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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 35 di Martedì 3 dicembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030

Audizione di rappresentanti di Saipem.
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 
Caio Francesco , Presidente del consiglio di amministrazione di Saipem ... 3 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 
Cao Stefano , Amministratore delegato di Saipem ... 3 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 5 
Galli Dario (LEGA)  ... 5 
Benamati Gianluca (PD)  ... 6 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 6 

Audizione di rappresentanti di Gestore dei servizi energetici SpA (GSE):
Saltamartini Barbara , Presidente ... 6 
Vetrò Francesco , Presidente di Gestore dei servizi energetici spa (GSE) ... 6 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 7 
Benedetti Luca , Coordinatore del Progetto «PNIEC e ruolo del GSE nella transizione energetica» di Gestore dei servizi energetici spa (GSE) ... 7 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 8 
Vetrò Francesco , Presidente di Gestore dei servizi energetici spa (GSE) ... 8 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 9 
Benamati Gianluca (PD)  ... 9 
Dara Andrea (LEGA)  ... 9 
Squeri Luca (FI)  ... 9 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 9 

Audizione di rappresentanti di Gestore dei mercati energetici SpA (GME):
Saltamartini Barbara , Presidente ... 10 
Alaimo Stefano , Direttore Mercati di Gestore dei mercati energetici spa (GME) ... 10 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 11 

Audizione di rappresentanti di Ricerca sul sistema energetico SpA (RSE):
Saltamartini Barbara , Presidente ... 11 
Delfanti Maurizio , Amministratore delegato di Ricerca sul sistema energetico spa (RSE). ... 11 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 14 
Benamati Gianluca (PD)  ... 14 
Squeri Luca (FI)  ... 14 
Galli Dario (LEGA)  ... 15 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 15 

Audizione di rappresentanti di Confindustria:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 15 
Bianchi Andrea , Direttore politiche industriali di Confindustria ... 15 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 18 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 18 
Benamati Gianluca (PD)  ... 18 
Crippa Davide (M5S)  ... 18 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 18 

Audizione di rappresentanti della Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 18 
Catalano Angelica , Dirigente della Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ... 19 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 22 
Benamati Gianluca (PD)  ... 22 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 22 
Porchietto Claudia (FI)  ... 22 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 22

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
BARBARA SALTAMARTINI

  La seduta comincia alle 9.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Saipem.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Saipem.
  Nel dare la parola al dottor Francesco Caio, presidente del consiglio d'amministrazione, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  FRANCESCO CAIO, Presidente del consiglio di amministrazione di Saipem. Ringraziamo la Presidente e la Commissione per questo invito, che è per noi un'opportunità anche di far conoscere questa importante realtà industriale.
  Io sono presidente da un anno e mezzo, ma sono accompagnato dall'amministratore delegato, l'ingegner Cao, al quale pregherei la Presidente di dare la parola dopo di me per illustrare le prospettive dell'azienda nel contesto dell'indagine conoscitiva avviata dalla Commissione. A me spetta solo il compito di fare un'introduzione sottolineando la natura internazionale dell'azienda, la forte passione e competenza delle donne e degli uomini che ci lavorano. È una realtà che ha deciso di giocare un ruolo di leadership nell'aiutare tutto il settore nella transizione energetica, quindi ci piace posizionarci come un solution provider, come un'azienda in grado di mettere al servizio di tutti gli attori internazionali le proprie competenze e le proprie tecnologie per facilitare la transizione verso l'energia più pulita, quindi ingegneria della sostenibilità.
  Se lei è d'accordo, Presidente, le chiederei quindi di far intervenire l'ingegner Cao per l'illustrazione della presentazione.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Stefano Cao, Amministratore delegato di Saipem.

  STEFANO CAO, Amministratore delegato di Saipem. Per ottimizzare i tempi andrò molto rapidamente attraverso poche slide della documentazione scritta che abbiamo preparato e trasmesso alla Commissione, per dare una corretta e più compiuta rappresentazione della Saipem e di quello che la stessa fa nel mondo.
  Cominciamo con un profilo della società. La società la possiamo definire, anche con un po’ d'orgoglio, società leader nelle attività di ingegneria di perforazione e di realizzazione di grandi progetti nei settori dell'energia e delle infrastrutture. Si caratterizza per essere quella che industrialmente definiamo one company, ma con cinque filoni di attività: le costruzioni nell’offshore, le costruzioni a mare, le costruzioni onshore di grandi impianti in giro per il mondo; il drilling, attività storica e poi cercherò di inquadrare anche in prospettiva Pag. 4 futura, sia offshore che onshore; e l'ultima nata delle attività, l'XSIGHT, una società di ingegneria concettuale che consideriamo assolutamente fondamentale per il futuro dell'azienda, perché è quella che deve aiutare a definire le soluzioni più adeguate per i nostri clienti. Ci definiamo, in estrema sintesi, come un global solution provider, un'azienda che intende rappresentare nei confronti dei clienti quella capacità di risolvere, con soluzioni di alto contenuto tecnologico, le problematiche legate alla generazione dell'energia. Naturalmente Saipem è quotata alla Borsa di Milano, è presente in più di settanta Paesi, con trentatremila dipendenti di centoventiquattro nazionalità.
  Informazioni di estrema sintesi, ma che vale la pena focalizzare. Un fatturato che nel 2018 era di 8,5 miliardi, quest'anno saremo intorno ai 9 miliardi. Vorrei sottolineare che il 96 per cento di questo fatturato è ottenuto all'estero. Ho già accennato che siamo presenti in settantadue Paesi con trentatremila dipendenti. Dall'inizio dell'anno – questo è un elemento sicuramente che dà fiducia per il futuro all'azienda – abbiamo acquisito nuovi contratti per 18 miliardi. Nel 2018 abbiamo investito poco meno di 500 milioni di euro, mentre è utile rappresentare che Saipem nel suo insieme, dopo l'incorporazione della SNAM Progetti, una sister company posseduta al 100 per cento da ENI, possiede più di 2.400 brevetti attivi. Non vado attività per attività, penso di averlo già rappresentato. Quindi mi focalizzerei di più sui dipendenti. I dipendenti italiani sono 5.900 circa, circa quattromila lavorano in Italia, il 68 per cento, il 31 per cento sono coloro che supportano le attività in giro per il mondo. Ho già citato le centoventiquattro nazionalità; sottolineo soltanto, dal punto di vista delle nazionalità, la nostra presenza in India. Presenza di grande supporto, di grande qualità nella capacità di sviluppare ingegneria anche complessa, supera la presenza in Italia. In Italia abbiamo cinque sedi, il cuore del sistema è a San Donato Milanese, ma abbiamo attività importanti di ingegneria su Fano, di ingegneria e tecnologia su Marghera, di ingegneria su Roma e un cantiere di fabbricazione di strutture per l’offshore ad Arbatax. Vorrei sottolineare che per alimentare il rilancio dell'azienda, che ha visto dei momenti molto difficili negli ultimi anni legati alla crisi del prezzo del petrolio, quindi degli investimenti delle compagnie petrolifere, per la prima volta immaginiamo di inserire ottocento nuove risorse in Italia. Risorse nella fascia alta, soprattutto ingegneri e tecnici.
  Come si posiziona la Saipem nel futuro. Abbiamo deciso strategicamente che la transizione energetica è già cominciata, quindi non c'è altra alternativa – e naturalmente lo facciamo con grande entusiasmo e convinzione – che avviare e rinforzare tutte le attività a supporto della transizione energetica. Quindi l'obiettivo esterno che è stato fissato è quello della road map del 2050, che prevede una serie di passaggi graduali. Rinnovabili e gas consideriamo essere gli elementi più importanti in questa transizione energetica, e comunque un modo di operare e di gestire le nostre attività che riduca l'impatto delle attività stesse attraverso uno sviluppo di nuove tecnologie, attraverso il perseguimento di una cultura di gestione dell'ambiente efficace ed efficiente, impianti che siano sempre più sicuri e minimamente impattanti e inseriti in un contesto in cui la sostenibilità ambientale e gestionale sia raggiunta al massimo dei suoi livelli. Come ho accennato, il gas naturale è quello che abbiamo definito come transition fuel, il combustibile dell'accompagnamento nella transizione energetica fino a quando le nuove energie saranno in grado di sopperire a quelle più tradizionali. Bisogna trovare i combustibili di supporto, ma abbiamo identificato che il gas è sicuramente il fuel della transizione.
  Mi permetto di fare una brevissima divagazione con una premessa. La Saipem opera il 96 per cento delle sue attività all'estero, quindi noi siamo nel mondo, stiamo bene nel mondo; vorremmo stare anche un po’ più in Italia, se fosse consentito. In questo senso mi sembra giusto sottolineare il fatto che in Italia c'è un'energia che può supportare la transizione, c'è del gas, c'è un sistema industriale estremamente competitivo, lo stesso che viene Pag. 5utilizzato al meglio all'estero. Sono delle risorse che, nel momento in cui la transizione è completata, vanno disperse, perché perdono il loro valore, ma aiuterebbero a ridurre la dipendenza del Paese dalle forniture estere del gas. Ci sono altri che si stanno attrezzando, già lo stanno facendo per sfruttare queste risorse che ci sono soprattutto nella parte dell'Adriatico. Il gas è stato, nella storia Saipem all'interno della galassia ENI fin dal suo fondatore, la ragione, la motivazione forte e anche la radice che ha consentito di sviluppare tutte queste tecnologie che adesso, con successo, utilizziamo nel mondo. Quindi una filiera italiana molto forte, che sicuramente può fare molto di più. Una filiera italiana che è nata anche dal disegno originale di ENI, che però ha trovato delle grandi opportunità di successo soprattutto al di fuori del Paese.
  In sintesi rappresentiamo graficamente nella relativa slide – ma non entro nel dettaglio – le tecnologie verdi e le rinnovabili: temi su cui ci stiamo focalizzando sulla transizione energetica. Solo un flash velocissimo. Nel settore del gas ancora stiamo sviluppando una serie di tecnologie per lo sviluppo dei due fattori di piccola scala che possono essere distribuiti e diffusi largamente sul territorio. Abbiamo una focalizzazione su tutto il ciclo del gas liquefatto e crediamo di poter dare un contributo all'ottimizzazione dell'importazione del GNL nei terminali esistenti, migliorando la sicurezza sulla fornitura in caso di picchi di domanda Nei prodotti petroliferi, sempre nella transizione, bisogna cercare al meglio di sviluppare quelle tecnologie che permettono la riconversione per esempio delle raffinerie tradizionali in bioraffinerie, impianti per la produzione di materie prime sempre per la preparazione di biocarburante e bioraffinerie e investimenti per la conversione dei prodotti pesanti che rivengono dalla lavorazione delle raffinerie.
  Ultimo punto sulle rinnovabili. Abbiamo in corso un grosso sforzo, rappresentiamo i temi principali, come l'eolico. È notizia di pochi giorni fa che abbiamo acquisito 800 milioni di dollari di due progetti in due parti il mondo opposte: da una parte a largo delle coste scozzesi; dall'altra parte a Taiwan per lo sfruttamento dell'eolico offshore. Stiamo investendo fortemente come ricerca sul tema dell'idrogeno, sul tema dello sfruttamento delle correnti e delle energie marine, sul solare concentrato e anche qualche approfondimento su temi magari più futuribili come quello dell'eolico ad alta tensione.
  Con questo è completata l'illustrazione, e restiamo a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Abbiamo purtroppo soltanto cinque minuti a disposizione per le domande dei colleghi, poi chiederemo a Saipem di risponderci per iscritto.
  Do la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DARIO GALLI. Ringrazio per l'esposizione che devo dire forse per la prima volta è fatta da chi sa di cosa parla. Il fatto che l'amministratore delegato di Saipem sia un ingegnere è una garanzia in questo senso, perché finalmente si è sentito un discorso logico.
  Due domande. La prima è, anticipando il fatto che con il prossimo Governo la follia del no alle trivelle sarà eliminata, dalle vostre prospezioni l'Italia per il petrolio, relativamente, ma soprattutto per il gas che giacenze reali ha? Per i prossimi trent'anni – è domanda banale – potrebbe essere autosufficiente o quasi?
  Seconda domanda. Tutti gli investimenti che avete fatto sulle rinnovabili, finalmente schemi logici che hanno un capo e una coda, però c'è sempre la domanda delle domande: tutte le cose vanno bene, ma dal vostro punto di vista, visto che avete anche adesso la parte di ingegneria innovativa significativa – in estrema sintesi, anche se la domanda chiaramente è amplissima –, quando si dovesse arrivare a percentuali significative di rinnovabili il problema resterà quello a cui nessuno dà una risposta, come stoccare le rinnovabili, che ci sono quando ci sono, ma servono sempre. Quindi chiedo qual è il modello fisico più logico a tecnologia esistente e a ragionevole prospettiva futura di quello che c'è in campo.

Pag. 6

  GIANLUCA BENAMATI. Solo due questioni. La prima riprende la questione delle estrazioni nazionali. Saipem è probabilmente l'azienda italiana che ha più know how nel settore ed è una delle più avanzate nel mondo. Chiederei agli auditi se ritengono che lo sfruttamento di una parte dei giacimenti naturali che esistono nel Paese possa avvenire in un quadro di assoluta sicurezza e rispetto per l'ambiente, utilizzando anche – immagino – le migliori tecnologie esistenti nel globo.
  La seconda questione. Visto che Saipem giustamente entra nelle rinnovabili dal punto di vista soprattutto delle sue competenze, quindi del wind offshore e probabilmente l'idrogeno, il PNIEC sotto quest'aspetto ha forse la necessità di essere rafforzato. Chiederei quindi agli auditi se credono che l'Italia possa essere, soprattutto nel Sud, un sito idoneo per questo tipo di tecnologie che vanno adattate al Paese.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre domande da parte dei colleghi, ringrazio i rappresentanti di Saipem e aspettiamo le loro risposte per iscritto.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Gestore dei servizi energetici spa (GSE).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Gestore dei servizi energetici spa (GSE).
  Nel dare la parola al presidente di GSE, Francesco Vetrò, ricordo che l'audizione di oggi è finalizzata esclusivamente ad ottenere elementi istruttori utili per approfondire le tematiche oggetto dell'indagine conoscitiva.

  FRANCESCO VETRÒ, Presidente di Gestore dei servizi energetici spa (GSE). A nome del GSE, che mi onoro di rappresentare, ringrazio la Commissione dell'invito e dell'opportunità di poter partecipare a questa importante indagine conoscitiva, a cui siamo onorati di poter fornire un contributo.
  Il GSE è adeguatamente rappresentato quest'oggi, ha una rappresentanza ben nutrita; al mio fianco c'è il dottor Luca Benedetti che è il responsabile per il GSE delle tematiche del Piano nazionale integrato energia e clima. Quindi, dopo una brevissima introduzione, chiederei alla Presidente la possibilità di lasciargli la parola per gli aspetti più immediatamente operativi, salvo dopo chiedere io di poter fare una piccolissima ripresa.
  Il GSE è una società pubblica, è interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze e svolge le proprie funzioni secondo gli indirizzi strategici, impartiti dal Ministero dello sviluppo economico. I cosiddetti stakeholder, coloro che ci impartiscono gli indirizzi operativi e che ci guidano nel nostro percorso operativo sono, quindi, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'economia e delle finanze e – come è naturale – l'Autorità di regolazione per l'energia, le reti e l'ambiente.
  Il GSE è un soggetto pubblico, è una società, al tempo stesso è anche la capogruppo di un gruppo societario. Si tratta di un gruppo legale, nel senso che è stato il legislatore a volere una costellazione di società che operano nell'ambito del gruppo, si tratta dell'Acquirente unico, del Gestore del mercato elettrico e di RSE, che è la società che si occupa della ricerca di sistema. Tutte e tre le società sono interamente di proprietà di GSE.
  Cosa giustifica, ammesso che sia necessario giustificare, la partecipazione del GSE a questa audizione? È ben noto quali siano le cinque dimensioni dell'Unione dell'energia e in tutte e cinque le dimensioni il GSE direttamente, ovvero le sue società controllate. Sono direttamente e principalmente interessate.
  Che cosa fa il GSE, salvo dopo dire che cosa ancora potrebbe fare? Gli ambiti in cui opera sono quelli delle rinnovabili elettriche, delle rinnovabili termiche e dell'efficienza energetica, delle rinnovabili dei trasporti e delle emissioni di CO2. Pag. 7
  Solo un dato per fornire una dimensione quantitativa delle operazioni che interessano le attività della società. Il GSE gestisce ben 1,3 milioni di contratti, e ha nel suo patrimonio di conoscenza, di monitoraggio e di interessamento ben ottocentomila impianti.
  Ora chiedo, come detto, alla Presidente la possibilità di far intervenire il dottor Benedetti per il seguito della relazione.

  PRESIDENTE. Do la parola dottor Luca Benedetti, Coordinatore del Progetto «PNIEC e ruolo del GSE nella transizione energetica» di GSE.

  LUCA BENEDETTI, Coordinatore del Progetto «PNIEC e ruolo del GSE nella transizione energetica» di Gestore dei servizi energetici spa (GSE). Oltre a gestire i meccanismi di sostegno alle energie rinnovabili, all'efficienza energetica e alla mobilità sostenibile, normativamente ci viene assegnata una funzione di supporto tecnico istituzionale di monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. In virtù di questo ruolo siamo stati coinvolti nella preparazione prima della Strategia energetica nazionale, poi del Piano nazionale integrato energia e clima, e anche della Strategia di lungo termine al 2050. Abbiamo quindi collaborato con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'ambiente, il Ministero dei trasporti, RSE, ENEA, ISPRA e Politecnico di Milano in questo lavoro. Abbiamo seguito tutto il lavoro negli ultimi tre anni, anche interloquendo con la Commissione europea, partecipando ai gruppi tecnici. È stato un lavoro molto interessante, in un clima di ottima collaborazione.
  Giusto per ricordare quali sono gli obiettivi principali. Sulle fonti rinnovabili partiamo da un 18,3 per cento di consumi soddisfatti mediante rinnovabili nel 2017: nella Strategia energetica nazionale era stato individuato un obiettivo del 28 da raggiungere entro il 2030, l'obiettivo che invece è individuato nella proposta di Piano nazionale integrato energia e clima è un 30 per cento. Come si fa a raggiungere questo 30 per cento? Investendo in alcuni settori: prioritariamente in fotovoltaico per quanto riguarda il settore elettrico; pompe di calore per quanto riguarda il soddisfacimento dei consumi termici; ed eolico, in questo ordine. Poi sulla mobilità molto importante è il ruolo del biometano e anche della mobilità elettrica. Questo fronte rinnovabili.
  Sul fronte dell'efficienza energetica abbiamo un obiettivo di riduzione dei consumi, che si traduce nel ridurre i consumi più o meno di dieci mega TEP entro il 2030. La cosa importante è che questa riduzione dei consumi si spalma prevalentemente nel settore edilizio, residenziale e terziario, su cui saranno necessari i maggiori investimenti, nel settore trasporti e infine nel settore dell'industria che è spinto all'efficientamento anche grazie all'ETS. Già da questi pochi numeri sintetici emergono le priorità di investimento, che sono sull'edilizia, per l'efficientamento dell'edilizia, e sul sistema elettrico, per quanto riguarda reti, accumuli e ovviamente lo sviluppo degli impianti.
  Dato che abbiamo poco tempo, non mi dilungo troppo nella descrizione dei singoli andamenti. Dico solamente due parole. Sul settore elettrico per raggiungere gli altri obiettivi sul fotovoltaico bisognerà riuscire a fare sia grandi impianti sia piccoli impianti. Grandi impianti da attivare sia con aste e contratti per differenza sia favorendo la stipula di contratti di lungo termine (PPA). Sui piccoli impianti è importante promuovere l'autoconsumo, anche accoppiato a sistemi di accumulo. Su questo il GSE ha da poco varato un'iniziativa di supporto alla diffusione di piccoli impianti fotovoltaici, supporto all'autoconsumo che è il portale sull'autoconsumo, che intende far comprendere ai cittadini quanto facile sia realizzare questi impianti, beneficiandone in termini di riduzione della bolletta energetica.
  Importante naturalmente, parlando di obiettivi sfidanti, è anche affrontare il tema dell'evoluzione degli oneri pagati dai consumatori. Ora abbiamo una curva tendenziale di decrescita degli oneri pagati dai consumatori, perché progressivamente escono dal perimetro di incentivazione i Pag. 8vecchi impianti che hanno avuto beneficio, gli alti incentivi, ed entrano nei nuovi meccanismi di incentivazione, con incentivi molto piccoli, impianti che generano pochi oneri. Questa decrescita è però solo tendenziale. All'inizio è molto graduale. La cosa importante, al di là di questo aspetto, è guardare le cose da un punto di vista dell'energia prodotta da fonti rinnovabili, perché stiamo dicendo che nei prossimi anni, con la progressiva fuoriuscita dal perimetro di incentivazione, dobbiamo porci il quesito se questi impianti, una volta usciti dal perimetro di incentivazione, continueranno a produrre oppure no, e se lo continueranno a fare in efficienza. Ovviamente alcuni impianti certamente sì, tipo il grande idroelettrico. Su altri ci si può porre la domanda. Quindi un altro tema – per farla breve – è quello di mantenere in efficienza gli impianti esistenti.
  Sul settore dei trasporti spazio ai biocarburanti avanzati, molto spazio al biometano, che si può dire che è la «star» che emerge da questi scenari, e alla mobilità elettrica, sia stradale sia ferroviaria. Naturalmente per fare questo bisognerà aggiornare l'obbligo di immissione in consumo dei biocarburanti e anche realizzare le infrastrutture necessarie per la diffusione della mobilità elettrica e tutti i provvedimenti regolatori tipo il decreto Vehicle to grid e quant'altro.
  Nel settore termico è importante la crescita delle pompe di calore in un quadro di elettrificazione dei consumi. La rinnovabile più utilizzata continua ad essere la biomassa, ma in un quadro di progressiva sostituzione dei vecchi apparecchi con apparecchi nuovi a migliori prestazioni energetiche e ambientali, anche per limitare le emissioni in atmosfera.
  Sul fronte dell'efficienza energetica bisogna ridurre i consumi grazie a politiche attive di quasi dieci mega TEP (9,3), prevalentemente concentrato questo sforzo nel settore edilizio, residenziale e terziario, e nel settore dei trasporti. Per farlo bisognerà potenziare e rendere sempre più efficaci e più mirati per i settori target principali i meccanismi attualmente in essere, senza naturalmente precludersi la possibilità di vararne altri che magari possono affiancarli. Quindi sia il potenziamento delle detrazioni fiscali, dei certificati bianchi e tantissime altre misure.
  Illustro un ultimo punto per poi permettere al presidente Vetrò di intervenire per la chiusura. In termini di investimenti si stima un delta di investimenti aggiuntivi per la realizzazione di questo scenario di oltre 180 miliardi di euro, che non sono tutti gli investimenti da qui al 2030, perché da qui al 2030 gli investimenti saranno quasi 1.200 miliardi, di questi alcuni sono anche nello scenario cosiddetto tendenziale. Quindi l'incremento di investimenti necessario a raggiungere gli obiettivi è stimato in circa 200 miliardi di euro. Questo incremento di investimenti è prevalentemente concentrato nel settore residenziale, nel settore dello sviluppo del sistema elettrico, quindi impianti fotovoltaici, impianti eolici, ma anche reti e sistemi di accumulo, e anche nel settore trasporti con la realizzazione di infrastrutture di ricarica. Una cosa a cui tiene molto la Commissione europea giustamente, a cui teniamo anche noi, è il tema della Just in FER transition: il fatto che la transizione energetica deve tradursi in un'occasione di sviluppo; anche noi siamo impegnati su questo fronte sia nello stimare gli effetti della transizione sia nell'accompagnare lo sviluppo industriale.

  PRESIDENTE. Do nuovamente la parola al presidente di GSE, Francesco Vetrò.

  FRANCESCO VETRÒ, Presidente di Gestore dei servizi energetici spa (GSE). Quali sono gli ambiti del Piano. Anzitutto una grande crescita del fotovoltaico e dell'eolico, con un contributo notevole delle pompe di calore; l'elettrificazione dei consumi; una sensibile riduzione di consumi ed emissioni nel settore residenziale e terziario; la decarbonizzazione dei trasporti e, infine, i necessari interventi infrastrutturali. Sappiamo come le reti siano determinanti nel servizio pubblico relativo all'energia.
  Che cosa suggerisce il Piano come modalità di intervento. Anzitutto una pianificazione integrata per accelerare i tempi e ridurre gli impatti ambientali; una forte Pag. 9connessione tra i diversi ambiti, la generazione, la mobilità, gli altri consumi e un ruolo attivo della domanda; la minimizzazione degli oneri e la massimizzazione dei benefici per i consumatori e per le imprese; una sinergia e integrazione tra le politiche e misure diverse; infine – ultimo per ordine ma in realtà forse il primo – l'importanza delle scelte dei cittadini, rilevanti al pari di quelle finanziarie.
  Giusto una chiusa sull'impegno del GSE. È a tutti noto come il GSE gestisce dei meccanismi di sostegno delle fonti rinnovabili, ma è altrettanto palese – e nell'ultimo anno questo è avvenuto in modo molto significativo – un supporto ai cittadini e alle imprese nell'individuazione dei meccanismi più consoni alle loro esigenze. Vi è poi un importante ruolo di assistenza alla pubblica amministrazione e un ruolo senz'altro non trascurabile che denota in proiezione quello che può essere il vero ed efficace ruolo del GSE: la promozione di comportamenti sostenibili. Ciò avviene mediante un supporto che viene fornito alle imprese e ai cittadini, ma anche attraverso un'attività di comunicazione, di formazione e di informazione. È chiaro che tutto questo passa attraverso un'importante collaborazione con le istituzioni centrali e con le Regioni per la pianificazione energetica, che, come è noto, risiede in ambito regionale.
  In ultima istanza non possiamo negare che il GSE aspiri a svolgere un ruolo nella governance per l'attuazione del Piano e per il suo monitoraggio. D'altronde ha dato prova finora, specie nelle attività di monitoraggio, di svolgere un encomiabile lavoro.

  PRESIDENTE. Abbiamo tre minuti a disposizione per le domande dei colleghi.
  Do quindi la parola si deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIANLUCA BENAMATI. Io vado direttamente alle domande. Il GSE, al netto di quello che potrà fare in futuro, oggi fa alcune cose. Nel PNIEC e nelle Strategie attuali sono in corso delle azioni importanti come le aste in questi due anni per la capacità e i registri per i piccoli impianti, e peraltro è stato attuato da poco il meccanismo della capacità con le due aste, una a 3 e una a 4 miliardi per il 2022 e il 2023, e urge una riforma dei certificati bianchi, Chiedo quindi una cosa che rientra nelle competenze del GSE: se c'è una proiezione dei costi dell'attuale sistema di evoluzione del nostro sistema energetico rispetto alle previsioni del PNIEC sulla bolletta. Quanto queste scelte, se sono state già fatte, aumenteranno quel fondo che il GSE gestisce a pro dello sviluppo di sistema.
  Forse anche la presenza dell'amministratore delegato ci avrebbe aiutato, ma credo che a questo punto la risposta possa essere data in proiezione.

  ANDREA DARA. Una domanda veloce. Nel 2006, 2007 è partito il boom del fotovoltaico dovuto alle tariffe incentivanti molto importanti. Sappiamo benissimo che il fotovoltaico dura dai venti ai trenta/trentacinque anni, perdendo tutti gli anni kilowatt di potenza: visto che dal 2027 in poi gli impianti non riceveranno più i contributi, chiedo qual è la vostra soluzione per far sì che questi impianti vengano sostituiti da nuovi impianti. Il nostro compito è legiferare, vorrei capire da voi se c'è qualche proposta in merito.

  LUCA SQUERI. La settimana scorsa è stata votata in Europa una risoluzione che aumenta il target per la riduzione delle emissioni climalteranti. La domanda è questa: se questa modifica rispetto a un PNIEC che, a detta di diversi auditi, già così come è impostato difficilmente può aggiungere degli obiettivi, con questa accelerazione se e come necessita di un intervento, sia a livello concettuale sia a livello di parametri che adesso portano al raggiungimento degli obiettivi sulla carta – sulla sostanza poi lo vedremo – e come questo deve essere fatto.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre domande e non essendoci tempo a disposizione per le repliche, io invito i rappresentanti del GSE, che ringrazio, a predisporre le risposte e a inviarle per iscritto alla Segreteria della Commissione, che provvederà Pag. 10 a metterle a disposizione di tutti i commissari.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Gestore dei mercati energetici spa (GME).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Gestore dei mercati energetici spa (GME).
  Nel dare la parola al direttore dei Mercati di GME, Stefano Alaimo, ricordo che l'audizione di oggi è finalizzata esclusivamente ad ottenere elementi istruttori utili per approfondire le tematiche oggetto dell'indagine conoscitiva e chiederei agli auditi di contenere la loro relazione in dieci minuti.

  STEFANO ALAIMO, Direttore Mercati di Gestore dei mercati energetici spa (GME). Per prima cosa vorrei ringraziare, a nome del GME, la Presidente e la Commissione per l'opportunità che ci viene fornita per portare il nostro contributo alla Strategia energetica nazionale e al Clean energy package.
  Il GME è il soggetto istituzionale incaricato della gestione del mercato dell'energia elettrica, mercato del gas, mercati per l'ambiente, nonché per la piattaforma di registrazione dei contratti bilaterali di energia elettrica. L'approvazione del Clean energy package ha introdotto degli obiettivi in tema di riduzione delle emissioni di CO2, con particolare riguardo alle fonti rinnovabili e all'efficienza energetica. In particolare richiamo il Regolamento (UE) 2019/943 del Parlamento europeo e del Consiglio sul mercato interno dell'energia elettrica, e la direttiva (UE) 2019/ 944 del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce delle norme per lo sviluppo dei mercati integrati flessibili e competitivi. Questa direttiva auspica il raggiungimento degli obiettivi applicando delle misure basate su meccanismi di mercato. È in questo senso che il GME viene coinvolto.
  Nel contesto in cui ci troviamo oggi c'è una forte incidenza, penetrazione delle fonti rinnovabili, in particolare non programmate, e questa non programmabilità e l'alta percentuale di rinnovabili porta con sé una necessità di flessibilità. Quindi il meccanismo di mercato deve applicarsi ai diversi aspetti della filiera elettrica. Quello particolare su cui noi poniamo molta attenzione è quello della responsabilizzazione dei consumatori, ovvero valorizzare la responsabilità dei consumatori in termini di scelta dei loro consumi e vederla come una risorsa ai fini del bilanciamento sulla rete.
  Una cosa importante è che il Clean energy package, proprio per rispondere a questa necessità di maggiore flessibilità, individua l'introduzione dei cosiddetti «prodotti al quarto d'ora», ovvero dei prodotti scambiabili sul mercato elettrico che consentono di aggiustare le posizioni per singolo quarto d'ora, proprio per facilitare gli operatori a individuare le loro posizioni in un'unità di tempo molto ristretta in virtù di quella variabilità prodotta dalle fonti rinnovabili.
  In questo segmento come GME vediamo l'introduzione dei cosiddetti mercati della flessibilità. Il nostro contributo potrebbe essere, in prospettiva, quello di organizzare questi mercati della flessibilità e, in particolare, agire su due linee: favorire la partecipazione di aggregatori che possano raccogliere le esigenze di piccoli consumatori e rappresentarle all'interno del mercato elettrico; creare delle piattaforme di flessibilità attraverso le quali i distributori locali potrebbero trovare delle risorse che consentirebbero di bilanciare la rete locale di distribuzione, ovviamente in coordinamento con il gestore della rete di trasmissione nazionale. Sono piattaforme che riescono a valorizzare delle risorse che oggi non possono partecipare attivamente al mercato, ma che in prospettiva vorrebbero dare un contributo determinante. Faccio l'esempio di impianti di produzione fotovoltaici con l'accumulo attraverso delle batterie o la semplice auto elettrica che può rappresentare un piccolo generatore di elettricità nel momento in cui è ferma ed è carica. Sono tutte piccole risorse che oggi non sono Pag. 11valorizzate, ma attraverso lo sviluppo di smart grid e attraverso queste piattaforme di flessibilità potrebbero dare un contributo notevole per il bilanciamento del sistema, quindi per la minimizzazione degli oneri di sistema.
  Con un processo di sempre maggiore elettrificazione dei consumi noi riteniamo molto importante insistere sulle politiche di incremento dell'efficienza energetica, in particolare la possibile estensione a quei settori che oggi non sono stati coinvolti in questa incentivazione, in modo tale da poter sfruttare tutti i potenziali possibili in termini di riduzione dei consumi e, in ultima analisi, delle emissioni di CO2. Ricordo che noi come GME siamo impegnati oltre che nella gestione del mercato elettrico e del mercato del gas, anche nella gestione dei cosiddetti mercati ambientali, in particolare il mercato dei titoli di efficienza energetica che rappresentano l'incentivo per tutti coloro i quali realizzano progetti di risparmio energetico, a fronte dei quali ricevono questi titoli che poi possono vendere sulla nostra piattaforma o lateralmente e quindi ottenere l'incentivo per l'intervento effettuato. Gestiamo anche la piattaforma delle garanzie di origine, che sono dei certificati che vengono emessi a fronte di produzione di energia elettrica da impianti alimentati a fonti rinnovabili.
  Pertanto noi come GME ovviamente siamo disponibili a contribuire, con il nostro lavoro, all'implementazione di queste politiche e all'implementazione di quelle misure che possono rendere i mercati flessibili e competitivi.

  PRESIDENTE. Non essendoci domande da parte dei commissari, ringrazio il rappresentante di GME per il suo contributo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Ricerca sul sistema energetico energetici spa (RSE).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Ricerca sul sistema energetico energetici spa (RSE).
  Nel dare la parola all'amministratore delegato di RSE, Maurizio Delfanti, ricordo che l'audizione di oggi è finalizzata esclusivamente ad ottenere elementi istruttori utili per approfondire le tematiche oggetto dell'indagine conoscitiva.

  MAURIZIO DELFANTI, Amministratore delegato di Ricerca sul sistema energetico spa (RSE). Sono presenti a questa audizione anche il presidente, Giorgio Anserini, e Michele Benini, direttore del dipartimento sviluppo sistemi energetici, che è più pertinente rispetto al tema di oggi. Naturalmente vi prego di leggere la nostra presentazione e la documentazione scritta consegnata alla Commissione nel solco già tracciato dal GSE e dal GME che avete appena audito. Noi facciamo parte del gruppo GSE, siamo il ramo che si occupa di ricerca sul sistema energetico, come dice il nostro nome.
  La prima slide della documentazione serve solo a illustrare il ruolo che come RSE abbiamo svolto negli ultimi anni a servizio delle istituzioni nel tracciare i successivi documenti, che hanno connotato il panorama energetico nazionale. Cominciamo nel 2016 al tavolo di lavoro per la Presidenza del Consiglio, poi nel 2017 con il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e infine, venendo ai giorni più recenti, il nostro apporto ha riguardato la parte finalistica del PNIEC. Quindi la competenza principale del nostro Centro di ricerca risiede nel tracciare e tratteggiare gli scenari, in questo caso di lungo periodo, riguardanti il sistema energetico.
  Più in dettaglio con la relativa slide della documentazione è riportata una tabella che indica, rispetto ai target continentali, gli obiettivi all'anno 2030 tratteggiati prima nella SEN e, da ultimo, nel PNIEC. Mi concentrerei sul primo blocco che ha a che fare con le fonti energetiche rinnovabili, per rilevare come i valori attuali previsti nel PNIEC parlano di un 30 per cento come quota di energia di FER nei consumi finali lordi e poi mi riferisco al secondo numero, il 22 per cento, che ha a che fare con le Pag. 12FER nei trasporti. Questi due numeri li riprendiamo fra un attimo. Il secondo blocco della tabella ha a che fare con l'efficienza energetica, rispetto alla quale il confronto parla di un leggero aumento nell'ambizione dei target da una compressione dei consumi del 42 per cento al valore attualmente nel PNIEC del 43 per cento; la seconda riga è sostanzialmente invariata perché parliamo del risparmio dei consumi finali tramite regimi obbligatori rispetto ai quali le modalità di calcolo – come spieghiamo nella nota – sono non del tutto omogenee tra SEN e PNIEC, quindi c'è un sostanziale mantenimento dei target già previsti. Sull'ultimo blocco, le emissioni dei gas serra, non tornerò nel seguito della presentazione e qui uso la slide per ricordare solo come, per quanto attiene alla riduzione dei gas a effetto serra per gli impianti vincolati dalla normativa ETS, i numeri sono di fatto esogeni rispetto al sistema Italia perché derivano da scelte continentali. Ricordo infatti che il sistema ETS non è su base nazionale. Quindi il numero da guardare con più attenzione è quello che parla di una riduzione complessiva dei gas a effetto serra, rispetto ai livelli del ’90, del 38 per cento, target attualmente nel PNIEC.
  Solo per un attimo riprendo la parte della slide sui termini di incremento di consumo da fonti energetiche rinnovabili. In particolare in questi istogrammi proviamo a dare qualche maggiore dettaglio. I numeri che ho discusso prima si vedono a sinistra, nelle prime tre colonne colorate in cui le FER totali sono 28 per cento (il colore rosso sta per i numeri SEN), 30 per cento (il colore verde sta per i numeri PNIEC). I trasporti invece sono rubricati in fondo a destra, dove ritroviamo il 22 per cento che abbiamo discusso prima. I due istogrammi centrali, sempre con lo stesso codice colore, danno uno split nelle voci più significative in cui si intende aumentare l'apporto delle FER. In particolare la parte FER c) riguarda i consumi per riscaldamento e raffrescamento, dove l'incremento dal 30 al 33 per cento è decisamente significativo. Invece per quanto riguarda le FER elettriche c'è di fatto un mantenimento intorno al 55 per cento del target.
  Sempre con riferimento alla tabella che abbiamo appena visto do qualche dettaglio in più sull'efficienza energetica. Mi sento di sorvolare sulla relativa slide o comunque di commentarla rapidamente, in quanto ne avete già discusso nell'audizione con GSE. Cito solo la progressività degli istogrammi del blocco di sinistra in quanto si immagina di migliorare il rapporto tra costo ed efficacia degli strumenti impiegati, e questo ci permette di centrare target ambiziosi avendo una traiettoria con una crescita non lineare ma ragionevolmente esponenziale. Circa il breakdown che sta sulla destra è già stato sottolineato, immagino in altre audizioni, ma anche qui è bene riprendere che ci aspettiamo un grosso apporto dal residenziale, il primo blocchetto con 3,3 mega TEP, e invece, per confronto, un apporto molto inferiore dall'industria. Questo è abbastanza fisiologico, se pensiamo al nostro Paese in cui i costi decisamente alti dell'energia hanno già imposto alle industrie, ove possibile, un percorso di efficienza; si intende invece indurre maggiore efficienza negli altri settori, onde centrare il target totale.
  Da qui in poi mi focalizzo un po’ di più sull'elettrificazione. In particolare nella relativa slide è tratteggiata l'elettrificazione dei consumi finali. Per me questa slide è importante e ne sottolineiamo un paio di tratti. Si può vedere che nei trasporti c'è un incremento molto significativo della quota di elettrificazione e un altrettanto aumento significativo è previsto nel settore civile. Sottolineo che l'elettrificazione dei consumi è una delle chiavi tramite le quali centrare gli obiettivi di sostenibilità. Gli strumenti operativi con cui nel PNIEC è tratteggiata la possibilità di raggiungere questi obiettivi sono sulla destra della slide. Sottolineo le pompe di calore elettriche, che sono una quota molto significativa di quello che intendiamo impiegare, e per i trasporti più trasporti su rotaia e, in generale, maggiore elettrificazione dei trasporti.
  Desidero poi ricordare che le grandi quote di rinnovabili, in particolare non programmabili come sole e vento, dovranno essere associate, ipotizziamo dodici gigawatt circa, e accoppiate con sistemi di Pag. 13accumulo distribuiti. Questo per rendere queste fonti energetiche ancora più compatibili rispetto al disegno complessivo del sistema e alla sicurezza del sistema medesimo. Quindi non bastano le nuove FER, bisogna anche aggiungere strumenti di governo per il sistema elettrico.
  Proprio su questa falsariga ci tengo a raffigurarvi alcune attività che come RSE stiamo portando avanti in tema di sistemi di accumulo, usando l'acronimo SdA. Siamo attivi in un gruppo di lavoro congiunto con TERNA, coordinato dal Ministero dello sviluppo economico in modo da valutare i fabbisogni dei sistemi di accumulo allo scenario 2030. Le stime che abbiamo condotto finora portano ai numeri che si possono vedere nel secondo e terzo blocco a sinistra della relativa slide: 4,5 gigawatt di sistemi di accumulo elettrochimico distribuiti, accoppiati tipicamente a fotovoltaico. In questo caso lo scopo principale dell'utente è massimizzare l'autoconsumo, quindi il beneficio. Nell'ultimo blocco è riportato il dato di sei gigawatt dei sistemi di accumulo centralizzati. Abbiamo tratteggiato diverse opzioni, una parla di 1,5 più 4,5 oppure tre gigawatt a batteria e tre gigawatt di pompaggio. Le due sotto-opzioni hanno dimostrato sinora un'equivalenza nei risultati finali.
  Circa le proposte in breve rimarco la necessità di incoraggiare l'utilizzo di sistemi di accumulo distribuiti, quindi direttamente vicino al consumatore finale, favorendone l'aggregazione in modo che possano essere più sfruttabili e di beneficio per l'intero sistema.
  Naturalmente noi siamo un organismo di ricerca, per cui l'ultimo bullet lo dedico volentieri alla necessità di promuovere e ulteriormente spingere la ricerca in questo campo: tecnologie avanzate per i sistemi di accumulo. Tornerò sul tema della tecnologia e della filiera italiana della tecnologia più avanti.
  Il secondo focus lo dedico molto rapidamente alla mobilità elettrica, che per noi è un'altra chiave fondamentale del percorso da qui al 2030. Siamo attivi, in questo caso insieme al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella stima del fabbisogno di infrastrutture di ricarica pubblica. I numeri che abbiamo finora messo a punto parlano di circa trentamila colonnine fast e ottantamila colonnine cosiddette lente. Stiamo supportando il Ministero dello sviluppo economico nelle valutazioni di impatto dei vari decreti, tra cui il decreto V2G (Vehicle to grid) che è in fase di predisposizione. Tra le proposte ricordiamo la necessità di promuovere in generale quello che chiamiamo smart charging, cioè che anche le colonnine domestiche siano tutte completate con sistemi che ne garantiscano il governo da parte di un sistema centrale o di un aggregatore. Nota a margine: come RSE entro il primo quarto del 2020 avremo completato l'elettrificazione della nostra flotta aziendale, sperimentando le politiche di ricarica direttamente in casa nostra.
  Il terzo focus lo dedicherei all'autoconsumo e all’energy community, che sono un altro strumento molto importante proprio nella direzione di avvicinare gli strumenti di produzione da energia rinnovabile all'utente finale. Qui spendo solo un punto per dire che abbiamo aperto dei bandi, ovvero stiamo raccogliendo dei partner per le nostre attività di ricerca in modo da rendere queste attività sempre più realistiche e operative. Tra le proposte: il superamento dello scambio sul posto per i motivi di una non perfetta incentivazione verso l'autoconsumo sincrono e il superamento del prezzo unico nazionale. Naturalmente per un maggiore approfondimento rimando alla documentazione scritta che è molto più ricca di quello che posso illustrarvi sinteticamente in pochi minuti.
  Tutte queste evoluzioni portano alla necessità di ingenti investimenti. Anche su questa slide penso di poter essere molto rapido nel raffigurare l'ultimo numero in basso a destra, che parla di un delta di 185 milioni di euro da qui a un decennio come investimenti aggiuntivi. Questi investimenti aggiuntivi naturalmente sono da immaginare sia per mano pubblica ma, per grandissima maggioranza, in mano a degli investitori.
  Mi avanzano giusto un paio di spunti. Uno è questo. La traiettoria che vedete a Pag. 14sinistra della relativa slide è la stima dell'andamento del prezzo medio delle aste a livello internazionale per fotovoltaico ed eolico onshore. Siamo in dollari a megawattora e un valore intorno a quaranta, o poco sotto, è quello che si immagina per gli anni 2019 e 2020. Quindi tutti gli investimenti fatti in passato – e in alto a destra si può vedere la curva di diminuzione del costo dei pannelli – servono e sono serviti a metterci a disposizione oggi degli strumenti per generare energia elettrica a prezzi competitivi con le fonti fossili. Su questa falsariga un punto critico che vorrei segnalarvi riguarda la necessità che si tenga un contenuto di italianità o comunque di filiera nazionale sugli investimenti in queste tecnologie. Ho preso come esempio i veicoli elettrici, l'auto elettrica. L'istogramma della slide non è di nostra diretta fattura, ma mi piace riportarlo perché fa vedere come in alcune componenti la quota di italianità espressa in percentuale è molto significativa. Pensiamo alle apparecchiature di ricarica piuttosto che alla componentistica. Invece in basso a sinistra ho sottolineato la cosa meno bella: che i sistemi di accumulo, le batterie, di un'auto elettrica, che costituiscono tra il 30 e il 50 per cento del suo valore, sono purtroppo attualmente appannaggio di costruttori che non sempre sono in Italia e non sempre sono in Europa. Motivo per cui serve intercettare queste filiere tecnologiche per creare ulteriore sviluppo nel Paese.
  Illustro la slide che rappresenta le conclusioni. Abbiamo messo in fila sei possibili idee che come RSE ci sentiamo di segnalare come interessanti e di renderci disponibili alle istituzioni per supportare l'attuazione del PNIEC in queste sei possibili direzioni. Ho citato competitività e sicurezza che, insieme alla sostenibilità, che è il PNIEC stesso, sono il cosiddetto trilemma della rivoluzione energetica. Quindi andare verso un mondo sostenibile mantenendo competitività e sicurezza.
  Mi riservo il restante tempo a disposizione giusto per segnalarvi, con la relativa slide che ci proietta al 2050, che sono già attivi dei tavoli di lavoro, e come RSE stiamo supportando anche in questo il Ministero dello sviluppo economico, nello sviluppo di proiezione all'anno 2050. Qui entrano in campo anche nuove tecnologie in maniera disruptiva, come per esempio (molto promettenti) l'idrogeno, tutto quello che è power-to-gas o anche power-to-liquid, fino (in alto a destra) a tecniche per il sequestro attivo della CO2 nell'aria.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questioni o formulare osservazioni.

  GIANLUCA BENAMATI. È stata molto ampia la presentazione, però siamo di fronte alla società del gruppo GSE che si occupa di ricerca, quindi la mia domanda verte su questo tema, non sulla parte più generale della presentazione.
  Il ministro Patuanelli ma anche il PNIEC pongono un accento importante sui sistemi di accumulo che riguarda lo sviluppo dell'idrogeno come lettore naturalmente ma anche come stoccaggio energetico. A fianco di questo ovviamente il tema dell'accumulo, lasciamo perdere l'idraulico che non necessita di un particolare sviluppo di ricerca, oppure alternativo è quello delle batterie meno complementari: da questo punto di vista il PNIEC fa non tanto delle scelte, ma comunque si comincia a orientare il Paese su un tema idrogeno e vorrei sapere la valutazione di RSE su questo e qual è lo stadio invece di ricerca nazionale sul tema delle batterie.

  LUCA SQUERI. Grazie, Presidente. L'ho fatta alla casa madre prima la domanda, la faccio a ora a RSE con più stimolo, perché la relazione è stata molto stimolante, anche se non sempre condivisa nei concetti. La settimana scorsa in Europa è stata votata una risoluzione che porta gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030 dal 40 al 55 per cento, per cui rispetto ai grafici che avete mostrato, rispetto al percorso che traccia il PNIEC – che a mio avviso, ma devo dire che, a fronte delle audizioni svolte, non sono l'unico a pensarla così, nel senso che il PNIEC non è in grado di rispettare gli obiettivi con i parametri che si è dato (elevato consumo di corrente elettrica, tutto Pag. 15incentrato sul fotovoltaico e l'eolico, di fatto marginalizzando la bioenergia, l'idrico e la geotermia) –, con questo cambio degli obiettivi vi chiedo questo PNIEC come deve essere modificato, anche alla luce di uno studio che voi avete fatto. È uscita pochi giorni fa la pubblicazione molto interessante di come la biomassa, in un contesto cogenerativo, potrebbe dare un contributo assolutamente efficace al raggiungimento degli obiettivi.

  DARIO GALLI. A parte la questione dell'idrogeno che non ripeto, però sarebbe estremamente interessante capire, perché potrebbe essere effettivamente una delle strade complessivamente intesa più redditizie, c'è la questione della riduzione della CO2 al 2030 del 50 per cento. Osservo che per scrivere qualcosa sulla carta ci vogliono cinque secondi, ma considerato che in Italia in dieci anni si fa fatica a fare un Piano regolatore, qualcuno mi deve spiegare come possiamo pensare di ridurre il 50 per cento, senza mettere qualcosa di enormemente grande da un punto di vista industriale sul campo.
  La novità della vostra relazione rispetto a tutte le altre presentazioni estremamente interessante è stata l'ultima slide: il discorso di cominciare a fare una politica attiva sulla CO2. Oltre che metterne meno, cominciare a tirarla via. Quindi interessante capire che cosa in questo momento si prospetta come ventaglio di possibilità tecnologiche.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre domande ed essendo terminato il tempo a disposizione per l'audizione, pregherei i rappresentanti di RSE, che ringrazio, di inviare per iscritto le risposte alla segreteria della Commissione che provvederà a metterle a disposizione di tutti i commissari.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti
di Confindustria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Confindustria.
  Saluto il direttore delle politiche industriali, il dottor Andrea Bianchi, che è accompagnato dal dottor Massimo Beccarello, dalla dottoressa Chiara Papaduli e dalla dottoressa Elena Bruni.
  Nel dare la parola al dottor Bianchi, ricordo che l'audizione di oggi è finalizzata esclusivamente ad ottenere elementi istruttori utili per approfondire le tematiche oggetto dell'indagine conoscitiva e ricordo agli auditi che il tempo a disposizione per svolgere la loro relazione è di dieci minuti.

  ANDREA BIANCHI, Direttore politiche industriali di Confindustria. Ringraziamo molto la Presidente e la Commissione per l'invito che ci consente di esprimere delle osservazioni sul PNIEC.
  Il PNIEC è un documento molto complesso e articolato, quindi rimandiamo le osservazioni specifiche a un documento che faremo avere alla Commissione, mentre oggi mi soffermerò sugli aspetti principali.
  In linea generale Confindustria ritiene che la proposta di Piano nazionale integrato per l'energia e il clima rappresenti un documento di fondamentale importanza strategica per il Paese, perché in esso si integrano politica energetica, politica per il clima e la politica per uno sviluppo industriale sostenibile. Gli obiettivi europei di decarbonizzazione obbligano il nostro Paese a una sfida senza precedenti sul piano dell'innovazione, e devono essere resi compatibili con l'altro obiettivo che la Commissione si sta dando, quello di arrestare il processo di deindustrializzazione dell'Europa e di riportare il peso dell'industria al 20 per cento previsto dall’Industrial compact. A nostro parere i due obiettivi vanno tenuti in parallelo.
  Abbiamo stimato che il raggiungimento degli obiettivi previsti dal PNIEC determineranno un volume di investimenti per il nostro Paese, stimabile in oltre 300 miliardi di euro, quindi abbiamo bisogno di uno sforzo collettivo particolarmente forte.
  Per comprendere la rilevanza sul piano industriale del PNIEC è necessario partire Pag. 16da alcuni dati consolidati. L'economia italiana rimane un'economia prevalentemente manifatturiera – siamo il secondo Paese industriale d'Europa-, inoltre in termini di incidenza delle emissioni di CO2 su PIL e di emissioni pro capite la nostra economia risulta tra le più virtuose. Infine il settore manifatturiero italiano, in termini di uso efficiente delle risorse energetiche, è al primo posto in Europa.
  Per quanto riguarda il documento segnaliamo tre criticità di carattere generale. La prima riguarda la necessità di integrare il documento con una più attenta analisi costi/benefici. A nostro parere, visto che lo sforzo è molto ampio, bisogna approfondire gli aspetti di analisi costi/benefici rispetto alle scelte, in particolare sull'impatto che le scelte stesse avranno in termini di sviluppo e di tenuta del sistema industriale. Questa necessità di approfondire l'analisi costi/benefici è particolarmente rilevante anche in relazione alle dichiarazioni della nuova Commissione europea che intende portare gli obiettivi a un livello ancora più sfidante rispetto a quelli che abbiamo: passare dal 40 al 50 per cento. Quindi l'ulteriore sforzo richiederà un'analisi più dettagliata dell'impatto sul nostro sistema produttivo. La seconda osservazione di carattere generale riguarda la necessità di rafforzare il modello di governance, in particolare inserendo anche le Regioni nell'ambito delle cabine di regia per governare il processo. Sappiamo benissimo l'importanza delle Regioni all'interno del nostro assetto istituzionale, in particolare in materia di politica industriale ed energetica, ed è assolutamente necessario coinvolgere il sistema delle Regioni per garantire in particolare la celerità dei processi autorizzativi, che sono un elemento strategico del Piano. Terzo elemento di carattere generale è che noi riteniamo che il Piano debba essere integrato, perché non sufficientemente sviluppato, con il contributo che potrebbe derivare al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione dall'economia circolare. Quindi un approccio di circolarità, rispetto al quale il nostro Paese, tra l'altro, è leader in Europa, potrebbe aiutare al raggiungimento di questi obiettivi. Queste sono le tre obiezioni di carattere generale.
  Vado ad alcuni elementi più puntuali. Rileviamo come Confindustria sia pronta ad accettare la sfida per la decarbonizzazione dell'economia nazionale, in particolare nei settori ETS. Non possiamo comunque esimerci dal ricordare che la sfida deve essere accompagnata da necessari strumenti di difesa per i settori industriali particolarmente esposti alla delocalizzazione, per effetto degli oneri diretti e indiretti che ne conseguono. Anche nel 2030, infatti, si prevede che il principale contributo alla decarbonizzazione venga fornito ai settori ETS, che dovrebbero raggiungere un risultato di meno 43 per cento delle emissioni rispetto al 2005. Andrebbe, a nostro parere, considerata la possibilità di una revisione dell'impianto nella politica di decarbonizzazione, che contempli una ricalibrazione degli sforzi tra settori ETS e settori non ETS. Detto in termini molto chiari, secondo noi andrebbero spostati gli obiettivi sui settori non ETS rispetto ai settori ETS, che già hanno contribuito in maniera molto rilevante al raggiungimento degli obiettivi. Si ritiene, piuttosto che mettere in discussione le quote gratuite dell'ETS, il PNIEC debba introdurre anche in Italia la compensazione dei costi indiretti previsti dall'ETS, già applicata ai principali Paesi manifatturieri. Il tema dei costi indiretti è uno dei principali elementi che contribuisce ad allargare il gap di competitività tra i settori energivori italiani rispetto ai nostri competitori, in particolare tedeschi.
  Per quanto concerne il phase out dal carbone, rispetto al quale non abbiamo obiezioni sugli obiettivi che vengono posti all'interno del PNIEC, però il raggiungimento dell'obiettivo richiede una forte sinergia tra reti elettriche e reti del gas, nonché il coordinamento con le misure previste nel Piano per aumentare l'interconnettività energetica con l'estero.
  Per quanto concerne lo sviluppo delle fonti rinnovabili, Confindustria è pienamente consapevole del ruolo cruciale che esso ha nelle politiche di decarbonizzazione. La realizzazione di questi obiettivi Pag. 17deve essere perseguita con modalità non discriminatorie sia dal punto di vista tecnologico che settoriale, che permettano di estendere al settore industriale la partecipazione di assetti di autoproduzione e di autoconsumo efficienti e rinnovabili, come per esempio lo sviluppo delle local energy community. La crescita delle rinnovabili non può essere, infatti, slegata dalla crescita industriale, e la partecipazione attiva dei consumatori manifatturieri sarà necessaria anche per garantire prezzi competitivi per l'energia. L'evoluzione della capacità delle rinnovabili dovrebbe andare verso la generation parity grid in modo da ridurre la necessità di incentivazione, portando più benefici che oneri sulle bollette dei consumatori. In linea generale risulta necessario definire con chiarezza il percorso di avvicinamento al target 2030 attraverso misure puntuali. Su questo punto si ritiene che, a fronte della mole degli investimenti previsti nel Piano, non siano chiare le coperture economiche e l'allocazione prevista delle risorse. Riteniamo di significativa rilevanza l'intenzione del Governo di ipotizzare uno sviluppo delle FER, supportato da strumenti di mercato come l'adozione di contratti a lungo termine. A nostro parere i contratti a lungo termine potrebbero consentire anche ai nostri settori industriali di contribuire allo sviluppo delle energie rinnovabili, pertanto guardiamo con attenzione all'interesse da parte del Governo di approfondire questo aspetto.
  Unitamente allo sviluppo di nuova capacità rinnovabile si ritiene altresì necessario promuovere iniziative di revamping e repowering in grado di valorizzare siti già oggetto di investimento in passato. Sono in scadenza moltissimi contratti che riguardano eolico e rinnovabili, quindi il tema del revamping e del repowering è assolutamente strategico.
  Infine è particolarmente rilevante l'attuazione dell'analisi di impatto regolatorio nel settore trasporti, per il quale è prevista una penetrazione di fonti rinnovabili del 21,6 per cento. Il piano dovrebbe essere coerente con i livelli medi di ambizione adottati per la mobilità in altri Paesi europei per evitare di compromettere la competitività dell'Italia in Europa. Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione della mobilità, un contributo rilevante potrà essere fornito dal vettore elettrico con il relativo sviluppo delle reti infrastrutturali. Abbiamo presentato qualche settimane fa al Governo un piano sul settore dell’automotive dove si vede con chiarezza la necessità di un fortissimo potenziamento del vettore elettrico all'interno dello sviluppo della mobilità, che nel 2030 dovrà raggiungere circa il 40 per cento delle nuove auto vendute. Abbiamo bisogno quindi dello sviluppo di una rete infrastrutturale che accompagni questo processo.
  Per ciò che concerne il mercato elettrico siamo di fronte a un cambio radicale di paradigma di funzionamento, per cui il PNIEC vi riserva giustamente una trattazione molto rilevante. La nuova struttura del mercato, con l'integrazione degli impianti da fonti rinnovabili nel mercato dell'energia sarà fortemente incentrata su un nuovo modello di generazione distribuita e nuovi attori quali prosumer destinati ad avere un ruolo molto più rilevante. Da questo punto di vista Confindustria sottolinea l'importanza dell'istituto dell'interrompibilità quale forma di demand response come strumento per la sicurezza del sistema.
  In questo complesso quadro di misure l'efficienza energetica dovrà continuare a svolgere un ruolo fondamentale per promuovere e sostenere lo sviluppo di un'economia a bassa intensità di carbonio, favorendo e ottimizzando l'utilizzo di vettori energetici nei diversi settori di consumo. Tuttavia si ritiene necessario superare un approccio che faccia leva su singole applicazioni tecnologiche, ma occorre perseguire uno sforzo sistemico di applicazione combinata di più tecnologie e consentire il raggiungimento dei risultati prefissati. Nonostante l'Italia parta già da un livello di intensità energetica inferiore alla media UE, grazie ai risultati significativi ottenuti soprattutto nel settore industria, permane un potenziale altissimo di risparmio energetico, in particolare nel settore civile, residenziale e terziario. Infatti il patrimonio edilizio è noto per essere energivoro e obsoleto. Pag. 18 A questo proposito andrebbe ricercata una maggiore incisività per la riqualificazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione.
  Per quanto riguarda i meccanismi a supporto dell'efficienza energetica particolare attenzione dovrà essere rivolta alla loro riorganizzazione al fine di assicurarne stabilità e prevedibilità nel tempo. A tal fine è prioritario dare stabilità al meccanismo dei certificati bianchi, che si conferma essere un'esperienza di successo.
  Per quel riguarda infine – e vado alle conclusioni – il mercato del gas si ritiene opportuno che venga delineata una strategia per accrescere la competitività del mercato del gas naturale quale risorsa energetica a basso impatto ambientale e di fondamentale rilevanza per alimentare i processi produttivi industriali. Riteniamo che nella fase di transizione verso un'economia low carbon sia fondamentale declinare le opportunità insite in tutte le fonti energetiche, compresi gli idrocarburi. Infatti lo stesso PNIEC fa espresso riferimento al gas naturale come materia prima che giocherà un ruolo indispensabile per il settore energetico nazionale. La nostra posizione è ormai nota: nella logica di trasformare l'Italia in un hub del gas, si ritiene opportuno, da un lato, completare l'integrazione dei mercati superando le congestioni esistenti e, dall'altro, ampliare le rotte e le fonti di approvvigionamento valutando, ad esempio, le potenzialità insite nelle scoperte dei grandi giacimenti del Mediterraneo.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questioni o formulare osservazioni.

  TULLIO PATASSINI. Una domanda legata al rapporto costi/benefici, quindi alla capacità delle azienda di essere competitive in un momento di cambiamento della fonte di approvvigionamento energetico.
  Visto che il PNIEC ha degli obiettivi più ambiziosi rispetto a quanto richiesto dall'Europa, chiedo se avete fatto delle analisi se allineare il PNIEC agli obiettivi europei potrebbe essere un beneficio per il mondo imprenditoriale italiano in termini di minor costo dell'energia, e se, in alternativa all'attività legata alla fornitura dall'esterno di energia, le local community e l'autoconsumo quanto possano incidere positivamente – chiaramente non per gli energivori ma per gli altri – sull'economicità del sistema industriale italiano.

  GIANLUCA BENAMATI. Ci sono tante cose che vorrei chiedere, ne chiedo però una sola. Adesso si parlava della transizione della FER, del gas, eccetera. Vi chiedo se il PNIEC, per le previsioni che ha – era l'ultima parte dell'intervento del dottor Bianchi –, è sufficiente a garantire la sicurezza energetica del Paese rispetto alla transizione e, nel caso, quali sono gli interventi, sia nel settore gas che in altri settori, che andrebbero comunque messi in campo, non solo da un punto di vista del raggiungimento degli obiettivi di sistema ma proprio della sicurezza del sistema.

  DAVIDE CRIPPA. Una domanda lampo rispetto ai contratti a lungo termine (PPA): quali sono le problematiche e le criticità che Confindustria rileva oggi nel fissare prezzi e tempi di ritorno di alcuni investimenti in campo energetico rinnovabile, quindi quali sono le problematiche che vedete nella stabilità dei contratti e che tempistiche massimo oggi ipotizzate di poter sottoscrivere come imprese per un contratto di energie rinnovabili.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre domande ed essendo terminato il tempo a disposizione per l'audizione, pregherei i rappresentanti di Confindustria, che ringrazio, di trasmettere per iscritto le risposte alla Segreteria della Commissione che provvederà a metterle a disposizione di tutti i commissari. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle Pag. 19prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti della Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Saluto l'ingegner Angelica Catalano e l'ingegner Vincenzo Chieppa, dirigenti della Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche.
  Nel dare la parola all'ingegner Angelica Catalano, ricordo che l'audizione di oggi è finalizzata esclusivamente ad ottenere elementi istruttori utili per approfondire le tematiche oggetto dell'indagine conoscitiva.

  ANGELICA CATALANO, Dirigente della Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. La Direzione generale in questo momento non ha un direttore generale, io sono il dirigente più anziano e insieme all'ingegner Chieppa abbiamo preparato una sintesi delle attività della Direzione generale con un particolare focus sulla situazione degli impianti idroelettrici in Italia, con riferimento alle grandi dighe.
  È definita per legge «grande diga» in Italia uno sbarramento di ritenuta di altezza superiore a quindici metri, che realizza un serbatoio artificiale di volume superiore a un milione di metri cubi. Questo in analogia a quanto accade negli altri Paesi dell'Unione europea.
  Le grandi dighe in Italia sono 532, e sono gestite da concessionari di derivazione di acqua pubblica. In alcuni casi da soggetti gestori dai medesimi incaricati. La vigilanza sulla sicurezza e sulle operazioni di controllo spettanti ai concessionari è riservata allo Stato. Le amministrazioni concedenti sono, dalla fine degli anni Novanta le Regioni e le Province autonome, cui spetta vigilare sugli obblighi di concessione. Quindi siamo in una situazione differente rispetto a quello che accade ad esempio nel regime delle autostrade.
  La Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche del Ministero delle infrastrutture e trasporti è la struttura competente per la vigilanza sulla sicurezza delle grandi dighe sul territorio nazionale ai fini della tutela della pubblica incolumità. La sua costituzione è conseguente al disastro della diga del Gleno in provincia di Bergamo nel 1923. Alla Direzione non sono attribuite funzioni in materia di concessioni né funzioni di stazione appaltante o di soggetto attuatore di interventi. Solo recentemente sono stati attribuiti anche compiti in materia di finanziamento di infrastrutture idriche e di vigilanza sulle opere di derivazione, comprese le condotte forzate. La natura giuridica prevalente dei concessionari e gestori è privata, in particolare per le utilizzazioni idroelettrica e industriale, mentre i concessionari e gestori irrigui sono in prevalenza pubblici. Le grandi dighe ad uso prevalentemente idroelettrico sono 309 su 532, pari al 60 per cento del totale. Il volume degli invasi idroelettrici è complessivamente pari a 4,4 miliardi di metri cubi, su 13,7 miliardi di metri cubi del volume totale dei grandi serbatoi in Italia. Di questi, 3,4 miliardi sono quelli relativi alle opere di regolazione dei grandi laghi naturali subalpini. In termini di capacità di invaso l'uso idroelettrico è pari al 32 per cento sul territorio nazionale, mentre l'utilizzo irriguo della risorsa interessa il 62 per cento. Ovviamente i serbatoi idroelettrici hanno bisogno di meno acqua in quanto per la produzione dell'energia è importante la differenza di quota. Le 532 grandi dighe sono gestite da 131 concessionari. I primi due per numero di dighe gestite sono ENEL Produzione, con 180 dighe e l'Ente autonomo della Sardegna con 33 dighe. 84 concessionari su 131 gestiscono una sola diga. Le grandi dighe ad uso idroelettrico sono in gestione a 28 concessionari, quindi rispetto all'irriguo si nota una minore parzializzazione. Di questi 28 concessionari 12 gestiscono una sola grande diga, 4 concessionari (ENEL, Edison Alteria e A2a) gestiscono in totale 232 dighe. Ovviamente le grandi dighe sono prevalentemente situate sull'arco alpino e nelle zone dell'Appennino di maggiore acclività. Gli impianti di pompaggio in Italia sono 22, la loro dislocazione, anche per questa speciale tipologia Pag. 20di impianti, è prevalentemente al Nord del Paese.
  Le dighe sono impianti che interagiscono con il territorio in modo rilevantissimo sia dal punto di vista idraulico, ad esempio per gli effetti di riduzione delle piene diretti e indiretti – ne abbiamo avuto un esempio molto diretto e riconosciuto durante la tempesta Vaia, nella quale la gestione delle dighe ha consentito la protezione della città di Pordenone – che ambientale e sono opere che difficilmente possono essere dismesse, date le disastrose conseguenze di eventuali incidenti.
  Le norme stabiliscono che le dighe siano costantemente monitorate secondo disposizioni dettate dalla Direzione dighe tramite specifici documenti, nonché sono soggette da parte dei concessionari a manutenzione e a interventi di adeguamento e miglioramento nei confronti dei variati standard tecnici di sicurezza.
  L'attività di vigilanza svolta dalla Direzione dighe è attuata fin dalla progettazione, durante la costruzione degli invasi sperimentali e in esercizio dopo uno speciale collaudo tecnico funzionale fino all'eventuale dismissione. La normativa affida alla Direzione dighe, articolata in una Direzione generale e in sette uffici territoriali, la vigilanza tecnica sulla sicurezza secondo uno speciale regolamento, approvato con un decreto del Presidente della Repubblica.
  In particolare come si esplica questa attività? Vengono svolti due sopralluoghi ispettivi all'anno per ciascuna diga e ovviamente, laddove ci sono lavori di manutenzione straordinaria o di costruzione, altri sopralluoghi; esame semestrale delle asseverazioni sulla sicurezza e delle misure strumentali e di monitoraggio. Ogni diga ha un sistema specifico di controlli. Teniamo e costantemente aggiorniamo una speciale posizione di archivio, dove conserviamo tutte le informazioni; svolgiamo l'attività istruttoria di approvazione tecnica dei progetti; abbiamo il potere per legge di prescrivere limitazioni all'esercizio dell'invaso, quali la chiusura della strada o del ponte, e di attuare interventi di ripristino, di incremento e di adeguamento della sicurezza, in particolare di quella idrologica, idraulica e della sismica. Abbiamo un'attività costante di collaborazione con le autorità di Protezione civile. In sostanza il giudizio sulla sicurezza delle grandi dighe è costantemente e periodicamente aggiornato in conseguenza dei risultati dei monitoraggi svolti dai concessionari, definiti dalla Direzione dighe per ciascuna diga, e in conseguenza delle attività di vigilanza. Laddove si ravvisano carenze sulle condizioni di sicurezza sono prescritte indagini, interventi e limitazione temporanea degli esercizi. L'attività di vigilanza è svolta da un gruppo di 84 tra ingegneri e geologi. In particolare sono 16 i geologi che svolgono l'attività ispettiva per quanto riguarda le condizioni di stabilità delle sponde.
  Rispetto ad altri tipi di infrastrutture la vigilanza tecnica dello Stato è codificata e sistematica da anni. La normativa di settore ha certamente costituito un efficace sistema di vigilanza, che si sovrappone incisivamente a quello dei controlli propri spettanti a ciascun gestore e concessionario di derivazione. Gli esiti di detta attività sistematica, che garantisce il conseguimento di un quadro aggiornato delle condizioni di sicurezza delle dighe, sono stati completati dall'attività di vigilanza che è in via di completamento nel corso del 2019.
  A fronte di un quadro costantemente aggiornato delle condizioni di sicurezza, occorre tuttavia rilevare che un oggettivo problema è costituito dall'elevata età delle opere, con un'età media delle dighe pari a sessantacinque anni. Età media che per le opere idroelettriche e per le dighe a finalità idroelettrica raggiunge i settantaquattro anni di età. Mentre quelle irrigue potabili hanno solo cinquant'anni.
  In relazione all'età delle opere lo stato manutentivo e di utilizzazione della risorsa idrica invasabile è interessato da numerose criticità. L'attività di ricognizione svolta dalla Direzione, con periodicità, è confluita in un provvedimento normativo del 2011 che ha individuato un insieme di 155 dighe che necessitano di interventi di manutenzione straordinaria. Di queste 155, 47 sono quelle idroelettriche. Nell'ambito dell'attività di vigilanza, un'attività di assoluto rilievo per la sicurezza è quella che è stata svolta negli Pag. 21ultimi anni con la finalità della rivalutazione delle condizioni di sicurezza idrologica e idraulica delle dighe, ed è in corso per le rivalutazioni della sicurezza sismica per le dighe in zona 1 e 2. Queste attività sono tutte a carico dei soggetti concessionari.
  La rivalutazione della sicurezza, derivante dal mutato quadro di informazione idrologica disponibile rispetto all'epoca del progetto e dai mutati standard normativi, è stata avviata fin dal 1996. L'attività è pressoché conclusa e sono stati prescritti e attuati numerosi interventi di potenziamento degli scarichi e di incremento della sicurezza.
  I concessionari idroelettrici con grandi dighe ricadenti in zona sismica 1 e 2 hanno avviato il processo di riqualificazione e di verifica della sicurezza sismica. Il concessionario ENEL ha in atto un consistente programma di verifica della sicurezza sismica delle settantadue grandi dighe e delle opere accessorie ricadenti in zona 1 e 2. Il programma è in corso di svolgimento. La Direzione vigila sulla sua esecuzione, svolge il controllo tecnico degli studi e approva in linea tecnica gli interventi di miglioramento e adeguamento delle strutture.
  Importanti lavori di manutenzione straordinaria sono stati eseguiti sul territorio nazionale. Si citano ad esempio: il ripristino e il potenziamento dell'uso idroelettrico della diga di San Giacomo di Fraele in Alta Valtellina; il ripristino della produzione idroelettrica alla diga dell'Ancipa in Sicilia; la riconfigurazione della diga di Beauregard in Valle d'Aosta al fine di mantenere in esercizio l'importante utilizzo idroelettrico del serbatoio. Importanti interventi sono in corso di progettazione o sono nella fase autorizzativa per il miglioramento della sicurezza idraulica: le dighe di Barcis e Ponte Racli in Friuli; Gangheri e Vinchiana in Toscana, per citare alcuni esempi. Sono altresì in corso progettazioni e interventi per la riqualificazione e la sicurezza strutturale, ad esempio alla diga di Pavana in Emilia-Romagna, alla diga di Ambiesta in Friuli o alla diga di Trepidò in Calabria. Allo stato non ci sono dighe idroelettriche in costruzione. Sono in corso importanti lavori di riqualificazione della sicurezza delle dighe di Pagnona in provincia di Lecco e della diga di Melezet in provincia di Cuneo, sulla traversa di Isola Serafini sul fiume Po e alla diga di Zolezzi in Liguria. I progetti in itinere, a vari livelli, riguardano tre traverse fluviali con utilizzo idroelettrico ad acqua fluente.
  In sintesi e in conclusione le criticità che investono il sistema di controllo e gestione delle dighe sono le seguenti: elevata età e, quindi, invecchiamento delle infrastrutture (ricordo che per le strutture idroelettriche abbiamo strutture mediamente di settantacinque anni; abbiamo strutture in esercizio anche di centotrent'anni); difficoltà e impossibilità di poter procedere a dismissioni, dato che le dighe hanno frequentemente mutato in modo irreversibile l'assetto e l'uso del territorio di valle e, contrariamente a quanto accade con altre tipologie di infrastrutture, dismettere una diga non è un'operazione semplice; incertezze nelle norme in materia di concessioni di derivazione per uso idroelettrico, dato che la norma è interessata dal 1999 da numerosi interventi del legislatore, della Corte costituzionale, della Commissione europea con proroghe delle concessioni, modifiche nella disciplina di assegnazione e rinvio a normazione secondaria, che rendono difficoltosa la programmazione di interventi di manutenzione straordinaria, che necessitano di lunghi tempi di progettazione, realizzazione e approvazione. Questo ha come conseguenza un reale o un presunto differimento nell'esecuzione degli interventi di manutenzione. Scarsa attenzione della norma agli aspetti di miglioramento della sicurezza delle opere: abbiamo l'esigenza di coordinamento legislativo tra procedimenti autorizzativi in materia di interventi per l'incremento della sicurezza nelle dighe esistenti e i procedimenti ambientali in relazione alle modifiche di opere esistenti. Abbiamo anche l'esigenza di semplificazione e maggiore realismo dei disposti normativi in materia di gestione dei sedimenti accumulati negli invasi. È in corso di revisione il decreto ministeriale del 2004.

Pag. 22

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questioni o formulare osservazioni.

  GIANLUCA BENAMATI. La relazione è stata ampia – poi la approfondiremo – sullo stato della situazione nel Paese, che è sempre molto interessante ed è importante da un punto di vista della tenuta del sistema idroelettrico, però mi pare di aver colto in misura minore il tema di uno sviluppo dei sistemi di accumulo idraulico e delle loro potenzialità rispetto a quanto è ipotizzato nella SEN e, successivamente, nel PNIEC. Questi sistemi di accumulo, anche dalle frasi che sono arrivate dall'ingegnere, rispetto allo sfruttamento del Nord del Paese dovrebbero avere delle localizzazioni ancora non utilizzate, e vorrei sapere dagli auditi, che sono esperti del settore, qual è lo stato della situazione, quali sono le potenzialità, se si può dare un'indicazione di questo tipo, anche territorialmente, e la credibilità di questa misura.

  TULLIO PATASSINI. Abbiamo sentito quanto è importante il sistema idroelettrico anche per il raggiungimento degli obiettivi del PNIEC in quanto energia pulita, energia riproducibile, energia semplice. È evidente che questa energia è particolarmente localizzata nell'arco alpino, anche se vi sono alcuni invasi nella zona appenninica, che diventano fondamentali per la distribuzione della capacità energetica su tutto il territorio nazionale. In particolare nella mia regione, le Marche, abbiamo la diga del Fiastrone: una di quelle dighe che erano state interessate da una diminuzione della capacità d'invaso a seguito del terremoto del 2016; in questi tre anni sono state fatte tutta una serie di verifiche e di controlli da parte vostra e da parte del concessionario al fine di verificare la tenuta – che c'è stata – e della sicurezza soprattutto delle popolazioni. In questo momento, sia ai fini della capacità energetica dell'invaso e della capacità di riserva di questo sia anche – non trascuriamolo – per fini turistici, questo invaso è ancora molto sotto il livello massimo, quindi vorrei chiedere se è in analisi da parte della vostra Direzione – e questo è il periodo buono, perché siamo a dicembre – il riportare l'invaso ai livelli storici.

  CLAUDIA PORCHIETTO. L'ingegnere ha sottolineato come stiamo parlando di invasi che hanno un'età importante, che quindi richiedono delle manutenzioni significative. Ci chiediamo come l'ingegnere ritiene che si possano gestire due situazioni che si sono venute a verificare negli ultimi tempi: da una parte la necessità di una manutenzione importante e significativa, che però richiede anche, per quanto riguarda i concessionari, una garanzia che la concessione venga reiterata, perché altrimenti manutenzioni che prevedono un impegno di spesa significativo difficilmente potranno essere fatte; contestualmente è entrato in vigore un nuovo processo normativo, per cui occorrerà legiferare anche a livello regionale rispetto al tema delle concessioni, come ritiene il livello centrale di poter continuare a gestire tutto questo. Credo che ci sia un po’ di incongruenza rispetto alla necessità di manutenzione straordinaria e a un sistema normativo che sta mutando in questi ultimi tempi.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di interventi ed essendo esaurito il tempo a disposizione per l'audizione, inviterei i rappresentanti della Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ringrazio, a inviare le risposte per iscritto alla Segreteria della Commissione, che provvederà a metterle a disposizione di tutti i commissari.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10,50.