Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 11 maggio 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    i titoli di accesso alle graduatorie permanenti, oggi ad esaurimento, attraverso le quali è immesso in ruolo, di anno in anno, il 50 per cento dei posti vacanti e disponibili, sono definiti per legge, e sono costituiti, per la scuola dell'infanzia e primaria:

     a) dall'idoneità concorsuale acquisita sino al concorso 1999/2000;

     b) da un titolo di idoneità conseguito attraverso procedure riservate, disposte a suo tempo per legge, per gli aspiranti in possesso di diploma magistrale con almeno 360 giorni di servizio;

     c) dalla laurea in scienze della formazione primaria di vecchio ordinamento (articolo 5, comma 3, della legge n. 53 del 2003) per tutti i soggetti iscritti ai percorsi entro l'anno accademico 2007/2008 e, in una fascia aggiuntiva, per chi vi si sia iscritto successivamente e abbia conseguito la laurea entro l'anno accademico 2010/11;

    il restante 50 per cento dei posti è destinato, sulla base dell'articolo 97 della Costituzione, a pubblici concorsi, e detti concorsi sono stati espletati, rispettando la cadenza triennale prevista dall'articolo 400 del Testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994, negli anni 2012 e 2016;

    il titolo di accesso ai predetti concorsi è costituito dall'abilitazione, ottenuta attraverso i corsi di scuola secondaria superiore di diploma magistrale conseguiti entro l'anno scolastico 2001/2002, ovvero attraverso il corso di laurea magistrale in scienze della formazione primaria, attivato su numero programmato e con prova di accesso all'ingresso;

    all'esito di un contenzioso avente per oggetto il valore del solo diploma magistrale, conseguito entro l'anno 2001/2002, quale titolo di accesso alle graduatorie permanenti, oggi ad esaurimento, l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, massimo organo della giustizia amministrativa, ha definitivamente riconosciuto, grazie alla memoria presentata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e all'azione dell'Avvocatura dello Stato e della difesa dei controinteressati, con sentenza 11/2017 che «2. Il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, non costituisce titolo sufficiente per l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo istituite dall'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296»;

    è in corso una campagna di mobilitazione messa in atto dalla categoria denominatasi «diplomati magistrali abilitati» spesso abbreviata in «DM», costituita dai soggetti, privi dei predetti titoli, entrati con riserva nelle graduatorie ad esaurimento a decorrere dall'anno 2015 a seguito di contenzioso seriale e che la sentenza dell'Adunanza plenaria ricolloca nelle posizioni previste per legge (seconda fascia delle graduatorie di istituto, accesso ai concorsi per titoli ed esami);

    fulcro della protesta è la richiesta alla politica di ribaltare la decisione del Consiglio di Stato in Adunanza plenaria, che segue le sentenze passate in giudicato nn. 1973/2015 - 3628/2015 - 3673/2015 - 3788/2015 e 4232/2015 emesse dallo stesso Consiglio di Stato nel primo semestre del 2015;

    detta sentenza non investe indistintamente tutti i «DM» ma solo coloro i quali, in possesso del solo diploma magistrale conseguito entro l'anno 2001/2002:

     a) non hanno partecipato, o per mancata volontà, o per il mancato superamento del test di ingresso, ad alcuno dei nove cicli del corso di laurea in scienze della formazione primaria di vecchio ordinamento che, a decorrere dall'anno 2003, davano per legge accesso alle graduatorie permanenti, oggi ad esaurimento;

     b) non hanno partecipato o superato i concorsi indetti nel 2012;

     c) per quanto concerne il concorso del 2016, si sono visti preclusi l'iscrizione dalla stessa amministrazione, poiché risultavano immessi in ruolo sebbene con la sola riserva;

    per ciascuno dei predetti soggetti, entrato in ruolo con riserva, o inserito in graduatoria ad esaurimento con riserva o nella prima fascia delle graduatorie di istituto, destinata alla copertura dei posti a supplenza, vi erano altri soggetti, collocati nelle predette graduatorie o in seconda fascia delle graduatorie di istituto, cui di fatto sono stati sottratti i posti di ruolo o le supplenze cui avevano diritto;

    risulta infondata la notizia di un licenziamento di massa dei predetti diplomati magistrali, in quanto l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, pronunciandosi in contraddizione con le sentenze passate in giudicato, ha ricostruito il quadro normativo, restituendo in tal modo, ai soggetti privati dei ruoli a decorrere dall'anno scolastico 2015/16, il loro pieno diritto e ricollocando i «DM» nelle posizioni cui hanno, a loro volta, diritto;

    occorre contemperare le richieste dei manifestanti con i diritti di tutti i soggetti controinteressati e occorre non ledere la qualità del sistema scolastico, né venir meno ai profili professionali stabiliti dalla normativa e dal contratto collettivo nazionale vigenti;

    occorre rispettare il principio del pubblico concorso, per la quota minima ad esso riservata, il quale costituisce una opportunità di accesso ai posti per merito;

    non è in discussione il valore abilitante del diploma magistrale conseguito entro l'anno 2001/2002;

    sussiste il legittimo interesse del Paese ad un'accurata selezione degli insegnanti di infanzia e primaria;

    una risoluzione politica delle richieste sopra esposte non può prescindere dal contemperamento delle medesime con i diritti e le aspettative legittime dei soggetti controinteressati, ovverosia:

     a) dei docenti collocati a pieno titolo nelle graduatorie permanenti oggi ad esaurimento;

     b) dei docenti vincitori di concorso;

     c) dei docenti collocati comunque nelle graduatorie di merito;

     d) dei docenti laureati e iscritti ai corsi di laurea in scienze della formazione primaria;

    risulta comunque opportuno incrementare le possibilità di immissione in ruolo per il personale in possesso degli standard formativi previsti, o perché detto standard è certificato dall'acquisizione del titolo di abilitazione sulla base degli ordinamenti del corso di laurea in scienze della formazione primaria ovvero del titolo di specializzazione sul sostegno ex decreto ministeriale n. 249 del 2010 e successive modificazioni; o perché, sia pure con riserva, le istituzioni scolastiche hanno sancito il superamento dell'anno di prova;

    risulta altresì opportuno, fermo restando la procedura concorsuale aperta a tutti i soggetti in possesso di abilitazione, inserire in una procedura per titoli i diplomati magistrali in possesso di rilevanti titoli di servizio,

impegna il Governo:

1) a promuovere urgentemente modifiche normative idonee a sopperire alle necessità di cui in premessa, sulla base dei seguenti criteri:

  a) predisposizione di distinte graduatorie provinciali per titoli, riservate al reclutamento nella scuola dell'infanzia e primaria e nei rispettivi posti di sostegno, cui attingere in subordine alle vigenti graduatorie ad esaurimento e agli elenchi dei vincitori del concorso bandito con decreti direttoriali 23 febbraio 2016, n. 105 (per i posti comuni) e n. 107 (per i posti di sostegno per la scuola dell'infanzia e primaria) per una quota delle assunzioni non superiore al 50 per cento dei posti vacanti e disponibili di cui all'articolo 401 del Testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994;

  b) accesso alla predette graduatorie riservato al personale non di ruolo, all'atto dell'iscrizione in graduatoria, nelle scuole statali per i rispettivi posti o gradi, in possesso dei seguenti titoli:

   1) prima fascia, cui attingere prioritariamente a cui accedono, nelle regioni ove hanno svolto il concorso, i soggetti collocati nelle relative graduatorie di merito del concorso di cui ai decreti direttoriali 23 febbraio 2016, n. 105 (posti comuni) e n. 107 (posti di sostegno per l'infanzia e la primaria) e non ricompresi nell'elenco dei vincitori;

   2) seconda fascia, graduata sulla base della vigente tabella titoli relativa alla II fascia delle graduatorie di istituto, cui accedono: I. i soggetti in possesso di abilitazione conseguita attraverso la laurea in scienze della formazione primaria; II. i soggetti in possesso di abilitazione conseguita ai sensi degli articoli 194 e 197 del Testo unico e del diploma sperimentale psicopedagogico (Brocca) conseguiti entro l'anno scolastico 2001/2002 che abbiano, per i rispettivi posti, superato con riserva il periodo di formazione e prova di cui al decreto ministeriale n. 850 del 2015; III. i soggetti in possesso di abilitazione conseguita ai sensi degli articoli 194 e 197 del Testo unico e del diploma sperimentale psicopedagogico (Brocca) conseguiti entro l'anno scolastico 2001/2002 che abbiano svolto almeno tre anni di insegnamento a decorrere dall'anno scolastico 2010/11 ed entro l'anno scolastico 2017/18 e subordinatamente alla frequenza e al superamento di un corso di aggiornamento professionale, presso i corsi di laurea in scienze della formazione primaria, preposto all'accertamento degli standard professionali previsti dalla normativa e dal contratto vigente, ovvero di un esame orale basato sui medesimi quadri di riferimento;

   3) per le graduatorie concernenti i posti sul sostegno, il possesso della specifica specializzazione ai sensi della normativa vigente;

  c) aggiornamento biennale delle graduatorie, ai fini dell'aggiornamento dei titoli e dell'accesso dei docenti abilitati in scienze della formazione primaria;

  d) possibilità di iscrizione in soprannumero, ai corsi di laurea in scienze della formazione primaria, dei soggetti di cui alla lettera b) punto 2), par. II;

  e) modifica della periodizzazione concorsuale di cui all'articolo 400 del citato testo unico, portando la periodicità a due anni, ferma restando la legislazione vigente in ordine al concorso di cui ai citati decreti direttoriali, subordinatamente all'accertamento degli standard professionali previsti dalla normativa e dal contratto vigente attraverso un esame orale basato sui medesimi quadri di riferimento;

  f) conferma in ruolo dei soggetti entrati in ruolo con riserva entro l'anno scolastico 2017/18, che abbiano superato il periodo di formazione e prova ai sensi del decreto ministeriale n. 850 del 2015, subordinatamente alla frequenza e al superamento di un corso di aggiornamento professionale, da tenersi presso i corsi di laurea in scienze della formazione primaria, preposto all'accertamento degli standard professionali previsti dalla normativa e dal contratto vigente, ovvero di un esame orale basato sui medesimi quadri di riferimento di cui alla lettera b), punto 2), par. III.
(1-00003) «Gelmini, Aprea, Ruffino, Bagnasco, Baratto, Annalisa Baroni, Battilocchio, Benigni, Biancofiore, Bond, Calabria, Cappellacci, Cassinelli, Cattaneo, Casciello, Cortelazzo, Cristina, D'Attis, Fascina, Ferraioli, Fiorini, Fitzgerald Nissoli, Gagliardi, Giacometto, Mandelli, Marrocco, Marin, Mulè, Novelli, Orsini, Palmieri, Pella, Pentangelo, Pettarin, Pittalis, Polidori, Porchietto, Rosso, Paolo Russo, Elvira Savino, Sisto, Spena, Squeri, Tartaglione, Maria Tripodi, Versace, Vietina, Zanella, Zangrillo».


   La Camera,

   premesso che:

    già nel 2002 la stampa veneta aveva dato notizia della prossima realizzazione di un elettrodotto da 380 KV tra Cordignano (Treviso) e Lienz (in Austria), che avrebbe interessato 21 comuni della provincia di Belluno e 4 in quella di Treviso, per un percorso nel territorio italiano di circa 80 chilometri. Dopo aver avviato tutte le procedure necessarie il gestore della rete di trasmissione nazionale, la Grtn spa, che ha presentato il progetto, ha ottenuto da parte del Governo alcune semplificazioni degli iter amministrativi per accelerare la realizzazione dell'opera entro il 2006;

    l'elettrodotto, ad altissima tensione, rientra nelle tipologie di interventi in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici previsti dalla legge n. 443 del 2001 (cosiddetta legge obiettivo), la cui autorizzazione ai lavori spetta allo Stato, previa intesa con la regione;

    il consiglio regionale del Veneto approva nel giugno 2003 una risoluzione (n. 58) che impegna la giunta regionale «a rendere parere negativo su ogni atto relativo alla realizzazione dell'elettrodotto (...) e ad intraprendere tutte le iniziative necessarie ad impedirne la realizzazione»;

    la realizzazione dell'opera incontra anche la ferma opposizione dei comuni di Mogliano Veneto, Preganziol, Casale sul Sile, Silea, Roncade, Monastier, San Biagio di Callalta, Ponte di Piave, Ormelle, Oderzo, Fontanelle, Gaiarine, Godega di Sant'Urbano, Orsago e Cordignano, che denunciano il non mitigabile degrado ambientale del loro territorio gravato dal tracciato in progetto, territorio estremamente sensibile e vulnerabile e quindi fortemente intriso di vincoli naturali di tipo geologico, idraulico e forestale;

    anche i comuni di Cordignano, Sarmede, Fregona, Vittorio Veneto, Farra d'Alpago, Tambre, Puos d'Alpago, Chies d'Alpago, Pieve d'Alpago, Ponte nelle Alpi, Soverzene, Longarone, Castellavazzo, Ospitale di Cadore, Perarolo, Pieve di Cadore, Domegge, Lozzo di Cadore, Vigo di Cadore, Auronzo, Comelico superiore, Danta e S. Nicolò Comelico avevano tempo prima espresso la loro contrarietà al progetto, a causa delle ripercussioni ambientali e di inquinamento elettromagnetico dell'opera, visto che il territorio interessato è quasi interamente sottoposto a vincolo ambientale;

    a parere delle amministrazioni comunali non erano quindi compensabili le pesanti incidenze che tale opera avrebbe comportato sugli habitat e sulle specie animali e vegetali censiti ai sensi delle direttive 79/409/CEE e 43/92/CEE all'interno dei siti «Natura 2000» in prossimità dei quali si sarebbe voluto far snodare il tracciato della linea elettrica;

    la Grtn spa è confluita dal 1° novembre 2005, mediante un'operazione di trasferimento di questa attività, in Terna spa;

    nel 2008, Terna spa propone quella che definisce «razionalizzazione della rete di trasmissione nazionale (RTN) nella media valle del Piave». Il progetto vale 75 milioni di euro e ridisegna la rete di trasmissione elettrica che già oggi connette il Cadore alla Valbelluna seguendo il cammino del Piave verso valle. Con un lavoro di demolizione e ricostruzione, Terna vorrebbe ridisegnare il quadro infrastrutturale dell'alta tensione (le linee a 132 kiloVolt situate perlopiù in sinistra orografica che raggiungono Belluno) e dell'altissima tensione (le linee a 220 kiloVolt presenti soprattutto in destra orografica che proseguono verso Limana). I comuni di Ponte nelle Alpi e Soverzene vedono nella proposta di Terna una possibile soluzione ai loro problemi: i comuni sono infatti attraversati da linee elettriche a 132 e 220 kV, che in molti casi passano vicino alle case e a luoghi sensibili (scuole, aree sportive). L'accordo quindi prevede che Terna farà la razionalizzazione, spostando alcune linee, interrandone (in parte) altre e liberando così i centri abitati dei due comuni dai tralicci. Tutto il progetto viene inoltre subordinato all'ampliamento della stazione elettrica di Polpet, che sarà potenziata. Il progetto prevede inoltre che le linee a 220 kV afferenti alla stazione di Soverzene (Soverzene-Lienz, Soverzene-Scorzé, Soverzene-Vellai) siano raccordate alla SE di Polpet. Inoltre la linea Polpet-Scorzé, prevista con tensione 220 kV, sarà armata con tralicci rinforzati, adeguati anche per la tensione a 380 kV (altri anche fino a 50 metri);

    cittadini e comuni (in seguito) chiederanno più volte di chiarire se quest'opera, definita «razionalizzazione», non sia in realtà il frazionamento di un'opera più complessa e delicata: l'interconnessione a 380kV con l'Austria, la vecchia Cordignano-Lienz diventata Lienz-Scorzè. Terna smentisce sempre, ma nei piani di sviluppo della società appare chiaro che l'intervento in questione è propedeutico alla realizzazione dell'interconnessione Italia-Austria a 380 mila Volt;

    il 31 marzo 2009 i comuni di Soverzene, Ponte nelle Alpi, Belluno, la Provincia e Terna firmano il protocollo d'intesa per avviare l'intervento. Il 21 luglio 2010 i comuni di Longarone, Castellavazzo, Ospitale e Perarolo, la Provincia e Terna firmano il protocollo d'intesa per il riassetto della rete nell'alto Bellunese;

    in data 21 febbraio 2011 Terna spa presenta al Ministero competente il progetto, denominato di «razionalizzazione e sviluppo della Rete di trasmissione nazionale (RTN) nella media valle del Piave». L'opera, riguardando la costruzione di elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica, è soggetta ad autorizzazione rilasciata, nell'ambito del procedimento unico, dal Ministero dello sviluppo economico di concerto col Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la regione Veneto;

    in merito ai progetti enunciati, numerosi enti, sia pubblici che privati, presentano osservazioni critiche allo studio di impatto ambientale di Terna spa, evidenziando gravi carenze progettuali, con inaccettabile sottovalutazione dei reali impatti che gli elettrodotti creerebbero;

    il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il parere n. 900 del 30 marzo 2012 relativo alla valutazione ambientale strategica del «piano di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale del 2011», elaborato da Terna, dichiara che «Terna non ha mai sviluppato la valutazione delle alternative per nessun intervento e a nessun livello di valutazione» e che «si ritiene necessario analizzare diverse alternative relativamente a differenti modalità di raggiungimento degli obiettivi individuati all'interno delle analisi del fabbisogno stimato dal PdS stesso»;

    lo stesso Ministero, con la richiesta di integrazioni del 7 novembre 2012, evidenzia la carenza e sommarietà del progetto, sia in riferimento agli strumenti programmatici e pianificatori sia in merito allo studio del paesaggio, affrontato nello studio di impatto ambientale in maniera molto generica, e come fosse necessario in sede progettuale approfondire le motivazioni dell'opera e della scelta tecnica, valutare tracciati progettuali migliorativi (come, ad esempio, seguire il corridoio dell'autostrada A27) ed informare il pubblico interessato (di fatto numerosi soggetti, pubblici e privati) il quale può proporre utili osservazioni;

    con una nuova risoluzione, approvata all'unanimità il 12 giugno 2014 (n. 72, «Elettrodotti in Valbelluna: rivedere totalmente il progetto partendo dai territori»), il consiglio regionale del Veneto in modo trasversale riconosce la necessità di sospendere da subito la procedura di valutazione di impatto ambientale del progetto Terna denominato «Razionalizzazione e sviluppo della Rete di Trasmissione Nazionale (RTN) nella media valle del Piave», per approntare una revisione totale del progetto, alla luce delle nuove innovazioni tecnologiche e gestionali oltre che delle variazioni di domanda di energia e aprire un tavolo di concertazione tra regione Veneto e Terna per verificare le criticità della rete elettrica esistente e quella in progetto nel Veneto per arrivare ad una strategia di sviluppo sostenibile delle infrastrutture elettriche che adotti le migliori tecniche possibili in termini sia di efficienza energetica che di impatto ambientale;

    il 16 giugno 2014, a seguito di un sopralluogo della commissione Via nazionale, il commissario capo istruttore chiede a Terna nuove integrazioni: la società deposita la nuova proposta a metà agosto 2014; nella relazione Terna mette le tre alternative in valutazione a confronto, concludendo che la proposta presentata in precedenza è ancora la migliore perché «gli impatti sono minori»;

    il 19 febbraio 2015 il consiglio comunale di Limana, approva le osservazioni contro la nuova alternativa di Terna, dichiarata «inammissibile dal punto di vista procedurale, non sostenibile dal punto di vista ambientale, inadeguata da quello progettuale»;

    il 24 luglio 2015 il comune di Belluno delibera di chiedere la riprogettazione, e impedire che i tralicci passino sopra il Piave e in zone di tutela ambientale, disponendo che nuovi elettrodotti potranno passare, a Belluno, solo se interrati. Si prevede infine che debba essere fatto un nuovo progetto, condiviso con tutte le amministrazioni interessate direttamente e indirettamente e con i cittadini. Il comune di Belluno segnala le criticità che graverebbero sull'aeroporto (ci sono note di Suem, Protezione civile e Forestale che testimoniano la pericolosità di aggiungere nuovi ostacoli al volo ai margini del cono di atterraggio dei velivoli). Segue nel mese successivo una manifestazione di cittadini;

    il 14 luglio 2016 la commissione Via regionale esprime parere favorevole al progetto con molte prescrizioni, evidenziando che la soluzione proposta «non è tecnologicamente avanzata». Vengono elencate le numerose criticità e segnalate alcune irritualità nella procedura seguita da Terna. La Commissione valutazione di impatto ambientale sottolinea «la necessità di addivenire ad una rivisitazione complessiva della progettazione proposta da Terna Spa nel Bellunese»;

    il 19 maggio 2017 la commissione nazionale Via esprime parere favorevole con dodici prescrizioni, ad eccezione dell'interramento ad Andreane e nel cono di volo dell'aeroporto. Risulta assente la regione Veneto;

    il 20 luglio 2017 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo esprime invece parere negativo sul progetto evidenziando il grave impatto ambientale che avrebbe. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo riprende i due pareri ugualmente negativi della Soprintendenza belle arti del Veneto emessi il 21 settembre 2015 e il 1° settembre 2016: in particolare, nel primo la Soprintendenza scrive, senza possibilità di fraintendimenti, che «le nuove linee elettriche aeree, l'altezza dei tralicci e l'attraversamento del Piave in più punti andrebbero a incidere negativamente nell'intorno paesaggistico tutelato», «con interferenze nei coni di percezione visiva su un'area dolomitica di eccezionale importanza ambientale e paesaggistica, riconosciuta dall'Unesco Patrimonio mondiale dell'Umanità»;

    particolarmente importante e fondamentale dal punto di vista culturale è il parere del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in quanto il paesaggio è tutelato dall'articolo 9 della Costituzione italiana, poiché esso rappresenta un fondamento del nostro Paese. Paesaggio italiano che, in alcuni contesti come quello dolomitico (sito della WHL dell'Unesco), si rappresenta anche come valore mondiale di bellezza;

    in presenza di due pareri difformi, spetta al Consiglio dei ministri esprimersi. L'8 febbraio 2018, a tre settimane dal voto, il Consiglio dei ministri delibera, a norma dell'articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, di consentire la dichiarazione di compatibilità ambientale del progetto relativo alla «Razionalizzazione e sviluppo della rete di trasmissione nazionale (RTN) nella Media Valle del Piave», a condizione che siano rispettate le prescrizioni espresse nel parere della commissione tecnica di verifica di impatto ambientale VIA/VAS. Ma è noto come tra queste non ci sia l'interramento delle linee dell'alta tensione da Andreane a Sagrogna, sopra il Piave, richiesta dal comune di Belluno e valutata positivamente dall'ente di tutela regionale. Nella delibera è scritto chiaramente che «l'interconnessione delle linee fra Austria e Veneto rappresenta una direttrice strategica» e che il progetto in questione ha valenza europea;

    il 23 febbraio 2018 un ordine del giorno in consiglio comunale a Belluno ribadisce la richiesta di interramento e la ferma opposizione al progetto Terna così com'è stato autorizzato; segue una nuova manifestazione pubblica di cittadini per chiedere un nuovo progetto;

    è necessario che le reti infrastrutturali (elettriche, stradali, telematiche, eccetera) vengano realizzate con le migliori tecnologie possibili e con il massimo livello di sostenibilità ambientale, come recita l'articolo 1, comma 1, lettera c), della legge n. 36 del 2001: «assicurare la tutela dell'ambiente e del paesaggio e promuovere l'innovazione tecnologica e le azioni di risanamento volte a minimizzare l'intensità e gli effetti dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, secondo le migliori tecnologie disponibili»;

    il progetto in questione potrebbe degradare irreparabilmente notevoli parti di territorio in quanto l'impatto ambientale di un'opera, con tralicci alti anche 50 metri e con percorso sviluppato lungo pendii, crinali, dorsali, cime e valli, rappresenterebbe uno sfregio permanente e non mitigabile con possibili incidenze negative sugli habitat e sulle specie animali e vegetali;

    il territorio bellunese, grazie anche al fatto di essere inserito con le Dolomiti nella lista Unesco dei siti patrimonio culturale dell'umanità, deve pretendere ed ottenere che le necessarie reti infrastrutturali (elettriche, stradali, telematiche, eccetera) vengano realizzate con le migliori tecnologie possibili e con il massimo livello di sostenibilità ambientale;

    secondo il principio di precauzione, enunciato nell'articolo 191 del trattato istitutivo dell'Unione europea, al fine di garantire la protezione di beni fondamentali come la salute e/o l'ambiente, è necessaria l'adozione di misure di cautela anche in situazione di incertezza scientifica, nelle quali è ipotizzabile soltanto una situazione di rischio presumibile, anche se non è ancora dimostrata, allo stato delle attuali conoscenze scientifiche, la sicura o anche solo probabile evoluzione del rischio in pericolo,

impegna il Governo:

1) tenuto conto degli eventi che si sono succeduti e riportati in premessa e delle notevoli criticità riscontrate per un intervento ad elevato impatto ambientale e paesaggistico negativo nonché della necessità di relazionarsi con valori protetti, quali la tutela della salute, dell'ambiente e dei valori del paesaggio, ad adottare ogni iniziativa di competenza per rivedere la posizione assunta dal Consiglio dei ministri l'8 febbraio 2018, e prevedere una revisione del progetto «Razionalizzazione e sviluppo della rete di trasmissione nazionale (RTN) nella Media Valle del Piave» proposto da Terna spa;

2) a tal fine, a farsi promotore di un tavolo tecnico di coordinamento con tutte le amministrazioni interessate, direttamente e indirettamente, e con i cittadini, per proporre, sviluppare e condividere soluzioni alternative percorribili, da effettuare con le migliori tecnologie possibili e con il massimo livello di sostenibilità ambientale per il territorio della provincia di Belluno.
(1-00004) «Bond, Badole, Luca De Carlo, Baratto, Osnato, Trancassini, Crosetto, Milanato, D'Ettore, Biancofiore, Cannizzaro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   TORTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la delibera del Cipe del 6 agosto 2015 pubblicata in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 268 del 17 novembre 2015 ha assegnato risorse pari a euro 25.987.211,00 per l'anno 2015 per la realizzazione di un programma stralcio nel settore dei beni culturali e dell'edilizia pubblica e, specificatamente, 19.750.000 euro al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per la realizzazione del programma stralcio degli interventi sui beni culturali danneggiati dal sisma del 6 aprile 2009;

   la somma pari a euro 14.150.00,00 è destinata a interventi nei territori dei comuni situati fuori dal cratere;

   in particolare, come riportato dall'allegato:

    euro 2.000.000 sono destinati a interventi sulla chiesa di S. Urbano di Bucchianico;

    euro 2.000.000 sono destinati a interventi sulla chiesa San Francesco di Chieti;

   ad oggi è difficile reperire informazioni esaustive riguardo allo stato di attuazione del programma stralcio di interventi prioritari sugli immobili colpiti dal sisma del 6 aprile del 2009 nella regione Abruzzo e riportati nella tabella 1 dell'allegato della delibera del Cipe del 6 agosto 2015 –:

   quale sia lo stato di attuazione degli interventi per ogni immobile riportato nella tabella 1 dell'allegato della delibera del Cipe del 6 agosto 2015;

   ove sussistano situazioni di inerzia, ovvero di ritardo riguardo all'avvio degli interventi, quali siano le motivazioni che le hanno causate.
(4-00207)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le forti scosse di terremoto del 18 gennaio 2017 e le abbondanti nevicate che si sono abbattute sull'Abruzzo a metà gennaio hanno provocato un aggravamento del rischio frane lungo la fascia pedemontana del Gran Sasso, in particolare nella provincia teramana;

   nella frazione di Castelnuovo di Campli, la sera del 16 febbraio 2017, si è verificata una frana di grosse dimensioni che ha distrutto una strada, causato il crollo di una torre dell'Enel e dei rimessaggi e lasciato al buio le famiglie residenti;

   il sindaco ha disposto l'evacuazione di diverse abitazioni considerate a rischio, per un totale di circa 100 persone, ma, dopo le recenti verifiche svolte dai tecnici del Cnr e dell'Ispra il numero è purtroppo destinato a salire;

   l'amministrazione comunale ha incaricato un ingegnere e un geologo per definire i danni e quantificare le risorse necessarie al ripristino dei luoghi colpiti dalla frana;

   inoltre, i recenti eventi calamitosi che hanno colpito l'Abruzzo hanno aumentato in modo esponenziale il rischio idrogeologico dell'intera regione –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo abbia promosso o intenda promuovere con la massima urgenza per consentire la rapida messa in sicurezza dei luoghi colpiti dalla frana nel comune di Castelnuovo dei Campli e per scongiurare che il rischio di frana si possa estendere alle zone limitrofe;

   se non si ritenga necessario promuovere un monitoraggio di tutto il territorio abruzzese per verificare il rischio idrogeologico a cui l'intera regione si trova attualmente esposta a seguito dei recenti eventi calamitosi da cui è stata duramente colpita.
(4-00216)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da articoli giornalistici, confermati dalla struttura della sede Rai dell'Abruzzo, si apprende di un depotenziamento tecnologico della sede Rai dell'Aquila;

   si tratta, probabilmente, di scelte tecnologiche, che finiscono col determinare conseguenze molto gravi sulla efficienza della informazione pubblica in Abruzzo;

   fino a circa un anno fa e comunque fino a quando veniva utilizzato il montaggio analogico, la sede godeva di una linea dati appena sufficiente alle esigenze;

   con la digitalizzazione in AVID del montaggio e con l'ampliamento del progetto EVA, anche a L'Aquila, nell'aprile dello scorso anno è stata messa in servizio una linea in fibra ottica a 100 Mbs. Modifiche sostanziali all'impianto di sede per connettere tutte le macchine al nuovo sistema dati non sono state fatte se non quelle di allacciare tutte le utenze presenti dal router del 20 Mbs a quello della fibra ottica;

   il tutto funzionava perfettamente, e permetteva anche a L'Aquila di trasmettere o ricevere immagini in HD dalla sede principale di Pescara e da tutto il sistema RAI come in una normale sede italiana;

   il 7 dicembre 2017 è stata attivata una nuova linea dati su doppino telefonico a 20 Mbs;

   giovedì 24 aprile 2018 è stata messa in servizio allacciando alla stessa tutte le utenze sotto descritte distaccandole dalla fibra, ma non tutte sono tornate funzionanti. Il problema principale è il mancato collegamento VMOVER per la TV e quello NETIA per la radio con il conseguente isolamento del distaccamento aquilano dalla sede principale di Pescara e con tutto il sistema RAI. Così diventa impossibile riversare i servizi prodotti e anche ricevere immagini dalle teche e/o da altre sedi. Con il vecchio ponte radio ancora analogico vengono trasferiti a Pescara i servizi montati a L'Aquila, ma con scadente qualità di immagine e audio;

   per trasferire ora un servizio audio/video di un minuto verso la sede principale occorrerebbero due ore e mezzo contro un minuto e mezzo di prima;

   la sede dell'Aquila va potenziata, in questi anni si sono fatti sforzi enormi e battaglie importanti. Appare all'interrogante incomprensibile ed inaccettabile questa scelta che produce sugli operatori della sede un evidente danno sull'efficienza e l'efficacia del loro operato –:

   quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza e tenendo conto delle previsioni di cui all'articolo 14 del contratto di servizio, per dare il massimo di efficienza tecnologica alla sede Rai de L'Aquila, anche in considerazione che la città è inserita nel progetto di sperimentazione del 5G sostenuto dal Governo italiano;

   se non si ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per consentire il necessario rafforzamento del sito de L'Aquila, così come avviene in altre regioni, in considerazione delle esigenze del territorio interno della regione e del capoluogo di regione.
(4-00242)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni, a seguito della crescente importanza dei social network per la formazione dell'opinione pubblica, è sorto il fenomeno delle «fake news»: notizie false che suscitano allarme sociale, spesso immesse nel circuito di internet;

   un'inchiesta del «The New York Times» sulle fake news in Italia ha messo in luce una serie di legami e connessioni tra piattaforme on line orientate ad alimentare la protesta da parte di gruppi contrari all’establishment e fortemente critici con la classe politica;

   a quando risulta, da articoli giornalistici sarebbe emerso che siti utilizzati da sostenitori del Movimento 5 Stelle e siti di propaganda a favore della Lega come quello di «Noi con Salvini», siano stati fonte di diffusione di fake news nella rete e abbiano lo stesso codice Google riconducibile ad un'unica firma;

   si apprende che ad incassare i profitti pubblicitari della galassia dei citati siti di propaganda sarebbe stata una sola persona;

   dall'articolo del «The New York Times» è emerso che il nostro Paese sarebbe considerato come un «probabile obiettivo» della strategia di destabilizzazione durante le prossime tornate elettorali;

   considerato inoltre che le fake news non solo stravolgono la verità ma creano nel Paese, attraverso la diffusione di notizie false costruite ad arte, un clima di ostilità e di odio che, a tutela dei valori democratici e di autentica partecipazione ed espressione della libertà di pensiero, è importante scoraggiare –:

   quale sia l'orientamento del Governo in merito a quanto esposto e quali iniziative intenda intraprendere o sostenere, nell'ambito delle proprie competenze.
(4-00243)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel 2017, la Guardia di finanza di Catania ha sgominato, con una operazione denominata «Dirty oil», un'associazione a delinquere internazionale che riciclava gasolio libico – destinato al «bunkeraggio» ossia al rifornimento, in ambito portuale, di carburanti o di combustibili ad unità navali. Il petrolio veniva rubato dalla raffineria di Zawyia, centro a 40 chilometri da Tripoli e trasportato in Italia – dove arrivava nel porto di Augusta – via mare scortato dalle milizie libiche guidate da Ben Khalifa, capo di una milizia libica sospettata di sostenere l'Isis in patria. Le indagini, durate un anno, hanno documentato più di 30 viaggi nei quali sono stati importati via mare dalla Libia oltre 80.000 tonnellate di gasolio, per un valore di circa 30 milioni di euro. Il gasolio veniva trafugato dalla Noc, la compagnia petrolifera nazionale libica. Una volta arrivato in Italia veniva immesso nel mercato italiano ed europeo a un prezzo simile ai prodotti ufficiali, pur essendo di qualità inferiore, occultandone la provenienza tramite società schermo a Malta;

   secondo il procuratore capo Carmelo Zuccaro, che ha seguito l'operazione, una parte dei profitti dell'organizzazione potrebbe essere finita nelle casse dell'Isis;

   il quotidiano La Repubblica ha aderito al «Daphne Project» per onorare la memoria della giornalista investigativa maltese Daphne Caruana Galizia assassinata il 16 ottobre del 2017 con un'autobomba, mentre stava indagando sui legami opachi tra la politica e la finanza nera che avrebbero fatto di Malta lo snodo cruciale del riciclaggio nel cuore dell'Unione europea;

   diciotto testate giornalistiche di tutto il mondo, tra cui La Repubblica hanno deciso di dare vita al «Daphne Project» per riprendere i fili delle sue inchieste, con una inchiesta collettiva durata cinque mesi che sarà pubblicata nelle prossime settimane da tutte le testate che hanno partecipato al progetto;

   anche l'inchiesta del «Daphne Project» avrebbe riportato come il circuito di contrabbando di carburante della Libia-Malta-Europa, oggetto dell'inchiesta «Dirty oil», sia stata «effettuata sotto il naso delle autorità maltesi» e – secondo quanto riferito da organi di stampa nell'ambito della stessa inchiesta – ad oggi la situazione non parrebbe molto cambiata poiché le autorità maltesi non si sono ancora fatte carico di verificare l'autenticità della certificazione della provenienza del petrolio in arrivo e in uscita dall'isola –:

   quali iniziative politiche e diplomatiche, sia in sede bilaterali che europea, intenda assumere il Ministro interrogato per richiedere alle autorità maltesi di fare piena luce sulla vicenda in questione e ottenere maggiori garanzie sulla provenienza del petrolio che Malta esporta.
(5-00019)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le elezioni politiche del 4 marzo, per quanto riguarda il voto espresso dai cittadini italiani all'estero, hanno riacceso le consuete polemiche sulle modalità di voto per corrispondenza e, in particolare, sull'insufficienza di adeguate misure di sicurezza relativamente all'invio, alla ricezione e alla restituzione dei plichi contenenti le schede e l'altro materiale elettorale;

   i funzionari del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale responsabili dell'organizzazione e del controllo delle procedure elettorali hanno provveduto a ridimensionare e a contestare l'obiettività di diversi casi proposti dai canali di informazione e sulla comunicazione «social» come esempi di dilagante irregolarità, circoscrivendo le situazioni meritevoli di attenzione a casi ben determinati, su alcuni dei quali, per altro, secondo notizie giornalistiche, sarebbero state avviate precise indagini da parte della magistratura;

   la modalità di voto per corrispondenza, alla prova dei fatti, rappresenta quella che meglio risponde al dettato costituzionale (articolo 48) dell'effettività dell'esercizio di voto degli italiani all'estero, a condizione che esso si concili concretamente con le prerogative, anch'esse affermate dalla Carta, della segretezza e personalità del voto;

   risponde ad un interesse generale, dunque, consolidare i presupposti e creare le condizioni affinché il pur necessario ma delicato sistema di voto per corrispondenza sia messo in condizioni di funzionare in modo fisiologico e di essere depurato dalle situazioni che ne minacciano, sia pure parzialmente, la sicurezza e la regolarità;

   il presupposto fondamentale del corretto esercizio del voto per corrispondenza è costituito dalla completezza e dalla correttezza dell'elenco degli elettori, realizzato, com'è noto, tramite l'incrocio dei dati degli iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero con quelli degli schedari consolari;

   nonostante gli annunci sui costanti progressi dell'allineamento delle due banche dati, resta ancora significativo il margine di disallineamento, con il rischio che la movimentazione di plichi elettorali, per altro in realtà geopolitiche molto differenti tra loro per quanto riguarda i sistemi di comunicazione postali e le possibilità di verifica e controllo dei percorsi di consegna, possa obiettivamente favorire fenomeni di dispersione e di illegale impossessamento degli stessi con intenti di violazione delle corrette procedure elettorali;

   in particolare, non sembra procrastinabile un impegno straordinario di riordino e completamento dell'elenco degli elettori italiani all'estero, sostenuto dall'impiego di adeguate risorse finanziarie e umane, che parta da elementi di chiarezza sull'entità dell'attuale disallineamento tra gli elenchi dell'Aire e gli schedari consolari, e sul numero dei plichi – per ciascuna ripartizione elettorale e per ciascun Paese – ritornati ai consolati perché non consegnati ai destinatari, dalla individuazione delle realtà nelle quali non è utilizzabile il sistema dell'accertamento della consegna personale all'elettore e non è applicabile il codice a barre, positivamente introdotto nelle ultime elezioni, da una campagna informativa supplementare che solleciti la verifica o la correzione dei propri dati presso gli uffici consolari o le anagrafi comunali e da quant'altro si ritenga utile ad una sostanziale bonifica dell'elenco degli elettori –:

   se i Ministri interrogati non ritengano necessario fornire un quadro preciso dell'attuale situazione dell'elenco degli elettori italiani all'estero, assumere precisi impegni per un investimento in risorse finanziarie e umane mirato alla bonifica di tale elenco, prospettare i tempi necessari al compimento dell'operazione, e assumere iniziative per la copertura di un piano di informazione straordinario rivolto agli iscritti Aire e ai soggetti temporaneamente all'estero, che si avvalga della rete di comunicazione sia in italiano che nelle principali lingue locali, nonché della collaborazione delle associazioni, dei patronati e degli organismi di rappresentanza degli italiani all'estero.
(4-00204)


   PEZZOPANE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da articoli giornalistici si apprende che in numerose città iraniane sono in atto manifestazioni di piazza che il regime iraniano sta reprimendo con la violenza;

   il popolo iraniano attendeva un miglioramento delle proprie condizioni di vita dopo l'accordo sul nucleare e la successiva sospensione delle sanzioni internazionali, ma la politica miope del regime iraniano e le spese da questo impiegate per il finanziamento del terrorismo internazionale e del progetto di produzione di missili balistici hanno fatto sì che la situazione economica in Iran precipitasse;

   l'incapacità del regime di rispondere adeguatamente alle esigenze della popolazione ha determinato l'esplosione di una rivolta popolare di piazza in diverse città, da Mashhad, la seconda città dell'Iran, a Tuyserkan, Shahinshahr, Ize e Teheran dove una ragazza è diventata il simbolo della protesta per aver sfidato le autorità contravvenendo all'obbligo di indossare il velo; la giovane donna ha pubblicamente sventolato l’hijab nel mezzo di una strada affollata ed è stata arrestata per il suo gesto di libertà;

   inoltre, i Pasdaran, i guardiani della rivoluzione, hanno aperto il fuoco sui manifestanti che invocavano l'abbandono della Siria e gridavano «pensate a noi, no Gaza, no Libano — Hezbollah —, la mia vita per Iran»;

   il numero di vittime conseguente agli scontri, fino alla mattina del 4 gennaio 2018, era di 45 persone, con centinaia di feriti e oltre 3.000 persone arrestate. Più del 90 per cento degli arrestati ha meno di 25 anni;

   il regime ha bloccato l'accesso a internet e filtrato i social media per impedire la diffusione della rivolta e la libera circolazione di notizie su quanto avveniva e avviene nel Paese;

   nonostante la repressione, le proteste continuano;

   è importante non abbandonare il popolo iraniano ed esprimere ferma condanna contro un regime che reprime il suo popolo;

   spetta alla politica e alle istituzioni offrire soluzioni a tutela dei diritti e della democrazia ed esprimere ferma condanna contro ogni regime violento e autoritario –:

   quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere in riferimento a quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze.
(4-00213)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la legge 26 ottobre 1995, n. 447, dispone, tra l'altro, che le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, nel caso di superamento dei valori limite normativi, hanno l'obbligo di predisporre piani di contenimento ed abbattimento del rumore, mentre il decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 1998, n. 459, definisce le norme per la prevenzione e il contenimento dell'inquinamento da rumore avente origine dall'esercizio delle infrastrutture ferroviarie;

   l'articolo 60 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, prevede che il gestore dell'infrastruttura ferroviaria impegni, in via ordinaria, una quota non inferiore al 7 per cento dei fondi di bilancio, previsti per le attività di manutenzione e di potenziamento delle infrastrutture stesse, per l'adozione di interventi di contenimento ed abbattimento del rumore, mentre l'articolo 5, comma 3, del decreto del Ministero dell'ambiente del 29 novembre 2000, stabilisce che gli interventi strutturali finalizzati all'attività di risanamento devono essere effettuati secondo la seguente priorità: a) sulla sorgente rumorosa b) lungo la via di propagazione del rumore c) direttamente sul ricettore;

   il 29 gennaio 2004 è pervenuto alla regione Emilia-Romagna, da parte di Rete ferroviaria italiana, il piano di contenimento ed abbattimento del rumore ferroviario previsto dal decreto del Ministero dell'ambiente del 29 novembre 2000 (articolo 2, comma 2, lettera b.2);

   vi è l'esigenza di superare gli ostacoli interpretativi che si oppongono alla realizzazione degli interventi di risanamento acustico del rumore prodotto dall'esercizio delle infrastrutture ferroviarie e di definire un quadro di riferimento univoco, ed un ambito certo, entro cui ricondurre il percorso di realizzazione degli interventi, anche al fine di evitare rallentamenti nella esecuzione di alcune opere prioritarie;

   in comune di Cadeo (provincia di Piacenza), segnatamente in via Guglielmo da Saliceto – da anni – i cittadini attendono la realizzazione di adeguati interventi di contenimento ed abbattimento del rumore a margine della linea ferroviaria Milano-Bologna. Recenti rilevazioni effettuate su specifica richiesta del comune di Cadeo (in corrispondenza di via da Saliceto e del plesso scolastico) hanno confermato la gravità della situazione in essere, tant'è che dalla relazione tecnica resa risulta che «il valore di livello sonoro misurato e riferito al transito di convogli ferroviari è superiore al valore limite indicato dalla vigente normativa, in tutte le circostanze verificate», ed è inoltre peggiorato rispetto ai rilievi effettuati nel 2015 –:

   se risponda al vero la notizia che per l'intervento nel comune di Cadeo il piano di contenimento ed abbattimento del rumore (Pcar) di Rete ferroviaria italiana prevede la realizzazione di una barriera acustica di 1237 metri (di altezza variabile tra 2 metri e 7,5 metri) e che lo stesso intervento sia collocato alla VI annualità, cioè nel secondo stralcio del piano di Rete ferroviaria italiana, che risulta vagliato dalle regioni per l'approvazione in Conferenza unificata;

   se e quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per giungere in tempi celeri alla soluzione del problema che qui interessa, non più ulteriormente tollerabile.
(4-00208)


   ALESSANDRO PAGANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'Ansa ha in queste ore riportato la notizia che le coste dell'Agrigentino sarebbero ormai invase dai relitti di imbarcazioni semidistrutte che, da mesi abbandonate alle intemperie, giacciono sulle spiagge o sugli scogli, inquinando e deturpandone il paesaggio;

   come documentato anche da un servizio trasmesso recentemente dalla Rai, tali relitti sarebbero i resti delle barche utilizzate dagli immigrati per raggiungere illegalmente l'Italia dalla Tunisia, in modo da sfuggire ai controlli per la loro identificazione, e poi abbandonate sulla battigia;

   tale fenomeno, ossia quello dei cosiddetti «sbarchi fantasma», che da più di un anno sta interessando in maniera massiccia le coste dell'Agrigentino, non sembra arrestarsi ed anzi, secondo i dati del Ministero dell'interno, sarebbero già 1910 gli sbarchi dall'inizio dell'anno, ossia ben il 20 per cento del totale;

   non solo gli arrivi dalla Tunisia proseguono ma, come l'anno scorso, potrebbero anche aumentare, grazie al miglioramento delle condizioni meteorologiche dei prossimi mesi;

   la situazione in cui versano le coste dell'Agrigentino ha suscitato notevole preoccupazione e proteste da parte di diverse organizzazioni ecologiste, tra cui l'associazione Mareamico, la quale ha anche chiesto la rimozione di questi rifiuti speciali prima dell'estate, poiché è di tutta evidenza che la loro presenza provoca un grave danno di immagine e turistico all'isola;

   difatti, considerata la prossimità della stagione balneare, tali relitti che inquinano le spiagge mettono anche a rischio la sicurezza dei bagnanti e, tra l'altro, se non rimossi, rischiano di dare un duro colpo al turismo di tutta la provincia di Agrigento –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto indicato in premessa, quali iniziative di competenza intenda avviare al fine di provvedere all'immediata rimozione dei relitti delle imbarcazioni abbandonate sul litorale, in particolare, della provincia di Agrigento;

   quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere al fine di prevenire, per il futuro, ulteriori danni ambientali, paesaggistici e turistici, oltre che rischi sanitari, causati dal grave fenomeno dei cosiddetti «sbarchi fantasma» sulla coste dell'Agrigentino;

   se, come proposto anche dall'associazione Mareamico, non ritenga opportuno assumere iniziative per affidare queste imbarcazioni alle cooperative di pescatori o alle associazioni no profit per un loro eventuale riutilizzo.
(4-00233)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il mausoleo di Porsenna è un edificio che fu descritto da Marco Terenzio Varrone;

   sarebbe stato costruito per raccogliere il corpo del leggendario lucumone Porsenna, sovrano della città di Chiusi;

   secondo i documenti storiografici, le prime notizie del mausoleo si hanno dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio (Gaio Plinio Secondo, Naturalis Historia, XXXVI.19.91-93), il quale, a sua volta, afferma di aver avuto notizia da un manoscritto di Marco Terenzio Varrone;

   Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia fa una descrizione molto dettagliata del mausoleo nel libro trentaseiesimo; secondo una ipotesi costruttiva, il mausoleo, in base all'espressione riferita da Plinio il Vecchio, potrebbe essere collocato «dinnanzi a Chiusi», ovvero in zone circostanti, quali la zona del parco di Montelungo di Chiusi;

   siccome Plinio il Vecchio e Varrone collocarono il mausoleo al di sotto dell'abitato di Chiusi, un intreccio di cunicoli, recentemente scoperti e attualmente visitabili, simili ai «bottini di Siena», che conducono alle cisterne di raccolta dell'acqua piovana posizionate sotto la città di Chiusi, è stato erroneamente chiamato labirinto di Porsenna, come se fosse stato il labirinto del suo mausoleo;

   dell'esistenza del mausoleo di Porsenna si è occupato anche l'archeologo John Linton Myres («The tomb of Porsenna at Clusium», in «The Annual of the British School at Athens», 1951, XLVI, pagine 117-121);

   il ritrovamento del suddetto manufatto potrebbe rivestire carattere di straordinario interesse archeologico –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere — anche tramite una verifica archeologica, con la descrizione dell'area interessata di Chiusi e di quella circostante — al fine di avviare una ricerca, accertare la presenza del mausoleo descritto in premessa, e portare alla luce lo stesso ovvero le sue vestigia, anche per recuperare eventuali testimonianze dell'antica storia italiana e arricchire il numero dei siti archeologi del nostro Paese.
(4-00215)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   sull'edizione del Fatto Quotidiano dell'11 marzo 2018 appare la notizia che l'Aeronautica militare ha annunciato l'entrata in servizio del primo F-35 tricolore; pare però, che il nuovo cacciabombardiere, pagato 150 milioni di euro, così com'è, non serva praticamente a nulla;

   per rendere operativo il velivolo occorre spendere altre decine di milioni di euro per aggiornare il suo computer di bordo e l'Italia ne possiede dieci già consegnati e un paio in arrivo;

   si tratta di un costo, quello necessario all'aggiornamento degli F-35, talmente alto a causa degli eccessivi costi di retrofit necessari per renderli utilizzabili, da spingere, a settembre 2017 il responsabile americano del programma, il viceammiraglio Mathias Winter, ad ipotizzare la rottamazione degli F-35 prodotti finora;

   il viceammiraglio Winter ha spiegato che la quota a carico di partner e clienti stranieri del programma di aggiornamento sarà di 3,7 miliardi di dollari; quelli italiani bisognosi di aggiornamento sono dodici, il che significa quasi mezzo miliardo di dollari in più che il nostro Paese dovrà sborsare per rendere operativi gli aerei militari;

   nel rapporto presentato al Congresso Usa dal direttore dei test operativi del Pentagono si evidenzia chiaramente che il software degli aerei è solo uno dei difetti degli F-35; infatti, il nevralgico sistema di supporto operativo Alis (Autonomic Logistics Information System) non funziona, così come il sistema di puntamento ottico del casco e i sistemi di lancio di bombe e missili aria-aria; la mitragliatrice di bordo spara storto e fa impennare l'aereo, il respiratore del pilota causa ipossia e perfino i pneumatici della versione da portaerei sono da buttare dopo solo dieci appontaggi;

   di fatto, gli F-35 pre-serie prodotti finora, compresi i dodici comprati dall'Italia, sono dei prototipi inutilizzabili che, nella migliore delle ipotesi, potranno diventare parzialmente operativi tra molti anni e solo ad un prezzo incalcolabile e a causa di ciò la Germania ha rifiutato di comprare gli F-35 e perfino la Gran Bretagna valuta di prenderne meno del previsto;

   a tutto questo si aggiunge un'ulteriore nota dolente, dal sito Ansa.it, il 28 marzo 2018, si apprende che il Ministero della difesa del Regno Unito ha interdetto il volo degli F-35 a 29 miglia, circa 40 chilometri, dai temporali e dalle tempeste, perché rischiano di esplodere se raggiunti da un fulmine sulla carlinga –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga opportuno assumere iniziative per sospendere i contratti di fornitura degli F-35 ancora da consegnare;

   se il Governo, visti i potenziali rischi richiamati in premessa per l'incolumità degli uomini e delle donne che voleranno su questi aerei, intenda comunque assumersi la responsabilità di portare avanti il programma di acquisto degli F-35;

   se il Governo abbia calcolato il costo totale per gli aggiornamenti degli F-35 e il conseguente impatto economico sul bilancio dello Stato;

   quali iniziative ritenga più opportuno adottare alla luce dei fatti esposti in premessa.
(4-00223)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal mese di settembre 2016 il portico facente parte del Palazzo degli uffici statali sito a Forlì, in piazza Saffi, all'angolo tra corso Mazzini e via delle Torri non risulta fruibile a causa della presenza di ponteggi;

   questi ultimi sono stati montati allo scopo di eseguire lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza del soffitto del porticato;

   ad oggi i suddetti lavori non hanno ancora visto inizio, causando in tal modo l'inagibilità di una parte importante del centro storico della città, con conseguente grave degrado dell'area che versa in stato di abbandono ed incuria –:

   se il Ministro interrogato ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per sollecitare, nel più breve tempo possibile, l'opera di recupero del porticato, ponendo in tal modo fine all'inagibilità di quella porzione di piazza Saffi e al conseguente danno in termini di fruibilità, immagine e decoro che la situazione sta arrecando.
(4-00228)


   FOTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nella XVI legislatura con atto di sindacato ispettivo del 18 maggio 2006, n. 4-00033, l'interrogante – dopo avere evidenziato che nella seduta della Commissione Finanze della Camera dei deputati del 18 gennaio 2006 erano state approvate le risoluzioni: n. 7-00729 (che, riformulata dal presentatore, assumeva il n. 8-00150) e n. 7-00643 (che, riformulata dal presentatore, assumeva il n. 8-00151) – evidenziava come i predetti atti di indirizzo invitavano il Governo pro tempore, giusto il potere di vigilanza al riguardo, a compiere le opportune verifiche in ordine alla cessione da parte della BAT della società di distribuzione dei tabacchi Etinera (successivamente trasformata in Logista Italia Spa) e a promuovere la ricerca di un accordo che potesse soddisfare le richieste dei titolari dei depositi fiscali locali;

   è dei giorni scorsi la notizia che il centro di rifornimento tabacchi di Piacenza, posto in via Passerini, è stato infatti chiuso il 20 aprile 2018, in ragione di una decisione improvvisa da parte di Logista, la società che lo gestiva. Detta decisione appare all'interrogante del tutto illogica atteso che il deposito in questione serviva 511 rivendite, non solo ubicate nella provincia di Piacenza, ma anche in zone limitrofe, quali Basso lodigiano, Basso pavese, Cremonese e Parmense –:

   se risulti che Logista intenda comunque riaprire (a breve) in zona un altro deposito – se non nella città di Piacenza almeno nelle vicinanze – e, in ogni caso, se intenda assumere ogni iniziativa di competenza per garantire agli operatori interessati il trasporto del tabacco a prezzi di favore.
(4-00231)


   FUGATTI, COMAROLI, BINELLI, VANESSA CATTOI, SEGNANA, ZANOTELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo n. 117 del 2017 è entrata in vigore la riforma del Terzo settore. Il nuovo codice introduce una categoria più ampia e generale nella quale ricondurre tutte le forme associative e di impresa che perseguono finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Questa grande pluralità di soggetti, tutti esclusivamente privati, è oggi chiamata enti del Terzo settore (Ets);

   gli Ets, per essere tali, devono svolgere, senza scopo di lucro, attività di interesse generale in una o più delle aree indicate dal codice (ben 26);

   viene inoltre riordinata l'intera disciplina in merito alle distinzioni tra attività commerciale e non commerciale, al fine di prevedere un regime tributario unificato per tutto il mondo no profit, anche se ovviamente permangono alcune differenze;

   la disciplina relativa alle Onlus (decreto legislativo n. 460 del 1997) è stata abrogata anche se non con effetto immediato;

   l'articolo 80 prevede un particolare regime forfettario di determinazione del reddito d'impresa distinguendo per tipologia di attività e per volume di affari e non si avrà più la possibilità di optare per il regime agevolato previsto dalla legge n. 398 del 1991 che resta specifica per il settore dello sport dilettantistico;

   per divenire ente del Terzo settore (Ets) risulta necessaria l'iscrizione al registro unico nazionale del Terzo settore (Runts), istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, articolato su base regionale. Si tratta di un registro pubblico, accessibile a tutti gli interessati in forma telematica e sarà attivo dal mese di luglio 2018;

   per le organizzazioni di volontariato, oltre alle norme sopra richiamate per la generalità degli Ets valgono norme ulteriori che ricalcano parzialmente il vecchio concetto di attività commerciali «marginali» — decreto ministeriale 25 maggio 1995 – ma in maniera più restrittiva rispetto a tale decreto; ad esempio, la norma generale sulle prestazioni di servizi che non devono eccedere del 50 per cento i costi di diretta imputazione non viene ripetuta dall'attuale articolo 84;

   per mantenere le agevolazioni fiscali, ovviamente, gli enti associativi dovranno iscriversi e farsi riconoscere come tali dall'ente pubblico;

   gli adempimenti per la gestione del (Runts) sono molti e gravosi per tutte le associazioni che vorranno iscriversi: l'iscrizione avviene mediante il deposito di una serie di atti, documenti e dichiarazioni contenenti informazioni essenziali sulla «identità» dell'ente (statuto, atto costitutivo) e la scelta della sezione nella quale intende ottenere l'iscrizione. In particolare, si segnala che dovrà risultare dal registro la consistenza degli organi sociali, il soggetto titolare della legale rappresentanza e l'indicazione dei poteri spettanti a tali cariche e delle relative limitazioni. I dati dovranno essere periodicamente aggiornati in relazione alle modifiche intervenute nello statuto e negli organi sociali o alla deliberazione di atti di straordinaria amministrazione;

   gli enti del Terzo settore dovranno inoltre depositare, annualmente, presso il registro, i rendiconti ed i bilanci preventivi;

   per tali adempimenti gli enti associativi saranno dunque costretti a rivolgersi a dei consulenti, considerando il livello medio di preparazione di un volontario che decide di prestare la propria opera in un ente associativo; altrimenti, non potranno più godere delle attuali agevolazioni fiscali (forfettizzazione redditi);

   gli Ets che entreranno nel Runts godranno quindi di minori agevolazioni fiscali e di una quantità di adempimenti amministrativi e burocratici notevolmente superiore al passato;

   le disposizioni del testo unico del terzo settore devono comunque ancora essere coordinate con la disciplina prevista dal titolo II del testo unico delle imposte sui redditi (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative, anche di carattere normativo, al fine di rivedere in meglio le agevolazioni fiscali destinate agli ETS e ridurre gli adempimenti burocratici che questi dovranno sostenere.
(4-00234)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PEZZOPANE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   stando agli organi di informazione, il segretario territoriale della Uil penitenziaria avrebbe affermato che nella casa circondariale di Sulmona (L'Aquila) ci sarebbero solo 5 medici in servizio, in luogo degli 8 necessari e previsti dal protocollo d'intesa;

   la struttura carceraria, quale conseguenza della carenza numerica del personale medico, vive quindi una situazione di alto rischio sanitario;

   nonostante il forte spirito di sacrificio e abnegazione dei pochi medici impiegati, la riduzione delle turnazioni mattinali non consente il pieno soddisfacimento delle richieste avanzate dai detenuti;

   in ragione della condizione di disagio vissuta quotidianamente dai medici, l'attuale situazione richiede estrema attenzione;

   è necessario adeguare il personale medico al numero previsto dalla pianta organica –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito a quanto esposto in premessa e, conseguentemente, quali iniziative intenda intraprendere.
(4-00212)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sul Corriere della Sera del 14 aprile 2018 è stata pubblicata un'intervista a Paolo Borrometi, il cronista siciliano minacciato di morte dalla cosca mafiosa dei Giuliano;

   Borrometi è un giornalista d'inchiesta che aveva scoperto che nel consorzio di Pachino, in provincia di Siracusa, che tutela l'omonimo pomodoro con il marchio d'indicazione geografica protetta (IGP), era presente un imprenditore notoriamente insediato nella cosca;

   successivamente alla pubblicazione della notizia, l'imprenditore è stato escluso dal consorzio e ha quindi ritorto la sua reazione su Borrometi, minacciando di morte lui e la sua fidanzata;

   Borrometi – che già nel 2014 aveva riportato la frattura del braccio a opera di sconosciuti in ragione della sua attività giornalistica e che è stato insignito dal Presidente della Repubblica del titolo di Cavaliere dell'ordine al merito – oggi vive sotto scorta a Roma ma sostiene di aver fatto solo il suo dovere;

   nella storia della Repubblica molti giornalisti hanno pagato con la vita il loro coraggio, da Giuseppe Fava a Giancarlo Siani, da Peppino Impastato a Mauro Rostagno e molti altri;

   le minacce hanno colpito di recente – tra gli altri – Lirio Abbate, Giovanni Tizian, Federica Angeli e Giulio Cavalli;

   i giornalisti sono spesso oggetto di iniziative giudiziarie pretestuose e implicitamente minacciose per l'alto importo dei risarcimenti richiesti, specie se rivolte a cronisti precari, che vengono retribuiti modestamente e sulla base dei «pezzi» che scrivono. Un caso emblematico è stato di recente quello deciso dal tribunale civile di Reggio Calabria, nel quale il giudice Patrizia Morabito ha respinto la pretesa risarcitoria di Giuseppe Scopelliti, recentemente condannato in via definitiva per falso a 4 anni e 7 mesi, nei confronti dei cronisti calabresi Paolo Pollichieni e Lucio Musolino (v. sentenza della seconda sezione civile, n. 424 del 2017);

   la Corte europea dei diritti dell'uomo, in numerose sentenze ha stabilito che il dovere dei giornalisti – implicitamente riconosciuto nell'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo – deve essere quello di cane da guardia dell'opinione pubblica;

   la Corte costituzionale italiana, a sua volta, ha stabilito più volte che l'articolo 21 della Costituzione non solo tutela il diritto di espressione e di cronaca ma anche il diritto dei cittadini a essere informati (v. le sentenze, tra le tante, nn. 826 del 1988 e 135 del 2013);

   si pone pertanto un problema di tutela avanzata dei cronisti d'inchiesta, che è stato oggetto nella XVII legislatura sia di una specifica relazione della Commissione d'inchiesta sulle mafie (Doc. XXIII, n. 6, relatore on. Claudio Fava) sia di una proposta di legge contro le querele temerarie (sen. Ricchiuti e altri, atto Senato n. 2659) –:

   quali iniziative normative intendano assumere per elevare la protezione, sul piano giudiziario, dei giornalisti al fine di porli al riparo da azioni civili e penali come quelle richiamate, a parere dell'interrogante palesemente pretestuose;

   quali ulteriori iniziative di competenza intendano assumere per garantire maggior tutela e agibilità professionale e culturale ai cronisti italiani.
(4-00230)


   ZANICHELLI, SPADONI, SARTI, ASCARI e CARBONARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella notte fra il 28 e il 29 gennaio 2015 è scattata la maxi operazione Aemilia contro la criminalità organizzata di diverse regioni del Nord e non solo, con 224 indagati, 160 arresti (di cui 117 in Emilia-Romagna), per 189 capi d'imputazione tra cui associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, porto e detenzione illegali di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di capitali di illecita provenienza, emissione di fatture per operazioni inesistenti e altro;

   il 28 ottobre 2015 si è tenuta, nel padiglione della fiera di Bologna, la prima maxiudienza preliminare del processo Aemilia, tuttora in corso. La maggior parte degli imputati ha optato per il rito abbreviato, che, tra l'altro, si è concluso con pesanti condanne in appello. Gli altri imputati invece sono rimasti nel rito ordinario che si sta svolgendo tuttora a Reggio Emilia;

   recentemente, come riportato in un articolo della Gazzetta di Reggio del 28 aprile 2018, dalle ultime dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio Valerio (un ex imprenditore edile di origine cutrese, residente da lungo tempo a Reggio Emilia considerato ai vertici della ’ndrangheta emiliana) emergono intrecci giudiziari-massonici su cui farebbe affidamento la ’ndrangheta. Lo stesso avrebbe inoltre riferito agli inquirenti di processi «aggiustati» in Cassazione tramite avvocati che vantavano amicizie non solo con magistrati ma anche con gli ambienti massonici;

   il pentito ha anche raccontato di un episodio ben preciso cioè di essere stato avvicinato, mentre era in gabbia di sicurezza nell'aula-bunker di via Paterlini - Reggio Emilia, da un avvocato che gli avrebbe detto molto esplicitamente che nei giudizi di merito di Aemilia sarebbero scaturite diverse condanne, ma che poi grazie alle «sue conoscenze avrebbe potuto aggiustare» il processo in Cassazione;

   il collaboratore di giustizia ha poi aggiunto di essersi consultato con altri imputati e di aver avuto la conferma che effettivamente quel legale era in grado di condizionare gli esiti processuali grazie ai suoi legami con la massoneria;

   occorrerebbe fare maggiore chiarezza sulla vicenda e sull'eventuale coinvolgimento di alti magistrati dello Stato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione esposta e se intenda valutare se sussistano i presupposti per assumere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di cui in premessa ai fini dell'eventuale esercizio di tutti i poteri di competenza.
(4-00241)


   GRIBAUDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella casa di reclusione «Giuseppe Montato» di Alba, nei giorni a cavallo tra il 25 e il 31 dicembre 2015 e Capodanno 2016, avvenne un'epidemia di legionellosi che costrinse al ricovero d'urgenza in ospedale alcuni dei detenuti;

   poiché non si trattava del primo caso di questa malattia, a tutela della salute del personale in servizio e dei detenuti e per eseguirei necessari lavori di manutenzione dell'impianto idrico, l'amministrazione penitenziaria dispose l'immediata sospensione delle attività dell'istituto, con il trasferimento dei detenuti in altri penitenziari del Piemonte e il trasferimento del personale ad altre sedi;

   all'atto della chiusura i posti regolamentari erano 144 ed il personale contava in pianta organica 124 agenti di polizia penitenziaria e 6 educatori; la struttura è dotata di 1 campo sportivo, 1 palestra, 4 aule per attività formative, 1 teatro, 2 locali biblioteca, 1 locale di culto e 1 laboratorio;

   nei primi mesi del 2016 il Governo pro tempore stanziò 2.000.000 di euro, a valere sul piano di edilizia penitenziaria 2016-2018, per i lavori di «adeguamento dei reparti di detenzione con rifacimento impianti idrico sanitari e termici», ma nel corso dell'anno non venne effettuato alcun intervento; su sollecito e suggerimento dei Garanti dei detenuti del Piemonte è stato riaperto nel 2017, dopo gli opportuni lavori, il padiglione collaboratori, per dar luogo alle attività di socializzazione e formazione che erano fiore all'occhiello di questa struttura, fra cui la cura del vigneto carcerario per la produzione del vino «Vale La Pena», esempio di eccellenza nel settore dell'agricoltura sociale in Italia;

   si apprende dal Garante dei detenuti di Alba che nell'autunno 2017 è stato reso noto un cronoprogramma, il quale indicherebbe come data di fine lavori il mese di dicembre 2019 e che negli ultimi mesi del 2017 sarebbe stato affidato l'incarico, alla ditta Magicom Ingegneria di Roma, per il supporto alla progettazione;

   il 22 marzo 2018 è stato pubblicato sul sito del Ministero della giustizia il piano per l'edilizia penitenziaria per gli anni 2018-2020, che prevede per la casa di reclusione albese un importo di 4.500.000 di euro;

   l'attuale situazione del carcere di Alba pone in condizione precaria il personale addetto e le rispettive famiglie, a causa di trasferimenti e incertezza sulla sede finale di destinazione, determina il deterioramento delle strutture rimaste vuote, impedisce la piena messa in atto delle attività socializzanti per i detenuti, indispensabili per impedire la recidiva, svilisce le attività culturali, educative e imprenditoriali nate nella città di Alba per il recupero dei detenuti e concorre al sovraffollamento delle carceri italiane –:

   quali iniziative intenda adottare per garantire il più rapido recupero dell'intera struttura del carcere di Alba, dando luogo ai lavori di ristrutturazione e manutenzione da tempo previsti e più volte rimandati.
(4-00246)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   MARTINCIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la tratta ferroviaria Castelvetrano-Trapani è utilizzata abitualmente da migliaia di utenti;

   a partire dall'estate del 2015 ad oggi, sono iniziati dei disservizi causati dai continui ritardi (giornalieri e nelle diverse corse);

   il disagio creato ai viaggiatori a causa di questi ritardi e la soppressione dei treni minuetti (non più attivi in questa tratta ferroviaria a causa dei lavori sulla Palermo-Puntaraisi, che si protrarranno ancora per molto) hanno determinato uno stato di agitazione generale ai viaggiatori;

   tale disagio colpisce una platea numerosa e indistinta di utenza: dai dipendenti regionali, ai dipendenti provinciali, dai lavoratori di enti privati, ai dipendenti comunali, dagli studenti e professori di scuole secondarie e universitari ai lavoratori autonomi e privati, fino ai pendolari occasionali e ai semplici turisti, che sono costretti a lunghe attese nelle stazioni, a causa dei continui ritardi;

   le motivazioni dei ritardi comunicate dai capitreno sono sempre le stesse e rimangono irrisolte. Per comprendere meglio di che si tratta, le risposte fornite all'utenza giornalmente fanno riferimento:

    al blocco dei treni improvviso durante il viaggio, tramite satellite, e soste da 15 a 30 minuti;

    ai passaggi a livello aperti o bloccati per dispositivi meccanici non funzionanti (di conseguenza, il treno non può proseguire);

    ai cavi elettrici non idonei (obsoleti e di cui è scala promessa la sostituzione da anni) alla linea ferroviaria;

    agli incroci di corse provenienti da due direzioni, sempre in ritardo;

    all'utilizzo di vecchie carrozze che si guastano in continuazione (anche a causa della sostituzione e del recupero di parti meccaniche obsolete da un mezzo all'altro) e ai climatizzatori non funzionanti o funzionanti in parte;

   a parere dell'interrogante appare necessario e improrogabile il raddoppiamento dei binari dato che oltre l'80 per cento della rete ferroviaria siciliana è a binario unico e che per tratta può viaggiare solo un treno alla volta;

   è doveroso, altresì, garantire la fruibilità della saletta di aspetto della stazione di Mazara del Vallo almeno sino alle ore 21;30 circa (orario dell'ultima partenza), e al mattino dalle ore 05;30 in poi, visto che alle 05;50 è prevista la prima corsa giornaliera;

   la citata saletta d'aspetto nelle ore notturne spesso è oggetto di atti vandalici ed è divenuta luogo di ritrovo di incivili e tossicodipendenti, essendo priva di cancello e alla mercé di chiunque dalle ore 20;00 circa, sino all'alba del giorno successivo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione che interessa la tratta ferroviaria Castelvetrano-Trapani;

   quali iniziative intenda porre in essere per eliminare i numerosi disagi che l'utenza patisce a causa dei lavori interminabili alla tratta ferroviaria in questione e per superare i danni provocati dal maltempo;

   quali iniziative di competenza ritenga di intraprendere al fine di limitare i disagi causati dal malfunzionamento delle carrozze ormai obsolete e in pessime condizioni e per fra fronte alla grave condizione che sono costretti a vivere i pendolari che aspettano e/o devono fruire dell'ultima corsa per/o da Mazara del Vallo e se ritenga, pertanto, opportuno intervenire per assicurare una corretta fruibilità della saletta d'aspetto della stazione di Mazara del Vallo per tutelare l'incolumità pubblica ed i beni pubblici ivi presenti.
(3-00012)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la tangenziale che collega il casello di Verona nord alla Valpolicella rappresenta un tratto molto trafficato, percorso quotidianamente da numerosi automobilisti e che, a causa di un manto stradale che versa in condizioni precarie, caratterizzato dalla presenza di pericolose buche e avvallamenti, costituisce un serio pericolo per la sicurezza di chi lo attraversa;

   il tratto stradale presenta la peculiarità di interessare tre diversi gestori: dal casello di Verona Nord all'intersezione con la strada regionale 11 (che conduce al comune di Peschiera) è gestito da Veneto Strade (società partecipata della regione Veneto), da questo punto allo svincolo per Balconi di Pescantina da Anas (società dipendente dallo Stato) e da tal punto a Fumane dalla provincia di Verona;

   le nevicate e le difficili condizioni meteorologiche dello scorso inverno hanno peggiorato la situazione del manto stradale, già precaria e gravemente a rischio;

   nel tempo sono stati effettuati lavori di mera ripavimentazione del manto stradale che non hanno però risolto le problematiche esistenti sul tratto interessato né, peraltro, alcun beneficio è derivato dall'approvazione del «contratto di programma 2015» e del «piano pluriennale Anas 2015-2019», presentato il 25 novembre 2015, che prevedeva uno stanziamento di oltre 20,2 miliardi di euro per più di 3.600 chilometri di strade, di cui 8,8 miliardi di euro per il completamento di itinerari, 8,2 miliardi di euro destinati alla manutenzione straordinaria e 3,2 miliardi di euro per nuove opere –:

   se, alla luce di quanto descritto in premessa, il Ministro interrogato, anche nell'ambito dei programmi di manutenzione della rete stradale gestita dall'Anas Spa, intenda adoperarsi, per quanto di propria competenza, per garantire le risorse necessarie per la realizzazione di tutti i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, con particolare riferimento al rifacimento del manto stradale e al ripristino delle condizioni di sicurezza dello stesso, al fine di migliorare la viabilità e la sicurezza degli automobilisti che vi transitano.
(5-00016)


   BUSINAROLO e BELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da recenti fonti di stampa (vedasi www.rassegna.it e https:// insiderbusiness.com) si apprende che versa in una situazione di grave incertezza la vicenda dei circa 3 mila lavoratori della società Condotte s.p.a., colosso romano, terzo gruppo del settore delle costruzioni per ordine di importanza nel nostro Paese, che da tempo attraversa una difficile situazione finanziaria, per cui è stata presentata un'istanza, di «concordato in bianco», accolta dal tribunale di Roma nel mese di gennaio 2018;

   sul caso sono intervenute alcune sigle sindacali, Fillea cgil, Feneal Uil e Filca Cisl, che per il 16 aprile 2018 hanno indetto due ore di sciopero dei dipendenti di Condotte s.p.a., con l'intento di chiedere maggiore chiarezza da parte dell'azienda, in attesa dell'incontro, previsto per il successivo 19 aprile e poi rinviato, presso il Ministero dello sviluppo economico, con azienda e Governo, al fine di ricevere maggiori informazioni da parte della società, che opera in un settore che rappresenta uno dei comparti fondamentali per la ripresa e che mette a rischio non soltanto migliaia di posti di lavoro ma anche le diverse commesse, sia nazionali che estere;

   i sindacati hanno evidenziato, in particolare, il blocco del documento unico di regolarità (Durc) e la perdita di commesse con Paesi esteri, tra cui la Norvegia, che hanno causato licenziamenti e la dispersione di risorse umane strategiche per garantire la continuità aziendale;

   il 28 marzo 2018, in occasione del tavolo permanente istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, in attesa dell'incontro previsto per il 19 aprile, i sindacati avevano sottolineato anche la necessità di formulare un piano industriale diretto alla salvaguardia dei posti di lavoro e delle diverse professionalità interne, poiché le grandi imprese di costruzioni in Italia rappresentano un patrimonio di know-how e di capacità realizzative che deve essere tutelato come accade per altri grandi realtà industriali italiane;

   la già difficile situazione finanziaria di Condotte s.p.a. è aggravata dall'arresto, con l'accusa di corruzione, avvenuto agli inizi del mese di aprile, del presidente del consiglio di gestione Duccio Astaldi –:

   quali iniziative urgenti di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere per una positiva soluzione della vicenda descritta in premessa, al fine di salvaguardare i circa 3000 posti di lavoro dei dipendenti di Condotte s.p.a. e tutelare l'importante realtà aziendale rappresentata da Condotte s.p.a.;

   alla luce di quanto descritto in premessa, quali siano gli orientamenti del Governo circa la partecipazione di Condotte s.p.a. al Consorzio Cepav 2 che dovrebbe realizzare la TAV Brescia-Verona e l'assegnazione a quest'ultimo del contratto per la tratta TAV Bs-Vr senza garanzie, vista l'esigenza di ristrutturazione dello stesso.
(5-00020)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRARI, CENTEMERO e CAPITANIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   pochi giorni fa si è consumato l'ennesimo episodio di violenza su un treno, quando sul convoglio regionale diretto a Lecco proveniente da Milano, è stato aggredito un poliziotto quarantenne, in forza presso la squadra volante della questura di Lecco;

   questo ufficiale pubblico è stato aggredito dopo aver tentato di difendere il capotreno da un giovane nigeriano che, dopo essersi rifiutato di mostrare il titolo di viaggio, aveva iniziato ad infastidire gli altri viaggiatori;

   il poliziotto ha cercato di calmare il giovane immigrato, ma è stato aggredito da una decina di giovani nigeriani che sono intervenuti in difesa del connazionale, bloccando il capotreno e picchiando selvaggiamente il poliziotto;

   due degli autori del pestaggio, un ragazzo di 24 e uno di 25 anni di origini nigeriane, con regolare permesso di soggiorno, sono stati arrestati mentre tentavano la fuga su un altro treno diretto in Valtellina;

   la frequenza con cui si registrano episodi di violenza sui treni della tratta Milano-Lecco è a dir poco preoccupante: pochi giorni fa i carabinieri hanno sgominato una «baby gang» che commetteva rapine in treno e in stazione; solo una settimana fa un gruppo di ragazzi di colore ha aggredito un commerciante nei pressi della stazione di Olgiate e rapinato subito dopo un passeggero a bordo del treno diretto a Milano dandosi poi alla fuga;

   non è tollerabile che un cittadino debba sentire minacciata la propria sicurezza recandosi a prendere un treno in una stazione o addirittura che corra il rischio di subire atti di violenza e delinquenza mentre utilizza un servizio essenziale come quello del trasporto ferroviario;

   i cittadini chiedono maggiori tutele per la propria sicurezza e chiedono risposte chiare e decise per contrastare i fenomeni criminosi commessi per mano di delinquenti, spesso immigrati senza regolare permesso di soggiorno, che hanno trasformato le stazioni in luoghi pericolosi, dove prolifera lo spaccio di droga e dove si consumano reati di ogni genere –:

   alla luce della crescita esponenziale degli episodi di violenza consumati all'interno dei convogli ferroviari, sia ai danni del personale dipendente di Trenitalia da parte di passeggeri sprovvisti di biglietto, sia ai danni delle forze dell'ordine che si impegnano a far rispettare le regole a bordo dei treni, sia ai danni di passeggeri, quali iniziative i Ministri interrogati intendano mettere in atto per garantire l'ordine pubblico e la sicurezza.
(4-00205)


   PEZZOPANE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   ormai da anni, in presenza o in assenza di neve, viene disposta fino ai primi giorni del mese di maggio la chiusura di due strade, il tratto della strada statale 17-bis che da Castel del Monte porta a Fonte Vetica e la strada che da S. Stefano di Sessanio sale fino al lago e al rifugio Racollo, che conducono alla piana di Campo Imperatore (L'Aquila);

   quest'anno, negli ultimi giorni di dicembre 2017, all'apice dell'accoglienza per il turismo di Capodanno, è stato riversato sulla strada da Santo Stefano di Sessanio al rifugio Racollo un cumulo di sassi che chiude completamente il passaggio;

   tale iniziativa ha scatenato il disappunto di numerosi cittadini e operatori turistici;

   per manifestare il proprio disappunto contro tale iniziativa, il 3 gennaio 2018 il comitato «Io Vivo il Gran Sasso», un comitato di recente costituzione che comprende gli operatori turistici di tutti i borghi del comprensorio, ha organizzato una manifestazione a cui hanno preso parte decine di cittadini, operatori commerciali e turistici;

   l'impossibilità di accedere da tempo a quest'area montana di straordinaria bellezza, particolarmente votata al turismo e agli sport sta creando ingenti danni economici ad un territorio già fortemente depresso, compromettendo il futuro del turismo sul Gran Sasso e vanificando gli sforzi di tanti operatori economici che da tempo investono sulla crescita economica della zona;

   l'area propone un turismo «lento» con il territorio che accoglie l'ospite con le proprie usanze e tradizioni, un turismo bianco di ciaspole e sci di fondo, ma i problemi relativi alla viabilità determinano difficoltà insormontabili;

   secondo quanto appreso dalla stampa la chiusura di tali tratti stradali sarebbe determinata dalla mancanza di fondi destinati al pagamento del personale e del gasolio;

   spetta alla politica e alle istituzioni offrire soluzioni che concilino le esigenze di tutela della sicurezza di persone e territori con le corrispondenti esigenze di tutela del lavoro e dell'occupazione degli operatori del turismo delle aree interne –:

   quali orientamenti i Ministri interrogati intendano esprimere in riferimento a quanto esposto e, conseguentemente, quali iniziative intendano intraprendere, per quanto di propria competenza.
(4-00214)


   VIETINA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'aeroporto Marconi di Bologna ha annunciato la chiusura per 5 giorni nel mese di settembre (dalle ore 00.01 del 14 settembre alle ore 06.00 del 18 settembre 2018) per poter eseguire dei lavori di rifacimento di un ampio tratto della pavimentazione per la lunghezza di circa un chilometro e per opere di rifacimento della segnaletica;

   si legge su tutti i quotidiani che coloro che hanno prenotato voli debbano rivedere i propri programmi contattando la propria compagnia aerea con grave disagio per tutti;

   le compagnie aeree hanno già cancellato i voli per il periodo sopra indicato e hanno dirottato alcuni di questi su scali alternativi ma molto distanti dal capoluogo emiliano romagnolo;

   l'unico aeroporto funzionante della regione è Bologna, a parte Rimini per il solo periodo estivo, per effettuare pochissime tratte;

   il periodo di chiusura interessa tanti vacanzieri che giungono nella regione, sulle coste adriatiche e nell'Appennino;

   il periodo di chiusura dell'aeroporto comprende la fine e l'inizio di settimane diverse rendendo complicati i rientri di coloro che viaggiano per lavoro e per vacanza –:

   come si intenda far fronte a tale problematica e se i voli, per il periodo di chiusura dell'aeroporto, possano essere dirottati nella struttura di Forlì da tempo dimenticata, ma già utilizzata in occasione della visita del Presidente della Repubblica a Forlì ovvero se i lavori possano essere svolti a brevi intervalli per evitare i disagi.
(4-00224)


   TERZONI, GALLINELLA, EMILIOZZI, RACHELE SILVESTRI, MAURIZIO CATTOI, PARISSE, GIULIODORI, CATALDI e ROBERTO ROSSINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nelle regioni Umbria e Marche è in corso di esecuzione il progetto Quadrilatero, un sistema di infrastrutture viarie che consiste nel completamento e adeguamento di due arterie principali (asse Foligno-Civitanova Marche strada statale 77 e l'asse Perugia-Ancona strada statale 76 e strada statale 318), della Pedemontana Fabriano- Muccia/Sfercia e di altri interventi viari, idonei ad assicurare il raccordo con i poli industriali esistenti e a migliorare ed incrementare l'accessibilità alle aree interne delle regioni interessate;

   il progetto viario è composto di due maxilotti, suddivisi in sublotti, ed è in parte finanziato ed in parte in attesa di finanziamento;

   la tabella E legge di stabilità 2016, legge 28 dicembre 2015, n. 208, ha rifinanziato le risorse in favore di Anas (articolo 1, comma 68, della legge n. 147 del 2013) per 6.800 milioni di euro, di cui 20,27 milioni per maggiori esigenze per lavori in corso alla società Quadrilatero Marche Umbria; tale importo viene riportato nel contratto di programma 2016-2020;

   la delibera del CIPE 1° dicembre 2016, n. 64, ha individuato le opere prioritarie del progetto Quadrilatero (tra quelle già previste dalla delibera del CIPE n. 13 del 2004) indicandone i costi e le relative fonti di finanziamento; in particolare essa individua tra le fonti il «contratto di programma ANAS 2016-2020» per un importo complessivo di 68,642 milioni di euro. Il contratto di programma citato è stato approvato con delibera del CIPE n. 65 del 7 agosto 2017 e prevede il finanziamento di alcuni interventi attinenti al «progetto Quadrilatero»;

   la legge di stabilità 2018, legge 27 dicembre 2017, n. 205, al comma 1164 dell'articolo 1, cita: «Al fine di consentire il rapido completamento delle opere, anche accessorie, inerenti alla società Quadrilatero Umbria Marche SpA, da individuare specificamente nell'aggiornamento del contratto di programma 2016-2020 stipulato con ANAS SpA, è concesso ad ANAS SpA un contributo straordinario pari a 32 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022», quindi con un ulteriore finanziamento di 160 milioni di euro;

   agli interroganti risultano non ancora finanziati i seguenti interventi:

    sublotto 1.2 Semisvincolo Menotre;

    sublotto 1.4 Allaccio strada statale 77-strada statale 3 a Foligno;

    sublotto 2.3 Intervallina Tolentino – San Severino;

    sublotto 2.4 strada statale 78 Val di Fiastra –:

   se intenda rendere disponibile l'elenco delle opere finanziate in relazione al progetto Quadrilatero con l'accordo di programma 2016-2020 con relativi importi, con particolare riguardo ai 20,27 milioni di euro stanziati con la legge n. 208 del 2015, ai 68,642 milioni di euro citati nella delibera CIPE del 1° dicembre 2016, n. 64, ai 160 milioni di euro stanziati con la legge n. 205 del 2017;

   se risultino fra queste opere finanziate altre opere accessorie, opere di manutenzione straordinaria, od altre opere necessarie al completamento del progetto Quadrilatero non previste in precedenti delibere e accordi;

   se per il completamento del progetto Quadrilatero risultino necessari ulteriori finanziamenti, a quanto ammontino e, in caso affermativo, per quali opere.
(4-00236)


   MAGI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il regolamento (CE) 1071/2009 stabilisce le norme comuni per l'accesso alla professione di trasportatore su strada, sia di merci che di persone, e detta i requisiti minimi che le imprese di trasporto devono possedere a tutela di specifici interessi, tra cui quello alla sicurezza;

   il possesso di tali requisiti è certificato dall'iscrizione in un registro nazionale che in Italia è stato istituito con decreto dirigenziale 25 novembre 2011, n. 291, ed è gestito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tramite la Motorizzazione civile;

   per quanto riguarda l'idoneità finanziaria, l'articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (CE) 1071/2009 chiarisce che il requisito si intende soddisfatto quando un'impresa sia in grado di dimostrare «di disporre ogni anno di un capitale e di riserve per un valore di almeno 9.000 euro, quando è utilizzato un solo veicolo e di 5.000 euro per ogni veicolo supplementare». In deroga al paragrafo 1 l'autorità competente può consentire all'impresa di dimostrare tale requisito mediante una fideiussione di pari importo;

   l'articolo 13, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1071/2009 disciplina in maniera tassativa il procedimento di sospensione e revoca delle autorizzazioni. In caso di insussistenza dell'idoneità finanziaria, la norma prevede la possibilità, per l'autorità competente, di concedere un termine «non superiore ai sei mesi» affinché l'impresa possa dimostrare «che tale requisito sarà nuovamente soddisfatto in maniera permanente»;

   a quanto si apprende dalla stampa, la fideiussione di Atac s.p.a. necessaria per attestare l'idoneità finanziaria sarebbe scaduta nel 2017 e non sarebbe stata rinnovata entro i sei mesi concessi dal Regolamento;

   scaduto il termine, il Ministero avrebbe concesso un ulteriore termine di 60 giorni fino all'udienza che si terrà avanti al tribunale di Roma il 30 maggio 2018 per l'eventuale revoca del concordato preventivo cui Atac s.p.a. stata provvisoriamente ammessa;

   sembrerebbe che, tra le eventualità considerate, vi sia quella di un'ulteriore proroga in caso di un positivo esito dell'udienza del 30 maggio 2018 e fino all'adunanza dei creditori o quella di ammettere la presentazione della fideiussione da parte di Roma Capitale, socio unico di Atac s.p.a.;

   entrambe le ipotesi sono, a giudizio dell'interrogante contrarie alla normativa, in quanto la prova della capacità finanziaria non può essere postergata oltre i sei mesi, mentre, al netto delle problematiche concernenti il divieto degli aiuti di Stato, la fideiussione è una prova della capacità finanziaria dell'operatore che effettua il trasporto e non di chi ne è proprietario;

   l'8 maggio 2018 due autobus hanno preso fuoco a Roma, aggiornando una catastrofica serie di roghi che hanno visto coinvolte 8 vetture nell'anno corrente e 22 vetture nel 2017;

   la statistica degli incendi è evidentemente ricollegabile all'inadeguata manutenzione delle vetture –:

   su quali basi normative la Motorizzazione civile abbia ritenuto di concedere la proroga per il rilascio della fideiussione, nonostante l'incapacità finanziaria di Atac s.p.a. non sia stata sanata nei sei mesi concessi dal regolamento (CE) n. 1071/2009;

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato, per quanto di competenza, in merito al protrarsi della situazione di irregolarità operativa di Atac s.p.a.
(4-00245)


   GRIBAUDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il tunnel del Colle di Tenda in Piemonte, ultimato nel 1898 è uno dei più vecchi in esercizio; l'accordo di Parigi del 12 marzo 2007 ha previsto la realizzazione di un nuovo tunnel, i cui lavori sono stati aggiudicati nel 2012 da Grandi Lavori Fincosit e sono iniziati il 21 novembre 2013, con previsione di ultimazione entro febbraio 2020; il cantiere è uno dei più importanti del nord Italia, comportando un investimento di 176 milioni di euro (al 58 per cento pagati dall'Italia, al 42 per cento dalla Francia);

   dal 2011, il tunnel si può attraversare solo a senso unico alternato, con attese di 27 minuti ai semafori;

   nel mese di maggio 2017, la magistratura di Cuneo disponeva il sequestro del cantiere a seguito di intercettazioni che hanno comportato l'apertura di un'inchiesta per furto aggravato e frode in pubbliche forniture, iscrivendo 17 dipendenti di Anas e Fincosit nel registro degli indagati;

   nell'estate del 2017 i sindaci francesi della val Roya hanno vietato, con propria ordinanza, il transito dei mezzi pesanti oltre le 19 tonnellate sulla Rd6042; tale divieto persiste causando notevoli danni alle potenzialità turistiche delle valli cuneesi, ai lavoratori transfrontalieri italiani e alle numerose aziende italiane con rapporti commerciali sul versante francese; danni rilevanti si registrano anche sul fronte ambientale;

   il cantiere è stato dissequestrato ad agosto 2017; si apprende a mezzo stampa che sarebbe intercorso fra Anas e Fincosit uno scambio di lettere, nei primi mesi del 2018, tramite il quale l'impresa appaltatrice trasmetteva un programma di recupero del ritardo accumulato dal cantiere; ciò nonostante, il 5 aprile 2018 Anas ha scelto di rescindere «in danno» il contratto a causa di gravi inadempienze; il 6 aprile è stato emesso l'ordine di servizio per richiedere a Fincosit di mettere in sicurezza il cantiere, da liberare entro il 30 maggio 2018; in caso di ricorso da parte di Fincosit o di non accettazione dell'appalto da parte delle altre ditte partecipanti alla gara, le tempistiche per la costruzione dell'opera si allungherebbero al punto da decretarne l'interruzione;

   i 25 gli operai del cantiere che per questo motivo rischiano di perdere il lavoro hanno manifestato per protesta nei pressi dell'imbocco italiano del tunnel di Tenda per vari giorni durante il mese di aprile 2018;

   il 4 maggio 2018 in virtù del maltempo che ha colpito la provincia di Cuneo è avvenuto l'allagamento di entrambe le gallerie; il quotidiano La Stampa Cuneo in data 9 maggio riporta che nel soffitto in cemento del Tenda-bis si sarebbe aperta una voragine, dalla quale proviene una cascata d'acqua che allaga la carreggiata sottostante e coinvolge anche il traforo storico, attraverso i by-pass di collegamento, creando anche alcune «fontane» nelle pareti in mattoni;

   appare sempre più forte il rischio non solo che l'opera di costruzione del nuovo tunnel venga interrotta, ma che sia stato danneggiato anche il tunnel originale, con gravissime conseguenze per i cittadini, le imprese e gli enti locali –:

   quali siano le motivazioni e le gravi inadempienze che hanno condotto Anas a rescindere il contratto per la costruzione del tunnel Tenda-bis con Grandi Lavori Fincosit;

   quali iniziative intenda adottare per garantire la ripresa dei lavori in tempi brevi e certi per la costruzione del tunnel Tenda-bis, collegamento infrastrutturale indispensabile per i lavoratori e le imprese della provincia di Cuneo verso le valli Roya e Vermenagna, anche tutelando i lavoratori finora occupati all'interno del cantiere e assicurando la salvaguardia del traforo originale.
(4-00247)


   FIORINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da fonti stampa, locali e nazionali, si apprende della probabile partenza, entro maggio 2018, dei lavori per la realizzazione della Campogalliano-Sassuolo, infrastruttura di collegamento tra la A22 e la strada statale 467 Pedemontana. Un'opera imponente, in tutto 25,5 chilometri di strade, di cui 14 per il collegamento tra l'interconnessione A22-A1 e Sassuolo, 3,6 di raccordo con la tangenziale di Modena, 6,5 della variante di Rubiera e ulteriori 1,4 di raccordo;

   nel maggio 2016 il Comitato interministeriale per la programmazione economica aveva infatti concesso anche la defiscalizzazione prevista dall'articolo 18 della legge n. 183 del 2011 per le opere di valenza strategica da realizzarsi in project financing. Il costo dell'opera si aggira sui 506 milioni di euro (540 con gli oneri finanziari) dei quali 215 provenienti da contributo statale. La relativa convenzione prevede 31 anni di concessione, di cui quattro per la realizzazione stessa dell'opera da parte di AutoCS, aggiudicatario della gara;

   l’iter procedurale era partito nel 2001, mentre il bando di gara era stato indetto da Anas il 3 dicembre 2010. Nel 2013 c'era poi stenta l'aggiudicazione provvisoria della concessione a un'Ati, poi trasformatasi in AutoCS spa guidata da Autostrada del Brennero spa in qualità di mandataria (51 per cento delle quote) con al suo interno anche Pizzarotti Spa (31 per cento), Coopsette, Oberosler Cav Pietro Spa, Consorzio Stabile Coseam Italia Spa, Edilizia Wipptal Spa e Cordioli Spa. La convenzione era stata successivamente firmata nel dicembre 2014;

   a più riprese, e soprattutto nel corso degli ultimi mesi, la realizzazione dell'opera è tornata al centro delle dichiarazioni del Ministro interrogato il quale ha annunciato la partenza dei lavori a maggio 2018 e il suo completamento entro quattro anni;

   il 23 febbraio 2018 è stato approvato, con decreto interministeriale, l'atto aggiuntivo alla convenzione di concessione, al fine di regolare progettazione, costruzione e gestione di questo importante collegamento;

   la Campogalliano-Sassuolo rappresenta indubbiamente una infrastruttura fondamentale per la zona e la sua realizzazione porterebbe un immediato beneficio, sgravando la viabilità ordinaria dal traffico dei mezzi pesanti. I vari caselli intermedi, inoltre, consentirebbero allo scalo merci di Marzaglia di entrare finalmente in funzione con un ruolo strategico nell'ambito sud-europeo. È pertanto indispensabile e prioritario che tale opera giunga a compimento senza ulteriori ritardi;

   all'interno della società beneficiaria della concessione e dell'attuazione del progetto figura, come sopra citato, anche la Coopsette con una quota che ammonterebbe a quasi il 20 per cento del capitale sociale. Tale cooperativa, come si rileva anche da fonti stampa, risulterebbe in fallimento –:

   se i lavori per la realizzazione della Campogalliano-Sassuolo risultino effettivamente avviati e, in caso negativo, quali siano gli eventuali ostacoli che ancora ne ritardano la partenza;

   se sussistano eventualmente criticità e, in caso affermativo, quali siano, in relazione al fallimento della Coopsette, cooperativa facente parte della società per azioni aggiudicataria della concessione;

   quale soggetto sia eventualmente destinato a subentrare alla Coopsette o se, in alternativa, le quote della Coopsette siano state assorbite da altro socio;

   quali iniziative si intendano assumere per evitare che si registrino ulteriori ritardi nella realizzazione dell'opera e per monitorare costantemente la regolare prosecuzione dei lavori in questione.
(4-00248)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   NOVELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale e locale, in data 6 maggio 2018 due giovani di origine nigeriana sono stati arrestati dagli agenti della questura di Lecco con l'accusa di aver partecipato, con altri loro connazionali, al pestaggio di un poliziotto fuori servizio intervenuto in aiuto di un capotreno a bordo di un convoglio di Trenord nella tratta Milano-Lecco;

   per quanto risulta, il dipendente di Trenord avrebbe sorpreso un passeggero nigeriano senza biglietto e chiesto aiuto al poliziotto per farlo scendere alla stazione di Arcore (Milano): l'uomo sarebbe sceso, ma sarebbe subito risalito su un'altra carrozza del convoglio che nel frattempo aveva ripreso la sua corsa. A questo punto, il controllore e l'agente si sarebbero diretti da lui trovandolo insieme con un gruppo di suoi connazionali che, di fronte alle rimostranze del poliziotto, lo avrebbe aggredito. Dopo averlo preso a calci e pugni, il gruppetto sarebbe quindi fuggito scendendo alla stazione di Carnate (Monza), dove sono sopraggiunti i carabinieri che hanno identificato sette nigeriani sorpresi ancora nello scalo. Poco dopo, alla stazione di Calolziocorte, la polizia ha fermato il successivo treno partito da Milano Porta Garibaldi alla volta di Lecco identificando altri sette africani, due dei quali erano gli stessi fermati a Carnate. Proprio questi ultimi sono stati arrestati perché corrispondenti alle descrizioni fornite dagli aggrediti, e per loro è scattata l'accusa di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni in concorso e tentata rapina per aver cercato di strappare la placca identificativa dell'agente;

   ad avviso dell'interrogante non appare in alcun modo possibile continuare a tollerare gravissimi episodi di tal fatta in cui immigrati violenti commettono, durante la loro permanenza in Italia, scellerati soprusi e atti di delinquenza a danno di onesti cittadini –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo, alla luce di quanto descritto in premessa, con particolare riguardo all'opportunità di incrementare il numero delle forze dell'ordine, provvedendo quanto prima con nuove assunzioni di giovani che possano rendere più efficaci i servizi di controllo del territorio e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica;

   quali elementi si intendano fornire in riferimento alle più recenti statistiche sugli atti di violenza o di criminalità compiute dagli immigrati, con un raffronto percentuale tra la presenza numerica degli stessi e il numero e l'entità dei reati commessi, nonché con un quadro complessivo delle carenze di organico delle forze dell'ordine su base provinciale.
(4-00206)


   MONTARULI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la legge italiana non prevede il riconoscimento di figli nati sul territorio nazionale da coppia «omogenitoriale»;

   nonostante ciò e il rifiuto degli uffici dell'anagrafe di Torino di attestare il falso, in data 23 aprile 2018 il sindaco di Torino, Chiara Appendino, ha trascritto l'atto di nascita in Italia di un bambino quale figlio di una coppia dello stesso sesso, concepito all'estero con procreazione assistita;

   l'articolo 5 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, vieta espressamente l'accesso alle tecniche di procreazione mediamente assistita a coppie dello stesso sesso, mentre l'articolo 12 della medesima legge vieta il ricorso alla surrogazione di maternità, nonché alla sua organizzazione o pubblicizzazione;

   con l'articolo 29 della Costituzione la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale;

   l'iniziativa del sindaco Appendino rappresenta quindi, ad avviso dell'interrogante, una palese violazione delle norme del nostro ordinamento, non colmando alcuna lacuna normativa;

   in ogni caso, il sindaco Appendino e i primi cittadini che successivamente hanno assunto la stessa iniziativa sono intervenuti su una materia che è competenza esclusiva dello Stato;

   pertanto, a prescindere dal merito della vicenda, anche nel caso in cui si ritenga sussistente un vuoto normativo l'atto in questione risulterebbe carente per difetto di competenza;

   in passato alcuni tribunali hanno ordinato la trascrizione degli atti di nascita di bambini su istanza di coppie dello stesso sesso, ma in tali casi le ordinanze dei giudici riguardavano fattispecie relative a provvedimenti emessi in altri ordinamenti, in quanto relativi a minori nati in Paese straniero, e ne dichiaravano l'efficacia nell'ordinamento italiano;

   in tali casi, tuttavia, al giudice adito era inibito un qualsivoglia autonomo accertamento della compatibilità dei suddetti provvedimenti con la legislazione nazionale, dovendo esprimersi esclusivamente sul mantenimento dello status filiationis conseguito dal minore all'estero;

   nel caso in esame, invece, il provvedimento del sindaco Appendino non è volto a mantenere ma bensì ad instaurare lo status filiationis del minore, ad avviso dell'interrogante in palese contrasto con le norme di diritto interno e internazionale a tutela dei minori;

   nei provvedimenti de quo prevale, infatti, l'interesse degli adulti a dichiararsi, a giudizio dell'interrogante falsamente, genitore naturale del bambino, esercitando un'opzione non prevista dal nostro ordinamento;

   il Governo non ha ancora provveduto ad annullare gli atti del sindaco Appendino e degli altri sindaci che hanno imitato l'iniziativa –:

   se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza finalizzata ad annullare tutti i provvedimenti di registrazione di nascita in Italia di bambino quale figlio di compia dello stesso sesso.
(4-00211)


   ZOFFILI, MOLTENI, LOCATELLI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sicurezza non accenna ad attenuarsi nell'Erbese, come dimostra un nuovo, ulteriore, sconcertante fatto di cronaca;

   il 24 aprile 2018, un truffatore presentatosi come dipendente di una società di servizi incaricata di controllare i contatori dell'acqua si è fatto aprire le porte di casa da una coppia di pensionati residenti a Guiano, rione di Villa Romanò, frazione del comune di Inverigo;

   il malvivente, probabilmente uno straniero extracomunitario, una volta nell'abitazione dei due pensionati è riuscito con un raggiro a farsi consegnare un portafogli e una scatola metallica contenente alcuni documenti, effetti personali ed una significativa somma di denaro, prima di allontanarsi e raggiungere un complice, che vestiva l'uniforme della polizia locale;

   pur attirando l'attenzione del circondario con urla, gli anziani truffati venivano soccorsi soltanto da una passante, che però nulla poteva fare per fermare i malviventi, ormai in fuga in auto;

   dalla stazione di Lurago giungevano infine dei carabinieri, che non potevano far altro che raccogliere delle testimonianze;

   non sarà facile individuare i responsabili della truffa, anche perché a Guiano non sono installati dei sistemi di videosorveglianza –:

   quali iniziative il Governo ritenga di dover assumere per arginare la pressione crescente della criminalità e per garantire la sicurezza della proprietà privata ad Inverigo e nei suoi dintorni;

   per quali ragioni il Governo non provveda ad incrementare la presenza delle forze dell'ordine nella provincia comasca, in particolare rendendo ancora più capillare quella dei carabinieri con l'apertura di nuovi presidi o il rafforzamento delle pattuglie mobili.
(4-00217)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in relazione al Servizio per la gestione del ciclo dei rifiuti del comune di Torre del Greco, l'ex sindaco Ciro Borriello tramite l'ordinanza n. 651 del 2017, disponeva il passaggio di «cantiere» a favore dell'attuale ditta «consorzio Gema» che, pertanto, è in servizio attivo dal 2 luglio 2017;

   con la medesima ordinanza venivano regolate le modalità di conferimento dei rifiuti per prevenire il rischio di carenze igienico-sanitarie; l'accesso alle isole ecologiche ai cittadini era consentito tutti i giorni dalle ore 6 alle ore 24 e venivano altresì previste sanzioni amministrative per i trasgressori, nonché un piano di vigilanza per garantire l'osservanza delle regole;

   il 28 luglio l'ex sindaco Ciro Borriello rassegnava le dimissioni dalla carica; di conseguenza, il prefetto nominava quale commissario il dottor Giacomo Barbato, che rimarrà in carica fino alle prossime elezioni;

   nell'agosto 2017, la città di Torre del Greco era alle prese con una crisi nella raccolta dei rifiuti, gravissima nelle zone più dense e popolate della città e nei quartieri distanti dalle isole ecologiche e non servite dal sistema di raccolta porta a porta; segnale di un non corretto funzionamento dello spazzamento delle strade e della raccolta dei sacchetti;

   il 18 ottobre, il comune di Torre del Greco incontrava il consorzio Gema per individuare le ragioni delle criticità riscontrate in riferimento allo smaltimento dei rifiuti, allo spazzamento e all'igiene urbana e venivano concordate alcune misure per risolvere il problema;

   con l'ordinanza n. 1089 del 2017, venivano ridotti gli orari di accesso agli ecopunti: attualmente, infatti, le utenze domestiche e commerciali possono depositare i rifiuti presso le isole ecologiche tutti i giorni solamente dalle ore 17:00 alle ore 23:00;

   gli ultimi cambiamenti non sembrano aver apportato miglioramenti ad una situazione che perdura in modo sempre più visibile dall'insediamento del consorzio Gema e dal commissariamento del comune; da luglio 2017, infatti, i dati sulla raccolta differenziata precipitano ai minimi storici: un serio problema per l'ambiente;

   in data 15 aprile 2018, da articoli di stampa si apprende che la questione rifiuti sembrerebbe essere sfuggita di mano in tutte le zone della città: le foto scattate dai passanti – cittadini e non – testimoniano una situazione in cui le isole ecologiche sono colme di sacchetti di ogni tipo, le grate sono ostruite, le bottiglie e le carte sono lasciate lungo i marciapiedi, per le strade si respira un odore nauseabondo; gli attacchi sui social network e le minacce di denuncia nei confronti dell'amministrazione comunale e dei responsabili del servizio aumentano a dismisura; cresce incessantemente il numero di proteste a causa dei pericoli igienico-sanitari, maggiormente percepibili nelle ultime giornate con l'aumento delle temperature, che mettono a serio rischio la salute delle persone;

   si tratterebbe di una vera e propria emergenza che il comune non sembra riuscire a risolvere: l'intensificazione delle azioni di vigilanza e controllo per contrastare eventuali azioni di illegittimo sversamento avrebbe prodotto scarsi risultati, essendo stati stilati peraltro pochissimi verbali; la previsione di sanzioni amministrative da centinaia di euro non sarebbe servita a migliorare la situazione e gli incontri con il consorzio Gema non avrebbero reso più efficiente il servizio; insomma l'azione dei commissari risulta all'interrogante insufficiente o inadeguata –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, ritenga opportuno adottare per fronteggiare il pericolo igienico-sanitario del territorio del comune di Torre del Greco e accertare eventuali inadempienze e responsabilità nell'attività del commissario straordinario.
(4-00222)


   PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 29 aprile 2018 presso il cimitero di Staglieno si è svolta una commemorazione per i caduti fascisti della Repubblica sociale italiana. A tale cerimonia hanno partecipato due rappresentanti istituzionali, della regione Liguria e del comune di Genova, fra cui il consigliere comunale Sergio Gambino che vi ha preso parte indossando la fascia tricolore;

   l'evento, svoltosi peraltro a pochi giorni dall'anniversario della Liberazione italiana dalla dittatura fascista, costituisce una preoccupante legittimazione istituzionale nei confronti di un regime, la Repubblica di Salò, voluto dalla Germania nazista e guidato da Benito Mussolini. Atti di questa natura, a giudizio dell'interrogante, non devono essere permessi e men che meno sottovalutati o minimizzati;

   il fascismo è stato violenza, sopraffazione e privazione di libertà. Il caso di Genova rappresenta un grave affronto alla cultura democratica e antifascista racchiusa nei principi e valori fondanti della Costituzione italiana e un oltraggio alla Resistenza che ha permesso la liberazione del nostro Paese dalla dittatura nazifascista;

   a tal riguardo, è importante sottolineare come proprio Genova, che per la sua attività antifascista e il suo ruolo rilevante nella guerra di Liberazione è stata insignita di medaglia d'oro al valore militare, incarni un esempio straordinario di resistenza politica e civile e meriti ben altri scenari –:

   di quali elementi disponga in relazione a quanto avvenuto a Genova e quali iniziative, a tutela dei principi democratici costituzionali e dell'ordinamento italiano, intenda adottare per diffondere i valori dell'Antifascismo e della Resistenza, che, ad avviso dell'interrogante, sono profondamente lesi da eventi come quello sopra richiamato.
(4-00237)


   FRASSINETTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la sera del 24 marzo 2018, intorno alle ore 19,30, una ragazza diciannovenne residente a Cavenago, mentre rientrava a casa dal lavoro, presso la stazione ferroviaria di Desio, è stata vittima di una violenza sessuale commessa da un tunisino di 28 anni, clandestino senza fissa dimora e già noto alle forze dell'ordine, che prima l'ha rincorsa ed in seguito, una volta raggiunta a pochi metri dai binari, dopo averle rivolto dei complimenti volgari, l'ha immobilizzata e palpeggiata in tutto il corpo cercando di spogliarla;

   la malcapitata è riuscita a salvarsi dalla violenta aggressione solamente grazie all'aiuto di alcuni pendolari presenti in stazione che, attirati dalle sue urla strazianti, sono intervenuti prontamente mettendo in fuga l'aggressore;

   il tunisino, vistosi scoperto, ha subito tentato di dileguarsi salendo su un convoglio in partenza, ma è stato bloccato dai presenti e dalla giovane ragazza che gli hanno impedito la fuga;

   successivamente è andata in scena una paradossale pantomima nella quale il ventottenne, non avendo altre vie di scampo, ha inscenato un'aggressione ferendosi in modo lieve ad una vena, con l'intenzione di accusare la ragazza di averlo aggredito;

   anche tale tentativo di dissimulare i fatti è andato però in fumo, in quanto un operatore del 112, contattato dalla diciannovenne e con il quale era rimasta aperta la conversazione telefonica, registrava la minaccia del tunisino che, prima di ferirsi, ammoniva la ragazza dicendole: «adesso ti faccio vedere io»;

   tale aggressione, che per pura fortuna non si è trasformata in tragedia, è solamente l'ennesimo atto di violenza perpetrato da stranieri clandestini ai danni di cittadini italiani ed evidenzia quanto ormai sia intollerabile e grave la situazione nel nostro Paese;

   è allarmante che tali fatti possano accadere in una stazione ferroviaria, in un'ora di punta in cui ci sono numerosissime persone ed ai danni di una ragazza che rientra a casa dal lavoro, perché è il sintomo di una situazione che si va sempre più degenerando e che sta instillando nella gente sempre più paura e angoscia;

   la stazione di Desio non è nuova ad atti di violenza e nelle scorse settimane è stata luogo di risse e aggressioni che l'hanno portata al centro della cronaca locale;

   nel 2008, in seguito all'aumento di reati e azioni criminali di particolare allarme sociale, è stata istituita, con il decreto-legge 23 maggio 2008 n. 92, l'operazione «Strade sicure» con l'impiego di personale delle Forze armate, in collaborazione con le Forze di polizia, per servizi di vigilanza a siti sensibili ed il pattugliamento di alcune aree urbane particolarmente sensibili;

   i dati forniti dal Ministero della difesa (arrestate oltre 15.500 persone, controllati e identificati quasi 3 milioni di persone e sequestrando oltre 2,2 tonnellate di sostanze stupefacenti) dimostrano come detta operazione, tutt'oggi ancora operante, sia un efficace mezzo di contrasto della criminalità, garantendo una maggiore sicurezza ai cittadini –:

   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno verificare l'adeguatezza delle misure di sicurezza adottate dalle forze dell'ordine in un luogo tanto sensibile, quale la stazione ferroviaria di Desio, specificando quali urgenti iniziative intendano adottare per garantire una maggiore sicurezza pubblica e scongiurare il ripetersi di fatti così gravi come quelli sopra illustrati di cui, sempre più frequentemente, sono protagonisti stranieri clandestini, per di più, spesso, già con gravi precedenti penali alle spalle;

   se non ritengano utile assumere iniziative per implementare l'operazione «Strade sicure», assicurando una presenza più capillare del personale militare e delle forze dell'ordine.
(4-00238)


   MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a sei anni dalla sua occupazione, l'ex sede Inpdai di viale delle Provincie, a due passi dalla centralissima piazza Bologna della Capitale, si è trasformata in un fortino inespugnabile, dove vivono abusivamente 500 persone di varia nazionalità;

   secondo quanto dichiarato dal responsabile dell'occupazione: «Il Comune non ha mai fatto censimenti, perché noi non siamo d'accordo con i loro criteri. Vengono qua per decidere chi ha il diritto ad un alloggio e chi no, per noi, invece, il diritto ce l'hanno tutti. Da anni le politiche securitarie sono rivolte contro i poveri, il terrorismo è una scusa, hanno ben altri sistemi per contrastarlo. Insomma, se le forze dell'ordine vogliono entrare devono farlo con la forza»;

   si tratta di una sorta di zona franca, inaccessibile anche alle forze dell'ordine, che si rispecchia nell'insicurezza che serpeggia tra i vicini, secondo cui gli occupanti del palazzo dovrebbero essere almeno censiti, mentre i commercianti di zona sono già corsi ai ripari, blindando e mettendo in sicurezza le attività;

   a riprova della situazione/delicata di degrado e precarietà che si è creata in questi anni di totale assenza delle istituzioni, si citano i casi di stupro che si sono registrati all'interno del palazzo, il risaputo giro di spaccio che va avanti sia all'interno che all'esterno dell'edificio, le tante storie di furti che si possono raccogliere parlando con il vicinato;

   le occupazioni a Roma, come in altre parti del nostro Paese, non sono una novità, ma i fatti di cronaca come quello legato allo sgombero di via Curtatone con successiva guerriglia tra occupanti immigrati e forze dell'ordine dovrebbe obbligare tutte le istituzioni a riflettere sulla necessità di una soluzione definitiva a un problema annoso, perché in ciascuno di questi palazzi occupati si nasconde, potenzialmente, una «bomba» sociale pronta a deflagrare;

   un fenomeno che rischia di diventare endemico, non solo nelle periferie ma anche in quartieri storici del centro, dove immobili spesso privati sono stati sfilati di mano ai legittimi proprietari, da un lato costretti a pagare tasse e imposte e, dall'altro, impossibilitati a godere del proprio bene, con rilevanti danni economici;

   secondo un rapporto diffuso nel 2016 dal capo della polizia Franco Gabrielli, sarebbero 93 gli edifici occupati abusivamente a Roma, in molti casi si tratta di case popolari di edilizia pubblica, ma ci sono anche diversi complessi privati. Situazioni del tutto fuorilegge che pure danno ospitalità ad almeno 3-4mila stranieri con lo status di rifugiato, incredibilmente rimasti fuori dal sistema dell'accoglienza pur riccamente finanziato;

   numeri, quelli dell'occupazione abusiva, che ovviamente pongono problemi di ordine pubblico, nella Capitale, così come su tutto il territorio nazionale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di dover fare luce su una situazione che, soprattutto nella Capitale, potrebbe sfuggire al controllo da un momento all'altro e se, nel caso di specie, non ritenga necessario assumere ogni iniziativa di competenza per lo sgombero immediato dell'ex sede Inpdai di viale delle Province a Roma.
(4-00239)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUCALO, CIABURRO e RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   le istituzioni scolastiche di tutto il territorio nazionale versano in una gravissima situazione dovuta all'assenza della figura del direttore dei servizi generali ed amministrativi (Dsga), posizione apicale nel mondo della scuola;

   nonostante l'entrata in vigore della legge di bilancio per il 2018, il Governo, infatti, non ha ancora provveduto ad emanare il bando di concorso per il reclutamento a tempo indeterminato dei Dsga;

   i posti disponibili per il corrente anno scolastico sono già millesettecento, e dal 1° settembre 2018 risulteranno incrementati di ulteriori settecento unità, e se non saranno coperti si verificherà il collasso dell'attività del settore amministrativo nelle scuole di tutto il Paese;

   inoltre, attualmente i posti vacanti vengono coperti attraverso il ricorso a reggenze da parte di assistenti amministrativi in possesso di determinati requisiti, per i quali, invece, dovrebbe essere bandito un apposito concorso riservato o dovrebbe essere prevista una riserva di posti;

   attualmente sono in corso le procedure concorsuali per il reclutamento di oltre duecento funzionari amministrativi-contabili e di cinque dirigenti amministrativi degli uffici centrali e periferici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, mentre per il ruolo dei Dsga, nonostante un numero così rilevante di posti disponibili nelle scuole, il Governo non sta ancora procedendo con la copertura delle vacanze d'organico –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di assumere iniziative per provvedere in tempi brevissimi alla emanazione del relativo bando di concorso, per scongiurare il rischio che il sistema scolastico nazionale si ritrovi nell'impossibilità di gestire la propria complessa struttura interna, con grave nocumento di tutti i cittadini.
(4-00209)


   VACCA, BELLA e TUZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   numerose notizie di stampa riportano che almeno 411 docenti universitari sono oggetto di accertamenti da parte della Guardia di finanza e della Corte dei Conti per verificare il rispetto delle norme che regolano l'incompatibilità tra attività professionale privata e le attività istituzionali nell'università, quali l'insegnamento, il tutorato, il ricevimento degli studenti, lo svolgimento degli esami di profitti, le attività scientifiche e gestionali;

   ai sensi dell'articolo 6, comma 10, della legge del 30 dicembre 2010, n. 240, i professori e i ricercatori a tempo pieno possono svolgere, previa autorizzazione del rettore, compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purché non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l'università di appartenenza, a condizione comunque che l'attività non rappresenti detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall'università di appartenenza; è opportuno sottolineare, al riguardo, che la chiara volontà del legislatore mira ad esigere dal professore a tempo pieno una completa dedizione a quelli che sono i compiti istituzionali;

   ai sensi dell'articolo 53, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal decreto stesso;

   i casi segnalati attraverso la stampa o su cui è stata posta attenzione attraverso atti di sindacato ispettivo sono numerosi e spesso riguardano anche gli incarichi dei professori universitari presso le pubbliche amministrazioni centrali o degli enti territoriali;

   ad avviso degli interroganti, è necessario rivedere le norme sui diritti, sui doveri e sulle incompatibilità dei docenti universitari attraverso l'introduzione di meccanismi che limitino l'assunzione di attività professionali extra accademici quali consulenze per enti pubblici e privati e incarichi politici (assessori, presidenze di enti pubblici o partecipati), che comprenda anche l'introduzione di sistemi efficaci di controllo e trasparenza sul regime a tempo definito del professore universitario, anche attraverso l'indicazione sul portale di ogni ateneo dei nominativi dei professori che chiedono il regime a tempo definito –:

   se e quali iniziative intenda promuovere per limitare questo fenomeno che, evidentemente, è di proporzioni ben più grandi rispetto a quanto emerso in questi giorni;

   se siano già disponibili dati, anche parziali, che quantificano il danno economico per le casse pubbliche;

   quali siano i nominativi dei professori universitari in relazione ai quali sono stati contestati gli illeciti descritti in premessa.
(4-00219)


   RIXI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 16 della legge n. 240 del 2010 per la partecipazione ai concorsi nelle singole università per la qualifica di professore di I o II fascia, è previsto come requisito necessario il possesso dell'abilitazione scientifica nazionale;

   l'abilitazione scientifica nazionale costituisce pertanto il titolo richiesto per partecipare ai concorsi di varia tipologia indetti dagli atenei italiani;

   nel processo dell'abilitazione sono coinvolte 190 commissioni concorsuali (corrispondenti ai settori concorsuali). Le commissioni sono composte da cinque professori ordinari, sorteggiati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nell'ambito di apposite liste formate dall'Anvur;

   le commissioni per abilitazione scientifica nazionale 2016 dovranno concludere i lavori il 4 agosto 2018, ma, poiché nei vari settori concorsuali i concorrenti sono centinaia (per la sola filosofia del diritto sono 79 – molti di più per facoltà come medicina) è quanto mai necessaria una proroga del termine suddetto;

   il rischio è che, per esigenze di accelerazione delle procedure legate alla necessità di concluderle entro il mese di agosto, vengano stilati giudizi poco approfonditi e indulgenti sui concorrenti; questo potrebbe rendere molto più agevoli e numerosi gli eventuali ricorsi da parte dei non ammessi;

   la proroga del termine dovrebbe essere stabilita attraverso un provvedimento legislativo, peraltro in una particolare situazione politica –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere, in tempi brevi, iniziative normative d'urgenza per consentire la conclusione del lavoro delle commissioni per l'abilitazione scientifica con il dovuto approfondimento.
(4-00235)


   AZZOLINA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 165 del 2001, articolo 36, comma 2, sancisce che: «per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi della forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile»; lo stesso articolo 36, comma 5 stabilisce che: «(...) Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalle prestazioni di lavoro in violazione delle disposizioni imperative»;

   la direttiva europea 1999/70/CE recepisce l'accordo quadro Ces, Unice e Ceep sul lavoro a tempo determinato per il quale l'utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato basata su ragioni oggettive è un modo di prevenire gli abusi;

   a seguito di contenzioso, portato avanti dal personale della scuola, per ottenere la stabilizzazione dei contratti da tempo determinato stipulati su posti vacanti e disponibili superiori ai 36 mesi, la Corte di giustizia europea si è pronunciata nelle cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13, C-418/13;

   la medesima Corte ha stigmatizzato l'illegittimo ricorso a contratti a tempo determinato ribadendo che «spetta alle autorità nazionali adottare misure che devono rivestire un carattere non solo proporzionato ma anche sufficientemente energico e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell'accordo quadro»;

   la Corte di Cassazione con sentenza 22552/2016 ha ricostruito la disciplina applicabile in caso di reiterazione dei contratti a termine per la copertura di posti vacanti in «organico di diritto», a seguito della declaratoria di illegittimità dell'articolo 4, comma 1 e 11, della legge n. 124 del 1999 ad opera della sentenza della Corte Costituzionale n. 187 del 2016;

   secondo la Corte di Cassazione il limite temporale, superato il quale il rinnovo dei contratti a termine deve ritenersi illegittimo, è il termine triennale di cui all'articolo 400 del testo unico n. 297 del 1994;

   la Corte di Cassazione analizzando le misure risarcitorie idonee a reprimere l'abuso, ha stabilito che la legge n. 107 del 2015 non ha eliminato gli illeciti costituiti dalla reiterazione di contratti a termine «per il solo fatto di aver previsto procedimenti di stabilizzazione». Il personale docente o ata che sia stato assunto per più di tre anni con contratti in «organico di diritto» e non abbia goduta di una delle misure di stabilizzazione, ha diritto al risarcimento per equivalente;

   ictu oculi molti tra i contratti stipulati con il personale scolastico italiano nel corso degli ultimi anni, sono stati completamente slegati da esigenze temporanee ed eccezionali. La loro unica finalità, ad avviso dell'interrogante, era coprire, attraverso l'utilizzo distorto del contratto a termine, posizioni lavorative stabili e permanenti, con il mero obiettivo del risparmio economico per lo Stato italiano;

   con la legge n. 107 del 2015, il Governo pro tempore, soggetto alla «spada di Damocle» della Corte di Giustizia europea, ha tentato di dare una risposta, ad avviso dell'interrogante maldestra e di abbattere le richieste di stabilizzazione e di risarcimento del danno. La risposta incauta è stata data con l'articolo 1, comma 131, della legge n. 107 del 2015 con il quale non si sono eliminati l'abuso e l'uso distorto dei contratti a termine, bensì direttamente l'abusato, il docente che ha più di 36 mesi di servizio su posti vacanti e disponibili al quale verrebbe precluso l'insegnamento;

   migliaia di docenti dall'anno scolastico 2019/2020 si troveranno nelle condizioni sancite dal suddetto comma. Hanno maturato un'esperienza che non va dilapidata; non ha alcuna ragionevolezza fare lavorare dei docenti per tre anni sino al 31 agosto, a maggior ragione se già abilitati all'insegnamento, per poi licenziarli, danneggiando loro stessi, ma anche gli studenti e le loro famiglie;

   la disciplina fissata dal comma 131, dà luogo a uno slittamento e un rovesciamento dei termini della questione: si inibisce al docente «A» di ricoprire quel ruolo a tempo determinato, ma è «quel ruolo a tempo determinato» ad essere abusivo. Il medesimo contratto a tempo determinato sarà dopo 36 mesi offerto al docente «B», e poi «C». Non è il docente il problema, la cattedra che ricopre dovrebbe essere a tempo indeterminato e disponibile per le assunzioni –:

   se sia a conoscenza delle problematiche sopra esposte, riguardanti in particolare i licenziamenti ai quali, ex abrupto, porterà il comma 131 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015 nonché la mancata continuità didattica che potrà aggravarsi ulteriormente in contrasto con gli articoli 1, 3 e 34 della Costituzione;

   quali iniziative per quanto di competenza, il Ministro interrogato ritenga di assumere al fine di tutelare i docenti di ogni ordine e grado di istruzione che matureranno più di trentasei mesi di servizio con contratti fino al 31 agosto e se intenda promuovere iniziative, come auspicabile, volte ad abrogare il comma 131 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015.
(4-00240)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI, BUSINAROLO, DADONE, BONAFEDE, FERRARESI e D'ORSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la gestione separata è una forma previdenziale residuale introdotta dalla legge n. 335 del 1995 di riforma del sistema pensionistico per dare copertura previdenziale ai lavoratori autonomi e alle categorie di professionisti privi di un proprio ordine/albo professionale e di una cassa di appartenenza;

   nel 2011, al fine di recuperare oltre 6 milioni di euro di contributi sommersi, l'Inps, di concerto con l'Agenzia delle entrate, ha avviato un'operazione denominata «Poseidone», iscrivendo d'ufficio alla gestione separata oltre 800 mila professionisti prevalentemente giovani – ingegneri, architetti, dottori commercialisti, ragionieri, geometri, medici, soci amministratori di società semplici e avvocati – già iscritti nei rispettivi albi dotati di proprie casse previdenziali, inviando loro centinaia di migliaia di raccomandate con richieste di pagamento per somme non versate negli anni 2005-2006, molte delle quali già prescritte;

   a tutela dei propri diritti, i professionisti destinatari di queste intimazioni di pagamento hanno agito giudizialmente instaurando giudizi di opposizione che nella maggior parte dei casi si sono conclusi con la soccombenza dell'Inps (si pensi alla pronuncia della Corte di Cassazione che, a favore dei 22.000 soci amministratori di società semplici, ha dichiarato illegittima l'operazione «Poseidone»);

   a ciò si aggiunga che nel 2012, risultando poco chiari l'oggetto specifico del protocollo con l'Agenzia delle entrate, che, in caso di estrazione e uso della documentazione fiscale, avrebbe costituito una violazione della privacy, e considerato il grave ritardo, al limite della prescrizione, nella riscossione dei presunti crediti, anche il Governo pro tempore prendeva posizione chiedendo all'Istituto di bloccare l'operazione;

   tra giugno-luglio 2015, nonostante il consolidato orientamento giurisprudenziale sfavorevole e la richiesta governativa, l'Inps riprendeva l'operazione («Poseidone2»), inviando sempre a professionisti già iscritti ai propri albi professionali e alle rispettive casse previdenziali ulteriori avvisi di pagamento di importo variabile (da 2.500/3.000 a 30.000 euro), nonché preavvisi di fermo amministrativo sugli autoveicoli, e irrogando sanzioni pari a quasi il 100 per cento dell'importo richiesto, in tal modo garantendo una sostanziosa iniezione di liquidità ai suo bilancio ordinario;

   tra i destinatari figuravano anche quegli avvocati che, nelle more, avevano ottenuto giudizialmente la cancellazione (operata, ab origine, d'ufficio dall'Inps) dalla gestione separata, nonché quelli che avevano effettuato i versamenti contributivi all'ente previdenziale d'appartenenza. Sul punto, infatti, si rileva che, anche prima della legge di riforma professionale n. 247 del 2012 che ha previsto l'esclusività del rapporto con l'ente di previdenza ed assistenza di riferimento sicché la corresponsione all'Inps dei contributi richiesti per tutto il periodo precedente l'entrata il 2012 non consentirebbe comunque agli avvocati di continuare nell'eventuale «rapporto previdenziale» essendo questa opzione direttamente preclusa dal Legislatore – la legge imponeva l'iscrizione d'ufficio alla Cassa forense contestualmente alla notizia della iscrizione all'albo professionale e indipendentemente dal pagamento di qualsiasi contributo (cfr. decreto interministeriale 28 settembre 1995);

   questa condotta, divenuta oggetto anche di denunce-querele presso le procure territorialmente competenti ed esposti collettivi (per danno erariale) nelle Corti dei conti di Puglia, Campania, Calabria, Sicilia, Toscana, Abruzzo, Lazio, e Lombardia, parrebbe aver trasformato la natura «residuale previdenziale» della gestione separata in una gestione «sanzionatoria» nei confronti di quei professionisti che, attenendosi alle norme stabilite dai propri enti previdenziali privati di categoria, non hanno alcun obbligo di iscrizione alla gestione separata Inps;

   la relazione al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 98 del 2011, relativamente all'articolo 18, precisa che «sono soggetti all'iscrizione presso la gestione separata INPS coloro che svolgono attività il cui esercizio non è subordinato all'iscrizione ad appositi albi o elenchi, salva diversa previsione legislativa»;

   a giudizio degli interroganti dunque, l'Inps, seguitando (sia a gennaio 2017, che a gennaio 2018) ad emettere, in violazione dell'articolo 24, comma 3, del decreto legislativo n. 46 del 1999, gli avvisi di addebito ed intimando il pagamento di somme già decretate come non dovute da sentenze, da sospensive o comunque non recuperabili per via di giudizi ancora in corso, sta agendo in modo arbitrario e illegittimo, «abusando» della sua posizione e cagionando oltre che un danno economico dovuto allo spreco di denaro pubblico impiegato per l'invio delle raccomandate e per sostenere i costi della difesa in giudizio, anche un danno all'immagine della pubblica amministrazione –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione dei professionisti coinvolti nelle operazioni «Poseidone» e «Poseidone 2»;

   quali iniziative, anche di tipo normativo, intenda assumere per impedire le attuali azioni dell'Inps.
(5-00018)

Interrogazione a risposta scritta:


   PEZZOPANE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   già nel mese di settembre 2017, Intecs, struttura di ricerca e sviluppo di alte competenze che era fiore all'occhiello del territorio, ha comunicato alla regione Abruzzo la volontà di dismettere il laboratorio de L'Aquila e ha quindi avviato la chiusura del sito, senza neanche dar conto alle rappresentanze sindacali unitarie;

   fino al mese di giugno 2017 la società confermava «la piena fiducia nella collaborazione con tutte le Istituzioni locali e le rappresentanze sindacali per una soluzione positiva del problema»;

   a distanza di pochissimo tempo da tale affermazione la stessa società ha comunicato che per garantire la sua sopravvivenza era necessario procedere alla chiusura dello stabilimento de L'Aquila;

   tale decisione ha inferto un colpo terribile non solo ai lavoratori direttamente coinvolti ma ad un intero comprensorio che vuole candidarsi a centro d'eccellenza per la ricerca e l'alta formazione;

   da fonti giornalistiche si apprende che all'annuncio di chiusura del sito non avrebbe fatto seguito da parte della stessa Intecs alcuna lettera di licenziamento ai 65 ricercatori impiegati nella struttura;

   i dipendenti, dunque, si sono doverosamente recati sul posto di lavoro, ma con grande sorpresa hanno trovato la porta d'ingresso dell'azienda sbarrata e chiusa con un lucchetto. Pertanto le rappresentanze del sindacato Fiom presenti sul luogo hanno richiesto l'intervento delle forze dell'ordine e alla presenza degli agenti hanno contattato la responsabile dell'ufficio del personale, che ha confermato la volontà dell'azienda di procedere alla chiusura del sito aquilano;

   quanto accaduto, qualora confermato, è estremamente grave in quanto a giudizio dell'interrogante lede profondamente i diritti dei lavoratori del sito, vittime di un licenziamento ingiusto, perpetrato in concomitanza delle festività natalizie, e che per le modalità con cui è avvenuto non ha consentito neanche di avviare le pratiche d'accesso alla nuova assicurazione sociale per l'impiego (Naspi) –:

   quali orientamenti i Ministri interrogati intendano esprimere in riferimento a quanto esposto e, conseguentemente, quali iniziative intendano intraprendere al riguardo nell'ambito delle proprie competenze.
(4-00210)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   UNGARO. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come si evince da alcune lettere inviate alle missioni diplomatiche italiane all'estero e al Ministero della salute, così come da alcuni interventi di connazionali professionisti medici all'estero sul web, si vedano i casi del forum Doctore 33 o della Federazione italiana medici di famiglia, la questione dei medici di medicina generale italiani operanti nei Paesi della Unione europea, in attesa di rientrare in Italia, potrebbe finire in contenzioso e mettere in discussione il punteggio tradizionalmente alto assegnato dalla convenzione alla residenza nella regione cui si riferisce la zona carente di volta in volta messa a bando;

   a lanciare l'allarme è il responsabile del settore primary care dell’Italian Medical Society of Great Britain, Marco Nardelli che ha ufficialmente posto il problema alla Sisac – Struttura interregionale sanitari convenzionati – e alla regione Lazio. Si fa notare come svariati medici di medicina generale, cittadini italiani che vivono e lavorano in Europa rischino di essere discriminati e come il loro rientro in Italia sia ostacolato se verrà negato agli stessi il generoso «punteggio residenza» a causa della mancanza di una specifica norma esplicativa che li tuteli nell'accordo collettivo nazionale;

   molti di questi medici, alcuni dei quali con tanto di coniugi e figli in attesa del loro rientro in Italia, sono regolarmente iscritti, come da obbligo di legge, al registro dei cittadini italiani residenti all'estero, Aire, che viene mantenuto presso il comune di origine italiano. Quindi sono non ufficialmente residenti in quel comune ma ovviamente collegati ad esso, sia emotivamente che a livello pratico, conservando pure il voto per la regione ed il sindaco, il pagamento delle tasse e l'accesso agli uffici per i servizi comunali;

   si fa notare, altresì, come il «punteggio residenza» sia estremamente sproporzionato rispetto ai meriti di servizio; infatti, i punti di servizio valgono in proporzione pochissimo se rapportati ai punti per la residenza. In caso di mancata attribuzione del «punteggio residenza», un medico di medicina generale che esercita in Europa avrebbe bisogno di più di dieci anni di servizio solo per pareggiare i punti «bonus» per la residenza di un neo-diplomato in medicina generale residente nel comune dell'area carente;

   su 12 mila medici trasferitisi nel Regno Unito molti sono provenienti dall'Unione europea – pari a quasi il 9 per cento della forza lavoro medica del National Health Service. Si presume poi che un quinto voglia far rientro in patria e circa 10 mila tra infermieri ed altri sanitari hanno già lasciato –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della questione e se non intendano, per quanto di competenza, assumere iniziative, anche nell'ambito della Struttura interregionale sanitari convenzionati, affinché si stabilisca che per gli iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero) nell'assegnazione dei «punti residenza» occorre fa riferimento all'ultimo comune italiano di residenza prima dell'iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero.
(4-00220)


   DE MARTINI e ZOFFILI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 aprile 2018, l'ospedale Sirai di Carbonia è rimasto senza corrente elettrica per 8 ore, dalle 13 alle 21, per un guasto al gruppo elettrogeno;

   il giorno seguente, 10 aprile, è crollato il soffitto nel laboratorio di analisi dell'ospedale Santa Barbara di Iglesias; il laboratorio è stato chiuso e il servizio trasferito ad altra struttura (ospedale Sirai) causando disagi;

   lunedì 7 maggio 2018, la stessa sorte è toccata all'ospedale Cto di Iglesias dove ha ceduto un pesante controsoffitto nel locale lavaggio dei chirurghi adiacente alla sala operatoria di ortopedia, il quale, crollando, ha divelto, riducendo in briciole, i lavandini e piegato a «U» un tavolo in ferro, fatti che anche l'interrogante ha potuto constatare personalmente recandosi immediatamente sul posto. Per puro caso, alquanto fortunato, gli operatori sanitari sono rimasti illesi;

   queste strutture ospedaliere, interessate da continui crolli, black out, chiusure, carenze croniche di personale medico e infermieristico, cantieri aperti e fermi da decenni, servono un territorio, il Sulcis-Iglesiente, che è già tristemente noto per essere tra i più poveri d'Italia;

   le condizioni di abbandono che il primo firmatario del presente atto ha potuto constatare personalmente e che, in qualità di medico, ha vissuto per tanti anni, fotografano chiaramente il risultato di scelte ad avviso degli interroganti irresponsabili da parte di un governo regionale «genuflesso» alle tassative imposizioni nazionali ed europee in materia di tagli alla spesa pubblica. Da anni cittadini e operatori sanitari stanno assistendo al progressivo declino del servizio sanitario della regione Sardegna, dove ormai quasi il 15 per cento della popolazione rinuncia alle cure mediche per difficoltà economiche (pagamento dei ticket e dei farmaci, difficoltà a spostarsi per raggiungere le poche strutture ospedaliere che ancora resistono, nonostante i tagli);

   le strutture sanitarie vengono lasciate in completo abbandono fino alla dismissione delle stesse e, con il pretesto di accorparne i reparti; questi ultimi vengono trasferiti ad altre strutture; queste finte soluzioni non sono altro, secondo gli interroganti, che veri e propri tagli camuffati da «razionalizzazione della spesa»;

   negli ospedali, e non solo in Sardegna, si assiste a una continua precarizzazione del personale medico, infermieristico e tecnico, con conseguente perdita di professionalità e relative competenze. Il tutto in spregio al fondamentale diritto alla salute, come la stessa Corte costituzionale ha più volte ribadito in diverse sentenze: «le esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nel bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative il Ministro interrogato ritenga di dover assumere, per quanto di competenza, per reperire le risorse necessarie a garantire negli ospedali la sicurezza e la manutenzione ordinaria, oltre ad assicurare il diritto alle cure e, al contempo, evitare le consuete pretestuose soluzioni, quali quelle di chiudere le strutture ospedaliere accorpandone i reparti e privando il territorio dei necessari servizi sanitari.
(4-00221)


   VANESSA CATTOI, FUGATTI, BINELLI, SEGNANA e ZANOTELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   già con atto di sindacato ispettivo n. 4-00061 gli interroganti richiamavano l'attenzione del Ministro interrogato in merito alle notizie di stampa su alcuni casi di parti difficoltosi che hanno trovato fortunatamente lieto fine nel pronto soccorso di Arco (TN);

   ultimo intervento in ordine temporale si è avuto lunedì 8 maggio 2018, a seguito di una veloce fase di travaglio, durante la quale la famiglia della partoriente è stata guidata per l'assistenza via telefono dalle ostetriche del punto nascita di Arco: nonostante il supporto telefonico altamente professionale delle ostetriche, è stato necessario attivare l'elisoccorso per poter trasportare l'ostetrica del Santa Chiara di Trento fino alla caserma dei vigili del fuoco volontari di Arco, in quanto non vi era più tempo di portare la partoriente in ospedale;

   sempre col precedente atto di sindacato ispettivo si ricordava che ad Arco il punto nascite è stato chiuso a seguito dell'applicazione della normativa nazionale, con l'avallo della provincia, pur essendo la specificità del territorio assolutamente non compatibile con la normativa che limita i punti nascita;

   in particolare si evidenziava l'ingente costo, per l'azienda sanitaria della provincia autonoma di Trento, derivante dalla chiusura del punto nascita di Arco, pari a 545 mila euro annui per le spese dovute all'utilizzo dell'elicottero per «trasporti urgenti di donne gravide provenienti da Arco»;

   nel richiamato precedente atto si ricordava, altresì, di altre regioni, come ad esempio Emilia-Romagna e Campania, che hanno chiesto la deroga per tutti i punti nascita, alla luce proprio delle criticità e delle particolarità geografiche del bacino di utenza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non convenga sull'opportunità di adottare tempestivamente ogni iniziativa di competenza finalizzata a garantire, in deroga alla normativa nazionale, il ripristino dell'attività del punto nascita di Arco, considerata la peculiarità territoriale e la necessità di tutelare il bene primario della salute dei cittadini e i livelli essenziali di assistenza.
(4-00226)


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 3 del 2018 ha introdotto, tra l'altro, l'obbligo per le professioni sanitarie della riabilitazione di iscriversi ai rispettivi albi, nella fattispecie all'interno del neo costituito «Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione»;

   nello specifico, la riforma prevede che «entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge sono istituiti, presso gli Ordini, gli albi per le professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, ai quali possono iscriversi i laureati abilitati all'esercizio di tali professioni, nonché i possessori di titoli equipollenti o equivalenti alla laurea abilitante, ai sensi dell'articolo 4 della legge 26 febbraio 1999, n. 42»;

   sulla base della prevalente interpretazione della legge n. 42 del 1999, tutti i titoli conseguiti dopo il 31 dicembre 1995, non verrebbero considerati equipollenti o equivalenti alla laurea abilitante, impedendo a coloro che hanno acquisito il titolo dopo tale data di essere ammessi all'albo previsto dalla «legge Lorenzin» –:

   se il Ministro interrogato ritenga opportuno assumere iniziative per chiarire se esista anche la possibilità per coloro che hanno acquisito il titolo di massofisioterapista a partire dal 1996, di vederlo riconosciuto come equipollente o equivalente, prevedendo pertanto l'iscrizione ad apposito albo.
(4-00227)


   FRACCARO. — Al Ministro della salute, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la giunta della provincia autonoma di Bolzano, con deliberazione del 13 gennaio 2015, n. 26, promuove la procedura di selezione per la nomina di un direttore generale dell'azienda sanitaria (Asdaa);

   successivamente, nella seduta del 9 giugno 2015, n. 697, avente ad oggetto «Nomina del direttore generale dell'azienda sanitaria della provincia autonoma di Bolzano, approvazione dello schema di contratto di diritto privato a termine di cui all'articolo 10, comma 1, della legge provinciale 5 marzo 2001, n. 7, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché determinazione del compenso spettante», il dottor Thomas Schael viene nominato direttore generale dell'Asdaa con decorrenza dal 15 giugno 2015 e per la durata di 5 anni;

   il 3 ottobre 2017, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale IV serie speciale – concorsi ed esami, il Ministero della salute promuove la selezione pubblica per la formazione dell'elenco nazionale degli idonei alla nomina di direttore generale delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale, istituito dal decreto legislativo del 4 agosto 2016, n. 171, e successive modificazioni e integrazioni. Alla selezione partecipa Thomas Schael, già direttore generale dell'azienda sanitaria della provincia autonoma di Bolzano;

   il 18 aprile 2018 la direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio sanitario nazionale del Ministero della salute pubblica l'elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale. Non appare il nominativo del direttore generale dell'Asdaa, Thomas Schael, il quale parrebbe pertanto non possedere i requisiti necessari previsti dal suddetto elenco;

   la legge della provincia autonoma di Bolzano del 5 marzo 2001, n. 7, «Riordinamento del servizio sanitario provinciale», all'articolo 10, comma 1, con riferimento al rapporto di lavoro del direttore generale prevede che il contratto possa essere rinnovato alla scadenza –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti illustrati, quali siano i motivi della mancata iscrizione all'albo nazionale di Thomas Schael e se, di conseguenza, lo stesso sia in possesso dei titoli e dell'anzianità previsti dalla legge per assumere il ruolo di direttore generale dell'azienda sanitaria della provincia autonoma di Bolzano che da ormai due anni ricopre.
(4-00244)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da recenti fonti di stampa (vedasi www.pozzuoli21.it) si apprende di un caso di whistleblowing, che ha avuto come protagonista un dipendente del comune di Pozzuoli, Andrea Omboni, che da circa un anno, dopo aver svolto il lavoro di guardia giurata nella sede principale del comune, era stato trasferito presso il parcheggio multipiano di San Francesco ai Girolamini;

   lo stesso aveva presentato un esposto-querela presso la procura della Repubblica di Napoli, protocollato il 4 gennaio 2018, in cui elencava una serie di gravi irregolarità che sarebbero avvenute proprio all'interno della struttura multipiano;

   il 17 marzo 2018 allo stesso veniva notificato, da parte del segretario generale del comune di Pozzuoli, Matteo Sperandeo, il trasferimento in altro ufficio giustificato da «esigenze di servizio»;

   si tratta del secondo trasferimento «anomalo» per Omboni che, da circa un anno, era stato trasferito, dalla sede principale del municipio al multipiano, dopo la presentazione di un altro esposto, in cui denunciava comportamenti irregolari tenuti da alcuni dirigenti comunali, suoi superiori;

   sempre dalla stessa fonte di stampa si apprende che nei giorni scorsi sono stati arrestati dieci dipendenti comunali, che svolgevano il proprio lavoro presso il parcheggio del multipiano, accusati di gravi irregolarità, a danno della pubblica amministrazione;

   la vicenda sopra descritta costituisce, ad avviso dell'interrogante, uno dei tanti casi in cui l'autore della segnalazione di un comportamento anomalo o di un fatto grave riscontrato nel luogo di lavoro, il cosiddetto «whistleblower», a causa della denuncia è costretto a subire gravi discriminazioni e minacce, con ripercussioni sulla propria vita personale e in ambito lavorativo –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, alla luce di quanto descritto in premessa, il Governo intenda assumere al fine di garantire la piena tutela dei cosiddetti «whistleblower», in applicazione di quanto previsto in materia dalla recente legge n. 179 del 30 novembre 2017.
(5-00017)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   GALLINELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in materia di gestione delle acque sotterranee emunte nei siti contaminati, nel 2013, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, è stata disposta la modifica dell'articolo 243 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, disciplinando sia le modalità da adottare per impedire e arrestare l'inquinamento delle acque in questione, sia i criteri operativi da utilizzare in caso di rilascio nell'ambiente delle medesime acque, al fine di isolare le fonti di contaminazione dirette e indirette correlate al loro emungimento;

   in particolare, il comma 4 del predetto articolo 243 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ha previsto che le suddette acque emunte, in caso di loro scarico, in corpo ricettore, da attuarsi previo trattamento di depurazione, sono assimilate alle acque reflue industriali e come tali soggette al regime di cui alla parte terza del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, ovvero ad autorizzazione allo scarico;

   notizie di questi giorni riferiscono dell'avvenuto sequestro cautelare, dell'impianto nucleare ITREC di Rotondella (MT) che sorge in Contrada Trisaia, nel comune di Rotondella, e che fa capo alla Sogin s.p.a. Ad eseguire il sequestro sarebbe stata la procura della Repubblica di Potenza al fine di evitare il continuo sversamento in mare di acque provenienti dal sito di dismissione nucleare Itrec;

   le stesse notizie circostanziano che i carabinieri del Noe abbiano effettuato in via d'urgenza il sequestro preventivo delle vasche di raccolta delle acque di falda e della condotta di scarico a mare dell'impianto Itrec/Sogin e dell'adiacente impianto «ex Magnox» che sorge in area Enea. I reati ipotizzati sarebbero: inquinamento ambientale, falsità ideologica, smaltimento e traffico illecito di rifiuti. Nell'indagine sarebbe stata accertata «una grave ed illecita attività di scarico a mare dell'acqua contaminata che non veniva in alcun modo trattata»;

   secondo le indagini dei carabinieri del Noe, tali acque, convogliate in un'apposita condotta, partivano dal sito e, dopo alcuni chilometri, si immettevano direttamente nel mar Jonio. Il sequestro preventivo, comunque, non interrompe le attività di «decommissionamento» del sito nucleare della Trisaia;

   l'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Calabria, Arpab, ha emesso una nota di chiarimenti sulla vicenda, riferendo che il Centro regionale per la radioattività Crr dell'Arpab svolge le attività di monitoraggio radiometrico sulle matrici ambientali all'esterno della zona dell'impianto Rotondella-Policoro-Nova Siri (Rete Locale per Itrec) e fornisce il supporto alle azioni di vigilanza dell'Ispra all'interno dell'impianto. In particolare, l'Arpab ha effettuato indagini in contraddittorio derivanti dalla comunicazione di sito potenzialmente contaminato, effettuata da Sogin/Enea nel giugno 2015 ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006. I tecnici dell'Agenzia, nei giorni 8 e 11 giugno 2015, avevano infatti eseguito verifiche in campo prelevando acque sotterranee da diversi piezometri ed avevano effettuato analisi sia di tipo radiologico che chimico-fisico, riscontrando superamenti di alcuni analiti, tra cui cromo VI, tricloroetilene e triclorometano, comunicati agli enti di competenza –:

   di quali elementi dispongano sulla vicenda descritta in premessa ed in particolare sui fatti riguardanti il presunto scarico non autorizzato di acque di falda contaminate, da parte dell'impianto Itrec;

   nel caso tali circostanze fossero accertate, in tutto o in parte, se non intendano avviare opportune verifiche sulla adeguatezza della società Sogin nel condurre le attività che le sono affidate verificando la necessità di promuovere una riorganizzazione della stessa società.
(3-00013)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROTTA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a metà aprile 2018, presso lo stabilimento di Sanguinetto (Venezia), la multinazionale Unilever, parlando di «ottimizzazione dei costi», ha avviato la procedura di mobilità per 42 dipendenti su un organico di circa 200 unità;

   ai licenziamenti previsti vanno aggiunte dalle 10 alle 15 posizioni a termine – su oltre 30 in servizio – che non saranno riconfermate. L'impresa ha inoltre chiesto l'estensione della flessibilità oltre le previsioni dei contratto collettivo nazionale;

   per tali ragioni, da alcuni giorni gli operai e gli impiegati sono in stato di agitazione davanti ai cancelli dello stabilimento;

   non accadeva dal 2011, quando la società italiana della multinazionale anglo-olandese aveva annunciato un precedente piano di tagli all'organico;

   attualmente l'obiettivo delle parti sociali è di azzerare il piano o quanto meno indurre Unilever a valutare l'utilizzo degli ammortizzatori, come i contratti di solidarietà o la cassa integrazione;

   in tal senso, si guadagnerebbe il tempo necessario per verificare tutti i possibili, scenari, anche in concerto con le amministrazioni, locali, che potrebbero mettere a punto un piano di agevolazioni tariffarie a vantaggio dello stabilimento, pur di salvare posti, di lavoro;

   l'azienda, tuttavia, ha chiarito che non intende percorrere questa strada e non sembra disposta a ragionare con le parti sociali per rivedere il piano industriale;

   il legittimo timore tra i lavoratori è che questa procedura di mobilità sia solo l'inizio di una progressiva riduzione della produzione nello stabilimento veronese e che tale riduzione possa rappresentare l'inizio di un progetto più ampio che prevede lo spostamento della produzione in un Paese dove i costi sono inferiori –:

   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati per quanto di competenza;

   se e quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di istituire un tavolo di concertazione, con il coinvolgimento delle istituzioni locali, per tutelare i lavoratori e le loro famiglie e salvaguardare la realtà aziendale in questione.
(5-00021)


   ROTTA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi giorni presso la sede Gsk di Verona centinaia di lavoratori sono in stato di agitazione;

   desta preoccupazione la situazione di incertezza circa la vendita della Glaxo Manufacturing, la divisione che si occupa di produrre cefalosporine: sono, infatti, oltre 270 i dipendenti che potrebbero essere coinvolti in questa cessione;

   a quanto pare, infatti, i vertici della Glaxo ritengano che tale produzione non assicuri sufficiente marginalità per la conoscenza dei farmaci generici: sono tre i siti produttivi, due nel Regno Unito e uno a Verona, che la multinazionale a luglio 2017 aveva annunciato di voler vendere;

   non vi sono ancora notizie ufficiali, ma i sindacati parlano di una presunta «riorganizzazione a livello europeo» di cui, tuttavia, non si conoscono gli elementi qualificanti; se così fosse è evidente che tutti i lavoratori della multinazionale sarebbero coinvolti;

   sempre secondo i sindacati sarebbero tre i possibili acquirenti dei quali non si conosce l'identità; manca, infatti, da parte del gruppo chiarezza rispetto alle scelte industriali, alle garanzie dei livelli occupazionali, alla tutela, dei rapporti in essere e alla certezza sul mantenimento a Verona del sito produttivo;

   nei giorni scorsi l'ufficio stampa di Gsk ha di nuovo confermato di non avere novità in merito alla possibile cessione a terzi del settore delle cefalosporine, ma sembrerebbe che la scelta dell'acquirente dovrebbe avvenire entro giugno;

   questa operazione potrebbe avere ricadute pure per l'area Pharma, dove il personale gestisce anche la parte Manufacturing:

   è del tutto evidente che grandi realtà come Glaxo, che rappresentano il cuore del tessuto economico e produttivo italiano, dovrebbero essere tutelate e restare sul territorio anche quando le condizioni di mercato sono complesse –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sta accadendo alla Glaxo;

   qualora la vendita fosse con fermata, quali iniziative il Governo intenda adottare per mantenere lo stabilimento a Verona e tutelare livelli occupazionali e i rapporti in essere.
(5-00022)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARCHI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano La Repubblica ha pubblicato una nota, poi ripresa da numerosi organi di informazione locali, congiunta di Eni e Cnr in merito allo stanziamento complessivo di venti milioni di euro per progetti di ricerca in quattro settori, tra i quali il cosiddetto «nucleare pulito»;

   sempre dalla nota si apprende che il centro di ricerche sul «nucleare pulito» dovrebbe sorgere nel comune di Gela, per occuparsi della fusione nucleare, fornendo grandi quantità di energia ad emissioni zero;

   da un annuncio riportato tra virgolette ed attribuito – e mai smentito – ai massimi rappresentanti di Eni e Cnr, si apprende che i quattro centri di ricerca dovrebbero essere individuati tutti in comuni del sud Italia;

   il comune di Gela da decenni è sede del famoso stabilimento petrolchimico che ha già prodotto un consistente – e per certi versi devastante – impatto ambientale in quel territorio e, nonostante i molteplici impegni presi in tal senso anche dal Governo, le bonifiche tanto attese dalla popolazione non sono mai state effettuate –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di tale progetto e del relativo investimento e se corrisponda al vero che lo stesso sia già in fase di avvio con il coinvolgimento della massimo organismo di ricerca in Italia, ossia il Cnr;

   quali siano i comuni che dovrebbero ospitare i centri di ricerca;

   se siano stati effettuati degli studi di impatto ambientale per valutare la ricaduta sull'ecosistema e sulle comunità cittadine coinvolte, prima di individuare i luoghi ove allocare i quattro centri di ricerca;

   se ai territori coinvolti possa derivare qualche vantaggio – anche di natura economica – in ordine alla produzione delle cosiddette «energie pulite», tenendo conto della necessità di evitare che essi debbano limitarsi a subire la presenza dei centri di ricerca;

   quali siano gli effettivi progetti di Eni e Cnr in ordine allo sviluppo di questi centri di ricerca e come intendano coinvolgere le istituzioni locali in rappresentanza dei territori che dovranno ospitare i predetti centri.
(4-00218)


   VARCHI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 29 aprile 2018 il quotidiano «La Repubblica» ha pubblicato un'intervista all'amministratore delegato di Invitalia nella quale lo stesso ha dichiarato di aver revocato il contratto di sviluppo con l'azienda Blutec, newco del gruppo Metec, per il sito ex Fiat di Termini Imerese (Pa);

   sempre da organi di stampa si apprende che Invitalia avrebbe avviato le procedure per ottenere da Blutec la restituzione di venti milioni di euro già erogati, a fronte di sessantasette milioni di complessivo finanziamento pubblico, per i quali l'azienda non avrebbe fornito alcuna rendicontazione malgrado le ripetute sollecitazioni;

   gli ex lavoratori Fiat hanno occupato l'aula del consiglio comunale di Termini Imerese per richiamare l'attenzione delle istituzioni e denunciare il clamoroso silenzio del Governo sulla notizia;

   il presidente della regione siciliana ha incontrato i vertici dell'azienda e apprezzato il ruolo svolto dai rappresentanti dei lavoratori, condividendone le richieste e sollecitando la convocazione di un tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, qualora corrispondano al vero, quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare per convocare un tavolo tecnico al fine di fornire risposte concrete a tale delicata situazione e garantire i livelli occupazionali programmati dall'azienda;

   se si intendano assumere iniziative per prorogare la cassa integrazione nei confronti dei dipendenti ex Fiat.
(4-00225)


   FUGATTI, SEGNANA, BINELLI, VANESSA CATTOI e ZANOTELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da quindici giorni ormai gli abitanti di tutto il territorio comunale di Frassilongo sono impossibilitati ad utilizzare le linee telefoniche su rete fissa e a nulla sono valse le numerose lamentele inoltrate agli uffici della compagnia telefonica da parte delle vittime di questo grave disservizio;

   è inaccettabile che, ai nostri giorni, ci siano centinaia di cittadini costretti ad un completo isolamento telefonico: il fatto risulta particolarmente grave per le persone anziane che vivono sole e crea gravi disagi dal punto di vista economico alle attività commerciali, soprattutto alle strutture ricettive e a quelle di ristorazione;

   i cittadini e le imprese esigono che, a fronte del regolare pagamento delle utenze telefoniche versato all'azienda, sia prevista una squadra di intervento per le emergenze, in grado di risolvere i problemi nel più breve tempo possibile;

   la società Telecom Italia, mettendo a disposizione solo lo sportello telefonico per la denuncia di guasti e disservizi, a giudizio degli interroganti rende assolutamente impersonale il rapporto fra l'utente in difficoltà e il gestore telefonico, producendo una situazione in cui l'utente si trova a spiegare ad ogni chiamata il proprio problema ad un nuovo operatore –:

   se il Ministro sia a conoscenza della vicenda di cui in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per tutelare i diritti degli utenti del territorio comunale di Frassilongo che stanno subendo disagi nella propria vita personale e professionale a causa del grave disservizio della Telecom Italia.
(4-00229)


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nella regione Friuli Venezia Giulia, attualmente sono presenti 3 camere di commercio:

    quella di Pordenone con 31.771 imprese registrate, 28.945 imprese attive, 39 dipendenti (giugno 2017) e una azienda speciale;

    quella di Udine con 62.253 imprese registrate, 54.729 imprese attive, 76 dipendenti (giugno 2017) e 2 aziende speciali;

    quella di Venezia Giulia con 34.594 imprese registrate, 30.443 imprese attive, 72 dipendenti (giugno 2017) e 3 aziende speciali;

    il totale è di 128.618 imprese registrate, 114.117 imprese attive, 187 dipendenti (giugno 2017) e 6 aziende speciali;

   il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 16 febbraio 2018 reca, tra gli altri, l'accorpamento della camera di commercio di Pordenone e quella di Udine, nonché il mantenimento della camera di commercio della Venezia Giulia;

   l'assetto previsto dal suddetto decreto, le cui procedure sono già state avviate, è il seguente:

    per la camera di commercio di Pordenone e Udine si prevede la sede ad Udine con 94.024 imprese registrate, nessuna azienda speciale e 113 dipendenti (proiezione al 31 dicembre 2019);

    per la camera di commercio della Venezia Giulia si prevede la sede a Trieste con 30.443 imprese registrate, 2 aziende speciali e 69 dipendenti (proiezione al 31 dicembre 2019);

   l'assetto suindicato evidenzia lo squilibrio in termini di potenziali ricadute sui servizi a favore delle imprese e dei territori;

   la giunta camerale di Pordenone ha contestato l’iter del riordino delle camere di commercio in quanto non rispettoso delle prerogative che le norme costituzionali e lo statuto di autonomia garantiscono alla regione Friuli Venezia Giulia;

   nella seduta della Conferenza Stato-regioni del 30 luglio 2015, la regione Friuli Venezia Giulia aveva considerato accoglibile l'accorpamento della camera di commercio di Gorizia e Trieste «auspicando che questo accorpamento potesse costituire il primo passo verso il riordino del sistema camerale regionale con il quale, tenendo conto delle specificità geo-economiche dei territori, si potesse giungere alla creazione di un'unica CCIAA in Regione»;

   allo stato attuale risulta che la camera di commercio di Pordenone ha presentati ricorso al Tar del Lazio lamentando violazione di legge e delle norme costituzionali sul riparto delle attribuzioni fra lo Stato e la regione Friuli Venezia Giulia, posto che la riorganizzazione, a seguito della mancata acquisizione dell'intesa in Conferenza Stato-regioni (11 gennaio 2018), è stata autorizzata da una delibera del Consiglio dei ministri, priva dei necessari requisiti motivazionali e procedimentali;

   nel ricorso è stata anche richiesta la misura cautelare di sospensione dell'efficacia del decreto ministeriale impugnato (oltre al suo annullamento), limitatamente alla parte in cui ridefinisce la circoscrizione della camera di commercio di Pordenone, mediante l'istituzione della camera di commercio di Pordenone e Udine –:

   se, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga di assumere ogni iniziativa per favorire una soluzione che rispetti le competenze sul riordino delle camere di commercio spettanti alla regione autonoma Friuli Venezia Giulia.
(4-00232)

Apposizione di firme
ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Zolezzi n. 4-00102, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 maggio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Traversi.

  L'interrogazione a risposta scritta Zicchieri e altri n. 4-00171, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 maggio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Durigon.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza Rampelli n. 2-00018, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 9 dell'8 maggio 2018.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   ai sensi degli articoli 194 e 197 del Testo unico delle norme in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, il diploma di maturità magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, ha valore abilitante ai fini dell'insegnamento nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria;

   in seguito all'istituzione del corso di laurea in scienze della formazione primaria, il legislatore nel riconoscere valore abilitante a tale nuovo corso di studi, ha sancito al contempo che avrebbero conservato valore legale abilitante anche i diplomi dell'istituto magistrale conseguiti entro l'anno scolastico 2001/2002;

   la natura abilitante di tali diplomi è stata riconosciuta per la prima volta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con il decreto n. 353 del 22 maggio 2014, ma soltanto ai fini dell'inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, quelle utilizzate per le supplenze;

   con il precedente decreto n. 235 del 1° aprile 2014, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca aveva, invece, precluso a tali docenti di presentare domanda di inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, utilizzate sia per le supplenze sia per le immissioni in ruolo;

   la VI sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1973 del 16 aprile 2015 ha annullato il decreto ministeriale n. 235 del 2014, nella parte in cui non consentiva ai docenti in possesso del diploma magistrale abilitante l'iscrizione anche nelle graduatorie ad esaurimento, atteso che la legge n. 296 del 2006 impone al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di inserire nelle stesse, al momento della trasformazione delle graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, «i docenti già in possesso di abilitazione»;

   tale orientamento è stato ribadito dal Consiglio di Stato con le sentenze n. 3628, 3673, 3675, 3788, e 4232 del 2015, confermando l'illegittimità del decreto ministeriale n. 235 del 2014, poiché «lo stesso articolo 1 ... della legge n. 296 del 2006, nel fare riferimento alla definizione di un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato allo scopo di dare soluzione al fenomeno del precariato, fa espressamente salvi gli inserimenti... a favore dei docenti già in possesso di abilitazione, pur escludendo la possibilità di nuovi inserimenti»;

   l'Avvocatura dello Stato si è costituita nei giudizi pendenti senza contestare la natura abilitante del diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, ma sostenendo che lo stesso non sarebbe sufficiente per l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, in quanto l'immissione nelle soppresse graduatorie permanenti avrebbe richiesto anche il superamento di un pubblico concorso, senza considerare che le graduatorie ad esaurimento rappresentano già un pubblico concorso per soli titoli;

   nonostante l'univoca e ormai consolidata posizione, la VI sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 364/2016, ha disposto la remissione all'Adunanza plenaria del medesimo Consiglio della sola «questione della riapertura delle graduatorie ad esaurimento, per i possessori di diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002»;

   l'Adunanza plenaria, con la sentenza n. 11/2017, ha rigettato l'appello dei diplomati magistrale nonostante la lesiva esclusione degli stessi sia avvenuta per l'orientamento a giudizio degli interpellanti incoerente del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che si è più volte contraddetto nell'emanazione dei propri decreti;

   se si dovesse dare un'applicazione generalizzata alla sentenza n. 11/2017 ben 55.000 diplomati magistrale si troverebbero non solo cancellati dalle graduatorie ad esaurimento, dove avevano ottenuto l'inserimento con riserva, ma anche nell'impossibilità di lavorare sia nelle scuole pubbliche che in quelle paritarie, posto che l'affermata assenza di abilitazione precluderebbe loro qualsiasi attività di insegnamento;

   inoltre, la generale applicazione della sentenza n. 11/2017 condurrebbe al licenziamento di 6.669 insegnanti già assunti con contratti a tempo indeterminato e confermati in ruolo dopo il superamento dell'anno di prova;

   l'applicazione della sentenza n. 11/2017, infine, condurrebbe alla revoca di 23.356 incarichi al 30 giugno o 31 agosto e di 20.110 supplenze brevi conferite ai diplomati magistrale;

   la disparità di trattamento tra insegnanti nella medesima condizione sostanziale è peraltro aggravata dal fatto che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha consentito l'accesso alle graduatorie permanenti/ad esaurimento, se non addirittura al ruolo, senza che fosse loro richiesto il superamento di alcuna procedura concorsuale per titoli ed esami, a cittadini in possesso di un titolo di abilitazione equiparabile al diploma di maturità magistrale, conseguito in altri Stati dell'Unione europea, in particolare in Romania;

   la decisione dell'Adunanza plenaria è stata contestata con un reclamo collettivo al Consiglio d'Europa, con un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo, nonché attraverso la presentazione di un ricorso per Cassazione per eccesso di potere giurisdizionale –:

   se non ritenga di assumere iniziative normative urgenti prima del 30 giugno 2018 per garantire la continuità didattica e il regolare avvio del prossimo anno scolastico, attraverso la riapertura delle graduatorie ad esaurimento a tutto il personale docente in possesso di un'abilitazione all'insegnamento per la scuola primaria e dell'infanzia, nonché al fine di evitare sperequazioni tra i lavoratori della scuola pubblica italiana.
(2-00018) «Rampelli, Ciaburro, Deidda, Prisco, Luca De Carlo, Mollicone, Bellucci, Rotelli, Ferro, Trancassini, Montaruli, Crosetto, Zucconi, Donzelli, Caretta, Frassinetti, Bucalo, Gemmato, Lucaselli».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Pezzopane n. 4-00030, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 4 del 10 aprile 2018.

   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nei comuni del centro Italia colpiti dagli eventi sismici del 2016 e del 2017 i danni subiti dagli immobili ad uso abitativo hanno determinato una diminuzione del numero dei residenti;

   le attività economiche, commerciali, artigianali, già in forte difficoltà precedentemente agli eventi sismici a causa della generale condizione di crisi del Paese, hanno registrato una drastica riduzione dei fatturati a causa della diminuzione dei residenti e del mancato rientro nei comuni dei turisti, intimoriti dal susseguirsi delle scosse, nella stagione estiva;

   molte delle suddette attività hanno deciso di chiudere i battenti non potendo più sostenere i costi a fronte di incassi inesistenti;

   in tali condizioni di oggettiva difficoltà e povertà indiscussa, il 16 dicembre 2017, per i titolari di reddito d'impresa e di lavoro autonomo e per gli esercenti d'attività agricole è ripresa la riscossione dei tributi non versati per effetto delle sospensioni previste, nonché per i tributi dovuti dal 1° al 31 dicembre 2017;

   le ulteriori misure di favore a beneficio dei territori colpiti dal sisma, adottate dal decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, articolo 11, comma 3 e seguenti, prevedevano la possibilità di chiedere ai soggetti autorizzati all'esercizio di credito, un finanziamento agevolato, assistito dalla garanzia dello Stato per il pagamento dei tributi sospesi e dovuti per il 2017 e 2018. È stata sottoscritta apposita convenzione «Plafond moratoria sisma centro Italia» a cura dell'Abi della Cassa depositi e prestiti che avrebbe dovuto consentire operativamente la concessione di finanziamenti agevolati finalizzati alla ripresa della riscossione tributaria;

   posto che gli istituti bancari che hanno aderito a tale Convenzione sono solo sei e di questi solo quattro locali, numeri chiaramente esigui per un territorio nel quale i comuni interessati risultano essere circa centoquaranta, si evince chiaramente la difficoltà dei cittadini a versare il dovuto. I soggetti che non hanno potuto versare i tributi sospesi non possono essere vessati dall'applicazione di sanzioni e interessi;

   appare dunque necessario un periodo, di decorrenza da stabilirsi, a partire dal quale i contravventori degli obblighi di versamento possano provvedere allo stesso senza ulteriori addebiti;

   il territorio interessato ha vitale necessità di quanto richiesto –:

   quali orientamenti il Governo intenda esprimere in riferimento a quanto esposto e, conseguentemente, quali iniziative intenda intraprendere nell'ambito delle proprie competenze.
(4-00030)

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Fitzgerald Nissoli n. 4-00196, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 9 dell'8 maggio 2018.

   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 5 della legge n. 459 del 27 dicembre 2001 stabilisce che «il Governo, mediante unificazione dei dati dell'anagrafe degli italiani all'estero e degli schedari consolari, provvede a realizzare l'elenco aggiornato dei cittadini italiani residenti all'estero finalizzato alla predisposizione delle liste elettorali»;

   per quanto riguarda le anagrafi comunali dei cittadini italiani residenti all'estero, la norma di riferimento è l'articolo 1 della legge n. 470 del 1998, che recita «le anagrafi dei cittadini italiani residenti all'estero (AIRE) sono tenute presso i comuni e presso il Ministero dell'interno», evidenziando un'importante differenza tra la struttura che la legge prevede per l'AIRE e quella stabilita per gli schedari consolari: infatti, per la prima è prevista l'esistenza di un'AIRE centrale presso il Ministero dell'interno, mentre per legge non esiste un'anagrafe consolare centralizzata presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   al momento di creare l'elenco unico dei residenti all'estero, si esegue il confronto tra le due basi dati. Il confronto informatico dei dati relativi a nome, cognome e data di nascita, quindi, può avere esito positivo oppure no. In caso positivo, i dati strettamente anagrafici della persona vengono presi dall'AIRE, mentre i dati relativi all'indirizzo all'estero vengono presi all'anagrafe consolare, come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 104 del 2003;

   purtroppo, questa procedura ha delle défaillances, poiché è accaduto di recente che nonostante l'avvenuto confronto tra le due basi dati, ci siano stati innumerevoli errori di recapito dei plichi elettorali;

   l'aggiornamento e la corretta tenuta delle anagrafi, infatti, sono la base per l'efficace erogazione dei servizi al cittadino e tanto più saranno allineati i dati, tanto più sarà garantito l'esercizio del voto ai connazionali residenti all'estero;

   l'attuale sistema di gestione dell'AIRE non è in grado di garantire l'unicità del dato anagrafico ai fini di una puntuale tenuta dei registri dei connazionali residenti all'estero –:

  quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, per fare in modo che l'allineamento dei dati in questione sia effettivo, tempestivo e costantemente coerente con gli elenchi elettorali.
(4-00196)

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Grimoldi n. 4-00130 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 8 del 7 maggio 2018.

  Alla pagina 181, prima colonna, dalla riga trentacinquesima alla riga trentasettesima deve leggersi: «un'ordinanza applicativa di misura cautelare ai danni dei carabinieri Angelo Galletta ed Arturo Formisano, in servizio presso» e non come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia, per il suo livello di internazionalizzazione e di proiezione a livello globale e per l'entità dei flussi turistici in entrata ha un obiettivo e forte interesse a facilitare la mobilità territoriale sia degli italiani che operano all'estero che degli stranieri che si trovano nel nostro Paese;

   il Canada, sotto tale profilo, è uno dei partner di maggiore interesse, da un lato per la dimensione dell'interscambio e la presenza di un'ampia e consolidata comunità italiana nella società canadese, dall'altro per l'interessante numero di cittadini canadesi residenti in Italia;

   è noto che le differenze esistenti tra i sistemi giuridici dei due Paesi in materia di motorizzazione civile hanno prolungato nel tempo la definizione di un accordo tra i due Paesi, dal momento che in Canada, a differenza dell'Italia, le competenze in materia di mobilità appartengono alle province e ai territori, con conseguente limitazione dei poteri decisionali del governo federale;

   è accaduto così che dalla prima bozza di accordo-quadro del 2006 si è passati all'incontro svoltosi nel marzo 2012 tra funzionari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e funzionari dell'ambasciata canadese, a seguito del quale veniva riproposto un testo di accordo quadro tra Governo italiano e Governo federale, ulteriormente rivisitato e nuovamente inviato, fino a giungere alla richiesta da parte canadese di un testo meno dettagliato e più aperto, tale da consentire successivamente la definizione di accordi operativi con le singole province canadesi;

   dopo la messa a punto di una nuova versione nella quale erano sottolineati ed enfatizzati le competenze e il ruolo degli enti territoriali, si è finalmente giunti il 23 marzo 2017 alla sottoscrizione dell'accordo quadro tra il Vice Ministro Benedetto della Vedova per il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e l'ambasciatore del Canada in Italia Peter McGovern sul reciproco riconoscimento delle patenti di guida;

   già all'indomani dell'importante evento, frutto, come si è visto, di oltre un decennio di contatti e relazioni sulla materia, l'interrogante, che già in precedenza aveva, in molteplici forme e occasioni, richiesto la firma dell'accordo quadro, ha ripreso le sue insistenti sollecitazioni per passare alla fase degli accordi operativi con le singole province, a partire da quelle nelle quali esiste una maggiore presenza di italiani;

   da contatti diretti intercorsi, ad esempio, con i rappresentanti della provincia del Québec si è potuta acquisire la disponibilità di quel Governo provinciale a sottoscrivere un accordo con l'Italia, alla luce delle competenze dirette da esso possedute e nel quadro dei criteri enunciati nell'accordo quadro –:

   quale sia lo stato delle relazioni tra il Governo italiano e le singole province canadesi in merito all'auspicata definizione degli accordi operativi sul reciproco riconoscimento delle patenti di guida e quali siano realisticamente le previsioni temporali che il Governo pensi di potere avanzare affinché si arrivi alle intese prima con i Governi del Québec e dell'Ontario, che sembrano le più mature in ordine di tempo, e poi con le altre province del Canada.
(4-00005)

  Risposta. — L'accordo quadro tra Italia e Canada sul riconoscimento reciproco delle patenti di guida ai fini della conversione, entrato in vigore il 12 ottobre 2017, ha rappresentato un passo avanti molto atteso e necessario per procedere alle successive Intese tecniche attuative, da stipularsi tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti italiano e le singole autorità delle province e dei territori canadesi, titolari della competenza primaria in materia di circolazione stradale.
  La nota diversità tra l'ordinamento italiano e quello federale canadese, che ha inciso in passato sulla durata delle negoziazioni dell'accordo quadro, rende ora altrettanto complesso l'esercizio di attuazione in cui è impegnato – con la costante collaborazione della Farnesina – il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, competente in materia per la parte italiana.
  Per concretizzare le intenzioni già espresse con il citato accordo quadro, si sta attualmente lavorando alla conclusione dell'intesa tecnica attuativa con la provincia del Québec, già dimostratasi molto sensibile sull'argomento. A questo fine, la Farnesina ha di recente trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un parere giuridico su una soluzione ritenuta percorribile, sul piano del diritto internazionale e dell'Unione europea, per risolvere le difformità emerse tra le normative tecniche di settore vigenti in Italia e in Québec.
  Allo scopo di abbreviare i tempi dell'esercizio di attuazione, inoltre, la Farnesina aveva da tempo avviato, per il tramite dei nostri uffici consolari accreditati nelle diverse capitali provinciali, contatti preliminari anche con le autorità di quelle province – tra cui l'Ontario, l'Alberta e la British Columbia – considerate di prioritario interesse per l'Italia tenuto conto del numero di connazionali colà residenti.
  La definizione dell'intesa tecnica con il Québec, i cui tempi non sono prevedibili ma che si auspica prossima, oltre a dare attuazione pratica all'accordo quadro permettendo le prime materiali conversioni di patenti, potrebbe accelerare l’
iter con le altre province.
  In tale contesto si assicura che proseguirà anche in futuro l'impegno nell'attività in corso per consentire ai numerosi connazionali che vivono in Canada di poter ottenere la conversione della patente di guida italiana e, reciprocamente, ai titolari di patente canadese di ottenere la conversione in Italia.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.