gavosto Andrea , direttore della Fondazione Agnelli ... 6 
Gallo Luigi , Presidente ... 9 
Danieli Antonio , direttore generale della Fondazione Golinelli ... 9 
Gallo Luigi , Presidente ... 12 
Aprea Valentina (FI)  ... 12 
Fusacchia Alessandro (Misto-+E-CD)  ... 13 
Casa Vittoria (M5S)  ... 14 
Piccoli Nardelli Flavia (PD)  ... 15 
Toccafondi Gabriele (IV)  ... 15 
Mollicone Federico (FDI)  ... 15 
Prestipino Patrizia (PD)  ... 16 
Gallo Luigi , Presidente ... 16 

Allegato 1: Documentazione depositata dalla Fondazione San Paolo ... 17 

Allegato 2: Documentazione depositata dalla Fondazione Giovanni Agnelli ... 144 

Allegato 3: Documentazione depositata dalla Fondazione Golinelli ... 165

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUIGI GALLO

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche dalla trasmissione in diretta sul canale web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Fondazione per la Scuola Compagnia di San Paolo, della Fondazione Agnelli e della Fondazione Golinelli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di innovazione didattica, l'audizione di rappresentanti della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, della Fondazione Agnelli e della Fondazione Golinelli.
  Sono presenti per la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo il direttore Nicola Crepax e il responsabile dell'Ufficio innovazione Lorenzo Benussi, per la Fondazione Agnelli il direttore Andrea Gavosto, per la Fondazione Golinelli il direttore generale Antonio Danieli. Saluto i nostri ospiti e li ringrazio della loro presenza.
  Come di consueto, darò la parola prima agli auditi e quindi ai colleghi che la chiederanno per porre questioni, e da ultimo di nuovo gli auditi per le risposte ai chiarimenti chiesti. Avremo circa un'ora, quindi pregherei gli ospiti di contenere i loro interventi nei dieci minuti.
  Nel frattempo presento i deputati membri della Commissione: Vittoria Casa, Virginia Villani e Paolo Lattanzio del Movimento 5 Stelle, Valentina Aprea di Forza Italia, Daniele Belotti della Lega, Rosa Maria Di Giorgi del PD, Gabriele Toccafondi di Italia Viva, Alessandro Fusacchia del gruppo Misto e Paola Frassinetti di Fratelli d'Italia.
  Lascio quindi la parola a Nicola Crepax, direttore della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo.

  NICOLA CREPAX, direttore della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo. Buongiorno, vi dico rapidamente due parole sulla mission della Fondazione nel suo complesso e poi lascio la parola al mio collega, Lorenzo Benussi, che illustrerà il progetto di didattica digitale Riconnessioni.
  Alla ricerca di una sintesi ho riportato il proverbio africano che conosciamo: «per educare un ragazzino ci vuole un intero villaggio»; e direi che il focus, la caratteristica della Fondazione per la Scuola, che è il braccio operativo della Compagnia di San Paolo, quindi all'interno di una grande Fondazione bancaria, è l'idea di lavorare per la comunità educante, intesa con un'accezione molto ampia che ricomprende non solo gli insegnanti, gli educatori e le famiglie, ma anche il territorio, lavorando con scuole che sono spesso in situazioni di frontiera molto complicate.
  Il nostro obiettivo è quello di lavorare per una scuola socialmente non neutrale. Il richiamo ideale non può che andare alla figura di don Milani, a quella stagione degli anni ’50 e ’60 in cui l'Italia è stata capace di proporre una visione fortemente innovativa. Penso a Reggio Children e a Loris Malaguzzi, a Lodi, a una stagione di pensiero in cui si sono espresse alcune linee che oggi ci ritornano dai modelli didattici dell'Europa settentrionale, dal mondo anglosassone, ma le cui radici sono là. Pag. 4
  Se vogliamo sintetizzare tutto questo movimento, è l'idea dell'apprendimento come fine di un processo di ricerca condotto coralmente dagli insegnanti e dai gruppi di studenti: apprendere come esito di un processo di ricerca.
  Oggi la scuola è attraversata da due grossissime correnti di innovazione. La prima è la globalizzazione, che ci porta non tanto e non solo al tema della multiculturalità (sicuramente è un tema, i nostri maestri devono imparare quella ginnastica intellettuale in cui erano bravissimi negli anni ’50 e ’60 nel mettere assieme culture diverse, poi si è persa e adesso va ritrovata con una multiculturalità internazionale), ma il tema è anche che i ragazzi italiani dovranno lavorare in un contesto globale, internazionale.
  L'altra corrente è il crollo delle barriere all'accesso alle informazioni con il fiume di informazioni che i ragazzini ricevono quotidianamente nelle case, per strada, ovunque, ed è compito del maestro riorganizzare questo sapere che casca loro addosso. I bambini sono come inzuppati sotto una doccia di informazioni che bisogna rimettere in ordine.
  Le innovazioni a cui pensiamo riprendono il modello della Rete DADA, una rete molto attiva che indica quattro capisaldi. Elaboriamo tutti i nostri progetti cercando di essere integrati sull'innovazione nelle aule (ne parleremo poi con Andrea Gavosto, perché abbiamo un progetto con la Fondazione Agnelli), quindi una revisione degli spazi per l'apprendimento.
  Una revisione delle classi, cioè l'organizzazione della didattica, piccoli gruppi, personalizzazione, portfolio del singolo studente e abitudine a lavorare in gruppi che non necessariamente devono essere di ragazzi della stessa età. Gli orari: certo, c'è tutta la grande stagione del tempo pieno, il tempo studio e il tempo famiglia, il tempo libero, il post-scuola e il tempo scolastico: se per noi è molto difficile decidere quando stiamo lavorando e quando non stiamo lavorando nella nostra giornata, lo stesso accade ai nostri ragazzi.
  Infine, il curriculum dentro le discipline (non si può fare interdisciplinarità senza le discipline, altrimenti è un ossimoro) e fuori dalle discipline, quelle nuove: il pensiero computazionale, sostanzialmente è un riconsiderare i capisaldi delle discipline.
  La nostra missione è triplice: lavorare sulla personalizzazione dell'insegnamento, non è più tempo di BES (bisogni educativi speciali), ma è tempo di un insegnamento che non deve essere più quello fordista, un modello uguale per tutti; lavorare sulle competenze socio-emotive, ma soprattutto sull'imparare ad imparare e sul mettere a frutto quello che si impara e, nel tempo di internet, non restare alla superficie (oggi è terribilmente semplice acquisire informazioni restando sulla superficie) e andare invece in verticale; della revisione dei curricula ho già detto.
  Cito tre grandi progetti che ha in piedi la Fondazione. Abbiamo il grande vantaggio che siamo una Fondazione bancaria, abbiamo la possibilità di incidere sui nostri territori. Credo che il progetto «Provaci ancora Sam» sia uno dei più grandi progetti a livello europeo integrato contro la povertà educativa, contro i deficit formativi. Calcoliamo che sono 3.000 ragazzi, alcune centinaia di insegnanti e decine di scuole, sempre con l'idea di don Milani che non c'è innovazione senza inclusione, non c'è inclusione senza innovazione.
  Il progetto «Torino fa scuola» lo facciamo con la Fondazione Agnelli, quindi ne parlerà con competenza Andrea Gavosto; del progetto «Riconnessioni» parlerà adesso Lorenzo Benussi.

  LORENZO BENUSSI, responsabile dell'ufficio innovazione della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo. Cercherò velocemente di raccontarvi questo programma di Fondazione per la scuola, che si chiama «Riconnessioni» (abbiamo inviato alla Commissione alcuni materiali integrativi e anche un rapporto che ne parla in modo più strutturato).
  «Riconnessioni» è un progetto e un programma che parla di innovazione a scuola. Parlare di innovazione a scuola spesso rischia di essere eccessivamente astratto: lo sforzo che abbiamo fatto con «Riconnessioni» è di partire dal futuro, oggi. Di conseguenza, «Riconnessioni» ha Pag. 5una protagonista, Viola, una bambina che inizia le scuole elementari quest'anno e finirà il suo percorso educativo negli anni ’30 del 2000, quindi è una prospettiva molto lunga; ragionare di innovazione scolastica vuol dire ragionare sugli anni ’30, ’40 e ’50 di questo secolo. Per focalizzarci in modo molto concreto sugli elementi di innovazione didattica abbiamo deciso di scegliere questa bambina. Riconnessioni si occupa di portare l'innovazione didattica nelle scuole su due livelli. Il primo riguarda sostanzialmente l'innovazione degli spazi e dei tempi dell'apprendimento e la costruzione di nuove professionalità. Crediamo che sia assolutamente importante ragionare sul nuovo mestiere di insegnante, che non è ormai più procrastinabile come ragionamento, e di conseguenza abbiamo un ampio programma di formazione. Costruiamo insieme ad altri partner privati un'infrastruttura internet per le scuole, che permetta effettivamente di realizzare una didattica personalizzata e interattiva.
  «Riconnessioni» è un grande progetto, uno dei più grandi in questo momento a livello internazionale, perché riguarda 350 plessi e 98.000 studenti, che sono le scuole del primo ciclo di Torino e dei nove comuni dell’hinterland. Stiamo parlando di 240 plessi connessi in fibra, 1.500 insegnanti di cui ne abbiamo già formati 1.200, 10 milioni di investimento complessivo di Compagnia di San Paolo. Nei pallini vedete i verdi, che sono scuole già connesse alla nostra rete, i gialli e gli azzurri che saranno connesse nei prossimi mesi. L'idea è che questa sia un'infrastruttura per la città, non soltanto per le scuole, per cui collaboriamo ovviamente con il comune di Torino, ed è stata realizzata grazie al contributo attivo di Open fiber.
  «Riconnessioni» è un progetto che si sta sviluppando a Torino, ma nasce come modello che definisce una serie di standard tecnologici e didattici per essere replicabile, e in effetti lo stiamo replicando nella provincia di Cuneo. Ha elaborato, anche grazie all'eredità e al DNA di Fondazione per la scuola, un metodo che si basa su inclusione e innovazione, che credo siano le due parole più importanti del nostro intervento di oggi.
  Uno dei primi tasselli del nostro modello è la formazione: abbiamo sviluppato percorsi di formazione con la metodologia a cascata, che raggiungono direttamente e indirettamente il 60 per cento del corpo docenti di ogni singolo plesso della città con laboratori strutturati in giornate formative, che accompagnano il percorso di crescita per un intero anno. Abbiamo anche laboratori per genitori e laboratori per dirigenti e DSGA (Direttore dei servizi generali e amministrativi).
  Tengo a sottolineare che lavoriamo molto sulle tecniche dell'insegnamento, per cui sulla capacità di costruire percorsi laboratoriali, sulla costruzione di reti peer to peer per rendere indipendenti i docenti (l'obiettivo è che i docenti non abbiano più bisogno di noi).
  Internet è la tecnologia che sposiamo come strumento per accedere alle conoscenze e collaborare e condividere. Il percorso si conclude con la produzione di unità didattiche, che abbiamo definito con i nostri colleghi, che aiutino alla costruzione di esempi di didattica innovativa (trovate tutto sul nostro sito).
  Abbiamo costruito una rete dedicata alle scuole, copiando sostanzialmente la rete del Politecnico di Torino e la rete delle università. Crediamo che le scuole necessitino di infrastrutture adeguate come le università.
  Un elemento di novità è che ogni scuola che partecipa a «Riconnessioni» firma un accordo per la didattica innovativa, un documento in cui ci si prende carico del progetto, in cui esponiamo in modo chiaro le cose che diamo alla scuola e le cose che chiediamo noi alla scuola. In particolare vuol dire partecipare alla formazione con cinque docenti, coinvolgere i colleghi in istituto e sviluppare unità didattiche con i ragazzi, che poi cataloghiamo. Abbiamo un sistema di monitoraggio puntuale molto sviluppato, che punta a controllare in modo preciso realizzazioni e implementazioni, ovvero quello che facciamo e come lo facciamo, nonché l'impatto sia sugli insegnanti, sul modo in cui cambiano la loro Pag. 6didattica, sia sull'apprendimento dei ragazzi. È un esercizio doveroso, ma crediamo anche molto utile, e fa parte del modello.
  In ultimo, «Riconnessioni» è un progetto che nasce dalla collaborazione pubblico/privato, perché pur avendo ovviamente rapporti con il Ministero, l'USR (Ufficio scolastico regionale) e il comune, sostanzialmente tutta l'operatività di questo progetto è sviluppata da privati.
  Due storie: una sul reverse mentoring (siamo stati anche su Topolino). Questa è una scuola complessa, una primaria di Torino in cui i ragazzi insegnano il coding agli insegnanti, così in terza elementare sono loro che diventano i protagonisti dell'insegnamento, con effetti molto positivi anche in una classe mista in cui ci sono varie difficoltà nel trovare un ruolo specifico per questi bambini. Il secondo è un esempio di didattica innovativa e inclusione. Questi due esempi sono nati dopo i nostri laboratori, in cui questo insegnante che ha una classe con metà ragazzi che non parlano italiano, 4 BES di cui 2 disabili, non sapendo cosa fare si è inventato il TG del XVI secolo: un telegiornale con interviste a Martin Lutero e l'assegnazione a ogni ragazzo di un compito all'interno di questo lavoro collaborativo. Crediamo che siano due esempi particolarmente significativi.
  Abbiamo sviluppato con Fondazione Nesta un report che vi abbiamo inviato, in cui ci sono dieci consigli per ottenere il massimo della tecnologia a scuola, che verranno adottati il prossimo anno nel Regno Unito e che crediamo siano particolarmente efficaci (li abbiamo sviluppati con i presidi). Il primo è: per ottenere il massimo della tecnologia concentriamoci sul problema e non sulla tecnologia.
  «Riconnessioni» porta dal 15 all'85 per cento la connessione in fibra ottica nelle scuole del territorio di riferimento. Riusciamo a coinvolgere il 60 per cento del corpo docente a diversi livelli. Siamo un moltiplicatore di risorse, perché alcune risorse che investe la Compagnia di San Paolo sono state moltiplicate, ad esempio con la partecipazione ai bandi del ministero delle scuole di Torino per più di 3,5 milioni di euro complessivi. Crediamo molto nel binomio innovazione didattica e inclusione.
  Come vi dicevo, è un modello che stiamo replicando a Cuneo, fatto di questi otto punti, per ognuno dei quali abbiamo identificato degli standard, ovviamente anche standard di costi e di tempi che stiamo replicando. La caratteristica è avere un modello olistico che metta insieme tecnologia e didattica, e un approccio sistemico, perché, come ricordava il direttore, la comunità educante è sempre importante.
  Dalla nostra esperienza e anche dalle relazioni che abbiamo a livello internazionale è necessario prendere una posizione sullo sviluppo tecnologico, altrimenti queste tecnologie non faranno che riproporre i difetti del sistema novecentesco invece di andare a diminuire le diseguaglianze e portare un reale miglioramento.
  È necessario prendere una posizione e ragionare, come diceva il direttore prima, sui quattro capisaldi della scuola e non soltanto sulla lezione di tecnologie. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Passiamo la parola ad Andrea Gavosto.

  ANDREA GAVOSTO, direttore della Fondazione Agnelli. Grazie, presidente, grazie ai membri della VII Commissione per l'opportunità di parlare di uno dei temi su cui, come Fondazione Agnelli, stiamo lavorando di più e su cui, sicuramente lavoreremo di più nei prossimi anni. Dirò due parole sulla Fondazione.
  La Fondazione nasce più di 50 anni fa con l'obiettivo di contribuire al progresso culturale, economico e sociale del Paese. Da più di dieci anni ci siamo concentrati esclusivamente sul tema dell'istruzione nelle sue varie articolazioni. Siamo essenzialmente una Fondazione di studio e di ricerca, quindi produciamo ricerche, però laddove individuiamo un'area su cui sia opportuno intervenire anche in modo esemplificativo. Stiamo lavorando sempre più su progetti didattici e, come vi dicevo, il tema dell'innovazione didattica è quello su cui in questo momento siamo più attivi, come cercherò di farvi vedere con una serie di esempi. Pag. 7
  Partiamo da una breve analisi della situazione. Sappiamo che l'Italia ha evidenti ritardi nelle strategie didattiche rispetto agli altri Paesi. Questo è il confronto internazionale che proviene dai dati dell'OCSE. L'indagine TALIS (teaching and learning international survey) mostra come i docenti italiani siano quelli che più di altri utilizzano strategie didattiche di tipo trasmissivo, quindi di tipo più tradizionale (uno su due ci dice di usare esclusivamente lezione frontale o comunque strategie trasmissive). Nella linea ideale che parte dalla strategia trasmissiva che, essendo la più tradizionale, si basa soprattutto su metacognizione e autoapprendimento, i docenti italiani risultano chiaramente in ritardo. Questo però ancora non ci dice come nelle scuole venga applicato il metodo didattico. A questo proposito abbiamo svolto insieme all'INVALSI alcune osservazioni in classe di 1.600 docenti di scuola primaria e secondaria di primo grado, mediante due osservatori in tre circostanze diverse. La qualità della slide non è eccellente, però emerge chiaramente nell'enorme varietà sull'istruzione sequenziale interattiva – ovvero il metodo di spiegazione strutturata, verifiche o domande agli studenti e poi feedback, che è una prassi in tutte le scuole – come circa un terzo dei docenti osservati sia stato valutato come eccellente, sopra il livello 5, e la gran massa a un livello accettabile. Tuttavia rimane un numero consistente di docenti che non utilizzano in maniera sufficientemente adeguata quello che dovrebbe essere un normale strumento della cassetta degli attrezzi dei docenti.
  Quando si parla di politiche di innovazione didattica bisogna quindi tener conto che la situazione che andiamo ad affrontare è molto variegata sia fra scuole, sia fra classi e ovviamente fra docenti. Dove intervenire? Abbiamo individuato tre aree, su cui mi soffermerò velocemente: la formazione dei docenti (formazione iniziale e formazione in servizio), lo spazio educativo, il tempo educativo, di cui hanno già parlato i colleghi della Fondazione per la scuola, e un'area che ci sta particolarmente a cuore, quella della didattica per le materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), le materie scientifiche dove di nuovo il nostro Paese denota una serie di ritardi nei confronti internazionali.
  Per ciascuno di questi vi racconterò brevemente un progetto che stiamo attuando, cominciando dalla formazione. Vedete come gli stessi docenti italiani nell'ultima indagine TALIS rivelino di sentirsi preparati a livello degli altri Paesi avanzati per quanto riguarda i contenuti disciplinari, mentre in tutti gli aspetti della didattica (qui li ho raggruppati, ma possono essere ulteriormente articolati) si sentano meno preparati.
  Sapete meglio di me che dal 1999 ad oggi, in termini di formazione iniziale, siamo passati dalle vecchie SSIS (Scuola di Specializzazione all'Insegnamento Secondario) ai TFA (tirocinio formativo attivo); oggi siamo tornati a una situazione in cui, a parte i 24 CFU (credito formativo universitario) obbligatori di natura psicopedagogica, in realtà c'è pochissima formazione di natura didattica, non disciplinare, e questo è a nostro avviso uno dei problemi che il sistema educativo italiano si trascina: l'enfasi rispetto ad altri Paesi verso una formazione di tipo disciplinaristico, mentre i docenti neoassunti che entrano in classe hanno pochissima strumenti di natura didattica.
  L'Italia, da questo punto di vista, è anomala rispetto al quadro europeo: adotta un modello sequenziale in cui prima si fa il percorso disciplinare e poi, solo in un secondo tempo, si effettua la formazione didattica o teorica, nel senso di studi pedagogici o pratica, mentre negli altri Paesi il modello prevalente è quello parallelo. Un modello molto diffuso in Europa è infatti la laurea triennale disciplinare e poi laurea magistrale o master, in cui contemporaneamente si studia e si comincia a praticare nelle classi, in modo anche da testarsi. Non tutti quelli che affrontano gli studi universitari sono portati per la didattica, quindi è importante che acquisiscano la consapevolezza dei loro punti di forza e di debolezza.
  Questo per quel che riguarda storicamente la formazione iniziale. L'altro tema delicato è la formazione in servizio. Sappiamo Pag. 8 (sono i dati di P.I.S.A. del 2015) che la formazione in servizio dei docenti è insufficiente in Italia, Paese dove solo un terzo dei docenti dichiara di ricevere regolare formazione in itinere, nel corso della sua attività. Sapete meglio di me che la formazione in servizio era stata resa obbligatoria dalla legge sulla «buona scuola», ma nelle fasi successive il contratto nazionale di lavoro l'ha un po’ svuotata. Questo è importante, perché ragionevolmente stimiamo un calo di circa 65.000 cattedre a seguito degli andamenti demografici di qui al 2030. È chiaro che gli ingressi di nuovi docenti saranno molto più rari, quindi bisogna lavorare sulla formazione dei docenti in servizio, soprattutto sul fronte didattico.
  A questo proposito stiamo costruendo una piattaforma insieme a Google e INDIRE, una piattaforma di formazione reciproca fra i docenti che si chiama «Parallel education», che quest'anno è in fase sperimentale e dal prossimo andrà a regime. Tutti gli insegnanti volontariamente racconteranno come svolgono determinate lezioni in un'unità didattica. La Fondazione rivelerà poi al docente come il modo in cui ha spiegato si rapporti rispetto a tutti gli altri docenti presenti sulla piattaforma. Ciò al fine di fargli sapere se altri docenti svolgono quella specifica unità didattica in maniera più efficace, lasciandogli consultare il materiale «postato» dai suoi colleghi: quindi una piattaforma rigorosamente anonima che consentirà una formazione reciproca direttamente tra docenti. Non dall'alto verso il basso, ma orizzontalmente.
  La seconda area di intervento importante riguarda gli spazi di apprendimento. Questo grafico è l'anticipazione di un rapporto sull'edilizia scolastica che pubblicheremo il prossimo mese con Laterza. Come vedete, la distribuzione per età degli edifici scolastici italiani ha una media di 52 anni. Soprattutto potete vedere che il grosso degli edifici scolastici risale, sostanzialmente, all'epoca del baby boom. Sono edifici scolastici che rispecchiano il modello pedagogico della lezione frontale, con la sistemazione dei banchi nelle aule che tutti conosciamo e che rispecchia l'idea - ripeto - superata e che non può più costituire l'unico modo di fare didattica oggi in una scuola moderna.
  Per questa ragione, insieme alla Compagnia di San Paolo, alla Fondazione per la scuola e alla città di Torino siamo intervenuti in maniera radicale su due scuole della città, due scuole pubbliche secondarie di primo grado. Il progetto è durato quattro anni e si è concluso il 12 settembre scorso. È articolato in quattro fasi. La prima fase è stata di ascolto della comunità scolastica, per evitare che le ristrutturazioni non fossero utilizzate dagli insegnanti; la definizione di un progetto pedagogico insieme alla comunità scolastica, che ci ha permesso di definire linee guida molto precise per i progettisti; due concorsi di progettazione, uno per scuola, che hanno coinvolto più di trecento studi di architettura. Vi sono, poi, i cantieri. Se mi permettete l'orgoglio, abbiamo ricevuto le scuole a luglio 2019: le abbiamo riconsegnate all'inizio dell'anno scolastico. Quindi, nell'arco del mese di luglio 2019, il grosso dei lavori era completato.
  Come Fondazione Agnelli, ci siamo occupati soprattutto di una delle due scuole, la scuola Fermi, nel quartiere Lingotto di Torino. Le aree di intervento riguardano tre assi. Intanto, il risanamento strutturale. Siamo dovuti intervenire – questo non era previsto, in realtà, in origine – per un rafforzamento delle fondamenta, con duecento micropali. Effettivamente, i pilastri non erano in uno stato adeguato. La scuola è anche centro di raccolta della Protezione civile. Ovviamente vi sono gli aspetti di sostenibilità, quindi materiali, risparmio energetico, vetrate, e il tema del rapporto tra interno e esterno. Nella scuola sono state aggiunte queste balconate che rappresentano le naturali estensioni delle classi. Per cui, l'attività didattica si svolge in parte dentro la scuola e in parte sulla balconata. Allo stesso modo, è facilmente accessibile il nuovo giardino che abbiamo costruito.
  Mi avvio velocemente alla conclusione. Questa è la mensa. Questa è la nuova biblioteca. Queste sono le balconate. Questa è la nuova palestra, completamente rifatta, che ha un'estensione anche nel cortile. Pag. 9 Questo è il terzo tema: il concetto di cluster. Si rompe il tradizionale binomio, che tutti ben conosciamo, per cui la classe trascorre tutto il tempo nella stessa aula. Sostanzialmente, i ragazzi entrano in uno spazio definito come «cluster». Come vedete, hanno i loro armadietti e lasciano i loro vestiti. A quel punto, girano dentro il cluster andando, secondo le ore di lezione, nell'aula di matematica, dove trovano il docente di matematica, o nell'aula di lettere, dove trovano il docente di lettere. Hanno anche una serie di spazi individuali. Tra l'altro, un lavoro particolare è stato fatto sugli arredi – sono stati progettati appositamente per questo – in modo da fornire la massima flessibilità, quindi non solo la disposizione tradizionale delle file, ma anche gruppi circolari. Si possono spostare sedi e arredi, gruppi di lavoro, aree di lavoro individuale eccetera.
  Anche la scuola Pascoli, seguita direttamente dalla Fondazione per la scuola, credo rappresenti un esempio di come vorremmo che fossero gli edifici scolastici di qui ai prossimi dieci anni. Non a caso il nome «Torino fa scuola» vuole essere di stimolo e di esempio per tutto il territorio nazionale.
  Un'ultima battuta sul tema della STEM. Tralascio, ma credo che sia noto, il fatto che i nostri studenti denotano ritardi nelle materie scientifiche e matematiche, soprattutto le ragazze. Questo è un fattore di forte preoccupazione. Abbiamo attivato un laboratorio presso la Fondazione Agnelli per l'insegnamento delle materie tradizionali, quindi matematica, scienze eccetera, ma con l'aiuto di robot educativi. Tutti i giorni le scuole piemontesi accedono a questo laboratorio. Abbiamo già avuto oltre tremila studenti.
  Insieme al CERN di Ginevra, il centro di eccellenza sulla fisica delle particelle, stiamo lavorando per contribuire, da un lato, alla creazione di questo Science Gateway – un centro di divulgazione, con una forte componente educativa, a Ginevra, a cui potranno accedere, ovviamente, anche le classi italiane – ma soprattutto ad un programma, cominciando dalle scuole medie italiane, di formazione dei docenti della scuola media sugli strumenti per l’Inquiry Based, cioè come insegnare affrontando problemi. Quindi, partiremo con una fase di formazione svolta insieme al CERN e poi tutte le scuole riceveranno dei kit con cui svolgere esperimenti scientifici, in modo da sviluppare l'apprendimento attraverso la sperimentazione, ponendosi domande, dando spiegazioni e, se queste spiegazioni non funzionano, ponendosi di nuovo le domande e così via.

  PRESIDENTE. Do la parola ad Antonio Danieli, direttore della Fondazione Golinelli.
  Intanto presento i nuovi arrivati: il deputato Mollicone di Fratelli d'Italia; la deputata Piccoli Nardelli del Partito democratico; il deputato del Movimento 5 Stelle, Michele Nitti; il deputato di Italia Viva, Anzaldi; la deputata del Partito democratico, Prestipino; la deputata Colmellere, della Lega; la deputata Testamento, del Movimento 5 Stelle.

  ANTONIO DANIELI, direttore generale della Fondazione Golinelli. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Vi porto i saluti del cavalier Marino Golinelli, fondatore, e del presidente, Andrea Zanotti.
  Fondazione Golinelli è un'istituzione filantropica creata nel 1988 dal dottor Golinelli, un imprenditore che ha costruito una multinazionale farmaceutica da zero nel dopoguerra e che nel 1988 ha deciso di restituire, con un approccio filantropico, parte della sua ricchezza alla società. Questa restituzione l'ha effettuata mediante la creazione della Fondazione Golinelli, che è un ente autonomo e indipendente dall'impresa di riferimento, ha una sua struttura operativa e porta avanti progettualità operative concrete. In questa fondazione il dottor Golinelli ha versato parte delle sue risorse provenienti dal suo agire imprenditoriale, ma soprattutto la sua idea, la sua visione con un approccio che porta la Fondazione ad avere un obiettivo ben preciso: aiutare le giovani e giovanissime generazioni, soprattutto partendo dalla scuola, affinché crescano in maniera consapevole e con la possibilità di implementare i loro Pag. 10talenti, le loro capacità, per contribuire allo sviluppo futuro del nostro Paese. La Fondazione attualmente è strutturata in quattro aree di intervento. La scuola rimane il cuore centrale della nostra attività, a cui si sono affiancate altre aree, in maniera integrata. La ricerca, l'alta formazione, l'impresa, e con questo intendo il sostegno a nuove realtà imprenditoriali che partono sempre da fasce giovani fino all'ambito universitario, il Centro Arti e Scienze Golinelli: il tutto nell'alveo di un programma pluriennale di sviluppo ultradecennale intitolato «Opus 2065».
  La Fondazione agisce in maniera privata per la collettività, di concerto con le istituzioni, con il MIUR, con il MiBAC, con il MISE e anche con il Ministero del lavoro. Cerchiamo di non agire in maniera sussidiaria, bensì strategica e di sederci al tavolo delle istituzioni, stabilire protocolli di lavoro e seguire direzioni ben precise, portando avanti concretamente le progettualità condivise. La nostra sede è a Bologna. Opificio Golinelli è un centro culturale, didattico, per la ricerca e la diffusione della cultura scientifica e tecnologica, ma con un approccio olistico alla cultura a trecentosessanta gradi. Vedremo alla fine della presentazione cosa intendo. È un centro di 14.000 metri quadri. Abbiamo recuperato impianti industriali dismessi e li abbiamo vocati a questo centro innovativo di rilevanza nazionale. In questa sede prendono posto le nostre attività principali. Abbiamo accolto da ottobre 2015 oltre 400.000 visitatori, che non sono visitatori, ma sono giovani delle scuole, studenti, scienziati, ricercatori, artisti, insegnanti, partecipanti alle nostre progettualità. Occorre dire che, essendo la Fondazione operante dal 1988, soprattutto incentrata sul mondo della scuola, ormai sono più di un milione i ragazzi passati per la Fondazione Golinelli.
  L'altro aspetto fondamentale è che, per affrontare un lavoro con questa mole, che non può più essere esaurita dentro l'opificio Golinelli, ma ormai a livello nazionale, ci siamo dotati di un'organizzazione. Per cui, la Fondazione è una sorta di holding filantropica che controlla società al cento per cento a cui sono deputate attività specifiche. Eureka sostiene le attività filantropiche di imprenditoria giovanile; G-Factor è l'incubatore e l'acceleratore per nuove realtà di imprese; G-LAB è la società che porta in tutta Italia le attività formative della Fondazione Golinelli, non più solo in Emilia-Romagna, quindi, ma abbiamo un punto d'appoggio a Firenze, grazie alla collaborazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, quindi Toscana, Marche, Umbria. Abbiamo una sede a Perugia. Lavoriamo nel Veneto e in Sicilia. Stiamo espandendo le attività.
  Questo è il preludio di cosa intendiamo per innovazione a partire dalla scuola. Abbiamo queste aree. È fondamentale per me trasmettervi questo concetto. Oggi la Fondazione Golinelli ha interiorizzato una filiera di sviluppo orientata ai giovani, alle giovani generazioni, ma che mette in fila educazione, formazione, ricerca, trasferimento tecnologico, incubazione, accelerazione e anche strumenti di venture capital per investire nelle nuove realtà imprenditoriali. Formiamo i giovani, ma cerchiamo di traguardare l'ultimo miglio e di aiutarli sia nella logica dell'alternanza scuola-lavoro, collaborando con le imprese, ma soprattutto nell'imprenditorialità, nel creare nuove imprese.
  Per quanto attiene il contesto culturale, l'opificio Golinelli può beneficiare anche di altri quattro presìdi. È interessante sottolineare che si tratta dell'unico luogo in Italia in cui è presente un laboratorio territoriale per l'occupabilità, supportato dal MIUR, e un Competence Center, BI-REX, supportato dal MISE. Abbiamo la scuola di dottorato in Data Science and Computation promossa dalla Fondazione Golinelli con il Politecnico di Milano, l'Università di Bologna, l'IIT (Istituto italiano di tecnologia), l'INFN (Istituto nazionale di fisica nucleare), CINECA e il Centro Arti e Scienze Golinelli.
  Arrivando al tema focale per cui siamo stati invitati oggi, cosa intendiamo per innovazione didattica? Sostanzialmente, sei direttrici: formazione e aggiornamento di educatori, quindi insegnanti e dirigenti scolastici; l'attività laboratoriale interattiva e multidisciplinare per ogni studente di ogni Pag. 11ordine e grado; lo sviluppo delle competenze digitali. Ci sono realtà molto importanti in Italia. Penso a «Impara Digitale» e a «Fondazione Mondo Digitale», a Roma. Per noi il digitale è una competenza fondamentale, ma la affrontiamo nell'inserimento delle discipline scolastiche. Quindi, c'è una convergenza tra il supporto tecnico e la disciplina. Progetti innovativi di orientamento di entrata e uscita, quindi l'alternanza scuola-lavoro, progetti di avvicinamento degli studenti alla scuola e al lavoro e soprattutto percorsi di imprenditorialità. Infine, il Centro Arti, Scienza e Tecnologia.
  Per la formazione dei dirigenti lavoriamo in collaborazione con il MIUR. Negli ultimi quattro anni oltre 15.000 insegnanti formati. Cosa intendiamo con questo? Intendiamo formati nelle discipline per le nuove tecnologie, negli approcci metodologici e didattici innovativi e anche una valorizzazione delle competenze dei dirigenti scolastici – stiamo effettuando un percorso sperimentale in Toscana – e valorizzazione del merito, meritocrazia. I migliori cerchiamo di premiarli. In questo caso, anche noi abbiamo una collaborazione con il CERN su questo aspetto.
  Didattica integrativa multidisciplinare e laboratori. L'opificio Golinelli ha laboratori a posto singolo dove i ragazzi vengono da tutta Italia a fare esperienze di ricerca a fine didattico. Se loro non vengono all'opificio Golinelli, noi andiamo da loro con il laboratorio mobile. Questo per tutto l'anno scolastico. Mentre durante il periodo estivo abbiamo una preponderanza: abbiamo 30.000 studenti che vengono durante l'estate in Summer School di eccellenza.
  Il nostro operato è incentrato sulle principali innovazioni scientifiche e tecnologiche contenute nelle materie. Non possiamo arrivare dappertutto, dal punto di vista dei contenuti. Collaboriamo con centri di ricerca e università a livello nazionale e internazionale. È evidente che la fisica delle particelle la si può fare con il CERN, quando noi magari siamo esperti di biotecnologie e di genetica.
  Competenze digitali. Diecimila studenti all'anno coinvolti nelle progettualità per creare una didattica all'utilizzo delle nuove tecnologie, sia in uso consapevole, ma anche – ripeto – focalizzati alle convergenze con le discipline scientifiche, quindi bioinformatica, per fare un esempio specifico nel poco tempo che ho a disposizione. Progetti innovativi di orientamento per le competenze trasversali, per l'occupabilità, il lavoro del laboratorio sul territorio e progetti che favoriscono l'avvicinamento tra scuola e impresa e istituzioni sul territorio, anche su orizzonte triennale. Le imprese veramente si mettono in campo in maniera seria. Un anno gli studenti si formano dal punto di vista delle discipline tecniche, un anno fanno un percorso di imprenditorialità, l'ultimo anno affrontano innovazioni e temi posti dalle imprese in logica di sviluppo.
  Con riferimento all'educazione all'imprenditorialità abbiamo, sempre in collaborazione con il MIUR, progetti come «il Giardino delle imprese», o ICARO, ma questo è un po’ più spostato verso l'età universitaria. Ci sono altre realtà. Penso a Junior Achievement in Italia o all'operato delle Camere di commercio, con cui collaboriamo. Per l'imprenditorialità compiamo percorsi intensivi, ma lunghi. Non poche ore nelle aule, ma stimolando i ragazzi e le ragazze che hanno propensioni in questa direzione a percorsi di cinque o sei mesi paralleli alla scuola.
  Infine, e mi avvio alla conclusione, il Centro Arti e Scienze che nasce con l'obiettivo di perlustrare l'interconnessione tra le arti e le scienze e riflettere su dove sta andando il futuro dell'essere umano, il futuro della cultura, e bilanciarlo con lo sviluppo tecnologico. Questo sta dando luogo ad alcune sperimentazioni. C'è poco tempo. L'unica cosa che mi interessa ed è opportuno citarvi è che prossimamente faremo una grande mostra, che si chiama «Umano». Non sarà una mostra di arti e scienze, una mostra vera e propria. Saranno esposte alcune opere d'arte di grandi artisti italiani del Quattrocento e del Cinquecento, i più grandi. Passeremo dal Cinquecento all'Illuminismo scientifico dell'Accademia e del Settecento. Passeremo alla contemporaneità e al futuro con la generazione anche di arte, a partire dai big data. L'aspetto Pag. 12importante della mostra «Umano» è che sarà un grande laboratorio, una sorta di manifesto in cui, vicino ai grandi, saranno rappresentate le attività che fanno i ragazzi dentro l'opificio Golinelli. Ricostruiremo la Battaglia di Anghiari di Leonardo. Anzi, i ragazzi delle scuole italiane stanno costruendo a grandezza naturale la Battaglia di Anghiari di Leonardo e questa sarà esposta con l'utilizzo di nuove tecnologie, di realtà virtuale e tecniche che derivano anche da percorsi laboratoriali che utilizzano le più moderne tecnologie.
  In conclusione, mi si consenta una riflessione. Fondazione Golinelli ha un pay-off, l'intelligenza di esserci. Non è un complimento a noi stessi. È un obiettivo ben preciso che ogni giorno ci diamo, quello di dare fiducia alle giovani generazioni che devono affrontare un futuro fatto di imprevedibilità, di cambiamenti repentini, di esponenzialità, di multiculturalità. Noi dobbiamo dare loro una cassetta degli attrezzi fatta di creatività, immaginazione, curiosità, passione, etica, per saper sbagliare e rialzarsi. Questa è la sintesi dell'obiettivo dell'operato della Fondazione Golinelli.

  PRESIDENTE. Abbiamo pochi minuti, purtroppo, per gli interventi dei commissari. Sicuramente non sarà possibile la replica. Quindi, vi chiedo di limitarvi a brevi commenti. Le domande si possono anche inviare direttamente ai soggetti auditi, per poi avere del materiale utile alla Commissione.
  Una sola riflessione, prima di passare la parola, rispetto a esperienze che reputo eccellenti e che rappresentano la strada anche all'interno dello sviluppo della didattica all'interno della scuola. Analizzo che per costituzione le fondazioni che partono sono quelle situate in territori principalmente del nord (Torino e Bologna) e che per una questione storica e strutturale si sviluppano in quella fascia di popolazione. C'è l'assenza della didattica che deve intervenire in quei territori dove c'è dispersione scolastica, povertà educativa e culturale e deve trovare, anche in quel caso, gli strumenti per poter – considerando che nella classifica delle start-up Napoli è terza come città di produzione di start-up – provare a garantire lo sviluppo di talenti anche in altre aree del Paese.
  Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VALENTINA APREA. Esprimo grande soddisfazione e sottoscrivo tutto quello che avete detto. Ci conosciamo e sappiamo quanti progetti abbiamo portato avanti, sia a livello nazionale che territoriale. È vero che ci sono fondazioni che hanno un radicamento al nord, e qui potrei mettere la Lombardia e voi sapete benissimo che non sbaglierei e non venderei fumo, ma è anche vero che soprattutto Fondazione Agnelli che conosco di più, ma anche San Paolo, hanno lavorato sempre a livello nazionale. È la sensibilità che dobbiamo far crescere sui territori, come pure quelle delle banche, perché comunque dietro ci sono grandi realtà. Abbiamo molta strada da fare, ma si può fare.
  Adesso, come teorizzo in una mia pubblicazione che sta per uscire, casa editrice Egea, la scuola diventa dei Centennials. Per noi che abbiamo resistito questo non varrà più. Riprendo velocemente quello che ha detto il presidente quando ha parlato dell'accesso alle informazioni. C'è un particolare: noi subiamo le informazioni. Questi ragazzi, che sono nati dopo il 2000, sono una generazione on demand, cercano le informazioni. Sono autodidatti, sanno essere autodidatti. Mentre noi le subiamo, perché abbiamo sempre ricevuto le informazioni e abbiamo meno strumenti di difesa, loro riescono anche a organizzare la ricerca, il sapere, le cose che vogliono, che vogliono vedere o che vogliono studiare e imparare. È una cosa molto seria. Siccome ho molto fiducia in questa generazione, penso che loro cambieranno la scuola italiana dove non siamo arrivati noi, che pure abbiamo perseguito per anni questi obiettivi.
  Farei due domande, se poi mi vorrete rispondere, potrete farlo anche inviando le risposte alla Commissione. In una mozione, che peraltro è stata sottoscritta anche da tutti i gruppi, abbiamo chiesto come Commissione Cultura di introdurre il coding obbligatorio come quarta abilità di base, Pag. 13partendo al massimo dal 2022, entro il 2022. Ovviamente, per fare questo, proprio perché, come diceva il presidente, non è più possibile andare avanti con sperimentazioni o con realtà, piazze o isole del futuro, dobbiamo generalizzare queste competenze e il pensiero computazionale, vi chiedo se siete d'accordo a rendere obbligatorio lo studio del coding a partire dalla scuola primaria e se siete d'accordo a prevedere, con un grandissimo sforzo anche qui di formazione degli insegnanti, anche il CLIL (content and language integrated learning) obbligatorio fin dalla scuola primaria, per l'importanza di conoscere il codice di programmazione e la lingua inglese, anche studiando tutt'altro. Tanto comunque i ragazzi lo fanno.
  Qualcuno ha detto, soprattutto la Fondazione Golinelli, sull'alternanza scuola-lavoro – che è stata troppo presto archiviata, modificata, buttata nel cestino – se non sia il caso di riprendere la questione e visto che più si innova più si ha bisogno di innovare noi abbiamo bisogno davvero di immaginare un apprendimento che sia della scuola, ma sia soprattutto al di fuori di essa, attraverso quelle famose reti che insieme devono andare avanti e affrontare il futuro, così come pure l'internazionalizzazione.
  Un altro aspetto della nostra formazione è il provincialismo. L'hanno capito adesso le università dopo tanti anni, le università che sono nel ranking internazionale, le università italiane, quelle che fanno progetti internazionali e hanno capacità di attrazione a livello internazionale. Credo che anche la scuola italiana, al di là dei progetti Erasmus, al di là delle buone esperienze o esperienze regionali come quelle di Regione Lombardia, abbia l'internazionalizzazione come obiettivo.
  Chiedo se questi quattro aspetti possono, secondo voi, cominciare a incidere su uno schema, quello della scuola italiana, che è ancora troppo novecentesco. Grazie.

  ALESSANDRO FUSACCHIA. Anche io vorrei ringraziare gli auditi, perché ci hanno portato contributi preziosi. Ci sono tre o quattro cose che volevo citare. Abbiamo deciso di fare un'indagine conoscitiva sull'innovazione didattica, ma avremmo potuto benissimo chiamarla sull'innovazione e l'inclusione didattica. Mi pare di capire che questo sia un tema centrale su cui torno fra un secondo.
  L'altra è questa questione epica, nemmeno storica, della personalizzazione dell'insegnamento, che è una delle chiavi del futuro, perché rischiamo altrimenti di stare con un modello fordista in un mondo completamente cambiato. Qui si apre un grande punto di domanda: fino a che livello si può spingere, da un punto di vista di valore aggiunto, pedagogico-didattico e fino a che punto si può spingere da un punto di vista di un Governo, un Parlamento, un Paese che deve organizzare trasferimenti, mobilità, cose molto novecentesche alla fine, orari scolastici e così via. Se potessimo avere poi, a valle di questo incontro, eventuali approfondimenti che voi avete fatto solo su questo, personalmente sarei particolarmente interessato.
  L'altra cosa che mi ha colpito molto, ma ovviamente sono riflessioni che in Commissione stiamo facendo, ha a che fare con la tecnologia. Prima ho sentito mi pare il dottor Benussi dire che bisogna evitare che la tecnologia, se non la governiamo, replichi gli errori di quando non avevamo la tecnologia, perché alla fine siamo sempre noi che stiamo dietro. Aggiungo che la vera scommessa, mi ricollego a quello che diceva il presidente Gallo, è come facciamo a evitare che la tecnologia aumenti le disuguaglianze invece che ridurle, per quello che riguarda gli apprendimenti nella scuola. Questo, secondo me, è il nodo di quello di cui stiamo discutendo nell'ambito dell'indagine sull'innovazione didattica.
  Ho due domande secche. Più che due domande sono due appelli che comunque sono collegati. Uno è per tutte e tre le fondazioni e uno è più specifico per la Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo. Prima la collega Aprea faceva riferimento al fatto che abbiamo tante fondazioni bancarie. Se non ricordo male a memoria, il presidente Profumo è diventato anche presidente dell'ACRI, l'Associazione delle Casse di Risparmio e delle Fondazioni bancarie. Essendo anche ex Ministro dell'istruzione, Pag. 14 immagino il tentativo che sta già facendo di sensibilizzare tutte le fondazioni. Vi volevo chiedere se c'è un lavoro in questa direzione per fare in modo che il mondo privato, il mondo delle fondazioni bancarie, si attivi perché diventi un progetto Paese, un progetto di sistema e non solo di alcune fondazioni più illuminate di altre.
  La seconda riflessione ha a che vedere con il sostegno che voi come fondazioni potete offrire a questa Commissione sotto due punti di vista. Il primo: noi stiamo facendo questa indagine conoscitiva che, se volete, è un'indagine ricognitiva, per cercare di capire cosa c'è sull'innovazione didattica nel Paese, facendoci aiutare da vari attori che si occupano di questo. Alla fine dovremo fare due cose: nell'ultima riga che ha istituito l'indagine conoscitiva c'è scritto che la Commissione si riserva, alla luce dell'indagine, di fare proposte normative; quindi occorre capire se c'è uno spazio, una possibilità di poter intervenire normativamente. Quindi, fatta la premessa di cui sopra, nonostante una serie di vincoli che conosciamo tutti nel Paese, però cercando pure di essere ambiziosi, che cosa proporreste al riguardo? Abbiamo un po’ di settimane per ragionarci.
  Contestualmente, riparto dalla frase con cui il direttore Crepax ha aperto. Ha detto che serve un intero villaggio per crescere un ragazzino, per educare un ragazzino. Qui serve un intero Paese per far penetrare l'innovazione didattica dappertutto, perché altrimenti resta una cosa di nicchia. Il mio appello è capire se si può fare un ragionamento strutturato con le fondazioni per fare in modo che quello che stiamo producendo e quello che voi state producendo diventi sistemico e il lavoro di divulgazione, di diffusione, di creazione di momenti a margine dei lavori della Commissione, là fuori ci permetta poi di evitare che tutto questo resti confinato a un fantastico lavoro dentro questa stanza, che francamente serve, ma serve anche molto poco, se non rendiamo il tema appetibile e centrale là fuori.
  Il contributo che le fondazioni ci possono dare, dal mio punto di vista, è venirci a raccontare cosa stanno facendo, che cosa sono e come leggono questo tema, ma io vi restituirei la provocazione di che cosa potete fare per aiutarci, non noi come Commissione, ma come Paese per poi domani, dopodomani o quando finisce questa indagine, fare in modo che il tema non si esaurisca con la costruzione di un rapporto che viene archiviato in uno scaffale e di cui tutti ci dimentichiamo.
  L'ultima cosa riguarda il sud. Lo diceva prima il presidente, mi pare, ancora una volta, e chiudo su questo. Conoscete realtà simili alle vostre, magari più piccole, che nel sud Italia si stanno mobilitando e stanno facendo alcune cose oppure, se non è così, non sarebbe ora di contrastare seriamente questa evoluzione storica, che non è dipesa da nessuno di noi, per fare in modo che magari la Golinelli, la Agnelli e la Fondazione della Compagnia di San Paolo ed altre si mettano insieme e aprano una filiale al sud? Cominciamo da qualche parte, però cominciamo.

  VITTORIA CASA. Ringrazio anch'io gli auditi perché hanno offerto veramente alcuni spunti molto interessanti di riflessione. Concordo con tutto quello che i colleghi che mi hanno preceduto hanno detto, per cui faccio solo due domande secche. Dalle relazioni degli auditi si evince che il punto nodale resta sempre la formazione dei docenti. Il problema è proprio questo. Bisogna assolutamente investire. Tra l'altro, le rilevazioni fatte da TALIS, che va ad esaminare ogni cinque anni proprio la situazione legata alla formazione dei docenti, chiaramente mettono a nudo qual è la difficoltà soprattutto nell'ambito della competenza digitale e di legare lo studio, l'insegnamento delle discipline con le competenze tecnologiche.
  Vorrei, se è possibile subito, oppure successivamente, sapere meglio, a proposito del monitoraggio che diceva poco fa il dottor Benussi, se avete unito a questa ricerca gli sviluppi: se ci sono stati miglioramenti in questo senso, così come nell'ambito della valutazione dei ragazzi che sono stati attori di questi progetti che avete portato avanti; se nell'ambito delle competenze avete trovato alcuni miglioramenti; se c'è stata effettivamente Pag. 15 una ricaduta nell'ambito delle competenze complessive che i ragazzi hanno ottenuto.

  FLAVIA PICCOLI NARDELLI. Io ho un'unica domanda, che poi si rifà a quello che dicevano Alessandro Fusacchia e la collega Casa: come trasferire – perché questo è il problema di una Commissione come questa – in politiche pubbliche, valide per tutto il Paese, le esperienze virtuose che le tre realtà ospiti oggi in Commissione stanno portando avanti? Questo è il tema dal mio punto di vista. Per noi diventa importantissimo quindi anche chiedervi – naturalmente mi rendo conto che oggi non abbiamo il tempo di dibattere su questo – qual è il bandolo da cui partire, qual è l'ordine delle priorità. Avete elencato una serie di cose che in questa Commissione sono state dibattute, alcuni di voi sono già stati ospiti della Commissione anche nella legislatura precedente. Vorrei sapere quali sono le priorità per portare avanti politiche pubbliche che siano efficienti e davvero valide per tutto il Paese, perché non può non colpire ognuno di noi il fatto che qui abbiamo una sovraesposizione del nord rispetto al resto del Paese.

  GABRIELE TOCCAFONDI. Anch'io voglio ringraziare e complimentarmi del lavoro che abbiamo oggi ascoltato e non solo.
  Voi – è oggettivo da quello che abbiamo visto e ascoltato – fate innovazione e la fate in modo sussidiario. Aiutate la scuola italiana, la formazione e quindi i docenti, le strutture, l'innovazione e, in particolar modo poi, i ragazzi, i fruitori della scuola. Lo ricordo sempre perché nel dibattito sul tema scuola ci scordiamo alcune volte che la scuola è fatta per i ragazzi. Mi sembra sia ovvio ribadire che gli strumenti per questo dialogo, in maniera sussidiaria, ci siano già.
  Vorrei chiedere un giudizio sul tema dello strumento principale di dialogo che è l'autonomia scolastica. Paradossalmente, se si dovesse passare dal centralismo ministeriale, molti di questi progetti magari non avrebbero avuto la fortuna per i ragazzi e per i docenti che invece hanno avuto, numeri alla mano e qualità alla mano. La mia domanda è su questo. I rapporti attuali con il ministero e i rapporti in questi anni con le scuole, con i dirigenti, con i docenti e quindi con l'autonomia scolastica. È vero che mancano realtà ulteriori in maniera sussidiaria che possono aiutare in tutte le regioni italiane questo movimento positivo per la scuola, ma partiamo anche da quello che c'è di positivo e magari domandiamoci se non sia il caso di lavorare sull'autonomia scolastica dando sempre più autonomia alle scuole. Grazie.

  FEDERICO MOLLICONE. Ringrazio gli auditi per i casi-studio che hanno portato all'attenzione della Commissione. Penso che sia utile, nell'ambito di questa indagine conoscitiva, vedere quanto di buono e di valido ci sia nell'iniziativa sussidiaria, l'iniziativa da parte di quelle realtà sussidiarie come le fondazioni o associazioni che, motu proprio, vanno a sostenere e finanziare progetti.
  Abbiamo visto progetti su una nuova didattica, abbiamo visto la riqualificazione e la riorganizzazione di una scuola secondo altri criteri ovviamente più contemporanei e più innovativi. Certo, un po’ dispiace vedere l'iniziativa sussidiaria scontrarsi con la realtà quotidiana delle scuole italiane. Su questo penso sia importante ampliare sicuramente il ragionamento rispetto a un nuovo modello di didattica. Abbiamo ascoltato in passato, nelle settimane scorse, anche l'intervento dell'INDIRE, che sta portando avanti un nuovo progetto di didattica che andrà a rompere la bidirezionalità classica e tradizionale novecentesca e anche la gestione degli spazi scolastici. Questo è un tema molto alto, che in maniera coraggiosa il Parlamento deve affrontare e sul quale bisogna accelerare, perché le scuole non siano lasciate soltanto all'iniziativa sussidiaria, ma ci sia un indirizzo prevalente e pubblico da parte del ministero rispetto a una rivoluzione e a una resa contemporanee della didattica.
  Su questo concludo chiedendo nuovamente al presidente, anche al più presto, un'audizione del ministro al riguardo, perché l'indagine conoscitiva è fondamentale, ascolteremo anche altri soggetti, abbiamo Pag. 16proposto anche altre realtà che stanno sviluppando sperimentazioni, però crediamo che su questo l'indirizzo del ministro sia determinante. Grazie.

  PATRIZIA PRESTIPINO. Mi scuso perché sono arrivata ad audizione già iniziata, ma voglio fare da docente una domanda.
  Avete tutti letto che l'anno scolastico inizia in una condizione drammatica, perché mancano soprattutto gli insegnanti di sostegno e quindi sono a rischio le fasce più deboli, i nostri studenti disabili. Ne so qualcosa perché poi anche nel liceo ci sono tanti ragazzi con disabilità, sia intellettiva che motoria. Essendo arrivata tardi magari mi è sfuggito.
  Volevo sapere se sono previsti corsi di formazione per insegnanti di sostegno, perché oggi più che mai ce n'è bisogno, ma soprattutto corsi di formazione seri, approfonditi e ampi che rendano questo importante settore della docenza pubblica un settore affidabile, un settore di massima efficienza dal punto di vista ovviamente formativo, ma anche psicologico, etico e quant'altro. Questo è molto importante oggi per la scuola pubblica. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Sono concluse le audizioni. Ringrazio di nuovo gli auditi, anche per la documentazione consegnata di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegati) e i commissari dei contributi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.

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