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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVIII Legislatura

XIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 12 settembre 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gallinella Filippo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EMERGENZA LEGATA ALLA DIFFUSIONE DELLA XYLELLA FASTIDIOSA NELLA REGIONE PUGLIA

Audizione di rappresentanti del Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali (CONAF), dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Bari, dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Lecce e della Federazione regionale degli Ordini dei dottori agronomi e dei dottori forestali della Puglia.
Gallinella Filippo , Presidente ... 3 
Sisti Andrea , presidente del Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali (CONAF) ... 3 
Centonze Rosario , presidente della Federazione regionale degli ordini dei dottori agronomi e dottori forestali della regione Puglia (FODAF) ... 4 
Milillo Oronzo Antonio , direttore della Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF) ... 6 
Volpe Domenico , consulente esperto in olivicoltura per la Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF) ... 7 
Lo Monte Carmelo (LEGA)  ... 7 
Volpe Domenico , consulente esperto in olivicoltura per la Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF) ... 7 
Carreras Giacomo , presidente dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Bari (ODAF Bari) ... 8 
Gallinella Filippo , Presidente ... 10 
L'Abbate Giuseppe (M5S)  ... 10 
Cillis Luciano (M5S)  ... 11 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 11 
Cunial Sara (M5S)  ... 12 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 12 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 12 
Gallinella Filippo , Presidente ... 12 
Liuni Marzio (LEGA)  ... 12 
Gallinella Filippo , Presidente ... 13 
Sisti Andrea , presidente del Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali (CONAF) ... 13 
Centonze Rosario , presidente della Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF) ... 14 
Milillo Oronzo Antonio , direttore della Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF) ... 15 
Volpe Domenico , consulente esperto in olivicoltura per la Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF) ... 15 
Centonze Rosario , presidente della Federazione regionale degli ordini dei dottori agronomi e dottori forestali della regione Puglia (FODAF), nonché presidente dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori ... 16 
Carreras Giacomo , presidente dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Bari ... 16 
Gallinella Filippo , Presidente ... 17 

Allegato 1: documentazione consegnata dalla Federazione regionale degli Ordini dei dottori agronomi e dottori forestali della Puglia, dall'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Bari e dall'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Lecce ... 18 

Allegato 2: documentazione consegnata dall'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Bari ... 23

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FILIPPO GALLINELLA

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti del Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali (CONAF), dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Bari, dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Lecce e della Federazione regionale degli Ordini dei dottori agronomi e dei dottori forestali della Puglia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'emergenza legata alla diffusione della Xylella fastidiosa nella regione Puglia, l'audizione dei rappresentanti del Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali (CONAF), dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Bari, dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Lecce e della Federazione regionale degli Ordini dei dottori agronomi e dei dottori forestali della Puglia.
  Ringrazio gli auditi per aver accolto l'invito della Commissione. Sono presenti: il presidente del Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali (CONAF) Andrea Sisti; Rosario Centonze, presidente della Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF), nonché presidente dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Lecce; Oronzo Antonio Milillo, direttore della Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF); Domenico Volpe, consulente esperto in olivicoltura per la Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF), e Giacomo Carreras, presidente dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Bari.
  Do la parola ai nostri ospiti. A seguire ci saranno gli interventi dei colleghi deputati e le eventuali repliche.

  ANDREA SISTI, presidente del Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali (CONAF). La ringrazio, presidente, dell'opportunità di parlare di un problema che ormai possiamo definire atavico. Anche se la durata di tale problema è ancora all'interno di dieci anni, sottolineo che esso nasconde una scarsa sensibilità rispetto alla pianificazione e alla programmazione del settore agricolo e agroalimentare, che in questi anni ha visto l'applicazione dei diversi regolamenti europei, relativi alla PAC e al PSR, ma una non sufficiente attenzione all'aspetto agronomico e fitopatologico.
  Vorrei fare un'introduzione all'intervento dei miei colleghi che poi tratteranno il tema nello specifico, perché sono radicati nel territorio, conoscono la realtà e anche la soluzione alla gestione di un problema fitopatologico.
  Tale soluzione parte, innanzitutto, da un Piano olivicolo, che noi abbiamo sulla carta da qualche anno, ma non che è un piano che tiene conto della realtà dei territori. Sappiamo benissimo che la produzione di olio d'oliva in Italia è stata ridotta del 40 Pag. 4per cento. Siamo in deficit e importiamo olio di oliva, per poi addirittura rivenderlo. Non riusciamo a soddisfare la nostra esigenza di consumo dell'olio e, soprattutto nel meridione d'Italia e in Puglia – che agli inizi degli anni Duemila è stata l'unica regione che ha costruito impianti nuovi – con l'olivicoltura siamo fermi al 1953.
  Siamo fermi sotto il profilo della vivaistica. Se dobbiamo fare un nuovo impianto, dobbiamo importare le piante dalla Spagna che, a differenza di noi, ha fatto sei Piani olivicoli, portati in deroga alla Commissione europea quando non si potevano impiantare nuovi oliveti, e oggi, con 2 milioni di ettolitri, è il primo produttore nel mondo.
  Se vogliamo riprendere il discorso, cogliendo proprio l'occasione della nuova riforma della PAC, che vedrà l'OCM olivo al centro del Regolamento unico, quindi come facoltativa per ogni Stato membro, è evidente che dobbiamo compiere delle scelte che vadano nella direzione di dare impulso a una nuova olivicoltura, a un nuovo modello nazionale che metta al centro la produzione di questa specialità. Noi decantiamo sempre l'olio, ma ce ne dimentichiamo, invece, quando dobbiamo compiere scelte politiche. Questo è un elemento essenziale, perché se non c'è la cultura dell'olio, la cultura della produzione, che parte dall'olivicoltura, evidentemente non trattiamo il problema.
  Vi dico anche che nella riforma del CREA l'olivicoltura è stata cancellata dalla ricerca; è una sottoelencazione, non è centrale nella formulazione del Piano della ricerca. Questa, purtroppo, è la realtà dei fatti.
  Mi potrei dilungare proprio sull'aspetto dell'olivicoltura che non è entrata mai nei Piani di sviluppo rurale come elemento centrale per fare produzione. Non c'è un adeguamento generale degli impianti di molitura per elevare il livello qualitativo. Per realizzare una produzione moderna, invece, che sia attenta a tutte le produzioni di qualità, con marchi riconosciuti, vanno rispettati determinati standard. In Italia ci siamo fermati a 48 marchi riconosciuti, tra DOP e IGP, che non rappresentano neanche il 5 per cento della produzione nazionale.
  Questi sono dati che potete reperire su qualsiasi documentazione, sia dell'ISMEA, sia del CREA, che a suo tempo fece delle relazioni. Se vogliamo investire in una produzione identitaria, questa deve essere strutturata.
  L'altro aspetto su cui occorre intervenire è quello fitosanitario generale, vale a dire sulla regionalizzazione degli ispettorati fitosanitari, sulla mancanza della dotazione strutturale e anche, soprattutto, di personale per la gestione delle varie fitopatie, che possono andare in quarantena o meno, e di tutto il materiale genetico e vegetale che può essere attaccato dalle diverse fitopatie. Si pone il tema della presenza di questi ispettorati sul territorio. A tal proposito, credo sia ancora aperta una procedura di infrazione a livello europeo contro l'Italia proprio a causa del deficit di personale sull'intero territorio nazionale. Anche su questo occorre fare una riflessione e intervenire urgentemente, perché i territori non sono coperti, nemmeno per prevenire questo tipo di malattie vegetali.
  In altri casi, come quello del cinipide del castagno, è bastata l'importazione di alcune talee per l'innesto a provocare una situazione per cui ancora oggi la castanicoltura italiana è in crisi. Sono fenomeni che vanno controllati e gestiti.
  Adesso lascio la parola ai miei colleghi sull'approfondimento della Xylella. Non ho voluto proprio entrare nel merito di tale problematica perché, non essendo di quella regione, credo sia più opportuno che ne parlino loro.

  ROSARIO CENTONZE, presidente della Federazione regionale degli ordini dei dottori agronomi e dottori forestali della regione Puglia (FODAF), nonché presidente dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Lecce. Vi ringrazio per l'invito. Sono Rosario Centonze, presidente della Federazione regionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia, nonché presidente dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Lecce. Sono divenuto presidente nel settembre 2013 e la Xylella è stata evidenziata nei nostri territori a novembre del 2013 stesso. Sono stato Pag. 5fortunatissimo! Potrei, quindi, essere la vostra memoria storica.
  Vorrei rimarcare soprattutto il fatto che una delle più grosse inefficienze che ci sono state è che si è abbandonato qualsiasi intervento di eradicazione per il batterio, optando, invece, per interventi di contenimento. Sono state fatte benissimo tutte le operazioni di monitoraggio del territorio e si è pensato che, semplicemente spostando sempre più a nord la fascia della zona infetta, si potesse limitare l'avanzata del batterio. È ovvio che così non poteva essere.
  Perché ciò è avvenuto? Innanzitutto perché ci sono dei problemi di tipo amministrativo che hanno portato a questo. Sicuramente c'è un'eterogeneità dei soggetti coinvolti: gli agricoltori, i privati le amministrazioni locali sono tutti soggetti coinvolti nella lotta alla Xylella. Abbiamo avuto anche delle azioni giudiziarie che hanno bloccato qualsiasi tipo di intervento.
  Possiamo anche dire che da parte delle amministrazioni locali c'è stato prevalentemente un approccio burocratico, non di tipo emergenziale. Nell'emergenza norme e procedure devono essere diktat per il territorio: devono essere eseguite e basta. Invece, una delle più grosse colpe è stata proprio la mancanza di un forte piano comunicativo. Questo ha permesso la creazione e la nascita di fake news. Chiunque parlava di questo problema ed era diventato un agronomo. Per noi tecnici rincorrere queste notizie false, come le scie chimiche – non so se avete sentito queste cose, penso siano arrivate a tutti – oppure Alellyx, l'anagramma di Xylella, era effettivamente molto, molto difficile. Tutto ciò non ha fatto altro che screditare la comunità scientifica, che si è trovata da sola. Noi tecnici siamo stati quasi emarginati. Abbiamo dovuto elemosinare la presenza sui tavoli di coordinamento.
  È sotto gli occhi di tutti cosa è accaduto nella regione Puglia: la task force creata dal presidente della regione è miseramente naufragata, non ha prodotto alcun documento o alcun atto fondamentale. Questa mancanza – se mi permettete, da salentino – dello Stato si è sentita in queste situazioni. Io non ho sentito lo Stato accanto a me in questa vera e propria emergenza.
  Più che questo, che appartiene a ciò che ormai si è verificato, voglio rimarcare un altro aspetto. A fronte dell'ultima decisione europea non abbiamo fatto altro che ripetere lo stesso errore, ossia spostare ancora più a nord la linea della zona infetta, includendo territori in cui non è stato rinvenuto alcun focolaio. Si è seguito soltanto un asse geografico dall'Adriatico allo Ionio, invece di operare, come hanno fatto in Francia e in Spagna, in maniera puntiforme, andando a effettuare delle misure di eradicazione. Ancora una volta abbiamo preferito misure passive. Andiamo a contenere il vettore e ad applicare le buone pratiche, ma non effettuiamo interventi forti, come l'eradicazione, laddove è possibile e necessario, che invece la Commissione europea ci richiede.
  Voglio rappresentarvi un altro elemento. La difficoltà di gestire l'emergenza sta anche nel fatto che l'olivo per la provincia di Lecce è un valore identitario. Questo non lo dobbiamo mai dimenticare. Non possiamo mai spostare il problema, che non è Xylella-ulivo, ma Xylella-ulivo-territorio. La soluzione del problema deve necessariamente considerare il territorio- cultura, perché per noi salentini l'ulivo è anche cultura e storia. Tutti questi elementi devono essere tenuti in considerazione.
  Mi soffermo adesso su ciò che abbiamo fatto come ordine dei dottori agronomi di Lecce. In cinque anni non abbiamo assistito ad alcuna programmazione seria; non c'è stata alcuna programmazione. Questo è un problema gravissimo che noi tecnici abbiamo avvertito in modo particolare.
  Nel gennaio di quest'anno abbiamo istituito un laboratorio di pianificazione territoriale, costituito da un gruppo di agronomi – che io ho definito folli, perché sono (e siamo) folli – che intende definire un nuovo modello di lavoro, con approcci di lavoro differenti, che tendano a focalizzare l'attenzione non solo sul batterio. Tutti gli interventi di programmazione non possono prescindere dal territorio; l'uso del territorio è importante; la suscettività del territorio è importante, se vogliamo riprogrammare. Pag. 6
  Noi stiamo guardando oltre quello che può succedere, oltre la Xylella. Vogliamo ricostruire, il nostro territorio e la nostra agricoltura e abbiamo la speranza di farlo. In questo processo possono essere importanti alcuni dati, anche storici. Negli anni Settanta la provincia di Lecce contava 34.000 ettari di vigneto; adesso ne ha meno di 12.000. Quello che è successo con la guerra del vino ha fatto sì che questo patrimonio si depauperasse. Questo, però, può tornare. L'oliveto, in realtà, ha sostituito il vigneto e il tabacco, quando queste colture fondamentali dell'economia salentina sono venute meno.
  Vi fornisco un altro dato significativo. Solo tra il 2012 e il 2013, prima del blocco dell'impianto di nuovi ulivi, ci sono stati, solo in provincia di Lecce, 3.500 nuovi ettari di oliveto: siamo passati da 92.000 a 95.500 ettari di oliveto. La SAU, superficie agricola utilizzata – qualche collega agronomo sa di cosa parlo – è di oltre il 65 per cento. Immaginate che importanza abbia l'ulivo.
  In soli cinque anni, però, dal 2012 al 2017, abbiamo perso un terzo della produzione olivicola: abbiamo perso 900.000 quintali di olive. Immaginate che tracollo da un punto di vista proprio produttivo ed economico.
  Chiedo, infine, alla presidenza di poter consegnare il documento predisposto dalla Federazione regionale degli ordini dei dottori agronomi e dei dottori forestali della Puglia.

  ORONZO ANTONIO MILILLO, direttore della Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF). Ringrazio anch'io tutti voi per l'invito.
  Per quanto riguarda il problema Xylella, vorrei fare un discorso più globale, perché, secondo me, è un errore contestualizzare ulivo-Xylella. Le varie soluzioni che si devono porre per fronteggiare questo grosso problema vanno incastonate in tutta una serie di problematiche più generali che hanno a che fare con l'ambiente, il territorio, l'agricoltura e l'alimentazione.
  Per poter intervenire in Puglia – vi faccio solo qualche piccolo esempio – nel settore agroforestale, in casi estremi, non in tutti i casi, ci vogliono circa 20 tipi di autorizzazioni diverse, che costano parecchio e portano via molto tempo.
  Vorrei ricordare solo alcune di queste autorizzazioni: la valutazione di impatto ambientale, i pareri propedeutici alla VIA del settore ecologia, il parere dell'ente parco, dell'ispettorato, del servizio foreste, del comune, dell'Autorità di bacino, dell'ARPA, del servizio risorse idriche, della sovrintendenza per i beni archeologici, del Ministero dell'ambiente, del Corpo forestale e anche, in alcuni casi, di AGEA. Abbiamo autorizzazioni paesaggistiche, il parere di compatibilità dell'ARPA, il parere dell'acquedotto, il parere delle risorse idriche, della ASL e altro.
  È ovvio che, poiché questi enti non sono coordinati tra di loro, ognuno rende il proprio parere successivamente all'altro e dopo tre anni di richiesta e ottenimento di pareri arriva l'ultimo ente e dice «no» per cui dopo tre anni di lavoro ci si blocca. Per qualunque attività o intervento nel settore dell'olivicoltura, in alcuni casi estremi, come ho già specificato, quale, ad esempio, quello che rappresento qui, dell'area parco-uliveto, un soggetto può essere destinatario di una denuncia per danno ambientale dai Carabinieri forestali per aver omesso uno solo di questi documenti.
  Il clima in cui si lavora non è un clima molto sereno. È giusto che vi siano dei vincoli, che vanno osservati, ma in casi estremi è necessario fare interventi estremi con leggi speciali. Per l'intervento sulla Xylella, che non riguarda solo l'ulivo – sappiamo tutti che a farne le spese non è solo l'ulivo – bisogna varare una legge speciale che ci permetta di agire in tempi rapidi. Diversamente, questi meccanismi daranno sponda a chi vorrà fare un ricorso al TAR e bloccare qualsiasi iniziativa. Ci vogliono, quindi, leggi speciali.
  Aggiungo che i meccanismi per il finanziamento non possono e non devono essere a pioggia, come invece accade; devono essere mirati, basati su progetti ben determinati.
  Occorre, inoltre, un buon coordinamento centralizzato. Noi, come tecnici, siamo disponibili a un confronto, ma è ovvio che – come dicono tutti: nel paese dei ciechi quello con un occhio fa da re – come esperti del settore di solito veniamo messi Pag. 7da parte, per ovvie ragioni. Non siamo spesso invitati.
  Sostanzialmente, se la legge, anche se buona, viene applicata male, crea più danni che benefici. Vi faccio un esempio che riguarda la Puglia. Tutti hanno sbandierato la famosa legge per la tutela degli ulivi monumentali, che è un'ottima legge con cui difendiamo gli ulivi monumentali, però, se il censimento viene fatto dopo, non serve. È chiaro che, se l'ulivo monumentale viene fatto percepire come un peso e non come un'opportunità, la legge non può funzionare. Se io ho un villaggio turistico fiancheggiato da ulivi monumentali non censiti, misteriosamente questi ulivi spariscono, perché non sono censiti e se vengono censiti mi creano un problema. Forse sarebbe stato meglio prima censirli, oppure creare, come proponemmo noi, delle oasi con le quali far capire alla gente che gli ulivi monumentali sono un'opportunità e non un peso. La legge è buona, ma è applicata malissimo.
  Dare aiuti, in questi casi, a vari enti, a pioggia, ha creato più problemi, perché c'era una corsa all'accaparramento di fondi. Noi avanziamo per la Puglia una piccola proposta: gli enti, con riguardo a quell'elenco che vi ho fatto prima di enti e vincoli, tra di loro non si conoscono neanche. Molti di questi enti tra di loro non dialogano. Com'è possibile creare una soluzione congiunta, quando questi enti non si conoscono nemmeno? È necessario un coordinamento centralizzato, è necessario che le persone dialoghino ed è necessario sicuramente non erogare soldi a pioggia.

  DOMENICO VOLPE, consulente esperto in olivicoltura per la Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF). Buonasera a tutti. Parlo a nome della Federazione, ma faccio parte anche dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Bari. Con il collega Giacomo Carreras, presidente dell'ODAF Bari, ho redatto un documento che depositerò come memoria.
  Farei un brevissimo excursus per far presente a tutti che il 33 per cento della superficie olivicola italiana è in Puglia, così come il 48 per cento della produzione di olio extravergine di oliva si trova in Puglia. Per noi, non soltanto come pugliesi, ma anche come italiani, questo rappresenta un elemento veramente importante. Non possiamo continuare a operare con la leggerezza che c'è stata in questo periodo, correndo il rischio che tutto ciò vada perso e soprattutto – mi collego a quello che diceva il collega Centonze – lasciando la possibilità a tanta gente laureata su Google (permettetemi questa espressione) di esprimere pareri che ci consentono solo di perdere del tempo.
  La situazione è diventata drammatica. Se non agiamo in maniera rapida, non è detto che questo possa essere un fenomeno che resti localizzato sul territorio pugliese. Abbiamo al confine la Basilicata, che fa da tramite con la Calabria. Dalla Calabria il batterio può arrivare alla Sicilia. Abbiamo distrutto totalmente il nostro patrimonio...

  CARMELO LO MONTE (Lega). Il ponte non c'è!

  DOMENICO VOLPE, consulente esperto in olivicoltura per la Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF). Il ponte non c'è, ma la sputacchina la portiamo noi anche con le macchine, fra un oleandro e l'altro che troviamo sulle superstrade. È giustissima l'osservazione dell'onorevole Lo Monte, ma è anche giusto far capire a tutti voi che il problema è questo: noi abbiamo il turismo, la gente viene in Puglia con la macchina ed è sufficiente il contatto con un insetto che si trova tra un oleandro e l'altro e abbiamo combinato un bel pasticcio.
  A causa di queste benedette fake news, come si chiamano ultimamente, ossia notizie false, devianti, sbagliate, supposizioni, stiamo continuando a rallentare tutto un percorso; è stato messo in dubbio perfino – permettetemi di dirlo – l'uso di alcuni prodotti fitosanitari autorizzati dall'Unione europea. A tal riguardo mi preme sottolineare che l'Unione europea ha la politica più restrittiva al mondo, per quanto riguarda le autorizzazioni dei presìdi fitosanitari. In Europa, infatti, non si usano tantissimi presìdi fitosanitari che vengono Pag. 8impiegati normalmente in Brasile, negli Stati Uniti, in Cina, in India, in Pakistan. Avere dei timori o degli scetticismi significa semplicemente rallentare il percorso che a norma di legge dovrebbe essere intrapreso, ossia le lavorazioni del terreno, la potatura e i trattamenti con i presìdi fitosanitari autorizzati.
  Si è creato del falso allarmismo anche durante alcune manifestazioni in cui sono intervenuti dei politici, nelle quali si è messo in evidenza che utilizzare i presìdi fitosanitari può uccidere le api. Se determinati presìdi fitosanitari nella fattispecie sono stati autorizzati ed è stato evidenziato sulle etichette che tali prodotti sono in condizione di tutelare gli insetti pronubi, perché dobbiamo inventarci qualcosa che serve soltanto a creare ostracismo e a rallentare tutte le operatività, andando poi ad autorizzare per l'uso in agricoltura biologica di prodotti di cui – ahimè – alcune persone non conoscono in maniera molto chiara il meccanismo di azione (che, invece, per gli operatori del settore è ben chiaro) e che lavorano in maniera indiscriminata, distruggendo cioè tutto ciò che toccano? Si tratta di prodotti che sono stati autorizzati in agricoltura biologica. Rendetevi conto dell'assurda situazione che stiamo vivendo!
  A tutto questo abbiniamo un rallentamento delle operatività. Rallentiamo tutto ciò che si dovrebbe fare, che è previsto ed è stato fatto per altre malattie importantissime in altri territori, come la sharka, e non lo facciamo sull'ulivo. Abbiamo tutelato i pescheti, ma non tuteliamo l'olivicoltura, non considerando che l'olivicoltura dà reddito, perché non parliamo solo ed esclusivamente di un valore monumentale e paesaggistico, creando un danno alla regione e al patrimonio nazionale. È questo l'aspetto che dovremmo prendere in considerazione.

  GIACOMO CARRERAS, presidente dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Bari (ODAF Bari). Egregio presidente e stimatissimi onorevoli, sono Giacomo Carreras, presidente dell'Ordine dei dottori agronomi e forestali della provincia di Bari, consigliere della Federazione, ma anche consulente per una delle più grandi OP olivicole-olearie della Puglia e, penso, anche dell'intera Italia.
  Insieme al collega Volpe, ho preparato un documento, proprio per cercare di compendiare quanto è stato detto finora in maniera inappuntabile dai miei colleghi. Preferirei, dunque, leggere una parte di questo documento.
  Dopo avervi ringraziato di cuore, accolgo con estremo favore il coinvolgimento nel dibattito sulla Xylella della nostra categoria, che molto spesso, come è stato già sottolineato, è stata coinvolta nel vortice della disinformazione e accusata soprattutto di immobilismo, quando invece ha sempre appoggiato tutte le serie istituzioni regionali e locali illuminate dalla scienza.
  Spero, e mi auguro di vero cuore, che questo encomiabile proposito non vada ancora nella direzione di stabilire se ci sia una relazione causale tra l'infezione da Xylella fastidiosa subspecie pauca e il disseccamento rapido. Penso che questo sia dato ormai per assodato. Bisogna mettere in atto, invece, tutte quelle metodiche che garantiscano che l'intervento venga fatto in modo corretto e, direi, anche in maniera chirurgica.
  Suddividerò il mio intervento in due grandi capitoli: uno afferente alla zona cuscinetto e alle restanti aree delle province pugliesi, un altro afferente alla zona infetta. Purtroppo, ormai Brindisi e Lecce sono completamente avviluppate dall'infezione secondo la nuova demarcazione; non sono interessate ancora dall'infezione: parte della provincia di Taranto, molta parte della provincia di Bari e tutta la provincia di Foggia.
  Con riferimento alla zona cuscinetto, evidenzio che occorre assolutamente arrestare l'avanzata dell'infezione affinché essa non dilaghi anche sul nostro territorio operativo. Vorrei riportarvi alcuni dati al fine di rimarcare l'importanza che riveste il mio territorio, che è il cuore pulsante dell'olivicoltura da reddito, in termini di PIL apportati all'intera regione.
  Le province di Bari e Bat presentano oltre 900 frantoi attivi sui circa 4900 dell'intera Puglia, con strutture sociali e private, che lavorano il grosso della produzione olivicola pugliese, arrivando a trasformare Pag. 9 anche 15.000 tonnellate di olive a stagione e, addirittura, raggiungendo, in alcuni casi di eccellenza a livello privatistico, quantitativi dieci volte superiori.
  Nello specifico, le province di Bari e Bat rappresentano, con i loro circa 132.000 ettari, il 12 per cento della superficie agricola utilizzabile olivetata italiana – la SAU di cui parlava il collega Centonze – e il 35 per cento di quella pugliese.
  Per quanto riguarda la produzione, i dati dell'ultima campagna (2017/2018), elaborazioni dell'ISMEA sui dati AGEA indicano addirittura il 59 per cento dell'olio prodotto nella regione e il 28 per cento, con punte di oltre un terzo, di tutto quello italiano.
  La produzione di olio da pressione è stata di oltre 67.000 tonnellate per la provincia di Bari e di oltre 53.000 tonnellate per quella della Bat, per oltre circa 120.000 tonnellate complessive di prodotto, la cui stragrande maggioranza, se non la totalità, risulta essere olio extravergine di oliva di eccellente qualità.
  Proprio per tutelare il nostro patrimonio olivicolo, resta indispensabile mettere in atto le misure agronomiche, nonché fitoiatriche, già egregiamente individuate e atte a contenere la diffusione del batterio tramite i suoi vettori. Al fine di perseguire tale risultato, la prerogativa fondamentale è il rispetto delle tempistiche e la certezza che tali pratiche vengano effettuate in modo quasi chirurgico in tutta l'area delimitata, nella zona cuscinetto, e in una fascia, che si estende al di là di questa, di ulteriori 10 chilometri.
  Per essere sicuri che ciò avvenga potrebbe essere opportuno pensare anche a un supplemento degli adempimenti già previsti dalla condizionalità e dalle buone pratiche agricole, immaginando anche, nel contempo, un lieve incremento del sostegno previsto dalla PAC.
  Il raggiungimento dell'obiettivo è, però, condizionato, in primo luogo, dall'ormai enorme area interessata: si parla di circa 700-750 mila ettari di superficie. Ovviamente, parliamo di superficie complessiva, non solo di superficie olivetata, in quanto in Puglia abbiamo «solamente» – lo dico scherzando – 381 mila ettari di oliveti. In secondo luogo, il raggiungimento dell'obiettivo è condizionato anche dall'ampia frammentazione delle proprietà, spesso intercalate con aree gestite dalle amministrazioni locali.
  A questi fattori si aggiungono residui di lotti fondiari che hanno avuto altre destinazioni e che rimangono in completo stato di abbandono, sia per incuria, sia, anche, per l'oggettiva difficoltà della loro gestione (scarpate, canali), che vanno a condizionare la capillarità necessaria dell'operazione per conseguire il risultato desiderato.
  D'altro canto – mi collego a quanto diceva il dottor Volpe – cum grano salis, è improponibile pensare di poter raggiungere la totale e contemporanea eliminazione dei vettori del batterio, ma è invece perseguibile una sostanziale riduzione della malattia.
  Per fare un'analogia, con le dovute eccezioni del caso, potremmo prendere in considerazione quanto messo in atto contro il virus della vaiolatura delle drupacee, la Sharka, ritenuta la più pericolosa malattia di queste colture, per il quale non si è pensato soltanto al controllo degli afidi – cosa davvero inverosimile – ma ci si è concentrati sulla rapida eliminazione delle piante infette e, quindi, sulla riduzione del potenziale inoculo attraverso provvedimenti tempestivi e, a volte, drastici.
  È ovvio che dal punto di vista pratico estirpare un albero di drupacee non presenta di sovente le difficoltà e tutti i vincoli legati agli aspetti paesaggistico-naturalistici che incombono sugli alberi di olivo, ma questa è l'unica via percorribile al fine di tutelare un patrimonio che consente all'Italia di posizionarsi al secondo posto al mondo sia come produttore, sia come esportatore.
  A tal proposito, la sostituzione degli esemplari espiantati con nuove varietà tolleranti o resistenti alla Xylella fastidiosa, già presenti sul mercato, come la Leccino o la FS-17, o in fase di creazione nelle aree di contenimento e nella buffer zone, consentirebbe la creazione di barriere naturali in grado di ostacolare la diffusione del patogeno. Quest'attitudine è legata al ridotto sviluppo della carica batterica al loro interno, risultata essere notevolmente inferiore Pag. 10 rispetto a quanto riscontrato nelle cultivar suscettibili.
  A ulteriore supporto di quanto detto per altre malattie assimilabili come la citata Sharka (ma forse ancora più calzante è l'esempio del batterio Erwinia amylovora, agente del colpo di fuoco batterico sulle pomacee), non potrà mai esserci la certezza dell'eradicazione del patogeno, ma solo la possibilità di un suo valido controllo attraverso un costante monitoraggio che ne permetta la convivenza in un'olivicoltura da reddito, senza andare oltremodo a inficiare la redditività delle aziende.
  Questi interventi devono necessariamente avere un supporto finanziario da parte dello Stato e dell'Unione europea, così come è accaduto per i fondi stanziati allo scopo di fronteggiare altre emergenze sia fitosanitarie, sia veterinarie, evitando di distrarli da altre dotazioni predisposte per altri scopi.
  Queste misure dovrebbero anche contemplare la possibilità di risarcire le aziende condotte secondo metodi di agricoltura biologica dei premi, che inevitabilmente perderebbero per un impiego in deroga di prodotti fitosanitari, necessari, però, nella contingenza, alla sopravvivenza delle stesse. In questo contesto, vista la discussione in seno alla Conferenza Stato-regioni su come orientare al meglio il budget comunitario, non penso che ci sia migliore destinazione.
  In relazione alla zona infetta, lascio a vostra disposizione il documento che ho sin qui illustrato che, grosso modo, ricalca le considerazioni svolte dal Presidente Centonze.

  PRESIDENTE. Faccio presente che non appena gli auditi consegneranno alla presidenza i documenti ai quali hanno fatto riferimento, essi saranno messi a disposizione di tutti i colleghi.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Ringrazio gli auditi, con i quali condivido pienamente il fatto che la Xylella debba essere – lo sostengo anche da tempo – considerata al pari di ciò che ha rappresentato il metanolo per il vino e la fillossera per la vite, ossia un momento di riscatto per la nostra olivicoltura, per far partire finalmente quel Piano olivicolo che non è mai partito in trent'anni. Ne sono stati annunciati tanti, ma in realtà nessun piano è mai stato avviato. Questa emergenza può essere veramente un'occasione di riscatto, se non ci limitiamo a piangerci addosso e a considerare solo gli aspetti negativi della situazione.
  Anch'io condivido il fatto che l'errore commesso sia stato quello di avanzare con la fascia di contenimento, la fascia cuscinetto. In quel modo è stata praticamente condannata a morte una fascia di territorio, in quanto rientrando essa nella zona infetta, non vi sono più gli obblighi di intervento, peraltro senza che vi fosse la necessità di tale spostamento.
  Osservo, inoltre, che questo è l'ultimo spostamento che si è potuto fare restando ancora nella regione Puglia, in quanto un eventuale successivo spostamento ricadrebbe inevitabilmente già nella regione Basilicata. Siamo proprio arrivati al punto massimo del tacco d'Italia, per cui se andiamo oltre sconfiniamo già di regione.
  Avrei alcune domande da porre agli auditi. L'ultimo decreto così detto Martina sugli interventi, prevede l'obbligatorietà dei quattro trattamenti, che devono essere effettuati due nel periodo maggio-agosto e due nel periodo settembre-dicembre. La domanda che vi pongo è questa: credete sia opportuno fare comunque gli interventi nel periodo settembre-dicembre, quando la sputacchina non c'è già più sugli alberi, essendo anche il periodo di raccolta, o pensate che possa esservi un rischio, considerato che siamo proprio nel periodo di raccolta?
  Inoltre, vorrei chiedervi cosa pensate in merito alla decisione assunta qualche giorno fa dalla regione Puglia in base alla quale lo spostamento della fascia di contenimento ha prodotto l'effetto di inglobare una zona di territorio in cui c'è una produzione vivaistica importante di brassicaceae e di piante da frutto. Ciò ha comportato che adesso diversi vivai non potranno più produrre le piantine, ma saranno costretti a importarle. Poiché in quella zona della Pag. 11Puglia si produce l'80-85 per cento di piantine di brassicaceae, che si vanno a commercializzare in tutta Italia, questo diventa un problema economico non irrilevante. Vorrei avere un vostro parere in merito a questa decisione della regione.
  Inoltre, vorrei chiedervi se è vero che alcuni ordini provinciali hanno partecipato ad alcuni incontri in cui venivano sponsorizzati alcuni metodi di salvataggio che rientravano tra le fake news.

  LUCIANO CILLIS. Ringrazio gli auditi per le informazioni che ci hanno fornito. Volevo porre una domanda riguardante la gestione dei territori al confine con la Puglia, con riferimento, in particolare, allo snodo di Candela che è fondamentale. Chi conosce quel territorio sa che si parla dei territori al confine tra la Campania e la Basilicata. Volevo sapere se vi sia collaborazione da parte vostra con gli enti preposti nelle suddette regioni per prevenire l'eventuale arrivo di questa calamità.
  Per fare un ragionamento in parallelo, osservo che, con riferimento allo Sharka virus, in merito al quale ho sentito parlare di estirpazione delle piante e, quindi, del grave danno economico che ne deriva, sappiamo che spesso un vettore importante per la trasmigrazione della malattia sono proprio le talee importate che non hanno questo controllo. Vorrei sapere quale potrebbe essere un eventuale vettore che potrebbe portare nei nostri territori questa calamità e in che modo potremmo noi confrontarci con gli enti regionali per capire l'efficienza delle metodiche che stanno adottando.

  MARIA CHIARA GADDA. Desidero anch'io ringraziarvi per la chiarezza, ma soprattutto per la nettezza delle vostre osservazioni. In questa Commissione abbiamo avuto modo di audire altri membri della comunità scientifica e mi vorrei soffermare su alcuni temi per chiedervi un vostro parere.
  Nel corso dell'audizione, svolta la scorsa settimana, dei rappresentanti del CREA sono stati citati diversi progetti sul quale il CREA sta lavorando. Vorrei sapere se voi avete notizie all'interno della comunità scientifica di questi studi e che valutazione ne fate, perché da questa audizione è emerso in modo molto chiaro che in alcuni casi non esiste una soluzione alternativa all'eradicamento. Peraltro, credo sia importante affermare tale concetto oggi, in questa Commissione, considerate anche alcune responsabilità che molti partiti hanno avuto in passato nel non dare credito a evidenze scientifiche, ma a dicerie popolari. Su questo non mi soffermo oltre.
  Sempre nell'audizione che abbiamo avuto con il CREA, è stato fatto un riferimento alla direttiva Habitat e ai metodi di contrasto legati alla lotta biologica, quindi legati anche alla difficoltà attuale e alla presenza di organismi antagonisti. Vorrei capire qual è la vostra valutazione in merito a quella direttiva e a questo aspetto specifico.
  Concludo allargando un po’ il tema, sperando possa essere nelle vostre competenze e conoscenze all'interno della comunità scientifica, chiedendovi se avete notizie di altri focolai all'interno dell'Unione europea. A me risulta, infatti, che vi siano dei focolai molto consistenti a Mentone, in Corsica e in altre zone europee, di cui però si parla molto meno.
  Credo che sia importante anche in una Commissione parlamentare citare questi dati e fare chiarezza, perché non ritengo che sia corretto, anche in un'ottica di concorrenza all'interno dell'Unione europea, che i nostri produttori, soprattutto quelli fortemente colpiti da questa situazione, incluso quelli del settore del florovivaismo che è stato citato, siano penalizzati più di altri, in quanto anche in altre regioni europee questo fenomeno è endemico e si è ben lontani dal risolverlo.
  Ringrazio gli auditi anche per aver risposto ad alcune domande che avevo posto in audizioni precedenti in merito a una precisa definizione geografica del fenomeno. Infatti, credo che in questa fase sia importante capire a che livello di diffusione siamo arrivati per poter mettere in atto delle azioni molto più radicali e molto più consistenti, perché potrebbe non essere più interessata soltanto la regione Puglia, ma Pag. 12anche altre regioni. Vi ringrazio davvero tanto per la chiarezza dei vostri interventi.

  SARA CUNIAL. Ringrazio gli auditi. Mi riallaccio alla domanda e all'intervento svolto dalla collega che mi ha preceduto, perché sappiamo che esistono diverse sperimentazioni scientifiche – credo che le conosciate anche voi – che sono state presentate il 13 giugno a Lecce. Spero, a tal proposito, che andremo anche a visitare i campi sperimentali, come ho proposto in una e-mail che ho inviato a tutti i capigruppo qui presenti.
  Queste sperimentazioni hanno dimostrato che, non solo è possibile convivere, come diceva giustamente il dottor Carreras, abbassando l'aggressività del patogeno, ma che, in realtà, è anche possibile contrastarlo e riuscire, attraverso pratiche agroecologiche, a rivitalizzare i suoli, e quindi anche a rivitalizzare completamente le piante.
  Inoltre, nella letteratura scientifica è ormai ribadita e riconosciuta la consequenzialità tra la povertà dei suoli trattati con prodotti chimici e la maggiore vulnerabilità delle piante ai patogeni e, quindi, alle malattie.
  Per quanto riguarda poi gli erbicidi e specificatamente il glifosato, si sa che sono stati osservati molti problemi derivanti dal loro utilizzo smodato, come è accaduto anche nella regione Puglia: una riduzione significativa di macro e micronutrienti riscontrata nei tessuti delle foglie e dei parametri fotosintetici, la sua allitterazione con la disponibilità dei nutrienti della pianta e, quindi, sostanzialmente la devitalizzazione della stessa.
  Come ha detto il dottor Volpe, al di là dell'utilizzo smodato, previsto, peraltro, anche dal decreto Martina, di due sostanze che sono rientrate a piè pari nel predetto decreto, nonostante siano «bannate» dall'Unione europea – mi riferisco all'Imidacloprid e all'Acetamiprid, che sono già neonicotinoidi e mi chiedo, quindi, cosa stiamo aspettando a vietarli – vorrei chiedere se, in generale, siete favorevoli a questo tipo di approccio più sistemico e definitivo e se possiamo considerare di ridurre, anche mediante le buone pratiche, l'aggressività di altri eventuali patogeni che, come è già stato detto, arriveranno. Se continuiamo a perseguire una determinata strada anche con certe pratiche agronomiche errate, credo che non ne usciremo vivi, non solo dall'emergenza causata dalla Xylella, ma anche dalle conseguenze di eventuali futuri altri patogeni.

  FILIPPO GALLINELLA. Do nuovamente la parola all'onorevole Gadda che intende fare un'integrazione al suo intervento.

  MARIA CHIARA GADDA. Faccio un'integrazione che mi pare ovvia dopo aver ascoltato l'intervento della collega del Movimento 5 Stelle che ha appena parlato.
  Credo che in questa Commissione debba essere chiarito che è impensabile che dei decreti adottati al termine del previsto iter parlamentare consentano l'utilizzo di sostanze che sono – cito le parole testuali – «bannate dall'Unione europea». Almeno in questa Commissione parlamentare occorrerebbe cercare di avere un po’ di pudore...
  Sul passato ormai non ritorniamo più, perché ho già ascoltato tre interventi dello stesso Gruppo parlamentare, che sono indice del fatto che evidentemente, al suo interno, vi sono posizioni diverse, le quali credo siano in gran parte responsabili della situazione che abbiamo oggi. Tuttavia, invito – lo dico riferendomi soprattutto al presidente – a richiamare l'evidenza scientifica e soprattutto le procedure parlamentari seguite per l'adozione degli atti ai quali facciamo riferimento. Non si può uscire da questa Commissione con un'affermazione di questo tenore e lasciando il dubbio che questo Parlamento e il Ministero dell'agricoltura abbiano approvato pratiche non consentite all'interno dell'Unione europea!

  PRESIDENTE. Non mi voglio soffermare sulle responsabilità, ma passo la parola all'onorevole Liuni.

  MARZIO LIUNI. Ringrazio gli auditi per i loro interventi. Siamo alla terza audizione di esperti in materia e in tutte e tre le audizioni è stata detta, sostanzialmente, la stessa cosa: che siamo stati lenti, che non abbiamo fatto determinati interventi. È inutile Pag. 13 rivolgersi al dottore per curare la malattia, se poi non seguiamo il suo consiglio.
  Sono passati degli anni, i danni sono enormi, la zona cuscinetto giustamente ormai si sta allargando. Siamo ai confini ormai della regione. Perché questo? Perché non abbiamo fatto le eradicazioni quando dovevamo farle.
  Banalmente – tento di usare sempre degli esempi terra terra, per chi è laureato su Google – se scoppia un incendio, si fa il tagliafuoco proprio per evitare che il fuoco trovi un terreno fertile per continuare ad ardere. Credo che, banalmente, lo stesso accada per l'intervento di eradicazione: non si fa l'eradicazione per divertimento, ma proprio per non dare l'humus alla malattia.
  Questo comporta che continuiamo ad allargare la zona di contenimento. Giustamente il collega intervenuto prima ha osservato che ormai siamo arrivati ai confini della Puglia, ma se non interveniamo e continuiamo a perderci nelle elucubrazioni mentali, come ho detto nell'audizione della scorsa settimana, tra sei mesi ci troveremo a discutere della Campania, della Basilicata, della Calabria. È inutile che continuiamo a svolgere e audizioni se poi da qua usciamo con le idee poco chiare.
  Durante le audizioni (siamo alla terza) tutti gli auditi hanno detto la stessa identica cosa. Non mi interessa andare ora alla ricerca delle responsabilità di quale appartenenza politica dei sindaci, dei presidenti di regione, non me ne importa niente, mi interessa solo il fatto che abbiamo perso tempo per mille motivi e che quindi, considerato che oggi tutti gli agronomi e i tecnici interpellati hanno detto la stessa cosa, è nostro compito creare le condizioni per intervenire in maniera rapidissima.
  Un altro aspetto che mi interessa riguarda, invece, le talee. Secondo voi, nel momento in cui faremo un'eradicazione e dopo un certo periodo (che consiglierete voi), si potrà ripiantumare, da dove è sensato prelevare le talee e quali sono i sistemi per sapere se queste talee sono, per così dire, pure?

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  ANDREA SISTI, presidente del Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali (CONAF). Vorrei soffermarmi, innanzitutto, su una questione, che non è stata oggetto di domande specifiche, ma che è sottesa al tema in discussione. Mi riferisco alla questione del Piano olivicolo e delle tecniche di olivicoltura che dobbiamo mettere in campo per migliorare il nostro patrimonio e realizzare un sistema che funzioni, che ci consenta di gestire gli eventi eccezionali.
  Noi oggi quando parliamo di agricoltura di precisione pensiamo a un drone, a un GPS, a un trattore. Quella non è l'agricoltura di precisione. L'agricoltura di precisione è proprio la corretta gestione agronomica delle diverse fasi che noi abbiamo in azienda. Per avere una gestione corretta della coltura, e, quindi, per avere a mente le diverse fitopatie e tutti i vari problemi gestionali, compreso quello della pressione sistemica che abbiamo e che dobbiamo convertire, quello dell'uso dei pesticidi, per andare verso un'agricoltura più sostenibile di quella attuale, dobbiamo porre in essere l'agricoltura di precisione. L'agricoltura di precisione ci serve a questo.
  Per fare ciò vi posso dire, in base alla mia esperienza ormai venticinquennale, che noi non abbiamo una rete agrometeorologica sull'intero territorio nazionale che rilevi non solo le diverse condizioni meteo, ma anche le condizioni climatiche e microclimatiche, dei nostri territori per poter prevenire certe situazioni o per poterle gestire. Abbiamo capannine collocate a caso per diversi usi, con metodologie completamente differenti e un sistema di questo genere naturalmente non è idoneo a gestire le diverse colture, perché non c'è solo la questione dell'olivo, ma per impiantare nuovi uliveti dobbiamo partire da questo tipo di analisi e da questo tipo di dati. Se non abbiamo a disposizione dei dati, pratichiamo ancora un'agricoltura che non è di precisione; è un'agricoltura che, anche dal punto di vista tecnico, è estemporanea, in un certo senso è basata sulla sensazione.
  Nel prossimo futuro abbiamo necessità di avere non solo la rintracciabilità, ma anche la trasparenza del cibo. Noi, come Pag. 14tecnici, dobbiamo essere in grado di poter dare delle risposte ai consumatori, a chi utilizza il territorio, a chi utilizza quell'ambiente dal punto di vista turistico e agrituristico e anche alle persone che ci vivono, affinché tutti sappiano come si pratica l'agricoltura in quei luoghi. Parlo dell'uso dei pesticidi e non solo. Se non arriviamo a questo tipo di input, non rappresentiamo un'agricoltura moderna, un'agricoltura che può essere esportata come modello.
  Sull'uso delle talee e sul discorso del vivaismo in Italia vi invito a fare una riflessione, anche svolgendo delle audizioni sul tema, sulle modalità con cui prelevare il materiale, sui luoghi dai quali questo proviene e su quelli in cui poi, in base alle provenienze, viene impiantato.
  Il fatto che io possa prelevare del materiale che sta in Toscana e portarlo in Puglia ha degli effetti diversi: magari non ha la Xylella, ma non si adatta a quell'ambiente e, quindi, non ha resistenze specifiche e viceversa. Il problema del materiale genetico e della sua disponibilità e gestione in questi anni... Infatti, noi oggi abbiamo talee che vengono anche dalla Turchia, non solo dalla Spagna e dalla Tunisia, Paesi nei quali sono stati avviati piani sull'olivicoltura molto prima di noi e che hanno materiale genetico.
  Oggi sto facendo un impianto di 400 ettari e non so dove andare a prendere le talee. Dobbiamo programmare questo intervento almeno quattro anni prima per prelevarle in una determinata zona, farle fare e poi occorre aspettare due anni. Voi sapete che per un oliveto occorrono minimo due anni di una talea per poterla impiantare e poi altri quattro anni per aspettare che cominci a produrre. Se un imprenditore deve investire i soldi da oggi a sei anni, se ne va da un'altra parte. Questi sono gli strumenti che oggi abbiamo a disposizione.

  ROSARIO CENTONZE, presidente della Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF), nonché presidente dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Lecce. Io vorrei rispondere in merito all'approccio sistemico. Io sono in agricoltura biologica da quando è nata, sono responsabile di un organismo biologico, regionale peraltro. Naturalmente, se io non conosco l'ambiente in cui opero, come faccio a proporre un approccio sistemico? Io le posso assicurare che noi in Salento già facciamo questo, però noi abbiamo altri problemi. Uno dei fattori limitanti per noi è l'acqua.
  Io posso proporre tutti gli approcci sistemici, ma come faccio a incrementare il contenuto di sostanza organica nel terreno se ci sono 40 gradi e vado a mineralizzarla subito? Come faccio a non approvare una legge che mi consenta l'utilizzo dei fanghi in agricoltura, ad esempio? Come mai tanti decantano questo utilizzo e poi, in realtà, la legge me lo vieta? È quasi impossibile farlo e lo stesso dicasi per le acque reflue, attenzione. Mi riallaccio allo snellimento di tutte le procedure burocratiche eccetera, ma sono a favore dell'approccio sistemico.
  Vengo al decreto Martina. Ci sono delle iniquità nel decreto. Io vi invito soltanto a osservare quello che c'è scritto sull’homepage del sito della regione Puglia sull'emergenza Xylella. Le aziende che praticano agricoltura biologica sono impossibilitate ad assolvere alla cogenza del decreto Martina. Sapete perché? Perché uno solo dei presidi sanitari è stato autorizzato, il Prev-Am, l'estratto di olio di arancio dolce, peraltro in deroga – attenzione: in deroga fino al 31 dicembre 2018 – e per un solo trattamento a fronte dei due obbligatori. E l'altro trattamento con cosa lo faccio? Poi accade che arrivano i carabinieri forestali e mi multano. Inoltre, io non posso partecipare a tutti gli incentivi del PSR della regione Puglia. Ditemi voi cosa devo fare io come azienda agricola e come tecnico, perché se uso un prodotto convenzionale, arriva l'organismo di controllo e mi butta fuori, giustamente.
  Perché dico questo? Di tutti i presìdi sanitari – quelli che posso usare in agricoltura biologica sono le piretrine – solo uno è autorizzato per l'olivo, ma non per la sputacchina. Quindi bisogna fare attenzione quando si scrivono delle norme.
  Aggiungo un'altra osservazione. Come è stato gestito il problema della Xylella in Pag. 15altri Paesi? Con l'eradicazione. Una volta che la Xylella è stata trovata in Puglia, l'Unione europea ne ha preso coscienza e ha detto che bisognava eseguire i controlli. È stata trovata in Francia, a Marsiglia, a Parigi; alle Baleari hanno trovato la subspecie multiplex, quella più pericolosa in assoluto che attacca la vite. Lì hanno distrutto tutto, le piante infette e tutte le piante ospiti nel raggio di cento metri e quel sito per l'Unione europea è indenne.
  Io come vivaista sono bloccato, sono costretto a fare delle analisi molecolari sulle piantine di pomodoro – vi faccio notare che l'analisi costa 25 euro, mentre la piantina di pomodoro costa 15 centesimi – altrimenti non le posso commercializzare. Ecco dove sta l'inefficienza, ecco dove ancora si può intervenire.
  I vivai sono il luogo più protetto in assoluto. Io produco in screen house, con materiale, con seme confettato che mi arriva dall'esterno. Come faccio a prendere la malattia? Il vettore come fa a trasportarla?
  Non è giustificata tutta questa cautela nei confronti di un settore come quello del vivaismo orticolo. In provincia di Lecce ci sono tre o quattro vivai di questo tipo, che danno lavoro a 30-35 famiglie ognuno, e sono fermi, perché non possono più commercializzare pomodoro e naturalmente tutte le altre solanacee. I vivai sono fermi ma non c'è pericolo, perché in tutti i rilievi che sono stati fatti non è stata mai trovata una pianta infetta. In base alla normativa europea, il vivaista deve rispettare alcuni requisiti, tra i quali quello della verifica dell'assenza dell'organismo specificato e del vettore in un raggio di 100 metri attorno al sito, ma il raggio di 100 metri dal sito di produzione, coinvolge anche altre persone, investe interessi di proprietà private altrui. Io già opero in serra, quindi diciamo in un ambiente protetto, ma poi devo anche essere attento a quello che produce il vicino. Questa è una delle iniquità!
  Un'ultima riflessione sui rapporti con la regione. Queste considerazioni non sono di adesso, io le ho già dette naturalmente. Un piano coordinato di informazione, l'istituzione che protegga e che si faccia sentire in maniera forte contro una notizia falsa, tendenziosa, che tende a screditare la comunità scientifica, in Puglia non c'è mai stata. Attenzione a non ripetere questo errore, perché, se ripetiamo questo errore, siamo finiti. Io non ho mai sentito un rappresentante di un'istituzione forte, importante, regionale, difendere il CNR, che ha lavorato, è il primo che si è assunto questo grossissimo onere, anzi sono stati tacciati di aver preso fondi, ma assolutamente non è vero, hanno fatto soltanto il loro lavoro come noi facciamo il nostro.

  ORONZO ANTONIO MILILLO, direttore della Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF). Intervengo in relazione su ciò che è stato detto prima a proposito dei vivai. Occorre ricordarsi solo che la Xylella non è nata in Puglia, è arrivata in Puglia comprando materiale dall'esterno della Puglia e vendendolo. La legge regionale pugliese di cui parlava prima ha vietato la produzione protetta in loco, ma autorizza la commercializzazione, cioè andiamo a prenderla da fuori e la vendiamo qui. È la stessa cosa che ha creato il problema. Condividete? Credo di essere stato abbastanza sintetico.

  DOMENICO VOLPE, consulente esperto in olivicoltura per la Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della regione Puglia (FODAF). Ribadisco un concetto, anche a costo di sembrare ripetitivo, ma credo che la nostra presenza qui oggi serva proprio a questo: non abbiamo tempo da perdere e, se ci soffermiamo a stabilire se sia ancora corretto che due più due fa quattro, allora penso che perdiamo tempo tutti. Con rispetto per tutti, stiamo parlando di scienza.
  Ciò premesso, rispondo velocemente all'onorevole L'Abbate. Noi in teoria possiamo prevedere tutto. È chiaro che tutte le cose non nascono perfette, ma sono perfettibili. Senza fare tanta demagogia, arriviamo al sodo: noi non siamo in grado di stabilire le previsioni del tempo, né oggi né domani. Ci sono dei modelli, che sono previsionali, ma spesso e volentieri sono imprecisi.
  Al di là di questo, provate a immaginare cosa significa lavorare in pieno campo: Pag. 16significa che tante variabili in maniera contestuale arrivano su una determinata coltura, come quella dell'ulivo, di cui ora stiamo parlando. Questo significa che tali variabili vanno a inficiare in maniera chiara e sostanziale lo sviluppo di tutti i patogeni. Di conseguenza, ciò comporta che tante cose che spesso si possono leggere sui libri possono subire delle modifiche naturali e una di queste modifiche naturali è il ciclo dei funghi o il ciclo degli insetti, che si può spostare o allungare.
  Normalmente l'insetto storicamente fa tre o quattro generazioni, ma abbiamo avuto mesi di settembre, ottobre e novembre estremamente caldi che hanno portato all'allungamento delle generazioni. Questa situazione potrà essere perfettibile – nessuno lo mette in discussione – ma lo stato dell'arte impone di prendere in considerazione di dover intervenire anche in periodi che apparentemente possono sembrare un po’ più lunghi e meno utili.
  Con riferimento all'intervento dell'onorevole Cillis, osservo che ormai è stato chiarito e acclarato quale sia il vettore di trasmissione. Il fatto che possa spostarsi da una zona all'altra è sotto ai nostri occhi, perché l'infezione è partita da una piccola parte della provincia di Lecce e adesso si è estesa all'intera provincia di Lecce, alla provincia di Brindisi, sta iniziando a sfiorare alcune zone della provincia di Taranto e è arrivata ai confini con la provincia di Bari. Ciò significa che il vettore si sposta.
  Il vettore si trova spesso e volentieri sulle piante dell'oleandro. Prima scherzavo, ci siamo fatti quello scambio di battute, ma ha permesso già di introdurre il concetto. L'oleandro è una delle siepi maggiormente presenti come bordura stradale, quindi, se la cicalina si trova al di sopra, è chiaro che anche sulla macchina o sull'indumento si sposta da una parte all'altra. Non è una cosa veloce, ma è una cosa probabile. Il vento ha i suoi effetti, questo lo sappiamo. Dunque, non è improbabile, anzi ne stiamo parlando e abbiamo detto all'inizio che una situazione di questo genere potrebbe tranquillamente spostarsi e interessare anche altre regioni. Per questo ribadisco la celerità nel muoverci, la necessità di dover intervenire in maniera quanto più rapida possibile, anche con misure straordinarie.
  Vengo ora alle soluzioni alternative all'eradicamento. Sembra una situazione estrema, però ribadisco anche in questo caso un breve cenno fatto in precedenza sia da me che dal dottor Carreras. Quando c'è stato il problema della Sharka, cioè la vaiolatura delle drupacee, è stato previsto e bisognava farlo. Lì parliamo di un virus, qui parliamo di un batterio. La stessa cosa dicasi per l’Erwinia amylovora, il colpo di fuoco batterico delle pomacee. È un batterio anche quello e anche per quello in alcuni casi sono state prese delle misure straordinarie che prevedevano l'eradicazione. Bisogna agire in maniera simultanea su diversi fronti.
  Per quanto concerne, invece, lo studio del CREA e le metodologie sperimentali, esprimo un mio pensiero personale, che penso sia condiviso dai colleghi. Sicuramente ci sono due strade. La sperimentazione e la ricerca devono continuare. Noi in Italia abbiamo bisogno di sperimentazione e di ricerca e chi la fa deve essere premiato, perché è importante, ma nel contesto e nel frattempo esistono già delle metodiche che ci possono consentire di apportare delle soluzioni. Dunque, ipotizziamo di lavorare su due strade parallele con la stessa finalità, però laddove c'è l'urgenza di intervenire che si intervenga con quello che noi già abbiamo, che l'Unione europea ci ha certificato, che l'EFSA ci dice che si può utilizzare e, quindi, dobbiamo utilizzarlo.

  ROSARIO CENTONZE, presidente della Federazione regionale degli ordini dei dottori agronomi e dottori forestali della regione Puglia (FODAF), nonché presidente dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori. Faccio solo una precisazione sul numero delle piante, perché i numeri sono importanti secondo me. Noi ad aprile 2014 potevamo eradicare 8.000 piante di ulivo, quindi ci è sembrata un'enormità. Adesso, però, naturalmente ce ne sono 7-8 milioni. Fate un po’ voi. Questo è il rapporto.

  GIACOMO CARRERAS, presidente dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori Pag. 17forestali della provincia di Bari. Penso che non mi resti che rispondere all'ultima questione, per quanto riguarda la partecipazione degli ordini a eventuali eventi. Ufficialmente assolutamente no, è ovvio che se un nostro iscritto di sua spontanea volontà o per determinati motivi partecipa a degli incontri e avalla determinate ipotesi ovviamente noi abbiamo anche la possibilità di intervenire con sanzioni disciplinari, consiglio di disciplina e altre misure.
  In relazione al problema sollevato dall'onorevole L'Abbate per quanto riguarda la raccolta, aggiungo un elemento che concerne prettamente la mia area operativa. Quest'anno sfortunatamente non abbiamo una grossa produzione. Quel poco che possiamo fare facciamolo.
  In Puglia esisteva anche un sistema agrometeorologico abbastanza capillare e abbastanza attivo. Ahimè, le stazioni esistono, si sono interrotte le trasmissioni, ma speriamo che la regione riprenda queste trasmissioni interrotte.
  Per quanto riguarda la collaborazione con le istituzioni, da parte nostra, nello specifico l'ordine di Bari insieme all'Università degli studi di Bari Aldo Moro, con il patrocinio della federazione, non solo Puglia, ma anche Calabria e Basilicata, ha creato ed è in via di imminente attivazione un ATS che abbiamo denominato «Sistema ulivo», grazie al quale trasferire tutte le nostre conoscenze, ma soprattutto coordinare e creare una corretta informazione formando anche i nostri colleghi più giovani, i neoiscritti. Infatti, bisogna cogliere la palla al balzo e cercare di rinnovare – mi ricollego alle parole del presidente Sisti – e spostarsi verso un'agricoltura assolutamente moderna e più razionale.

  PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata da Rosario Centonze (vedi allegato 1) e da Giacomo Carreras e Domenico Volpe (vedi allegato 2). Nel ringraziare i nostri auditi, dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.

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ALLEGATO 2

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