Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 17 febbraio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 138 della Costituzione prevede che le leggi di revisione costituzionale e le altre leggi costituzionali (previste dagli articoli 116, 132 e 137 della Costituzione) siano adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e siano approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione;

    come specificato nella legge n. 352 del 1970, dopo l'approvazione, in seconda votazione, a maggioranza assoluta, ma inferiore a due terzi dei componenti di Camera o Senato, ha luogo la pubblicazione del testo della legge nella Gazzetta ufficiale, completato dalla data della sua approvazione finale e preceduto dall'avvertimento che un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali possono chiedere, entro tre mesi dalla pubblicazione, che si proceda a referendum popolare, con apposita istanza da far pervenire, da parte dei delegati dei richiedenti, alla Corte di cassazione;

    la legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi;

    nella seduta dell'8 ottobre 2019 è stata approvata, in via definitiva, dalla Camera dei deputati la legge costituzionale avente ad oggetto la riduzione del numero dei parlamentari («Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari»);

    il testo è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019;

    la legge costituzionale prevede la riduzione del numero dei parlamentari, da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi;

    un quinto dei senatori, come previsto dal dettato costituzionale, ha richiesto di sottoporre la riforma al vaglio popolare; l'istanza, firmata da 71 senatori e depositata il 10 gennaio 2020, è stata ritenuta conforme all'articolo 138 della Costituzione dall'ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione;

    entro 60 giorni dall'ordinanza dell'ufficio centrale che ha ammesso il referendum, il Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri, indice con proprio decreto il referendum che si svolge in una domenica compresa tra il 50° e il 70° giorno successivo all'emanazione del decreto di indizione;

    il Consiglio dei ministri del 27 gennaio 2020, su proposta del Presidente Giuseppe Conte, ha convenuto sulla data del 29 marzo 2020 per il referendum costituzionale indetto l'indomani con decreto del Presidente della Repubblica del 28 gennaio 2020;

    l'obiettivo della legge costituzionale in questione è duplice: da un lato, favorire un miglioramento del processo decisionale delle Camere per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini e, dall'altro, ridurre il costo della politica (con un risparmio stimato di circa 500 milioni di euro in una legislatura);

    la riforma, peraltro, consentirebbe all'Italia di allinearsi al resto d'Europa: l'Italia, infatti, è il Paese con il numero più alto di parlamentari direttamente eletti dal popolo (945), seguito dalla Germania (circa 700), dalla Gran Bretagna (650) e dalla Francia (poco meno di 600);

    a meno di due mesi dal voto popolare per la riduzione di deputati e senatori, non è ancora in atto una adeguata campagna informativa relativa al referendum che si svolgerà il 29 marzo 2020,

impegna il Governo:

   1) ad assumere iniziative volte a pubblicizzare la data in cui i cittadini saranno chiamati ad esprimere la propria volontà di confermare o meno la legge approvata dalla Camera dei deputati, in seconda deliberazione, l'8 ottobre 2019;

   2) ad adottare ogni opportuna iniziativa utile a fornire gli strumenti necessari a comprendere le modalità, di voto rispetto al quesito referendario;

   3) a sostenere, anche finanziariamente, tutte le attività di divulgazione delle informazioni relative al contenuto della legge costituzionale avente ad oggetto la riduzione del numero dei parlamentari;

   4) a promuovere un'adeguata campagna di comunicazione istituzionale, diffusa sia attraverso i mezzi tradizionali (spot radio e tv, affissioni e annunci stampa), sia attraverso il web e i social media, al fine di raggiungere efficacemente i diversi target;

   5) ad adottare iniziative per predisporre banner e video tutorial per spiegare in modo semplice, chiaro e diretto contenuti tecnici e informazioni utili per l'elettore;

   6) a favorire la partecipazione, sensibilizzando i cittadini sull'importanza di esprimere il proprio voto e ricordando che il voto è un diritto;

   7) attraverso i diversi strumenti disponibili, ad adottare iniziative per spiegare in modo semplice, accessibile e sintetico la procedura di voto e le conseguenze dell'esito referendario.
(1-00332) «Baldino, Macina, Alaimo, Bilotti, Brescia, Maurizio Cattoi, D'Ambrosio, Sabrina De Carlo, Dieni, Francesco Silvestri, Suriano, Elisa Tripodi, Ruggiero, Salafia».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   è di pochi giorni fa la notizia della sonora «bocciatura» da parte della Corte costituzionale dell'applicazione retroattiva della legge 9 gennaio 2019, n. 3, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la Pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», meglio nota come «spazzacorrotti»;

   lo ha reso noto la stessa Corte costituzionale in un comunicato che anticipa quanto deciso in camera di consiglio: secondo i giudici è illegittima, in particolare, l'applicazione retroattiva della norma che ha esteso ai reati contro la pubblica amministrazione le preclusioni previste dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario rispetto alla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione;

   la Corte ha accolto le censure sollevate dalle ordinanze di 17 giudici ordinari che denunciavano la mancanza di una disciplina transitoria che impedisse l'applicazione delle nuove regole ai condannati per un reato commesso prima dell'entrata in vigore della citata legge;

   il Guardasigilli, infatti, ad avviso degli interpellanti, avrebbe dovuto sapere che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, confermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (17 luglio 2006, n. 24561), le disposizioni concernenti le misure alternative alla detenzione, in quanto non riguardano l'accertamento del reato e l'irrogazione della pena, ma attengono soltanto alle modalità esecutive della pena irrogata, non hanno carattere di norme penali sostanziali e quindi – in assenza di specifiche norme transitorie – soggiacciono al principio tempus regit actum e non alla disciplina dell'articolo 2 del codice penale e dell'articolo 25 della Costituzione;

   naturalmente è innegabile che la pacifica inoperatività del principio di irretroattività di cui all'articolo 25 della Costituzione rispetto ai casi di successione di leggi processuali nel tempo, ove la legge (processuale) successiva comprometta un diritto di libertà positivamente acquisito per effetto di una legge antecedente, può prestarsi, anche fondatamente, a censure di irragionevolezza;

   per questo motivo, in determinati casi, le leggi intervenute su istituti processuali, in origine diversamente disciplinati, hanno previsto disposizioni transitorie, come nel caso del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, recante provvedimenti urgenti in materia di lotta alla criminalità organizzata;

   a conferma di ciò, all'indomani dell'approvazione della legge «spazzacorrotti» sono giunte al vaglio dei giudici le prime questioni problematiche in relazione all'applicabilità ratione temporis della nuova disciplina e la soluzione si è rivelata tutt'altro che agevole;

   i primi due casi, decisi dal tribunale di Napoli e dal tribunale di Como, hanno avuto ad oggetto l'ipotesi di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva disposta prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina: mentre la decisione dei giudici napoletani ha confermato l'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità riguardo all'applicazione nel tempo delle norme in materia di misure alternative alla detenzione, una prospettiva del tutto innovativa è stata proposta dal giudice per le indagini preliminari (Gip) di Como, che ha preso posizione in maniera decisa contro quello che pure riconosce come un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità;

   nell'ordinanza dell'8 marzo 2019 emessa dal Gip di Como si legge che, tenuto conto dell'ampiezza degli istituti applicabili in sede di esecuzione della pena, «non può non riconoscersi oggi che quelle che, con una truffa delle etichette, vengono considerate norme meramente processuali, perché attinenti alle modalità di esecuzione della pena, siano in realtà norme che incidono sostanzialmente sulla natura afflittiva della pena: una modifica legislativa peggiorativa di tali norme, conseguentemente, può determinare gravi pregiudizi per il condannato e aggredire in modo significativo il bene della libertà personale. [...] quel che si intende sottolineare, sotto il profilo del diritto intertemporale, è che le conseguenze dell'applicazione di tale norma per colui che ha commesso il fatto prima della sua approvazione, si riverberano in fatto, non semplicemente sulla modalità di esecuzione della pena, ma sulla stessa natura della sanzione che nella sua fase iniziale impone la detenzione anche se il soggetto risulterà meritevole di una misura alternativa (con possibilità di accesso alla misura alternativa solo in un secondo momento)»;

   in senso concorde, per la Corte costituzionale «l'attuazione retroattiva di una disciplina che trasforma in modo radicale la natura della pena e soprattutto la sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella stabilita al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene, previsto dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione»;

   in particolare, la Corte costituzionale ha preso atto che «secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, le modifiche peggiorative della disciplina sulle misure alternative alla detenzione vengono applicate retroattivamente, e che questo principio è stato sinora seguito dalla giurisprudenza anche con riferimento alla legge n. 3 del 2019. [...] questa interpretazione è costituzionalmente illegittima con riferimento alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell'ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna»;

   anche questa legge, mediaticamente definita «spazzacorrotti», così come la tanto sbandierata riforma della prescrizione, lungi dal rappresentare un baluardo di legalità e giustizia, ad avviso degli interpellanti ha introdotto il principio giustizialista e inaccettabile dell’«imputato a vita»;

   le modifiche della legge «spazzacorrotti» in materia di accesso alle misure alternative alla detenzione e di sospensione dell'ordine di carcerazione, infatti, pur rientrando formalmente nella categoria delle modifiche attinenti alle modalità esecutive della pena, nei fatti comportano un fortissimo inasprimento della risposta sanzionatoria nei delitti contro la pubblica amministrazione: da una pena detentiva che il condannato avrebbe quasi sicuramente espiato a casa, aderendo alle prescrizioni impartitegli, ad una immediata carcerazione al momento in cui la condanna diventa definitiva, con la prospettiva molto probabile di non avere più accesso alle misure alternative –:

   quali siano i dati disponibili in merito all'applicazione retroattiva dell'articolo 4-bis della legge sull'ordinamento penitenziario di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificata dalla recente legge 9 gennaio 2019, n. 3, e, in particolare, in quanti casi di condannati per reati contro la pubblica amministrazione, accertati prima della data di entrata in vigore della legge «spazzacorrotti», non siano stati concessi i benefici e le misure alternative alla detenzione, casi che potrebbero costare allo Stato italiano una condanna per ingiusta detenzione.
(2-00647) «Lollobrigida, Meloni, Varchi, Maschio, Baldini, Bellucci, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Montaruli, Rampelli, Zucconi, Acquaroli, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Mollicone, Osnato, Prisco, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FICARA, CHIAZZESE e CASA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 commi 62-64, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 – bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022 – ha autorizzato la concessione di contributi per un importo complessivo intorno agli 8 miliardi di euro per il periodo 2020-2034 per il finanziamento di interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane, nonché degli interventi relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza delle strade e di manutenzione straordinaria ed efficientamento energetico delle scuole degli enti medesimi;

   il comma 64 demanda la disciplina per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 63 ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'interno, dell'istruzione, delle università e della ricerca, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro il 31 gennaio 2020, attraverso il quale saranno individuati le risorse per ciascun settore di intervento e i criteri di riparto e le modalità di utilizzo delle risorse;

   successivamente, entro 30 giorni dalla pubblicazione del citato decreto, con ulteriore decreto emanato dai Ministri competenti si individueranno enti beneficiari, interventi ammessi al finanziamento e relativo importo;

   i contributi concessi, per la parte che riguarda gli interventi relativi alla manutenzione della rete viaria, sono aggiuntivi rispetto a quanto già previsto con decreto 16 febbraio 2018, che ha destinato la somma complessiva di 1.620 milioni di euro, ripartita in euro 120 milioni per l'anno 2018 e in euro 300 milioni per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023, per il finanziamento degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e di città metropolitane delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Sardegna e Sicilia;

   una celere ripartizione di quelli previsti dalla suddetta legge di bilancio permetterebbe agli enti di provvedere a una stesura più razionale dei progetti, avendo contezza del totale delle risorse disponibili;

   relativamente alla modalità di spesa dei fondi previsti dal decreto 16 febbraio 2018, il termine entro il quale le province e le città metropolitane devono certificare l'avvenuta realizzazione degli interventi, mediante apposita comunicazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è previsto al 31 ottobre successivo all'anno di riferimento –:

   con riferimento all'articolo 1, commi 62-64, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, a che punto sia l’iter per l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di individuazione dei settori di intervento e dei criteri di riparto dei contributi autorizzati e quali siano i tempi previsti per l'adozione del suddetto provvedimento, considerando anche che l'individuazione degli enti beneficiari e degli interventi ammessi al finanziamento dovrà avvenire entro i trenta giorni successivi all'emanazione del suddetto decreto.
(5-03604)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIBAUDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 18 agosto 2019, in una zona impervia nel comune di San Giovanni a Piro nel Cilento, è stato ritrovato dopo 9 giorni di ricerche il corpo di Simon Gautier, turista francese di 27 anni che si era avventurato da solo su un sentiero considerato «molto pericoloso»;

   all'epoca dei fatti, è stata riportata dalla stampa la non avvenuta implementazione nel nostro Paese della tecnologia «Advanced Mobile Location»;

   tale tecnologia, la cui attivazione è richiesta entro la metà del 2020 dalla normativa europea, permette a uno smartphone (per Android dalla versione 4.0 Ice Cream Sandwich, per iPhone da iOS 11.3) di riconoscere una chiamata a un numero di emergenza, attivare in autonomia il Gps (eventualmente anche il Wifi) e inviare automaticamente le coordinate geografiche ai servizi di soccorso via Sms con una precisione di pochi metri;

   la tecnologia AML (chiamata Emergency Location Service o ELS da Google per Android) è integrata nei sistemi operativi e, quindi, l'utente non deve fare nulla per attivarlo, ma è compito del sistema nazionale che gestisce le operazioni di emergenza di doversi coordinare per attivare il servizio;

   ad oggi il servizio è attivo nell'Unione europea in Austria, Belgio, Regno Unito, Olanda, Finlandia, Irlanda, Lituania, Estonia e Slovenia. Fuori dall'Unione europea è possibile utilizzarlo in Norvegia, Islanda, Moldavia, Emirati Arabi Uniti, Nuova Zelanda e Stati Uniti;

   non risulta, inoltre, in Italia ad oggi l'obbligo per il gestore telefonico di fornire la posizione dell'utente anche nel caso in cui risulti come persona dispersa, poiché lo stesso parere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni del 19 dicembre 2008 afferma come sia semplicemente «lecito» acquisire dati sulla localizzazione relativi alle persone medesime anche senza il loro consenso, nei termini di cui in motivazione, e invita a sottoscrivere fra gli enti pubblici e i fornitori di servizi di telefonia mobile «apposite convenzioni» per la ricerca di persone disperse –:

   quando sarà attiva in Italia la tecnologia advanced mobile location e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, anche a carattere normativo, per migliorare le possibilità di ritrovamento di persone disperse.
(4-04739)


   SAPIA, NESCI, FORCINITI, TROIANO, MENGA e D'ARRANDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con nota del 29 luglio 2019 il primo firmatario del presente atto rappresentava dubbi su atti di aziende del servizio sanitario regionale, specie dell'azienda ospedaliera di Reggio Calabria e dell'Asp di Cosenza, chiedendo riscontro;

   il 25 settembre 2019 lo stesso deputato chiedeva alla struttura commissariale del Governo di verificare – sulla base di quanto esplicitato dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4059/2016 e dalle sentenze del Tar della Calabria n. 76 del 10 gennaio 2018 e n. 708 del 21 marzo 2018 – la legittimità dell’iter di conferma del responsabile della centrale operativa del 118 dell'Asp cosentina;

   con nota del 2 ottobre 2019, pure indirizzata ai commissari alla sanità calabrese, chiedeva le conclusioni di un contraddittorio avviato su istanza dello stesso parlamentare e tenutosi il 30 luglio 2019 presso il dipartimento regionale tutela della salute;

   con nota del 29 ottobre 2019 il summenzionato deputato lamentava anche alla struttura commissariale del Governo l'assenza di verifiche di legittimità rispetto a sue segnalazioni, contestualmente ribadite con riferimento a questioni dell'Asp di Cosenza, compresa la permanenza di un direttore del Suem 118 incaricato ex articolo 15-septies del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni, benché l'articolo 4 della legge n. 189 del 2012 di conversione del decreto-legge n. 158 del 2012 prevedesse che «per il conferimento dell'incarico di struttura complessa non possono essere utilizzati contratti a tempo determinato di cui all'articolo 15-septies»;

   il 28 novembre si rappresentava alla struttura commissariale l'utilizzo temporaneo di personale delle Aziende del Ssr nel dipartimento regionale tutela della salute e la si diffidava a ritirare un provvedimento di assegnazione, revocato lo stesso 28 novembre dal direttore generale del medesimo dipartimento che, con decreto n. 1731 del 31 gennaio 2019, provvedeva in difformità rispetto alle disposizioni concernenti l'utilizzo temporaneo di personale, sulla scorta dell'articolo 20 della legge regionale n. 8 del 2003, ossia in conflitto con quanto previsto dall'articolo 8 del decreto-legge n. 35 del 2019 come convertito;

   il 3 dicembre 2019 i primi due firmatari del presente atto diffidavano il Consiglio dei ministri a non autorizzare le nomine dei soggetti individuati per la direzione dell'Asp di Cosenza e l'azienda ospedaliera reggina, in quanto dai rispettivi curricula non emergerebbe, a loro giudizio, esperienza in materia di organizzazione sanitaria e di gestione di azienda pubblica della salute, invece precipuamente richiesta dall'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 35 del 2019 per come convertito;

   il 2 gennaio 2020 il primo firmatario del presente atto chiedeva alla struttura commissariale in parola la revoca dell'incarico di direzione del 118 dell'Asp di Cosenza e di altri incarichi;

   il 20 gennaio 2020 lo stesso chiedeva alla struttura commissariale l'annullamento della determinazione n. 15 del 17 gennaio 2020 del commissario dell'Asp cosentina, recante «costituzione segreteria ufficio del commissario», per violazione del principio di tutela dell'interesse pubblico;

   tra i componenti della menzionata segreteria risulta un commercialista già legato professionalmente ad una società che fa parte di un gruppo di imprese convenzionate con l'Asp suddetta;

   il 21 gennaio 2020 la struttura commissariale in predicato chiedeva alla commissaria dell'Asp cosentina chiarimenti in ordine alla diffida del primo firmatario del presente atto del 2 gennaio 2020, in copia riportando la risposta del responsabile aziendale delle risorse umane, a seguito della quale il 30 gennaio 2020 il deputato chiedeva alla struttura commissariale il ripristino delle regole e in risposta riceveva la nota del 4 febbraio 2020, in cui si afferma che dalla commissaria dell'Asp cosentina non sono pervenuti riscontri e si palesa la volontà di non esercitare i propri poteri –:

   se il Governo non intenda valutare l'adozione delle iniziative di competenza per la sostituzione della struttura commissariale del Governo;

   se non si ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per procedere all'immediata sostituzione della commissaria dell'Asp cosentina e chiarire sulla base di quali requisiti è stata nominata, considerata la non adeguata esperienza in organizzazione e gestione sanitaria, già segnalata nella diffida di cui in premessa;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari regionali, circa la determinazione della commissaria dell'Asp cosentina citata in premessa;

   di quali informazioni dispongano sui rapporti professionali del commercialista collocato nella segreteria direzionale dell'Asp cosentina con società convenzionate con la medesima.
(4-04740)


   BAGNASCO e CASSINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il trattamento di fine rapporto è un diritto del lavoratore, anche pubblico, e in particolare si applica anche a quest'ultimo l'articolo 2120 del codice civile;

   l'erogazione dello stesso per i dipendenti pubblici avviene con notevole ritardo;

   l'articolo 3 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, dispone infatti la liquidazione dei trattamenti di fine servizio per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni decorsi ventiquattro mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, ovvero decorsi dodici mesi in caso di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio, per collocamento a riposo d'ufficio, a causa del raggiungimento dell'anzianità massima di servizio prevista;

   l'articolo 23 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, ha introdotto l'istituto dell'anticipo del trattamento di fine servizio (Tfs), in base al quale i dipendenti delle amministrazioni pubbliche che accedono alla pensione usufruendo della cosiddetta quota 100 e quelli che hanno avuto accesso alla pensione prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 4 del 2019 possono avanzare a banche ed intermediari finanziari una richiesta di finanziamento di una somma pari all'importo dell'indennità di fine servizio maturata;

   tale misura cerca di contenere gli effetti negativi dello slittamento della percezione del Tfr/Tfs per moltissimi dipendenti pubblici, per i quali la liquidazione del trattamento può slittare ben oltre due anni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro;

   la norma prevede che il finanziamento sia erogato dalle banche e dagli intermediari finanziari che aderiscono a un accordo quadro da stipulare, entro sessanta giorni tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblicazione amministrazione e l'Abi, sentito l'Inps;

   l'attuazione dell'articolo 23 del decreto-legge n. 4 del 2019 è stata demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto essere adottato entro sessanta giorni dalla data di conversione del medesimo decreto;

   a quanto riportato da notizie di stampa il dipartimento della funzione pubblica su impulso dell'allora Ministro Bongiorno, aveva predisposto nel luglio 2019 lo schema decreto attuativo acquisendo il parere dell'Autorità del garante della concorrenza e del mercato prot. n. 52301 del 29 luglio 2019 e il concerto dei Ministeri competenti, ai sensi del comma 7 della medesima disposizione;

   solo dopo cinque mesi, il 6 dicembre 2019, il citato Dipartimento ha trasmesso al Consiglio di Stato il testo del provvedimento per il parere;

   il Consiglio di Stato in data 16 gennaio 2020 con provvedimento n. 151 del 2020 ha reso un parere interlocutorio;

   ad oggi il decreto attuativo dell'articolo 23 del decreto-legge n. 4 del 2019 non risulta ancora adottato –:

   in quali tempi si intenda adottare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo dell'articolo 23 del decreto-legge n. 4 del 2019 senza il quale l'istituto dell'anticipo del trattamento di fine servizio non può applicato, ovvero se vi siano motivi che impediscono l'adozione di detto provvedimento atteso da migliaia di pubblici dipendenti che si ritrovano svantaggiati rispetto ai dipendenti del settore privato per quanto riguarda le modalità di percezione del trattamento di fine rapporto.
(4-04741)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   di recente, il Ministro degli interrogato si è recato in visita ufficiale a Pristina. Stando a quanto si apprende dai social network, ha avuto modo di sottolineare che l'amicizia dell'Italia è sincera e che il dialogo interparlamentare sarà un valido strumento per stabilizzare la regione;

   il Kosovo è il territorio europeo che ha visto partire il maggior numero di foreign fighter unitisi allo Stato islamico. Secondo il Governo di Pristina, più di 300 combattenti sono partiti da lì per arrivare in Siria e Iraq;

   il problema attuale è il rischio terroristico derivante da coloro che tornano legalmente in Kosovo, spesso irretiti dalla radicalizzazione legata all'aumento delle scuole coraniche wahhabite e integraliste, fenomeno contrastato da specifici programmi di deradicalizzazione dedicati al reintegro degli ex combattenti;

   permangono i tentativi di radicalizzazione, attraverso offerte di denaro, verso la popolazione musulmana in difficoltà economica che non ha mai aderito a condotte radicali, come imporre il velo o avviare i figli alle scuole coraniche radicalizzate;

   la regione del Kosovo – Metohija – rappresenta il cuore della civiltà serba. In quella regione si svilupparono gli insediamenti primordiali del popolo serbo e ivi sorsero, nei secoli XIII e XIV, numerosi monasteri ortodossi, custodi delle scritture, delle pitture e della memoria storica del popolo serbo;

   tali monasteri sono stati oggetto di atti vandalici e terroristici da parte dell'estremismo schipetaro. Nel 2004 i monasteri cristiano-ortodossi del XII e XIII secolo sono stati bruciati, distrutti, vandalizzati e i cimiteri sono stati profanati, scene che non possono appartenere alla civiltà europea;

   quei monasteri per la cultura serba, per la storia serba, per la Chiesa ortodossa, e per tutti i cristiani europei sono di valore inestimabile –:

   quali siano stati gli argomenti discussi dal Ministro interrogato nel suo viaggio a Pristina e, segnatamente, se abbia discusso di garanzie per la libertà religiosa dei cristiani ortodossi e della tutela dei monasteri ortodossi in Kosovo, patrimonio dell'umanità, che l'Italia protegge meritevolmente con i suoi militari dal 1999.
(3-01313)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il regolamento (Ce) N. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale ha sostituito la previgente normativa in materia sancendo il principio della lex loci laboris. Ai sensi dell'articolo 11 dello stesso regolamento, i lavoratori sono tenuti a soggiacere al sistema previdenziale dello stato di residenza, malgrado la normativa previgente prevedesse un diritto in capo al lavoratore di optare per il sistema di sicurezza sociale più funzionale;

   l'entrata in vigore delle disposizioni citate – a decorre dal 1 ° maggio 2020 – reca evidente nocumento alla categoria degli impiegati a contratto della rete estera del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, segnatamente ai 46 operativi presso le strutture diplomatico-consolari tedesche, in ragione del transito obbligatorio dal sistema previdenziale retributivo italiano, a quello tedesco;

   in data 17 gennaio 2020 si è svolto a Berlino un incontro tra i rappresentanti dell'ambasciata italiana e i funzionari del Bundesministerium für Arbeit und Soziales avente come ordine del giorno le criticità correlate agli effetti sul personale a contratto dell'entrata in vigore del regolamento la cui applicazione condurrà ad una decurtazione dello stipendio tra il 10 ed il 15 per cento;

   il confronto tecnico istituzionale non ha condotto all'individuazione di una deroga, prevista ai sensi dell'articolo 16 dello stesso regolamento, che dispone la possibilità in capo a due o più Stati membri, nell'interesse di una categoria, di procedere ad una specifica deroga;

   l'attuazione della deroga, di cui al citato articolo 16 del regolamento, si configura come uno strumento di mutuo riconoscimento di specificità tale da attuarsi in una procedura sia politica che meramente tecnica attraverso cui viene fatta comunicazione attraverso l'Inps, agli enti assicuratori locali, della copertura previdenziale dei lavoratori;

   il suindicato regolamento prevede una ulteriore fattispecie destinataria della deroga diretta disciplinata nello specifico dall'articolo 11, paragrafo 3, lettera b), secondo cui un pubblico dipendente è soggetto alla legislazione dello Stato dell'amministrazione da cui egli dipende: alla luce di tale disciplina gli impiegati a contratto, essendo dipendenti statali del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per analogia ricadrebbero nella medesima fattispecie destinataria della deroga diretta;

   malgrado la sussistenza di una specifica disciplina in materia di deroghe e della comprovata volontà del nostro Paese di procedere alla definizione bilaterale di deroga con la Germania ai sensi dell'articolo 16 del regolamento, nel corso dell'incontro menzionato sarebbe emerso che il principale motivo ostativo al raggiungimento dell'accordo ricadrebbe nell'opposizione dell'Associazione delle casse mutue tedesche favorevoli al passaggio al sistema tedesco dei 40 dipendenti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   mancano poche settimane all'entrata in vigore del suddetto regolamento, si rende quanto mai urgente un intervento in sede bilaterale con la Germania finalizzato a riportare il livello del confronto sul piano politico;

   nella recente audizione alla Commissione esteri del Senato (il 6 febbraio 2020) il presidente dell'Inps Pasquale Tridico ha rassicurato che relativamente alla questione dei contrattisti, «d'intesa con il Ministero del lavoro, verrà prevista una deroga per tutti i lavoratori, residenti in gran parte dei Paesi UE, che hanno una contribuzione attiva con l'INPS» –:

   se si intenda operare in sede politica bilaterale nella prospettiva di superare l’impasse di cui in premessa e se si intendano adottare iniziative per riconoscere agli impiegati a contratto la deroga diretta di cui all'articolo 11 paragrafo 3, lettera b), con relativo rilascio del modello A1 attraverso il quale sarebbe possibile garantire il prosieguo del rapporto previdenziale con l'Inps in assenza di penalizzazioni retributive e pensionistiche.
(5-03606)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   SABRINA DE CARLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   numerose sono le segnalazioni da parte dei cittadini di disagi a seguito dell'incremento dei treni merci a Barcola. La richiesta di costruzione di barriere antirumore risulterebbe quindi necessaria, in quanto sembrerebbe che il potenziamento dei traffici portuali ha conseguentemente comportato un aumento dei convogli che provocano rumori e vibrazioni continue;

   un problema analogo sembrerebbe esserci nel porto di Trieste, primo porto ferroviario in Italia, dove il traffico ferroviario è aumentato notevolmente negli ultimi anni e aumenterà ancor di più con il potenziamento di 70 chilometri di binari interni al porto che collegheranno i moli alle reti ferroviarie nazionali e internazionali;

   l'esigenza di garantire l'efficienza delle operazioni ferroviarie, come, per esempio, smistamento ferroviario e l'accesso a più treni contemporaneamente, impone al contempo il rispetto dei limiti stabiliti dalla normativa;

   ai sensi dell'articolo 10, comma 5, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 - legge quadro sull'inquinamento acustico «le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, ivi comprese le autostrade, nel caso di superamento dei valori di cui ai regolamenti di esecuzione di cui all'articolo 11, hanno l'obbligo di predisporre e presentare al comune piani di contenimento ed abbattimento del rumore, secondo le direttive emanate dal Ministro dell'ambiente»;

   l'elaborazione di piani di intervento volti al contenimento e all'abbattimento del rumore prodotto nell'esercizio delle infrastrutture stesse impone l'individuazione di aree in cui vi sia il superamento dei limiti di immissione previsti;

   il decreto 29 novembre 2000 recante «criteri per la predisposizione, da parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore» prevede, inoltre, che le società e gli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture comunicano entro il 31 marzo di ogni anno l'entità dei fondi accantonati annualmente e complessivamente a partire dalla data di entrata in vigore della legge n. 447 del 1995, lo stato di avanzamento fisico e finanziario dei singoli interventi previsti, comprensivo anche degli interventi conclusi, e soprattutto svolgono un'attività di controllo sul conseguimento degli obiettivi del risanamento, nell'ambito delle competenze assegnate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dalla normativa statale e regionale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di garantire il rispetto del decreto ministeriale 29 novembre 2000, riducendo l'impatto acustico dei treni.
(4-04737)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DEIDDA, GALANTINO e PRISCO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   oggi l'Aves è una forza professionale di circa 6.000 uomini, profondamente coinvolta nel servizio all'Esercito, alla Difesa e all'intero Paese, sia in Patria, attraverso le attività istituzionali tra le quali gli interventi in soccorso della popolazione in caso di pubbliche calamità, sia all'estero, attraverso la partecipazione a tutte le più importanti missioni;

   l'Aves è costituita da un comando di livello divisionale, denominato appunto comando aviazione dell'esercito, sito in Viterbo, che si occupa di:

    a) formare gli incarichi specialistici della specialità;

    b) elaborare dottrina e procedure di pertinenza;

    c) gestire le attività attinenti alla sicurezza del volo;

    d) coordinare la cosiddetta «generazione delle forze» delle unità in partenza per l'estero e la validazione finale delle stesse prima del dispiegamento fuori area;

   dal comando dipendono direttamente alcuni enti, quali il reggimento elicotteri operazioni speciali e il centro addestrativo Aves, e due comandi di livello brigata, ovvero la brigata Aves, che inquadra la maggior parte dei reggimenti operativi, e la brigata di sostegno Aves, da cui dipendono le unità di supporto logistico e manutenzione di 2° livello. Due reggimenti dell'aviazione dell'Esercito, il 5° e il 7°, dipendono dal comando forze operative nord e non dal comando Aves, che comunque ne cura il rispetto degli standard addestrativi, di sicurezza del volo, e l'alimentazione del personale specializzato costituente gli equipaggi volo;

   le linee di volo dell'Aves comprendono diversi tipi di elicotteri;

   le cosiddette linee «legacy», AB-206, A-109, AB-205, AB-212 e AB-412, sono elicotteri multiruolo che, nonostante abbiano costituito l'ossatura della specialità per molti anni e abbiano permesso di conseguire gli obiettivi dell'aviazione dell'Esercito in Patria e all'estero per decenni, sono giunti quasi al termine della loro vita operativa, e che verranno a breve sostituiti dal nuovo elicottero denominato Luh, Light Utility Helicopter, che verrà presto introdotto in servizio;

   la componente da trasporto pesante è invece composta dalla flotta di elicotteri CH-47F, che ha sostituito recentemente la precedente versione «Charlie», ampiamente utilizzata sia nelle missioni all'estero in tutto il mondo, sia in Patria per sostenere gli sforzi di protezione civile e antincendio boschivo;

   un'altra macchina di recente introduzione è stata l'NH-90, entrato in servizio a partire dal 2008 e attualmente ancora in consegna nella sua versione finale, denominata MR1. Si tratta di un aeromobile dotato di caratteristiche avanzate, equipaggiato con comandi di volo fly-by-wire e sistemi antighiaccio per poter volare anche in condizioni marginali, con capacità di effettuare volo strumentale, grazie a sistemi avionici avanzati di ausilio alla navigazione, che permettono di ridurre il carico di lavoro dei piloti migliorando nel complesso l'operatività;

   l'aviazione dell'Esercito ha sempre riscosso e tuttora riscuote grande apprezzamento per l'altissima professionalità, l'umanità del suo personale e il coraggio dimostrato, come testimoniato dalle numerose decorazioni ottenute sul campo;

   è noto, soprattutto agli addetti ai lavori, che si tratta di capacità che richiedono ingenti investimenti di risorse, che devono peraltro essere considerate con un approccio olistico, senza operare separazioni tra componente tecnologica e umana –:

   se per le flotte di recente completamento (CH-47F), per quelle ancora in consegna (NH-90), e per quelle di prossimo approvvigionamento, sia stata prevista piena dotazione finanziaria, sia per la fornitura delle macchine, sia per il loro mantenimento e pieno funzionamento nel tempo (incluso il supporto logistico manutentivo del 3° livello, cioè quello di competenza delle ditte, sia per le parti di ricambio, sia per gli eventuali «retrofit»);

   se sia assicurato l'afflusso di adeguato personale da formare e destinare ai pregiati incarichi specialistici, o se vi siano piuttosto conclamate carenze organiche tali da inficiarne l'operatività e l'efficienza, anche con riferimento al rapporto tra esodi pensionistici e nuovi ingressi.
(5-03603)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Terlizzi è un comune di 26.958 abitanti della città metropolitana di Bari, in Puglia;

   nel febbraio 2019 – alla luce dell'interdizione dai pubblici uffici, disposta dal Tribunale di Trani, della dirigente dei servizi finanziari e personale, dott.ssa Francesca Panzini – alcuni consiglieri comunali di Terlizzi intervennero per segnalare che in sostituzione della medesima, sospesa dal servizio, il sindaco ebbe ad affidare l'incarico delle finanze «ad interim» al comandante/dirigente della polizia municipale, avente, peraltro, rapporto di lavoro a tempo parziale con il comune di Terlizzi, con completamento di servizio nel comune di Molfetta;

   negli scorsi mesi l'incarico «ad interim» delle finanze e personale è stato affidato dal sindaco al dirigente, architetto Francesco Gianferrini, dell'ufficio Tecnico del comune di Trani (in servizio a far data dal 1° settembre 2018), che svolge – in convenzione – il servizio «part-time» con il comune di Terlizzi;

   il segretario generale del comune di Terlizzi, nonché responsabile della trasparenza e della prevenzione della corruzione da alcuni mesi, svolge servizio – in convenzione – anche nel comune di Minervino;

   a far data dal 1° aprile 2020 il comandante/dirigente della polizia municipale sarà in quiescenza e nel periodo precedente dovrà fruire dei «congedi ordinari»;

   dal 21 gennaio 2020 il dirigente dell'Utc, architetto F. Gianferrini, ha cessato definitivamente ogni rapporto professionale con il comune di Terlizzi;

   da alcuni giorni, il sindaco ha affidato «ad interim» tutti i restanti settori del comune di Terlizzi (agricoltura-floricoltura-mercato florovivaistico e ortofrutta, servizi sociali, cultura, biblioteca, pinatacoteca, istruzione, Suap, sviluppo economico, tributi, finanze, personale, affari generali, e altro nonché evidentemente anche la polizia municipale) all'unico neo dirigente dell'ufficio tecnico comunale, ingegnere Felice Piscitelli, il quale, assunto soltanto il 30 settembre 2019, risulta essere ancora nel periodo di «prova semestrale», motivo per cui è ragionevole desumere non abbia ancora maturato le competenze professionali, né l'esperienza necessaria per dirigere un settore altamente specialistico, quale le finanze locali, in prossimità dell'esame del bilancio di previsione 2020 e del bilancio consuntivo 2019;

   sebbene il comune di Terlizzi abbia 4 dirigenze in «pianta organica», attualmente una soltanto è effettivamente operativa e i relativi carichi di lavoro e responsabilità risultano essere di gran lunga superiori all'ordinario;

   quanto rappresentato è stato oggetto, in data 6 febbraio 2020, di informativa urgente sottoscritta da alcuni consiglieri comunali di Terlizzi e indirizzata al Ministro dell'interno, al prefetto di Bari, all'Autorità nazionale anti Corruzione, alla Corte dei conti di Puglia, al collegio dei revisori dei conti del comune - Terlizzi –:

   se intenda, alla luce di quanto rappresentato in premessa, promuovere una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica in sinergia con l'ispettorato per la funzione pubblica presso il comune di Terlizzi, alla luce degli effetti sul piano della gestione amministrativa e finanziaria del cumulo di incarichi.
(4-04743)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dal quotidiano Il Tirreno in data 17 febbraio 2020, il penitenziario di Rebibbia di Roma starebbe collaborando con Adriano Panzironi e le sue società per la commercializzazione di uova allevate a terra nel carcere. Adriano Panzironi, che con il suo metodo «Life 120» lucra sulla disperazione della gente, millantando guarigioni attraverso un sistema che non ha alcun riscontro scientifico, è già stato sanzionato da Agcom e Antitrust, oltre che rinviato a giudizio dalla Procura di Roma per esercizio abusivo della professione medica. La gravità della situazione è già stata portata all'attenzione con le interrogazioni 3-00017 e 3-00990 (con relative risposte) e 4-01282, 3-00341, 3-00660, 3-00788 e 4-03185 –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   se intenda fornire elementi circa l'oggetto dell'accordo del progetto sopra descritto per la commercializzazione delle uova prodotte al carcere di Rebibbia;

   se altre amministrazioni penitenziarie siano coinvolte in tale progetto o in collaborazioni con Adriano Panzironi o con società ad esso riconducibili;

   se vi siano accordi di qualsiasi genere e natura fra lo Stato e Adriano Panzironi, o società ad esso riconducibili.
(3-01314)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   STEFANI, COMENCINI, COVOLO, TURRI, VALLOTTO, ANDREUZZA, LORENZO FONTANA, ZORDAN, BISA, BAZZARO, BADOLE, COIN, PRETTO, COLMELLERE, RACCHELLA, FANTUZ, PATERNOSTER, LAZZARINI, BITONCI, VALBUSA e FOGLIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   una grave carenza di organico affligge da anni le sedi dei Vigili del fuoco in tutto il Nord Italia e, in particolare nel nord-est;

   diversi appelli da parte del Conapo per la cronica carenza in Veneto sono rimasti inascoltati, tanto che il 9 novembre 2019 il personale operativo in regione ha scioperato per quattro ore e il successivo 11 novembre è sceso in piazza a Venezia per manifestare il grave disagio cui è sottoposto a causa del mancato recupero delle previste risorse umane;

   ciononostante nulla ancora sembra smuoversi e la situazione non sembra destinata a migliorare, considerato che le ultime assegnazioni di vigili del fuoco neo-assunti non compensano le carenze nel ruolo, né recuperano il personale che transita al ruolo dei capo squadra;

   in altri termini in Veneto il numero dei vigili del fuoco è di gran lunga inferiore rispetto a quello previsto dalla pianta organica, poiché per effetto dei pensionamenti, dei passaggi di qualifica al ruolo di capo squadra, della mobilità nazionale e/o inidoneità al servizio, dalla regione ne escono molto più di quanti ne entrino;

   nello specifico, la situazione aggiornata al 20 gennaio 2020 per sede dirigenziale registra un -56 unità presso la sede del comando di Belluno, -50 a Padova, -25 a Rovigo, -33 a Treviso, -83 a Venezia (con un aggiuntivo -12 di specialisti presso il Comando di Venezia), -61 a Verona, -55 a Vicenza (con un ulteriore -6 di specialisti presso il Comando di Vicenza) ed un -58 presso la direzione interregionale Veneto e Trentino Alto Adige, per un totale di 439 unità mancanti;

   tra le sole qualifiche operative dei vigili, capo squadra e capo reparto, la carenza è di circa 300 unità, equivalente alla mancanza del personale di un intero comando provinciale e di una sede aeroportuale;

   tutto ciò comporta per i comandanti una continua e crescente difficoltà a mantenere il numero minimo di personale necessario a garantire un efficiente soccorso pubblico sul territorio di competenza –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare tempestivamente con riguardo alle criticità esposte in premessa.
(5-03605)


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della presentazione del «Piano di razionalizzazione della specialità» e da seguenti notizie di stampa, risulta che il distaccamento di polizia stradale di Lugo sarebbe prossimo alla chiusura;

   la decisione sarebbe apparentemente motivata dal fatto che tale distaccamento risulterebbe ubicato «in aree in cui la viabilità non riveste più interesse strategico per la Polizia Stradale»;

   la chiusura di tale presidio rappresenta un ulteriore indebolimento per un territorio che, ad oggi, resiste a fatica contro problematiche serie ed importanti come gli incidenti stradali, il controllo del territorio, il contrasto alla microcriminalità;

   il consiglio comunale di Lugo di Romagna ha approvato all'unanimità una mozione a difesa dei presidio di polizia stradale, ricevendo il sostegno trasversale di tutte le forze politiche, economiche, sindacali e sociali del territorio –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per mantenere il presidio di polizia stradale oggi esistente a Lugo per la tutela della sicurezza stradale e pubblica del territorio lughese e della Bassa Romagna.
(5-03607)


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il distaccamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco di Bagno di Romagna è stato inaugurato l'11 aprile 2003 come distaccamento «misto» e passato finalmente a distaccamento permanente a tutti gli effetti in data 31 luglio 2015;

   sono specifiche le caratteristiche del distaccamento, nato per presidiare un vasto territorio boschivo, con una grande distanza dal presidio dei vigili del fuoco più vicino, con i rischi intrinseci derivanti dal traffico pesante sulla E-45, dalla presenza del Parco nazionale delle foreste casentinesi, da grandi infrastrutture come la diga di Ridracoli e l'acquedotto della Romagna, alcune aree industriali, notevole afflusso di turismo, sismicità del territorio;

   a partire dalla decretazione del distaccamento, per i suoi elementi distintivi lo classificavano come «sede disagiata» in quanto rispettava ampiamente i parametri dell'articolo 39, primo comma, del Contratto collettivo nazionale di lavoro integrativo che stabilisce i criteri in base ai quali la sede di servizio è da considerarsi disagiata: distanza dal capoluogo; tempo di percorrenza dal capoluogo in relazione alla situazione plano-altimetrica delle vie di comunicazione stradali; mancanza di mezzi pubblici adeguati in relazione ai cambi turno; difficoltà oggettive di raggiungimento della sede in relazione all'esistenza di avverse condizioni climatiche;

   tale materia è regolata dall'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 7 maggio 2008, e dagli articoli 37, 38, 39 del Contratto collettivo nazionale di lavoro integrativo sottoscritto in data 30 luglio 2002 che prevedono una turnazione di 24 ore di lavoro e 72 ore di riposo;

   questa condizione è comune a circa 40 distaccamenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, di cui 3 in Emilia-Romagna ed è attualmente in corso una contrattazione tra le organizzazioni sindacali nazionali e l'Amministrazione dell'interno per ridefinire i parametri;

   in attesa che venga concluso l’iter di nomina dei nuovi primi dirigenti, risulta essere già avvenuto un tentativo di cambio di orario con determina unilaterale del comando provinciale, che risulterebbe all'interrogante esser stato poi bloccato con apposita nota ministeriale nel mese di novembre 2019;

   a distanza di 3 mesi, con atto unilaterale, si ha notizia che si stia predisponendo un nuovo cambio di orario, contravvenendo alla contrattazione nazionale in materia –:

   quali siano state le ragioni per le quali si è pervenuti a tale situazione, a parere dell'interrogante inopportuna e lesiva delle funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e delle esigenze del territorio;

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative per far sì che la sede di cui in premessa venga definitivamente decretata come «disagiata», al fine di dare stabilità alla funzione svolta e certezza a cittadini, alle imprese e alle istituzioni servite dal presidio di Bagno di Romagna.
(5-03608)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIETINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'11 febbraio, come riportato dalle maggiori agenzie di stampa, si è tenuto un incontro presso il Ministero dell'interno tra i vertici della polizia di Stato e le organizzazioni sindacali, in merito alla riorganizzazione dei presìdi di polizia stradale;

   nello specifico, per la provincia di Forlì Cesena, la direzione nazionale ha manifestato l'intenzione di chiudere il distaccamento di Rocca San Casciano (che dista 30 chilometri dalla sezione di polizia stradale di Forlì ed è collocato in un'importante arteria che collega la Romagna con Firenze);

   ad avviso dell'interrogante, la volontà di procedere alla chiusura del distaccamento di Rocca San Casciano appare incomprensibile poiché tutto il reparto è posizionato in una strada statale di primaria importanza per la circolazione, come dimostrato anche dagli ottimi risultati operativi ottenuti anche nell'anno 2019, oltre al fatto che l'immobile è stato concesso in comodato d'uso gratuito dal comune di Rocca S.C.;

   la Polstrada di Rocca San Casciano è considerata da sempre un presidio di sicurezza irrinunciabile per il territorio, un servizio fondamentale non solo per il paese e la vallata del Montone, ma per l'intero comprensorio forlivese come dimostrano, ad esempio, i tanti interventi che svolgono gli agenti lungo la strada statale 67 fino al passo del Muraglione;

   in merito all'attività di tale distaccamento, nonostante il numero veramente esiguo di personale, emerge una produttività molto elevata: lo dimostrano gli elevati controlli preventivi e soprattutto i dati sulla repressione a seguito dell'abuso di alcolici alla guida;

   i dati sull'incidentalità in questo importante tratto stradale non sono da sottovalutare: per l'anno 2019, si sono registrati 4.400 controlli sui veicoli, 5.127 le persone controllate, 655 le infrazioni al codice della strada di cui 49 per guida in stato di ebbrezza nonché oltre 285 soccorsi;

   risulta dunque evidente, ad avviso dell'interrogante, che la soppressione del Reparto comporterebbe un grave danno per la prevenzione della sicurezza stradale in tutta la vallata;

   a ciò si aggiungano i gravi disagi che dovrà subire il personale in servizio presso il distaccamento di Rocca San Casciano che dovrebbe essere trasferito nella sottosezione autostradale A14 di Forlì, che nel frattempo passerebbe da 47 a 66 dipendenti, oppure in quella di Bagno di Romagna, in vista del passaggio della E45 in autostrada;

   ad avviso dell'interrogante appare dunque chiaro come la decisione del Governo di chiudere il distaccamento di Rocca San Casciano declassi l'intero territorio della montagna, che ancora una volta è penalizzata –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda intraprendere per evitare la chiusura del presidio di Polizia stradale di Rocca San Casciano anche valutando l'opportunità di prevedere l'incremento dell'organico della sottosezione autostradale di Forlì a sole 14 unità, portando il totale a 61, e dirottando i rimanenti 5 al distaccamento di Rocca San Casciano al fine di mantenere un servizio adeguato per la sicurezza dei cittadini anche sulle strade statali della provincia forlivese.
(4-04734)


   SABRINA DE CARLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   recentemente è stata inviata ai prefetti la circolare contenente lo «schema di capitolato per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al funzionamento dei centri di prima accoglienza», al fine di consentire un'interpretazione più elastica dei limiti fissati con le modifiche precedenti;

   i «decreti sicurezza» che avevano previsto una rimodulazione del rimborso per ogni immigrato accolto dalle strutture italiane avevano comportato problemi per gran parte dei bandi pubblicati a seguito dell'entrata in vigore dei due decreti-legge, i quali, infatti, andavano spesso deserti; per esempio a Trieste sono stati 3 i bandi per l'accoglienza diffusa per i quali non è stata presentata alcuna proposta alla prefettura. Molti degli enti che lavorano nel settore hanno infatti segnalato l'impossibilità di continuare l'attività secondo le condizioni economiche previste dal Ministero dell'interno che non permettono infatti di erogare servizi adeguati. Ciò che quindi doveva portare a una maggiore sicurezza per i cittadini ha invece comportato un blocco dell'intero sistema di accoglienza ed enormi ripercussioni sull'intero sistema di accoglienza;

   a seguito di diversi incontri con le associazioni del terzo settore l'interrogante ha più volte sottolineato l'importanza di modificare i capitolati affinché possa essere garantita una corretta gestione dei centri presenti su tutto il territorio. L'urgenza, ad oggi, rimane quella di modificare alcuni aspetti essenziali come, per esempio, la previsione di programmi di mediazione culturale e integrazione degli ospiti delle strutture o assistenza psicologica per le persone più fragili;

   a seguito degli effetti delle modifiche normative in questione, si è avuta una trasformazione negativa del terzo settore che si trova così a svolgere funzioni meramente di controllo, piuttosto che funzioni di sostegno e sussidiarietà;

   la positività di una prima modifica degli schemi di capitolato è sicuramente indiscutibile, ma, al contempo, è assolutamente necessario continuare a lavorare affinché siano elaborate delle strategie in grado di permettere agli operatori di lavorare correttamente, garantendo un corretto utilizzo delle risorse messe a disposizione per l'intero sistema di accoglienza. L'intervento, per ora volto solamente a migliorare i servizi sanitari e di vigilanza e consentire il pagamento dell'affitto delle strutture, non è infatti sufficiente;

   difatti, un sistema di accoglienza efficiente capace di integrare i migranti ospiti delle strutture presenti sul territorio potrebbe portare alla risoluzione dei problemi di sicurezza di cui purtroppo, ad oggi, spesso si sente parlare sia all'interno delle strutture che all'esterno;

   il rafforzamento dell'accoglienza diffusa attraverso un aumento dei fondi consentirebbe, infatti, un miglioramento del sistema di accoglienza che potrebbe essere più adeguato alle esigenze di tutte le parti coinvolte –:

   quali iniziative, anche normative, intenda assumere affinché sia possibile apportare modifiche ai capitolati per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al funzionamento dei centri di prima accoglienza che consentano una corretta gestione dei centri, anche attraverso un'erogazione adeguata di servizi, come assistenza psicologica e mediazione culturale, e un aumento degli operatori.
(4-04735)


   SABRINA DE CARLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 agosto 2019 la prefettura di Trieste con un avviso pubblicato sul sito ha comunicato le offerte pervenute per l'affidamento dei servizi di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale presso la struttura demaniale sita nel comune di Monrupino, località Fernetti n. 16. Le offerte pervenute sono state 4: Versoprobo di Vercelli (mandataria) e Luna S.C.S. di Vasto (mandante), Ors Italia Srl di Roma, la cooperativa sociale Stella di Roasio in provincia di Vercelli e Caritas e Ics;

   Ors Italia srl, affiliata del gruppo elvetico Ors, è stata registrata a Roma il 25 luglio 2018. È inoltre presente anche in Germania e in Austria con Ors Service AG, anch'essa partecipata per intero dalla Ors Holding di Zurigo;

   secondo diversi articoli di stampa vi sono state molte inchieste giornalistiche che hanno denunciato gestioni inefficienti dei servizi erogati nell'accoglienza dei migranti. Nel 2015 infatti, Ors è stata travolta dalle polemiche per la pessima gestione del centro di Traiskirchen, il quale, progettato per 1.800 persone, era arrivato a ospitarne 4.600. Il rischio di un interesse volto solamente a massimizzare i profitti, piuttosto che a un'integrazione effettiva dei migranti, non dovrebbe dunque essere sottovalutato;

   in Svizzera, inoltre, vi è stata la chiusura, a seguito della diminuzione dei migranti, di 19 centri. In Italia invece, a dicembre l'Ors si è aggiudicata la gestione del nuovo Cpr in Sardegna, il Macomer, con un ribasso nell'offerta del 3 per cento rispetto agli altri operatori. La vittoria nella gara per la gestione di Casa Malala si è avuta con un ribasso nell'offerta del 14 per cento. La procedura sembrerebbe sia stata bloccata dalla prefettura di Trieste per la sua anomalia;

   il numero dei richiedenti asilo in Friuli Venezia Giulia, nel corso del 2019, è aumentato e conseguentemente anche Casa Malala ha registrato un incremento notevole degli arrivi. Essendo una struttura destinata a una funzione di prima ospitalità dei migranti che poi devono essere inseriti nel sistema della «accoglienza diffusa» vi è una rotazione elevata. Per tali ragioni è necessario tenere in considerazione l'importanza dell'organizzazione dei trasferimenti, così da evitare problemi di ordine pubblico. Per fare ciò è sicuramente indispensabile erogare servizi di qualità. Fino ad oggi l'ex caserma Fernetti, gestita da Ics e Caritas, è riuscita a gestire grandi numeri garantendo la qualità dei servizi erogati –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in particolare, del blocco della procedura di affidamento da parte della prefettura e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire che vi sia una corretta gestione ed erogazione dei servizi nelle strutture di prima accoglienza, verificando, altresì, che le offerte vantaggiose degli operatori partecipanti ai bandi di gara siano effettivamente in grado di assicurare un corretto funzionamento delle strutture.
(4-04742)


   TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   recentemente si è appresa dalla stampa la notizia dell'arresto di Alhasaeri Wael Ghali Masoud, un cittadino libico fermato dagli uomini della squadra mobile di Crotone, su ordine della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, con l'accusa di associazione a delinquere e tortura;

   il fermo dell'uomo è stato possibile solo grazie a una capillare indagine condotta dalle forze dell'ordine e dopo la segnalazione di un cittadino somalo, attualmente ospite presso il centro di accoglienza per richiedenti asilo di S. Anna ad Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone;

   secondo la stampa, quest'ultimo pochi giorni prima si sarebbe presentato al corpo di guardia del centro di accoglienza, insieme a un altro suo connazionale, sostenendo di aver riconosciuto tra gli ospiti del centro uno dei suoi torturatori durante la sua detenzione in Libia, identificandolo in Alhasaeri;

   lo stesso somalo ha altresì riferito che durante il periodo in cui quest'ultimo si trovava in Libia, Alhasaeri, capo carceriere, lo avrebbe torturato ripetutamente insieme ad altri suoi connazionali, sottoponendolo a sevizie e maltrattamenti, che, secondo gli investigatori, gli avrebbero provocato «sofferenze acute fisiche tali da determinare un trauma psichico»;

   inoltre, il richiedente asilo somalo avrebbe anche riferito agli agenti che in una circostanza avrebbe assistito a un omicidio a suo dire commesso da Alhasaeri per dare un «esempio» a tutti gli altri presenti nel centro in Libia;

   oltre a quanto denunciato dal ragazzo somalo, secondo gli investigatori, Alhasaeri avrebbe, inoltre, fatto parte di una organizzazione più ampia dedita al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina;

   sempre secondo la stampa, Alhasaeri sarebbe giunto in Italia il 13 ottobre 2019 con la nave Ocean Viking di Sos Mediterranee e sarebbe sbarcato nel porto di Lampedusa assieme ad altri 175 immigrati irregolari a bordo della stessa imbarcazione;

   il cittadino libico sarebbe poi stato trasferito a Crotone il 16 ottobre e successivamente sarebbe stato ospitato come richiedente asilo nel centro di accoglienza di S. Anna ad Isola di Capo Rizzuto;

   solo grazie alla tempestività degli agenti della squadra mobile di Crotone, d'intesa con la procura distrettuale antimafia di Catanzaro, si è potuto, infine, procedere all'arresto di Alhasaeri, il quale, avuta conoscenza della possibile denuncia, voleva lasciare il centro di accoglienza per far perdere le proprie tracce;

   quanto emerso dalle indagini e dalla denuncia del richiedente asilo somalo è di assoluta gravità ed è, altresì, altrettanto grave, a parere dell'interrogante, che un soggetto accusato di crimini atroci, tra cui quello di tortura, abbia potuto arrivare in Italia ed essere ospitato per diversi mesi in un centro di accoglienza assieme alle vittime dei suoi stessi reati;

   quanto accaduto, purtroppo, non rappresenta un caso isolato, poiché già nel settembre 2019 notizie di stampa avevano riportato dell'arresto di ben tre immigrati, approdati in Italia a bordo della nave Sea Watch III, ossia il natante comandato dalla signora Carola Rackete, anch'essi accusati di essere dei trafficanti di esseri umani e riconosciuti, anche in quel caso, da altri immigrati quali autori gravissime violenze e torture in Libia dagli stessi subite;

   come già segnalato in un'altra interrogazione del sottoscritto, è dunque evidente per l'interrogante il rischio che le organizzazioni non governative (ong) nelle loro attività finiscano di fatto per diventare complici del traghettamento in Europa di delinquenti e trafficanti di esseri umani –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e se vi si siano altri casi analoghi;

   quali iniziative di competenza intenda adottare alla luce della vicenda sopra riferita ed affinchè, dato l'esponenziale aumento negli ultimi mesi del numero degli arrivi a seguito delle navi di diverse organizzazioni non governative non si verifichino ulteriori episodi simili.
(4-04746)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   ANGIOLA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'accesso alla dirigenza scolastica è oggi previsto dall'articolo 6 del decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 138 del 3 agosto 2017 solo per coloro che abbiano almeno maturato cinque anni di docenza nelle istituzioni scolastiche ed educative del sistema nazionale di istruzione, comprese le scuole paritarie riconosciute. Restano esclusi dalla possibilità di partecipare al concorso per la dirigenza scolastica i numerosi soggetti che hanno svolto la loro attività professionale come dirigenti negli enti di istruzione e formazione professionale che gestiscono percorsi di IeFP (istruzione e formazione professionale);

   il diritto-dovere all'istruzione e alla formazione viene sancito dal decreto legislativo n. 76 del 15 aprile 2005 che, all'articolo 1, comma 3, precisa: «Tale diritto si realizza nelle istituzioni del primo e del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione, costituite dalle istituzioni scolastiche e dalle istituzioni formative accreditate dalle regioni». Lo stesso articolo 2, disciplina la realizzazione del diritto-dovere, stabilendo che: «2. Le scuole secondarie di primo grado organizzano, in raccordo con le istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione del secondo ciclo ..., iniziative di orientamento ai fini della scelta dei percorsi educativi del secondo ciclo... 3. I giovani che hanno conseguito il titolo conclusivo del primo ciclo sono iscritti ad un istituto del sistema dei licei o del sistema di istruzione e formazione professionale di cui all'articolo 1, comma 3, fino al conseguimento del diploma liceale o di un titolo o di una qualifica professionale di durata almeno triennale (...) 4. Ai fini di cui al comma 3, l'iscrizione è effettuata presso le istituzioni del sistema dei licei o presso quelle del sistema di istruzione e formazione professionale (...) 5. All'attuazione del diritto-dovere concorrono gli alunni, le loro famiglie, le istituzioni scolastiche e formative, nonché i soggetti che assumono con il contratto di apprendistato (...)»;

   come si evince dall'articolo 1 e dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 76 del 2005 la formazione professionale concorre, come la formazione scolastica dei licei e degli istituti tecnici, ad assolvere il diritto-dovere all'istruzione e formazione;

   il decreto ministeriale n. 139 del 22 agosto 2007, all'articolo 1 e 2, recita: «1. L'istruzione obbligatoria (...) si realizza (...) anche con riferimento ai percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale (...) 2. L'adempimento dell'obbligo di istruzione è finalizzato al conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale (...)». Ragion per cui l'obbligo di istruzione si realizza anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale;

   il decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008, articolo 64, comma 4-bis, prevede l'attuazione dell'obbligo di istruzione anche all'interno dei percorsi triennali di istruzione e formazione professionale;

   il decreto legislativo n. 226 del 17 ottobre 2005, articolo 1, comma 5, recita: «I percorsi liceali e i percorsi di istruzione e formazione professionale nei quali si realizza il diritto dovere all'istruzione e formazione sono di pari dignità e si propongono il fine comune di promuovere l'educazione alla convivenza civile, la crescita educativa, culturale professionale dei giovani attraverso il sapere, il saper essere e il saper fare e l'agire e la riflessione critica su di essi, nonché di incrementare l'autonoma capacità di giudizio e l'esercizio della responsabilità personale e sociale curando anche l'acquisizione delle competenze e l'ampliamento delle conoscenze (...)» –:

   se non sia necessario adottare le opportune iniziative di competenza per riconoscere al personale dirigenziale degli enti di formazione professionale coinvolti nella erogazione e gestione di percorsi di istruzione e formazione professionale, quali percorsi alternativi ma di pari dignità rispetto al sistema scolastico statutario, i requisiti per partecipare al concorso per dirigente scolastico nella scuola pubblica, eliminando in questo modo una grave e palese disparità di trattamento.
(4-04738)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   le organizzazioni sindacali dei pensionati di Trieste (Cgil-Spi, Fnp-Cisl e Uil pensionati) hanno recentemente denunciato l'inaccettabile situazione funzionale e produttiva della sede dell'Inps di Trieste;

   i sindacati denunciano come negli ultimi 3 anni il personale impiegato presso la sede triestina dell'Inps sia sceso da 133 a 70 unità;

   nonostante con il concorso nazionale del 2019 siano stati assunti 20 nuovi dipendenti Inps per il Friuli Venezia Giulia, nessuno di questi è stato destinato alla sede del capoluogo di regione;

   la diminuzione di numero del personale della sede dell'Inps di Trieste ha luogo in un momento in cui sempre più servizi sono erogati dall'istituto previdenziale e sempre più pensionati avrebbero bisogno di interfacciarsi con i suoi dipendenti;

   è sempre più difficile per le persone anziane – spesso sprovviste delle conoscenze atte a garantire la fruizione dei servizi online – ricevere spiegazioni ed essere accompagnati nella compilazione dei documenti necessari per l'accesso alle prestazioni;

   in un momento storico in cui, basti guardare le ultime rilevazioni dell'Istat, la popolazione italiana invecchia sempre di più, è necessario garantire anche alle persone più in là con l'età l'accesso ai servizi erogati dall'Inps per conto dello Stato –:

   se il Governo sia informato della situazione in cui versa la sede dell'Inps di Trieste;

   se e come il Governo sia intenzionato ad attivarsi affinché nella sede dell'Inps di Trieste sia garantita la presenza di un numero di dipendenti adeguato all'erogazione dei servizi.
(4-04736)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CALABRIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 30 dicembre 2019 la regione Lazio ha emanato un decreto per attuare il percorso di riorganizzazione delle cure domiciliari;

   nel Lazio ci sono circa 600 pazienti, molti in età pediatrica, che ricevono assistenza domiciliare continua, perché non possono essere lasciati da soli;

   la riorganizzazione dell'assistenza domiciliare decisa dalla regione prevede un massimo di nove ore al giorno per le cure a domicilio, anche per i malati gravi;

   la riduzione delle ore di assistenza stabilita dalla regione in alcuni casi è risultata estremamente drastica, passando da 24 ore a 7 ore;

   questa rimodulazione dell'assistenza come già denunciato dalle associazioni delle mamme e dei papà, avrà un impatto devastante sulla vita di intere famiglie;

   ci sono bambini che hanno necessità di essere ventilati e alimentati artificialmente, alcuni hanno bisogno di continue trasfusioni e per molti genitori è impossibile occuparsi di questi pazienti che necessitano di assistenza continua da parte di personale qualificato;

   le Asl starebbero già attuando quelli che si configurano come veri e propri tagli –:

   se il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, iniziative, per il tramite del Commissario ad Acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per assicurare il rispetto del principio di continuità e non interruzione delle cure, per salvaguardare i livelli essenziali di assistenza e per avviare un tavolo tecnico di confronto per rimodulare in maniera seria l'assistenza domiciliare nel Lazio.
(4-04744)


   D'IPPOLITO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 2010 la regione Calabria è commissariata per il rientro dal disavanzo sanitario;

   con deliberazione del Consiglio dei ministri del 7 dicembre 2019 è stato nominato il commissario ad acta, insieme al sub-commissario;

   con analoga deliberazione del 19 luglio 2019 è stato nominato il nuovo sub- commissario e confermato il commissario prescelto, anche incaricandolo di attuare i nuovi compiti assegnatigli dal decreto-legge n. 35 del 2019, convertito dalla legge n. 60 del 2019;

   in un articolo su Corriere della Calabria del 6 maggio 2017, si racconta di un «progetto per la messa in sicurezza del blocco operatorio dell'ospedale di Lamezia Terme, delle sale parto e dell'endoscopia, con un impegno economico a carico del bilancio aziendale, attraverso soluzioni innovative previste dal nuovo codice degli appalti, che prevede anche l'intervento privato»;

   nel punto nascita di Lamezia Terme, di recente gravato dalla sospensione di attività ambulatoriali, nel 2019 sono nati 1000 bambini e sono stati eseguite oltre 1200 prestazioni chirurgiche, benché l'ostetricia-ginecologia abbia solo 8 medici più il primario;

   nel suddetto articolo, l'allora direttore generale dell'Asp di Catanzaro, competente per territorio, precisava, in ordine all’«ipotesi riorganizzativa del blocco operatorio», di essere «in attesa delle dovute autorizzazioni, regionali»;

   all'interrogante non risulta che sia stato realizzato codesto progetto;

   con Dca n. 162 del 3 dicembre 2019 è stato approvato il «Programma degli interventi nel settore Edilizia sanitaria e innovazione dei servizi per la salute» per un importo complessivo di euro 57.395.730 ed è stata demandata a successivi provvedimenti la programmazione delle ulteriori risorse disponibili per interventi, pari a euro 2.350.000;

   la Commissione aziendale per l'autorizzazione e l'accreditamento, a seguito di sopralluogo del 21 giugno 2016, evidenziava che il punto nascita del presidio ospedaliero di Soverato risultava da anni carente rispetto agli standard normativi;

   il Ministero della salute, dopo la visita ispettiva del 30 luglio 2019, con nota del 30 agosto 2019 ha evidenziato criticità all'interno del punto nascita anzidetto, che nel 2018 totalizzava 349 parti, e sino a risoluzione delle stesse ha prefigurato l'immediata sospensione delle attività di assistenza al travaglio e al parto;

   l'Asp di Catanzaro, con deliberazione n. 889 del 7 agosto 2019, aveva già temporaneamente sospeso le attività dello stesso punto nascita e, con deliberazione n. 924 del 9 settembre 2019, approvato l'esecuzione dell'intervento di adeguamento normativo del medesimo;

   con sentenza del 12 settembre 2019, il Consiglio di Stato stabiliva che è legittimo l'accorpamento delle attività di ostetricia/ginecologia e pediatria/neonatologia di due ospedali ove il numero di parti all'anno sia inferiore a quello previsto dalle Linee di indirizzo;

   i giudici spiegavano che tale decisione si inserisce nel solco tracciato dalle «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita» dettate con l'accordo in Conferenza unificata Stato-regioni del 16 dicembre 2010, che prevedono, tra l'altro, la razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno;

   l'Asp di Catanzaro, con nota prot. n. 136904 del 4 dicembre 2019, considerate le osservazioni del Ministero della salute ha trasmesso gli elaborati progettuali aggiornati circa l'adeguamento del blocco operatorio di ginecologia del Po di Soverato, richiedendo un finanziamento straordinario di euro 300.000 per le sole opere strutturali;

   con Dca n. 184 del 19 dicembre 2019 si è stabilito che per il suddetto finanziamento si utilizzeranno risorse del patto per lo sviluppo della Calabria, demandando a successivi provvedimenti la programmazione delle ulteriori risorse disponibili per interventi –:

   se non ritengano urgente, per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari regionali adottare iniziative per provvedere a una diversa programmazione e allocazione delle somme disponibili, al fine di garantire la sicurezza dei parti nei territori di Lamezia Terme e Soverato e di evitare dispendio di risorse pubbliche.
(4-04747)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   CORDA. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro dell'istruzione, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   la città di Cagliari, capoluogo della Sardegna, è l'unica città metropolitana occidentale che nel 2020 è ancora priva di un'accademia di Alta formazione artistica. Un'incredibile anomalia per una città ricca di arte e di storia che priva l'intero sud Sardegna di una sede istituzionale che offra una proposta formativa di notevole valore dal punto di vista artistico, culturale e umanistico e naturale sbocco per i diplomati del liceo artistico;

   il capoluogo non ha mai avuto un'accademia, eppure ha un liceo artistico e musicale che, al momento, conta circa 900 studenti iscritti che raggiungono le 1.500 unità se si considerano quelli presenti nell'intera zona del sud della Sardegna. Pertanto, l'istituzione di un'accademia di Alta formazione artistica consentirebbe di esaudire le esigenze e i desideri di una considerevole quota di studenti del sud della Sardegna;

   dal 2016 gli studenti del liceo artistico «Foisio Fois» si battono con magnifiche manifestazioni e performance artistiche, per ottenere l'istituzione dell'Accademia delle belle arti a Cagliari, ma ancora oggi restano inascoltati dalle istituzioni;

   si ricorda che la regione già soffre una gravissima crisi in termini di spopolamento dei territori e disoccupazione giovanile, dovuta alla mancanza di lavoro e che spinge i giovani a lasciare l'isola. Se non si consente loro nemmeno di seguire i percorsi formativi attinenti alle loro passioni e attitudini si rischia soltanto di favorire tale fenomeno, costringendoli ad emigrare verso altre città per realizzarsi anche sotto il profilo formativo-culturale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intendano intraprendere per l'istituzione nella città di Cagliari di un'accademia di Alta formazione artistica.
(4-04745)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Sandra Savino e altri n. 1-00331, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Battilocchio, Palmieri.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Zanichelli e altri n. 4-02560, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Invidia.