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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 13 maggio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    le radiofrequenze del wireless di quinta generazione, meglio conosciute come 5G, dal 2019 sono considerate pericolose dal Comitato scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti della Comunità europea (Scheer) notoriamente negazionista sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici. Lo Scheer afferma che il «5G lascia aperta la possibilità di conseguenze biologiche»;

    i campi elettromagnetici a radiofrequenza (Cem-Rf) promuovono lo stress ossidativo, una condizione implicata nello sviluppo del cancro, in diverse malattie acute e croniche e nell'omeostasi vascolare. Recenti studi hanno anche suggerito effetti sulla riproduzione, metabolici e neurologici in grado di alterare la resistenza batterica agli antibiotici. Quest'anno l'Alleanza contro il cancro (fondata nel 2002 dal Ministero della salute e di cui fa parte l'Istituto superiore di sanità) ha ufficializzato un progetto di studio sul glioblastoma, tumore maligno del cervello, per il quale sono ipotizzate correlazioni con le onde elettromagnetiche;

    la Carta Costituzionale sancisce all'articolo 9, secondo comma, e all'articolo 32 primo comma, lo sviluppo della ricerca scientifica, la tutela e la salvaguardia della salute umana e ambientale considerandoli beni inalienabili; la normativa nazionale in materia, prevista dalla legge n. 36 del 2001 «legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici», nasce con lo scopo di assicurare la tutela della salute dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione, nonché la tutela dell'ambiente e del paesaggio, mediante la promozione sia dalla ricerca scientifica per la valutazione degli effetti dell'esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sia dell'innovazione tecnologica finalizzata a minimizzare l'intensità e gli effetti dell'esposizione; ai sensi dell'articolo 168 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la responsabilità primaria di proteggere la popolazione dai potenziali effetti nocivi dei campi elettromagnetici appartiene agli Stati membri, inclusa la scelta delle misure da adottare in base a età e stato di salute;

    sebbene alcune evidenze scientifiche siano tuttora controverse, lo Iarc dell'Oms nel 2011 ha classificato i Cem-Rf come «possibile cancerogeno per l'uomo». Proprio in questi giorni nelle «Raccomandazioni del gruppo consultivo sulle priorità per la Monografia IARC», lo Iarc ha ufficializzato una rivalutazione della classificazione generale sulla cancerogenesi che potrebbe comportare l'innalzamento dei Cem-Rf in classe 2B come «probabile agente cancerogeno», se non nella classe 1, cioè in quella dei cancerogeni certi. L'esito finale della riclassificazione è previsto entro i prossimi cinque anni;

    un ampio studio del 2018 a cura del programma nazionale di tossicologia degli Usa (National toxicology program), ha dimostrato un aumento significativo dell'incidenza del cancro cerebrale e di tumore al cuore negli animali esposti a campi elettromagnetici anche a livelli inferiori a quelli fissati nelle attuali linee guida della Commissione internazionale sulla protezione dalle radiazioni non ionizzanti (Icnirp);

    peraltro, è necessario evidenziare come proprio «le Linee guida sulla protezione della popolazione mondiale dall'esposizione alle radiofrequenze e microonde» considerano solo gli effetti termici a breve termine simulati sui cosiddetti phantoms, manichini riempiti di gel. Tra l'altro, è opportuno ricordare che le linee guida derivano proprio dalla Icnirp, ovvero da un organismo privato con sede in Germania già al centro di numerose polemiche e attacchi da parte di scienziati, medici e ricercatori di mezzo mondo. Organismo spesso accusato di conflitti d'interesse, contiguità con la lobby delle telecomunicazioni e scarsa trasparenza nell'operato, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo fermo su parametri obsoleti e superati dalla letteratura biomedica più recente e sostenitore di una tesi negazionista sui cosiddetti effetti non termici a medio-lungo termine dei Cem-Rf;

    nel 2017, il medico svedese Lennart Hardell, il ricercatore più eminente al mondo sui rischi di tumore del cervello connessi all'uso a lungo termine dei telefoni cellulari, pubblicò sulla rivista scientifica International Journal of Oncology una dura critica all'Icnirp, avallata da alcuni esponenti politici del Consiglio d'Europa, sostenendo che non ci sono prove che l'Icnirp sia un'associazione di scienziati indipendenti e che proprio l'Icnirp sia l'interlocutore privilegiato per minimizzare le prove degli effetti biologici, cioè dei danni alla salute umana esposta alle radiofrequenze che se portati i valori soglia a 61 V/m (come hanno lasciato intendere esponenti dell'attuale maggioranza e del Governo) sarebbero addirittura circa 300.000 volte più permissive di quanto non sia necessario;

    Martin Pali, professore emerito di biochimica e scienze mediche di base della Washington State University (USA) nonché tra più esperti al mondo in materia di interazione tra campi elettromagnetici e salute, nel commento dell'8 ottobre 2018 alle «Linee Guida» dell'Icnirp e alle relative «Appendici sui limiti per l'esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo (da 100 kHz a 300 GHz)» ha denunciato il pericolo per la salute umana derivabile dalle radiofrequenze e dal 5G, puntando su storture, falle metodologiche e grossolani limiti di contenuto evidenziati nel controverso documento diffuso dell'Icnirp;

    secondo la sua analisi ci sono almeno otto pericoli dimostrati correlati alle esposizioni alle radiazioni del 5G: danni cellulari al Dna – rottura al filamento singolo del Dna, rottura del filamento doppio, ossidazione delle basi del Dna; diminuzione della fertilità maschile e femminile, aumento di aborti spontanei, abbassamento di ormoni come estrogeni, progesterone e testosterone, abbassamento della libido; danni neurologici e neuropsichiatrici; apoptosi e morte cellulare; stress ossidativo e aumento dei radicali liberi (responsabili della maggior parte delle patologie croniche); effetti ormonali; aumento del calcio intracellulare; effetto cancerogeno sul cervello, sulle ghiandole salivari, sul nervo acustico;

    Olle Johansson, neuro scienziato del Karolinska Institute (che assegna il premio Nobel per la fisiologia e la medicina) ha affermato che la prova del danno causato dai campi elettromagnetici a radiofrequenza «è schiacciante», mentre il dottor Ronald Powell, un fisico laureato ad Harvard che ha lavorato presso la National Science Foundation e l'Istituto nazionale degli standard e della tecnologia, condivide preoccupazioni simili riguardo al potenziale danno diffuso dalle radiazioni a radiofrequenza;

    recenti studi pubblicati nel 2018, del Centro per ricerca sul cancro dell'Istituto Ramazzini evidenziano poi un aumentato rischio, sia per i tumori alla testa sia per gli schwannomi, il più pericoloso dei quali è il tumore cardiaco. Tali risultati, basati sulla sperimentazione animale su cavie uomo-equivalenti, insieme agli ultimi studi epidemiologici sugli utilizzatori di cellulari condotti dall'oncologo Lennart Hardell, fanno concludere agli studiosi che è tempo di aggiornare la classificazione Iarc;

    nel 2019 dalla direzione generale per le politiche europee del dipartimento tematico per le politiche economiche, scientifiche e di qualità della vita, incaricato dalla Commissione industria, ricerca ed energia del Parlamento europeo di analizzare lo sviluppo del 5G in Europa, afferma che: «i campi (elettromagnetici) sono altamente focalizzati dai raggi, variano rapidamente con il tempo e il movimento e per questo imprevedibili. I livelli e i modelli del segnale interagiscono come un sistema a circuito chiuso. (...) Il problema è che al momento non è possibile simulare o misurare accuratamente le emissioni di 5G al di fuori del laboratorio, nel mondo reale»;

    un ulteriore rischio per la salute pubblica causato dal 5G è l'elettrosensibilità. Già nel 2004 l'Organizzazione mondiale della sanità ha organizzato a Praga un convegno sull'elettrosensibilità, una sindrome altamente invalidante e fortemente in crescita nei paesi occidentali e industrializzati, malattia definita come «... un fenomeno in cui gli individui avvertono gli effetti avversi sulla salute quando sono in prossimità di dispositivi che emanano campi elettrici, magnetici o elettromagnetici»;

    l'elettrosensibilità è poi dimostrata in quattro studi (Rea 1991 Havas 2006, 2010, McCarty et al. 2011) in cui è possibile identificare persone con ipersensibilità elettromagnetica e dimostrare che possono essere testati usando risposte obiettive, misurabili, dimostrando che questi cittadini sono realmente ipersensibili se confrontati con i normali controlli; ci sono veri e propri cambiamenti fisiologici nei soggetti con elettrosensibilità e diverse ricerche (De Luca, Raskovic, Pacifico, Thai, Korkina 2011 e Irigaray, Caccamo, Belpomme 2018) hanno dimostrato che le persone elettrosensibili hanno alti livelli di stress ossidativo e una prevalenza di alcuni polimorfismi genetici, che potrebbero suggerire una predisposizione genetica;

    i ricercatori stimano che circa il 3 per cento della popolazione mondiale ha gravi sintomi associati alla elettrosensibilità, mentre un altro 35 per cento della popolazione ha sintomi moderati come deficit del sistema immunitario o malattie croniche, mentre in Italia la sindrome è stata riconosciuta dalla regione Basilicata secondo la decodifica ICD9-CM e ricompresa nell'elenco delle malattie rare con delibera di giunta n. 1296 del 15 ottobre 2013;

    in questo scenario in evoluzione, sebbene gli effetti biologici dei sistemi di comunicazione 5G siano scarsamente studiati mancando uno studio preliminare degli effetti sulla salute, è iniziato un piano d'azione internazionale per lo sviluppo di reti 5G con un prossimo incremento nel numero di dispositivi e nella densità di piccole celle e con l'uso di onde millimetriche (mmW);

    in Italia è stata avviata la sperimentazione nelle città di Prato, L'Aquila, Matera, Bari, Milano, a cui si sono aggiunte Roma, Torino e in ultimo Genova e Cagliari;

    con delibera n. 231/18/CONS l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha poi individuato un'ulteriore lista di 120 piccoli comuni d'Italia in cui, nei prossimi mesi, è prevista l'estensione della fase sperimentale del 5G;

    osservazioni preliminari hanno mostrato che le mmW aumentano la temperatura della pelle, alterano l'espressione genica, promuovono la proliferazione cellulare e la sintesi di proteine legate allo stress ossidativo, processi infiammatori e metabolici, possono generare danni oculari e influenzare le dinamiche neuromuscolari. Sono necessari ulteriori studi per esplorare meglio e in modo indipendente gli effetti sulla salute dei Cem-Rf in generale e delle mmW in particolare;

    secondo diversi scienziati sono necessari ulteriori studi per esplorare in modo migliore e indipendente gli effetti sulla salute dei campi elettromagnetici a radiofrequenza in generale e delle microonde millimetriche del 5G in particolare. Tuttavia, i risultati disponibili appaiono essere sufficienti per dimostrare l'esistenza di effetti biomedici, per invocare il principio di precauzione, per definire i soggetti esposti come potenzialmente vulnerabili e per rivedere i limiti esistenti;

    in questa direzione le parole del Sottosegretario Micillo: «il nostro Paese ha fondato la disciplina in materia sul principio di precauzione, con specifico riferimento agli impianti, ai sistemi e alle apparecchiature per usi civili e militari e delle forze di polizia, che possono comportare rischi per la salute con specifico riferimento alla frequenza da zero a 300 miliardi di Hertz. L'individuazione dei valori limite, rimessa dalla legge a decreti successivi, è stata poi operata con due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri l'8 luglio 2003. Il primo si applica alle sorgenti fisse e ad alta frequenza e stabilisce i valori limite al fine della protezione della popolazione dagli effetti indotti dai campi elettromagnetici e gli obiettivi di qualità ai fini della progressiva minimizzazione del rischio, nonché le tecniche di misurazione, di rilevamento dei livelli di immissione elettromagnetica. Il secondo fissa i valori limite relativi alle sorgenti di frequenza estremamente basse, in particolare agli elettrodotti»;

    più di 200 scienziati di tutto il mondo hanno rivolto un appello alle istituzioni dell'Unione europea per chiedere il blocco della tecnologia 5G a causa delle crescenti preoccupazioni per l'aumento delle radiazioni da radiofrequenza e dei relativi rischi per la salute. Un altro appello sottoscritto da 54.000 cittadini, ha raccolto le adesioni di ricercatori e organizzazioni di 168 Paesi al mondo e mette a disposizione una bibliografia ricchissima che attesta numerosi rischi biologici da elettrosmog;

    l'alleanza italiana stop 5G ha organizzato recentemente a Roma il 1° meeting nazionale dal titolo «Emergenza politica di precauzione» a cui hanno aderito e partecipato parlamentari di diversi schieramenti, consiglieri regionali, sindaci, assessori, consiglieri comunali, avvocati, scienziati, medici, tecnici, giornalisti, movimenti e partiti politici, associazioni di malati, comitati civici, gruppi di consumatori e di ecologisti/ambientalisti/animalisti oltre che numerosi cittadini. Anche grazie ad una petizione sottoscritta da 11.000 cittadini italiani il meeting ha avuto un grande successo mediatico. L'evento patrocinato dall'Istituto Ramazzini, Associazione medici per l'ambiente Isde Italia, Assimas Associazione italiana di medicina ambiente e salute, Icems International Commission for Electromagnetic Safety, ha fatto il punto sulle preoccupazioni riguardo agli effetti del 5G sulla salute umana e ha portato alla redazione di una serie di atti certamente utili per Governo e Parlamento;

    tra l'altro, un'adeguata conoscenza dei meccanismi patofisiologici che collegano l'esposizione Cem-Rf al rischio per la salute dovrebbe essere utile anche nell'attuale pratica clinica, in particolare in considerazione di evidenze che indicano fattori estrinseci come elementi che contribuiscono pesantemente al rischio di cancro e alla progressiva crescita epidemiologica di malattie non trasmissibili,

impegna il Governo

1) ad adottare iniziative per sospendere qualsiasi forma di sperimentazione tecnologica del 5G nelle città italiane, in attesa della produzione di sufficienti evidenze scientifiche per giudicarne l'innocuità;

2) a mantenere gli attuali valori limite di legge nella soglia d'irradiazione elettromagnetica, puntando sulla minimizzazione del rischio proprio come indicato nei report del Bioinitiative Group, dal Parlamento europeo nella risoluzione del 2009 e l'Assemblea del Consiglio d'Europa con la risoluzione n. 1815 del 2011, e a valutare tutte le opinioni critiche e i giudizi negativi giunti dalla comunità scientifica in merito agli effetti di un eventuale innalzamento dei limiti di legge;

3) ad adottare iniziative per minimizzare il rischio sanitario promuovendo uno studio epidemiologico sui campi elettromagnetici che sia sviluppato da enti indipendenti non riconducibili alle aziende di telecomunicazione interessate a sviluppare la tecnologia 5G anche a discapito della salute della popolazione;

4) ad adottare iniziative per integrare i contratti d'asta da stipulare e/o già stipulati con l'industria aggiudicataria delle nuove bande 5G con l'inserimento di una clausola per un contributo economico con finalità risarcitoria per eventuali danni cagionati alla salute della popolazione;

5) a promuovere uno studio preliminare nazionale sugli effetti biologici delle radiofrequenze 4G e 5G presso un ente indipendente e privo di conflitti d'interessi con l'industria, attesa la disponibilità dell'Istituto Ramazzini;

6) ad adottare iniziative per istituire una commissione di vigilanza permanente per il monitoraggio degli effetti dei campi elettromagnetici, individuando membri della scienza e della medicina indipendente, unitamente ad un coordinamento tra le associazioni dei malati;

7) a promuovere la ricerca di tecnologie più sicure, meno pericolose ed alternative al wireless come il cablaggio e il «Li-Fi» – quest'ultimo non utilizzando radiofrequenze ma lo spettro della luce solare – che hanno indubbi vantaggi e possono superare le criticità date dal 5G;

8) a farsi promotore, in sede comunitaria, di una revisione complessiva di tutta la normativa europea relativa alla protezione della salute pubblica dalle radiazioni non ionizzanti ispirata alle raccomandazioni della «Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (Icnirp)», e in particolare della raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del 12 luglio 1999, relativa alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz.
(1-00183) «Cunial, Benedetti, Vizzini, Giannone, Schullian».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIPPA e DEIANA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la famiglia e le disabilità, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sulla pagina web «www.iene.mediaset.it» in data 1° aprile 2019 è riportato un articolo corredato da video intervista dal titolo «La super mamma d'Italia picchiava i bambini? Nuove accuse» in cui si apprendono nuove testimonianze di ragazzi che raccontano di aver subito o visto maltrattamenti da parte della titolare della casa famiglia Germana Giacomelli;

   il servizio e la raccolta delle nuove testimonianze segue ad un primo speciale sulla vicenda da parte del giornalista Paolo Trincia e alla recente premiazione ricevuta dalla stessa signora Giacomelli con una delle più alte onorificienze della Repubblica sia nel primo servizio che in quello sopracitato i giornalisti della trasmissione «Le Iene» hanno incontrato alcuni dei 121 utenti che sono stati affidati nel corso degli anni alla casa famiglia di Germana;

   le testimonianze fornite come si legge nel servizio del primo aprile hanno i seguenti toni: «Ho passato gli anni peggiori della mia vita lì dentro», «Ricordo questa ragazza che era mezza paralizzata, mamma Germana ha iniziato a pestarla». Di seguito si legge inoltre che: «a sostenere che in questa casa famiglia avvenissero dei maltrattamenti c'erano anche un'ex educatrice e una persona che vive tuttora lì dentro. Ma Germana ha sempre negato, sia di fronte ai ragazzi che sono tornati da lei a parlare che di fronte alla Iena»;

   nello stesso testo dell'articolo è riportato che: «All'inizio degli anni ’90 la procura di Mantova manda dei poliziotti a indagare su quella casa, “Io ho detto la verità, che ci dava le sberle e tutto quello che stava succedendo”, ma “successivamente c'è stato il processo e al processo tutti hanno smentito”, raccontano i ragazzi. Germana Giacomelli viene assolta e continua a ricevere bambini in affidamento»;

   ed ancora è riportato: «Qualche giorno fa la mamma di una bambina di quella casa famiglia ci chiama per avvertirci che sarebbe tornata a casa per qualche giorno. Siamo andati a parlare con questa bambina, accompagnati da una psicologa che si occupa di minori. “Adesso non mi picchiano più perché tempo fa mi picchiavano”, dice la bambina. Quando le chiediamo da quanto tempo la trattano bene, risponde: “Un mese”. Proprio da quando abbiamo iniziato a seguire questa storia»;

   si ricorda in particolare, per l'Ordine al Merito della Repubblica italiana, che l'articolo 5 della legge 3 marzo 1951, n. 178 (Istituzione dell'Ordine «Al merito della Repubblica italiana» e disciplina del conferimento e dell'uso delle onorificenze), dispone che «incorre nella perdita dell'onorificenza l'insignito che se ne renda indegno» –:

   se il Governo, per quanto di competenza nell'ambito dell'istruttoria per il conferimento delle onorificenze (e per le eventuali revoche), sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e di quali ulteriori e più dettagliati elementi disponga in merito;

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative, nell'ambito delle relative competenze, perché sia accertato cosa sia accaduto nel passato e quanto avviene nella struttura educativa e, nel caso, valutare se sussistono i presupposti per adottare le iniziative di competenza ai sensi dall'articolo 5 della legge 3 marzo 1951, n. 178.
(4-02888)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione n. 4-13522 della XVII legislatura e con l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01922 nella presente legislatura l'interpellante evidenziava aspetti peculiari relativi all'autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata alla ditta Burgo Group di Altavilla Vicentina (Vicenza) nel 2008 e nel 2011 e di cui sono stati richiesti riesame e voltura il 31 dicembre 2015 dalla società Cartiere Villa Lagarina. In partenza venivano richieste potenzialità doppie per la produzione di carta e triple per la potenza elettrica del nuovo inceneritore. La quantità di rifiuti da incenerire prevista dal proponente (10 t/h) con riferimento alla sostanza secca avrebbe comportato un aumento di 5 t/h della medesima sostanza secca, rispetto a quelle autorizzate e superiore alla soglia Ippc di 3 t/h. Dopo numerosi ricorsi al Tar e una verifica peritale, la società ha accettato di non ritirare rifiuti da altri stabilimenti e di dimezzare la produzione cartaria annunciando che richiederà un incremento. Non è chiaro se l'inceneritore attualmente previsto sarebbe in grado di smaltire il pulper stabilito per lo stabilimento attuale e quindi se alla richiesta di raddoppio di produzione di carta conseguirà una richiesta di raddoppio dell'inceneritore stesso. Il paventato inceneritore in questa area così pressata dal punto di vista ambientale (Sin del polo chimico e polveri sottili che causano 89 decessi all'anno secondo i dati esposti dal dottor Paolo Ricci dell'Ats Valpadana nella valutazione di incidenza sanitaria) ha già causato l'emigrazione da Mantova di numerose famiglie residenti nei pressi della cartiera e il deprezzamento degli immobili, anche per importanti molestie olfattive presenti dal momento dell'insediamento della società del gruppo Pro-Gest, seppure non vi sia ancora formalmente produzione di carta né alcun inceneritore funzionante;

   di recente, è stata inviata una diffida da parte della provincia di Mantova nei confronti di Pro-Gest per aver accumulato materiale (non è chiaro se si tratta di carta da raccolta differenziata, rifiuti o carta già prodotta durante le sperimentazioni) in quantità maggiore alle 50 mila tonnellate concesse, stoccata anche in aree prive di impermeabilizzazione;

   è stato annunciato sulla stampa locale che una parte del materiale stoccato al suolo presso la cartiera è di provenienza statunitense, dato confermato dalla proprietà; la figlia dell'imprenditore Zago, Alessandra, ha fondato nel 2017 in California l’American Recycling Services (Ars.eco Inc.), una società di trading di carta e cartone da riciclare;

   è stata resa nota un'indagine della procura di Mantova in merito a gestione illecita di rifiuti in merito al materiale stoccato presso la cartiera, con il sequestro di depuratore, discarica e «fibra» depositata. Nei giorni successivi si è appreso che la qualità della «carta» statunitense era piuttosto scarsa con impurità importanti (nei video della GDF si apprezzano elettrodomestici in mezzo alla carta) e superiori alla media italiana; per questo motivo la Cina dal 2018 ha bloccato l’import di maceri di carta di questo genere al di sopra dello 0,5 ai impurità. Gli Stati Uniti hanno una produzione di RSU pro-capite superiore a 800 chilogrammi, contro i 500 scarsi italiani. La carta raccolta ed esportata dagli Usa secondo Epa supera i 9,2 milioni di tonnellate annue, contro i 3,4 raccolti in Italia. Fatti salvi eventuali riscontri penali appare importante sottolineare come l'Italia stia migliorando la propria filiera di gestione dei rifiuti a partire da una buona raccolta differenziata e con obiettivi di riciclo, di recupero di materia (come Ecopulplast nel settore cartario), di stimolo internazionale per le sue molte eccellenze, obiettivi che potrebbero essere inficiati da quantità importanti di rifiuti mal differenziati rifiutati finalmente dalla Cina con lo Sword act del 2018. Le impurità possono avere al loro interno anche materiali organici o altro che possono conferire caratteristiche critiche, anche con riferimento a molestie olfattive, direttamente o in fase di depurazione dei reflui;

   una parte dei rifiuti nei dintorni della cartiera risultano fanghi e potrebbero anche provenire dal Veneto, dove la proprietà ha stabilimenti, contestualmente a maceri di carta;

   non è noto il piano finanziario di questa filiera di gestione transoceanica e se sia sostenibile e basato su eventuali incentivi di Stato –:

   se il Ministro interpellato intenda verificare, per quanto di competenza, l'esistenza di accordi per il trattamento a livello nazionale di rifiuti differenziati provenienti dagli Usa da parte di ditte italiane, quali siano i suoi orientamenti in relazione a tale situazione, in particolare, in merito alla natura dei rifiuti o del materiale giunto dagli Usa a Mantova e se intenda adottare iniziative per analizzare i dati finanziari della filiera;

   se, nell'ambito del tavolo nazionale sui limiti per i Pfas, intenda proporre un dosaggio dei Pfas in uscita dal depuratore dell'impianto Pro-Gest a Mantova che scarica nel fiume Mincio;

   se intenda adottare iniziative normative per prevedere la revoca alle autorizzazioni per il trattamento dei rifiuti in questo e in altri casi analoghi sul territorio nazionale.
(2-00380) «Zolezzi».

Interrogazione a risposta orale:


   GERMANÀ, MINARDO e SCOMA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la regione Sicilia è interessata da 5 parchi regionali e da 77 riserve naturali, più le zone protette Sic, Zps e Natura 2000, che in alcuni casi versano in stato di abbandono. Questa evidenza ha portato la Sicilia ad essere una delle aree più protette d'Europa;

   in questi giorni si sta procedendo all'istituzione del parco nazionale degli Iblei, a suo tempo prevista dall'articolo 26, comma 4-septies, del decreto-legge n. 159 del 2007 del Governo «Prodi II», che assegnava un contributo per l'anno 2007 destinato a più aree protette da realizzare nella regione Sicilia;

   l'attuazione era demandata un decreto del Presidente della Repubblica, previa proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e previo, soprattutto, concerto con la regione e gli enti locali interessati;

   il procedimento di costituzione in essere non appare, invece, tenere conto del necessario concerto, e soprattutto del concorso, degli enti locali e delle organizzazioni imprenditoriali interessati, al fine di contemperare le loro esigenze, in sede di definizione della perimetrazione del nuovo parco e del regime vincolistico. Il parco avrà un'estensione di circa 150 mila ettari e si tratterà della più grande area protetta in Sicilia. Interesserà 27 comuni e avrà una forma «stellata» e non compatta, il che moltiplicherà l'estensione delle aree contigue;

   in relazione alla necessità di coinvolgimento degli enti locali, è opportuno rammentare che la sentenza n. 212 del 2014 della Corte costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimità della legge della regione siciliana n. 98 del 1981, recante «Norme per l'istituzione nella Regione siciliana di parchi e riserve naturali», proprio a causa del mancato concerto con gli enti locali in sede di definizione dell'area protetta;

   i numerosi vincoli ambientali esistenti in Sicilia hanno messo in crisi una già fragile economia che avrebbe potuto basarsi sul turismo e sull'agricoltura. Si teme la rarefazione delle attività umane, che provocherà un impoverimento dei territori, non solo di quelli montani ma anche di quelli collocati nelle valli e nelle aree interne;

   si sono costituiti comitati spontanei (quale ad esempio «Sicilia nostra»), in rappresentanza delle categorie degli allevatori, degli agricoltori, delle imprese rurali ed edilizie, delle associazioni e aziende venatorie e di tutte le aziende con interessi sull'intero territorio, sorti allo scopo di tutelare i legittimi interessi di quelle categorie. Si temono, infatti, i divieti e i vincoli che verrebbero applicati all'edilizia, alla conduzione delle aziende agro-pastorali, al mondo venatorio e a tutto l'indotto connesso con tali attività –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, in merito alla ventilata istituzione del parco nazionale degli Iblei previsto dall'articolo 26, comma 4-septies, del decreto-legge n. 159 del 2007, avviare, per quanto di competenza, una nuova istruttoria tecnica per acquisire gli opportuni pareri degli enti e dei soggetti interessati, nonché una indagine costi-benefici volta a chiarire gli effetti che il regime vincolistico avrebbe sulle popolazioni e sulle attività economiche del territorio.
(3-00728)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   GIACOMETTO, RUFFINO, CORTELAZZO, CASINO, GAGLIARDI, LABRIOLA e MAZZETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella discarica di regione Pozzo, in frazione Pogliani, a Chivasso (Torino) dal 1985 al 2018 sono stati smaltiti circa 4 milioni e 167 mila metri cubi di rifiuti provenienti da tutto il territorio della provincia di Torino. Tale discarica è stata chiusa definitivamente ad agosto 2018 dopo una lunga battaglia da parte dei cittadini di Chivasso, sostenuta dall'attuale e dalle precedenti amministrazioni comunali;

   nelle settimane scorse, gli enti locali hanno provveduto a coordinare gli interventi di gestione post chiusura e di bonifica, individuando soluzioni tecniche idonee; a tal fine la città metropolitana di Torino ed il comune di Chivasso stanno provvedendo a dare corso ad interventi sostitutivi di gestione del percolato prodotto dalle discariche, sulla base delle risorse finanziarie disponibili, sia pubbliche, sia a carico della società che ha gestito la discarica di Chivasso fino alla sua chiusura;

   in data 30 luglio 2018 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana la deliberazione del Cipe n. 11 del 28 febbraio 2018, con la quale è stato approvato nell'ambito della programmazione delle risorse Fondo sviluppo e coesione 2014-2020 il secondo Addendum al Piano operativo ambiente, al cui interno risulta la disponibilità delle risorse finanziarie necessarie per una serie di interventi di bonifica, tra cui quello per la discarica di Chivasso;

   in data 20 settembre 2018, poi, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana la deliberazione del Cipe n. 43 del 21 marzo 2018, con la quale sono state stanziate risorse pari a euro 5.000.000 a favore della regione Piemonte per interventi di bonifica e messa insicurezza di aree inquinate; tale contributo, a seguito dell'interlocuzione fra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la stessa regione Piemonte, e successivamente tra la regione e il comune di Chivasso, dovrebbe essere destinato per euro 1.500.000 alla gestione del «post mortem» della discarica in questione;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare deve, tuttavia, ancora procedere a dare comunicazione formale degli interventi finanziati, mettendo effettivamente a disposizione della regione Piemonte le risorse individuate –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza per provvedere quanto prima allo sblocco del finanziamento indispensabile agli interventi programmati dalla regione Piemonte, a cominciare dalla discarica di cui in premessa.
(5-02108)


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dal 6 maggio 2019, su disposizione della procura della Repubblica di Potenza, il Noe, nel quadro delle indagini scaturire dalla perdita di greggio dal C.o.v.a. (Centro Oli Val D'Agri) di Eni in Viggiano (Potenza), sta eseguendo «un'ordinanza di applicazione della misura cautelare della sospensione dell'esercizio di un pubblico-ufficiale» per la durata di otto mesi, nei confronti di cinque pubblici ufficiali facenti capo al Comitato Tecnico regionale della Basilicata, organo di vigilanza sugli impianti a rischio di incidente rilevante, quale è lo stabilimento in questione, come riportato da «PotenzaNews.Net»;

   si tratta di un provvedimento emesso nell'ambito dello stesso procedimento nel quale, nelle scorse settimane, un dirigente dell'Eni all'epoca responsabile del Centro Oli di Viggiano, è finito agli arresti domiciliari nell'ambito di un'inchiesta su una fuoriuscita di petrolio riconosciuta pubblicamente nel febbraio 2017, ma in atto con molta probabilità già da anni prima, che ha contaminato il «reticolo idrografico» e decine di ettari della Val'Agri;

   le indagini hanno accertato che, sebbene lo stesso C.t.r. avesse prescritto una maggiore frequenza nei controlli sui serbatoi e di valutare l'ipotesi di dotare gli stessi di doppio fondo, tali prescrizioni finalizzate a impedire il disastro ambientale sono state disattese dall'Eni gestore dell'impianto, senza che il C.t.r. intervenisse per imporre il rispetto delle stesse;

   l'evento qualificato «incidente rilevante» dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha causato la contaminazione e la compromissione di 26.000 metri quadrati di suolo e sottosuolo dell'area industriale di Viaggiano e del reticolo idrografico a valle dell'impluvio «Fossa del Lupo»;

   in una nota stampa che riporta in virgolettato alcuni passi dell'ordinanza del Gip di Potenza del 15 aprile 2019, il Coordinamento nazionale «No Triv» scrive che «l'ingegner Griffa faceva riferimento alle possibili cause del deterioramento del fondo del serbatoio: questi ricordava che analogo problema si era presentato per i serbatoi che, nella Raffineria di Taranto, ricevevano l'olio di Viggiano» e che «si interrogava (...) se vi fosse un problema di glicole già noto dal 2011, ossia un problema ricollegabile alla sostanza usata per disidratare il gas» –:

   se non intenda adottare le iniziative di competenza per avviare la bonifica delle aree contaminate attraverso anche il riconoscimento della responsabilità oggettiva della società Eni e il rafforzamento del sistema di controllo e monitoraggio gestito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche con riferimento alla valutazione sull'impatto ambientale dato da una prolungata attività estrattiva nell'area di cui in premessa.
(5-02109)


   PEZZOPANE e BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   sulla scorta del procedimento avviato dalla procura della Repubblica di Teramo sembrerebbe esservi grave «rischio di contaminazione» delle falde acquifere, dovuto a una struttura, quella dei laboratori del Gran Sasso, «fragile», in uno stato di «generale abbandono» e quindi «non in grado di garantire la collettività» poiché, sempre secondo la procura, non ci sarebbe stata «la necessaria separazione» tra le condotte destinate alle acque per consumo umano e quelle di «scarto»

   questi mancati interventi di messa in sicurezza delle falde acquifere sotto il massiccio del Gran Sasso come effetto immediato rischiano di determinare tra pochi giorni la chiusura dell'autostrada con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista del traffico oltre al perdurante rischio di natura ambientale;

   la procura di Teramo, contesterebbe ai vertici dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, di aver mantenuto in esercizio i laboratori senza aver verificato se vi fosse «un adeguato isolamento idraulico delle opere di captazione e convogliamento delle acque destinate ad uso idropotabile ricadenti nella struttura rispetto alle limitrofe potenziali fonti di contaminazione» e quindi senza attuare le misure «atte a scongiurare il rischio di contaminazione delle acque sotterranee», così come di aver omesso di adottare «le misure necessarie per l'allontanamento della zona di rispetto delle sostanze pericolose detenute ed utilizzate nelle attività dei laboratori»;

   ai vertici della strada dei parchi, la procura contesterebbe, «di aver mantenuto in esercizio le gallerie autostradali senza verificare l'esistenza di un adeguato isolamento delle superfici dei tunnel autostradali e delle condutture di scarico a servizio delle gallerie rispetto alla circostante falda acquifera e, di conseguenza, senza attuare le misure atte a scongiurare il rischio di contaminazione della falda acquifera»;

   alla Ruzzo Reti, società di gestione delle acque, infine, la procura contesterebbe di non aver verificato, così come scritto nel capo d'imputazione, «se vi fosse un adeguato isolamento delle opere di captazione e convogliamento delle acque sotterranee destinate ad uso idropotabile» ricadenti nelle strutture dei laboratori e nei tunnel autostradali –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, con la massima urgenza, e prevedendo quali risorse, per fronteggiare la gravissima problematica relativa alla prioritaria tutela delle falde acquifere sotto il Gran Sass, scongiurando la chiusura dell'autostrada e assicurando la piena tutela dell'ambiente nelle zone interessate.
(5-02110)


   PLANGGER e BENEDETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la distilleria Bonollo S.p.a di Conselve (Padova), nata per produrre quantità contenute di prodotti alcolici quali grappe e distillati, nel corso degli anni, ha enormemente aumentata la produzione e la lavorazione per 24 ore al giorno;

   uno dei problemi sollevato, e ancora irrisolto, è quello della polvere nera, respirata giornalmente dai cittadini, che si disperde sia nelle vicinanze dello stabilimento, sia nel raggio di alcuni chilometri quadrati. Gli odori molesti sono percepiti addirittura nei comuni di Terrassa Padovana, Bagnoli, Cartura e Tribano;

   in virtù di almeno 3 processi produttivi distinti: combustione in caldaia, distillazione vera e propria delle vinacce, produzione e combustione di biogas, l'impianto emette sostanze, considerate unanimemente dalla letteratura scientifica, altamente nocive e/o cancerogene per l'uomo;

   la Bonollo è classificata azienda insalubre di 1° classe ai sensi del regio decreto 27 luglio 1934/1265, nel corso degli anni, più volte è stata sanzionata per il superamento dei limiti di emissione di sostanze nocive;

   dal settembre 2018 i problemi fra distilleria e residenti sono notevolmente peggiorati: l'esasperazione potrebbe portare a fenomeni incontrollabili;

   la procura della Repubblica di Padova ha aperto un fascicolo;

   nonostante le rilevazioni dell'Arpav vengano di volta in volta secretate, nel mese di novembre 2017 è stato accertato lo sforamento dei limiti alle emissioni del parametro polveri;

   il 6 gennaio 2019 la Bonollo si è resa protagonista di un grave episodio di inquinamento attraverso lo sversamento di sostanze liquide non depurate nei campi coltivati a vigneto, interessando un'area di oltre 1500 metri quadrati. In relazione a ciò l'Arpav non ha condotto, contrariamente a quanto espressamente richiesto dai tecnici, le analisi di competenza;

   constatato l'immobilismo del sindaco, il prefetto, di Padova ha convocato presso la prefettura tutti i soggetti interessati: comune di Conselve, provincia di Padova, Arpav, Ulss 6 Euganee e l'11 aprile 2019 ha imposto alcuni accorgimenti tecnici all'azienda per limitarne i disagi ai cittadini. Purtroppo, tempi e modalità per l'ottemperanza sono sconosciuti e ciò preoccupa in vista dell'imminente stagione calda, allorquando si dovranno tenere aperte le finestre di casa esponendosi maggiormente ai fumi e ai cattivi odori –:

   se il Ministro interrogato, non ritenga di effettuare, attraverso, il Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, un accertamento rapido e tecnicamente indiscutibile delle sostanze emesse in atmosfera e sversate nei terreni circostanti, al fine di porre in essere tutte le iniziative previste dalla legge a tutela dei cittadini e dell'integrità del territorio.
(5-02111)


   VARRICA, DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 4 dicembre 2013 è stato sottoscritto il protocollo «Palermo Differenzia 2» tra il commissario delegato per l'emergenza rifiuti, la regione Siciliana, il comune di Palermo, il Conai e la Rap S.p.a., per il miglioramento e l'incremento della raccolta differenziata di rifiuti solidi urbani e assimilati, nel territorio della città di Palermo;

   a distanza di 6 anni, solo tre dei sei step di avanzamento del progetto sono stati attivati, coinvolgendo la metà dei 130.000 abitanti previsti, nonostante lo stanziamento sia stato già erogato;

   il comune di Palermo, ad oggi, a quanto consta agli interroganti non avrebbe adempiuto a diversi obblighi previsti dal protocollo come l'aggiornamento del regolamento comunale sui rifiuti risalente al 2002 e l'istituzione della figura dell'accertatore ambientale per garantire le attività di controllo sugli utenti cruciali per qualità e incremento della raccolta differenziata;

   tale inefficace gestione, con percentuali di raccolta differenziata che, per il 2018, si attestano a circa il 16 per cento ha determinato la precoce saturazione della VI vasca della discarica di Bellolampo con conseguente necessità di misure contingenti volte a fronteggiare la situazione di emergenza in attesa che venga realizzata la VII Vasca nell'ambito del commissariamento di cui alla delibera del Consiglio dei ministri dell'8 febbraio 2018;

   al 27 marzo 2019, come specificato dal gestore delle Rap, risultano circa 3 mesi di abbancamenti prima dell'esaurimento completo della VI Vasca ai sensi del Provvedimento autorizzatorio unico regionale (Paur) rilasciato e, nelle more della realizzazione della VII Vasca, si rischia un'interruzione delle attività di smaltimento dei rifiuti dalla prossima estate e l'insorgere di gravi emergenze igienico-sanitarie nel territorio comunale di Palermo;

   risulta in corso un procedimento da parte della Corte dei conti nei confronti del comune di Palermo per il mancato raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata previste dalla legge;

   con le note 18837/2018 e 16201/2018 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto informazioni alla regione in merito all'incremento della raccolta differenziata e alla necessità di trasferimento dei rifiuti fuori regione; la regione ha rappresentato risultati incoraggianti di incremento della differenziata, fatte salve le situazioni dei comuni di Palermo, Catania e Messina, per le quali è stata esplicitamente richiesta la creazione di un tavolo ministeriale finalizzato a superare le criticità esistenti in un'ottica di collaborazione istituzionale –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere per favorire l'incremento della raccolta differenziata in Sicilia anche attivando un tavolo tecnico istituzionale, coinvolgendo i comuni di Palermo, Catania e Messina.
(5-02112)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata dell'8 maggio 2019, l'agenzia di stampa Adnkronos ha pubblicato un articolo dal titolo «L'Italia ha un "tesoretto" che porterebbe il debito all'83,7 per cento»;

   secondo quanto si legge nell'articolo, l'Italia ha un «tesoretto» che le consentirebbe, in teoria, di ridurre il livello del debito pubblico del Paese dall'attuale 132,6 per cento del prodotto interno lordo all'83,7 per cento. Sarebbe sufficiente riscuotere gli 871 miliardi di euro di ruoli non incassati, che riguarda una platea di oltre 20 milioni di contribuenti;

   secondo i dati di Agenzia delle entrate riportati nell'articolo, il grosso si concentrerebbe nella fascia di debito oltre i 500.000 euro. Il numero dei contribuenti che rientrano in questo gruppo ammontano appena allo 0,9 per cento del totale, ma contribuiscono al mancato incasso per il 66,5 per cento del totale. Al lato opposto, ci sono i piccoli debitori con i ruoli fino a 1.000 euro, che rappresentano il 55,1 per cento dei contribuenti che hanno un conto aperto con il fisco ma appena l'1,9 per cento del debito complessivo;

   degli 871 miliardi di euro del residuo contabile, 152,7 non possono essere riscossi, perché da soggetti falliti, deceduti o da ditte cessate (103,9 miliardi di euro); 47,8 miliardi sono i carichi sospesi; 103,9 miliardi riguardano soggetti che risultano nullatenenti; le azioni cautelari ammontano a 364,7 miliardi e le rate a scadere su dilazioni non revocate valgono 13,7 miliardi;

   alla fine dei conti, resterebbero recuperabili 84,2 miliardi di euro, una cifra che andrebbe ulteriormente abbassata, poiché comprende anche debiti per i quali, in ragione delle norme a favore dei contribuenti, le azioni di recupero sono limitate o inibite come l'impignorabilità della prima casa o i limiti pignorabilità di stipendi;

   sempre secondo quanto citato nell'articolo, l'81 per cento dei crediti sarebbero di natura erariale, il 14 per cento contributiva e previdenziale, il 3 per cento dei comuni e il restante 2 per cento dei restanti enti impositori (regioni, camere di commercio e ordini professionali);

   l'articolo prosegue dicendo che «l'anomala consistenza del "magazzino" residuo dei crediti affidati all'Agente della riscossione – spiega l'Agenzia delle entrate – rappresenta un'unicità rispetto al panorama internazionale. Una parte della colpa va alle strutture private, che si sono occupate della riscossione fino al 2006»;

   viene aggiunto che, anche oggi, secondo il Fondo monetario internazionale e l'Ocse, «il sistema si presenta eccessivamente macchinoso, in quanto impone lo svolgimento di attività di recupero pressoché indistinte per tutti i crediti iscritti a ruolo» –:

   se i dati riportati in premessa corrispondano al vero, con particolare riferimento alle somme effettivamente recuperabili;

   quali iniziative intenda porre in essere il Governo per recuperare i debiti della fascia oltre i 500.000 euro;

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito ai rilievi del Fondo monetario internazionale e dell'Ocse citati nell'articolo.
(4-02886)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   la delibera del Cipe n. 121 del 2001 reca gli interventi per il collegamento «Pontina-A12-Appia», con una previsione di costo di 1,136 milioni di euro, riferito alla Pedemontana di Formia e al Corridoio tirrenico meridionale, e per il collegamento «Cisterna-Valmontone», con una previsione di costo di 309,874 milioni di euro;

   rispetto al progetto integrato originale il nuovo progetto integrato denominato «Sistema intermodale integrato Roma-Latina» è costituito dalle tratte autostradali A12 (Roma-Civitavecchia)-Roma Tor de Cenci-Latina Borgo Piave (ex 1° stralcio funzionale)-Bretella Cisterna-Valmontone (codice unico di progetto B21B06000520001);

   l'intervento consiste nella realizzazione di 99,8 chilometri di autostrada: 68,3 chilometri relativi all'asse autostradale Roma-Latina (16 chilometri di nuova realizzazione tra A12 e Tor de Cenci e 52,3 chilometri, tra interventi di nuova realizzazione e di miglioramenti in sede, tra Tor de Cenci e Latina); 31,5 chilometri relativi all'asse autostradale Cisterna-Valmontone (tutti di nuova realizzazione). Sono inoltre previsti 46,2 chilometri di opere connesse, tra nuove realizzazioni e miglioramenti in sede: la viabilità di adduzione alla barriera di Latina/Borgo Piave per circa 20,7 chilometri, suddivisi in tangenziale di Latina per 12,4 chilometri e miglioramento funzionale della provinciale Borgo Piave-Foce Verde per 8,3 chilometri viabilità di adduzione al casello di Aprilia nord per 5,2 chilometri; viabilità di adduzione del casello di Aprilia sud per 2,8 chilometri; viabilità di adduzione allo svincolo Artena-Cori-Lariano per 11,7 chilometri e viabilità di adduzione al casello di Labico per 5,8 chilometri;

   il progetto definitivo del collegamento Cisterna-Valmontone è stato redatto dalla regione Lazio, mediante la società regionale Arcea Lazio spa, e conferito ad Autostrade del Lazio spa subentrato come soggetto aggiudicatore (delibera CIPE 55/2008), successivamente approvato con delibera del Cipe n. 88 del 2010, a conclusione della conferenza di servizi;

   la delibera n. 88 del 2010 autorizza a bandire una gara di concessione unica, comprendente anche il collegamento Roma (Tor de’ Cenci)-Latina ed il collegamento A12-Roma (Tor de’ Cenci), previa approvazione da parte del Cipe del progetto definitivo di quest'ultimo tratto, avvenuta il 2 agosto 2013, con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2014;

   l'opera veniva riportata nei diversi documenti di economia e finanza nell'arco degli anni, nonché da ultimo nell'allegato infrastrutture al Def 2017 e nell'allegato in infrastrutture al Def 2018, mentre nessun riferimento è contenuto nel Def 2019;

   la delibera del Cipe n. 41 del 2008 proroga di due anni il termine per eseguire gli espropri di pubblica utilità come previsti dalla richiamata delibera n. 88 del 2010 per alcuni interventi tra i quali la Cisterna-Valmontone e le opere connesse: «tangenziale di Labico», «asse secondario tra la Strada Regionale Ariana e la Strada Provinciale Artena-Cori», «tangenziale di Lariano»;

   con delibera n. 44 del 2018 è stata disposta la reiterazione per sette anni del vincolo preordinato all'esproprio su aree e immobili interessati dalla realizzazione;

   la Pontina, già strada regionale 148, nel gennaio 2019 è stata riclassificata quale strada statale di competenza dell'Anas (strada statale 148), misura 99,2 chilometri e comprende il tratto tra l'incrocio con viale Oceano Atlantico di Roma e l'innesto con la strada statale 7 presso Terracina;

   dopo la voragine apertasi a causa del maltempo nel novembre 2018 (quando è stata inghiottita un'auto, il cui conducente è risultato poi disperso) la strada regionale è rimasta chiusa al chilometro 97,700 in provincia di Latina. I lavori necessari a riavviare la percorribilità dell'arteria stradale, da poco conclusi, hanno interessato solo un brevissimo tratto, mentre restano ancora in stato drammaticamente disastroso ampi tratti della statale;

   da settimane rappresentanti delle amministrazioni locali di Latina, Aprilia, Velletri, Cisterna, Lariano, Artena, Valmontone, Labico, sollecitano le istituzioni per la realizzazione del progetto autostradale Roma-Latina e della Bretella Cisterna-Valmontone ormai non più procrastinabili;

   il rinvio della realizzazione di infrastrutture e l'assenza di adeguata manutenzione delle stesse rappresentano un evidente rischio per la sicurezza e l'incolumità dei cittadini e utenti, oltre ad un limite concreto allo sviluppo del territorio che comporta gravi disagi a famiglie, imprese e amministrazioni locali, sulle quali gravano in particolar modo i costi di una manutenzione stradale straordinaria sempre più necessaria in conseguenza dell'aumento dei flussi viari causato da opere non realizzate, come appunto la bretella Cisterna-Valmontone, e maltenute, come in via generale la Pontina –;

   se il Governo sia favorevole alla realizzazione della bretella Cisterna-Valmontone e, nel caso, quali iniziative, nell'ambito della propria competenza, il Ministro interpellato intenda assumere per garantire un più sollecito e concreto avvio dei lavori di realizzazione del progetto autostradale Roma-Latina e della citata Bretella Cisterna-Valmontone;

   quale sia lo stato dell'arte delle opere di miglioramento della viabilità sulla strada statale 148 e quali iniziative urgenti il Ministro interpellato intenda assumere per garantire agli utenti della Pontina una piena e regolare viabilità caratterizzata da massima sicurezza e salvaguardia dell'incolumità.
(2-00378) «Spena».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   le smart road sono una iniziativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti finalizzata al rilancio del settore delle infrastrutture di trasporto attraverso la digital transformation, intesa come fattore abilitante della crescita sostenibile, intelligente e inclusiva del Paese;

   l'obiettivo è di rinnovare il sistema delle infrastrutture stradali rendendole più sicure, meglio utilizzate e fruite e in grado di generare dati e servizi per una migliore esperienza del viaggio per i cittadini, per facilitare il trasporto delle merci e contribuire a determinare un ecosistema tecnologico favorevole per le imprese;

   analogamente la digital transformation delle infrastrutture si configura come volano per l'intera economia del Paese, dal momento che il settore infrastrutturale, per la sua capacità di attrarre investimenti importanti e di connettere soggetti e settori produttivi diversi, può tornare a rappresentare la frontiera dell'innovazione soprattutto se si considerano come primari gli interventi di upgrading tecnologico, il cui costo e i cui tempi di realizzazione sono mediamente più bassi rispetto ad interventi sulle infrastrutture fisiche;

   la realizzazione del processo di trasformazione digitale richiede che siano realizzate strutture e piattaforme tecnologiche abilitanti che si basano su elementi quali la connettività di persone e veicoli, gli open data, i big data e l'Internet degli oggetti (loT) destinati a generare una molteplicità di dati, di interesse per il gestore dell'infrastruttura, per i viaggiatori e per le autorità e per gli enti di pianificazione;

   le smart road possono anche rappresentare un elemento per fornire ai territori da esse rappresentate una dorsale con cui supportare servizi di connettività loT, non necessariamente legati al trasporto come per esempio il supporto alla cosiddetta agricoltura di precisione;

   l'elemento però più rilevante con riferimento alle infrastrutture abilitanti è legato alla predisposizione della dorsale e dei servizi di comunicazione esposti per la implementazione delle soluzioni Cooperative intelligent transport systems (C-ITS) un piano di investimento, le cui linee generali, sono state presentate nel 2016 dalla commissaria dell'Unione europea Violeta Bulc e che si ponevano l'obiettivo di stabilire un quadro di riferimento complessivo entro il 2019, quando le prime vetture a guida autonoma sarebbero arrivate sul mercato. Un piano quelle delle CITS con investimenti che nel tempo avrebbero potuto superare i tre miliardi di euro;

   proprio la diffusione dei sistemi di Cooperative Its può contribuire a raggiungere una serie di obiettivi della Commissione europea nell'ambito dei trasporti, quali la sicurezza, la riduzione della congestione e il miglioramento delle condizioni di trasporto e degli impatti ambientali;

   la costante evoluzione nel settore dello sviluppo tecnologico, infatti, consente di gestire in modo «intelligente» il sistema dei trasporti nella sua globalità e di far fronte alla svariate esigenze Espresse sia dagli operatori sia dagli utenti del trasporto pubblico e privato. I Sistemi intelligenti di trasporto (Its) possono oggi essere considerati strumenti indispensabili alla gestione della mobilità nelle aree urbane e metropolitane;

   uno degli elementi cruciali per il successo di queste nuove applicazioni sarà la protezione dei dati, molti dei quali personali, scambiati tra le vetture e necessari per il funzionamento del sistema;

   un recente studio della società di consulenza Analysis Mason stima il nuovo valore economico complessivo generato dall'introduzione di un sistema di trasporto intelligente in Europa in una fascia compresa tra 20 e 40 miliardi di euro nei prossimi 10 anni;

   già a ottobre del 2017 le Autorità di protezione dati europee hanno approvato un parere sul sistema di trasporto intelligente C-Its che forniva una serie di raccomandazioni per l'industria, al fine di raggiungere il duplice, possibile obiettivo dello sviluppo tecnologico e della tutela dei diritti;

   lo scorso 8 marzo 2019 queste raccomandazioni sono state ribadite, in una sorta di decalogo, nel corso dell'assemblea dello European Telecommunications Standards Institute (Etsi), che è l'organo di standardizzazione che a livello continentale sta sviluppando le architetture e i protocolli per lo scambio delle informazioni tra veicoli;

   lo stato delle infrastrutture non deve essere esclusivamente noto con riferimento alle condizioni di circolazione ma anche con riferimento alle condizioni ambientali alle condizioni strutturali delle infrastrutture stesse, queste ultime organizzate e gestite all'interno di un modello digitale simile a quello tipico dei Building Information Modeling (Bim) –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere alla luce dello stato dei lavori preparatori alla definizione del quadro giuridico necessario per una larga diffusione dei servizi C-Its per le infrastrutture del Paese.
(2-00379) «Grippa, Marino».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   BERGAMINI, PORCHIETTO, BALDELLI, GERMANÀ, MULÈ, PENTANGELO, ROSSO, SANDRA SAVINO, SOZZANI e ZANELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   funivie, funicolari, sciovie a fune alta e bassa e slittinovie rappresentano oggi un ambito altamente impiegato e sviluppato del trasporto urbano, turistico e di materiale;

   il recepimento della direttiva 2000/9/CE relativa agli impianti a fune adibiti al trasporto di persone e relativo sistema sanzionatorio, avvenuto con decreto legislativo n. 210 del 2003, è stato seguito dal decreto dirigenziale n. 144 del 2016 recante prescrizioni tecniche riguardanti l'esercizio e la manutenzione delle funi e dei loro attacchi per gli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone;

   il decreto direttoriale 11 maggio 2017 «Impianti aerei e terrestri. Disposizioni tecniche riguardanti l'esercizio e la manutenzione degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone» reca disposizioni e prescrizioni tecniche, nazionali ed europee, per la sicurezza degli impianti a fune adibiti al trasporto di persone, adottato con il parere della Commissione funicolari aeree e terrestri è stato concordato con le associazioni di categoria (Anitif, Federfuni Italia e Anef);

   con tali disposizioni si intende provvedere alla rielaborazione organica della normativa vigente relativa a personale, esercizio, verifiche e prove funzionali, prove periodiche, manutenzione e modifiche tecniche che non costituiscono varianti costruttive;

   nell'allegato tecnico, il punto 4.1.3 dispone che il regolamento di esercizio sia redatto dal direttore di esercizio e dall'esercente per ogni impianto funzionante, in base allo schema proposto dall'autorità di sorveglianza, con relativi allegati, e approvato dal Ministero;

   il punto 4.1.5 dispone che il registro giornale dell'esercizio sia predisposto e compilato in base al regolamento di esercizio;

   il punto 4.3 prescrive che il registro di controllo e manutenzione sia predisposto e compilato in base al regolamento di esercizio e al manuale di uso e manutenzione dell'impianto;

   il punto 9.1.1 dispone che entro il 24 maggio 2019 (entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto) tutte le disposizioni di esercizio relative agli impianti esistenti siano adeguate ai contenuti del decreto;

   l'esercente dovrà inviare all'autorità di sorveglianza, per approvazione, il regolamento di esercizio con i relativi allegati, pena la revoca dei nulla osta, nonché il registro giornale, il registro di controllo e manutenzione, il verbale di ispezione annuale e il rapporto di ammissibilità sullo stato delle funi;

   ciò significa che entro il prossimo 24 maggio tutti gli esercenti dovranno aggiornare i regolamenti di esercizio di tutti i loro impianti e inviarli all'autorità di sorveglianza, che li dovrà approvare. Ciononostante, alla data del 30 aprile 2019 non risulta ancora emanato lo schema di regolamento di esercizio, ai sensi del sopra richiamato punto 4.1.3 dell'allegato tecnico;

   vale la pena sottolineare che anche se nel corso del mese di maggio 2019 il Ministero dovesse emanare lo schema di redazione del regolamento di esercizio, non vi sarebbe tempo materiale per permettere agli esercenti di adeguare i propri regolamenti e riceverne le dovute autorizzazioni –:

   il rischio concreto è che dal 25 maggio 2019 gli impianti a fune di tutta Italia vengano sottoposti a chiusura coatta, ma anche qualora la stessa autorità non adottasse misure sospensive sarebbero gli stessi esercenti, nel proprio interesse, a fermare e chiudere gli impianti in quanto non più conformi alla norma vigente –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere per rinviare l'applicazione delle disposizioni del decreto direttoriale 11 maggio 2017, al fine di garantire la regolare prosecuzione dell'attività degli impianti, ferma restando la necessità dell'adozione dello schema di registro d'esercizio da parte dell'autorità di sorveglianza in tempi idonei a permettere agli esercenti di adeguare i propri regolamenti e sottoporli all'autorizzazione della stessa autorità.
(5-02113)


   MACCANTI, CAPITANIO, CECCHETTI, DONINA, FOGLIANI, GIACOMETTI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel nostro Paese il settore dei trasporti pubblici conta fra i vari sistemi di mobilità anche quello cosiddetto a fune che comprende funivie, funicolari, sciovie a fune alta e bassa e slittinovie. Tali sistemi rappresentano in vero un ambito altamente sviluppato a livello di trasporto urbano, turistico e di materiale;

   sul settore del trasporto a fune è intervenuto, da ultimo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con il decreto direttoriale 11 maggio 2017 concernente «Impianti aerei e terrestri. Disposizioni tecniche riguardanti l'esercizio e la manutenzione degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone», in considerazione della necessità di adottare in forma organica le disposizioni e le prescrizioni tecniche, sia nazionali che di recepimento delle norme armonizzate, per la sicurezza dell'esercizio degli impianti a fune adibiti al trasporto di persone;

   nello specifico, il decreto direttoriale appena richiamato all'allegato tecnico prevede come obbligatoria la redazione, da parte degli esercenti di ciascun impianto, entro il 24 maggio 2019, di alcuni documenti quali: il regolamento di esercizio, il registro giornale, il registro di controllo e manutenzione, il verbale di ispezione annuale e il Rapporto di ammissibilità sullo stato delle funi;

   il regolamento di esercizio di cui sopra – ai sensi del punto 4.1.3 del predetto allegato tecnico – dev'essere redatto sulla base di uno schema di regolamento adottato dal Ministero interrogato, schema che però – alla data di oggi – non risulta ancora emanato;

   qualora il Ministero dovesse comunque approvare lo schema di regolamento nei prossimi giorni, non vi sarebbero comunque i tempi tecnici e materiali per permettere agli esercenti di adeguare i propri regolamenti e riceverne in tempo idoneo le dovute autorizzazioni, così rischiando la chiusura di fatto imposta dal Ministero stesso –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere tempestive iniziative volte a rinviare l'applicazione delle disposizioni recate dal decreto direttoriale 11 maggio 2017, per un periodo di almeno 12 mesi, al fine di garantire la regolare prosecuzione dell'attività degli impianti oggetto del decreto direttoriale, ferma restando la necessità dell'adozione dello schema di regolamento d'esercizio da parte dello stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
(5-02114)


   PAITA, BOSCHI e BRUNO BOSSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 28 febbraio 2019 è stata predisposta una circolare esplicativa del Ministero dell'interno (prot. n. 300/A/1840/19/149/2019/01) in riferimento alle norme introdotte dall'articolo 10-bis del decreto-legge n. 135 del 2018 convertito dalla legge n. 12 del 2019 che ha stabilito che le sanzioni per gli autonoleggi con conducente risultassero sospese fino al 14 maggio 2019, data entro la quale si presupponeva fossero adottate ulteriori misure per regolamentare il settore considerate le enormi criticità sollevate già in sede di conversione in legge del citato decreto;

   il rischio infatti a distanza di pochi giorni dalla entrata in vigore del sistema sanzionatorio nei confronti degli operatori del settore del noleggio con conducente (Ncc) è che l'intero comparto venga posto nelle condizioni di non poter lavorare pena il rischio di vedersi sospesa patente e sequestrato il mezzo;

   le organizzazioni di categoria hanno sollecitato più volte il Governo a convocare un incontro per affrontare le note problematiche senza avere purtroppo alcuna risposta;

   si evidenzia inoltre un problema giuridico molto rilevante circa la compatibilità del previsto foglio elettronico con la normativa sulla privacy poiché la normativa introdotta richiede che vengano annotati orari, località e generalità delle persone, tutte informazioni sensibili sulle persone;

   in merito alle norme in questione è stato promosso dalla regione Calabria ricorso alla Corte costituzionale;

   va considerata la mancata risposta fornita dal Governo a tali istanze e la grave incertezza che grava sugli operatori che rischiano di veder compromessa la propria attività a partire dal 14 maggio 2019 –:

   se sia intenzione del Ministro interrogato assumere le iniziative di competenza per provvedere nell'immediato ad una ulteriore differimento del termine del 14 maggio 2019 per quanto concerne l'entrata in vigore delle sanzioni di cui all'articolo 10-bis del decreto-legge n. 135 del 2018 convertito dalla legge n. 12 del 2019 e se contestualmente, al fine di evitare ulteriori criticità, non intenda convocare un tavolo di confronto con le organizzazioni di categoria consentendo agli operatori di svolgere il proprio lavoro.
(5-02115)


   TASSO e TOCCAFONDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il consiglio di amministrazione di Ferrovie dello Stato italiane (Fsi) ha deliberato la nascita di una nuova società denominata FSTechnology con l'intento di far confluire in questa, tutte le funzioni, le attività e le strutture informatiche delle società del gruppo;

   in Fst, e prevista la confluenza anche di personale assunto dall'esterno;

   tale società diventerà titolare in esclusiva dei sistemi informatici di tutto il gruppo Fs, gli verrà affidata la gestione dei contratti informatici: asset strategici del gruppo;

   attualmente, queste attività vengono svolte all'interno di ogni singola società, salvaguardando le specificità di missione, coordinate tutte dalla Holding con una organizzazione efficiente e consolidata nel tempo;

   fino agli anni novanta, all'interno delle Ferrovie dello Stato italiane esisteva una divisione informatica (articolazione organizzativa) che coordinava e gestiva tutti i processi informatici. Nel 1994 fu deciso che queste attività confluissero in una nuova società, TeleSistemiFerroviari s.r.l., messa successivamente sul mercato; nell'arco di dieci anni, questa venne interamente acquisita dal privato, pur continuando a gestire il sistema informatico del gruppo Ferrovie dello Stato italiane;

   nel tempo, è stato trasferito tutto il know-how a Tsf, lasciando Ferrovie dello Stato italiane senza conoscenze e professionalità nel settore informatico. Soltanto dopo parecchi anni, e non senza difficoltà, si è riusciti a ricostruire un tessuto di esperti informatici perché interfacciassero con essa, ricostruendo strutture efficienti all'interno di Ferrovie dello Stato italiane;

   non è ancora chiaro quale sia l'intento di Ferrovie dello Stato italiane, se non quello di creare una nuova società, un nuovo consiglio di amministrazione e nuovi dirigenti, e quindi nuove poltrone, senza alcuna garanzia che anche questa, poi, venga ceduta al privato, ripercorrendo la strada già vista in passato: depauperando l'azienda, rischiando così di riperdere il prezioso know-how faticosamente ricostruito;

   attualmente, a Firenze, i lavoratori impegnati in queste attività informatiche sono circa 30: 25 in Trenitalia, 5 in Rfi, e, auspicando che nessuno di questi lavoratori verrà spostato e/o licenziato, ma al massimo ricollocato nelle varie aziende di Ferrovie dello Stato italiane, la questione preoccupante è che così procedendo, si perderanno inevitabilmente in città 30 posti di lavoro che saranno spostati sulle sedi di Milano e Roma;

   si ritiene che questa operazione possa trasformarsi in uno spreco di denaro pubblico e di tutto il know-how ferroviario informatico ricostruito nel tempo, lasciando ancora una volta la dipendenza diretta da società private –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e come intenda procedere, per quanto di competenza, per evitare possibili perdite del know how all'interno del gruppo di Ferrovie dello Stato italiane e per garantire la posizione dei 30 lavoratori fiorentini.
(5-02116)


   GRIPPA, SCAGLIUSI, BARBUTO, BARZOTTI, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE GIROLAMO, DE LORENZIS, FICARA, LIUZZI, MARINO, RAFFA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SERRITELLA, SPESSOTTO e TERMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con l'entrata in vigore della direttiva 2014/45/UE si è provveduto ad armonizzare l'attività di revisione periodica dei veicoli a motore su tutto il territorio europeo, tenendo presenti le tematiche della sicurezza, dell'ambiente, del progresso tecnologico dei veicoli, dei requisiti di qualità del centro di revisione, della separazione delle attività fra la riparazione e la revisione, nonché la competenza degli ispettori;

   in Italia, il recepimento della stessa direttiva, attraverso l'emanazione del decreto ministeriale 19 maggio 2017, è stato attuato, mantenendo l'impianto della struttura attuale delle revisioni italiane, facendo riferimento all'articolo 80 del codice della strada italiano, che riguarda le revisioni, e ai seguenti articoli del regolamento attuativo del codice: 238, 239, 240 e 241;

   l'apertura di un centro di revisioni è subordinata all'acquisizione della relativa autorizzazione. Tale autorizzazione all'esecuzione delle revisioni viene rilasciata dalla provincia di competenza e ad essa deve essere pertanto inviata la relativa richiesta di rilascio. I controlli a cui sono soggetti tali centri sono previsti dal comma 10 del predetto articolo 80;

   in Italia aumentano i centri di revisione per autoveicoli. In dettaglio, dal 2012 al 2016 sono cresciuti del 18,1 per cento passando da 7.127 a 8.421. A rivelarlo è lo studio dell'osservatorio «Autopromotec» su elaborazione dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   mentre lo studio ci restituisce numeri precisi, l'osservazione della realtà ci fornisce una possibile spiegazione: il parco auto italiano invecchia, l'età media delle auto in circolazione sulla penisola è infatti di 9 anni e 6 mesi e ben il 16 per cento del parco circolante ha più di 15 anni;

   la prima revisione va fatta dopo 4 anni dall'immatricolazione e poi ogni due anni; va da sé che servono più officine autorizzate ad effettuare questo intervento e rilasciare la certificazione prevista;

   nel periodo preso in considerazione, ovvero 2012-2016, il numero dei centri per le revisioni è cresciuto più del numero delle revisioni effettuate, nonostante l'aumento dell'età dei mezzi in circolazione. Nel 2016 in Italia sono stati revisionati 13.949.808 veicoli con una spesa complessiva di 2,86 miliardi di euro, contro i 13.046.564 del 2012, con appena il 6,9 per cento in più (903.244) –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e se sia possibile disporre dei dati relativi ai controlli ispettivi effettuati negli ultimi anni, con particolare riferimento a quante siano le eventuali irregolarità rilevate con maggiore frequenza e le conseguenti sanzioni applicate.
(5-02117)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDI, NOJA, PEZZOPANE, FIANO e ENRICO BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 23 luglio 2018 Trenitalia ha pubblicato la gara a procedura negoziata n. 2018/A/1T per l'affidamento in appalto del servizio di manutenzione preventiva e correttiva dei convogli Etr 500 della durata di anni 6 e del valore pari a 132 milioni di euro (più opzione di ulteriori anni 6 pari importo);

   la manutenzione dei treni rappresenta un'operazione fondamentale per garantire la sicurezza del trasporto ferroviario e la corretta e continua erogazione del servizio. In questo contesto va rimarcato come un Etr 500 possa trasportare circa 600 passeggeri e raggiungere i 360 chilometri orari;

   le uniche offerte pervenute sono del Rti Hitachi Railitaly – Sitav e di Caf Italia (controllata della azienda spagnola Caf);

   Hitachi rail Italy e Sitav hanno svolto il servizio di manutenzione preventiva degli Etr 500 per quasi venti anni ed, in particolare, Hitachi Rail Italy (ex Ansaldo Breda) è il costruttore del rotabile, mentre Caf Italia (e la controllante spagnola Caf) non hanno invece mai operato su tale flotta;

   in data 18 dicembre 2018, Trenitalia ha comunicato che la gara in questione è stata aggiudicata alla azienda Caf Italia;

   in data 16 gennaio 2019 Hitachi Rail Italy (Hri), in qualità di mandataria dell'Rti ha proposto ricorso al Tar del Lazio, lamentando, tra l'altro, il difetto dei requisiti di partecipazione di Caf Italia e, in specie, la mancanza di personale abilitato alla manutenzione del materiale rotabile ovvero munito della apposite abilitazioni ai sensi del decreto dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie 4/2012 del 9 agosto 2012 e successive modifiche e integrazioni recante «Norme ANSF per la qualificazione del personale impiegato in attività di sicurezza della circolazione ferroviaria»;

   il Tar deciderà il ricorso nella udienza del 3 luglio 2019;

   in data 27 marzo 2019, Trenitalia ha comunicato di avere stipulato il contratto con Caf;

   la scadenza dell'attuale proroga contrattuale relativa al medesimo servizio, svolto dall'Rti Hitachi Rail Italy – Sitav è prevista per il 18 giugno 2019;

   risulterebbe che Caf Italia non abbia mai operato nel nostro Paese nel delicato e fondamentale settore della manutenzione dei mezzi ad alta velocità su rotaia e sia alla concitata ricerca «per l'inizio delle attività di manutenzione di treni per conto di Trenitalia» di molteplici ingegneri e tecnici manutentori con consolidata esperienza in ambito ferroviario e metalmeccanico;

   vi è quindi il rischio che l'azienda Caf Italia possa utilizzare personale privo delle abilitazioni/qualifiche necessarie per l'espletamento delle attività manutentive oggetto della gara;

   il subentro dell'azienda CAF, per ragioni tecniche, gestionali ed organizzative, ad avviso degli interroganti, in definitiva, potrebbe mettere a serio rischio l'espletamento dell'intero esercizio commerciale Av Etr 500 e la stessa sicurezza dei trasporti –:

   se i partecipanti alla gara a procedura negoziata n. 2018/A/1T richiamata in premessa dispongono pienamente di requisiti previsti dalle norme nazionali vigenti e se l'aggiudicazione della gara stessa potrà assicurare la continuità del servizio commerciale Av Etr 500 e garantire la sicurezza del trasporto ferroviario.
(5-02106)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   PAITA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sono drammatiche e di grande impatto emotivo le parole riprese in un video pubblicato dalla testata giornalistica «La Repubblica» di alcuni abitanti dei quattro palazzi sotto il ponte Morandi di Genova, crollato il 14 agosto 2018, provocando 43 vittime, che sono rientrati per la quarta e ultima volta nelle loro abitazioni prima della loro demolizione;

   per molti di loro come riportano le testimonianze riprese è stato un addio amaro non solo per i sentimenti che accompagnano questo percorso ma anche perché hanno trovato l'amara sorpresa che le loro abitazioni sono state saccheggiate dai ladri come riportano le parole di Franco Ravera, presidente dell'associazione «quelli del Ponete Morandi»;

   è evidente che non vi è stata adeguata sorveglianza e vigilanza, eppure era uno dei punti critici più volte evidenziato, anche durante l’iter di conversione in legge del decreto-legge n. 109 del 2018 con la precisa richiesta di assicurare adeguata tutela al patrimonio dei residenti costretti a dover lasciare le proprie abitazioni a seguito del crollo del ponte –:

   come mai non sia stata garantita adeguata sicurezza alle abitazioni abbandonate, a tutela del patrimonio delle persone costrette a lasciare i propri appartamenti.
(3-00727)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARNEVALI, MARTINA, QUARTAPELLE PROCOPIO, ENRICO BORGHI, FIANO, MORANI, ROTTA, DEL BARBA, GRIBAUDO, PAITA, SCALFAROTTO, DE FILIPPO, RIZZO NERVO, MARATTIN, CIAMPI, VISCOMI e BRUNO BOSSIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che nella mattinata del 13 maggio 2019 a Brembate è stato rimosso dai vigili del fuoco uno striscione esposto da un privato cittadino dalle finestre della propria abitazione, che riportava una generica dicitura «non sei il benvenuto» ed era apparso nel giorno in cui era in programma in paese la visita del Ministro dell'interno, nonché segretario nazionale della Lega;

   l'intervento dei vigili del fuoco per rimuovere lo striscione appare inspiegabile non sussistendo illeciti che giustifichino tale azione, anche alla luce del fatto che lo striscione non arrecava offese né tantomeno il nome del destinatario, ed era stato esposto dalle finestre di una privata abitazione;

   in Italia la libertà di manifestazione del pensiero e quella di espressione sono garantite dalla Costituzione, e non possono certo essere calpestate solo perché infastidiscono qualcuno, mentre il dissenso e la contestazione pacifica e non violenta sono parte integrante della democrazia –:

   a che titolo tale striscione sia stato fatto rimuovere e chi abbia dato l'ordine di intervenire.
(5-02107)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   FASANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 5 marzo 2019 il direttore generale del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea) è stata destinataria di una misura cautelare nell'ambito di un'indagine della procura di Roma che ha portato alla luce «gravi irregolarità» nella gestione dell'ente; misure cautelari che hanno riguardato anche altri quattro soggetti, accusati a vario titolo di peculato, abuso d'ufficio e falso e il gip ha disposto anche il sequestro di beni per 8 milioni di euro;

   il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea) è il principale ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari con personalità giuridica di diritto pubblico, vigilato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo

   come riportato in un articolo del quotidiano Verità pubblicato in data 19 marzo 2019 «a sbirciare nei bilanci si apprende che i vertici dell'ente ricevono compensi di tutto rispetto: 170.000 per il presidente, 30.000 per ciascuno dei consiglieri di amministrazione, 24.000 per il presidente del collegio dei revisori dei conti e 20.000 per ciascun revisore (per i quali è previsto anche un gettone di presenza di 103 euro a seduta), 5.000 euro, infine, per ciascun componente del consiglio scientifico (di recente introduzione). La spesa per il personale ammonta a oltre 102 milioni di euro, compresi i compensi per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa»;

   i 12 attuali direttori dei centri di ricerca Crea, come emerge dal decreto del commissario straordinario (n. 175 del 7 novembre 2016), ricevono uno stipendio annuo lordo omnicomprensivo di 130 mila euro. A questo compenso vanno aggiunti «gli oneri riflessi a carico dell'amministrazione – contributi previdenziali, Irap e accantonamento per indennità di fine rapporto – che determinano pertanto, un costo complessivo annuo di 182.944,23 euro per ognuno dei 12 direttori»;

   dall'articolo del suddetto quotidiano si apprende che «per rendere operativa l'Unità di ricerca di floricoltura e le specie ornamentali, ad esempio, sono stati spesi in consulenze oltre 70.000 euro. E così, pur essendo zeppo di ricercatori, il Crea che come la gran parte degli enti pubblici non è esente dalle classiche contraddizioni da carrozzone, ricorre all'esterno»;

   il 9 aprile 2019 il Ministro interrogato ha annunciato alla stampa che «il commissario del Crea sarà Gian Luca Calvi, ho già firmato la nomina ma deve essere ancora ufficializzata» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare, in via d'urgenza, per ripristinare la trasparenza di un ente che, come emerso dalla recente inchiesta, troppo spesso si è contraddistinto, ad avviso dell'interrogante, per essere uno dei tanti «carrozzoni mangiasoldi» dei cittadini.
(4-02887)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Cenni e altri n. 7-00239, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Cardinale, Critelli, D'Alessandro, Dal Moro, Incerti, Portas.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Giacometto n. 5-01698 del 19 marzo 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Toccafondi n. 5-02094 del 9 maggio 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Boschi n. 5-02101 del 10 maggio 2019;

   interrogazione a risposta scritta Benedetti n. 4-02885 del 10 maggio 2019.