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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVIII Legislatura

XIV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 14 luglio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battelli Sergio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI STRUMENTI PER LA PREVENZIONE E LA RIDUZIONE DELLE PROCEDURE DI INFRAZIONE A CARICO DELL'ITALIA

Audizione del Ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani.
Battelli Sergio , Presidente ... 3 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 3 
Battelli Sergio , Presidente ... 14 
Rossini Emanuela (Misto-Min.Ling.)  ... 14 
Battelli Sergio , Presidente ... 15 
Galizia Francesca (M5S)  ... 15 
Battelli Sergio , Presidente ... 15 
Colaninno Matteo (IV)  ... 15 
Battelli Sergio , Presidente ... 16 
De Giorgi Rosalba (Misto)  ... 16 
Battelli Sergio , Presidente ... 16 
Cingolani Roberto , Ministro della transizione ecologica ... 16 
Battelli Sergio , Presidente ... 21

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-MAIE-PSI: Misto-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
SERGIO BATTELLI

  La seduta comincia alle 13.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, a cui do il benvenuto e che ringrazio per aver accolto il nostro invito.
  L'odierna audizione assume un particolare rilievo, poiché sappiamo che ormai da diversi anni l'ambiente è il settore in cui l'Italia presenta il più alto tasso di violazione del diritto dell'Unione europea. Rammento che a riguardo al 9 luglio 2021 le procedure di infrazione aperte in materia di ambientale risultano essere 17 su un totale di 78. La specificità del settore ambientale e le relative competenze disseminate tra i diversi livelli di Governo rendono, peraltro, particolarmente complessa la gestione di questo contenzioso, incidendo anche sul primato negativo che il nostro Paese detiene con riguardo all'esborso di ingenti somme di denaro a titolo di sanzioni.
  Come ricordato in una precedente audizione, oltre ad essere il Paese con più ricorsi alla Corte di giustizia dell'Unione europea e sentenze di condanna, l'Italia è anche il Paese che ha pagato più sanzioni pecuniarie. Infatti, dal 2012 – anno della prima condanna subìta dall'Italia – ad oggi abbiamo versato al bilancio dell'Unione 759 milioni di euro, di cui 152 milioni a titolo di somma forfettaria e ben 607 milioni a titolo di penalità di mora. Dinanzi a questi dati è evidente come l'individuazione di una migliore strategia per la prevenzione dell'insorgere di nuove procedure e la gestione del contenzioso pendente, soprattutto quando esso giunge all'ultimo stadio del procedimento, che comporta pesanti penalità di mora, assume una particolare importanza anche in termini di finanza pubblica.
  Prima di cedere la parola al Ministro per il suo intervento, che sono certo ci offrirà preziosi elementi di riflessione, ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto dei deputati che lo desiderano. In proposito richiamo l'attenzione dei parlamentari collegati da remoto sulla necessità che risultino visibili alla Presidenza soprattutto nel momento in cui svolgono il loro intervento. Chiedo, inoltre, ai gruppi di far pervenire fin d'ora alla Presidenza le richieste di intervento, che invito a limitare a un massimo di cinque minuti per gruppo, dal momento che dobbiamo concludere l'audizione qualche minuto prima delle 15, in modo da consentire al Ministro di partecipare al question time in Assemblea.
  Do subito la parola al Ministro Cingolani. Prego, Ministro.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Presidente, grazie mille. Vi consegneremo un piccolo plico di 11 pagine, in cui le ultime due pagine, pagina 12 e 13, riguardano l'appendice tecnica, dove facciamo il sunto delle varie fasi – precontenzioso, contenzioso, come sono calcolatePag. 4 le somme forfettarie – e la nomenclatura su cui ci siamo basati.
  Nel sommario di quello che vi voglio raccontare oggi trattiamo il settore idrico, il settore rifiuti, la qualità dell'aria, la protezione della natura, il settore industriale, l'inquinamento acustico, la responsabilità ambientale, il settore dell'energia e il settore delle concessioni idroelettriche. Questa è la mappatura. Nel documento troverete una serie di tabelle, che per ovvi motivi non leggerò, che riportano un po' la sintesi più precisa dei numeri, ma cercherò di darvi un quadro il più possibile esaustivo.
  Attualmente l'Italia è interessata da 81 procedure di infrazione, di cui 63 sono per violazione del diritto dell'Unione europea e 18 per mancato recepimento delle direttive. Il settore ambientale è quello che soffre maggiormente di situazioni che non sono conformi alle norme europee, poiché vi sono 16 procedure di infrazione, a cui se ne aggiungono 7 afferenti al settore energia e una relativa al settore del mercato interno, che originariamente era di competenza del Ministero dello sviluppo economico e che adesso, dopo il recente accorpamento della parte energia, rientra nel radar del Ministero della transazione ecologica.
  Nel tempo che ho a disposizione tenterò di fare un'analisi settore per settore.
  Per quanto riguarda il settore idrico, l'Italia è assoggettata a 4 procedimenti di infrazione per il mancato o non adeguato rispetto della direttiva 91/271 per il trattamento delle acque reflue urbane. Dopo vi trasmettiamo tutto e lascio tutto agli atti, ma adesso leggerò alcune parti e improvviso qualche commento.
  I contenziosi sono riconducibili alla violazione degli articoli della direttiva che impongono l'obbligo di dotare tutti gli agglomerati di reti fognarie per le acque reflue urbane – l'articolo 3 –, a cui deve essere garantito un trattamento secondario o equivalente – articolo 4 – e un trattamento superiore al secondario nel caso in cui lo scarico delle acque avvenga in aree sensibili – questo è l'articolo 5 –, prevedendo che la realizzazione di nuovi impianti segua gli stessi criteri. Abbiamo diversi livelli, ma l'errore è sostanzialmente sempre lo stesso. Tali procedure sono oggetto di commissariamento, da ultimo disposto con DPCM l'11 maggio del 2020, in cui è stato nominato il commissario, il professor Maurizio Giugni, che è attualmente in carica.
  A queste procedure se ne è aggiunta di recente una quinta che oggi è in fase di precontenzioso, relativa al monitoraggio della qualità delle acque, alla designazione delle zone vulnerabili ai nitrati e al contenuto dei relativi programmi d'azione.
  La causa di tali procedure è genericamente il deficit infrastrutturale che caratterizza il servizio idrico integrato e in particolare i segmenti di fognatura e depurazione che sembrano essere l'anello più critico. Si tratta di un deficit accumulato negli anni soprattutto in alcuni territori, dove la pianificazione territoriale e delle opere di urbanizzazione primaria conseguenti all'edificazione non è stata coerente e rispettosa delle normative.
  Ciò posto, va detto che il settore idrico si trova oggi in una delicata fase di transizione rispetto alla realizzazione degli obiettivi di integrazione orizzontale e verticale che sono previsti dal codice ambientale. Questi sono obiettivi volti a superare una situazione di frammentazione organizzativa e gestionale che è di vecchia data. In tutte le regioni, infatti, sono stati delimitati gli ATO (ambito territoriale ottimale) e istituiti i relativi enti di governo, gli EGATO (enti di governo dell'ambito territoriale ottimale), che nella maggioranza dei casi sono operativi.
  Con riferimento alla componente gestionale occorre sottolineare l'accentuata frammentarietà che essa ha ereditato dal passato. Mentre, infatti, il processo di integrazione verticale, ovvero la riconduzione delle diverse componenti del servizio idrico a una gestione integrata, risulta in uno stato abbastanza avanzato, l'integrazione orizzontale, ovvero la gestione unica per ambito, non è ancora realizzata. A livello nazionale vi sono in media tre gestori del servizio idrico integrato per ATO.
  Il superamento delle gestioni dirette in economia dei comuni non è stato completato e questa modalità continua a persistere,Pag. 5 sia pure in misura abbastanza ridotta, in quasi tutte le regioni e i comuni di piccole dimensioni. In particolare, queste sono situazioni tipiche per la Sicilia, la Calabria, la Campania e il Molise. Questa situazione si riflette sulla capacità degli ATO e dei gestori di costruire con l'utente finale un rapporto corretto rispetto alle tariffazioni dei servizi offerti e di avere a disposizione le necessarie risorse per pianificare gli investimenti, la manutenzione e nuovi interventi.
  Faccio notare che in questo contesto, in una delle versioni iniziali di quello che è poi diventato il decreto-legge n. 77 del 2021 attualmente in corso di conversione, era prevista una norma specifica la cui finalità era quella di conseguire nei tempi più brevi l'uniformità generale della questione che abbiamo appena menzionato. Tale disposizione è stata, però, espunta dal testo approvato dal Consiglio dei ministri a seguito delle pressanti richieste sia di alcune comunità locali interessate che di parti politiche che le hanno sostenute. Quindi, questa cosa è stata tolta e per adesso questa è la fotografia.
  Le non conformità degli agglomerati di maggiori dimensioni ai requisiti imposti dalla normativa europea relativa alla procedura 2004/2034, di cui si parlerà dopo, si registrano in prevalenza nelle aree meridionali del territorio, dove sono state riscontrate situazioni di inoperatività degli enti di governo ed elevati gradi di frammentazione gestionale con più operatori che insistono in uno stesso ambito – come vedrete qui nel testo, ci sono delle figure dove si vede l'evoluzione colorata nel tempo dove questo problema impatta, seguendo le diverse procedure 2004/2034 e 2009/2034 –, come evidenziato nella figura che vedrete negli atti, che segue il confronto fra le regioni coinvolte nella suddetta procedura e la situazione degli affidamenti del servizio idrico integrato nel corso del tempo.
  Nonostante l'evoluzione positiva nel rilancio degli investimenti che negli ultimi anni ha registrato il comparto del servizio idrico integrato, sono in generale evidenti le differenze significative nelle aree del Centro-nord e nelle aree, da un lato, del Meridione e, dall'altro, delle isole. L'ARERA (Autorità di regolazione per energia, reti e ambienti) considera il water service divide, ovvero la differenza in servizi idrici, come una problematica estremamente importante e strategica per questo settore.
  Se prendiamo in esame i macroindicatori relativi alle perdite di rete, alla qualità dell'acqua erogata, all'efficienza del sistema fognario e allo smaltimento dei fanghi in discarica, notiamo che queste sono sostanzialmente le carenze principali che in qualche maniera impattano su queste procedure.
  Fuori da ciò che vi sto in parte leggendo e in parte commentando, questo è uno dei motivi per cui anche nel Recovery Plan abbiamo previsto una misura estremamente corposa per la mitigazione delle perdite, per esempio, degli acquedotti. Infatti c'è un programma che riguarda 24 mila chilometri di acquedotti che perdono il 50 per cento dell'acqua. Oltre a essere una cosa che di per sé non deve succedere, mai come in questo momento storico per l'umanità sprecare l'acqua in questo modo per perdite è veramente un delitto. Sempre nel PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) abbiamo previsto di fare circa 30 di invasi per raccogliere l'acqua piovana, tenuto conto che l'intero comparto agricolo italiano da solo con un quarto delle precipitazioni annuali potrebbe autoregolarsi. Non dico che riusciremo a essere autonomi, ma creare degli invasi è veramente obbligatorio a questo punto.
  Quindi, ci sono diverse misure – credo che siano un paio di miliardi di euro –, come i programmi di depurazione dell'acqua e di ottimizzazione del fine ciclo di vita dell'acqua, che sono fondamentali.
  Tutte queste cose fanno parte anche di una nostra presa di coscienza nel momento in cui abbiamo elaborato il Piano. La speranza è che queste misure, se poste in atto prima possibile, come stiamo cercando di fare, possano loro diventare motori per la riduzione di queste infrazioni e la loro possibile cancellazione. Ad ogni modo, mi sembra che vi sia stata una grande sensibilità nella costruzione del programma in questa direzione.Pag. 6
  Vado avanti con la relazione che vi consegniamo. In particolare, vi è un dato che dimostra il ritardo infrastrutturale di certe aree del Sud. Infatti, a fronte di un fabbisogno stimato di investimenti in infrastrutture idriche che ammonta a 80 o 90 euro per abitante all'anno, nel 2019 si è registrata una media di 46 euro per abitante, vale a dire la metà. Occorre dire che questo trend è in crescita dal 2012, con un incremento abbastanza importante a due cifre, ovvero il 17 per cento; però è evidente che, nonostante la crescita, non siamo ancora ai livelli attesi per poter garantire la riduzione di questi problemi relativi alle infrazioni. Questo dato nel Mezzogiorno è un po' più basso della media, poiché abbiamo 36 euro contro 46.
  Queste lacune, in un momento in cui la tutela e la gestione sostenibile del bene dell'acqua richiederebbero un assetto di regolazione forte, in grado di affrontare tutte le sfide ambientali che abbiamo davanti, e l'utilizzo di tecnologie che sono necessarie agli operatori idrici per poter ottimizzare la gestione dell'acqua e la costruzione di un'economia circolare intorno all'acqua, vanno al più presto compensate e migliorate in qualche modo e su questo noi dobbiamo lavorare. Il PNRR inizia in questa direzione. Oltre al PNRR, credo che avremo bisogno di un lavoro accurato su queste cose.
  Vediamo quali sono le procedure di infrazione. Questo è il capitolo acqua come presentazione globale. Le procedure di infrazione in materia di acque reflue sono le seguenti. Innanzitutto vi è un'unica procedura già definita con sentenza di condanna, secondo l'articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che è la 2004/2034 – nella relazione ci sono tutte le sigle –, a cui prima si è fatto riferimento. La sentenza di maggio 2018 riguardava in origine 74 agglomerati, distribuiti su sei regioni, che attualmente si sono ridotti a 68 dopo la messa a norma di sei agglomerati. La condanna è conseguenza diretta di un di un inadempimento accertato con una precedente sentenza e si compone di una sanzione forfettaria di 25 milioni che retroagisce dalla data della sentenza di inadempimento, oltre a una penalità di carattere regressivo pari a oltre 30 milioni per ciascun semestre di ritardo. Stiamo parlando di 165 mila euro al giorno, che rappresentano una somma cospicua.
  Ometto di leggere dei passaggi un po' più specifici su questa singola cosa che, se volete, vi dirò dopo, ma ad ogni modo vi lasceremo il documento.
  Una seconda procedura è la 2009/2034, che ad oggi è definita con sentenza di inadempimento, secondo l'articolo 258 del Trattato, e la relativa messa in mora. Questa procedura riguardava in origine 14 agglomerati diversi da quelli considerati nella sentenza citata poc'anzi, che insistono su aree sensibili o su aree con un elevato numero di abitanti. Sette di questi agglomerati sono stati messi a norma tra luglio e dicembre 2020. C'è stata, quindi, un'operazione importante, poiché la metà sono stati recuperati.
  Con riferimento alle procedure citate le amministrazioni centrali hanno attivato misure di carattere sia economico, assegnando risorse, che normativo, con l'attivazione dei poteri sostitutivi attraverso la nomina di commissari straordinari per dare impulso e accelerazione sia alla progettazione che alla realizzazione di tutti gli interventi necessari.
  A partire dal 2012 con tutta una serie di strumenti finanziari e varie delibere, dalle leggi di stabilità eccetera, sono state assegnate risorse importanti di circa 3 miliardi di euro per la copertura finanziaria degli interventi oggetto delle due procedure di infrazione che vi ho appena menzionato. Inoltre, sono state stanziate risorse anche per diversi interventi oggetto delle due restanti procedure, tenendo anche conto delle criticità finanziarie evidenziate dal commissario, afferenti alla necessità di ulteriori risorse a seguito degli approfondimenti progettuali sviluppati e dell'adeguamento dei prezzari.
  Come ricorderete, il professor Giugni è il commissario di tutti questi processi ed è colui che sta seguendo supervisionando tutte queste attività.
  Il PNRR, nell'ambito della Missione 2, Componente 4, nell'investimento 4.4 prevedePag. 7 600 milioni di euro da assegnare agli interventi nel settore fognario depurativo per chiudere i predetti contenziosi comunitari. Speriamo che con questo si riesca a chiudere questo capitolo.
  Per quanto concerne l'esercizio di poteri sostitutivi, esso è stato avviato prima attraverso lo strumento del commissario ad acta; successivamente, per garantire il rafforzamento delle capacità istituzionali e il superamento di questa frammentarietà – ce n'erano troppi nel territorio –, è stato nominato il commissario straordinario unico di Governo con compiti di coordinamento e realizzazione degli interventi sui sistemi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue, funzionali a garantire l'adeguamento nel minor tempo possibile di tutte le sentenze di condanna della Corte di giustizia. Il commissario provvede anche al trasferimento degli impianti realizzati agli enti di governo d'ambito e in loro assenso alla gestione degli impianti per un periodo non superiore a due anni dal collaudo definitivo.
  Vi è una tabella molto dettagliata che non vi leggo, che dice che il commissario esercita la propria azione avvalendosi di Invitalia, per il ruolo centrale di committenza, di Sogesid, per l'assistenza tecnica, legale e amministrativa, di Studiare sviluppo, per il supporto alla gestione e programmazione delle fonti finanziarie, di UTA (Unità tecnica amministrativa) della Presidenza del Consiglio, per le procedure di esproprio. La sede legale è a Roma, mentre le strutture operative locali sono a Palermo, a Catania, a Catanzaro e a Napoli.
  Vi dico questo perché uno dei problemi che è emerso recentemente è che ogni volta che si fa una figura commissariale, se non gli si dà una struttura per operare, di fatto è un individuo che fa tutto da solo. Invece, qui è stata fatta un'operazione dove il supporto è abbastanza forte.
  Ad oggi sono attuati a cura del Commissario 82 interventi per 5 milioni di abitanti equivalenti: 66 in Sicilia per 3,4 milioni di abitanti; 9 in Calabria per 560 mila abitanti – gli abitanti rappresentano il bacino stimato –; 7 interventi in Campania per poco più di un milione di abitanti. Inoltre, sono in attuazione, con riferimento alla procedura 2014/2059, 8 interventi in Basilicata per 120 mila abitanti equivalenti e 6 nel Lazio per 25 mila abitanti equivalenti. Si tratta in totale di 96 interventi per oltre 5,2 milioni di abitanti e il costo stimato complessivo di questi interventi è 2,5 miliardi di euro. Questa è la fotografia relativa all'acqua.
  Possiamo ritenere allo stato che degli 87 interventi ancora in fase di esecuzione 43 saranno completati entro il 2023 secondo il cronoprogramma, 16 entro il 2024, 11 entro il 2025 e i rimanenti 17 entro il 2026, quindi comunque entro il PNRR.
  Spero, almeno relativamente alla parte acqua, di avervi dato le informazioni fondamentali. Troverete a pagina 5 del documento anche le altre procedure di infrazioni in corso che sono un po' più leggere con un'ulteriore tabella che spiega lo stato di avanzamento. Tuttavia, le cose più grosse sono quelle che abbiamo menzionato sinora.
  Passerei al settore dei rifiuti. Per quanto concerne la materia dei rifiuti, ricordo che la proliferazione delle discariche abusive ha avuto nel corso degli anni Settanta, Ottanta e Novanta una crescita assolutamente fuori luogo che, però, si sta avviando a soluzione anche grazie all'impegno profuso dal nostro Paese e all'apporto della Commissione europea.
  Ricordo a tutti quanti che adesso ci stiamo muovendo in una direzione che vorrebbe vedere la soluzione ideale di oltre l'80 per cento di raccolta differenziata, il che dovrebbe consentire a regime, se tutto funziona bene, di avere il 65 per cento di rifiuto riciclato, massimo il 10 per cento in discarica, quindi compatibile con l'idea di far sparire discariche, e il restante 25 per cento – che probabilmente sarà in grande parte frazione umida, ma anche altro – valorizzato sotto forma di compost o di energia di biogas. Questo è il miglior trend indicato al momento a livello internazionale dall'Europa che ha bisogno di una differenziazione sistematica, massiccia e ben distribuita. Anche in questo caso sapete perfettamente che purtroppo l'Italia ha una situazione un po' a macchia di leopardo, Pag. 8con dei gap nella gestione dei rifiuti che vanno affrontati.
  Negli anni Settanta, Ottanta e Novanta, a seguito della continua spinta produttiva, si sono manifestati in modo sempre più evidente i problemi connessi alla sovrautilizzazione delle risorse ambientali e territoriali, analogamente a quanto, in effetti, è successo anche in altre zone europee ed extraeuropee con una grande produzione economico-manifatturiera.
  In questo periodo è inutile negare che si sono sviluppati questi processi di smaltimento irregolare di rifiuti, specialmente dei rifiuti solidi urbani, identificando siti non idonei. Tali rifiuti sono stati ammassati in aree di pianura, oppure sono smaltiti dalle sommità delle colline negli alvei torrentizie, senza alcuna cura per il territorio.
  Oggi è evidente come l'intervento di Unione europea abbia inteso colpire e stimolare il disinquinamento dei territori interessati dalle discariche, che in quel periodo di emergenza sono state attivate senza precondizioni tecniche e di tutela dei territori.
  L'Italia ha avviato nel 1986 il primo censimento delle cave abbandonate e delle discariche abusive, che è stato ripetuto nel 1996, nel 2002, nel 2008 e nel 2016, perché si era compreso che accanto alle questioni delle piogge acide, degli incendi boschivi e delle costruzioni abusive, i boschi, i territori montani e rurali, il paesaggio e il territorio nel suo complesso erano seriamente minacciati dall'eccessivo numero di discariche abusive e di cave abbandonate che erano attivate e gestite in modo assolutamente incontrollato.
  Con i tre censimenti del 1986, del 1996 e del 2002 e con l'indagine sui siti di smaltimento illecito dei rifiuti del 2008 i carabinieri forestali su incarico del Ministero hanno effettuato il monitoraggio delle discariche abusive o incompatibili con l'ambiente. Dei 5 mila siti monitorati 200 sono stati dichiarati non conformi alle direttive 75/442 e 91/689 e, pertanto, sono state avviate le opportune operazioni di bonifica.
  Nel 2017 è stato individuato un commissario straordinario, quale figura specifica di impulso e coordinamento dell'attività, che al 31 marzo del 2021 è stato rinominato dal Governo commissario unico. Si tratta del commissario Vadalà, il quale è incaricato di tutti i contenziosi europei sui siti di discariche.
  Il compito della struttura commissariale è eseguire i lavori di bonifica con i fondi stanziati attraverso la contabilità speciale appositamente attivata per gli 81 siti assegnati, di cui 51 oggi sono bonificati. L'opera di esecuzione dei lavori è attuata unitamente alle azioni poste in essere per assicurare elevati standard di sicurezza e di legittimità della spesa in un settore come quello dei rifiuti particolarmente sensibile a causa delle infiltrazioni della criminalità organizzata.
  Vi è un riquadro che vi lascerò e vi sono alcune note che sono interessanti.
  Sono stati siglati 40 protocolli per il raccordo delle attività con tutti i soggetti istituzionali composti a diverso titolo.
  Per quanto attiene gli aspetti connessi alla sicurezza, è stato definito un protocollo di collaborazione con la procura di Benevento nel 2017 e un protocollo di legalità con il Ministero dell'interno nel 2018 – è sempre la struttura commissariale che opera – per l'attivazione di uffici territoriali di Governo e per le verifiche delle imprese impegnate nei lavori e, sempre nel 2018, un protocollo con la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.
  Per l'esecuzione dei lavori di bonifica con le diverse centrali di committenza sono stati predisposti tre distinti protocolli con il provveditore alle opere pubbliche. Sono state coinvolte numerose entità, quali Sogin, ANAC (Autorità nazionale anticorruzione), Invitalia e Sogesid. Per l'attività di monitoraggio e caratterizzazione dei siti sono stati, inoltre, stipulati protocolli con ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), l'INGV (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), il CNR (Consiglio nazionale delle ricerche), l'Istituto per la ricerca delle acque e così via.
  Infine, vi è una struttura dedicata alla risoluzione dei contenziosi con l'Unione europea per le discariche che si basa su una task force dell'Arma dei carabinieri.Pag. 9
  Sono nuovo in questo settore, ma devo ringraziare la struttura che ha fatto un lavoro assolutamente preciso e dettagliato. Tuttavia, leggere di questo tentativo di creare delle strutture sul territorio eccetera, seppur centralizzando la visione sotto la struttura commissariale, mi ha impressionato, perché non pensavo di trovare una situazione così strutturata e credo che sia un esempio di impegno importante.
  Premesso questo quadro sui rifiuti, le procedure di infrazione che interessano l'Italia sono tre. La prima, la 2005/2077, riguarda un contenzioso aperto sin dal 2003 con riferimento a 200 discariche abusive di rifiuti, che sono quelle trovate dopo la mappatura dei 5 mila siti. Questa procedura è stata definita nel 2014, con una sentenza di condanna pecuniaria che si compone di una sanzione forfettaria da 40 milioni, più un ulteriore sanzione di carattere regressivo calcolata in misura pari al 42,8 milioni per ogni semestre di ritardo, da cui vengono detratti 400 mila euro per ogni discarica di rifiuti pericolosi che viene messa a norma e 200 mila euro per ogni altra discarica.
  Una seconda infrazione – vi leggo solo le linee principali, ma trovate il dettaglio nella relazione – riguarda le discariche di rifiuti preesistenti alla direttiva 1999/31. È stata notificata nel 2019 una sentenza di inadempimento relativa alla procedura 2011/2215, con cui è stata accertata la violazione dell'articolo 14 per 44 siti di discarica, ed è stata imposta l'adozione di misure idonee a rendere conforme a chiudere definitivamente queste 44 discariche. Sono già state chiuse 27 discariche su 44, di cui 24 con certificazione di approvazione della chiusura già acquisita.
  Al commissario unico sono stati affidati quattro siti di discariche, di cui tre in Basilicata e uno in Abruzzo. Anche questi siti, pur non essendo abusivi, ma autorizzati in siti ad hoc prescelti, sono un retaggio di un periodo in cui nelle discariche sono stati accumulati rifiuti solidi urbani non differenziati ma mescolati, con produzioni conseguenti di grande quantità di percolato da smaltire. In questo caso la principale criticità è che queste discariche non sono ancora state chiuse in maniera definitiva. Quindi, c'è ancora produzione di percolato, a volte incontrollato, senza telo di capping che copre il corpo dei rifiuti per proteggere i terreni circostanti, le falde e gli sversamenti dai percolamenti.
  Al pari della procedura 2005/2077 anche questa è diretta conseguenza di un periodo precedente in cui il Paese non era preparato a un corretto smaltimento dei rifiuti. Infatti, i siti non erano idonei o non si era provveduto alla chiusura delle discariche. In quegli anni non veniva effettuata la raccolta differenziata dei rifiuti in modo massiccio come oggi, motivo per cui si è generata una produzione incontrollata di percolato inquinante.
  Le cause di queste due procedure, che risalgono a errori commessi in quei periodi, si rinvengono, nel primo caso (di discarica abusiva), nell'insufficiente applicazione della normativa e nel secondo caso (di discariche preesistenti) per l'incompleta applicazione della normativa, che ha lasciato sul territorio discariche e senza il completamento del loro ciclo di vita, cioè senza chiusura delle stesse.
  In ultimo si osserva che tali criticità oggi non potrebbero più realizzarsi, se non per quelle discariche completamente abusive che sfuggono al controllo pubblico. Al momento questa cosa comunque non sarebbe più possibile, ma resta da sanare quanto abbiamo detto.
  In ogni caso le due infrazioni, benché frutto di retaggi del passato, dimostrano il carattere prioritario di alcune azioni, quali la chiusura del ciclo rifiuti, la realizzazione di impianti adeguati, l'aumento della raccolta differenziata, il riciclo del rifiuto, l'aumento dei procedimenti end of waste, la diminuzione degli imballaggi all'origine dei rifiuti e il non superamento nei Paesi europei delle quote del 10 per cento dei rifiuti indifferenziati da destinare alle discariche.
  La strada che abbiamo indicato, sintetizzata nelle percentuali 65-10-25, è la strada da seguire, sia come standard internazionale, che come obiettivo nazionale. Il vero problema è che ora abbiamo qualcosa che risale a un po' di tempo fa che dobbiamo sanare, chiudere e mettere a posto.Pag. 10
  Non mi dilungo sulla situazione di Roma che potrebbe rappresentare un caso di discussione, ma vorrei condividere una cosa che non troverete scritta in questo documento, ma che vi dico come mia opinione personale. Non provenendo da questo mondo e non essendomi occupato di queste cose in passato, in questo periodo ho dovuto lavorare a stretto fianco delle istituzioni, come la Regione e la Città metropolitana di Roma e francamente credo che una parte consistente dei problemi dei rifiuti dipendano un po' dal fatto che la governance di questi processi è estremamente complessa e, quindi, non dipende da Roma. Secondo me i processi di questa complessità dovrebbero avere un process owner, vale a dire che ci dovrebbe essere una sorta di responsabile unico, perché è un processo talmente complesso che è una catena e se ogni anello della catena ha un pezzo di responsabilità, ma poi si ferma e deve passare il testimone all'anello che viene dopo, basta un niente perché la catena non funzioni e il primo o l'ultimo – chiunque sia – si ritrova con il testimone scivoloso o non funzionante.
  Credo che occorra fare una riflessione proprio su come trattare la filiera del rifiuto, perché ormai è un'economia. Onestamente credo che una riflessione dal punto di vista dell'organizzazione di un processo così complesso meriti una discussione. Non sto dicendo che è colpa di A, B o C, ma che secondo me un processo di questo tipo meriterebbe una riflessione per renderlo forse un po' meno strutturato, però con un responsabile più chiaro o meglio identificato e anche con poteri un po' più forti, perché in questo momento alcune decisioni vanno prese, stante il fatto che si tratta di operazioni che toccano la popolazione.
  Noi dobbiamo arrivare all'obiettivo 65-10-25: sappiamo dove dobbiamo arrivare, sappiamo quanta differenziazione dobbiamo fare – oltre l'80 per cento –, siamo convinti di questa cosa, stiamo investendo, siamo una delle nazioni migliori in Europa in questo settore, dobbiamo recuperare un gap interno territoriale, però c'è un problema di burocrazia-governance-organizzazione che secondo me meriterebbe una riflessione non ideologica.
  Non è il mio mestiere e sono appena arrivato, ma non riuscivo a capire come si potesse pensare di riuscire a incanalare una struttura così complessa. Secondo me, quindi, bisogna avere un responsabile chiaramente identificato.
  Chiudo questa parentesi che forse è anche fuori luogo, ma la volevo mettere sul tavolo come contributo di una persona che in questi mesi ha studiato queste cose e ne è rimasto un po' perplesso. Ne parlerò anche con i colleghi, però secondo me è un tema che meriterebbe una riflessione.
  Vado al terzo punto relativo alla qualità dell'aria. Per quanto riguarda le procedure d'infrazione riferite alla qualità dell'aria, si evidenzia che il 4 giugno 2019 a Torino è stato sottoscritto, nell'ambito del Clean Air Dialogue avviato con la Commissione europea, un protocollo d'intesa tra la Presidenza del Consiglio, sei ministeri, le regioni e le province autonome. Tale protocollo ha previsto l'adozione di un piano di azione per 24 mesi con un impegno di 400 milioni di euro all'anno. Tale documento, alla cui proroga stanno lavorando attualmente le amministrazioni interessate, contiene una serie di misure per il miglioramento della qualità dell'aria su alcuni ambiti di intervento importanti, relativi ai settori che sono principalmente responsabili dei climalteranti. Questo prevede la definizione del Fondo per il finanziamento del Programma nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico, il disincentivo all'acquisto di veicoli ad alte emissioni inquinanti, la riduzione delle emissioni inquinanti derivanti degli impianti termici alimentati a biomassa, nonché le limitazioni all'utilizzo degli impianti di riscaldamento alimentati a gasolio e una riduzione delle emissioni inquinanti che derivano dalla chiusura o dalla trasformazione di impianti termoelettrici alimentati a carbone.
  Tutto quello che vi ho letto è il normale dephasing del fossil fuel, il miglioramento della mobilità e il miglioramento dell'inquinamento dovuto alla residenzialità ed è tutto perfettamente in regola e in linea con l'Europa.Pag. 11
  Quello che sto per dire non lo troverete nel documento che vi lascio, ma è una nota che aggiungo a voce. Molte delle nostre misure sul Recovery Fund hanno l'obiettivo di un miglioramento della qualità dell'aria. In particolare gli interventi di risanamento del bacino del Po – un'operazione colossale che interesserà quattro o cinque regioni – per rendere energeticamente autonome e clean le aziende agricole che in quella zona della Pianura padana hanno un ruolo fondamentale. Inoltre vi sono la riforestazione e i grandi interventi sulla mobilità. Infatti, andremo a sostituire 5 mila autobus euro 0 super-inquinanti, che da soli rappresentano il 70 per cento dell'inquinamento degli autobus del trasporto pubblico. Vi sono inoltre le misure che svilupperemo, e stiamo già sviluppando, per la mobilità per togliere i veicoli euro 0, euro 1 ed euro 2 e quantomeno sostituirli, non dico con veicoli elettrici, ma quanto meno con veicoli euro 6, che abbattono di molto il potere inquinante. Sono tutte misure che si aggiungono al Fondo e che devono andare in qualche modo in tutto il Paese a ridurre considerevolmente le polveri sottili, i climalteranti e tutte le altre fonti di inquinamento che vengono dalla mobilità, dal riscaldamento eccetera.
  Anche sul riscaldamento ci sono delle misure, incluso – al di là delle percentuali su cui possiamo avere idee leggermente diverse – il superbonus. Con il superbonus noi facciamo un grande investimento sull'efficientamento energetico e l'energia dovuta alla residenzialità fa il 24 per cento della CO2. Infatti, alla fine i numeri sono sempre quelli: la manifattura fa il 30 per cento, il riscaldamento delle case e delle abitazioni fa il 24 per cento, il trasporto e la mobilità fa il 24 per cento e c'è un 20 per cento misto tra agricoltura e filiere varie. Quello che vi ho detto non fa 100, ma questi sono i quattro grandi produttori di gas climalteranti e qualunque strategia che vada in questa direzione deve toccare questi quattro oggetti e anche i 400 milioni del fondo del Piano di azione toccano le stesse cose. A mio parere l'importante è che nei prossimi anni riusciamo a far confluire tutto lungo le stesse direttive.
  Per certi versi, essendo uno sforzo europeo continentale, il PNRR ha delineato certe linee di intervento che non sono solo nostre, ma sono europee. Per questo motivo penso che in futuro anche le linee nazionali andranno a collaborare in qualche maniera su queste grandi linee identificate. Credo sia una sinergia auspicabile.
  Torno a leggere, perché questa era di nuovo una mia considerazione.
  Quali sono le procedure esistenti in materia di aria? La prima è la 2014/2147 che riguarda il superamento dei valori limite applicabili alle concentrazioni di PM10 – le particelle sotto i 10 micron di dimensione –, calcolato sul valore limite giornaliero o annuale a seconda delle zone, nonché la mancata adozione a partire dall'11 giugno 2010 di misure appropriate per garantire il rispetto di tali valori.
  Avete sentito decine di volte che in certe città, soprattutto al Nord, si superavano i limiti del PM10 in certe giornate e si chiudeva il traffico. Questo non dovrebbe avvenire, ma dovremmo essere in grado di prevenirlo in modo diverso.
  Questa problematica riguarda la Pianura padana che, come sapete, è oggetto di particolare attenzione e coinvolge direttamente l'azione delle regioni. Si tratta dell'unica procedura relativa alla qualità dell'aria definita con sentenza di inadempimento, in esecuzione della quale, oltre alle informazioni dettagliate già fornite alla Commissione lo scorso marzo, dovranno essere sottoposte all'esame della Commissione stessa le misure e il cronoprogramma degli ulteriori interventi strutturali e programmatici a livello regionale e nazionale per conseguire il rispetto dei valori limite giornalieri e annuali prefissati dalla direttiva 2008/50.
  Anche durante la scrittura il PNRR ci sono stati contatti molto intensi con le regioni interessate, perché questo è un problema serio, essendo un'infrazione costosa.
  Sulla procedura 2015/2043 è invece pendente il ricorso alla Corte di giustizia in ordine al superamento del valore limite annuale fissato dalla direttiva per le concentrazioni di biossido di azoto NO2, proveniente dalla combustione interna di particolariPag. 12 motori. In diverse aree del territorio nazionale le concentrazioni sono piuttosto elevate. A questo riguardo si è proceduto al deposito del controricorso, corredato dei pertinenti documenti regionali, al fine di dimostrare che l'azione dell'Italia in tema di qualità dell'aria è in grado di informarsi alle prescrizioni comunitarie, nel rispetto dell'equilibrio di tutti gli interessi coinvolti. Vediamo quale sarà la risposta.
  La terza procedura, la 2020/2299, riguarda attualmente una nota di messa in mora per cattiva applicazione della direttiva 2008/50 relativa ai valori limite di PM2,5 che sono le particelle di 2,5 micron, le polveri più sottili che hanno un impatto epidemiologico più pestilenziale.
  La messa in mora è stata riscontrata illustrando le misure poste in essere a livello nazionale e regionale che, unitamente alle altre iniziative, hanno contribuito a definire un trend di concentrazioni di PM2,5 in consistente diminuzione. Questa sembra essere una buona indicazione.
  Infine, l'Italia è interessata dalla procedura 2020/2220 con una messa in mora per la mancata presentazione del Programma nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico di cui alla direttiva 2016/2284, la direttiva NEC, concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici. Ad oggi sono stati forniti dettagliati elementi di riscontro che dovrebbero superare i rilievi sollevati. Questa interlocuzione è andata avanti ed è stato presentato il materiale.
  Questi erano i pacchetti di infrazioni rilevanti, poi abbiamo un paio di pagine sulla protezione della natura, sul settore industriale, sull'inquinamento acustico, sulla responsabilità ambientale, sul settore energetico e sulle concessioni idroelettriche che sono riassunte in maniera più rapida.
  Sulla protezione della natura abbiamo una messa in mora complementare per la mancata designazione di zone speciali di conservazione e la mancata adozione delle misure di conservazione previste dalla direttiva Habitat.
  A fronte di questa lettera sono stati inviate alla Commissione informazioni dettagliate circa i progressi conseguiti tanto nella designazione delle zone speciali di conservazione, quanto al lavoro che è stato avviato dal Ministero con le regioni e le province per superare le criticità. Attualmente sono 83 le zone speciali di conservazione designate, su un totale di 97 da designare. Credo di poter dire con un relativo margine di sicurezza che questa cosa è ben avviata. Dei restanti siti – quindi 97 meno 83 sono 14 – solamente sei sono oggetto di procedura di infrazione. Penso che la metteremo a posto.
  Settore industriale. La procedura 2013/2177, in fase di parere motivato, riguarda lo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto. Qui credo che sia inutile che vi legga la storia, perché sapete tutti quanto è complessa l'operazione; però adesso permettetemi una nota che non troverete in questo testo. A di là di tutte le sentenze, che hanno espletato un certo lungo percorso, l'auspicio è che si ponga in atto un cambiamento profondo nei processi produttivi dei settori hard to abate, sui quali noi abbiamo previsto sin dall'inizio nel Recovery Plan un forte investimento. Non c'è solo acciaieria: c'è il cemento, ci sono le piastrelle, c'è il tessile, c'è il cartario. Qui bisogna dare una sterzata sul fatto che una parte di settori difficili da abbattere funziona ancora con grandi fornaci, grandi sistemi di riscaldamento a carbone, che vanno in phase out rapidamente. In alcuni casi transitoriamente si può passare al gas, che comunque fa il 30 per cento in meno di CO2; ma poi è destino andare verso qualcosa che sia un vettore pulito: idrogeno o quello che sarà. E bisogna fare in fretta.
  C'è un miliardo per l'elettrificazione delle fornaci principali che è previsto nel PNRR già approvato. Ci sono poi i fondi del MISE (Ministero dello sviluppo economico). Qui, se mi permettete, con un po' di orgoglio, direi che noi dovremmo puntare a fare un'acciaieria che diventi l'acciaieria verde più grande d'Europa, prendendoci la responsabilità di cambiare un modello produttivo – quindi di passare alla DRI (Direct Reduced Iron), che è la riduzione del residuo ferroso – e aprire una filiera che va con fornaci elettriche, che per questo vanno Pag. 13con la DRI, non con i residui ferrosi standard. Ovviamente però dobbiamo essere consapevoli che questi prodotti costano di più, perché la loro manifattura e i vettori energetici con cui si alimentano questi sistemi sono più costosi.
  Oggi se fate due conti vedete quanto costa il nostro gas rispetto a quello dei produttori concorrenti in Iran o in Cina. È chiaro che quello è un costo che va studiato in termini di fiscalizzazione. Se andremo all'idrogeno lo sarà ancora di più. Il punto è: noi facciamo il nostro dovere creando la più grande acciaieria verde d'Europa; poi ci sarà un problema di geopolitica e un problema di discussione con la Commissione europea, perché bisognerà defiscalizzare in maniera opportuna il gas, o quello che è, e anche a livello internazionale capire che comunque noi faremo un acciaio verde. Però attenzione: non sarà mai competitivo come prezzo rispetto a quello prodotto in altri Paesi (Iran, Cina).
  Allora è chiaro che poi la manifattura europea in qualche maniera deve anche darci una mano, perché se poi l'automotive europea va a comprare l'acciaio in Iran perché costa di meno, allora oltre al danno avremo anche la beffa. Insieme ai cugini francesi e tedeschi prevalentemente, dobbiamo far sentire la nostra voce in Europa. Se non faremo il border adjustment – di cui si parla ma sembra un'operazione difficile – dovremo trovare delle contromisure per fare in modo che venga valorizzato il prodotto verde, che non sia scaricato o in bolletta o sul conto dell'acquirente; anche perché l'acquirente a quel punto la macchina non se la compra. Secondo me tecnicamente abbiamo abbastanza capito in che direzione andare. Ovviamente a Taranto occorre pensare prima di tutto alla salute, però anche ai posti di lavoro; e credo che la direzione sia quella corretta. Però non basta questo. C'è un equilibrio geopolitico a livello sia europeo sia internazionale di cui ci dovremmo occupare. È molto più complesso dell'infrazione per sé, però a mio parere l'importante è sapere dove si vuole arrivare.
  Queste cose che vi ho detto adesso non sono sul testo; è una mia considerazione che viene dal fatto che stiamo lavorando su questo problema. Se ne è tenuto conto anche nel Recovery Plan sin dall'inizio, più o meno identificando che la direzione non poteva che essere l'elettrificazione, verso l'elettrificazione verde, che comunque sarà un processo lungo e faticoso.
  Rapidissimamente, ne ho ancora due o tre brevissime. Inquinamento acustico. Un parere motivato, procedura 2013/2022, attiene alla non corretta attuazione della direttiva 2002/49 sulla determinazione e gestione del rumore ambientale con riferimento alle mappe acustiche strategiche. Se ho capito bene, è stata depositata della documentazione che fa vedere se le mappe ci sono o sono in fase di realizzazione. Io non sapevo che ci fossero le mappe acustiche strategiche. Rispetto alla responsabilità ambientale c'è una procedura, 2020/2111, e una messa in mora con le possibili restrizioni all'accesso alla giustizia derivanti da un non corretto recepimento della direttiva 2004/35, che regola la responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale.
  In risposta a questa messa in mora sono stati forniti elementi molto dettagliati alla Commissione. Questa è una fase abbastanza di primo livello e probabilmente non si trasformerà nemmeno in infrazione.
  Settore dell'energia. Abbiamo una serie di sentenze di inadempimento per il mancato recepimento della direttiva 1359 Euratom, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione a radiazioni ionizzanti. E poi abbiamo una serie di note di messa in mora, che sono degli avvertimenti. Sono sei e riguardano: il mercato interno dell'energia elettrica, la prestazione energetica dell'edilizia, il programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, l'approvvigionamento del gas... Comunque sono delle note di messa in mora a cui il Ministero sta rispondendo con una nota dettagliata che riguarda anche le misure che stiamo mettendo in atto.
  Infine, settore delle concessioni idroelettriche; è l'ultima. Per quanto riguarda le concessioni idroelettriche l'Italia è interessataPag. 14 alla procedura 2011/2026. La Commissione, con una messa in mora complementare, ha contestato sia il regime di proroga automatica delle concessioni idroelettriche di grande derivazione, sia la disciplina relativa all'indennizzo che il concessionario subentrante deve riconoscere all'uscente. Il settore delle concessioni idroelettriche è un settore particolarmente delicato per i profili concorrenziali da un lato, e per il rischio che i grandi gruppi energetici facciano cherry picking degli impianti più redditizi dall'altro.
  Io ho cominciato a guardare questa cosa perché abbiamo il problema di rinnovare alcune concessioni; c'è un problema dovuto al fatto che chi ha fatto grandi investimenti dice: «Beh, io adesso ho fatto un grande investimento, do tutto, poi uno rivende questa cosa a qualcun altro»; c'è un problema di apertura delle gare europee, perché a quanto pare non è così simmetrico, nel senso che alcune gare europee hanno cercato di fare shopping da noi, però quando noi italiani abbiamo cercato di subentrare in altri Paesi è stato posto una specie di golden power.
  Ci sono diversi temi, non ultimo il fatto che comunque i nostri impianti idroelettrici sono tutti vecchi. Siccome l'idroelettrico è la miglior rinnovabile programmabile, varrebbe la pena in alcuni casi addirittura di aggiornare – perché si può fare un po' di meglio, anche in termini di impatto sul bacino idrico eccetera – e di tenere questi impianti sempre al massimo delle performance. Ovviamente chi investe su queste cose, però, poi vuole essere sicuro che per qualche decina d'anni abbia un minimo di garanzia della concessione. È un argomento complicato. Ci stiamo lavorando e spero che in una successiva audizione sia possibile dirvi di più. Il documento ve lo mandiamo. Le ultime due pagine riguardano l'appendice tecnica con tutti i tipi di procedure. Forse voi sapete già queste cose; a me è stato utile per capire la differenza tra i vari livelli. Sono a vostra disposizione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Iniziamo subito con gli interventi. Ho la vicepresidente Rossini. Prego.

  EMANUELA ROSSINI. Grazie, Ministro, per questa audizione e per il documento che ci verrà rilasciato. Una cosa che ha detto la condivido: è un campo estremamente complesso, dove vi è un livello di governance multiplo. La cosa che mi ha fatto piacere sentire è che, sebbene il quadro delle nostre infrazioni rifletta i nodi strutturali che ha il nostro Paese, il risanamento di alcune infrazioni sarà attuato col PNRR. Il fatto che siano state inserite nel cronoprogramma è estremamente importante.
  È chiaro, ci si interroga sulla velocità con cui riusciremo a superare i rischi di infrazione. Dall'altro lato però – e qui arriva anche la mia domanda – c'è la governance. Noi sappiamo che alcune delle procedure investono la competenza delle regioni. In particolare c'è la procedura 2014/2147, su cui noi siamo già stati condannati, relativa alla qualità dell'aria e dell'ambiente. Rispetto a questa, quando è arrivata il 10 novembre la sentenza, c'è stato un incontro estremamente urgente con l'allora Ministro Costa e le regioni, perché non si dice però che la direttiva europea fa sì che le sanzioni vengano poi pagate dalle regioni.
  Pertanto le regioni non toccate da queste infrazioni si sono molto allarmate. Il Veneto ha stimato 416 o 60 milioni che gli arriverebbero da questa procedura di infrazione, se non si rientra. Pertanto ecco l'incontro che c'è stato per attivare subito dei provvedimenti più restrittivi e rientrare. C'è un onere enorme, perché bisogna pagare dieci anni per essere stati fuori dai valori, ma anche perché – e a maggio c'è stata la conferma – i parametri entro cui noi dovremmo restare saranno dimezzati col 2022: da 40 a 20, per esempio, rispetto agli agenti atmosferici inquinanti.
  Da un lato lei più volte ha detto che è appena arrivato, però le assicuro che lei ha un vantaggio: può riportare le questioni sul piano sostanziale facendole uscire da quello politico, perché purtroppo ci sono regioni molto restie a rientrare, dato che temono abbiano un prezzo politico. Abbiamo le amministrative in autunno. Emilia Romagna, Piemonte, per esempio, già sono rientrate;Pag. 15 hanno già attivato e votato al Consiglio i provvedimenti più restrittivi. La Lombardia ancora no, è sempre più restia. Pertanto il ruolo che lei ha e che le chiediamo è proprio di portare a un'unità di comportamenti le regioni, pensando unitariamente al bisogno di rientrare.
  Le volevo chiedere se il documento sulla qualità dell'aria che avete firmato a giugno 2021 riguardava anche questa procedura, e velocemente come far sì che tutte le regioni varino provvedimenti più restrittivi per recuperare e per andare a sanare. Grazie.

  PRESIDENTE. La collega Galizia, del gruppo Movimento 5 Stelle. Prego.

  FRANCESCA GALIZIA. Grazie, presidente. Ministro, io la ringrazio per il suo intervento. Io già mi sono occupata di tematiche legate alle acque reflue con un'interpellanza urgente a cui mi ha risposto il sottosegretario Gava. La problematica è molto forte ed evidente, soprattutto nelle regioni del Sud, dove lei stesso ha detto che effettivamente la spesa è, purtroppo, più bassa rispetto alla media. Sicuramente occorrerà inserire delle risorse per poter far fronte a questo.
  Un problema vero che stiamo vivendo sui territori è la mancanza di coordinamento tra i vari enti, come lei ha evidenziato in un passaggio sulla questione dei rifiuti. Lo stesso problema si ripropone effettivamente sulla tematica delle acque reflue. Oltre ad avere un commissario, che cosa può fare lei, Ministro, per poter cercare di trovare un accordo tra gli enti territoriali? Spesso è questo il nodo da sciogliere. Come si può operare? State pensando a qualche soluzione su questo aspetto?
  Velocemente, poi, le volevo porre una questione legata all'articolo 37 del decreto «Semplificazioni» sulla riconversione dei siti industriali, perché i miei colleghi della Commissione Ambiente si pongono il problema che magari questa riconversione, che riguarda poi anche terreni agricoli, possa ulteriormente creare dei problemi. C'è un dubbio su questo articolo, e le chiedo se magari vuole fare un approfondimento.
  Infine, sul tema ILVA, io pugliese non posso non fare un breve cenno. Io credo che quello dell'ILVA sia un tema troppo complesso, dove effettivamente lavoro e salute si sono sempre contrapposti, riguardo anche a una questione di strumentalizzazione legata alla situazione dell'ILVA. È davvero un tema molto complesso. Ci sono tante famiglie che davvero hanno vissuto dolore e sofferenza, ma allo stesso tempo c'è la necessità di avere lavoro.
  Io l'ho sentita parlare della possibilità di avere un acciaio effettivamente verde, sostenibile; e come avrà sentito anche Confindustria ci chiede di tenere aperta l'ILVA, perché l'acciaio diventa necessario. Però la domanda è questa: ci sono degli studi approfonditi sul tema? Ad oggi questo manca. Se vogliamo lavorare a una riconversione e vogliamo lavorare sulla chiusura dell'area a caldo, studi approfonditi ce ne sono? Il Ministero si sta muovendo in questo senso per la sostenibilità di questa riconversione? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, collega Galizia. Il collega Colaninno, di Italia Viva. Prego.

  MATTEO COLANINNO. Grazie, presidente. Grazie, signor Ministro. Grazie per il suo intervento, veramente molto interessante, che ho molto apprezzato. Vorrei innanzitutto chiedere la disponibilità di avere poi un testo.
  Mi soffermerei su una delle ultime considerazioni molto interessanti che ha fatto parlando della più grande acciaieria verde d'Europa. È un progetto di grandissima ambizione, ma anche che comporta poi delle decisioni e che ha delle ricadute geopolitiche, che lei ha tracciato in modo inequivocabile. E questo secondo me non riguarda unicamente il grande settore, la filiera dell'acciaio; probabilmente questi trend irreversibili molto positivi in cui siamo immersi come Italia, come Europa, come mondo, hanno certamente degli impatti che includono delle ricadute di tipo geopolitico.
  La sua relazione è stata così interessante e piena che poi avremo modo di studiarla e di approfondirla; ma anche per la credibilità e il prestigio che gode oggi Pag. 16questo Governo presieduto dal Presidente Draghi, e per il suo ruolo da Ministro, che guida questo tipo di approccio e queste tematiche, credo che sia questo il momento, l'unico momento che abbiamo, per porre queste questioni di tipo geopolitico a livello europeo. Sicuramente il tema dell'acciaio e dell'ILVA è tra i temi principali, ma sono molte le filiere produttive che rischiano una sfasatura tra i trend in cui siamo immersi e la loro effettiva capacità di seguire questi trend rispetto alle dinamiche della terza era globale.
  Con questo non voglio dire che noi dobbiamo rincorrere, se esistono, i freni delle imprese e degli imprenditori di fronte alla paura di una transizione. Anzi, noi dobbiamo sollecitarla, ma probabilmente è il momento di trovare e di porre i paletti per un giusto equilibrio, perché altrimenti rischiamo sfasature che vanno a svantaggio del miglioramento e del raggiungimento di obiettivi straordinari, che sono – ripeto per l'ultima volta – irreversibili e giusti. Inoltre, non possiamo mancare nell'accompagnare – non voglio usare la parola «proteggere» – e quindi porre delle questioni geopolitiche a livello europeo che siano coerenti anche con l'effettiva capacità di adattamento e di trasformazione. Ripeto, siamo in mezzo a una straordinaria rivoluzione industriale e ambientale. Grazie, signor Ministro, e buon lavoro.

  PRESIDENTE. Grazie, collega Colaninno. L'ultimo intervento, la collega De Giorgi. Prego.

  ROSALBA DE GIORGI. Io desidero chiederle un aggiornamento sulla procedura di infrazione n. 2177/2013, riguardante le violazioni in materia ambientale commesse dallo stabilimento siderurgico ex ILVA di Taranto. Ho ascoltato con interesse la sua opinione sulla situazione della città dei due mari, ma le chiedo comunque se il programma teso a ridurre l'impatto dell'attuale produzione di acciaio sull'ambiente e sulla salute è realmente realizzabile, visti i costi e la penuria di tempo a disposizione.
  Come è noto a tutti, nel corso di questi anni l'Italia non ha provveduto a far sì che l'ILVA produca acciaio in conformità alla normativa UE in materia di emissioni industriali, con conseguenze potenzialmente gravi sulla salute umana e sull'ambiente. Nel caso di cui ci stiamo occupando è bene ricordare che la Commissione ha già inviato all'Italia due lettere di costituzione in mora, nel settembre 2013 e nell'aprile del 2014, con le quali ha invitato le autorità italiane ad adottare misure per assicurare che l'esercizio dell'impianto ILVA venga messo in conformità con la direttiva sulle emissioni industriali e con altre norme UE in vigore in materia ambientale.
  Da allora sono trascorsi sette anni e sembra che nulla sia cambiato. Anzi, recenti sentenze da parte di organi giudiziari nazionali e internazionali, con riferimento alla Corte europea dei diritti umani, hanno rimarcato come questa fabbrica non possa continuare a produrre acciaio inquinando; e di questo ne sanno parecchio gli abitanti della mia città. L'ILVA – Acciaierie d'Italia, la più grande acciaieria d'Europa, è in funzione dagli anni Sessanta ed è considerata strategica per il resto del Paese. Ma alla luce dei richiami da parte della Commissione europea e dei gravissimi problemi ambientali e sanitari provocati io le chiedo, Ministro: a quale costo?

  PRESIDENTE. Grazie, collega De Giorgi. Io non ho più interventi. Prego, Ministro.

  ROBERTO CINGOLANI, Ministro della transizione ecologica. Come lei ha colto, vice presidente Rossini, la correzione degli errori del passato è inclusa nel PNRR per fare in modo che esso sia non solo un acceleratore di sviluppo e di decarbonizzazione, ma anche possibilmente un motore che acceleri il risanamento di queste situazioni, in modo tale che le infrazioni si chiudano, intanto per un mero effetto di costi. Mi spiegavano i collaboratori che l'algoritmo europeo, un po' feroce, dice che basta che ci diano un'infrazione e il costo minimo è 7 milioni, se c'è un algoritmo che esce fisso. Anche per l'infrazione più piccola, la base d'asta è 7 milioni. Ovviamente in realtà è sempre di più, quindi, al di là di tutti gli impatti ambientali, anche pecuniariamentePag. 17 è pesante per il nostro Paese; quindi non esiste.
  Io sogno un'Italia prima della classe. Poi vi metterete a ridere: io finirò molto prima che l'Italia riesca a diventare prima della classe, questo è fuori dubbio; però noi dobbiamo segnare, almeno da questo punto di vista. L'Italia prima della classe vuol dire no infrazioni. Tutto quello che c'è nel PNRR è pensato andando nelle direzioni che vi ho detto, perché io vi ho sempre detto dove dobbiamo arrivare. Automaticamente l'attuazione del PNRR dovrebbe chiudere tutti questi capitoli delle infrazioni. Alcuni sono molto resilienti, come ci diceva nell'ultimo intervento la collega di Taranto. E bisognerà lavorare duro.
  Sì, in questo momento l'idea è proprio quella di mettere il PNRR a disposizione dell'accelerazione di tutte queste operazioni che dobbiamo fare più in fretta possibile per mitigare o per cancellare del tutto le infrazioni. Io le posso dire che tutto è stato fatto tenendo conto di questo. Per esempio, se prendiamo la Pianura Padana, essa non ha un inquinatore, cioè non è il riscaldamento, o l'automobile, o la zootecnia, o che ne so io. La Pianura Padana è forse uno dei più grandi motori manifatturieri industriali del mondo, sicuramente d'Europa.
  È chiaro che lì c'è una grande concentrazione di elementi inquinanti e in più ha una geofisica, un'orografia, delle correnti, una climatologia che non aiuta moltissimo per via dei giochi di pressione e depressione. Preso atto di questa cosa, lì bisogna picchiare molto duro, perché quell'inquinamento non lo togliamo con l'aspirapolvere. Dobbiamo fare un'azione combinata. Abbiamo previsto tutte le azioni combinate.
  Io spero che in futuro, visto che il PNRR durerà cinque anni e la transizione ne durerà dieci al primo milestone e altri 20 al secondo milestone, chi verrà dopo manterrà memoria di questo. Noi la dobbiamo iniziare bene anche come infrastruttura, però poi serve che chi viene dopo mantenga memoria di questa cosa. Io spero che l'impegno vada ben oltre la nostra presenza. L'unica cosa che temo del PNRR e della transizione è che ora siamo tutti eccitati e stiamo cercando di farla, ma che poi dopo venga meno il patto, se fra tre o quattro anni qualcuno molla e si ritorna indietro. Qui c'è un anche un problema di lanciare i giusti messaggi, anche di comunicazione, cioè di spiegare che questo è un impegno per quattro generazioni. Noi adesso stiamo facendo lo sforzo infrastrutturale che va nella direzione che dice lei, vice presidente; proprio quella. Però dobbiamo fare in modo che ne rimanga una memoria chiara.
  Chiaramente col Piano Marshall era più facile, perché c'erano le case crollate, c'era aria di terremoto. Adesso qui c'è meno percezione; il pericolo è più immateriale, ma forse è più grosso. E questa cosa deve rimanere. Io più che metterci la faccia, raccontarlo... Alle volte divento anche antipatico, perché sono sempre lì a dire i numeri brutti e noiosi, però secondo me questo è un grande punto di riflessione. Dopodiché io ho capito il suo invito, la sua considerazione. Io non ho nessuno alle spalle, non ho un partito, non difendo un'organizzazione; mi rappresento e cerco di mettere a disposizione quello che so. Questo è un po' un vantaggio, perché quando parlo con tutti voi sapete che non ho un'agenda. Poi io ho detto che dopo vado via, quindi voglio tornare a fare il mio mestiere.
  Io ci provo a fare quello che dice lei, cioè a mettere d'accordo le regioni, per esempio. Non è molto diverso da quello che diceva qualche altra collega dopo, che parlava del problema di governance, di organizzazione. Quel piccolo vantaggio competitivo lo sfrutto perché sanno che io non tifo per qualcuno; cerco solo di portare il risultato a casa.
  È un po' complicato oggettivamente, però le devo dire che mi sono permesso di far notare una cosa a voi che rappresentate il Parlamento quando ho detto: «Ma come si fa a gestire un processo così complesso con una catena di responsabilità che ha cinque anelli, ognuno dei quali fa il 20 per cento e poi passa il testimone al successivo?» È ovvio che la probabilità che si inceppi il meccanismo è alta. Io posso farlo notare, posso persino fare una proposta; però questoPag. 18 secondo me è un po' un problema politico nel senso alto della parola.
  Credo che voi abbiate tutti gli strumenti e tutta l'esperienza per fare una riflessione su queste cose. Io per adesso, da quando sono entrato in questo mondo, ho capito che ci sono dei grandissimi vantaggi sulle autonomie regionali, ma ci sono anche dei grandissimi problemi, come sempre, perché se il problema fosse di facile soluzione lo avrebbero già risolto. Su queste cose bisogna fare secondo me una riflessione proprio alla luce di quanto è successo sinora. Comunque io la parte che mi ha detto la faccio, ci provo. Faccio quello che posso.
  All'onorevole Galizia, riguardo alle risorse al Sud. Intanto sapete che ho vissuto per molti anni al Sud e ho dei parenti persino a Taranto, quindi conosco molto bene quella realtà. Ho il vantaggio di avere il doppio passaporto, perché sono nato a Milano, ho vissuto a Lecce e Messina, poi a Pisa, a Genova, a Roma, quindi penso di essere al di sopra di ogni sospetto. Le mie esperienze italiane vanno dal Nord al Sud, e alla fine io penso che la differenza culturale sia un grande vantaggio per una nazione. Va valorizzata, non va demonizzata. Guardate gli Stati Uniti, che hanno tanti difetti, però la loro differenza culturale interna è diventata veramente un plus. L'Italia è una specie di piccola America da questo punto di vista. Abbiamo tutti i Paesi dell'Europa, e anche oltre, rappresentati in un Paese che si è unito tutto sommato poco tempo fa. È un punto di forza.
  Però veniamo alle differenze. Risorse per il Sud. Per ora parlo dei fondi europei, poi dopo parleremo di quelli nazionali. Se io vado a prendere il PNRR ci sono: 50 impianti circa previsti per l'economia circolare e il trattamento del rifiuto; 40 invasi o 30 invasi per l'acqua; 24 mila chilometri di acquedotti da risanare. Io penso che se la gente scrive dei buoni progetti – e sicuramente lo fanno, perché è evidente qual è la situazione di emergenza – una gran parte di quelli andranno al Sud. Io ho una cinquantina di schede, una per ciascun macro-progetto, e quelli grossi hanno dal 50 al 60 per cento di contributo che io stimo andare al Sud, perché lì c'è l'incertezza infrastrutturale più forte.
  È chiaro, se si parla della bonifica dell'alveo del Po quella va tutta quanta al Nord, ma perché non abbiamo un Po al Sud. Però ci sono altre cose che invece, viceversa, andranno al Sud. Io credo che parlando con la Conferenza Stato-regioni – io adesso sono in contatto con la Gelmini; ho dato una lista di progetti a mira più meridionale e altri a mira più settentrionale per natura geografica e di tipologia – e collaborando un po' riusciremo a mettere su dei progetti molto buoni. Le metodologie con cui si fanno i progetti al momento non sono chiare perché il MEF sta elaborando delle linee guida; però se posso dire una cosa semplicissima io immagino che ci saranno dei normali bandi competitivi soprattutto per i privati, ci saranno degli accordi di programma quando è pubblico su pubblico e poi quello che a me piacerebbe inserire è la PPP (Public-private partnership), che è un modello che l'Europa conosce benissimo. Laddove tu hai una compartecipazione di pubblico e privato, lo Stato si fa garante e si fanno queste partnership che sono ben note in Europa. Spero ce le facciano fare. Però siccome l'Europa le conosce, io credo che si possa andare in Commissione e dirgli: «Possiamo copiare il tuo modello per Public-private partnership?» Questo dovrebbe anche aiutare per facilitare.
  Con queste tre gambe d'intervento non ci si deve ogni volta inventare la regola nuova. Questa è la mia proposta; non so ancora se può andare, però mi sembra ragionevole. Fai tre protocolli, hai tre forms e tu introduci un metodo. Poi, dopo, le variazioni si discutono e si negoziano.
  In questo io vedo un enorme spazio per il Sud, che queste carenze infrastrutturali le paga da anni. Quando io dirigevo il Laboratorio europeo di nanotecnologia, il National Nanotechnology Lab, che è un laboratorio europeo finanziato dalla Commissione europea – vivevo a Lecce, ho vissuto a Lecce per diversi anni – il mio problema principale erano i trasporti. Arrivare a Milano è come andare da Milano a Londra, però ci mettevi il triplo del tempo. Pag. 19Queste sono cose che secondo me troveranno soluzione.
  Sul coordinamento governance, rispondendo all'onorevole Rossini ho già dato una risposta: faccio quello che posso. Io però solleverò questo argomento, perché secondo me qualche idea, senza nessun colore, la si può mettere sul tavolo.
  Sull'ILVA, se mi consente l'onorevole Colaninno, approfitto perché rispondo anche alla collega De Giorgi. Approfitto per dirlo a entrambi. Per me la salute è al primo posto, perché se moriamo tutto il resto non ha senso. Il lavoro è al secondo posto, perché se non si lavora si muore. L'ambiente, che è correlato alla salute, è al secondo posto e mezzo. Non posso dire terzo, perché a questo punto la gerarchia non avrebbe più senso; però è ovvio che prima di tutto devi pensare alla pelle delle persone, a fare in modo che possano vivere, e nello stesso tempo a creare delle condizioni di lavoro altamente qualificanti.
  Io ho cominciato a studiare il dossier ILVA non dal 13 febbraio, perché nelle prime settimane ho dovuto studiare altre cose, ma da fine febbraio o inizio marzo. Mi sono andato a studiare quello che fanno le acciaierie avanzate nel mondo, la riconversione delle grandi acciaierie tedesche, che comunque hanno continuato un uso molto forte del gas ma che hanno fatto delle riconversioni importanti. Ho parlato anche con i sindacati di questo, perché secondo me in questo momento l'alleanza sindacati-industria è fondamentale; non è più tempo di dualismi.
  Adesso, se mi permettete, noi abbiamo due nemici: uno è il tempo, perché non abbiamo molto tempo per mettere i correttivi in atto; il secondo, chiamiamolo «avversario», è la comunità internazionale, perché mentre noi facciamo i sacrifici, mettiamo 0,74 trilioni, 740 miliardi, più un altro trilione, 1.000 miliardi, di European Green Deal, quindi 1.074 trilioni sulla transizione ecologica, Biden ne mette due in America. Noi stiamo qui a ucciderci per tirar via un 28-29 per cento di CO2. Se gli altri non condividono i nostri sforzi, questo 29 per cento di CO2 se lo «pappano» loro; quindi fra vent'anni saremo nei guai con l'ambiente come se non avessimo fatto nulla, e in più con un sistema produttivo distrutto e la gente che non lavora. Il rischio che noi corriamo è veramente colossale.
  Torniamo all'ILVA. L'ILVA va protetta. Stabilita la protezione di salute e lavoro, poi va protetta l'ILVA. Prima mi si chiedeva se ci sono degli studi. Sì, io ho visto quello che hanno fatto gli altri: hanno fatto degli investimenti pazzeschi; hanno fatto una riconversione molto importante; hanno fatto reskilling, cioè hanno adeguato le competenze dei lavoratori ai nuovi modelli e ai nuovi processi; hanno avuto pazienza, perché l'hanno fatto un po' prima ma l'hanno fatto bene; e poi lo Stato ha aiutato a vendere questo acciaio più verde, questi materiali più sostenibili, con delle defiscalizzazioni opportune. In quel caso si è difesa la filiera industriale.
  Onorevole De Giorgi, io sogno che questa cosa funzioni, perché ci metteremo un sacco di soldi. Le competenze ci sono. Ricordatevi che l'Italia produce 25 milioni di tonnellate circa di acciaio, e una ventina sono prodotti in acciaieria che fanno profilati che sono stato dell'arte e sono fra i migliori al mondo. Non siamo gli ultimi della classe. Abbiamo un problema sulle lastre, cinque o sei milioni di tonnellate che possono diventare otto. Soprattutto in questo momento, in cui c'è una richiesta d'acciaio crescente, noi perdiamo il treno: è assurdo, no? È un suicidio nel suicidio. Dobbiamo avere il coraggio di fare questa operazione molto rapidamente, e secondo me o riesce questa operazione oppure l'esito è catastrofico dal punto di vista sociale e lavorativo, oltre che economico.
  Vorrei aggiungere che nel programma ILVA – questo lo dico a entrambi – io avrei anche considerato un'altra cosa. Poi ovviamente l'implementazione la farà il MISE, però l'idea l'avevo costruita nel PNRR e ovviamente l'ho condivisa anche con i colleghi. Non solo noi dobbiamo fare questo investimento, ma dobbiamo anche creare qualcosa di nuovo lì. C'è già un fondo approvato per fare un centro di studi sulle applicazioni delle tecnologie verdi, dell'idrogeno eccetera ai metalli sostenibili, creando posti di lavoro qualificati, giovani che Pag. 20iniziano a fare sperimentazioni R&D (Research and Development).
  C'è un'altra cosa che io metterei a Taranto e non in altri posti: il primo centro che studia l'epidemiologia dei sistemi di lavoro complessi. Non c'è nel mondo; solo Imperial College fa qualcosa del genere. Quale laboratorio migliore di Taranto per cento giovani che cominciano a studiare l'impatto di PM2,5, PM10, alte temperature, modelli produttivi, parlando con i policlinici ovviamente? Non fa niente se lì non c'è il policlinico, faremo delle collaborazioni. Se nel frattempo si libera il molo numero 3 dagli acciai ferrosi, il molo numero 4 dai cumuli di carbone che sono lì, e quindi si ridà anche un minimo di utilizzabilità a parti del porto, io credo che così nasca un rilancio industriale.
  Se noi non crediamo di farlo, secondo me abbiamo perso in partenza. Allora chiudiamo, però dobbiamo decidere qualcos'altro. Non abbiamo né l'idea né la possibilità di cambiare, quindi secondo me bisogna crederci. Spero anche di aver risposto a tutti e due.
  Io il miliardo ce l'ho ed è pronto. Il MISE ovviamente ha i suoi fondi. Stiamo aspettando che si costituisca la società Acciai italiani. Sono in contatto costante con il dottor Bernabè. Ieri ho parlato con Mario Draghi di questa cosa, perché io veramente vorrei vedere il risultato. Il MISE è ovviamente sul pezzo, perché poi la crisi industriale è sua. Io posso dare una mano con questa visione. Credo stiano aspettando di vedere il bilancio di ArcelorMittal; adesso devono sistemare un po' di cose. Appena si costituisce la società DRI (Direct Reduced Iron) questa macchina può partire. Poi bisognerà fare puramente un accordo e cercare per un po' di tempo di remare tutti nella stessa direzione, però a quel punto non è più il mio mestiere. Il collante è quello che ho raccontato; io vorrei spingere gli altri ad andare in questa direzione.
  Chiudo con l'onorevole Colaninno: geopolitica industriale, giusto equilibrio fra lavoro e ambiente, e reskilling. Io adesso non parlo più di ILVA, perché nel PNRR io ho creato un portafoglio che si chiama supply chain. Sapete che non devo fare io la politica industriale, ovviamente; è di un altro Ministero. Però io ho fatto lo scienziato per quasi tutta la vita e poi ho lavorato in una quotata in Borsa hi-tech, quindi mi sono confrontato con quel mondo.
  Secondo me la transizione ecologica deve diventare un motore anche di progresso industriale nuovo. La supply chain vuol dire che se io devo mettere 70 gigawatt di eolico e di fotovoltaico, e lo vado a comprare tutto in Oriente, a me rimane l'ammortamento e la manutenzione, e non ho fatto un bell'affare. Se devo comprare le turbine eoliche e le compro in Danimarca, mi rimane l'ammortamento e la manutenzione. E le celle solari? E gli idrolizzatori per l'idrogeno? E le batterie per la mobilità? Che stiamo facendo? Prendiamo 70 miliardi e li usiamo come partita di giro perché ci paghiamo l'IVA agli altri Paesi? È un suicidio.
  Il modello che ho proposto nel PNRR, che è stato approvato, non potendo essere sussidio alle imprese, come sapete, è un modello di filiera europea. Ne ho parlato anche con la Vestager (Commissaria europea per la concorrenza). Facciamo la gigafactory. L'avete letto, no? L'ha annunciato Elkann assieme a Tavares. Quella cosa è nata mentre scrivevo il PNRR, perché io ho detto: «Dobbiamo fare una transizione che ci deve far penetrare entro il 2030 il 30 per cento di auto elettriche e poi speriamo sempre di più. Con cosa le carichiamo? Con l'eolico e il fotovoltaico, perché sennò bruciamo carbone.». Quindi c'è una filiera da potenziare di celle fotovoltaiche e generatori.
  Abbiamo delle aziende che lo fanno in Italia: 3Sun a Catania, per esempio; però vanno potenziate per i volumi che servono a noi. Poi, dobbiamo fare la smart grid, cioè la rete elettrica che deve gestire le sorgenti non programmabili. Questa non è una cosa che si improvvisa, perché se ho tutte sorgenti non programmabili poi accendo la luce e siccome è buio e non c'è vento non si accende. Perché? Perché ero collegato solo al fotovoltaico. Non va bene. Allora devo avere la programmabilità. Lì ho bisogno degli accumulatori. E chi li fa? Supply Pag. 21chain, investiamo in qualcosa che faccia accumulatori.
  Automobili elettriche: non facciamo le batterie. Gigafactory, in una filiera che è Italia, Francia e Germania, quindi l'Europa la vede come una filiera europea. Questo è un modo di creare quel lavoro nuovo che viene dalle necessità delle nuove tecnologie che ci servono per la transizione. Quindi riconvertiamo. Avete sentito che Elkann ha detto che la mettono a Termoli, se ho capito bene, perché lì c'è da chiudere qualcosa che fa motori diesel. Allora non facciamo un'altra crisi industriale. Sono oltre 2.000 famiglie: bene, convertiamo investendo sui lavoratori. I sindacati su questa cosa ci aiutano. La dobbiamo fare su tutti i settori che ci consentono di transire e di arrivare a prendere gli accordi di Parigi. È una rivoluzione epocale. I 70 miliardi così li moltiplichiamo per dieci. Creiamo posti di lavoro e non ne perdiamo nemmeno uno.
  Io penso che questo sia il vero segreto del PNRR: non tanto che mettiamo 70 gigawatt e basta, ma che apriamo un modello di trasformazione sociale, industriale, di mobilità. È un sistema di vita diverso. Vorrei che questo messaggio rimanesse dopo – vi dico francamente – perché è chiaro che è una maratona di trent'anni. Ricordatevi: 2050, sono 29 anni da oggi. Noi possiamo fare un grande lavoro in questi due o tre anni; poi dopo qualcuno deve continuarlo. Se intanto però mettiamo delle buone basi credo che possa funzionare.
  Spero di aver risposto.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro, per la relazione davvero molto interessante e le risposte. Ci aggiorneremo su queste cose. Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.