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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Martedì 12 marzo 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030

Audizione di rappresentanti di Terna Spa.
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 
Ferraris Luigi , Chief executive officer (CEO) di Terna Spa ... 3 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 10 
Vallascas Andrea (M5S)  ... 10 
Benamati Gianluca (PD)  ... 10 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 11 
Benamati Gianluca (PD)  ... 11 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 11 
Sut Luca (M5S)  ... 12 
Manca Gavino (PD)  ... 12 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 12 
Ferraris Luigi , Chief executive officer (CEO) di Terna Spa ... 12 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 13 
Michi Luigi , Responsabile strategie, sviluppo e dispacciamento di Terna Spa ... 13 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 14 
Ferraris Luigi , Chief executive officer (CEO) di Terna Spa ... 14 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 14 
Michi Luigi , Responsabile strategie, sviluppo e dispacciamento di Terna ... 14 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 15 
Ferraris Luigi , Chief executive officer (CEO) di Terna ... 15 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 15 

(La seduta, sospesa alle 12.55, è ripresa alle 13) ... 15 

Audizione di rappresentanti di ENI Spa:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 15 
Cosentino Luca , Executive vice president – Direttore energy solutions di ENI Spa ... 15 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 16 
Rocchio Hannelore , Executive vice president – Regulatory affairs & strategy support di ENI Spa ... 17 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 18 
Chiarini Alberto , Amministratore delegato di ENI gas e luce Spa ... 18 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 19 
Ricci Giuseppe , Chief refining & marketing officer di Eni Spa ... 19 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 23 
Squeri Luca (FI)  ... 23 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 23 
Cosentino Luca , Executive vice president – Direttore energy solutions di ENI Spa ... 23 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 24 
Ricci Giuseppe , Chief refining & marketing officer di Eni Spa ... 24 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 24 
Ciarrocchi Luigi , Executive vice president – Direttore italian region di ENI Spa ... 24 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 25

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
BARBARA SALTAMARTINI

  La seduta comincia alle 11.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Terna Spa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Terna Spa.
  Nel dare la parola al Chief executive officer (CEO) di Terna, dottor Luigi Ferraris, saluto il dottor Luca Torchia, l'ingegner Luigi Michi e il dottor Stefano Conti che lo accompagnano e ricordo che l'audizione è finalizzata esclusivamente ad ottenere elementi istruttori, utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  LUIGI FERRARIS, Chief executive officer (CEO) di Terna Spa. Comincerei dandovi un quadro sull'evoluzione del sistema elettrico nazionale, con riferimento a quello che è stato il percorso di crescita delle rinnovabili fino ad oggi e a quello che ci dobbiamo aspettare a partire dal 2018 fino al 2030, a seguito dell'implementazione dei target previsti nel Piano energia e clima.
  Un dato interessante, riportato nella chart a pagina 3 della documentazione scritta consegnata alla Presidenza, riguarda l'evoluzione della capacità installata eolica e fotovoltaica nel periodo 2008-2018. L'Italia ha visto una crescita importante della capacità rinnovabile negli ultimi dieci anni, fino ad oggi, e riscontriamo che la capacità solare fotovoltaica è passata sostanzialmente da 0,4 gigawatt nel 2008 a circa 20 gigawatt alla fine del 2018, così come la componente eolica è cresciuta significativamente da 3,5 a 10 gigawatt. Se andiamo a riscontrare quale è stato il livello di mix di produzione nel periodo, vediamo che nel corso del 2018 abbiamo osservato giornate in cui la componente rinnovabile ha coperto (per esempio nel mese di maggio dello scorso anno) il 46 per cento del fabbisogno nazionale, fino ad arrivare, ad esempio, il 13 maggio al 60 per cento su base giornaliera o addirittura a coprire oltre l'80 per cento in alcune ore della giornata particolarmente soleggiate, in cui la produzione da fonte solare fotovoltaica ha contribuito in maniera significativa.
  Va osservato peraltro che, a fianco di questa importante crescita delle rinnovabili nel periodo 2008-2018, abbiamo assistito a una progressiva decrescita della capacità termoelettrica, al punto che a fine 2018 riscontriamo una capacità termoelettrica disponibile nell'ordine dei 58 gigawatt verso i 76 gigawatt del 2013. Nell'arco del decennio ma soprattutto degli ultimi due-tre anni, quindi, abbiamo visto da una parte una crescita importante delle rinnovabili e dall'altra un progressivo calo della capacità termoelettrica, perché, a regole attuali, il mercato della generazione funziona su meccanismi che prevedono la priorità di dispacciamento alle rinnovabili e una riduzione Pag. 4 come conseguenza delle ore di funzionamento degli impianti termoelettrici.
  Questo ha avuto come prima conseguenza (lo si può vedere nel riquadro sempre a pagina 3 della documentazione scritta) una contrazione del margine di riserva nazionale, che è un dato importante perché ci dice qual è il nostro livello di sicurezza per far fronte a situazioni di clima estremo o di cambiamenti dell'assetto del sistema energetico del Paese. I 7 gigawatt, indicati nella medesima chart a pagina 3, a fine 2018 rappresentano un margine di riserva sostanzialmente pari all’import. Questo vuol dire che, se l’import si riduce a zero in determinate condizioni, il nostro margine di riserva si assottiglia e diventa prossimo allo zero. Questo ci dice che stiamo entrando in una fase in cui la sicurezza del sistema può essere sottoposta a rischi non irrilevanti (lo riprendiamo successivamente con un piccolo approfondimento).
  Andando a pagina 4 della documentazione scritta, spendiamo due parole rispetto ai target previsti nel Piano energia e clima. Mi soffermerei soprattutto sul riquadro in alto a destra nella pagina, che riporta come stima a fine 2030 un'ipotesi di contributo della produzione di energia rinnovabile pari a circa il 55 per cento su base annua. Questo vuol dire che al 2030, se realizziamo appieno quanto previsto nella proposta del Piano energia e clima, raggiungeremo una componente rinnovabile intorno al 55 per cento sul totale del fabbisogno, quindi ben avviati verso l'obiettivo zero emissioni di CO2 verso il 2050.
  Vanno osservati però gli effetti di questa introduzione, che si possono vedere soprattutto nelle due chart riportate nella parte inferiore di pagina 4, che sono un po’ tecniche, ma che provo a illustrare in maniera semplice. Le rinnovabili, come è intuitivo, funzionano a pieno regime soprattutto solare nell'arco della giornata. Prendendo come riferimento il mese di aprile 2018 e confrontando la domanda di energia con la produzione rinnovabile, le rinnovabili coprono una parte, ma non tutto della domanda di energia nel corso della giornata, cioè dalle 7-8 del mattino alle 19.00. Se ipotizziamo un aprile 2030 con tutte le rinnovabili in esercizio, si verifica un fenomeno di cui dobbiamo tenere assolutamente conto, cioè che le rinnovabili eccedono nell'arco della giornata la domanda stimata nell'arco della medesima giornata. La conseguenza di questo, se non si prendono adeguati provvedimenti, è che rischiamo di trovarci in una situazione in cui durante il giorno andiamo in quello che tecnicamente viene definito over generation, un eccesso di disponibilità di rinnovabili rispetto alla domanda. Se non troviamo un modo per stoccare, per trattenere questa potenzialità, rischiamo di essere inefficienti e di non utilizzare appieno le potenzialità di questo strumento.
  Occorre quindi lavorare anche sullo sviluppo di capacità di stoccaggio di energia. Oggi le tecnologie disponibili sono ancora l'idro, cioè l'acqua intesa come pompaggio, e l'utilizzo di batterie elettrochimiche, che sono una tecnologia in evoluzione, ma che non ci consente di raggiungere ancora livelli dimensionali tali da poter immagazzinare una quantità di energia come quella ipotizzata nella chart per il 2030.
  Quali sono secondo noi, peraltro in gran parte riflessi nelle considerazioni che si stanno facendo sulla implementazione del Piano energia e clima, gli elementi necessari per raggiungere in sicurezza al 2030 questo processo di decarbonizzazione? Certamente è importante avere dei segnali di prezzo di lungo termine per quanto riguarda sia la capacità termoelettrica che la capacità idroelettrica stessa, perché dobbiamo ragionare su un percorso che va oltre i dieci-quindici anni.
  Terna ha poi la necessità di intervenire con investimenti infrastrutturali importanti sulle reti di alta tensione, per favorire l'integrazione delle rinnovabili e soprattutto per connettere i punti dove abbiamo la maggiore concentrazione di produzione di rinnovabili rispetto ai punti dove abbiamo una maggiore concentrazione dei consumi. Le rinnovabili già oggi sono particolarmente concentrate al sud, i consumi industriali soprattutto sono concentrati al nord, la capacità termoelettrica è stata chiusa prevalentemente al nord; se andiamo a prendere regioni come Lombardia Pag. 5e Veneto vediamo che sono in deficit, nel senso che hanno una capacità produttiva di energia inferiore alla loro domanda e quindi sono importatori di energia dalle regioni limitrofe e anche da altri Paesi, laddove ci sono le interconnessioni vicino.
  Come dicevo, rilevano segnali di prezzo a lungo termine per quanto riguarda la capacità termoelettrica e per quanto riguarda le stesse rinnovabili, interventi infrastrutturali lato rete alta tensione importanti, perché, come dicevo prima, dobbiamo interconnettere punti dove abbiamo la maggior concentrazione di produzioni di rinnovabili verso i punti dove abbiamo maggiori consumi. Un esempio su tutti, rafforzare la connessione sud/nord. Oggi abbiamo un'unica dorsale che passa lungo l'autostrada Firenze-Roma, dovremmo necessariamente investire per fare in modo che ci sia un collegamento più forte e quindi per tener conto dei diversi flussi di generazione fatti al sud verso i consumi previsti al nord.
  L'altra gamba importante, come già detto, riguarda lo storage idroelettrico ed elettrochimico. Diventa fondamentale in questo percorso di decarbonizzazione dotarsi di sistemi di stoccaggio di energia, siano essi di natura idroelettrica o elettrochimica, al fine di avere una stabilità del sistema, garantire l'adeguatezza e far fronte alle oscillazioni indotte dalla capacità rinnovabile.
  Vorrei fare una riflessione sull'importanza, secondo noi, dell'esistenza di segnali di prezzo a lungo termine e del capacity market. Abbiamo già sperimentato nel recente passato situazioni di rischio, in cui la sicurezza italiana è stata messa fortemente sotto pressione. Nel luglio 2015 ci sono state punte record di caldo, con temperature medie superiori alla media stagionale di periodo, con picchi di consumi indotti prevalentemente dall'utilizzo dei condizionatori oltre i 60 gigawatt e quindi con un sistema fortemente posto sotto pressione, in quanto l’import in queste circostanze si riduce, perché i Paesi confinanti a loro volta devono agire per coprire i consumi interni. Nel gennaio 2017, andando in un recente passato, nella terza settimana di gennaio c'è stato un momento in cui sono state attivate alcune azioni, che poi vado ad illustrare brevemente, necessarie per fronteggiare situazioni di crisi, in cui abbiamo avuto freddo accentuato non solo in Italia e in Francia, e in Francia dove c'è una capacità nucleare che, come saprete, viene utilizzata anche per fornire i riscaldamenti alle famiglie, di fatto l’import si è azzerato vuoi perché c'è stata una riduzione di capacità essendoci manutenzione straordinaria degli impianti nucleari, vuoi perché c'è stato anche lì un picco di freddo. A quel punto siamo andati in pressione, quindi abbiamo dovuto utilizzare anche uno strumento quale l'interrompibilità per abbassare il livello di consumi nel Paese.
  Nel luglio-agosto del 2017, di nuovo durante il periodo estivo, a seguito della scarsa idraulicità sono stati raggiunti momenti in cui quel famoso margine di riserva si è assottigliato ed è andato vicino allo zero. Ecco perché con regolarità, ormai da qualche anno, adottiamo o ci mettiamo in condizione di poter utilizzare alcuni strumenti per far fronte a situazioni di criticità, visto l'assottigliamento del livello di sicurezza di cui parlavo prima.
  Quali sono questi strumenti? Utilizzare tutta la capacità termoelettrica disponibile in casi di emergenza, richiamare in esercizio impianti indisponibili, lavorare sugli alto consumanti, mettendo in piedi dei contratti di interrompibilità istantanea, per mettersi in condizioni di ridurre il carico senza impattare sulle famiglie, e sviluppare contratti a termine sulla base delle UVAC, le unità virtuali abilitate al consumo, che già sono in corso, ma che in termini dimensionali sono ancora marginali, bloccare ulteriori dismissioni di capacità, in attesa che si realizzi questo percorso virtuoso, di cui parlavo prima, di implementazione di nuova capacità, storage e adeguamento della rete.
  Ricordo anche che questa situazione non è solamente italiana, stiamo vivendo in un contesto in cui i Paesi più importanti in Europa (Francia, Germania, Benelux, ossia tutta la zona di Belgio e Olanda) stanno attraversando le stesse criticità che noi stiamo incontrando, che sono legate a un percorso di transizione verso la decarbonizzazione Pag. 6 che vede chiusure di impianti nucleari, chiusure di impianti a carbone e transizione energetica con più rinnovabili e massicci investimenti in interconnessione. La Germania ha piani di decine di miliardi di euro di interconnessioni, per connettere la nuova capacità off-shore eolica nel Mare del Nord con le zone ad alto consumo. Siamo quindi in una fase di transizione, che impone anche dei meccanismi di sussidiarietà tra Stati dal punto di vista della copertura del rischio energetico.
  Ho toccato prima il tema del capacity market, ma lo riprendo. Per noi è importante, per poter traguardare anche l'obiettivo di chiusura del carbone al 2025, avviare questo meccanismo di capacity market con urgenza, possibilmente entro giugno, in maniera tale da poter lanciare delle aste che ci consentano di veder entrare in esercizio nuova capacità pulita, perché stiamo parlando di impianti che avranno dei requisiti di emissioni molto più restrittivi rispetto al passato, entro il 2022- 2023, in tempo utile per quello che può essere un percorso di chiusura del carbone.
  Come sentirete dire più di una volta, è importante il contributo in termini di semplificazione e accelerazione dei processi autorizzativi, perché il piano che vogliamo realizzare come Paese è ambizioso e implica un'accelerazione dei processi autorizzativi per poter traguardare questi obiettivi, e implica anche una regia istituzionale importante, in modo tale che le azioni si muovano in parallelo e non in sequenza. Non ce lo possiamo più permettere, perché non siamo più in una situazione di eccesso di capacità, come eravamo qualche anno fa, quindi da adesso in avanti bisogna muoversi con attenzione, pianificando adeguatamente.
  Cosa fa Terna in questo contesto? Abbiamo programmato il nostro piano di investimenti decennale, che abbiamo sottoposto recentemente, come da legge, al Ministero dello sviluppo economico e che prevede una serie di interventi finalizzati in primis ad agevolare la decarbonizzazione, cioè l'integrazione delle rinnovabili esistenti e soprattutto quelle che arriveranno, favorire uno sbottigliamento di alcune zone a favore di una maggiore efficienza di mercato (sbottigliamento vuol dire collegare zone con maggiore capacità produttiva rispetto alle zone dove c'è maggior consumo, ottimizzando gli asset esistenti e lavorando soprattutto sulla sicurezza del sistema).
  Un altro aspetto che mi preme sottolineare è che stiamo andando incontro a un sistema caratterizzato da una maggiore generazione distribuita, che si trascina dietro un funzionamento della rete elettrica diverso rispetto al passato. Banalmente, la nostra rete è stata progettata e concepita finalizzata fino alla fine degli anni ’90, assumendo che le grandi centrali, che erano 7-800 all'epoca, producessero energia e, attraverso la rete di alta, media e bassa tensione, arrivassero fino all'utente finale. In questi 15-20 anni le cose sono cambiate radicalmente, prima di tutto perché non ci sono più solo 800 centrali che immettono energia nel sistema, ma ce ne sono 800.000 e stiamo andando verso 1 milione oggi, e, se ci proiettiamo al 2030, avremo milioni di piccole centrali, perché il consumatore è diventato anche produttore di energia.
  Questo presuppone un funzionamento tecnico della rete diverso, che si deve necessariamente trascinare dietro anche degli investimenti, finalizzati a stabilizzare la frequenza e il funzionamento della rete. Cambia completamente anche la gestione del rischio. Immaginate che in Australia ci sono stati momenti in cui, proprio a causa di questo sviluppo, i tempi di reazione a seguito di una potenziale discontinuità di servizio sono ormai a secondi. Oggi noi non siamo ancora a questo punto, ma ci dobbiamo preparare per arrivare a un mondo in cui sarà ancora più spinta la necessità di questo controllo. Cosa stiamo facendo? Ovviamente per noi al primo posto c'è la sostenibilità e in questo senso abbiamo avviato già nel 2018 continui contatti con il territorio, abbiamo fatto più di 330 visite per ascoltare le esigenze e trovare soluzioni tecnologiche meno impattanti possibile rispetto alle comunità locali. Complessivamente in dieci anni stiamo immaginando di investire 12 miliardi di euro per accompagnare questa transizione energetica. Vorrei ricordare che nel caso nostro 12 miliardi di Pag. 7euro ha un impatto sul prodotto interno lordo uno a uno, cioè il 96 per cento dei nostri investimenti va tutto sull'economia locale, quindi produce degli effetti moltiplicatori all'interno del sistema.
  Andando rapidamente più nel dettaglio, vi segnalo che quella che vedete tratteggiata sulla destra della cartina a pagina 9 della documentazione scritta, che è una linea che passerà via mare e che ci aspettiamo che possa andare in esercizio nel 2023-2024, è il classico esempio di connessione sud/nord attraverso un cavo sottomarino, che consentirà di favorire il trasporto di energia dall'area dove si producono le rinnovabili, cioè il sud, al nord- Nella medesima cartina si può vedere tratteggiato il famoso triterminale o il collegamento Sardegna, Sicilia, penisola, che fa parte del percorso di accompagnamento del processo di decarbonizzazione e di creazione di una magliatura di rete, che consenta di utilizzare al meglio una generazione sempre più distribuita, assumendo anche che nel frattempo ci siano dei disinvestimenti di carbone o di impianti obsoleti nelle isole e l'ingresso di nuova capacità.
  Comprendete bene che stiamo parlando di investimenti massicci, importanti, che richiedono uno sforzo tecnologico e anche una pianificazione adeguata, con processi autorizzativi che devono seguire gli obiettivi che ci stiamo dando come Paese.
  Nella chart successiva, a pagina 10 della documentazione scritta, si trova un focus sul cavo HVDC (High voltage direct current), il cavo sottomarino che collegherà il continente con la Sicilia e con la Sardegna. Questo consentirà di mettere in maggiore sicurezza le isole, di renderle più connesse alla penisola, al continente, e permetterà l'ingresso di nuova capacità rinnovabile e il progressivo phase out di capacità termoelettrica più obsoleta e più inquinante. Sottolineo che il cavo da solo non risolve il problema, il cavo è un fattore abilitante, ma deve essere accompagnato da ingresso di nuova capacità rinnovabile, capacità di stoccaggio e qualche impianto di picco a gas, così come nella chart successiva a pagina 11 della documentazione scritta abbiamo un piccolo focus sulla dorsale centro-sud, centro-nord, che è fondamentale per il pieno utilizzo delle fonti rinnovabili esistenti e future, perché ragionevolmente il sud si presta a un maggiore sviluppo della capacità rinnovabile e dobbiamo creare le condizioni perché regioni come il Veneto, la Lombardia la stessa Emilia siano in grado di poter beneficiare di questa nuova energia pulita, che viene prodotta al sud, e possa essere ragionevolmente portata laddove ci sono i maggiori consumi.
  Tutto questo avrà come effetto una riduzione di alcuni costi legati per esempio al mercato dei servizi di spacciamento, che oggi è un mercato cosiddetto del giorno dopo, che serve per bilanciare eventuali delta rispetto a quanto pianificato il giorno prima. Questo aiuterà ad avere una previsione più puntuale, questo cavo unitamente a tutto il piano di cui stiamo parlando ne è un esempio, qui in modo particolare perché mettiamo in connessioni bacini di produzione molto importanti con il centro nord, dove abbiamo la concentrazione industriale più importante.
  Per provare a sintetizzare quello che secondo noi deve essere un percorso da seguire per traguardare il phase out del carbone e quindi arrivarci preparati e non con dei rischi di non copertura della domanda di energia, quindi non in sicurezza, abbiamo provato a creare una sorta di matrice, che ci dice da una parte quali sono gli interventi necessari per accompagnare il phase out del carbone, che quindi evidentemente vanno fatti prima del phase out, e dall'altra quali possono essere gli strumenti a supporto per raggiungere questo obiettivo. Sicuramente, prima l'ho accennato, è importante dotarsi di capacità aggiuntiva a gas, che deve fungere da backup nei momenti in cui abbiamo il calo della produzione rinnovabile e la costruzione di accumuli, quindi di nuova capacità di accumulo, sia esso idroelettrico o elettrochimico. Sicuramente riteniamo che 3.000 megawatt di capacità idroelettrica soprattutto al centro-sud saranno importanti e che, anche alla luce dell'evoluzione delle condizioni meteorologiche, potrebbe essere anche un'opportunità per valutare l'utilizzo dell'acqua in un'ottica multiuso, cioè Pag. 8non solo per la produzione di energia elettrica, ma anche per scopi agricoli piuttosto che per scopi di utilizzo per immagazzinare l'acqua, la quale sta diventando una risorsa sempre più scarsa, osservando quello che accade da qualche anno a questa parte. L'accumulo idroelettrico, quindi, è estremamente importante e le infrastrutture, rete nazionale, quindi quello che è sotto la nostra responsabilità, sono il triterminale con la Sardegna, il rinnovo del collegamento Corsica-Sardegna e la dorsale nord/sud. Trovate poi a pagina 12 della documentazione scritta una voce, compensatori sincroni, che è molto tecnica. In sostanza significa che noi abbiamo bisogno di supportare il funzionamento della rete con strumenti che consentano di mantenere una stabilità non dei flussi, ma della frequenza della rete. Il passare da impianti termoelettrici, che sono caratterizzati da macchine rotanti importanti, a macchine più piccole come quelle idroelettriche, più flessibili, più volatili mette la rete sotto pressione. Il compensatore sincrono è uno strumento che favorisce l'inerzia del sistema, cioè l'allungamento dei tempi di reazione rispetto a rischio o a criticità del sistema.
  Strumenti. Il capacity market è uno strumento nella pipeline che auspichiamo possa uscire entro l'estate, come ci siamo detti. La semplificazione delle procedure autorizzative è molto importante soprattutto per alcune opere, pensiamo al triterminale con la Sardegna; auspichiamo che si riesca ad avere un'accelerazione, magari selezionando e discutendo in anticipo alcuni progetti chiave, e proseguire in velocità, tenendo conto che in alcuni casi si tratta di opere che anche tecnicamente richiedono uno sforzo non banale, quindi è molto importante avere la certezza dei tempi, così da potersi attrezzare. I contratti a termine sono importanti per avere visibilità e favorire gli investimenti da parte di operatori interessati per quanto riguarda per esempio gli accumuli; sugli accumuli idroelettrici bisogna trovare una forma di remunerazione, che tenga conto della specificità dell’asset, che è quello di essere una sorta di magazzino dell'energia, quindi prevale non tanto quante ore funziona, ma il funzionamento in determinate ore della giornata, quindi bisogna andare più verso una remunerazione del capitale investito che non una remunerazione oraria, come oggi prevediamo nel mercato della generazione. Qui ci vuole un cambiamento e auspichiamo un avvio di una cabina di regia istituzionale trasversale, che permetta di avviare questi processi in parallelo.
  Lo accennavo prima e lo riprendo: l'importanza dei pompaggi la si deduce dalla chart a pagina 13 della documentazione scritta che, per quanto complessa, provo a tradurre in alcuni concetti chiave. Se immaginiamo di trovarci nel 2030, con quel 55 per cento di capacità rinnovabile ormai presente e operante, nell'arco della giornata mediamente ci troveremo in una situazione in cui la linea qui tratteggiata è il potenziale che le rinnovabili possono esprimere in termini di chilowattora prodotti dalle 7-8 del mattino alle 8 di sera. Quella blu in alto è la linea relativa alla domanda attesa in quel periodo. Da questo grafico vediamo che durante la giornata è ragionevole assumere che le rinnovabili saranno in eccesso rispetto al fabbisogno del sistema. Il carico residuo o comunque quello che può essere chiamato over generation, che è quella riportata sotto l'ascissa, dovrà essere gestita e non dispersa. Il vantaggio di uno strumento come il pompaggio è quello di dire «durante il giorno mi consumi energia elettrica, rimandi l'acqua nei bacini sovrastanti, e durante la sera, quando va giù il sole e quindi gli impianti rinnovabili decrescono, puoi propinare energia e rimetterla nel sistema». Diventa un meccanismo virtuoso che ti consente di stabilizzare. Questo è un esempio per dire come la presenza di pompaggi possa aiutarci, soprattutto al centro-sud dove abbiamo la maggiore concentrazione di rinnovabili, a stabilizzare il sistema in questo senso.
  Azioni necessarie per realizzare questo obiettivo. Innanzitutto fatemi dire che l'attuale modello di remunerazione dei pompaggi non consente la realizzazione di questo obiettivo, perché non ti consente di avere un'adeguata copertura di costi nel medio-lungo termine, quindi è importante Pag. 9creare le condizioni per favorire nuovi investimenti in un'ottica più di remunerazione del capitale investito e meno delle ore di funzionamento. Su questo bisognerà lavorare nell'ambito della auspicata cabina di regia. Immaginiamo che potrebbe essere una soluzione una sorta di meccanismo di ricavi riconosciuti, che tenga conto di una remunerazione del capitale investito più una copertura dei costi variabili, assumendo che non si superi un certo cap, ma evidentemente questo è un argomento che va studiato in dettaglio con chi di dovere.
  Andando più nello specifico, quindi andando sul documento presentato a Bruxelles per quanto riguarda il Piano energia e clima, ci siamo permessi di focalizzarci su due o tre punti che riguardano direttamente il ruolo dell'operatore di trasmissione, dando il nostro punto di vista.
  Uno degli argomenti in discussione non solo a livello italiano, ma anche a livello europeo è il fatto di introdurre dei meccanismi per cui il dispacciamento, cioè la modalità in cui si coopera alla domanda di energia nel corso della giornata, possa essere sempre più decentrato e esercito dai distributori locali. Riteniamo che in questo momento storico, date le caratteristiche dell'Italia, il dispacciamento debba essere centralizzato, cioè debba essere nelle mani di un unico operatore che ha la responsabilità della sicurezza nazionale, e in questo caso evidentemente Terna è quella che ha questa responsabilità. Questo perché riteniamo che un dispacciamento centrale, anche alla luce delle complessità di cui parlavo prima, assicuri una maggiore stabilità e sicurezza del sistema, tenendo conto che, a regole attuali, la responsabilità della sicurezza è nell'ambito dell'operatore di trasmissione e non a livello di operatori di distribuzione.
  Seconda cosa: rischiamo di non riuscire a mettere in moto dei meccanismi di bilanciamento e di osmosi tra i vari operatori, ma ci vuole qualcuno che abbia una regia centrale. Immaginate cosa potrebbe succedere tra qualche anno, quando avremo milioni di punti di generazione, se non c'è una regia centrale, che consenta di coprire il fabbisogno di domanda e offerta tenendo conto anche delle interconnessioni con gli altri Paesi europei, quindi è estremamente delicato. Dal punto di vista della sicurezza nazionale è auspicabile che si mantenga questa impostazione.
  Per quanto riguarda l'autoconsumo, altro punto toccato, chiediamo soltanto di avere una formula di incentivazione più trasparente e non legata soltanto all'esenzione del pagamento delle parti variabili, per evitare che ci possano essere delle sperequazioni, ossia il ribaltamento di molti oneri in capo a chi non fa autoconsumo, o il rischio che ci sia un incentivo di fare solo autoconsumo e quindi si crei uno sbilanciamento a livello di sistema, con un rischio di scarsa controllabilità dei costi. Qui sono importanti la trasparenza e la controllabilità dei costi.
  Vi ho riportato, solo per darvi conto di quello che sta accadendo – perché solo quando lo si mette su un grafico, come quello a pagina 17 della documentazione scritta, ce se ne rende conto – la frequenza degli eventi meteorologici estremi. Negli ultimi anni abbiamo avuto un aumento della frequenza esponenziale, eventi meteo severi (l'ultimo più importante si è verificato in Veneto, nella provincia di Belluno, ma ce ne sono stati altri nel frattempo al sud) che sottopongono il sistema elettrico, sia di alta tensione che di media e bassa, a stress che non erano originariamente prevedibili, né ipotizzati negli standard tecnici. Non ricordiamo venti a 120-140 chilometri orari in un territorio come il nostro, se non in rarissime occasioni, ma ci dobbiamo abituare perché stanno diventando più frequenti, come anche le mareggiate sono più frequenti, quindi l'instabilità del clima pone sotto forte pressione la resilienza dei nostri asset. Bisogna fare degli interventi, che abbiamo già riflesso nel nostro piano degli interventi, finalizzati a mitigare queste situazioni estreme, quindi la formazione di manicotti di ghiaccio, elemento che ha caratterizzato molte situazioni di crisi in Abruzzo e che può essere mitigato con strumenti antirotazionali per evitare che si creino questi manicotti, quindi c'è tutta una serie di interventi che stiamo mettendo Pag. 10in piedi e che abbiamo riflesso nei nostri numeri.
  Ricordo solo che abbiamo presentato a marzo del 2018 un piano a cinque anni alla comunità finanziaria, piano che prevedeva un aumento del 30 per cento degli investimenti rispetto all'anno precedente, a breve andremo sul mercato ed è ragionevole aspettarsi un ulteriore aumento per tener conto di tutti gli elementi di cui abbiamo parlato.
  Bisogna fare interventi strutturali, interventi di sviluppo, per esempio rafforzare la magliatura delle linee, cioè creare le condizioni perché il chilowattora possa passare in più di una strada in determinate situazioni. Qui sarà importante avere un impatto territoriale minimo utilizzando, laddove i parametri costi/benefici ce lo consentano, linee interrate magari in abbinata a linee aeree, in modo da avere degli anelli che ci consentano di gestire situazioni di emergenza.
  Stiamo investendo molto anche su innovazione e tecnologia. Vorrei ricordare che nello scorso piano abbiamo già stanziato 600 milioni di euro di interventi per digitalizzare le reti e per investire in innovazione. Quando parlo di rete, penso alla manutenzione predittiva attraverso gli strumenti più evoluti (sensoristica che stiamo installando, faremo in Veneto un primo testing e doteremo soprattutto nella provincia di Belluno i nostri tralicci di una serie di sensori per utilizzarli per elaborazione dati e manutenzione predittiva).
  Vado all'ultima chart a pagina 19 della documentazione scritta e concludo riepilogando gli elementi chiave per accompagnare questa transizione energetica all'obiettivo ambizioso al 2030 di avere il contributo di rinnovabili al 55 per cento. Secondo noi, gli elementi essenziali dovrebbero essere lungo tre direttrici. Il primo punto (l'abbiamo detto più volte nel corso della relazione): è importante avviare rapidamente un meccanismo di capacity market, che ci consenta di metterci in condizioni di fare un phasing out del carbone ordinato, in continuità di qualità del servizio, quindi chiudendo gli impianti più inquinanti e favorendo lo sviluppo di impianti meno inquinanti ed anche l'avvio di nuova capacità rinnovabile, che dovrà funzionare sempre più da must run nel corso della giornata.
  Seconda linea guida: interventi infrastrutturali. È importante adeguare la rete alle nuove condizioni, favorendo quindi lo sviluppo di nuove dorsali sud-nord, favorendo le interconnessioni con l'estero (ne abbiamo una nella pipeline con la Francia, ne abbiamo una finalizzata con il Montenegro, ce ne dovranno essere altre). Questo ci consentirà di avere una maggior interazione con le risorse degli altri Paesi e viceversa.
  Terzo punto, altrettanto importante, riguarda la creazione di sistemi di storage, in particolare di tipo idroelettrico, per tener conto del nuovo funzionamento. Anche qui sarà importante dotarci degli strumenti necessari per favorire questo sviluppo.
  Io ho terminato e sono a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Lascio la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA VALLASCAS. Due domande veloci. Prima una questione territoriale: voi avete accennato alla realizzazione in futuro di un cavo che collegherà Sardegna, Sicilia e continente, quindi si andrà a realizzare un anello. Vi chiedo se la realizzazione del cavo che andrà a collegare Sardegna e Sicilia possa permettere la chiusura della centrale a carbone del Sulcis o se invece riteniate comunque necessario il mantenimento dell'impianto e, invece del carbone, passare a GNL, ossia gas naturale liquefatto.
  Prevedendo la chiusura, immagino che andiate a posizionare degli elementi di accumulo, e, parlando di accumulo, avete accennato all'idroelettrico e all'elettrochimico, ma non ho visto nelle vostre slide cenni a CAES (Compressed air energy storage) e LAES (Liquid air energy storage). Vorrei sapere se non avete affrontato questi tipi di sistema solo per un problema economico.

  GIANLUCA BENAMATI. Salto le considerazioni e vado alle domande, perché ne Pag. 11ho diverse. Si è parlato di capacity market, il mercato della capacità. Voi definite il mercato della capacità assolutamente necessario per il funzionamento del sistema; condivido questa questione, mi pare di aver capito che anche voi lo considerate necessario rispetto non tanto alla gestione dei prezzi quanto alla prospettiva di programmazione sull'impiantistica di sistema.
  Da questo punto di vista ho due questioni. Cosa succede, visto che dite che entro giugno dovrebbe entrare in funzione, quali rischi corriamo? La situazione attuale del capacity è nota a tutti, quali sono i rischi che il sistema correrebbe senza questa misura? Qual è la taglia della capacità che dovrebbe essere messa a bando? Questa è una domanda che mi frulla in testa da qualche anno.
  Seconda questione: quali sono gli impianti indisponibili che sono stati richiamati in servizio? Non vorrei aver letto male, però nell'ambito delle misure di intervento c'è un richiamo agli impianti indisponibili.
  Un altro tema su cui in quest'Aula si è spesso discusso fra l'allora minoranza e l'allora maggioranza e l'attuale minoranza e l'attuale maggioranza è l'interrompibilità, che, a seconda delle stagioni politiche, diventa un regalo alle lobby o un sistema fondamentale per la tenuta del sistema elettrico. Lo avete già detto, ma è possibile cancellare il sistema interrompibilità? So che faccio una domanda retorica, però mi interessa la risposta, perché l'interrompibilità è un tema importante. È sufficiente in questa taglia o dovrebbe essere anche maggiore?
  Ho una questione sugli accumuli, perché il Piano energia e clima riprende la strategia energetica nazionale, la SEN, da questo punto di vista ed è chiaro che gli accumuli sono la questione centrale; nella SEN furono inseriti anche gli elettrochimici oltre agli idraulici nella fase di discussione. Qui ho due questioni: come ci stiamo muovendo su quelli elettrochimici? Su quegli idraulici il tema è il 6 gigawatt, ma, come avete detto bene voi, le FER stanno per la maggior parte al sud, i sistemi idroelettrici stanno per la maggior parte al nord. Questa dimensione di gigawatt da realizzare nel sud e nelle isole è congruente con la realtà territoriale? Questa è proprio un'informazione che chiedo.
  Il tema dell'autoconsumo. Qui c'è un dibattito interessante, perché nell'ambito della ridefinizione degli oneri di sistema, che dovrebbe essere fatta entro il 2020 quale terza parte della riforma della bolletta, il tema della rimozione degli oneri a chi autoproduce e consuma è un tema importante, che è anche trasversale politicamente. Voi avete accennato a questa situazione, ma avete una proposta alternativa? È chiarissimo che il rischio è di far gravare gli oneri su chi consuma e basta. Se mi dite di non toccare gli oneri anche per chi autoproduce e autoconsuma è una soluzione, altrimenti quale potrebbe essere una soluzione incentivante per questo tipo di struttura?

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  GIANLUCA BENAMATI. Concludo. Sulla questione degli interventi per calamità meteorologiche, l'aumento della resilienza (ho visto tutti gli interventi cominciati nelle regioni del nord da parte della distribuzione ENEL), oltre i sistemi tecnologici (manicotti), oltre i mezzi, oltre l'organizzazione delle squadre di intervento, non c'è anche un tema di formazione e disponibilità di personale formato per affrontare questo tipo di eventi?

  TULLIO PATASSINI. Ringrazio Terna per la sua presenza e per averci fornito un quadro del sistema energetico del nostro Paese. Faccio due domande veloci, una legata a una questione di sicurezza. Dobbiamo uscire dal carbone, dobbiamo entrare nelle rinnovabili, ma in questo momento diventa prioritaria la sicurezza della rete, ovvero la sicurezza della fornitura dell'energia. Questo sia perché il phase out potrebbe avere dei momenti più o meno veloci, e non siamo noi a deciderlo, ma deve essere realizzato in sintonia con l'Unione europea, perché se noi lavoriamo sul phase out e gli altri ritardano è evidente Pag. 12che c'è una questione di sicurezza nazionale e di costo dell'energia.
  Gli interventi infrastrutturali sulla rete servono in particolare per gestire i picchi di emergenza, che si chiamano emergenze perché sono tali. Mi sembra di aver capito dalla relazione che è un'attenzione forte da parte di Terna il poter gestire, con soluzioni alternative, le criticità.
  Vorrei entrare nella questione dell'autoconsumo, ma andremmo molto lontano, quindi grazie per queste risposte.

  LUCA SUT. Ho una curiosità: sul grafico a pagina 3 della vostra documentazione scritta, il phase out, capacity termoelettrica il valore è di 61. Avete i dati suddivisi tra gas e carbone?
  Sugli strumenti per il phase out voi dite che gli interventi necessari sono avere almeno 3 giga in più di produzione da gas e anche 3 gigawatt di sistemi di accumulo idroelettrico. Vorrei capire se questi 3 gigawatt siano fattibili, in quanto tempo e che prospettiva abbiamo in questo momento.

  GAVINO MANCA. Sarò brevissimo, prima di tutto per ringraziare i vertici di Terna per l'interessante audizione e fare una domanda specifica per quanto riguarda il collegamento Sicilia-Sardegna. Quali sono i tempi previsti perché questo entri in funzione?

  PRESIDENTE. Ho soltanto una nota a margine, anche se alcune domande ricomprendono quella che avrei voluto fare io. C'è il tema di capire esattamente che tipo di capacity market in termini d'Italia, come diceva l'onorevole Benamati, per renderlo realmente uno strumento utile e non inutile.
  Quali possono essere i tempi per realizzare un piano il più possibile realistico rispetto agli strumenti che avete posto in essere per la fase del phase out, soprattutto stante alcune situazioni di criticità (c'è il tema Sardegna, ma c'è anche il tema Brindisi che non abbiamo citato nelle precedenti domande)?
  Abbiamo circa dieci-dodici minuti di tempo per le risposte. Ovviamente chiedo, laddove non ci sia il tempo necessario, di inviarci del materiale scritto.
  Lascio la parola al dottor Ferraris per la replica.

  LUIGI FERRARIS, Chief executive officer (CEO) di Terna Spa. Comincio io, poi, se la presidente lo consente, mi farei aiutare dall'ingegner Michi.
  Prima domanda, che poi è stata ripresa, sul tema del triterminale con la Sardegna e cosa succede al carbone. Noi abbiamo detto che gli interventi previsti compreso il triterminale sono necessari per accompagnare un phase out del carbone al 2025, quindi è chiaro che abbiamo un tema di tempo perché dovremmo partire domani per poter realizzare un cavo triterminale di quella dimensione e di quella complessità; il 2025 sono 6 anni da oggi, quindi deve diventare un progetto con priorità 1 e immaginate che lavorando duro noi potremmo metterci 3-4 anni, quindi vuol dire comprimere a 2 anni tutto il processo autorizzativo. Questa è la vera sfida, ecco perché abbiamo più volte sottolineato il tema del tempo. Una volta realizzato il cavo triterminale, fatti gli interventi nelle rinnovabili in Sardegna e non solo, perché stiamo parlando di portare energia anche dalla penisola, più una serie di interventi, il carbone a quel punto si può anche chiudere. Questo fa parte degli 8.000 megawatt di cui si è parlato, quindi sul Sulcis si possono aprire delle soluzioni, perché comunque il gas sarà necessario, quindi si può immaginare di avere un impianto di picco o quello che è, però chiaramente non sta a noi adesso dare la risposta sul futuro. Certamente, una volta implementato il tutto, avremo la possibilità di chiudere il carbone. Su questo, quindi, c'è un tema di tempo, e questo riguarda anche Brindisi, bisogna fare una serie di interventi molto mirati.
  Circa le altre formule di stoccaggio più evolute (noi abbiamo fatto recentemente degli accordi per studiare delle soluzioni), è chiaro che, quando parliamo di queste dimensioni, dobbiamo immaginare di avere delle soluzioni che siano importanti, disponibili Pag. 13 a breve, industrializzabili a breve. Qui stiamo parlando di almeno 3.000 megawatt di nuovi sistemi di accumulo, e, se facciamo la fotografia oggi (sappiamo bene che la tecnologia ha delle accelerazioni non previste, noi monitoriamo attentamente tutto quello che accade nel mondo e per poterlo studiare e possibilmente implementare), credo che oggi la tecnologia sia il pompaggio idroelettrico, che è quello più facilmente realizzabile dal punto di vista tecnologico (ma ha altri tipi di difficoltà); la batteria elettrochimica c'è, ci sono degli sviluppi, ma non c'è ancora una dimensione così importante da immaginare che sia risolutiva.
  Riteniamo che nell'arco di dieci-dodici anni ci debba essere anche questo: come sapete Terna, in virtù di una delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sta sperimentando l'utilizzo di batterie connesse alla rete, abbiamo circa 35-40 megawatt tra Sardegna e Sicilia (complessivamente sono 50) che utilizziamo come forma di copertura del fabbisogno energetico (leggi stoccaggio), ma anche come strumenti di stabilizzazione della rete.
  Dal punto di vista puramente commerciale, i megawatt attaccati alla rete oggi sono molto pochi, quindi auspichiamo una crescita in questo senso, ma dobbiamo raggiungere dimensioni di scala, se vogliamo andare in sicurezza per realizzare quell'obiettivo di completo azzeramento del carbone.
  Vengo all'altra domanda sul tema del capacity market. Credo che dobbiamo partire da una base di partenza semplificata: gli impianti termoelettrici stanno sempre più funzionando come impianti di backup, quindi siamo passati da un funzionamento remunerato sulla base dei chilowattora prodotti, come era in virtù del decreto Bersani, quando il mercato è diventato un mercato, c'erano diverse tecnologie e chi era più «competitivo» vinceva e produceva di più; con il tempo l'ingresso delle rinnovabili intanto ha priorità di dispacciamento, quindi mette fuori tecnologie meno competitive, quindi progressivamente anche lo stesso gas diventa una tecnologia che funzionerà sempre meno, quindi impianti di ciclo combinato fanno fatica a stare sul mercato, tanto che ne sono usciti 15.000 megawatt.
  Il carbone è una scelta ancora più drastica dal punto di vista del funzionamento del mercato, ma abbiamo detto che ne prevediamo l'uscita. Gli impianti termoelettrici che avremo domani, se è vero che dalle 7 del mattino alle 19 nel 2030 noi andremo con delle rinnovabili che funzionano come must-run, cioè copriranno tutto il fabbisogno, ci devono servire per far fronte ai momenti in cui non c'è più questa capacità disponibile.
  È quindi necessario avere degli strumenti che remunerino il capitale investito, e la proposta che sta andando avanti adesso ha visto, in linea con i requisiti dell'Unione europea, la riduzione dei limiti di emissione, in modo tale che ci sia un miglioramento in questo senso, però secondo noi il capacity è necessario, perché altrimenti rischiamo di non riuscire ad avere più capacità di backup.
  Qual è l'alternativa? Lo stoccaggio, ma, come abbiamo visto prima, lo stoccaggio non è oggi di dimensioni tali da poter immaginare un sistema tutto rinnovabili, idroelettrico e batterie di backup; oggi purtroppo non ci siamo, quindi dobbiamo lavorare con un mix di soluzioni, quindi interconnessioni, backup, capacità di stoccaggio che funzioni soprattutto nelle ore in cui il sole va giù, e nel frattempo continuare a investire nelle nuove tecnologie, in modo da poterne sfruttare le soluzioni.
  Sugli impianti richiamati in servizio, come anticipato, chiederei alla presidente se è possibile lasciare la parola all'ingegner Michi.

  PRESIDENTE. Do la parola all'ingegner Michi.

  LUIGI MICHI, Responsabile strategie, sviluppo e dispacciamento di Terna Spa. Prima c'era anche la domanda sulla taglia, che è stata ripresa anche dalla presidente Saltamartini. Lo strumento del capacity ovviamente non identifica una taglia, è uno strumento di mercato di tipo volontario, che, a fronte di una domanda di capacità per zona del Paese, intercetta una risposta Pag. 14da parte di impianti nuovi o esistenti di qualsivoglia natura, purché qualificati per partecipare a tale strumento. I parametri dello strumento stesso, nonché i limiti di emissione che permettono l'accesso allo strumento vanno ad intercettare delle tecnologie ben precise, e, per i motivi che ha spiegato fin dall'inizio il dottor Ferraris, la tecnologia principe che si presta a questo nuovo ruolo, che da qui al 2030 non intravediamo per la flotta termoelettrica, è il turbogas a ciclo semplice, il cosiddetto peaker, oppure altri tipi di tecnologie come i motori endotermici di tipo peaker, cioè macchine di taglie medie o medio-piccole intorno a 80-100-150 megawatt, 200 megawatt al massimo, che possano agevolmente funzionare con dinamica di funzionamento alta, spegnimenti e accensioni durante il giorno nel momento in cui viene richiesto. Anche i parametri economici che l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA) ha già lanciato in consultazione e che verranno ripresi sono parametri economici, in termini sia di remunerazione del capitale investito che di remunerazione dei costi variabili, che vanno ad intercettare questa tecnologia.
  Globalmente gli impianti cosiddetti «indisponibili», anche se oggi la legislazione, la legge del 2003, dice che gli impianti di produzione o sono dismessi (e la licenza d'officina è restituita) o sono perfettamente efficienti, quindi uno stato di Mothballing, come si accetta in altri Paesi europei oggi non è accettato, tanto che sulla base di questo fatto noi cerchiamo di richiamare impianti che si manifestano indisponibili all'accezione. Globalmente cubano 3.000 megawatt, oggi ne sono rimasti «indisponibili» per un volume intorno a poco più di 1000 megawatt. Fra gli impianti che sono stati richiamati felicemente in servizio cito gli impianti di Chivasso, gli A2A, e una serie di altri impianti minori (possiamo fornire a latere l'elenco completo degli impianti).

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Ferraris per un'ulteriore risposta.

  LUIGI FERRARIS, Chief executive officer (CEO) di Terna Spa. Un'altra domanda riguardava l'utilizzo dell'interrompibilità, se sia possibile cancellarla o meno. Ad oggi è uno strumento necessario per i motivi che ho illustrato prima, lo sarà anche domani; in un mondo ideale ma lontano da oggi se ne potrebbe fare a meno, ma nel lasso di tempo di cui stiamo parlando evidentemente è uno strumento essenziale per tener conto delle esigenze del sistema.
  L'autoconsumo. Tornando a pagina 16 della documentazione scritta, quello che noi diciamo è che ci dovrebbe essere una forma esplicita, in modo tale che chi ha l'obiettivo di controllare possa effettuare una maggiore selettività delle soluzioni adottate. Dobbiamo evitare che ci sia un fenomeno diffuso, non controllato o facilmente controllabile, perché poi ci crea delle distorsioni sul sistema. Questo sostanzialmente è l'obiettivo, non siamo contrari a incentivare l'autoconsumo, siamo favorevoli a che questo accada, però con forme esplicite. Questa è la condizione che poniamo.

  PRESIDENTE. Do la parola all'ingegner Michi per un'ulteriore risposta.

  LUIGI MICHI, Responsabile strategie, sviluppo e dispacciamento di Terna. L'onorevole Benamati aveva fatto una domanda sugli accumuli, che noi vediamo nella doppia forma, elettrochimica e idro, e li vediamo concentrati. Il Piano energia e clima parla di un volume complessivo di 6.000 megawatt, di cui 3.000 almeno da installare al 2025, considerando il 2025, quella del phase out carbone, come una tappa intermedia a cui si deve arrivare e si devono identificare questi impianti, e si devono identificare al centro-sud.
  La domanda dell'onorevole Benamati mi pareva fosse riferita alla potenzialità, e la risposta è affermativa: dalle prime prospezioni che abbiamo fatto, a cui dovranno seguire dei surveys molto più approfonditi, il centro-sud, includendo la Sicilia, la Sardegna, la Calabria, la Basilicata, la Campania, ha volumi potenziali di bacini idroelettrici (li vediamo tutti ad uso plurimo delle acque, quindi è un grandissimo altro valore estraibile in zone che hanno bisogno Pag. 15della risorsa acqua) assolutamente importanti, dell'ordine, tanto per fissare un numero potenziale, di 10.000 megawatt e una buona fetta di questi sono già nella forma brownfield, cioè nella forma di ristrutturazione di impianti già esistenti. La sola Campania ha qualche migliaio di megawatt di potenzialità lì dove si concentra tutto l'eolico, che peraltro è tutto collegato alla nostra rete, perché pochi sanno che il 98 per cento dell'eolico è collegato alla rete di Terna, dove c'è la massima volatilità.

  PRESIDENTE. Do la parola nuovamente al dottor Ferraris, ricordandogli che purtroppo abbiamo veramente ancora solo un minuto a disposizione.

  LUIGI FERRARIS, Chief executive officer (CEO) di Terna. Tocco velocemente il tema della sicurezza che era stato sollevato. È un tema su cui dobbiamo tenere una grandissima attenzione perché, come dicevo all'inizio della presentazione, il margine di riserva si è assottigliato notevolmente, la nostra interdipendenza dall'estero e viceversa sta aumentando, i Paesi tedeschi e francesi sono a loro volta in una fase di transizione energetica e a loro volta stanno chiudendo gli impianti termoelettrici e quindi stanno fronteggiando situazioni di criticità progressive.
  Il Belgio recentemente ha dovuto finalizzare un cavo da 1000 megawatt per avere accesso alle energie nei mari del nord. La Germania diventa un grande utilizzatore degli impianti dell'eolico offshore nel nord Europa, dovrà trasportare laddove c'è bisogno, soprattutto al sud, di energia attraverso cavi conduttori di lunga tratta, evidentemente stiamo tutti affrontando un sistema e stiamo collaborando insieme.
  Per noi è molto importante che le azioni che mettiamo in essere oggi abbiano la sequenza giusta, non possiamo chiudere degli impianti termoelettrici se prima non abbiamo trovato le soluzioni adeguate per accompagnare. Questo purtroppo poteva accadere qualche anno fa, oggi non più.
  Un'ultima risposta. Dei 61.000 megawatt di termoelettrico, 8.000 sono quelli a carbone, il resto è gas.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Terna, pregandoli, laddove vogliano aggiungere ulteriori riflessioni anche per rispondere alle domande poste, di inviarcele appena possibile.
  Dichiaro conclusa l'audizione. Sospendo la seduta per cinque minuti.

  La seduta, sospesa alle 12.55, è ripresa alle 13.

Audizione di rappresentanti di ENI Spa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di ENI Spa, che saluto in tutta la loro delegazione.
  Ricordo ai nostri ospiti che abbiamo a disposizione 55 minuti al massimo e di regolarsi di conseguenza per la loro relazione, tenendo conto anche del tempo per eventuali domande da parte dei Commissari.
  Nel dare la parola al dottor Luca Cosentino, Executive vice president – Direttore energy solutions di ENI Spa, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente ad ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  LUCA COSENTINO, Executive vice president – Direttore energy solutions di ENI Spa. Sono Luca Cosentino, sono direttore di Energy solutions, la Direzione che si occupa di energie rinnovabili in ENI.
  ENI condivide il ruolo di leadership che l'Europa continua a ricoprire a livello globale nel perseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione e di contrasto al climate change, e condivide gli obiettivi che, coerentemente con i target europei, il Governo italiano vuole darsi al 2030. A questo fine ENI riconosce come essenziali alcune scelte che il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC) compie in un orizzonte di breve e medio termine, in quanto facilmente implementabili. In particolare, ENI condivide l'affermazione del ruolo del Pag. 16gas naturale come indispensabile per il sistema energetico nazionale.
  È apprezzabile che il PNIEC, nel perseguire l'obiettivo di decarbonizzazione, adotti un approccio sinergico e di cooperazione tra le fonti e le soluzioni tecnologiche già disponibili, puntando su un mix di gas naturale e rinnovabili.
  In merito al più lungo termine e agli investimenti in nuove tecnologie e infrastrutture, l'adozione di un criterio di neutralità tecnologica può garantire il raggiungimento di un assetto che rappresenti l'equilibrio migliore in termini di sostenibilità ambientale ed economica, competitività e sicurezza del sistema. La scelta delle migliori soluzioni viene così lasciata alle valutazioni economiche del mercato.
  Nelle slide, contenute nella documentazione scritta trasmessa alla Presidenza, sarà possibile vedere il posizionamento di ENI su questi cinque punti: rinnovabili, gas, retail, mobilità sostenibile ed economia circolare. Cominciamo quindi con la parte delle energie rinnovabili.
  Abbiamo riportato i profili di crescita, che sicuramente conoscete molto bene, per quanto riguarda le fonti di energia rinnovabile, in particolare per il solare, l'eolico, l'idroelettrico e il geotermico. Questi sono obiettivi estremamente ambiziosi soprattutto per la parte solare, che noi accogliamo sicuramente con favore, ai quali daremo il nostro massimo supporto. Vogliamo tuttavia puntare la nostra attenzione su alcuni elementi che potrebbero essere critici nell'implementazione di questo Piano, innanzitutto, con riferimento in particolare all'energia solare, l'occupazione di spazio. Su questo auspichiamo un utilizzo razionale del suolo, un utilizzo soprattutto di terreni industriali, terreni bonificati e non terreni che possano essere sottratti al pubblico uso.
  Il secondo punto di attenzione è l'intermittenza e la non programmabilità di queste forme di energia, quindi il tema dello stoccaggio di energia (le due cose vanno evidentemente assieme). Questi sono temi su cui ENI è molto impegnata, abbiamo molti progetti su cui stiamo implementando lo stoccaggio di energia.
  Il terzo punto sono gli investimenti e i costi di integrazione. In particolare, per il solare arrivare a 50 gigawatt all'orizzonte 2030 implica degli investimenti di circa 30 miliardi di euro addizionali, e per sbloccare questi investimenti sarà importantissimo avere dei percorsi normativi e autorizzativi semplici, chiari, semplificati, che possano aiutare gli investitori a fare le proprie scelte in modo oculato e sicuro.
  C'è poi il misfit geografico, il fatto che le rinnovabili non sempre producono energia lì dove è richiesto. Questi sono punti sui quali vogliamo richiamare l'attenzione del Governo.
  Per quanto riguarda in particolare ENI, in tema di energia rinnovabili ENI ha lanciato già due anni fa un progetto estremamente ambizioso, che abbiamo chiamato Progetto Italia, che consiste nella realizzazione di una serie di impianti di energia rinnovabile sia fotovoltaici che eolici nei siti industriali di ENI. Stiamo parlando di 25 siti, per una capacità totale al 2021 di 220 megawatt, che al 2022 diventeranno 270 megawatt, quindi con una capacità di produzione di 0,4 terawattora all'anno e degli investimenti di circa 260 milioni. Questo progetto è partito due anni fa, abbiamo già realizzato i primi tre impianti, quelli di Gela, Ferrera Erbognone e Assemini, quest'anno abbiamo già aperto il cantiere di Porto Torres, che è molto importante, 31 megawatt, uno degli impianti più grandi d'Italia, e a breve apriremo altri impianti, in particolare a Volpiano, in Piemonte, nell'area di un nostro deposito.
  Tutti questi progetti hanno la caratteristica di non avere incentivi statali, sono progetti in grid parity o in autoconsumo per i nostri impianti, quindi non fanno ricorso ad incentivi e non utilizzano suolo pubblico, perché utilizzano suoli che sono stati bonificati dalle nostre società o comunque suoli industriali che esistono nei nostri impianti.
  Con questo chiederei alla presidente se è possibile lasciare la parola alla dottoressa Rocchio per la parte relativa al gas.

  PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Hannelore Rocchio, Executive vice Pag. 17president – Regulatory affairs & strategy support.

  HANNELORE ROCCHIO, Executive vice president – Regulatory affairs & strategy support di ENI Spa. Sono Hannelore Rocchio, nell'ambito della Divisione gas, marketing and power sono responsabile delle attività di regolazione, analisi e supporto alla strategia.
  Il mio contributo sarà focalizzato sulla parte gas e vorrei, sia pur rapidamente, affrontare tre questioni: quale ruolo può giocare il gas nella transizione energetica; il livello di sviluppo che abbiamo raggiunto per il mercato gas in Italia, anche nel confronto con altri mercati europei; interrogarsi se ci sono altri miglioramenti che possiamo introdurre, adottare nei meccanismi di funzionamento del mercato gas.
  In merito al primo punto, il gas come strumento nella transizione energetica, è importante sottolineare due aspetti: il gas è anch'esso strumento di decarbonizzazione, il gas è fattore abilitante per un'elevata penetrazione delle rinnovabili, ossia, detto in altri termini, è grazie al gas che possiamo pensare di continuare a investire anche nel breve e medio termine in rinnovabili, avendo la garanzia di un sistema elettrico sicuro. Che il gas possa contribuire al processo di decarbonizzazione che come Europa vogliamo promuovere, e chiaramente anche a livello nazionale, è evidente anche dal confronto internazionale. Si potrebbero citare innumerevoli casi di Paesi quali il Libano, il Pakistan, la Cina, che stanno costruendo la loro strategia energetica ambientale proprio sul gas come strumento di decarbonizzazione. Senza volerci allontanare dall'Europa un'evidenza è emblematica: nella generazione elettrica il livello emissivo dell'Italia è significativamente inferiore anche a quello registrato in Germania, e questo primato come sistema Italia lo dobbiamo al gas, alle scelte che sono state fatte diversi anni fa, quando l'Italia ha deciso di investire nello sviluppo del gas.
  Stiamo parlando di Germania e Italia, due Paesi con livelli di penetrazione delle rinnovabili pressoché analoghi, due Paesi che hanno investito molto nelle rinnovabili, ma qual è la differenza? Come dicevo, l'Italia grazie al gas ha già oggi un mix complessivamente più pulito, la Germania continua ad avere molto carbone. In Italia abbiamo ridotto significativamente il livello di emissioni negli ultimi dieci anni (circa il 20 per cento), cosa che la Germania non è riuscita a conseguire, perché la Germania nel 2009 produceva 260 terawattora da carbone, oggi ne produce poco meno (solo 10 terawattora in meno), quindi la Germania non ha rinunciato al carbone e le rinnovabili non sono minimamente riuscite a spiazzare il carbone nella produzione. Il carbone che la Germania continua a produrre di fatto lo esporta.
  Vengo al secondo tema, il gas come fattore abilitante per un'elevata penetrazione delle rinnovabili. È chiaro che in un sistema che investe significativamente nelle rinnovabili e che intende investire sempre di più, si ha bisogno di un backup in grado di rispondere in modo immediato alle variazioni di produzione da parte delle energie rinnovabili. Ad oggi, il modo più economico di cui disponiamo, come riconosciuto anche nel Piano nazionale energia e clima, è rappresentato dagli impianti alimentati a gas; quindi grazie alle centrali a gas oggi possiamo permetterci di avere importanti livelli di penetrazione delle rinnovabili, perché, come abbiamo detto, già oggi sono elevati in Italia, e soprattutto di avere l'ambizione di aumentare questi livelli di penetrazione, senza dover preventivamente fare massicci investimenti in tecnologie che, come sappiamo, sono ancora in una fase non pienamente matura. Questo ci consente anche di sviluppare e introdurre queste tecnologie nei mercati con una certa progressività.
  Vista la rilevanza che il gas avrà per il mercato power, è importante avere un mercato gas che funzioni, ben sviluppato. In estrema sintesi, abbiamo in Italia una importante dotazione infrastrutturale e siamo tra i sistemi più diversificati in termini di rotte di approvvigionamento. Importiamo dalla Libia, dall'Algeria, dalla Russia, importiamo dai mercati liquidi del nord Europa e siamo di fatto aperti alle importazioni da tutto il resto del mondo (negli Pag. 18ultimi mesi stanno arrivando carichi dal Qatar, dalla Nigeria, dagli Stati Uniti), quindi sistema molto diversificato con anche importanti infrastrutture di stoccaggio. Abbiamo, cosa molto importante, un impianto regolatorio che consente un utilizzo efficiente delle infrastrutture quantomeno per lo stoccaggio e per i terminali di rigassificazione, perché avere le infrastrutture non significa poi poterle usare. Abbiamo migliorato notevolmente il livello di liquidità del punto di scambio virtuale del gas, il PSV, l’hub italiano del gas, perché dal 2014 ad oggi questo livello di liquidità è raddoppiato e ora abbiamo un livello analogo a quello di altri hub regionali europei quali la Francia, il Point d'échange de gaz, PEG, nonché anche il gas tedesco.
  Nella documentazione scritta è indicata l'evoluzione dal 2012 al 2018 dello spread tra PSV e TTF, il Title transfer facility. Ci riferiamo al differenziale di prezzo tra il mercato italiano e gli hub liquidi del nord Europa; come vedete questo spread, che misura anche la competitività del nostro gas, si è significativamente ridotto.
  Il mercato gas ha quindi conseguito negli ultimi anni degli importanti risultati in termini di miglioramento del funzionamento, ma come sempre ci sono aspetti sui quali si può continuare a lavorare; a nostro avviso due temi sono importanti. Relativamente allo spread, a questo differenziale di prezzo tra il mercato italiano e gli altri mercati, per garantire una sempre maggior convergenza del prezzo gas italiano rispetto a quelli degli altri mercati, come dichiara anche il PNIEC, è necessario intervenire sulla regolazione delle tariffe di trasporto gas, perché questo spread è ancora fortemente condizionato da tutti i costi di trasporto che un operatore deve sostenere per portare il gas dal nord Europa in Italia. Fino a quando non si interviene su questi costi di trasporto il nostro mercato, a parità di struttura, di situazione e di flussi, è destinato a rimanere a premio rispetto agli altri mercati del nord Europa. Questo però non significa che fino a quando non abbiamo una modifica complessiva della regolazione l'Italia non può far nulla, perché l'Italia già dai prossimi mesi può monitorare che le altre autorità di regolazione, quelle che fissano le tariffe di trasporto lungo la rotta, tariffe che gli operatori pagano e che poi si riflettono nel prezzo, le definiscano in modo corretto, senza trasferire costi da un sistema verso i Paesi a valle.
  Il secondo tema (questo invece tutto nazionale) è come vengono allocati gli oneri gas. Sono ad esempio quelli che servono per finanziare gli investimenti in progetti per l'efficienza energetica, che sono applicati su tutto il consumo gas, sono applicati anche alle centrali di produzione alimentate a gas. Questo determina due paradossi: per recuperare complessivamente nei prossimi tre anni 1,5 miliardi di oneri dal gas utilizzato per la produzione elettrica rischiamo di farne pagare al consumatore elettrico 3 miliardi, l'onere raddoppia e alla fine ne vengono a beneficiare le importazioni power ed elettriche da Paesi esteri, nonché il carbone.
  In più, andando a gravare il consumo gas di questi oneri il risultato è che miniamo la competitività del gas anche rispetto al carbone, dando un segnale opposto rispetto a quello che per gli obiettivi di decarbonizzazione si dovrebbe dare.

  PRESIDENTE. Passo la parola all'Amministratore delegato di ENI gas e luce, Alberto Chiarini.

  ALBERTO CHIARINI, Amministratore delegato di ENI gas e luce Spa. Sono Alberto Chiarini, amministratore delegato di ENI gas e luce, la società di ENI che si occupa di retail, una società che, come dico sempre, non ha asset se non proprio i clienti, quindi si occupa esclusivamente della commercializzazione e del servizio al cliente.
  Ho preparato due slide molto brevi, che ritrovate nella documentazione scritta. La prima è per sfatare o parzialmente sfatare un mito che si legge spesso sui giornali, secondo cui avremmo il gas e l'energia elettrica al consumatore più cari di tutta Europa. In realtà è parzialmente vero, nel senso che nel caso del gas è vero se ci includiamo le tasse, non è vero se escludiamo le tasse, mentre nel caso dell'energia Pag. 19elettrica addirittura non è vero né con le tasse, né senza tasse, quindi il prezzo è fondamentalmente allineato alla media europea. È chiaro che, se ci paragoniamo con casi più virtuosi come la Francia nell'energia elettrica (non dimentichiamo che ha il nucleare) o il Regno Unito nel gas, dove la tassazione è estremamente limitata, risultiamo perdenti, però in generale siamo abbastanza allineati con la media europea.
  Nella seconda slide faccio un cenno a un argomento abbastanza attuale da un po’ di anni a questa parte, l'argomento della liberalizzazione, ossia passare dal mercato tutelato al libero. Innanzitutto alcuni fatti: gli operatori del gas, gli operatori elettrici in Italia sono tantissimi, è una situazione che ha un solo paragone in Europa nei Paesi più rappresentativi, che è la Germania, dove esiste un sistema di piccole municipalizzate simile a quello dell'Italia. Il messaggio che mi piace dare in questa sede però è attenzione, liberalizzazione non vuol dire frammentazione, perché una liberalizzazione matura dovrebbe portare a una riduzione degli operatori, in quanto per un sistema è insostenibile che ci siano centinaia di Consigli di amministrazione e di sistemi di Information and communication technologies, ICT, da mantenere: questo tipo di frammentazione dovrebbe ridursi a vantaggio del consumatore.
  Un argomento che spesso si utilizza è l'elenco venditori, per il quale ci dovrebbero essere dei criteri di ammissibilità che incentivano la riduzione di questa frammentazione, per cui non devono necessariamente sparire entità, ma magari si devono consolidare e quindi andrebbe favorito il consolidamento.
  Per quanto riguarda il mercato del gas, attualmente sono due mercati molto diversi in vista della liberalizzazione, il gas e il mercato elettrico per diversi motivi, innanzitutto per motivi numerici. Il mercato del gas è oggi quasi già liberalizzato, nel senso che la liberalizzazione consisterebbe nel levare la tariffa di maggior tutela e lasciare solo una tariffa libera, però la situazione delle quote di mercato è già quella di un mercato liberalizzato. ENI, che è l’incumbent, ha il 25 per cento e nell'energia ha il 19 per cento; i primi tre player, unendo anche Hera, hanno circa il 50 per cento, quindi è già una situazione di mercato sostanzialmente liberalizzato.
  Diverso è il mercato elettrico, dove l’incumbent che sappiamo ovviamente essere Enel, se consideriamo la parte Enel energia e il servizio elettrico nazionale che è quello a tariffa tutelata, è sopra il 72 per cento, i primi tre player hanno l'81 per cento. Questo quindi è un mercato in cui oggettivamente la liberalizzazione in termini di concorrenza è ancora abbastanza lontana.
  L'altra grossa differenza è che, per quanto riguarda la tariffa tutelata dell'energia elettrica, l'acquisto è quello dell'acquirente unico, mentre invece nel gas in tariffa tutelata sono già i player commerciali che acquistano. È importantissimo che ci sia una campagna se si vuole arrivare alla liberalizzazione, spesso si discute la data, ma in realtà non è importante la data, sono importanti le modalità della liberalizzazione, la data dovrebbe essere un output di quando si prendono decisioni su che modalità e come arrivare a una liberalizzazione virtuosa.
  Una campagna è importantissima, qualcuno di voi ricorderà l'esperimento della tutela Simile fatto dall'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), che è stato un flop non perché fosse una cattiva idea, era una buona idea che è stata poi evoluta nella Placet, però non ha avuto successo perché nessuno ne ha parlato; se chiedevi a 100 consumatori se sapessero cosa fosse la tutela Simile, probabilmente due o tre lo sapevano ma tutti gli altri no. Questo è molto importante, perché l'informazione sta alla base di una modalità di liberalizzazione virtuosa.

  PRESIDENTE. Passo la parola al dottor Giuseppe Ricci, Chief refining & marketing officer.

  GIUSEPPE RICCI, Chief refining & marketing officer di Eni Spa. Parliamo ora di mobilità sostenibile. Il tema della mobilità sostenibile, sempre più al centro del dibattito e delle strategie dei Paesi industrializzati, è quello che noi diciamo che va affrontato Pag. 20 in modo pragmatico e olistico, inclusivo, al fine di perseguire soluzioni che siano le più efficaci e le più efficienti possibili. Innanzitutto dobbiamo considerare che rendere sostenibile la mobilità significa prima di tutto decongestionare i grandi centri urbani, poi migliorare la qualità dell'aria. Combinando queste due cose, si ottiene un notevole beneficio sulla decarbonizzazione, come peraltro è previsto negli orientamenti dell'Europa e anche nel PNIEC. In questo contesto le soluzioni sono molteplici e secondo noi vanno perseguite tutte contemporaneamente, altrimenti si rischia di perdere quell'efficacia e quell'efficienza di cui dicevo prima.
  Per prima cosa occorre concentrarsi sul trasporto pubblico, soprattutto quello su rotaia, che va stimolato e arricchito di servizi accessori come per esempio il car sharing o i servizi intermodali, poi c'è il trasporto elettrico, che dà un contributo ma soprattutto nei centri urbani, dove è più efficace e più efficiente, perché il minor peso dell'auto permette di valorizzare meglio la potenzialità della batteria.
  I carburanti possono dare un loro contributo soprattutto se andiamo verso i carburanti a basso impatto ambientale, i biocarburanti, meglio se di tecnologia avanzata, due volte meglio se prodotti da biomasse di scarto, fino ad arrivare all'idrogeno o al metanolo, nuovi elementi che si stanno affacciando sul mercato e che possono dare un contributo maggiore.
  Gli stessi veicoli hanno dei miglioramenti tecnologici che possono essere apportati sia in termini di prestazioni, quindi minori consumi, che in termini di abbattimento delle emissioni. Anche i punti vendita e le stesse stazioni di servizio possono diventare multiservizio, proponendo anche dei servizi accessori che sono a favore di una mobilità sempre più sostenibile.
  La ricerca e la tecnologia devono giocare un ruolo fondamentale e vanno stimolate, per raggiungere certi obiettivi tecnologici bisogna investire molto e soprattutto bisogna investire nel deployment, nella trasformazione della ricerca in qualcosa che sia industrialmente utilizzabile.
  Infine bisogna cambiare anche il modello di mobilità, quindi ridurre la domanda di mobilità attraverso un modello che vada verso stili di vita che utilizzano ad esempio lo smart working, l’home working. Vorrei fare solo una piccola provocazione sull'elettrico, perché elettrico sì, ma attenzione a come lo consideriamo, perché se non si considera la mobilità elettrica (questo vale anche per gli altri aspetti della transizione energetica) con un'analisi completa su tutto il ciclo di vita, si rischia di seguire un approccio più ideologico che pragmatico, e questo succede nel trasporto elettrico.
  In una slide della documentazione scritta abbiamo rappresentato le emissioni di CO2 su tutto il ciclo di vita, quindi sia per la parte di costruzione che per la parte di alimentazione, perché l'energia elettrica è prodotta con il mix energetico nella migliore delle ipotesi, in realtà è con il chilowattora marginale fino a che non saremo al 100 per cento di rinnovabili pure, e poi durante la marcia, quindi l'utilizzo della vettura, dove ovviamente l'elettrico ha emissioni zero rispetto al motore a combustione. Al breakeven tra le varie tecnologie a combustione interna o motore elettrico con questo calcolo si arriva intorno ai 70.000 chilometri, il che non significa che non bisogna andare verso anche una mobilità elettrica, ma non è una cosa che vale per tutte le stagioni e per tutte le condizioni, se si fanno delle analisi a trecentosessanta gradi analizzando tutto il ciclo di vita.
  Sulla mobilità c'è da considerare anche l'aspetto della fiscalità. Come tutti sappiamo, gran parte del gettito fiscale proviene dalle accise sui carburanti, che hanno oggi una differenziazione basata semplicemente sulla tipologia di carburanti, benzina e gasolio, una differenza che più o meno può assomigliare alla differenza di rendimento (il gasolio ha un rendimento maggiore rispetto al diesel, il diesel rispetto al motore a benzina, però è solamente un caso che ci sia questa differenza).
  Una ristrutturazione del sistema fiscale che premi anche le minori emissioni potrebbe servire da incentivo verso la decarbonizzazione, Pag. 21 cosa che oggi non avviene con i biocarburanti, perché i biocarburanti vengono considerati, ai fini delle emissioni di CO2 per chilometro, come il gasolio e la benzina completamente fossile, mentre viceversa l'energia elettrica che è prodotta anche da fonti fossili viene completamente defiscalizzato. Un migliore ribilanciamento su tutte le tipologie di vettori energetici potrebbe stimolare sia la ricerca che lo sviluppo industriale delle tecnologie a più basso impatto ambientale.
  C'è un nuovo vettore energetico che si sta ripresentando sul palcoscenico internazionale, che è l'idrogeno. L'idrogeno andava (uso un termine improprio) molto di moda qualche anno fa, poi è stato abbandonato, ora si sta riaffacciando. Le case automobilistiche giapponesi hanno investito e stanno investendo tantissimo sul vettore idrogeno, che ha delle caratteristiche particolari: può essere prodotto sia da fonti fossili, gas naturale, sia da biometano, biogas, sia da energia elettrica con l'elettrolisi, energia elettrica che può essere ovviamente rinnovabile, sia anche da rifiuti mediante la gassificazione di prodotti di scarto e rifiuti di varia natura.
  Ha altre due caratteristiche molto interessanti, una è l'intensità energetica, quindi in piccoli volumi c'è tantissima energia. Un'auto a idrogeno come la Mirai della Toyota fa 100 chilometri con un chilo di idrogeno, che è quasi l'equivalente di un litro di carburante quindi è una bella performance, e in più ha una capacità di accumulo, quindi può essere un vettore decisamente interessante per l'accumulo, che è uno dei problemi che oggi riveste importanza quando si parla di incremento sostanziale delle rinnovabili nel mix elettrico.
  In un'altra slide si può vedere come ENI ha tradotto l'analisi di contesto che ho sintetizzato in azioni concrete e quindi ha definito la propria strategia di mobilità sostenibile. Le direzioni principali che abbiamo seguito sono state quelle dei biocarburanti, lo sviluppo e la commercializzazione di biocarburanti attraverso l'utilizzo di tecnologie sviluppate internamente da ENI e prodotte nelle raffinerie tradizionali, che sono state convertite in bioraffinerie, cercando di salvaguardare l'occupazione e il know how delle persone che hanno lavorato per generazioni all'interno delle raffinerie tradizionali. La raffineria di Venezia è stata trasformata in bioraffineria nel 2014, quella di Gela è in avviamento proprio in queste settimane. Questi biocarburanti, oltre a dare un contributo nella riduzione delle emissioni di CO2, danno anche un contributo importante al miglioramento della qualità dell'aria per la caratteristica di contenere idrogeno che, non avendo il carbonio e avendo un'altissima intensità energetica, abbiamo scoperto avere un impatto positivo sulle emissioni di particolato e di altri componenti inquinanti della qualità dell'aria.
  A parte una ricerca interna che abbiamo fatto con il Consiglio nazionale delle ricerche, questa performance è stata dimostrata anche con delle sperimentazioni fatte su mezzi pubblici. Abbiamo fatto una sperimentazione sugli autobus pubblici di Torino, attualmente anche i vaporetti della laguna di Venezia vanno con questo biocarburante, che è un biocarburante ormai disponibile in commercio, e stiamo raccogliendo sempre più conferme di queste prestazioni.
  C'è poi la trasformazione delle stazioni di servizio in multiservice. Stiamo dotando tutte le stazioni di sistemi Amazon per la consegna dei beni, che sembra una cosa accessoria, ma in realtà interessa l’e-commerce e il nuovo modello di mobilità delle persone, che possono trovare nella stazione di servizio un punto d'appoggio o, come mi piace dire, un ufficio postale con il parcheggio.
  Il car sharing. ENI fin dal 2014 ha sviluppato Enjoy, è stata l'unica società oil & gas che si è dedicata al car sharing, perché crediamo che nel nuovo modello di mobilità l'auto condivisa giochi un ruolo importante.
  Il gas naturale per noi è una soluzione, è una delle tante soluzioni da perseguire, sia compresso, sia liquefatto, sia biometano, quindi stiamo analizzando diverse soluzioni per poter produrre biometano a partire dagli scarti agricoli. A tal fine abbiamo Pag. 22 fatto diversi accordi, il primo con la Coldiretti che ha la maggiore presenza sul territorio nazionale, proprio per sviluppare delle filiere che dallo scarto agricolo possano andare alla produzione di biometano da immettere sul mercato.
  L'idrogeno. Entro la fine dell'anno dovremmo riuscire ad aprire la prima stazione a idrogeno a San Donato Milanese, ma sarà una stazione multiservice, dove l'idrogeno sarà una delle componenti importanti, ma abbinato con una flotta di Mirai della Toyota, con la quale abbiamo già fatto un accordo per cercare di stimolare questo tipo di sperimentazione.
  Vediamo le ricariche elettriche dove sono utili nelle stazioni di servizio, quindi non a tappeto dove capita, ma nelle stazioni di servizio che più si prestano a questo scopo, ovvero le stazioni di servizio nei pressi delle grandi direttrici principali (ricariche ultra fast, 350 kw). Questo grazie all'accordo con l'Associazione dei costruttori automobilistici europei che vuole sviluppare una rete di ricariche ultra fast in tutta Europa, ma ci siamo attivati anche per le ricariche meno potenti, ma sempre abbastanza veloci nelle stazioni di servizio dove è presente un centro di ristoro o comunque la possibilità di sosta sufficiente per dare modo all'utente di soffermarsi un tempo sufficiente per fare la ricarica.
  Questa è la nostra strategia sulla mobilità sostenibile. Passiamo però al tema dell'economia circolare, che rappresenta un'incredibile opportunità per il nostro Paese, che è povero di materie prime, quindi l'economia circolare come volano per trasformare i rifiuti e gli scarti in materie prime da utilizzare al posto di materie prime importate. In Italia si producono oltre 10 milioni di tonnellate di rifiuti di varia natura, che sono solo in parte allocati in modo corretto (compostaggio per l'umido o termovalorizzazione), tutto il resto va in discarica o viene esportato con costi che anno dopo anno crescono sempre di più. Inoltre siamo soggetti a situazioni molto particolari, come è successo all'inizio del 2018, quando la Cina ha bloccato l'importazione di plastiche non riciclabili e quindi si è creato un problema enorme di accumulo di queste plastiche non riciclabili; non a caso abbiamo registrato nel 2018 solo in Lombardia diciotto roghi di depositi di questo materiale, il che è emblematico di quello che può succedere quando non c'è una filiera chiara che trova la giusta allocazione per tutti i suoi prodotti.
  ENI si sta impegnando nella ricerca di opportunità attraverso l'economia circolare, avendo sviluppato una propria tecnologia per la liquefazione del FORSU, la frazione organica del rifiuto solido urbano, quindi dell'umido, e la sua trasformazione in un carburante senza zolfo, in linea con le specifiche a livello internazionale che entreranno in vigore nel 2020. È un'alternativa al compostaggio, che non trova allocazione per tutto il FORSU prodotto.
  La produzione di idrogeno o metanolo dal combustibile solido secondario o dal plasmic, la plastica non riciclabile, attraverso l'ossidazione parziale con ossigeno a 2000 gradi, che produce un syngas, dal quale può essere recuperato l'idrogeno oppure, andando avanti, la sintesi del metanolo, entrambi prodotti commercializzabili sia per la mobilità, sia per altri usi commerciali. Il nostro Paese importa oltre mezzo milione di tonnellate di metanolo tutti gli anni, quindi è un prodotto che ha un suo mercato.
  Concludo con gli oli di frittura. È una piccola cosa, però dobbiamo considerare che è già una realtà: il 50 per cento dell'olio di frittura raccolto in Italia nella bioraffineria di Venezia viene alimentato proprio per essere trasformato in quel biocarburante.
  È necessario però disporre di un quadro normativo stabile e armonizzato soprattutto quando parliamo di riutilizzo di scarti di rifiuti, quindi è opportuno che i decreti sull’end of waste possano trovare velocemente allocazione e permettere lo sviluppo di queste tecnologie, che possono sfruttare molto meglio di quanto stiamo facendo oggi tutto il tema dei rifiuti.
  Concludo con la strategia di decarbonizzazione di ENI nel medio termine, che si basa su quattro pilastri fondamentali: la riduzione del proprio carbon footprint con obiettivi chiari e ambiziosi al 2025, che Pag. 23vanno dal meno 43 per cento delle emissioni specifiche in tutto il settore Astrim, quindi parliamo di tutta l'attività in giro per il mondo, parliamo dell'80 per cento di riduzione di metano sempre a livello mondiale, parliamo dell'azzeramento completo del flaring nei campi remoti, che sono in Africa, Asia e posti remoti.
  Secondo pillar è il portafoglio low carbon che si sposta sempre più verso il gas, quindi in linea con il processo di decarbonizzazione e soprattutto facendo riferimento allo scenario IEA, Sustainable Development Scenario, i green business dove abbiamo investimenti per 1,8 miliardi di euro e un obiettivo al 2021 di produrre oltre 1 milione di tonnellate di biocarburanti, e la ricerca e sviluppo, fondamentale per raggiungere nuove frontiere.
  Sulla ricerca e sviluppo l'elemento più fondamentale è lo sviluppo, cioè la ricerca per individuare e brevettare nuove tecnologie, e in questo contesto la velocità di deployment verso le applicazioni industriali è la sfida più importante per poter rendere concrete e disponibili queste nuove tecnologie. La conversione della bioraffineria di Venezia è stato un esempio virtuoso in questo senso, perché nel giro di diciotto mesi la raffineria è stata convertita ed è entrata in produzione.
  È un piano ambizioso, che consente a ENI di giocare un ruolo da protagonista nel processo di decarbonizzazione, grazie alle proprie competenze, tecnologie e capacità di innovare.
  Infine a ENI piacerebbe ospitare la Commissione in qualche sito produttivo di vostra scelta, per dimostrare quello che è il nostro piano di sviluppo e decarbonizzazione.

  PRESIDENTE. Grazie. Ritengo sicuramente utile valutare come Commissione anche un sopralluogo in una delle vostre realtà produttive. Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCA SQUERI. Rispetto al vostro grafico, collegato al PNIEC e dunque all'incremento delle rinnovabili nel raggiungimento degli obiettivi, chiedo se si creda davvero che quelle linee possano far sì che gli obiettivi si raggiungano. L'eolico e il fotovoltaico vanno verso l'alto, l'idrico, il geotermico e le biomasse sono invece paralleli, con le criticità che abbiamo visto perché, al di là del fatto che appoggiate pienamente il solare, c'è tutta una lista di criticità rispetto a questa energia. Mi ha impressionato in un convegno vedere l'associazione dell'eolico che regione per regione illustrava lo stato delle cose e la Lombardia ovviamente non c'era, per cui dove c'è maggiore necessità di energia vedere una fonte che di fatto non può essere situata in quel luogo è una delle tante criticità sulle quali riflettere. Chiedo dunque il vostro parere sulla possibilità che quegli obiettivi siano rispettati con la previsione delle rinnovabili esposta nel PNIEC.
  Seconda domanda. Abbiamo letto di una polemica accesa che Legambiente ha fatto sulla produzione di biodiesel riguardo all'efficacia o meno di questo carburante, quindi vorremmo sapere se abbiate risposto in qualche modo.
  L'ultima domanda: se potete dirci quale sia stato il beneficio anche in termini ambientali nell'aver congelato l'attività delle trivelle e quale sia stata invece la penalizzazione per il sistema nel congelare questa attività di ricerca.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Cosentino per la replica.

  LUCA COSENTINO, Executive vice president – Direttore energy solutions di ENI Spa. Certamente questi profili sono estremamente ambiziosi, soprattutto per quanto riguarda la parte solare, perché la parte in rosso del grafico, che è la parte eolica, sostanzialmente è un repowering degli impianti esistenti con nuove turbine, quindi è qualcosa di sicuramente fattibile senza un grande impatto sul territorio, invece aggiungere 30 gigawatt di fotovoltaico in Italia, che è un Paese molto stressato dal punto di vista del territorio, è sicuramente una grandissima sfida. Ci sono tutti quei punti di attenzione che dicevo prima, non so dire se questo profilo sia realistico o no, Pag. 24viene dal PNIEC, dal nostro punto di vista ci impegneremo e faremo tutto quello che possiamo fare, compatibilmente con le risorse che potremo allocare per questo business in Italia e anche con disponibilità di terreni. Noi abbiamo moltissimi terreni in Italia, su questi stiamo lavorando, certamente non per arrivare a 51 gigawatt. È sicuramente una grande sfida che il Paese dovrà cogliere, su questo credo che, come dicevo, l'intervento di una legislazione chiara e abilitante sarà fondamentale se si vogliono raggiungere quei numeri.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Ricci.

  GIUSEPPE RICCI, Chief refining & marketing officer di Eni Spa. Sulla prima domanda, certamente il PNIEC è molto sfidante, quindi per tutte le criticità che ci sono dovremo sicuramente avere grossi costi infrastrutturali e investimenti che vanno fatti, ma bisogna iniziare subito per arrivare al 2030 perché richiedono molti anni come iter autorizzativo e anche come realizzazione. Una contemporanea spinta ad aumentare il consumo elettrico non aiuta il raggiungimento degli obiettivi, perché alziamo continuamente l'asticella, per cui aggiunge alla sfida un'ulteriore difficoltà.
  Seguendo quell'approccio pragmatico di ottimizzazione bisogna cercare di raggiungere il massimo obiettivo con il minor investimento, sfruttando anche le infrastrutture esistenti dove è già possibile averle.
  Riguardo alla seconda domanda, quella sugli attacchi di Legambiente, innanzitutto per quanto riguarda l'olio di palma siamo impegnatissimi per accelerare il più possibile la riduzione dell'utilizzo dell'olio di palma, e lo stiamo facendo coerentemente con la direttiva europea RED 2, che prevede l'uscita dall'olio di palma al 2030. Questo lo stiamo facendo con risorse nazionali, con progetti anche internazionali, ma ovviamente ci vuole tempo per sviluppare nuove tecnologie e trovare nuove materie prime, che vanno dalle biomasse fino alle alghe, agli oli microbici, oltre ovviamente ai famosi oli di frittura e grassi animali. Sicuramente vediamo una produzione di biocarburanti che non saranno più formati da tre o quattro materie prime, ma da un ventaglio di materie prime che sarà veramente diversissimo e di provenienza disparata, ma bisogna avere il tempo per uscirne.
  Per quanto riguarda invece la performance ambientale del prodotto, l'abbiamo dimostrata inizialmente con l'Istituto motori del CNR prima di mettere in commercio il prodotto, e l'abbiamo confermata con ulteriori prove sempre con il CNR e con la municipalità di Torino sugli autobus, mentre prima lo avevamo fatto con le macchine, e poi con i vaporetti e con la municipalizzata di Venezia, per cui noi siamo tranquilli che le prestazioni sono quelle che stiamo dicendo.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al dottor Luigi Ciarrocchi, Executive vice president – Direttore italian region, per rispondere alla terza domanda.

  LUIGI CIARROCCHI, Executive vice president – Direttore italian region di ENI Spa. Sono Luigi Ciarrocchi, direttore italian region e responsabile del programma Gela.
  Per rispondere alla domanda dell'onorevole Squeri, abbiamo già sottolineato come il gas svolga un ruolo fondamentale per il processo di transizione energetica, che – chiariamo – non sarà né veloce, né omogeneo, quindi il gas deve accompagnare secondo la nostra visione il percorso per quanto concerne la valorizzazione delle energie rinnovabili.
  Il gas è importante, ricordo che il fabbisogno energetico dell'Italia è pari a circa 160 milioni di tonnellate, e più del 70 per cento lo importiamo dall'estero. Cosa significa questo? Significa che la nostra bolletta energetica (parlo di gas) vale 40 miliardi di euro, che rappresentano circa il 2,4 per cento del prodotto interno lordo. La nostra produzione domestica di idrocarburi ha contribuito lo scorso anno per circa 3 miliardi di euro, quindi penalizzare la produzione domestica di gas significa esporre l'Italia a una dipendenza maggiore dall'estero. Contrariamente a quanto si crede, l'Italia non è un Paese povero di gas, è al Pag. 25quarto posto per quanto concerne le riserve, al sesto posto per quanto concerne la produzione. Nel 2004 l'Italia produceva il 16 per cento del totale della produzione complessiva, oggi siamo scesi all'8 per cento. Questo significa aumentare la dipendenza dall'estero, aumentare lo squilibrio sulla bolletta commerciale, minare da un punto di vista occupazionale le risorse (parlo di 20.000 persone che lavorano nei siti produttivi per quanto concerne tutta la filiera e di un contributo per le casse dello Stato che si aggira attorno a 800 milioni l'anno).
  Noi produciamo gas in Italia da sessanta anni e ribadisco che, nell'ottica di valorizzare questo percorso della transizione energetica a livello di decarbonizzazione, il gas, come riportato nel Piano nazionale energia e clima, ha un ruolo importante, quindi mantenere il contributo italiano è fondamentale.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare tutta la delegazione di ENI per il contributo e invitando, laddove lo ritengano, ad inviarci eventuale altro materiale, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.50.