Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 13 novembre 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    è notizia di questi giorni che Atlantia ha rigettato anche la seconda offerta presentata dal Consorzio guidato da Cassa depositi e prestiti per l'acquisto della sua quota di proprietà di Autostrade per l'Italia (Aspi);

    la prima offerta, presentata il 20 ottobre 2020, era stata rifiutata con la motivazione che «i termini economici e le relative condizioni allo stato sono non ancora conformi e idonei», che la valutazione del valore complessivo di Aspi, che l'offerta presentata stimava compresa tra 8,5 e 9,5 miliardi di euro, era troppo basso e, che di conseguenza, sarebbe stato troppo basso il prezzo offerto per l'acquisto della quota di Atlantia;

    la holding, inoltre, chiedeva un'offerta vincolante e non preliminare, comprensiva dell'indicazione di un prezzo;

    il 28 ottobre 2020 una nota stampa di Cassa depositi e prestiti ha annunciato che il consiglio di amministrazione «ha dato il via libera a CDP Equity per la presentazione di un'offerta dettagliata per l'acquisizione dell'88,06% di Autostrade per l'Italia detenuto da Atlantia, con relativa proposta di accordo (Memorandum of Understanding) volto a identificare i principali termini e condizioni relativi all'operazione prospettata»;

    stando alla nota «la proposta, confermando la forchetta di prezzo già indicata in precedenza, sottopone un'offerta ancor più dettagliata che, se accolta, porterà all'individuazione di termini, condizioni e prezzo definitivi dell'operazione, a seguito di una due diligence di 10 settimane», ad esito della quale potrà rapidamente essere avanzata un'offerta finale per l'acquisto della partecipazione in Aspi;

    anche questa offerta, tuttavia, non è stata accolta da Atlantia, che ha dichiarato i relativi termini economici e le condizioni «ancora non conformi e non idonei ad assicurare una adeguata valorizzazione di mercato della partecipazione», rigettando nell'incertezza il futuro proprietario di una società che gestisce un asset infrastrutturale fondamentale della Nazione;

    nell'ambito della trattativa si sono inserite anche le perplessità espresse dall'Autorità di regolazione (Art) nel settore dei trasporti nel parere sul nuovo Piano economico finanziario di Aspi, rispetto al quale ha formulato otto rilievi negativi, in quanto il Piano non rispetta i criteri stabiliti dalla stessa Art;

    la trattativa è, quindi, ancora in corso nonostante i numerosi aspetti poco chiari, primo tra tutti il costo finale che Cassa depositi e prestiti dovrebbe sopportare, che potrebbe risultare eccessivamente elevato rispetto ad altri interventi di sostegno nella politica industriale nazionale, e, di conseguenza, risultare eccessivamente remunerativa per Atlantia, cui si vanno ad aggiungere le fluttuazioni in borsa provocate dall'andamento della trattativa, dalle quali Atlantia ha tratto notevoli guadagni significativi, e sulle quali aleggia qualche sospetto di aggiotaggio considerate le spesso avventate dichiarazioni di esponenti di Governo che le hanno sostenute;

    nell'ambito della trattativa, inoltre, rimangono controversi tre punti: la questione dei pedaggi, oggetto del nuovo Piano economico finanziario e censurata dall'Art, quella della manleva, e, infine, quella dell'ingresso nel Consorzio con Cassa depositi e prestiti di due fondi stranieri che avrebbero la maggioranza delle azioni;

    con riferimento al primo aspetto, secondo il quotidiano La Repubblica dal 2010 al 2019 la società avrebbe pagato dividendi per un controvalore di 6,3 miliardi di euro finanziati dall'incasso dei pedaggi, i quali, nonostante rappresentino le risorse per effettuare gli investimenti e la manutenzione delle infrastrutture ammontano a una cifra molto profittevole per gli azionisti;

    una eventuale revisione delle tariffe modificherebbe i rendimenti della società e, di conseguenza, la valutazione aziendale, elemento fondamentale nell'ambito della trattativa e suscettibile di incidere profondamente anche sul futuro valore di mercato della nuova Autostrade;

    il secondo punto riguarda il tema dell'inserimento della clausola della manleva richiesto da Cassa depositi e prestiti nel contratto di acquisizione, un esonero da responsabilità volto a proteggere l'acquirente da eventuali futuri obblighi di risarcimento danni scaturenti dal processo per il crollo del ponte Morandi del 14 agosto 2018, ma che Autostrade non intende concedere;

    la mancata concessione della manleva in caso di obblighi risarcitori riconosciuti in capo alla nuova società per via del subentro andrebbe a configurarsi come un duro colpo per il suo valore di mercato;

    infine, suscita non poche perplessità l'ingresso nel veicolo societario attraverso cui sarà realizzato l'investimento, denominato «BidCo», di due fondi speculativi internazionali, Blackstone Infrastructure PartnersBlackstone») e Macquarie Infrastructure and Real AssetsMacquarie»), che inizialmente deterranno ciascuna il trenta per cento di BidCo;

    in particolare Macquarie, gruppo finanziario miliardario australiano attivo in trentuno Paesi, secondo gli osservatori «famoso per garantire ottimi rendimenti ai suoi investitori ma non altrettanti servizi agli utenti», oltre alla quota di Autostrade sembrerebbe essere interessata anche a un altro asset strategico, con l'offerta di 2,6 miliardi di euro presentata a Enel per l'acquisto del 50 per cento di Open Fiber, la società di reti digitali a banda larga destinata alla fusione con la rete di Telecom Italia;

    gli inglesi hanno ribattezzato Macquarie «il canguro vampiro» dopo che l'autorità di controllo Ofwat ha rilevato anomalie nell'attività del Gruppo negli undici anni in cui è stato proprietario della Thames Water, società delle acque che serve Londra: la corresponsione di dividendi pari a 1,2 miliardi di sterline, a fronte di un aumento del debito di 9 miliardi, e del pagamento di appena 100 mila euro di imposte;

    la composizione azionaria di Autostrade parzialmente straniera per l'ingresso di Blackstone e Macquarie suscita forti perplessità, aggravate dalla circostanza che si tratta di due fondi speculativi, che nella loro storia hanno investito sempre pochissimo nella manutenzione, massimizzando i guadagni;

    a fronte delle oscillazioni nelle trattative e delle perplessità che queste complessivamente suscitano, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti De Micheli ha cercato di fugare ogni dubbio affermando che a garanzia di tutta l'operazione ci sarà Cassa depositi e prestiti;

    la mission istituzionale di Cassa depositi e prestiti è di sostenere stabilmente e nel lungo termine le infrastrutture strategiche nazionali, che hanno bisogno di capitali in grado di supportare piani di investimento ambiziosi e con un orizzonte di lungo termine, favorendo la transizione verso nuovi modelli di reti digitali e di logistica integrata;

    la presenza di Cassa depositi e prestiti dovrebbe, quindi, essere funzionale anche al presidio di un consistente piano di investimenti per l'ammodernamento della rete autostradale, l'accelerazione dei programmi di manutenzione e la promozione della logistica integrata e delle soluzioni a favore della mobilità sostenibile;

    per svolgere pienamente la propria funzione di sostegno e di tutela degli asset strategici nazionali Cassa depositi e prestiti deve essere in grado di gestire la governance del nuovo assetto societario, se del caso anche attraverso il coinvolgimento degli operatori nazionali del settore, volto a garantire la necessaria guida industriale e la tutela dell'interesse nazionale;

    il tema della governance della futura società non può prescindere dalla considerazione che l'efficienza dello strumento concessorio nel rendere servizi pubblici dipende dall'adozione di procedure competitive per l'affidamento e dell'efficacia del sistema regolatorio;

    nella nuova governance, inoltre, rischiano di rimanere insoluti i problemi di gestione, posto che rimarrebbe comunque in capo ad Aspi, mentre si determinerà, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, una pericolosa instabilità dell'assetto proprietario a causa della libertà dei fondi partecipanti di cedere la propria quota in base a mere logiche di mercato se non speculative;

    la complicata vicenda di Aspi potrebbe subire delle ulteriori svolte con la decisione del Governo, riportata dai maggiori quotidiani nazionali, di emanare prima della fine dell'anno un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per estendere la Golden power anche ai settori dei media e delle autostrade;

    questa decisione, che dimostra quanto la questione di Aspi sia complessa e quanto sia avvertito il rischio non solo di scalate ostili ma anche quello di una successiva vendita da parte dei fondi ad altri soggetti esteri ancora meno affidabili, in ogni caso non esenta la governance italiana dalle sue responsabilità industriali e finanziarie per garantire investimenti sulle manutenzioni della rete e costi contenuti per gli utenti, in linea con altre tipologie di concessioni in altri Paesi,

impegna il Governo

1) ad adottare tutte le iniziative utili, per quanto di competenza, affinché nell'acquisizione della quota di Autostrade per l'Italia (Aspi) e nella nuova società proprietaria Cassa depositi e prèstiti mantenga la governance della società, se del caso anche attraverso il coinvolgimento degli operatori nazionali del settore, per garantire la tutela di un asset strategico nazionale a fronte della presenza di partner stranieri che puntano esclusivamente alla remunerazione dell'investimento.
(1-00403) «Meloni, Lollobrigida, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Risoluzione in Commissione:


   La XII Commissione,

   premesso che:

    la fibrosi cistica, detta anche mucoviscidosi, è una malattia genetica ereditaria che colpisce 1 neonato su 2.500-2.700. È forse la più frequente tra le malattie rare: circa il 4 per cento della popolazione ne è portatore sano e si registrano circa 200 nuovi casi ogni anno;

    ad essere colpiti dagli effetti della malattia sono soprattutto l'apparato respiratorio, le vie aeree, il pancreas, il fegato, l'intestino e l'apparato riproduttivo;

    questa patologia è dovuta ad un gene alterato, cioè mutato, chiamato gene Cftr (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator), che determina la produzione di muco eccessivamente denso. Questo muco chiude i bronchi e porta a infezioni respiratorie ripetute, ostruisce il pancreas e impedisce che gli enzimi pancreatici raggiungano l'intestino, di conseguenza i cibi non possono essere digeriti e assimilati;

    ancora oggi per la fibrosi cistica non esiste una cura definitiva, ma grazie ai continui progressi terapeutici ed assistenziali, l'aspettativa di vita, che prima si fermava all'adolescenza, è aumentata, e oggi in Italia il 20 per cento della popolazione colpita da questa patologia, supera i 36 anni;

    a disposizione dei pazienti ci sono diverse possibilità terapeutiche, tra le quali i correttori e i modulatori genici. Tali farmaci hanno modificato sensibilmente la percezione della malattia, che da patologia letale è diventata una malattia con la quale si può diventare adulti;

    oggi quasi 6 mila bambini, adolescenti e adulti affetti da fibrosi cistica vengono curati nei centri specializzati presenti in Italia;

    nel nostro Paese, la legge n. 548 del 1993, ha istituito in ogni regione un centro specializzato per la cura della fibrosi cistica, ha assicurato ai malati la gratuità dei farmaci prescritti dai centri e ha stanziato fondi per la ricerca. Nonostante ciò, mancano ancora strumenti di monitoraggio in grado di ottimizzare e controllare l'uso delle risorse pubbliche, al fine di garantire ai pazienti elevati standard di cura e l'uniformità delle cure su tutto il territorio nazionale;

    la pandemia da Covid-19 ha reso ancora più complicata la gestione dei malati cronici. Le persone con fibrosi cistica si trovano nuovamente private dei centri di cura per la fibrosi cistica e delle équipe mediche di riferimento sia perché i centri sono stati convertiti in reparti Covid, sia per prevenire il rischio di contagio;

    in questo contesto andrebbe fortemente implementato il servizio di tele-monitoraggio e tele-assistenza per la fibrosi cistica, servizio che è nato nel 2011 con l'obiettivo di ridurre gli spostamenti di pazienti e familiari e per prevenire il rischio di contagio da altre malattie. Sebbene la telemedicina sia contemplata dalla legge n. 548 del 1998, il progetto è stato sempre sostenuto dalla Lega italiana fibrosi cistica con fondi propri e, negli anni, è stato esteso ai pazienti trapiantati per il monitoraggio dei loro parametri nel periodo di follow-up. Da marzo 2020 ad oggi il numero di pazienti che hanno fatto richiesta del servizio di telemedicina è aumentato in modo esponenziale. È quindi necessario che la telemedicina venga rafforzata;

    ulteriore elemento che necessita di un rafforzamento è certamente quello legato all'assistenza domiciliare che rappresenta un servizio che comporta evidenti e importanti benefici per gli assistiti, in termini di appropriatezza ed efficienza nell'uso delle risorse. Vi è però una situazione molto differenziata tra le diverse regioni in termini di livelli di copertura del servizio. Da qui la necessità di una definizione di standard nazionali e altri strumenti comunali quali ad esempio i tariffari. L'attivazione dell'assistenza domiciliare per i pazienti affetti da fibrosi cistica era già prevista nella legge n. 548 del 1993, e ad oggi è ancora indicata nei nuovi livelli essenziali di assistenza, ma non pienamente attuata;

    la legge n. 548 del 1993, sulla prevenzione e la cura della fibrosi cistica, ha previsto che l'onere derivante dalla attuazione della legge sia a carico dello stanziamento di bilancio relativo al fondo sanitario nazionale che, per l'anno 1994, destinò al suo finanziamento la somma di 15 miliardi di lire e di 10 miliardi per gli anni successivi, oggi circa 5 milioni di euro, risorse che devono essere erogate alle regioni e specificamente finalizzate alle attività dei centri di cura della fibrosi cistica. Tra il 2008 e il 2017, si riportano però molte anomalie nella corretta allocazione dei fondi tra assistenza e ricerca e forti ritardi nell'erogazione degli stessi;

    va evidenziata una eccessiva difformità di applicazione della legge n. 548 del 1993. Il limite principale si riscontra a livello regionale dove, a causa delle differenti caratterizzazioni dei servizi sanitari regionali, si assiste ad una difformità di applicazione della medesima legge, con un forte divario tra Nord e Sud Italia, e all'insorgere, talvolta, di forme di discriminazione e di compressione dei diritti dei pazienti nell'accesso ai trattamenti e nei tempi di accesso agli stessi;

    aspetto primario è legato alla necessità di assumere personale medico e socio sanitario, nonché alla preparazione e all'aggiornamento professionale del medesimo personale da parte delle regioni. Attualmente, la maggior parte dei centri di cura per la fibrosi cistica registra carenze a livello di personale e carichi di lavoro insostenibili, con le ovvie ripercussioni sulla qualità e quantità dei servizi. In questo ambito si segnala come da tempo, la Lega italiana fibrosi cistica, attraverso un master realizzato in collaborazione con l'Ospedale Careggi di Firenze, si è attivata per la formazione di figure professionali specializzate nell'assistenza all'adulto con fibrosi cistica,

impegna il Governo:

   ad avviare le opportune iniziative di competenza volte a prevedere che la telemedicina intesa come modello di «homecare» venga inserita in un processo di gestione integrata e interdisciplinare del paziente con fibrosi cistica, e che sia maggiormente regolamentata da linee guida nazionali;

   ad adottare iniziative di competenza per garantire l'omogenea applicazione su tutto il territorio nazionale della legge n. 548 del 1993 anche intervenendo con linee di indirizzo per uniformare i comportamenti sull'intero territorio nazionale nel rispetto delle autonomie definite dalla legge e come previsto dal Patto per la salute 2019-2021;

   ad adottare tutte le iniziative di competenza, anche di concerto con gli enti territoriali, al fine di garantire l'assistenza domiciliare per i pazienti affetti da fibrosi cistica, prevista anche dalla legge n. 548 del 1993 ma mai pienamente attuata, e dare soluzione agli squilibri tra le diverse regioni, dove si assiste a una situazione assai differenziata sia in termini di livelli di copertura del servizio e qualità dell'assistenza, che in termini di integrazione ospedale-territorio;

   ad adottare iniziative per rivedere le norme e le modalità di finanziamento della legge n. 548 del 1993, risorse che attualmente devono essere erogate alle regioni e specificamente finalizzate alle attività dei centri di cura per la fibrosi cistica, e vengono spesso erogate con forti ritardi, evidenziandosi peraltro delle perplessità nella corretta allocazione dei fondi tra assistenza e ricerca;

   ad adottare le iniziative di competenza per prevedere assunzioni di personale medico e socio-sanitario al fine di dare soluzione all'estrema carenza del medesimo personale che registrano i centri di cura per la fibrosi cistica con conseguenti inevitabili ripercussioni sulla qualità e quantità dei servizi resi.
(7-00581) «Novelli, Bagnasco, Bond, Mugnai, Versace, Brambilla».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   GELMINI e PORCHIETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in base ai dati messi a disposizione dall'Ufficio per l'attuazione del programma presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, al 2 novembre 2020 in relazione ai 24 decreti-legge (Dl) emanati per l'emergenza Covid, i decreti attuativi richiesti risultavano essere 297 in totale di cui 198 (66 per cento) ancora da adottare;

   dall'aggiornamento al 12 novembre 2020 dei dati sopra citati, effettuato sulla Gazzetta Ufficiale, risulta emanato un ulteriore decreto-legge, il n. 149, nel quale sono previsti 3 ulteriori decreti ministeriali attuativi. Contestualmente, sono stati emanati 5 decreti ministeriali, tra cui in particolare, il decreto del Ministero delle politiche agricole alimenatari e forestali sul Fondo filiera ristorazione per l'acquisto di prodotti Made in Italy, il decreto del Ministero delle politiche agricole alimenatari e forestali contenente il programma di distribuzione di derrate agli indigenti e il decreto del Ministero dello sviluppo economico contenente i criteri di riparto dei contributi per 50 milioni all'emittenza locale;

   tra i decreti-legge emanati dal Governo, quello che richiede il maggior numero di provvedimenti attuativi è il decreto-legge «rilancio», con 137 atti (di cui 58 adottati). Seguono il decreto «agosto» con 65 (4 adottati) e il decreto «semplificazioni» con 38 (di cui. uno solo adottato). Il decreto-legge «liquidità» prevede 8 decreti attuativi (di cui solo 2 già adottati), mentre per il decreto-legge «Cura Italia» ne mancano all'appello ancora 9 su 34 nonostante sia stato pubblicato a marzo 2020;

   al 2 novembre 2020 il Ministero dell'economia e delle finanze doveva ancora emanate 27 dei 46 decreti attuativi di sua competenza (58,47 per cento). Il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dei 44 decreti di sua competenza, ne aveva pubblicati solo 3. Il Ministero dello sviluppo economico doveva ancora adottarne 18 su 24, quello delle politiche agricole alimentari e forestali 14 su 22, quello dell'interno 13 su 23;

   all'interno del decreto «Agosto» ci sono tre misure significative i cui decreti attuativi non sono stati pubblicati entro il termine di attuazione previsto. Si tratta dell'incremento delle risorse da destinare agli enti locali, quale ristoro per i mancati introiti derivanti da imposte di soggiorno e dalle tasse per l'occupazione del suolo pubblico. Manca anche il decreto per la definizione dei criteri di assegnazione alle regioni di fondi per l'acquisto di mezzi pubblici;

   nel decreto «semplificazioni» non è stata adottata la norma che definisce le modalità di accesso ai fondi per la prosecuzione di opere pubbliche. All'interno del decreto «rilancio» infine mancano all'appello il decreto attuativo volto a definire le modalità di ripartizione del fondo per i comuni particolarmente danneggiati dall'emergenza e quello per le modalità di erogazione delle risorse destinate ai giovani talenti nel settore della moda;

   tra i decreti attuativi ancora non pubblicati c'è anche quello relativo alla gestione del fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell'attività d'impresa, di competenza del Ministero dello sviluppo economico (ex decreto-legge «rilancio»);

   mai come in questi mesi, la funzionalità della produzione normativa primaria e derivata ha un peso rilevante sulla vita dei cittadini e delle imprese, stretti nella morsa della pandemia. Contestualmente, mai come in questi mesi, la distanza tra comunicazione del Governo e realtà è apparsa così ampia. Agli annunci, in mancanza delle norme attuative, non seguono i fatti. E questo genera la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni complessivamente considerate –:

   quali urgentissime iniziative di competenza, anche di carattere eccezionale, intenda adottate per accelerare o semplificare i procedimenti di emanazione delle disposizioni attuative dei decreti-legge di contrasto all'emergenza derivante dalla crisi pandemica in atto, in considerazione della rilevanza economica e sociale delle misure ivi contenute;

   se non ritenga opportuno adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte al rispetto dei termini di emanazione dei decreti applicativi, quanto meno delle norme adottate con i provvedimenti necessari e urgenti, anche prevedendo l'individuazione di specifiche responsabilità in caso di ritardi nell'attuazione.
(3-01898)


   DI LAURO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza epidemiologica da Covid-19 sta mettendo a dura prova la tenuta del servizio sanitario nazionale, a partire dalla capacità ricettiva delle strutture ospedaliere, in particolare in alcune regioni il cui sistema è più fragile, tra cui la Campania, che, diversamente da quanto avvenuto durante la prima ondata, sta mostrando oggi un preoccupante incremento della curva dei contagi e dei ricoveri, che le strutture sanitarie non riescono più a gestire;

   il servizio sanitario regionale della Campania è collassato: da giorni migliaia di persone, con sintomi respiratori o con altre patologie acute, anche non riconducibile al Covid-19, provano a contattare il servizio di emergenza e urgenza senza ottenere soccorso, mentre nei pressi delle strutture sanitarie si stanno verificando situazioni apocalittiche, con malati, anche in condizioni gravissime, costretti ad attendere all'interno delle ambulanze o auto private anche svariate ore prima di poter entrare;

   in caso di un'urgenza, dunque, è spropositatamente messa a repentaglio la stessa sopravvivenza delle persone;

   a seguito di richiesta fatta alla presidenza del Consiglio dei ministri il 29 ottobre 2020, sono state inviate 6 tensostrutture modulari della protezione civile nazionale, mentre il personale dovrebbe essere attinto ai ruoli della sanità militare;

   i soggetti positivi o in attesa di tampone spesso vengono spostati in aree delle strutture che dovrebbero invece rimanere indenni dal virus, aumentando i rischi di contagio all'interno delle strutture stesse;

   all'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia la situazione è critica da settimana ormai: è stata disposta la chiusura del pronto soccorso a fronte di una situazione drammatica in cui nel percorso Covid erano presenti il triplo dei pazienti rispetto ai posti disponibili, erano preservi pazienti sospetti positivi covid in quello che doveva rimanere «percorso pulito» e tutte le barelle, le sedie e i letti disponibili in ospedale erano stati requisiti;

   la situazione è andata peggiorando: il 1° novembre 2020 le autorità sanitarie sono state costrette a convertire otto posti letto riservati ai codici rossi del pronto soccorso in posti letto Covid e la direzione ha disposto di trattare i pazienti in codice rosso e giallo, non covid né sospetti, nel reparto di rianimazione;

   nel frattempo tutti i posti nell'obitorio dell'ospedale sono tutti esauriti;

   negli ultimi giorni, si ritrovano puntualmente code di ambulanze ed auto private fuori dal pronto soccorso, con pazienti, anche gravissimi, in attesa di essere trattati;

   nella notte dell'11 novembre 2020, 4 persone sono morte nelle barelle nei corridoi del pronto soccorso, prima di poter ricevere assistenza;

   anche il pronto soccorso di Vico Equense è stato chiuso, rendendo il presidio del San Leonardo, l'unica struttura per le emergenze per tutta la penisola Sorrentina;

   situazioni di interdizione o chiusura di pronto soccorsi si riscontrano anche in altre strutture sanitarie campane;

   alla luce dell'allarmante aumento della domanda di posti letto, è indispensabile potenziare la rete Covid, coinvolgendo, ove necessario, anche il personale sanitario militare e la protezione civile, e contestualmente garantire le cure di quanti ricorrono al sistema dell'emergenza e urgenza per patologie acute –:

   nell'ottica di garantire alla comunità i livelli essenziali di assistenza, se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative, per quanto di competenza e in accordo con la regione, al fine di offrire immediate soluzioni alternative atte ad evitare che il nosocomio San Leonardo di Castellammare di Stabia diventi un presidio esclusivo di cura Covid-19, adoperandosi affinché il pronto soccorso venga nuovamente e rimanga stabilmente aperto all'utenza e sufficientemente potenziato, garantendo parallelamente il diritto dei soggetti affetti da Covid-19 a ricevere adeguate cure nonché il diritto all'assistenza dei soggetti affetti dalle altre patologie, valutando l'impiego di personale sanitario della protezione civile e militare.
(3-01899)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VITIELLO e MIGLIORE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la situazione emergenziale sanitaria in tutta la penisola, determinata dalla pandemia in atto, investe la vita di tutti noi e mette in luce la reale efficienza delle strutture sanitarie pubbliche;

   in particolare, le strutture della Asl NA 3 che abbraccia un territorio con oltre un milione di abitanti, solo negli ultimi giorni, fortemente pressate dalle ingenti richieste di pazienti contagiati dal virus Covid-19;

   tra le strutture più interessate vi è l'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia che ha visto, nelle ultime 24 ore, un numero di sei decessi causati dal virus;

   il nosocomio è, come più volte evidenziato dal drammatico grido di dolore degli operatori sanitari dello stesso, saturo tant'è che il suo pronto soccorso ha dovuto chiudere per essere riconvertito in reparto di accettazione pazienti Covid-19;

   le immagini rimbalzate dai vari media, anche nazionali, evidenziano un ospedale dove i pazienti sono sistemati tra il reparto di pronto soccorso e quello di rianimazione e che, nonostante gli sforzi degli operatori, ricorda un ospedale di un Paese interessato da guerre e bombardamenti;

   la lunga fila di ambulanze in attesa, nel parcheggio dell'ospedale, fino a 12 o 14 ore per essere ricoverati, è emblema delle carenze del nosocomio;

   da più operatori e più volte negli ultimi giorni, si è levata una voce di richiesta di aiuto in quanto, allo stato, mancano: medici, infermieri, letti e ossigeno;

   la collocazione della regione Campania nella cosiddetta fascia gialla non ha favorito la percezione dello stato di pericolo tra la popolazione che continua con comportamenti, legittimi ma scriteriati, a effettuare una mobilità normale, provvedendo ad alimentare il diffondersi del contagio e il ricorso alle cure sanitarie;

   si è infatti compreso, tra le poche cose capite dall'insorgere di questa pandemia, che l'unico modo per ridurre il diffondersi del contagio, è la limitazione della mobilità non necessaria e il distanziamento sociale;

   a tutt'oggi non risultano effettuate le opportune integrazioni di personale e materiale necessario per un minimo funzionamento del suddetto nosocomio e per alleviare le sofferenze dei malati ed evitare l'aumento esponenziale dei decessi –:

   se il Governo sia a conoscenza delle vicende riportate e quali iniziative di competenza intenda intraprendere, di concerto con la regione, alla luce degli elementi che stanno emergendo sulla gestione dei posti letto per i malati Covid nella regione Campania;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, per verificare quanto sopra riportato, in un momento in cui il numero dei contagi è in continuo aumento;

   se non ritenga, anche alla luce dei 21 parametri stabiliti per la determinazione del grado di emergenza sanitaria, di adottare le iniziative di competenza per estendere a tutta la regione Campania la qualifica di zona «rossa»;

   se non ritenga, valutata la differenziazione territoriale e la disparità di efficienza delle strutture sanitarie della regione Campania, di adottare iniziative volte a prevedere una più capillare indicazione territoriale del grado di emergenza sanitaria.
(5-05000)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIANCHI, GIGLIO VIGNA, FORMENTINI e BAZZARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la mancanza di reciprocità nell'accesso al mercato cinese e l'assenza di condizioni di parità per gli investitori dell'Unione europea in Cina hanno posto gradi sfide per le relazioni di investimento Unione europea-Cina negli ultimi anni, portando agli attuali negoziati per un accordo complessivo sugli investimenti (Cai) come strumento chiave per rimediare a questa situazione. I negoziati Cai mirano a stabilire un quadro giuridico uniforme per i rapporti di investimento Unione europea-Cina, sostituendo i 25 trattati bilaterali di investimento (Bit) tra la Repubblica popolare cinese e singoli Stati membri dell'Unione europea;

   i negoziati sono stati lanciati nel 2013 e, sebbene i leader del vertice Unione europea-Cina si siano impegnati congiuntamente a concludere i negoziati medesimi nel 2020, la mancanza di un impegno concreto al più alto livello politico cinese ha sollevato dubbi sul fatto che una svolta su alcuni nodi centrali possa essere raggiunta entro quella data. Poiché le proposte dell'Unione europea per i singoli articoli del Cai non sono di dominio pubblico, a differenza di altri negoziati dell'Unione europea in corso, è impossibile valutare i principali nodi da sciogliere. Gli accordi relativi agli investimenti che l'Unione europea e la Cina hanno negoziato o concluso nel recente passato suggeriscono che è necessario colmare il divario tra i divergenti livelli di ambizione delle parti per quanto riguarda la concessione dell'accesso al mercato, disposizioni in materia di parità di trattamento e protezione prima della conclusione delle trattative;

   laddove l'Unione europea ha una politica di principio di apertura del suo mercato agli investimenti diretti esteri (Fdi) e non applica le sue norme sugli aiuti di Stato a società straniere, comprese le imprese cinesi (di proprietà statale) che beneficiano di sussidi nazionali per perseguire gli obiettivi strategici del governo, la Repubblica popolare cinese è definita dall'Osce come uno degli ambienti più restrittivi per gli Fdi con leggi nazionali che differenziano tra regole per società estere, società private nazionali e società nazionali di proprietà statale o controllate dallo Stato, con una logica intrinseca di discriminazione nei confronti delle prime a vantaggio degli altri. Inoltre, negli ultimi anni la Cina ha emanato una serie di leggi relative alla sicurezza (la Legge sull'intelligence nazionale e la legge sulla sicurezza informatica) oltre alle restrizioni sugli Fdi esistenti;

   questa tendenza è aggravata dall'ambiziosa strategia industriale sponsorizzata dallo Stato del made in China 2025, volta a ridurre in modo significativo la dipendenza del Paese dalla tecnologia straniera sostituendola con tecnologia indigena in diversi settori strategici high tech. Da rimarcare, infine, che laddove gli investimenti europei in Cina sono principalmente investimenti «greenfield» che creano posti di lavoro nella Repubblica popolare, gli investimenti diretti cinesi in Europa si sono concentrati su acquisizioni strategici di ricerca tecnologica e di mercato. Dal 2013, il numero di rapporti su gravi violazioni dei diritti umani, sull'utilizzo di schemi di lavoro forzato che implicano anche le aziende straniere e sulla crescente oppressione delle popolazioni in Cina è aumentato vertiginosamente. Inoltre, la recente flagrante violazione diretta delle disposizioni dei trattati internazionali vigenti sullo status e la governance di Hong Kong dimostrano, secondo l'interrogante, un crescente disprezzo verso gli accordi multilaterali da parte delle autorità di Pechino –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e intenda fornire elementi sullo stato dei negoziati, precisando quali rimangono i principali punti controversi;

   se il Governo intenda adottare iniziative per garantire che l'accordo non apra la strada all'acquisto ulteriore di asset strategici da parte di aziende cinesi sotto il controllo o l'influenza dello Stato cinese, valutando la possibilità di riportare sotto controllo nazionale degli asset strategici di proprietà delle aziende cinesi, se giudicati un rischio per la sicurezza.
(4-07479)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   le toelette sono indicate con il codice Ateco 96.09.04 come «Servizi di cura degli animali da compagnia (Esclusi i servizi veterinari)»;

   l'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha dimenticato la categoria delle attività di toelettatura per cani che, come durante il primo lockdown, anche nelle «zone rosse» non può lavorare, al contrario dei parrucchieri;

   la scelta del Governo appare all'interrogante illogica in quanto il rispetto delle norme, nel settore, è totale. Si lavora da soli, con tutti i dispositivi di protezione individuali, anche da prima della pandemia, quindi con guanti, mascherina e camice. Si usano disinfettanti, si accede su appuntamento telefonico, un cliente per volta e l'amico a quattro zampe viene lasciato sulla porta, al fine di non avere contatti tra cliente e lavoratore;

   vale la pena ricordare che la toelettatura degli animali domestici non è solo estetica, ma spesso serve per cure mediche della pelle e per igiene, utilizzando prodotti appositi che nelle case sono difficili da usare;

   per i cani a pelo lungo non poter fare la toelettatura rappresenta un grosso pericolo, in quanto si creano nodi e feltri che causano dermatite, con la conseguenza che i clienti dovrebbero uscire spesso di casa per recarsi dal veterinario;

   inoltre, dato il cospicuo tempo da passare in casa per le misure di contenimento, la toelettatura rappresenta un fondamentale dell'igiene domestica, poiché molti animali domestici vivono all'interno delle case, condividendo gli spazi con il resto della famiglia umana;

   non si capisce perché, quindi, le toelettature siano obbligate a stare chiuse nelle zone rosse, benché si svolgano normalmente secondo modalità compatibili con il contenimento del contagio da Covid-19;

   fiducioso che si sia trattato solo dell'ennesima dimenticanza di quello che appare all'interrogante un Governo confuso che naviga a vista, tale decisione andrebbe immediatamente riconsiderata, al fine di non arrecare un ingiusto pregiudizio a tutta la categoria –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per autorizzare l'apertura delle toelettature per animali su tutto il territorio nazionale, anche nelle zone rosse.
(4-07493)


   NOJA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in forza degli articoli 3 e 23 del decreto legislativo n. 261 del 1999, Poste Italiane è il fornitore del servizio postale universale;

   l'articolo 1, comma 2, della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994, relativa ai «principi sull'erogazione dei servizi pubblici» ha disposto che «i soggetti erogatori dei servizi sono tenuti ad adottare le iniziative necessarie per adeguare le modalità di prestazione del servizio alle esigenze degli utenti portatori di handicap»;

   l'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 gennaio 1996, inerente la «Carta della qualità del servizio pubblico postale», aveva previsto che «l'Ente Poste Italiane (EPI) promuove a favore dei portatori di handicap, degli anziani e dei clienti in condizioni particolari, facilità di accesso e rapporto diretto agli sportelli», mentre, nella nuova versione della «Carta della qualità del servizio pubblico postale», emanata con decreto del Ministro delle Comunicazioni il 26 febbraio 2004, è scomparso ogni riferimento in merito ai diritti delle persone con disabilità o in condizioni particolari tali da impedire lunghe file d'attesa agli sportelli;

   in risposta all'interrogazione 5-00154 depositata nella XVII legislatura in data 29 maggio 2013 dall'onorevole Vittoria D'Incecco (PD), la sottosegretaria al lavoro e politiche sociali pro tempore affermava come Poste Italiane avesse rappresentato che «le vigenti disposizioni di legge mirano esclusivamente ad assicurare l'accesso delle persone con disabilità agli edifici pubblici o aperti al pubblico e/o ai loro spazi di servizio, senza peraltro stabilire alcun diritto di priorità per tali categorie di utenti in caso di file o code agli sportelli», aggiungendo tuttavia di «aver sempre adottato, indipendentemente dai vincoli di ordine normativo, misure concrete per agevolare la fruizione dei servizi alle persone con disabilità con l'eventuale eliminazione delle barriere fisiche e sensoriali»;

   con la delibera n. 331/20/CONS «Definizione di standard di qualità per il servizio universale postale relativi alla continuità ed affidabilità dei servizi erogati negli uffici postali», l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha disposto che «al fine di garantire la completa accessibilità delle categorie di utenti più deboli, è definito l'obiettivo annuale di qualità, pari al 2% incrementale di uffici postali operativi, che possono essere adeguati ai sensi della normativa vigente, fino al completo adeguamento di tutti gli uffici postali» (articolo 4) e che «il Direttore di ogni ufficio postale assegna la massima priorità agli utenti appartenenti alle categorie meritevoli di maggior tutela, dei disabili, degli anziani con età superiore ai 75 anni, delle donne in avanzato stato di gravidanza azzerando il tempo di attesa allo sportello dell'utente che ne fa richiesta, attraverso le più agevoli modalità di comunicazione definite da Poste Italiane» (articolo 5);

   per quanto riguarda le disposizioni di cui all'articolo 4, Poste Italiane ha reso noto l'obiettivo di demolire oltre l'80 per cento delle barriere in 1.379 uffici postali dei piccoli comuni entro il 2020 e, alla data del 12 ottobre 2020, ha dichiarato di aver demolito 974 barriere architettoniche in 922 piccoli comuni, anche se non ha reso disponibili i dati relativi alla distribuzione geografica degli uffici postali interessati dall'operazione e alla natura degli interventi;

   quanto all'articolo 5 della delibera 331/20/CONS di AGCOM, in sede di consultazione pubblica, Poste non ha condiviso la proposta avanzata dall'Autorità e dalle associazioni e, ad oggi, non risultano evidenze in merito –:

   quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, per assicurare la piena attuazione della delibera 331/20/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in particolare per quanto attiene all'accessibilità facilitata ai servizi degli uffici postali per le persone con disabilità, anziani e utenti in condizioni particolari, come le donne in stato di gravidanza.
(4-07504)


   ALESSANDRO PAGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   secondo fonti di stampa, il Governo starebbe finanziando corsi di formazione e seminari destinati ai giornalisti, volti all'utilizzo di parole che evitino discriminazioni etnico-razziali e sessuali; il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri avrebbe raggiunto due accordi per un costo di circa|78 mila euro;

   con l'associazione Carta-Roma sarebbe previsto di svolgere, in presenza e a distanza fino a maggio 2021, dieci «moduli formativi sul tema dell'uso non discriminatorio delle parole nell'ambito dell'informazione, della correttezza dell'informazione, dei principi deontologici in materia di discriminazione, razzismo, xenofobia e tutela delle minoranze»;

   all'associazione Gaynet sarebbe affidata la formazione rivolta a giornalisti e operatori dei media sul tema della discriminazione nei confronti delle persone LGBTI, con la previsione di «tre seminari di studio e aggiornamento tenuti da formatori/formatrici e i principali riferimenti accademici italiani e internazionali su tematiche di genere e LGBT, diritti umani e non discriminazione» e 5 edizioni del corso «Informazione e persone LGBT», «sulla conoscenza del linguaggio specifico, sull'attenzione ai contesti in cui i termini vengono utilizzati e sugli strumenti critici per decodificare stereotipi e pregiudizi nei media»; l'obiettivo sarebbe «la sensibilizzazione, il contrasto e la prevenzione di fenomeni discriminatori nei confronti delle persone LGBT»;

   il sito internet di Gaynet esprime posizioni in linea con LGBT+; nella sezione «materiale» è inclusa, ad esempio la definizione di «omofobia» dell'istituto A.T.Beck: omofobi «si diventa attraverso l'educazione, i messaggi, diretti e indiretti, che la famiglia, la politica, la Chiesa (...) Molto prima, dunque, di avere una reale comprensione di cosa significhi la parola omosessualità, ereditiamo, da una cultura omofoba (...) Nei paesi a prevalenza cattolica come l'Italia la Chiesa esercita un'alta ingerenza sulle famiglie, sulla politica e sulla capacità legislativa conseguente. (...) Questo tipo di pressione morale, così pervasiva, non può non sfociare nell'omofobia interiorizzata (...) l'omofobia scaturisce da tutti quei messaggi negativi nei confronti degli omosessuali, frutto dell'educazione che abbiamo ricevuto, che dipende ovviamente non solo dalla nostra singola famiglia, ma anche dal posto antropologico in cui siamo nati e cresciuti e dalle principali istituzioni della nostra società, quali la scuola, lo Stato e la Chiesa...»;

   è evidente, per l'interrogante, che la definizione di omofobia secondo Gaynet ha l'obiettivo di cambiare il modo di pensare degli italiani e di andare in contrasto con la famiglia e le confessioni religiose;

   attirano l'attenzione i «10 punti per l'informazione LGBTI», presumibilmente alla base dei corsi pagati dal Governo; in essi si condanna una lunga serie di espressioni verbali, come «tolleranza» e «accettazione» se riferite a omosessuali, parole come «ministro», «sindaco» o locuzioni come «il Presidente», se riferiti a donne, «lobby gay», «condizione omosessuale», le parole «omosessuale», «gay», «lesbica», «bisessuale», «transessuale», «transgender» e «intersessuale» come sostantivi, «papà gay», «mamma gay», «mondo gay», «gusti sessuali», «stili di vita», «scelte» sessuali, «famiglia gay», «adozioni gay», «utero in affitto», «bimbo con due madri» o «con due padri», "«locali gay», e perfino «diritti gay», l'uso del maschile per una persona «transgender» che, di sesso biologico maschile «si identifica nel genere femminile» e viceversa; i «10 punti» condannano altresì l'uso di immagini di «drag queen» per servizi sulle persone transgender –:

   se trovi conferma la spesa di 78 mila euro di cui in premessa e come si giustifichi l'utilizzo di denaro pubblico per corsi poco obiettivi e «super partes» e, ad avviso dell'interrogante, in contrasto, peraltro, con i dettami costituzionali di cui agli articoli 7, 8 19 e 20;

   se e quali iniziative di propria competenza il Governo intenda adottare a tutela del principio costituzionale di cui all'articolo 21, a garanzia, per giornalisti ed operatori dei media dell'utilizzo di espressioni e definizioni oggettivamente non ingiuriose e/o oltraggiose.
(4-07505)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi è emerso un particolare inquietante nella vicenda del sequestro dei diciotto pescatori di Mazara del Vallo, sequestrati dal 1° settembre 2020 insieme ai loro due pescherecci, da parte delle milizie non riconosciute del generale Haftar;

   secondo la ricostruzione del quotidiano Repubblica, qualcuno avrebbe dato ordine alla Marina Militare italiana di non intervenire;

   se fosse vera la ricostruzione fatta dal quotidiano, sarebbe l'ennesima scelta per l'interrogante sciagurata compiuta dal Governo italiano, incapace persino di reagire ad un atto di aggressione che non trova alcuna giustificazione nel diritto internazionale;

   seppur la Marina, con colpevole ritardo, si sia prodigata a smentire alcuni passaggi della ricostruzione fatta da Repubblica, emerge una forte discrasia tra quanto rappresentato dai pescatori e quanto dichiarato dalla Marina;

   si parla di un mancato intervento per evitare «un processo escalatorio, innalzando la tensione e mettendo a rischio la stessa sicurezza dei pescatori italiani», in quanto gli uomini di Haftar erano già a bordo dei pescherecci. I pescatori, invece, raccontano che gli uomini di Haftar non sono mai saliti a bordo dei pescherecci e che il modus operandi adottato sarebbe stato quello di trasbordare i pescatori, tramite un gommone, sull'unità navale libica;

   tale ricostruzione sarebbe supportata anche dalla riuscita fuga di un peschereccio italiano;

   a giudizio dell'interrogante, appare evidente come il Governo, secondo l'interrogante, abbia assunto una posizione cedevole in relazione ai desiderata delle autorità libiche, addossando in sostanza, secondo l'interrogante, la colpa della causa scatenante proprio ai pescatori;

   il 6 ottobre 2020, a Skytg 24, il Sottosegretario agli affari esteri Manlio Di Stefano ha dichiarato: «Ho avuto a che fare spesso, negli ultimi due anni, con i pescherecci di Mazara perché spesso venivano sequestrati, perché purtroppo il pesce nel mar Mediterraneo scarseggia e spesso e volentieri si inoltrano un po' troppo in là. Detto questo, finché si trovavano nelle mani della guardia costiera libica di Tripoli, avendo un rapporto consolidato tra Governi, nel giro di quarantotto ore abbiamo sempre risolto ogni problema, anche quando ci hanno fatto un favore per risolvere il problema. In questo caso siamo, invece, in una situazione in cui chi li detiene non è il Governo libico, ma sono sostanzialmente delle milizie e quindi tutto diventa molto più complesso»;

   vale la pena ricordare al Sottosegretario che le imbarcazioni italiane stavano svolgendo regolare attività di pesca a 60 miglia dalla costa libica, rispettando le norme internazionali, e che la famigerata zona di pesca esclusiva libica fino a 74 miglia dalla propria costa è stata dichiarata unilateralmente, a partire dal 2005, e rappresenta un atto in contrasto con le norme che regolano il diritto del mare e mai riconosciuta da paesi terzi;

   intanto il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Di Maio, non avendo avuto alcun successo con la mediazione dei russi e dei francesi, è volato negli Emirati Arabi Uniti, che sono uno sponsor discreto ma foriero delle milizie di Haftar, probabilmente per chiedere aiuto nello sbloccare la vicenda –:

   chi abbia preso la decisione di non far intervenire immediatamente i mezzi della Marina militare;

   se il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale abbia affrontato il tema del rilascio dei pescatori di Mazara con le autorità emiratine e se abbia chiesto il loro aiuto.
(5-04995)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAGI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata di mercoledì 11 novembre 2020, il Comitato centrale comunista di Pechino ha emesso una propria risoluzione con il fine di autorizzare il Governo locale di Hong Kong a destituire qualunque parlamentare eletto ritenuto non rispettoso della sovranità nazionale (cinese), senza dover previamente ricorrere al giudizio di corti e tribunali;

   in quella stessa giornata, pochi minuti dopo la comunicazione ufficiale dell'emanazione del provvedimento da parte della Cina, sono stati immediatamente destituiti 4 deputati dell'opposizione, nello specifico rappresentanti del Civic Party, partito liberale pro-democrazia;

   come conseguenza di tale atto di repressione del dissenso politico, tutti i parlamentari dell'opposizione hanno rassegnato in massa le proprie dimissioni;

   la legge sulla sicurezza nazionale (entrata in vigore il 1° luglio 2020), aveva già fortemente limitato il diritto di parola, di pensiero, di stampa e di manifestazione dei cittadini di Hong Kong;

   le elezioni, inizialmente previste per il 6 settembre 2020, sono state posticipate di un intero anno, ufficialmente a causa della pandemia da Covid-19 e adesso vengono apertamente colpiti i rappresentanti delle forze di opposizione eletti dal popolo;

   il Ministro interrogato ha più volte sostenuto una politica di «non ingerenza negli affari altrui» da parte del Governo italiano con riferimento alla situazione di Hong Kong;

   quanto sta avvenendo in queste ore rappresenta l'ennesimo, preoccupante affronto ai valori democratici fondamentali e ad un'istituzione di rappresentanza popolare democraticamente eletta –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione alla vicenda e quali iniziative di competenza intenda portare avanti per sostenere il rispetto dei diritti umani e politici all'interno di un territorio la cui ampia autonomia è protetta dai trattati internazionali.
(4-07485)


   MURA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 25 dicembre 2019 ha terminato di produrre i suoi effetti l'accordo di reciprocità Italia-Albania in materia di conversione di patenti di guida;

   da informazioni acquisite dalla sottoscritta risulta che fossero già in corso le procedure necessarie a valutare la possibilità di predisporre un nuovo accordo in materia fra Italia e Albania –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per un nuovo accordo di reciprocità tra Italia e Albania in materia di conversione patenti di guida;

   se siano già state avviate le relative procedure.
(4-07489)


   CUNIAL. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i Ministeri guidati dai ministri interrogati risultano essere soci istituzionali della Associazione Diplomatia, «un'associazione unica nel suo genere che svolge finalità di carattere istituzionale e di rilevanza internazionale», così come si definisce nel suo sito istituzionale;

   la sua mission è quella di favorire incontri diretti e informali al massimo livello per stabilire un dialogo costruttivo su temi di rilevante attualità, incentivando occasioni di sinergie, di accordi produttivi e di proficuo lavoro;

   al suo interno si trovi la presenza di diverse aziende pubbliche e private o a partecipazione pubblica, nonché banche, e tra i soci istituzionali molte ambasciate straniere in Italia;

   la presidenza onoraria dell'associazione è affidata alla contessa Marisa Pinto Olori del Poggio, soprannominata da Lettera43.it «Regina di Roma» e descritta come una nobildonna molto potente, nota nei salotti economici, politici, internazionali d'oltreoceano e diplomatici italiani;

   sul sito istituzionale dell'associazione non è pubblicato lo statuto;

   sui siti istituzionali dei ministeri interrogati non risultano informazioni a riguardo sulla partecipazione degli stessi a tale associazione;

   non è resa pubblica alcuna informazione a riguardo a questa associazione e vi sono persone che coprono cariche istituzionali e che fanno parte di queste o altre associazioni come ad esempio il consigliere dell'associazione Diplomatia Vito Cozzoli, oggi presidente e amministratore delegato Sport e Salute spa già consigliere parlamentare della professionalità generale della Camera dei deputati già capo di gabinetto del Ministero dello sviluppo economico nel 2016 consigliere di amministrazione del Centro studi Americani;

   Diplomatia risulta essere altresì gemellata con l'associazione Canova Club;

   il presidente del Canova Club è Stefano Balsamo. L'associazione ha come attività principale «Il Cenacolo dei 30» ovvero un gruppo ristretto del Canova Club composto da rappresentanti del mondo imprenditoriale, finanziario, bancario, accademico, istituzionale e culturale, i cui nominativi non sono pubblici. Il gruppo si riunisce una volta al mese per discutere di argomenti di grande impegno e interesse per il Paese, insieme a qualificati attori della vita politica, sociale ed economica italiana. Vuole essere un punto di riferimento per i gestori della «res publica» in tutte le forme, con la varietà e la diversità delle visioni e delle opinioni dei suoi membri;

   a parere dell'interrogante sia le riunioni informali di Diplomatia che le riunioni del Cenacolo dei 30 di Canova Club, rappresentano consessi dove chi ha funzioni pubbliche e politiche, nonché dirigenziali di aziende pubbliche o di gruppi bancari che hanno relazioni dirette nell'acquisto di titoli di Stato nelle aste pubbliche del Ministero dell'economia e delle finanze si incontra e prende decisioni che poi vengono invece portate all'attenzione della politica solo in una fase di ratifica. Ovvero, secondo l'interrogante, la discussione reale viene fatta fuori dai consessi democratici. Le riunioni non sono pubbliche e le discussioni private, ma i soggetti partecipanti hanno anche cariche pubbliche e discutono di questioni politiche di carattere pubblico;

   considerando la recente auto-regolamentazione dei Ministeri e della Camera dei Deputati in merito al registro delle lobby, che ha come obiettivo garantire una trasparenza dei portatori di interesse che frequentano le «stanze del potere», va a maggior ragione segnalato che viceversa queste associazioni puntano a bypassare questo genere di controllo democratico –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dello statuto dell'associazione Diplomatia e intendano renderlo pubblico sui loro siti istituzionali;

   se i Ministri interrogati non intendano promuovere le iniziative di competenza per regolamentare internamente al Governo in modo omogeneo casi quali quelli segnalati in premessa, nelle more di una iniziativa normativa di carattere generale che stabilisca il divieto di partecipazione di Ministri o rappresentanti dei ministeri ad associazioni di questo genere.
(4-07497)


   CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da due mesi diciotto pescatori, di cui otto italiani, con i loro pescherecci di Mazara del Vallo, «Antartide» e «Medinea», sono stati dapprima sequestrati e poi imprigionati dalle milizie dell'autoproclamato Governo dell'est della Libia, guidato dal generale Khalifa Haftar;

   in data 1° settembre 2020 i pescherecci stavano effettuando attività di pesca a 38 miglia dalle coste libiche a nord di Bengasi e sarebbero stati sequestrati con l'accusa di aver violato la porzione di mare territoriale che la Libia, dal 2005, ha dichiarato unilateralmente rientrare nella propria zona economica esclusiva;

   organi di stampa riporterebbero la notizia che i pescatori sarebbero altresì accusati di traffico di droga, in quanto secondo fonti libiche, sarebbero state rinvenute sostanze stupefacenti durante una successiva perquisizione all'interno dei pescherecci;

   si tratta dell'ennesimo episodio di sequestro di pescherecci italiani fermati dalle autorità libiche con l'accusa di aver violato la reclamata competenza territoriale;

   secondo quanto riportato dal Libian Address Journal il generale Haftar avrebbe proposto uno «scambio di prigionieri» tra i diciotto pescatori e quattro scafisti libici, condannati in Italia a trent'anni di reclusione per i reati di omicidio volontario e traffico di migranti commessi in occasione della cosiddetta «strage di ferragosto», quando nel 2015 morirono quarantanove migranti nelle stive di un barcone;

   ciò che desta maggiore sorpresa, è la ricostruzione di quanto sarebbe accaduto quella notte, pubblicata da alcuni quotidiani nazionali, secondo cui i pescatori si sarebbero potuti salvare con l'intervento del cacciatorpediniere «Luigi Durand de la Penne» della Marina militare italiana che si trovava a 115 miglia di distanza e il cui elicottero in venti minuti avrebbe potuto raggiungere i pescherecci e allontanare i miliziani libici. Il sequestro dei due pescherecci, infatti, sarebbe avvenuto dopo ore di osservazione da parte di una motovedetta della guardia costiera libica che avrebbe inviato un gommone con a bordo tre miliziani armati di kalashnicov; gli armatori dei pescherecci avrebbero immediatamente allertato la guardia costiera di Mazara e la Marina militare di Palermo che, in prima battuta, li avrebbero rassicurati con l'intervento del suddetto elicottero;

   tale intervento, ovviamente, non è mai avvenuto e dopo ore di ore di silenzio la Marina avrebbe comunicato che «l'elicottero non può intervenire, che il caso ormai è diplomatico e non c'è nulla da fare»;

   l'obbligo di salvare la vita in mare previsto dalle norme internazionali dovrebbe essere assolto non solo quando si tratta di immigrati clandestini ma altresì quando è in pericolo la vita di cittadini italiani che, purtroppo, sovente sono vittime di scelte politiche ispirate ad una incomprensibile «diplomazia»;

   se la ricostruzione risultasse veritiera, si tratterebbe di una grave omissione di soccorso da parte delle autorità italiane e della Marina militare che, disponendo della nave più vicina, sarebbe dovuta intervenire e impedire il sequestro dei pescatori che è avvenuto in acque internazionali dove la Libia non avrebbe alcuna giurisdizione se non quella che unilateralmente ha imposto agli Stati sin dal 2005;

   l'articolo 113 del codice penale militare disciplina l'ipotesi dell'omissione di soccorso o di protezione, in caso di pericolo, stabilendo, al secondo comma, che si applica la sanzione della reclusione fino a tre anni quando il comandante di una nave militare, o di uno o più aeromobili militari, non presta a navi o ad aeromobili, ancorché non nazionali, l'assistenza o la protezione che era in grado di dare –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la fondatezza e la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare al fine di ottenere la liberazione dei pescatori sequestrati e se non si intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, per verificare la correttezza dell'operato delle autorità militari in relazione alla vicenda.
(4-07500)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Amazon, il colosso dell'e-commerce, è finito nuovamente sotto i riflettori della Commissione europea e accusato di aver violato le norme antitrust, distorcendo la concorrenza nei mercati al dettaglio online: Amazon avrebbe abusato della sua posizione dominante sia in Germania che in Francia e utilizzato l'immensa mole di dati sugli utenti di cui dispone per avvantaggiarsi sui rivenditori più piccoli;

   in particolare, secondo la tesi dell'Antitrust, nella doppia veste di gestore della piattaforma per le vendite in cui sono «ospitati» anche rivenditori terzi e di venditore diretto di suoi prodotti sulla medesima piattaforma, Amazon godrebbe e approfitterebbe di una posizione di vantaggio a scapito degli altri rivenditori, che sono sia clienti che concorrenti;

   la società di Seattle, inoltre, utilizzerebbe impropriamente i dati privati dei rivenditori terzi per posizionarsi meglio con le sue offerte: secondo quanto riportato dai documenti pubblicati dall'organo di vigilanza europeo, Amazon sfrutterebbe le informazioni ricavate dalle attività di tali venditori per abbassare i prezzi, generare offerte e ottenere maggiore profitto, concorrendo in modo sleale con questi ultimi;

   quella che l'interrogante giudica una spudorata gestione dei dati consentirebbe ad Amazon di evitare i normali rischi di impresa e di sfruttare la posizione dominante per la fornitura di servizi, in violazione dell'articolo 102 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) che vieta l'abuso di una posizione dominante sul mercato;

   l'accusa contro Amazon, se accertata, conferma l'impatto devastante delle politiche commerciali attuate dal colosso americano sul commercio, non solo francese e tedesco, ma anche italiano che sta subendo un vero e proprio sciacallaggio commerciale, particolarmente accentuato da quando è scoppiata l'emergenza pandemica;

   con l'avvicinarsi del Natale, peraltro, la campagna delle vendite di Amazon si è fatta assillante e invasiva e rischia di trovare terreno fertile nella chiusura dei negozi disposta con le misure di contenimento dei contagi;

   ma vi è di più, perché dove non arriva Amazon ci pensa il Governo italiano, permettendo di spendere sulla piattaforma anche il buono mobilità 2020 per acquistare una bicicletta, una ebike o un monopattino elettrico;

   sebbene non sia una novità, peraltro, non finirà mai disdegnare l'esiguità dell'importo versato al fisco da colossi come Amazon, che contano su un giro d'affari di miliardi di euro l'anno e con profitti che nel 2019 hanno raggiunto i 146 miliardi: nel 2019 Amazon ha versato 10,9 milioni di euro a fronte di un fatturato di 1 miliardo di euro;

   le tasse, naturalmente, si calcolano sugli utili e non sui ricavi, ma queste società non rendono noto come sono suddivisi i profitti nei diversi Paesi e attraverso operazioni tra filiali domiciliate in diversi Stati spostano gli utili nei Paesi dove il prelievo è bassissimo o inesistente, riuscendo a sottrarre al fisco tra il 2015 e il 2019 qualcosa come 46 miliardi di euro –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda promuovere per mettere gli esercizi di vicinato in condizione di concorrere con i colossi del web internazionale, salvaguardare il nostro tessuto economico e la pluralità delle offerte, anche attraverso il divieto di promozioni senza regole uniformi, come il black friday o il prime day, a tutela altresì dei consumatori e di un mercato sano;

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda promuovere per l'adozione di una normativa, anche fiscale e in materia di promozioni commerciali, equa ed uniforme per il commercio fisico e digitale, affinché entrambi possano operare ad armi pari nell'ambito dello stesso mercato di riferimento.
(4-07503)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha appreso dalla stampa e da segnalazioni dei cittadini, che durante la stagione estiva del corrente anno, nel territorio provinciale a sud di Roma ed in particolare nei comuni di Pomezia, Ardea ed Aprilia si sono verificati copiosi episodi di incendi che hanno riguardato, in particolare siti di insediamenti produttivi;

   a titolo esemplificativo, nella notte del 20 agosto 2020 un vasto incendio si è propagato in un deposito di pneumatici in via Valle Caia, ad Ardea, distruggendo sei degli otto capannoni coinvolti dalle fiamme, nei giorni seguenti altri eventi dolosi hanno interessato stabilimenti industriali, ponendo seri interrogativi sulla matrice degli atti incendiari in successione;

   gli episodi sopra riportati, oltre ad una forte ripercussione sul tessuto produttivo dell'area, destano preoccupazioni nella popolazione, oltre che nell'interrogante, relativamente alla salubrità dell'aria, inquinata dalle esalazioni della combustione, nel raggio di diversi chilometri –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza degli episodi di cui in premessa e siano in possesso di informazioni sulle cause degli eventi esposti richiamati;

   di quali elementi dispongano, per quanto di competenza, circa le azioni ricognitive in essere, o pianificate, atte a valutare i danni degli incendi citati sull'ambiente.
(4-07482)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per le politiche giovanili e lo sport, per sapere – premesso che:

   nel centro di Roma si trova il parco del Foro Italico, un'area verde a vocazione sportiva di grande pregio naturalistico e architettonico, la «Città dello sport» della Capitale, complesso più prestigioso e suggestivo del mondo perché capace di comprendere in un unicum di cinquanta ettari il paesaggio, la prossimità con il Centro storico di Roma, un contesto monumentale di architettura razionalista inimitabile;

   il Foro Italico è stato considerato fulcro e simbolo dello sport italiano. Da sempre questa Città dello sport è internazionalmente riconosciuta come sede principale di molteplici manifestazioni, non solo dedicate allo sport professionistico ma anche giovanile, come per le scuole dello sport che scelgono il Foro quale cornice per la promozione;

   attualmente, il complesso del Foro italico dispone di tre piste olimpiche di atletica, tre stadi, sette piscine, di cui due coperte e cinque scoperte, undici campi da tennis, un campo di calcio, un maneggio, sale convegni, palestre e attrezzature e intorno all'area trovano collocazione nell'area dell'Acqua Acetosa altrettanti impianti di allenamento e di gara;

   il Foro Italico è stato progettato da grandi architetti italiani del calibro di Enrico Del Debbio, Costantino Costantini, Luigi Moretti, Mario Paniconi, Giulio Pediconi e da grandi artisti come Gino Severini, Angelo e Silvio Canevari, Giulio Rosso e Achille Capizzano, al cui genio si deve la straordinaria capacità di armonizzare perfettamente architettura, natura e sport;

   l'area scelta per la realizzazione della città dello sport è la zona a nord di Roma, adagiata tra le colline di Monte Mario, i colli della Farnesina e il fiume Tevere. La natura della zona era in origine depressa; infatti, il terreno risultava paludoso. Questa caratteristica consentì la costruzione degli impianti di gioco a invaso incavato nel terreno, motivo per cui il piano di campagna originale fu alzato di oltre 5 metri, bonificando tutta l'area;

   in seguito alla realizzazione del Parco l'area venne vincolata a verde perenne e questo regalò alla Capitale e alla nazione uno dei più vasti e qualificati polmoni attrezzati;

   oggi come allora il Foro italico è teatro di sport di vertice e di base, di cultura e intrattenimento coesistendo impianti di allenamento e gara con spazi ricreativi, in perfetta armonia;

   tale equilibro armonico, a parere degli interpellanti, rischia di essere incrinato da un progetto di cui si discute da tempo per la progettazione di «una struttura mobile per coprire il campo Centrale del tennis», come annunciato dal presidente del Coni Giovanni Malagò durante la conferenza stampa di chiusura degli Internazionali d'Italia del 2016;

   a conferma del citato progetto, il sottosegretario per i beni e le attività culturali e per il turismo, Gianluca Vacca, in risposta ad un'interrogazione del primo firmatario del presente atto, presentata il 10 luglio 2020, riferiva dell'esistenza di un tavolo tecnico tra Campidoglio, Coni e Soprintendenza speciale archeologia belle arti e paesaggio di Roma, «per predisporre un Protocollo d'intesa volto alla riqualificazione estetico funzionale» dello stadio centrale del tennis al Foro Italico;

   il tavolo tecnico ha portato all'emanazione di un bando di concorso internazionale definito da apposito disciplinare per l'individuazione del progetto di copertura la cui assegnazione apparirebbe imminente;

   tale progetto, giustificato da inesistenti esigenze sportive, appare agli interpellanti motivato solo da interessi commerciali e contrasta totalmente con il nulla osta dato nel 2008 dalle autorità competenti per rendere possibile la realizzazione dell'attuale struttura ospitante il Campo centrale di tennis, prescrittivamente «temporanea e interamente smontabile», infatti realizzata in travi d'acciaio e bulloni;

   tale prescrizione ha fortemente condizionato l'architettura, obbligando progettisti e imprese a utilizzare solo travi d'acciaio e bulloni con un impatto visivo sui marmi bianchi e le statue neoclassiche del Foro italico devastante, giustificato solo dalla previsione di rimozione e possibile trasferimento ovvero dall'indizione di un concorso internazionale di progettazione per riallineare il Centrale del tennis agli altri impianti, originari e recenti (come lo Stadio del nuoto realizzato per le Olimpiadi del 1960) con sistema in cavea –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se e quali iniziative di competenza intenda assumere per tutelare il patrimonio di architettura razionalista del Parco del Foro Italico, salvaguardare il connubio di architettura e natura che finora sono coesistite in quest'area delicata della Capitale, attivandosi affinché la Società «Sport e Salute» provveda alla rimozione della struttura temporanea realizzata nel 2008 e indìca un concorso internazionale per realizzare l'impianto definitivo del Centrale ma nel rispetto delle scelte urbanistiche fatte all'epoca, con impianti in cavea e nessun ostacolo visivo che impatti su Monte Mario e sul fiume Tevere.
(2-01009) «Rampelli, Lollobrigida».

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRAGOMELI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, cosiddetto decreto Rilancio, consente, per le spese sostenute negli anni 2020 e 2021, di usufruire di alcune detrazioni fiscali in materia edilizia ed energetica (in prevalenza, aventi forma di detrazione dalle imposte sui redditi) sotto forma di crediti di imposta o sconti sui corrispettivi, cedibili ad altri soggetti, comprese banche e intermediari finanziari, in deroga alle ordinarie disposizioni previste in tema di cedibilità dei relativi crediti;

   ai sensi del comma 2, lettera a), del citato articolo 121, le norme suddette si applicano agli interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui all'articolo 16-bis, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

   in particolare, il citato articolo 16-bis richiama al comma 1, lettera a), gli interventi sulle parti comuni di edificio indicati alle lettere a), b), c) e d) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, ovvero rispettivamente: a) interventi di manutenzione ordinaria, b) interventi di manutenzione straordinaria, c) restauro e di risanamento conservativo e d) interventi di ristrutturazione edilizia;

   mentre prevede, alla lettera b), gli interventi sulle singole unità immobiliari individuati dalle medesime lettere b), c) e d);

   l'articolo 41-ter della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante il testo unico Iva, attribuisce l'aliquota Iva al 4 per cento per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto aventi ad oggetto la realizzazione delle opere direttamente finalizzate al superamento o alla eliminazione delle barriere architettoniche;

   la circolare n. 57/E del 1998 ha chiarito che le opere direttamente finalizzate all'eliminazione delle barriere architettoniche riguardano diverse categorie di lavori tra i quali gli interventi di natura edilizia più rilevante e più nello specifico «(...) il rifacimento o l'adeguamento di impianti tecnologici (servizi igienici, impianti elettrici, citofonici, impianti di ascensori), gli interventi di natura edilizia più rilevante, quali il rifacimento di scale ed ascensori, l'inserimento di rampe interne ed esterne agli edifici e di servoscala o piattaforme elevatrici» –:

   in relazione alla lettura coordinata delle norme e delle circolari esplicative, se il Ministro interrogato ritenga utile adottare iniziative volte a chiarire che la cessione del credito ai sensi dell'articolo 121, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2020 si applica anche alle prestazioni, con Iva al 4 per cento, di servizi dipendenti da contratti di appalto aventi ad oggetto la realizzazione delle opere direttamente finalizzate al superamento o alla eliminazione delle barriere architettoniche.
(5-04996)

Interrogazione a risposta scritta:


   ALEMANNO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo del 20 giugno 2005, n. 122, in tema di «Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210» istituisce, tra le altre cose, presso il Ministero dell'economia e delle finanze il Fondo di solidarietà per gli acquirenti di beni immobili da costruire, di seguito denominato: «Fondo»;

   il Fondo viene istituito al fine di assicurare un indennizzo, nell'ambito delle risorse dello stesso, agli acquirenti che, a seguito dell'assoggettamento del costruttore a procedure implicanti una situazione di crisi, hanno subito la perdita di somme di denaro o di altri beni e non hanno conseguito il diritto di proprietà o altro diritto reale di godimento su immobili oggetto di accordo negoziale con il costruttore, ovvero l'assegnazione in proprietà o l'acquisto della titolarità di un diritto reale di godimento su immobili da costruire per iniziativa di una cooperativa;

   la gestione del Fondo è attribuita alla Consap – concessionaria di servizi assicurativi pubblici s.p.a., che vi provvede per conto del Ministero dell'economia e delle finanze sulla base di apposita concessione, approvata con decreto del medesimo Ministero;

   ai sensi del comma 4 dell'articolo 18 del citato decreto legislativo n. 122 del 2005, Consap, nello svolgimento dell'attività istruttoria per l'accesso al Fondo, al fine di determinare criteri di valutazione uniformi in merito a situazioni e documentazioni ricorrenti, può acquisire il parere di un apposito comitato, costituito con il decreto di cui al successivo comma 6 del citato articolo 18, composto da rappresentanti del Ministero della giustizia, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dello sviluppo economico e delle categorie interessate;

   nel nostro Paese, ci sono migliaia di cittadini che sono stati danneggiati dall'insolvenza delle imprese costruttrici, e a tal proposito, l'interrogante denuncia una carenza del meccanismo sanzionatorio rispetto al mancato versamento dell'indennizzo da parte di Consap, a causa di danni o di mancati versamenti del dovuto da parte dei costruttori –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per sostenere i cittadini che, oltre al danno derivante dalla perdita delle somme anticipate per l'acquisto dell'immobile e dall'impossibilità di conseguire la proprietà di quest'ultimo, subiscono anche la beffa di non ricevere l'indennizzo previsto da parte di Consap.
(4-07480)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe ha denunciato la carenza di fondi stanziati dal Governo a favore della polizia Penitenziaria;

   «Grave il mancato stanziamento da parte del Governo di fondi necessari a predisporre le opportune misure di tutela a favore di Polizia penitenziaria. – ha dichiarato – Da tempo il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE sollecita il Governo, per il tramite del Ministero della Giustizia, a predisporre adeguati interventi a tutela delle donne e degli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria, in servizio nella prima linea delle Sezioni detentive 24 ore al giorno e di tutti gli operatori penitenziari. Interventi che sono diventati indispensabili a fronte degli ultimi dati che vedono contagiati 448 detenuti e 574 tra poliziotti e impiegati. E invece apprendiamo che da uno stanziamento governativo di 68 milioni di euro a favore delle Forze di Polizia nel decreto Ristori a rimanere "a secco" è il Corpo di Polizia Penitenziaria per cui non è previsto alcuno stanziamento. È gravissimo. Chiedo un immediato tavolo di confronto con il Ministro Guardasigilli Alfonso Bonafede affinché interceda presso l'Esecutivo Conte per sanare con urgenza questa assurda disparità»;

   il crescente aumento di positivi tra detenuti e poliziotti nelle nostre carceri, per adulti e minori, evidenzia che non si deve affatto abbassare la guardia, ma è auspicabile che si adottino le opportune cautele. La promiscuità nelle celle può favorire la diffusione delle malattie, specie quelle infettive;

   se si considera che un terzo della popolazione detenuta è straniera, autorevoli consessi impegnati nella sanità in carcere, come la SIMSPe, hanno constatato che con il collasso di sistemi sanitari esteri e con il movimento delle persone, si riscontrano nelle carceri tassi di tubercolosi latente molto più alti rispetto alla popolazione generale;

   per il Sappe, dunque, «è indispensabile monitorare costantemente la questione e per questo il Governo deve predisporre ogni utile intervento a tutela dei poliziotti e degli altri operatori — penitenziari, a cominciare dallo stanziamento di fondi ad hoc per fronteggiare la grave situazione» –:

   se siano previste iniziative per provvedere con urgenza allo stanziamento di risorse a favore della polizia penitenziaria;

   quali siano i protocolli per le misure di prevenzione adottati a favore degli agenti della polizia penitenziaria.
(4-07483)


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   martedì 27 ottobre 2020, il Garante della regione Campania delle persone private della libertà personale, Samuele Ciambriello, e il Garante del comune di Napoli, Pietro Ioia, hanno fatto visita alla casa circondariale di Napoli-Poggioreale;

   in seguito all'incontro avvenuto con il direttore, Carlo Berdini, il comandante e i responsabili sanitari, i Garanti sono stati informati sul numero dei contagiati dal virus Sars Covid-19 presenti in Istituto;

   ben quattro nuovi casi sono stati registrati, tre uomini entrati subito dopo l'arresto ed un quarto detenuto del padiglione Roma;

   la diffusione tramite mass media della notizia relativa all'aumento dei contagi nell'istituto di pena, unita alle dichiarazioni rese dai Garanti in ordine alle carenze del sistema carcerario quali il sovraffollamento e la fatiscenza delle strutture, ha immediatamente allarmato i familiari dei ristretti che, come riportato da organi di stampa, preoccupati per la salute dei propri cari hanno organizzato una fiaccolata di protesta all'esterno delle mura carcerarie;

   già nei primi giorni di marzo, l'imprudente e parziale divulgazione dei drammatici dati relativi al propagarsi del virus all'interno delle mura carcerarie, ha contribuito a causare i noti episodi di violenza che hanno coinvolto numerosi istituti di pena del territorio nazionale; i detenuti terrorizzati dalle notizie relative al propagarsi del virus e dalle limitazioni cui sarebbero andati incontro, hanno devastato le strutture carcerarie e generato il caos;

   l'emergenza sanitaria legata alla seconda ondata dei contagi in uno al ricordo ancora vivo delle drammatiche sommosse di marzo, ad avviso dell'interrogante avrebbero dovuto indurre i Garanti dei detenuti campani ad adottare uno stile più cauto, evitando la fuoriuscita di notizie «sensibili» che potrebbero solo generare tensioni, paura ed allarmismo con evidenti e gravi ripercussioni sulla gestione dell'organizzazione penitenziaria;

   la superficialità, con cui secondo l'interrogante, determinate informazioni sarebbero state divulgate, infatti, potrebbe generare nuove sommosse e mettere a repentaglio l'incolumità non solo dei detenuti ma anche degli agenti di polizia penitenziaria, che, al netto delle verifiche e dei sopralluoghi degli organi competenti, nonostante difficoltà del sistema carcerario e l'emergenza sanitaria in atto, continuano ad adempiere al loro dovere con zelo e spirito di abnegazione, rischiando finanche la vita;

   l'azione dei Garanti delle persone private della libertà personale ha lo scopo di individuare eventuali criticità e, in un rapporto di collaborazione con le autorità responsabili, trovare soluzioni per risolverle; inoltre, per ciò che attiene a un'attività ispettiva, il Garante, l'ufficio, i componenti dell'ufficio e tutti i soggetti che a qualsiasi titolo collaborino con il Garante nelle attività istituzionali si attengono, tra gli altri, al principio «di segretezza su attività istruttoria, informazioni e documentazione acquisite nel corso delle visite istituzionali e nello svolgimento degli altri compiti del Garante» e al principio «di riservatezza sugli esiti delle visite di cui all'articolo 3 del Codice, fino alla loro pubblicazione sul sito internet del Garante» come stabilito dall'articolo 4 lettera c) e d) del Codice di autoregolamentazione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se e quali iniziative intenda adottare al fine di verificare il quadro delle competenze del Garante delle persone private della libertà personale ai vari livelli territoriali, anche in relazione alla diffusione a mezzo stampa o mass media di notizie «sensibili» apprese durante l'espletamento delle proprie funzioni, valutando la possibilità di assumere iniziative normative in materia, anche al fine di assicurare un maggior coordinamento con le autorità responsabili della gestione delle carceri e delimitare la possibilità di diffusione di notizie quali quelle richiamate quando vi sia il fondato motivo che la diffusione delle stesse possa porre in pericolo l'incolumità della sicurezza pubblica, comunque per prevenire nuove rivolte all'interno degli istituti di pena.
(4-07495)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con una nota congiunta al dirigente del Centro giustizia minorile Piemonte Liguria e Valle d'Aosta del 12 novembre 2020, le principali organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria hanno chiesto di fare luce su quanto sta accadendo nelle ultime settimane all'I.P.M. «F. Aporti» di Torino;

   l'istituto torinese, dichiarano le organizzazioni sindacali, è ultimamente teatro di continue e sistematiche aggressioni ai danni di agenti di polizia penitenziaria, non ultima quella perpetrata il 09 novembre 2020 da un minore di origini tunisine che ha cagionato prognosi dai sei agli undici giorni a un agente di polizia penitenziaria aggredito e ad altri due dei poliziotti intervenuti per bloccare il detenuto il quale, senza apparente motivo, prima ritardava il rientro in cella e poi aggrediva l'agente di polizia penitenziaria, dando in escandescenza e addirittura togliendosi la maglietta come se stesse sul ring;

   il tutto avveniva nell'indifferenza generale, quasi nella derisione nei confronti degli agenti aggrediti, che sono stati costretti a recarsi al pronto soccorso a fine turno;

   pochi giorni prima, un altro poliziotto, tuttora in prognosi, era stato preso a pugni per il semplice fatto di svolgere il suo dovere richiamando all'ordine i detenuti ed, ancora, un altro agente è stato raggiunto da un pugno per fortuna senza conseguenze;

   i sindacati denunciano che innumerevoli sono i tentativi, da parte dei detenuti, di creare situazioni potenzialmente violente, cercando la rissa verbale ed il corpo a corpo;

   il problema è divenuto serio e incontrollato. Secondo i sindacati i detenuti probabilmente hanno percepito una grande falla del sistema delle tutele per la polizia penitenziaria e hanno ben capito che gli agenti, all'interno dell'istituto, non hanno difese né tutele in nessuna condizione;

   al Ferrante Aporti, a parere delle organizzazioni sindacali, i troppi messaggi contradditori della direzione generano «caos» e delegittimazione del personale di polizia penitenziaria, che sembrerebbe essere «umiliato» per l'assenza di provvedimenti concreti verso i detenuti;

   i detenuti sembrerebbero agire in tale modo perché impuniti. Per questo i sindacati chiedono a gran voce che l'azione disciplinare abbia il suo corso affinché i detenuti rispettino le regole interne, a garanzia dell'ordine e della sicurezza –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo per la tutela del personale della polizia penitenziaria in servizio all'I.P.M. «F. Aporti» di Torino.
(4-07498)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   GAVA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in Italia sono oggi presenti più di 4.500 passaggi a livello sulla rete ferroviaria, l'attraversamento dei quali è regolato dall'articolo 147 del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285);

   i passaggi a livello si caratterizzano per la presenza di apparecchiature elettromeccaniche a protezione dei punti di attraversamento, che sono regolate da apparati delle stazioni o da automatismi gestiti dal treno in avvicinamento, presegnalato in forma sonora e visiva;

   a Sacile (PN) è presente un passaggio a livello che interseca la strada statale 13 Pontebbana, impedendo temporaneamente la circolazione quando la ferrovia Gemona del Friuli-Sacile è interessata dal transito di convogli ferroviari;

   la chiusura del passaggio a livello, protraendosi sovente anche per più di venti minuti, produce innumerevoli disagi alla circolazione a causa delle lunghe code che si formano e che si riverberano, paralizzandola, sull'intera Pontebbana, in entrambi i sensi di marcia; a ciò si aggiungono i disagi tanto per gli automobilisti, specialmente nelle ore di punta, i quali accumulano inopinatamente ritardi rispetto alle mete da raggiungere (ad esempio la scuola o il posto di lavoro), quanto per i mezzi di soccorso, sistematicamente costretti – anche in servizio d'emergenza – ad attendere il passaggio del treno, ritardando il loro intervento a scapito della sicurezza;

   i disagi alla circolazione causati dal transito dei treni sulla ferrovia Gemona del Friuli-Sacile appaiono ingiustificati, considerato che la medesima ferrovia è da tempo sottoutilizzata, sia in termini di convogli ferroviari transitanti, che di passeggeri trasportati, anche perché la stessa ferrovia risulta di fatto incompleta e si ferma a Sacile;

   solo un maggiore utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria, magari per il transito di mezzi di trasporto rapido di massa, potrebbe giustificare – agli occhi dei cittadini – un'attesa dinanzi al passaggio a livello, visto anche il disincentivo ad utilizzare il trasporto autonomo che ne discenderebbe;

   negli ultimi tempi il passaggio a livello in questione è stato inoltre interessato da un malfunzionamento del congegno elettromeccanico, che ne ha impedito l'effettiva entrata in funzione, così mettendo evidentemente a repentaglio l'incolumità dei soggetti che attraversano l'intersezione –:

   se e quali iniziative di competenza intenda attivare:

    a) per provvedere, di concerto con Rete ferroviaria italiana le opportune ispezioni del passaggio a livello sito a Sacile (PN) sulla strada statale 13 Pontebbana, valutandone la sostituzione con uno di nuova generazione;

    b) per eliminare, ove possibile, il predetto passaggio a livello, a beneficio della circolazione sulla Pontebbana;

    c) per completare gli interventi sulla linea ferroviaria in questione, così da farla effettivamente giungere a Gemona e utilizzarla per il trasporto rapido di massa.
(4-07481)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la crisi istituzionale, politica ed economica del Venezuela si è progressivamente aggravata negli ultimi quattro anni sino a raggiungere livelli preoccupanti e destabilizzanti;

   l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha aggiornato nel settembre 2020 il suo rapporto sul Venezuela in cui ha annunciato che il regime di Maduro ha ucciso più di 2.000 persone tra gennaio e agosto 2020. Inoltre, secondo il rapporto, Maduro viola i diritti umani in ogni ambito della vita quotidiana. «Nei prossimi mesi, lo spazio civile e democratico deve essere protetto», ha detto Bachelet, alla luce delle elezioni parlamentari indette il 6 dicembre 2020 dal regime di Maduro;

   oltre, alla gravissima crisi politica ed economica, si è aggiunta la crisi sanitaria per il Covid-19 che si somma ad altre emergenze umanitarie preesistenti, come la crisi alimentare;

   il commissario Bachelet ha anche espresso, difatti, la sua preoccupazione per i discorsi stigmatizzanti delle autorità del Paese, che ritengono i cittadini che ritornano dall'estero responsabili dell'introduzione del coronavirus in territorio venezuelano;

   in questo complesso scenario, si inseriscono anche le esigenze burocratiche di circa tre milioni di venezuelani che hanno lasciato il Paese in questi anni, preoccupati per la propria incolumità;

   di questi, i moltissimi venezuelani attualmente presenti in Italia, hanno la necessità di prorogare – senza recarsi in Venezuela – la validità dei propri passaporti per ottenere il prolungamento del titolo di soggiorno sul territorio nazionale e non incappare, invece, in una situazione di irregolarità legata alla difficoltà nel rinnovo o della richiesta di un nuovo passaporto, quale, ad esempio, in ultima istanza, persino l'illegalità della permanenza;

   nel 2019, l'Assemblea nazionale venezuelana, ha prorogato la validità dei passaporti per altri cinque anni, oltre la loro scadenza e alcune nazioni, tra cui gli Stati Uniti e la Spagna, hanno già riconosciuto i passaporti scaduti come documenti validi per poter attivare iter burocratici di varia natura e sopperire ai gravi ritardi delle autorità venezuelane nel rinnovare o prorogare il passaporto –:

   se il Governo intenda adottare iniziative urgenti, per quanto di competenza, per riconoscere l'estensione dei documenti di viaggio scaduti dei migranti venezuelani, come documenti d'identità validi con finalità migratorie.
(5-04998)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   gli stranieri residenti nel comune di San Marzano sul Sarno al 31 dicembre 2019 sono 1.267 e rappresentano quasi il 12,0 per cento della popolazione residente;

   tali dati evidenziano il grande lavoro di accoglienza ed integrazione svolto dal comune salernitano, contraddistintosi negli anni per l'apertura alle culture diverse;

   l'impegno profuso per garantire il massimo inserimento, tuttavia, sovente viene compromesso e relativizzato da comportamenti violenti ed incivili posti in essere da una parte dei cittadini stranieri, che, evidentemente refrattari alle comuni regole del vivere civile e della pacifica convivenza, pongono in essere condotte pericolose per loro stessi e per gli altri cittadini;

   organi di stampa locale, infatti, più volte negli anni hanno denunciato la grave situazione di emergenza sicurezza che vive il centro storico di San Marzano sul Sarno (Sa);

   sovente, infatti, il centro della città diventa scenario di risse tra extracomunitari che, in stato di ebbrezza, litigano tra di loro, aggrediscono passanti e commercianti della zona, danneggiano il patrimonio pubblico e privato;

   tale grave situazione sta alimentando sentimenti di sconforto, paura e diffuso senso di insicurezza tra i cittadini di San Marzano sul Sarno che, per timore di imbattersi in taluna delle predette risse, evitano finanche di frequentare alcune zone della città ormai divenute «pericolose», in particolare durante le ore serali, autoimponendosi un coprifuoco «d'esigenza»;

   l'integrazione per attuarsi concretamente necessita del riconoscimento, dell'accettazione e del rispetto delle regole civili della società ospitante;

   è inaccettabile che comportamenti lesivi del vivere sociale posti in essere da taluni stranieri, incapaci a quanto pare di integrarsi, mortifichino non solo lo sforzo di una intera comunità che tenta di garantire la massima accoglienza possibile, ma incidono inevitabilmente anche sulla vivibilità e sulla fruibilità di intere zone della città;

   è necessario, dunque, incrementare l'organico delle forze dell'ordine e garantire maggiori presidi sul territorio locale, oltre che nazionale; tale intervento avrebbe, non solo, una efficacia repressiva, ma anche e soprattutto un concreto risvolto dissuasivo ed al contempo genererebbe una maggiore percezione di sicurezza nella cittadinanza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare al fine di ripristinare la massima sicurezza dei cittadini della città di San Marzano sul Sarno, così come nel resto d'Italia;

   se non intenda adottare iniziative per potenziare i presidi delle forze dell'ordine del predetto comune o comunque dell'Agro nocerino-sarnese, al fine di garantire la sicurezza e l'incolumità dei cittadini della zona.
(4-07488)


   BITONCI e STEFANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, a Padova, sono stati dati alle fiamme tre bar del centro a pochi minuti di distanza, nella notte di una città deserta a causa del coprifuoco determinato dalle misure di contenimento adottate dal Governo per l'emergenza sanitaria da Covid-19;

   nella centralissima piazza dei Frutti sono stati bruciati i tavolini e le tende esterne del bar dei Osei, poco dopo i pompieri sono dovuti accorrere in via degli Zabarella dove un analogo episodio si è verificato al Bar centrale, mentre un terzo cassonetto è stato dato alle fiamme a pochi metri dal Bar Cavour, nell'omonima piazza, e qui ad essere danneggiato è stato il bar «Paprika»;

   i danni, ovviamente, sono stati ingenti per i gestori dei bar e i negozi limitrofi, soprattutto in questo periodo in cui le attività commerciali della ristorazione sono letteralmente messe in ginocchio dalle misure restrittive adottate per il contenimento dell'epidemia, con ricavi già tagliati anche dell'80 per cento;

   grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza posizionate in una via pubblica non lontana dall'accaduto, la Questura di Padova ha identificato l'uomo senza fissa dimora, barcollante, che si allontanava dal bar in fiamme, peraltro un tossicodipendente e con svariati precedenti per furto, già noto alle Forze dell'ordine, perché gira per il centro storico chiedendo l'elemosina e, in passato, ha già ricevuto una serie di provvedimenti di fogli di via oltre che due «daspo» urbani;

   il fatto che si trattasse dell'uomo senza fissa dimora, probabilmente mosso al gesto piromane dal desiderio di vendetta per il fatto che venisse sempre allontanato dai bar della zona, ha tranquillizzato la cittadinanza e i gestori dei locali che non si trattasse, invece, di una protesta nei confronti delle chiusure dei bar o dei locali notturni determinate di decreti del Governo –:

   quali iniziative intenda adottare per garantire il rispetto dell'ordine e della sicurezza pubblica nei centri cittadini per evitare che episodi similari a quelli illustrati in premessa possano ripetersi, soprattutto se commessi da soggetti con precedenti noti alle forze di polizia, a maggior ragione in questo periodo di coprifuoco in cui dopo le ore 18 i centri-città si svuotano.
(4-07491)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa riportano la notizia dell'ennesimo episodio di violenza verificatosi, questa volta, a Borgo Sant'Antonio, a Napoli, dove un gruppo di nigeriani avrebbe aggredito alcuni agenti della polizia di Stato;

   sembrerebbe, più precisamente, che, durante il servizio di controllo del territorio, alcuni uomini dell'ufficio prevenzione generale e del commissariato Vicaria-Mercato, si sarebbero recati in Via Michele Morelli dove era stato segnalato lo svolgimento di una festa non autorizzata con la presenza di numerose persone;

   giunti sul posto, i poliziotti, entrati in una grande sala al pianterreno di un edificio, avrebbero rilevato la presenza di circa 200 persone che non rispettavano il distanziamento sociale e non indossavano i dispositivi di protezione individuale, in totale spregio delle normative nazionali per il contenimento della diffusione del virus Covid-19;

   come riferito dalla questura, decine di persone avrebbero aggredito le forze dell'ordine per impedire il loro intervento, procurando lesioni a ben otto agenti oltre che il danneggiamento a tre autovetture di servizio;

   tra i protagonisti della violenta aggressione venivano identificati e tratti in arresto per i reati di lesioni, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato, diversi soggetti di nazionalità nigeriana, di cui alcuni con precedenti di polizia e senza permesso di soggiorno;

   il grave episodio di violenza sopra riportato, unito alle altre innumerevoli sommosse di immigrati ospiti nelle strutture dislocate sul territorio nazionale, è conseguenza diretta delle inadeguate scelte politiche adottate dal Governo che – nonostante gli allarmanti dati sul numero di reati commessi dagli immigrati in Italia ed in particolare modo da quelli irregolari, e le evidenti interconnessioni tra il fenomeno dell'immigrazione ed il terrorismo– continua secondo l'interrogante, ad abdicare ad una gestione seria ed oculata dei flussi migratori, propagandando l'accoglienza indiscriminata;

   sin dall'inizio dell'emergenza sanitaria – che, come è ben noto, ha imposto un radicale cambiamento dello stile di vita degli italiani – si è assistito, senza soluzione di continuità, ad episodi di violazione delle disposizioni governative da parte di extracomunitari irregolarmente presenti sul nostro territorio, che, non curanti dei divieti e degli sforzi degli italiani, hanno continuato a violare le normative nazionali;

   il reiterarsi di tale annoso problema, richiede, un intervento urgente oltre che doveroso, da parte del Governo finalizzato ad affrontare efficacemente la gestione del fenomeno dell'immigrazione che, in questa fase storica, oltre ad impattare sull'ordine pubblico e l'incolumità delle forze dell'ordine e dei cittadini, va ad intersecarsi anche con l'emergenza sanitaria;

   è doveroso, pertanto, adottare politiche maggiormente severe e restrittive accompagnate da sanzioni concrete ed efficaci che fungano da deterrente per la commissione di ulteriori e più gravi reati –:

   se il Ministro dell'interno sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per rafforzare la gestione, il controllo e la prevenzione del fenomeno della immigrazione irregolare, al fine di garantire la maggiore sicurezza dei cittadini e delle forze dell'ordine, e, in particolare, se non intenda intervenire al fine di dare esecuzione ai decreti di espulsione;

   quali iniziative anche di carattere normativo intenda adottare al fine di prevedere, tra le cause di espulsione amministrativa di cui al testo unico dell'immigrazione, anche le violazioni delle disposizioni anti-Covid e, se il Governo non intenda agire anche sul piano internazionale, anche mediante accordi bilaterali, affinché gli immigrati condannati scontino sempre più le relative pene nella Nazione di provenienza.
(4-07496)

ISTRUZIONE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, per sapere – premesso che:

   l'emergenza da Covid-19 e il conseguente ricorso allo strumento della didattica a distanza hanno cambiato notevolmente le modalità con cui gli studenti e i loro docenti stanno affrontando l'anno scolastico, seppur tra mille difficoltà legate soprattutto alla mancanza di dispositivi elettronici sufficienti e di connessioni internet stabili e capillari nel Paese, su cui il Governo, ad avviso dell'interpellante, non ha agito sufficientemente in questi mesi;

   come dimostra l'ulteriore stanziamento di 85 milioni di euro contenuto nel decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 a seguito di una rilevazione sui fabbisogni delle scuole, conclusasi il 1° settembre 2020, in cui risulta che le scuole necessitano ancora di 283.461 pc e di circa 330 mila studenti privi di connessione;

   l'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo d'istruzione dell'anno scolastico 2019/2020 si è svolto senza aver fornito simulazioni della prova d'esame ma soprattutto senza la tempestiva comunicazione delle modalità della prova d'esame per tempo, lasciando nell'inquietudine sia la componente studentesca che la componente del personale docente;

   a parere dell'interrogante è doverosa la comunicazione per tempo delle modalità d'esame di maturità da parte del Ministro competente, prevedendo anche differenti modalità dello stesso, valutando i diversi scenari di sviluppo della pandemia e la conseguente possibilità di avvalersi delle lezioni in presenza;

   la preoccupazione è grande tra gli studenti dell'ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado per la necessaria preparazione in vista dell'esame conclusivo del secondo ciclo d'istruzione –:

   se il Ministro interpellato ritenga opportuno fornire immediate indicazioni e rendere noti, modalità e criteri d'accesso all'esame di maturità 2021 e, allo stesso tempo, adottare iniziative per prevedere la divulgazione delle modalità delle modalità delle prove d'esame, affinché gli studenti e i docenti possano orientare al meglio i prossimi mesi di studio.
(2-01007) «Toccalini, Belotti, Colmellere, De Angelis, Maturi, Patelli, Racchella, Sasso».

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   la gestione dell'emergenza Covid-19 nelle scuole ha messo a nudo tutti i limiti della mancanza di una pianificazione centrale in termini di protocolli per la sicurezza di docenti ed alunni e in termini di gestione delle modalità didattiche;

   ad un estremo, ci sono scuole che hanno insistito per lungo tempo con la didattica in presenza. All'altro, ci sono scuole che hanno spinto verso la didattica a distanza. Nel mezzo, una infinita serie di combinazione delle due forme. Tutto questo ha contribuito a generare caos nelle famiglie e negli studenti, rendendo difficile anche una corretta pianificazione didattica;

   a questo si aggiunga che il continuo mutare delle forme di didattica ha reso più che vani i tentativi di adeguare strutture e supporti alle esigenze didattiche. Basti pensare alla penosa vicenda dei banchi a rotelle che, neanche il tempo di essere distribuiti a tutti, sono diventati obsoleti per via della sopravvenuta esigenza di virare verso la didattica a distanza;

   questo di mostra, ad avviso dell'interrogante, tutta l'impreparazione politica ed amministrativa, nonché la mancanza di visione del Ministro interrogato che, travolta dal continuo mutare dell'emergenza, fatica a indicare una direzione a oltre 50.000 scuole che attendono un suo cenno;

   per ovviare a tutto questo, il Ministro interrogato ha pensato di delegare agli uffici scolastici periferici il compito di indicare le modalità di gestione della didattica in caso di emergenza;

   oltre a questo scarico di responsabilità, rileva un'altra questione afferente alla didattica a distanza. In molti istituti, pur in assenza di studenti, i docenti sono costretti a cambiare stanza a seconda della lezione prevista in calendario. Questo comporta due ordini di problemi: il primo è quello della sanificazione delle postazioni ad ogni cambio d'ora, che praticamente non avviene; il secondo è quello afferente agli spostamenti che moltiplicano le occasioni di contagio dei docenti;

   in sedi vuote, sarebbe opportuno assegnare a ciascun docente una postazione fissa da cui connettersi, al fine di minimizzare le occasioni di contatto;

   in momento storico in cui tutto il mondo del lavoro pubblico e privato ricorre sempre più strutturalmente al telelavoro, appare illogico che gli insegnanti non impiegati in lezioni di laboratorio, che richiedono necessariamente luoghi attrezzati all'uopo, continuino a doversi recare in sede anche se dotati di tutti gli strumenti utili per fare lezione dal proprio domicilio;

   vale la pena ricordare che, dal 2016, i docenti ricevono un contributo per l'aggiornamento culturale ed informatico del valore di 500 euro, tra cui rientra l'acquisto di servizi di connettività per la didattica a distanza;

   poiché sono anni che il Ministero supporta interventi propedeutici alla didattica a distanza, la vicenda secondo l'interrogante assume caratteri ancora più grotteschi –:

   se il Governo intenda adottare protocolli di sicurezza unici per lo svolgimento uniforme delle attività didattiche sull'intero territorio nazionale;

   se il Governo intenda adottare iniziative per prevedere il telelavoro anche per gli insegnanti;

   se il Governo intenda emanare apposite linee guida per l'assegnazione a ciascun insegnante di un'aula fissa, al fine di minimizzare le occasioni di contagio.
(4-07486)


   MARROCCO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 del decreto-legge n. 126 del 2019 ha previsto l'indizione di un concorso straordinario per titoli ed esami per docenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado, finalizzata all'immissione in ruolo, che avrebbe dovuto essere bandito entro il 30 aprile 2020;

   in piena emergenza sanitaria da Covid-19 il Ministero, con D.D. n. 510 del 23 aprile 2020, ha emanato il bando che ha disciplinato e avviato la procedura concorsuale, indetta a livello nazionale e organizzata su base regionale, indicando inizialmente il 3 luglio 2020 quale data entro la quale presentare la domanda di partecipazione, successivamente posticipata al 15 luglio 2020;

   alla fine di luglio la Ministra, in un contesto pandemico completamente diverso da quello in cui è stata svolta la prova selettiva, ha comunque dichiarato che il concorso si sarebbe svolto a ottobre, nonostante le perplessità in merito espresse da molte parti, compresa la maggioranza e i sindacati, e da autorevoli fonti scientifiche, in considerazione della probabile recrudescenza dei contagi da Sars-Cov-2;

   le prove concorsuali hanno avuto inizio il 22 ottobre 2020, ma, come era stato ampiamente ipotizzato, il concorso straordinario è stato sospeso dopo neanche due settimane dall'inizio delle prove con nota del Ministero n. 1979 del 4 novembre, per effetto di quanto disposto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre che ha previsto la sospensione delle prove dei concorsi;

   nei giorni immediatamente successivi la Ministra ha comunicato che ha svolto le prove il 73 per cento dei candidati, annunciando una nuova calendarizzazione per coloro che non hanno potuto svolgerle;

   l'avvio delle prove concorsuali ha determinato lo spostamento di circa 70 mila persone in un momento in cui le indicazioni erano di evitare i movimenti sul territorio nazionale;

   il balletto di notizie che ha preceduto lo svolgimento della prova scritta, così come la decisione di sospenderlo, ha prodotto ripercussioni rilevanti sui candidati i quali hanno dovuto, in molti casi, sostenere ingenti spese sia per gli spostamenti (treno, aereo, traghetto) che per i pernottamenti, essendosi dovuti spostare nelle regioni per le quali stavano sostenendo la prova;

   tali costi in molti casi sono stati anche inutili, considerato che le prenotazioni sono state perse per lo scarso preavviso dato nella comunicazione della sospensione e che molti candidati non hanno potuto sostenere le prove per le quali si erano spostati;

   appare evidente che la volontà della Ministra di andare avanti con lo svolgimento del concorso, nonostante fosse prevedibile il peggioramento della situazione emergenziale, non ha in alcun modo tenuto conto dell'impegno di risorse che questo avrebbe chiesto alle persone che tale concorso avrebbero dovuto sostenere: personale docente già in servizio precario presso le istituzioni scolastiche statali, personale quindi che da anni partecipa a tenere in piedi il sistema scolastico italiano –:

   considerato che le prove concorsuali si svolgono con l'ausilio degli strumenti digitali e che non è previsto un rimborso spese per i candidati che partecipano a un concorso pubblico e tenuto anche conto della particolare situazione derivante dall'emergenza pandemica, se non ritenga di adottare iniziative per organizzare lo svolgimento di tutte le altre prove relative al concorso straordinario di cui in premessa in sedi territorialmente vicine ai luoghi di residenza dei candidati anche se relative a posti disponibili in altre regioni, al fine anche di garantire la sicurezza dei docenti che intendono parteciparvi e di non gravare detto personale di ulteriori spese, considerato anche il fatto che il personale in questione non sarà immesso in ruolo prima di settembre 2021 e che è possibile adottare una organizzazione alternativa a quella prevista.
(4-07492)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, è stata indetta una selezione pubblica per la ricerca delle professionalità necessarie ad organizzare l'avvio del reddito di cittadinanza (cosiddetto «navigator»);

   attualmente sono in servizio circa 2.700 navigator che hanno sottoscritto un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con Anpal Servizi s.p.a. il 30 luglio 2019 e fino al 30 aprile 2021;

   ai navigator spetta un compenso lordo annuo pari a 27.338,76 euro e oltre 300,00 euro mensili per il rimborso forfettario delle spese di viaggio, vitto e alloggio (non erogati durante i mesi di smart working);

   Anpal Servizi, fin dalla stipula del contratto, ha svolto un'intensa attività di formazione dei navigator sul reddito di cittadinanza e sulle politiche attive del lavoro in presenza, a distanza e con «Training on the job»;

   la convenzione tra Anpal e le regioni, per la gestione dei percettori del reddito di cittadinanza, terminerà il 31 dicembre 2022 –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interpellato riguardo all'imminente scadenza dei contratti stipulati ai circa 2.700 «navigator» dal Anpal Servizi;

   quali iniziative intenda porre in essere il Ministro interpellato per coadiuvare le regioni fino allo scadere della convenzione in caso di mancato rinnovo dei contratti succitati.
(2-01011) «Berardini, Colletti, De Girolamo, Rizzone, Grippa, Nappi, Del Sesto, Trano, Manzo, Martinciglio».

Interrogazione a risposta orale:


   BITONCI, DURIGON, CANTALAMESSA, CAVANDOLI, CENTEMERO, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, TARANTINO, CAFFARATTO, CAPARVI, GIACCONE, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MINARDO, MOSCHIONI, MURELLI, ANDREUZZA e BOLDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   aumentano le segnalazioni di protesta, in questi giorni, in merito all'interpretazione restrittiva da parte dell'Inps circa l'incumulabilità della pensione «quota 100» con il cosiddetto «bonus baby sitting-nonni»;

   l'articolo 14, comma 3, del decreto-legge n. 4 del 2019, si ricorda, prevede l'incumulabilità della pensione conseguita con i requisiti «quota 100» con i redditi da lavoro dipendente e autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui;

   l'articolo 72 del decreto-legge n. 34 del 2020, cosiddetto decreto-legge Rilancio, si rammenta, in considerazione del permanere della situazione di eccezionale gravità derivante dal contagio da Covid-19, intervenendo sugli articoli 23 e 25 del decreto-legge n. 18 del 2020, cosiddetto decreto-legge Cura Italia, in materia di specifici congedi per i dipendenti, aveva previsto il bonus per servizi di baby-sitting e per l'iscrizione ai centri estivi;

   con circolare n. 73 del 17 giugno 2020 l'Inps, nel dettare istruzioni in merito all'ambito soggettivo del bonus, alla misura ed alla incompatibilità dello stesso con il congedo specifico Covid-19 di cui al comma 1 dell'articolo 23 del decreto-legge n. 18 del 2020, ha chiarito che gli importi potevano essere «girati» anche ai familiari – e quindi ai nonni – purché non residenti sotto lo stesso tetto del nucleo familiare beneficiario;

   in altri termini, ritenendo il lavoro con voucher soggetto ai vincoli di subordinazione o di potere di coordinamento da parte del committente, esso diventa incompatibile, a norma di legge, con la pensione «quota 100»;

   purtroppo, a causa dell'emergenza da Covid-19, molte famiglie prive di baby-sitter di fiducia, nel panico e timore di ampliare i rischi di contagio per i propri figli e ritrovandosi di colpo in una situazione emergenziale di didattica a distanza e smart-working, hanno fatto ricorso ai nonni per sopperire alla necessità di accudimento di minori, i quali nonni ora si ritrovano destinatari di missive dell'Inps con ricalcolo della pensione e richiesta di restituzione di somme indebitamente percepite, il tutto in una surreale situazione emergenziale di necessità e liquidità –:

   se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, i Ministri intendano adottare con riguardo alle criticità esposte in premessa, nell'ottica di una più generale tutela delle famiglie e dei trattamenti pensionistici già irrisori.
(3-01895)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANZO, FARO, D'ORSO, SODANO, DEL SESTO, VILLANI, MARTINCIGLIO e BUOMPANE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 4-sexies del decreto-legge n. 34 del 2019 (Decreto crescita) modifica il comma 4 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 147 del 2017, introduce per il contribuente la possibilità di scegliere il calcolo dell'Isee in base ai dati dell'anno precedente (doppia opzione di calcolo);

   il decreto attuativo per l'adozione di tale norma non è stato ancora emanato, rendendo impossibile l'aggiornamento dell'Isee corrente con i dati patrimoniali mobiliari/immobiliari dell'anno 2019;

   l'Isee 2020 consente di inserire in fase di calcolo solo i redditi patrimoniali mobiliari ed immobiliari del 2018 e il mancato decreto attuativo non permette la modifica dei dati patrimoniali mobiliari/immobiliari al 2019 (Isee corrente) con grande disagio per i cittadini, soprattutto alla luce del difficile momento attraversato dalle famiglie italiane a causa della crisi economica dovuta all'emergenza da Covid-19;

   l'impossibilità di richiedere l'Isee corrente con i dati patrimoniali aggiornati al 2019 sta danneggiando un'ampia fetta di lavoratori, ad oggi disoccupati o con entrate ridotte a causa del Covid-19, i quali – seppur privi di qualsiasi altra forma di reddito – non possono accedere alle misure di sostegno economico previste dal Governo per far fronte all'emergenza, in quanto la loro situazione patrimoniale è definita in base ai dati patrimoniali immobiliari/mobiliari del 2018;

   per le ragioni sopra esposte, i suddetti lavoratori non possono accedere neanche alla misura del reddito di cittadinanza –:

   se siano al corrente dei fatti denunciati in premessa e nello specifico – vista la particolare condizione di precarietà vissuta da tanti lavoratori e dalle loro famiglie – quali siano i tempi per l'emanazione del decreto attuativo.
(4-07484)


   CARETTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come emerso a mezzo stampa, un percettore di reddito di cittadinanza su quattro ha trovato un impiego lavorativo, ma circa metà di quel quarto, a fine ottobre 2020, ha nuovamente perso il proprio impiego;

   secondo dati diffusi dall'Anpal, su 1.369.779 percettori di reddito di cittadinanza che hanno sottoscritto il patto per il lavoro, 352.068 beneficiari (il 25 per cento) hanno effettivamente trovato un impiego, ma di questi solo il 15,4 per cento ha stipulato un contratto a tempo indeterminato, il 4,1 per cento un contratto di apprendistato ed il restante 65 per cento un contratto a tempo determinato, nel resto dei casi sono stati rilevati contratti di collaborazione o intermittenti;

   il risultato è, come ammesso dal presidente di Anpal in audizione alla Camera in Commissione lavoro, che su 1.369.779 persone tenute a firmare il patto per il lavoro in quanto percettori del reddito di cittadinanza, solo 192.851 (meno del 15 per cento) al 31 ottobre 2020, hanno ancora un rapporto di lavoro attivo;

   per quanto attiene ai contratti a tempo determinato e di collaborazione, il 69,8 per cento dei rapporti di lavoro registrati ha avuto una durata media inferiore ai 6 mesi, il 20,9 per cento una durata compresa tra i 7 ed i 12 mesi e solo il 9,3 per cento ha superato la soglia dell'anno;

   i dati diffusi da Anpal, inoltre, delineano uno scenario di forte disparità tra nord e sud, dove, a fronte di una media nazionale del 25,7 per cento di percettori di reddito che ha trovato un impiego, in regioni del Centro-nord come Veneto (35,8 per cento), Emilia-Romagna (37 per cento), Lombardia (31,1 per cento), Provincia Autonoma di Trento (47,5 per cento) tale percentuale è sopra la media, mentre in regioni del Centro-sud come Campania (19 per cento), Sicilia (19,2 per cento) e Calabria (24,2 per cento) il dato è inferiore alla media nazionale;

   sempre in sede di audizione in Commissione lavoro, è stato quindi delineato come ci sarebbero 1,8 milioni di potenziali posti di lavoro per cui le aziende non riescono ad assumere poiché incapaci di trovare persone con le giuste competenze;

   tale fenomeno, come spiegato dal presidente stesso dell'Anpal è da ricondursi al cosiddetto «skill-gap», il divario tra le competenze possedute dalle persone in cerca di lavoro e quelle richieste dal mercato stesso;

   i dati rilasciati da Anpal non rendono possibile, inoltre, comprendere l'incidenza dei navigator nel trovare i predetti posti di lavoro, motivo per il quale è impossibile elaborare una effettiva valutazione della loro performance nel reinserimento dei percettori del reddito di cittadinanza nel mercato del lavoro;

   non essendo in ogni caso dimostrabile l'incidenza effettiva dei navigator sui pochi rapporti di lavoro stipulati dai percettori di reddito di cittadinanza. Il presidente di Anpal ne ha comunque rivendicato l'essenzialità e ha richiesto un ampliamento del loro ruolo, a fronte di un meccanismo non considerabile di successo;

   ad oggi i centri per l'impiego non hanno ancora un ruolo chiaro nella possibilità di fornire stimoli economici (come formazione specifica, sgravi contributivi, incentivi e facilitazioni), di svolgere attività di regia e di raccordo (brokeraggio tra imprese e lavoratori, modulazione del lavoro) e di garanzia delle regole d'ingaggio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per riformare i centri per l'impiego in modo radicale, anche alla luce delle evidenze di cui in premessa, anche mediante coinvolgimento delle aziende per colmare, ove possibile, il fenomeno dello skill-gap.
(4-07499)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza Covid ha svelato le priorità politiche dell'esecutivo giallorosso: soldi a pioggia alle associazioni di transessuali e gay; piccoli spiccioli, dopo lungaggini burocratiche, al cuore pulsante dell'Italia ossia artigiani, imprese e lavoratori;

   mentre circa 150 mila lavoratori aspettano ancora il sussidio di cassa integrazione, l'Inps non ha ancora colmato i ritardi, il dipartimento Pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri stanzia 8 mila e 900 euro per un'associazione, «Movimento Identità Trans», un'associazione che si batte per la difesa dei diritti delle prostitute;

   il finanziamento governativo servirà per curare alcuni seminari nell'ambito del festival Internazionale Cinema Trans che si terrà a Bologna dal 19 al 29 novembre 2020. Quasi 9 mila euro spesi per organizzare convegni che, ai sensi delle normative vigenti, possono essere tenuti solo a distanza;

   in pieno Covid, con l'Italia tramortita da una crisi sociale ed economica, l'esecutivo si preoccupa di finanziare il festival dei transessuali e, soprattutto, lezioni promosse da associazioni legate a doppio filo con ambienti della sinistra radicale;

   l'affidamento è stato firmato dai funzionari di Palazzo Chigi il 5 ottobre 2020;

   tra le categorie destinate di risarcimenti economici previsti nel cosiddetto secondo «decreto Ristoro» figurano anche sexy shop e agenzie di accompagnatrici;

   essendo una questione di priorità, il Governo ha preferito definanziare o non finanziare alcuni settori ritenuti evidentemente meno strategici per l'economia nazionale rispetto all'industria del cinema trans;

   è stato abrogato il fondo di 100 milioni di euro di contributi a fondo perduto per le imprese agricole danneggiate dalle restrizioni degli ultimi mesi;

   restano fuori dagli indennizzi anche imprese di calzature e accessori, abbigliamento in pelle, pellicce, cappelli, ombrelli, guanti e cravatte;

   sono escluse anche le popolazioni colpite dal terremoto dal sisma del 2016;

   in un contesto di crisi economica come quello attuale, sarebbe stato più opportuno destinare attenzioni e risorse alle donne lavoratrici che faticano a conciliare vita e lavoro e che questa pandemia rischia di spingere fuori dal circuito lavorativo a tutto detrimento della stabilità delle famiglie italiane –:

   quali siano le motivazioni dello stanziamento addotto e per quali ragioni la spesa preventivata è stata ritenuta congrua rispetto a eventi da tenersi necessariamente on line.
(3-01896)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUBISUTTI, GAVA, PANIZZUT, MOSCHIONI, VIVIANI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOSS, MANZATO e PATASSINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   i Consorzi agrari rappresentano un momento di aggregazione sociale e produttiva e anche una struttura commerciale dove acquistare mezzi tecnici o a cui cedere i propri prodotti nonché importante punto di riferimento per l'agricoltura;

   nel 2017 parte un progetto di aggregazioni di alcuni Consorzi agrari; a questo progetto aderisce un gruppo di 6 consorzi quali: Consorzio agrario Nord-est, Consorzio agrario Terre padane, Consorzio agrario Adriatico, Consorzio agrario Tirreno e Consorzio agrario Centro-sud e Bonifiche ferraresi (BF);

   a settembre 2019 viene diffusa la time table che detta la scaletta di tutte le attività da svolgere a cura dei consigli di amministrazione dei Consorzi agrari, di Bonifiche ferraresi, delle banche, ivi comprese la sottoscrizione di patti parasociali e accordi di investimento;

   i consigli di amministrazione dei Consorzi agrari cominciano a deliberare i conferimenti degli asset, in parte nella società operativa Cai srl e in parte nella società immobiliare Cai real estate; i consigli di amministrazione, però, non hanno competenza nel conferire l'intera azienda, ma spetta farlo all'assemblea dei soci, e la fusione eliminerebbe l'autonomia e l'indipendenza dei Consorzi agrari aderenti;

   aderiscono 4 consorzi che deliberano i conferimenti (tra questi, qualcuno in enorme difficoltà, altri piccoli); per quanto riguarda il Consorzio agrario Nord-est, il più grande dei Consorzi agrari, il 20 di aprile 2020, dopo una prima delibera negativa del consiglio di amministrazione, ne segue una seconda dalla quale scaturisce la necessità di acquisire pareri legali sul percorso; successivamente una terza convocazione porta ad una delibera unanime di non conferire l'azienda alle società Cai srl – successivamente diventerà società per azioni – Cai real estate, ma di creare un'autonoma società di capitali con Bonifiche ferraresi;

   a seguito di ciò, anche i Consorzi agrari che avevano aderito inizialmente dovettero assumere nuove delibere; il 24 luglio 2020 viene realizzato lo schema iniziale che risulta certamente molto ridimensionato;

   l'operazione realizzata fa sì che ciascuno dei consorzi aderenti risulti titolare di 2 partecipazioni: una alla Cao spa e l'altra alla Cai real estate, rinviando a queste la gestione delle attività, dell'operatività e l'amministrazione e la cessione dei beni immobiliari;

   quasi tutti i Consorzi agrari operanti in Italia aderiscono alla Società consortile consorzi agrari s.c.p.A. (S.C.C.A.), che è stata il motore del progetto e partecipa anche direttamente alle società Cai spa e Cai real estate;

   in merito alla Cai spa, territorialmente parlando, si nota che non vi è una vicinanza geografica tra realtà oggetto di conferimento, ma, ad avviso degli interroganti, essa è la mera sommatoria delle attività rese e del personale che operava. Infatti, non risulta essere stato interessato, ad esempio, il Consorzio agrario Umbria che colmerebbe un vuoto geografico;

   è anche vero che a molti Consorzi agrari, sofferenti sotto il profilo finanziario ed economico, questo progetto permetterebbe di recuperare forme di efficienza e consolidamento delle strutture, ma si possono evidenziare notevoli difficoltà operative, anche per la mancanza di un dettagliato piano organizzativo;

   ai Consorzi agrari non risulta essere stato presentato un piano strategico generale, affinché questi potessero valutare l'interesse reale e concreto all'adesione richiesta, nonché un relativo piano industriale;

   le richieste di adesione stanno creando non pochi problemi ai Consorzi agrari di diverse regioni per la complessità e delicatezza dell'operazione che sarebbe irreversibile –:

   se siano a conoscenza, per quanto di competenza, della situazione esposta in premessa e delle reali motivazioni e logiche che hanno portato alla richiesta di adesione dei Consorzi agrari al nuovo soggetto senza aver prima presentato un piano industriale di dettaglio che evidenzi i benefici della operazione;

   quali possano essere gli effettivi vantaggi economici per gli agricoltori se alcune attività non sono ad oggi nemmeno realizzate da Cai spa ma da società terze;

   se corrisponda al vero che Cassa depositi e prestiti si sarebbe impegnata in favore della nuova società.
(5-04999)

SALUTE

Interpellanza:


   Le sottoscritte chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   nonostante l'emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del virus Covid-19 abbia messo a dura prova le strutture sanitarie e di ricovero del nostro Paese e, allo stato, alcune regioni lamentino il collasso di numerosi presidi ospedalieri sia per la carenza di posti letto e di ricovero nei reparti di terapia intensiva sia per l'esiguo numero di medici specializzati, infermieri e personale sanitario, il bando «per l'approvvigionamento di lavori e servizi tecnici destinati alle strutture sanitarie impegnate in prima linea sull'emergenza» è stato pubblicato a distanza di cinque mesi dall'emanazione del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, con il quale il Ministero aveva chiesto alle regioni di «garantire l'incremento di attività in regime di ricovero in terapia intensiva, rendendo strutturale la risposta all'aumento significativo della domanda di assistenza», stanziando a tal fine le risorse necessarie;

   il 2 ottobre 2020 il commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19, dottor Domenico Arcuri, ha bandito la procedura di gara di massima urgenza «per l'approvvigionamento di lavori e servizi tecnici destinati alle strutture sanitarie impegnate in prima linea sull'emergenza»;

   la procedura di gara prevede in tutto 1.044 interventi con un valore complessivo di oltre 713 milioni di euro che saranno eseguiti in 457 ospedali diversi, facenti capo a 176 aziende del servizio sanitario nazionale, con l'obiettivo (tra gli altri) di rafforzare e incrementare le terapie intensive dove la scarsità di attrezzature e postazioni aveva già scatenato panico nella fase iniziale della pandemia;

   la gara è stata bandita sulla base dei piani di riorganizzazione presentati da tutte le regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano e approvati dal Ministero della salute;

   il bando prevede l'incremento di 3.443 posti letto di terapia intensiva e di 4.123 posti letto in terapia sub intensiva (dei quali il 50 per cento adattabili in intensiva), per un totale di 5.500 posti in più da destinare ai pazienti più gravi;

   le regioni ritengono che l'attuazione del piano sarebbe in ritardo, perché, nonostante abbiano presentato i piani di rafforzamento entro il 28 luglio 2020, il commissario Arcuri ha provveduto alla produzione degli atti propedeutici alla loro attuazione solo a ottobre, causando un'ulteriore dilatazione dei tempi di realizzazione, poiché le procedure di reperimento personale che faccia funzionare gli strumenti messi a disposizione sono lente, con il rischio di ritrovarsi impreparati a gennaio in concomitanza con il picco dell'influenza stagionale;

   l'articolo 2 del cosiddetto «Decreto Rilancio» del 19 maggio 2020 prevede che «qualora la Regione abbia già provveduto in tutto o in parte alla realizzazione delle opere anteriormente al presente decreto-legge, il Commissario è autorizzato a finanziarle»;

   il commissario ritiene, invece, che le regioni avrebbero potuto attivarsi già in primavera, ma non l'hanno fatto, limitandosi, invece, a presentare piani non soddisfacenti e spesso «da rifare»;

   inoltre, nonostante le regioni si siano impegnate a garantire una più estesa copertura vaccinale contro l'influenza che potrebbe ridurre sensibilmente il numero dei soggetti ammalati e garantire una maggiore facilità nella diagnosi di patologia da Covid-19, tali vaccini sembrano essere introvabili nella maggior parte delle farmacie italiane e insufficienti negli studi medici dove, peraltro, vengono consegnati con gravi ritardi;

   la sovrapposizione dell'epidemia influenzale alla pandemia da Covid-19 potrà determinare un forte impatto sui livelli di efficienza del servizio sanitario nazionale, un ricorso incontrollato e inappropriato ai servizi di pronto soccorso, un sensibile aumento delle ospedalizzazioni e una congestione dei servizi sanitari territoriali, con conseguente pregiudizio per la garanzia dei livelli essenziali di assistenza e possibili tensioni anche di natura sociale –:

   quali iniziative immediate di competenza s'intendano adottare al fine di superare le attuali criticità e garantire l'efficienza del sistema di distribuzione dei vaccini in una fase in cui la prevenzione è essenziale;

   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di velocizzare l'attuazione delle procedure per rinforzare i sistemi sanitari e incrementare le terapie intensive.
(2-01010) «Gelmini, Anna Lisa Baroni».

Interrogazione a risposta orale:


   CANTALAMESSA e CASTIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   mercoledì 11 novembre 2020, nell'ospedale Antonio Cardarelli di Napoli, si è verificato l'ennesimo episodio di malasanità in Campania;

   fotografie e video diffusi dallo stesso personale dell'ospedale Cardarelli di Napoli rivelano il ritrovamento di un uomo, privo di vita, nel bagno dell'area di pronto soccorso e la conseguente caccia alla lettiga;

   nel frattempo, le stesse immagini mostrano il resto dei pazienti ammassati nel reparto del pronto soccorso del medesimo ospedale, che, in pieno caos, versano in condizioni di altrettanto terribile disagio anche in un'eccessiva contiguità di posti letto improvvisati;

   la stampa ha documentato in questi giorni come, sempre all'ospedale Cardarelli, i medici lavorino in condizioni precarie e, al pronto soccorso, i malati Covid sono separati dai malati ordinari da semplici paravento;

   ancora, sempre a Napoli e provincia, penisola sorrentina compresa, da tempo i cittadini denunciano, anche sotto forma di plateale protesta, lo stato critico e quasi inagibile dei pronto soccorso predisposti anche a respingere i pazienti da codice rosso e giallo, «perché ci sono casi di covid»;

   non è competenza né interesse dell'interrogante stabilire quale sia stata la causa del malore che ha portato al decesso, in quelle condizioni, dell'uomo ricoverato al Cardarelli, eppure resta evidente, dalle stesse immagini, che è tutto il pronto soccorso a versare in condizioni indicibili;

   il direttore generale dell'ospedale Antonio Cardarelli, che attacca duramente la diffusione del video in rete, ha avviato un'indagine interna, «tesa ad accertare chi e in che modo abbia girato e diffuso il video», per poi assicurare che «a tutti i pazienti dell'area sospetti, al pari di tutte le altre aree, viene sempre garantita continua assistenza da parte del personale sanitario in servizio»;

   la fotografia che emerge dai fatti è quella di una regione Campania dalle strutture sanitarie al collasso –:

   se in relazione a quanto esposto in premessa, il Governo intenda fornire elementi in maniera dettagliata in merito alle suddette vicende, chiarendo lo stato delle cose; se non ritenga di assumere l'impegno dell'invio di ispettori ad horas per approfondire e risolvere la delicata situazione; se intenda adottare iniziative di competenza volte a predisporre specifiche misure di sicurezza all'interno dei reparti di pronto soccorso.
(3-01897)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANTOVANI, CARETTA e CIABURRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'annuncio di Pfizer di aver ottenuto un vaccino anti-Covid con un'efficacia pari al 90 per cento ha spinto l'Unione europea, come riportato dal quotidiano «Il Messaggero» in data 10 novembre 2020, a opzionare 200 milioni di dosi più altre eventuali cento (in tranche successive) che per l'Italia si tradurranno in una disponibilità che ammonterebbe a 27 milioni di dosi, ovvero il 13,51 per cento del totale;

   lo studio pubblicato a settembre 2020 da Dhl, azienda leader nel campo della logistica, dal titolo «Delivering pandemic resilience, how to secure stable supply chains for vaccines and medical goods during the Covid-19 crisis and future health emergencies» ha rilevato che sarebbero necessarie «misure straordinarie» per distribuire al meglio il vaccino senza interrompere la cosiddetta catena del freddo;

   in data 9 novembre 2020 gli organi di stampa hanno reso noto che per conservare e trasportare il vaccino anti-Covid delle aziende farmaceutiche BioNTech e Pfizer è necessaria una temperatura di -75 gradi Celsius;

   il Ministro interrogato durante la puntata dell'8 novembre 2020 di «In mezz'ora in più», su Rai 3, ha dichiarato che «la distribuzione di massa del vaccino anti-Covid avverrà sicuramente alla fine del primo trimestre o alla fine del primo quadrimestre del 2021» –:

   se il Ministro interrogato sia in possesso di un piano di distribuzione del vaccino capace di garantire il rispetto della catena del freddo prescritta dalle aziende produttrici senza alterare le qualità del farmaco e garantire la sua efficacia.
(4-07487)


   LATTANZIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 30 ottobre 2020 è stato pubblicato sulla rivista Archives of Disease in Childhood lo studio «Aumento dei nati morti e diminuzione dei neonati prematuri tardivi durante il blocco della pandemia Covid-19» coordinato dal professor Mario De Curtis dell'Università La Sapienza di Roma. L'articolo mostra i risultati di uno studio rilevato sui dati per la regione Lazio – considerando i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 – relativi alle dimissioni ospedaliere, dove sono registrate tutte le informazioni perinatali dei neonati. Ciò che emerge mostra uno scenario preoccupante: si rileva, infatti, un significativo aumento statistico di circa tre volte di bambini nati morti. Significa dunque che, paragonando i dati con il periodo da marzo a maggio del 2019, durante la prima ondata dell'emergenza coronavirus il numero dei bambini nati morti è triplicato. A ciò si associa anche una diminuzione dei nati prematuri, legata probabilmente al lockdown forzato e dunque al maggior riposo delle donne in gravidanza;

   in merito all'aumento dei bambini nati morti, lo studio ipotizza che la causa possa essere ricondotta ai cambiamenti di vita indotti dall'isolamento e in particolare alla riduzione delle visite negli ospedali per il timore di contrarre l'infezione da Covid-19. Questo comportamento, dunque, ha portato al rinvio o alla sospensione di tutti i controlli medici anche per le donne in gravidanza. I limiti dello studio risultano essere evidenziati nella sua natura retrospettiva, nella mancanza di informazioni sulle possibili patologie ostetriche e nel fatto che i dati si riferiscono solo alla regione Lazio, ma esso rappresenta ad ogni modo un importante spunto di riflessione;

   l'interrogante il 9 aprile 2020, aveva già presentato una interrogazione al Ministro interrogato circa il bisogno di migliorare l'assistenza ospedaliera alle donne in gravidanza in fase di pandemia e la necessità di aumentare il personale ostetrico –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto, abbia intenzione di porre in essere iniziative sanitarie di maggiore tutela per le donne in gravidanza e se, contestualmente, abbia intenzione di adottare iniziative per approfondire il citato studio, incentivandone una estensione su tutto il territorio nazionale.
(4-07490)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE e BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'Arera, Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, con delibera del 3 novembre 2020 n. 429, ha deciso di non prorogare ulteriormente le agevolazioni sulla bolletta elettrica relativa agli immobili inagibili del cratere sismico 2016/17, nonostante il decreto-legge n. 104 del 2020, cosiddetto «Decreto Agosto» abbia previsto questa opportunità all'articolo 57, comma 18, lettera b);

   con il decreto sopra citato, è stato interrotto sino al 31 dicembre 2020 il pagamento delle bollette dell'acqua per gli utenti dei comuni appartenenti all'area del cratere sismico 2016/17, inoltre sono state sospese anche le bollette di coloro che abitano in edifici agibili, una proroga che si applica anche alla parte fissa delle bollette di luce e gas;

   se l'immobile di proprietà è inagibile causa terremoto, evidentemente per il proprietario è difficile pagare oneri fissi, allo stesso tempo, non è possibile riattivare il pagamento a coloro che hanno un alloggio nelle zone rosse e che vivono ancora nei moduli provvisori –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda mettere in atto in particolare adottando iniziative normative al fine di evitare che da gennaio 2021 ai proprietari sia conteggiata anche la quota fissa su bolletta, azzerata in virtù delle agevolazioni per le aree del cratere sismico.
(5-04997)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PERCONTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 219 del 2016, attuativo della delega di cui all'articolo 10 della legge n. 124 del 2015, ha previsto la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di seguito <>. In particolare, l'obiettivo del citato articolo 10 era di rafforzare la funzione di sostegno alle imprese svolta dalle Cciaa, mediante la ridefinizione delle circoscrizioni territoriali, con riduzione del numero delle Camere a non più di sessanta, e l'accorpamento di due o più di esse;

   il processo di riordino delle Cciaa, così come previsto dal citato disposto normativo, ha subito in questi anni non pochi arresti e rallentamenti, che hanno determinato la mancata costituzione per esempio della Cciaa di Agrigento, Caltanissetta e Trapani;

   il Governo, al fine di far fronte a tale speciosa problematica, ha disposto all'articolo 61 del decreto-legge n. 104 del 2020, così come convertito dalla legge n. 126 del 2020 (cosiddetto decreto Agosto), che i procedimenti di accorpamento delle Camere di commercio pendenti, si concludano, con l'insediamento degli organi della nuova camera di commercio, entro il 30 novembre 2020, termine oltre il quale gli organi delle camere che non hanno completato il processo decadranno e al loro posto il Ministro dello sviluppo economico, sentita la regione interessata, nominerà un commissario straordinario;

   le associazioni di Confagricoltura, Confcooperative e Confesercenti delle province di Agrigento, Caltanissetta e Trapani hanno più volte manifestato preoccupazione per il mancato rispetto delle disposizioni previste dal suddetto articolo 61 del «Decreto Agosto», e in particolare sul fatto che attualmente la regione Siciliana non avrebbe provveduto, a quanto consta all'interrogante, agli adempimenti necessari alla nomina del commissario della Cciaa di Trapani. Atto, quest'ultimo che risulta dovuto e non più rinviabile, data la condizione di criticità in cui versa l'economia dei territori interessati, che necessitano, ora più che mai di una forte rappresentanza di settore. Infatti, tale atto di nomina consentirebbe di rimuovere un'anomalia che, per troppo tempo, ha creato delle difformità gestionali tra gli enti camerali che andranno a costituire la nuova camera di commercio di Agrigento, Trapani e Caltanissetta;

   gli organismi gestori della Cciaa di Trapani, oltre ad aver esaurito il proprio mandato da più di tre anni – come rappresentato dalle associazioni di categoria – non risultano più aderenti alle reali consistenze associative, rilevando in giunta la presenza di rappresentanti di un'associazione coinvolta in indagini giudiziarie, a seguito delle quali, il Ministero dello sviluppo economico ne ha disposto l'estromissione, prima della nomina del nuovo consiglio. Tale situazione di disallineamento tra gli organi della Cciaa di Trapani rispetto all'organizzazione delle camere «consorelle», che risultano invece già governate da commissari, sta causando difatti criticità sull'utilizzo delle risorse finanziarie di un ente destinato ad accorparsi e di conseguenza destinato ad unificare i suoi bilanci con quelli delle altre camere;

   grazie all'attuazione in tempi brevi del disposto dell'articolo 61 del «Decreto Agosto» e all'insediamento di una nuova Cciaa, si potrebbe addivenire, finalmente, alla conclusione di un lungo processo, che, in Sicilia, ha avuto inizio nel lontano 2015, con l'emanazione del primo decreto di accorpamento, così da garantire alle imprese delle tre province interessate la presenza organi capaci di supportare, in una fase di conclamata difficoltà per la contingente situazione economica, il territorio di riferimento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda adottare al fine di consentire una rapida conclusione del processo di accorpamento sopra citato.
(4-07494)


   ROSPI e BOLOGNA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a causa della pandemia da Covid-19 che ha colpito il territorio italiano, da parte del Governo sono state adottate una serie di misure di contenimento con lo scopo di arrestare il propagarsi dell'epidemia in atto;

   tra le misure adottate vi sono la chiusura temporanea di molte imprese, ivi comprese le imprese che svolgono attività di artigianato nella sua forma territoriale, artistica e tradizionale;

   a seguito delle misure in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica, il Governo ha emanato alcuni decreti che hanno lo scopo di sostenere economicamente le imprese italiane soggette alle restrizioni in atto;

   da quello che si apprende dagli organi di categoria le imprese che svolgono attività di artigianato artistico e tradizionale sarebbero rimaste escluse dai ristori previsti;

   questa tipologia di imprese rientra a pieno titolo all'interno delle imprese manifatturiere italiane, settore che sta risentendo della crisi economica e che le attuali circostanze rischiano di spazzare via dal mercato;

   i gravi effetti economici generati dalla crisi epidemiologica impongono la necessità di riservare massima attenzione a questa particolare branca della manifattura italiana. Un'attività che, indipendentemente dal profilo economico, rappresenta un fattore di tutela e, insieme, un presidio di socialità per tanti borghi e comuni del nostro Paese;

   vi è pertanto l'esigenza di salvaguardare tutte le realtà produttive oggi esistenti, capaci di competere in autonomia sul mercato in ragione di una ineguagliabile formazione professionale, frutto di creatività ed ingegno; inoltre, il settore riveste tuttora un ruolo non secondario nell'ambito dell'artigianato e, più in generale, dell'economia italiana. A fine primo trimestre 2019 le imprese artigiane operanti nel campo dell'artigianato artistico e tradizionale hanno toccato quota 100 mila unità, impiegando oltre 300 mila addetti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica esposta e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di ristorare e tutelare in questo momento di grave crisi sanitaria ed economica le imprese che svolgono attività di artigianato nella sua forma territoriale, artistica e tradizionale;

   se intenda adottare iniziative per istituire presso il Ministero dello sviluppo economico un fondo dedicato all'artigianato artistico e tradizionale al fine di assicurare, almeno nel breve periodo, la tutela del settore, in attesa di formulare un serio progetto di rilancio dello stesso.
(4-07501)


   CARETTA e CIABURRO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   come emerso a mezzo stampa, il comparto dei tour operator italiani ha visto un crollo del volume di affari del 90 per cento nell'estate 2020 rispetto all'estate 2019, mentre le stime sulla stagione invernale e la chiusura dell'anno in corso indicano un -95 per cento del 2020 sul 2019;

   il comparto degli albergatori, invece, si aspetta almeno il 57 per cento di ricavi in meno nel 2020 rispetto al 2019, per un totale di -14 miliardi di euro;

   nonostante il parziale recupero del turismo nel mese di agosto 2020, il 70 per cento delle strutture nelle città d'arte ed almeno il 20 per cento al mare ed in montagna non hanno riaperto;

   il settore turistico e relativo indotto ha un peso del 17 per cento sul prodotto interno lordo italiano;

   da marzo a settembre 2020 è stato registrato un tracollo del -83 per cento dei passeggeri in arrivo ed in partenza negli scali italiani, con evidenti ripercussioni sulla sostenibilità dell'intero turismo nazionale italiano;

   come riportato dalle associazioni di categoria di ogni comparto turistico, le misure messe a disposizione dal Governo a sostegno degli operatori del settore non sono armonizzate tra di loro, al punto che in alcuni casi la sola esenzione Imu 2020 e i benefìci Irap per le imprese superano ampiamente la soglia degli aiuti ricevibili dalle singole aziende, pregiudicando la possibilità di ottenerne altri;

   la persistente recrudescenza della crisi economica e di liquidità da Covid-19 ha reso gli strumenti legati al credito d'imposta sempre più insufficienti a far fronte alla gravità della crisi da liquidità fronteggiata dal comparto turistico italiano –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intendano intraprendere per riordinare ed armonizzare il quadro di sussidi a favore del comparto turistico, nella sua interezza, mediante confronto e concertazione con tutte le maggiori rappresentanze della categoria.
(4-07502)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'università e della ricerca, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   per l'anno accademico 2019/2020 vi è stato il blocco del concorso di specializzazione in area sanitaria con relativa graduatoria congelata in piena pandemia da Covid-19 nonostante la conclamata urgenza di reperire migliaia di medici. Il numero dei medici non è adeguato a gestire contemporaneamente la pandemia e le altre consuete patologie;

   in tempi non sospetti l'Anaao aveva stimato che nel periodo 2014-2023 a fronte di un 40-45 per cento di medici in pensione, si sarebbe avuta la mancanza di 45.000 medici di cui almeno 16.000 specialisti. Questa carenza si è manifestata in tutta la sua gravità già durante la prima ondata del COVID-19 e si sta ripresentando con la stessa drammaticità anche in questa seconda fase. Carenza, soprattutto di risorse, alle quali si potrebbe far fronte ricorrendo al Mes;

   nel mese di marzo 2020 l'associazione Giovani medici d'Italia aveva lanciato un grido di allarme rimasto inascoltato. Aveva evidenziato che la carenza di medici specialisti nasceva da una sorte di imbuto formativo, creatosi nel nostro Paese, a seguito di borse di studio insufficienti. Durante l'emergenza il Governo ha pensato di reclutare medici abolendo i test scritti all'esame di abilitazione, ma questa è stata solo una soluzione tampone. Passata la prima emergenza, tra le varie dimenticanze organizzative, non si è provveduto a mettere immediatamente in azione la macchina concorsuale per reclutare nuovi medici. A dimostrazione, ad avviso dell'interpellante, di una politica basata solo sull'emergenza, senza una progettualità per il futuro;

   il 22 settembre 2020, 23.756 medici italiani hanno partecipato al concorso per 14.455 borse di specializzazione stanziate dal Governo, di cui al decreto direttoriale 24 luglio 2020, prot. n. 1177, con il quale il Ministero dell'università e della ricerca ha provveduto a bandire il concorso di ammissione dei medici sopra menzionato;

   il 26 ottobre 2020 sul sito del Ministero dell'università e della ricerca è comparso un comunicato con il quale si informano i candidati al concorso di accesso dei medici alle scuole di specializzazione di area sanitaria per l'anno accademico 2019-2020, che a partire dalla data del 26 ottobre 2020 accedendo alla pagina riservata sul sito www.university.it si può visualizzare la graduatoria nominativa dei candidati. Col suddetto avviso si rende noto, altresì, che tale graduatoria si ritiene definita, e il punteggio di ogni candidato è dato dalla somma del punteggio dei titoli e della prova. Secondo quanto pubblicato dal Ministero, la graduatoria tuttavia, terrebbe conto della pronuncia del Tar Lazio e del Consiglio di Stato, che in base alle ordinanze adottate in udienza del 22 ottobre 2020, accogliendo l'appello cautelare del Ministero, ha di fatto riformato i provvedimenti del Tar Lazio in esecuzione dei quali era stata consentita la partecipazione alla procedura concorsuale ai ricorrenti iscritti ai corsi di formazione in medicina generale e si era provveduto all'attribuzione di punteggio dei titoli ai ricorrenti appartenenti alle categorie di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 76 del 2020, ovvero ai già diplomati «Ssm» e «Mmg», agli specializzandi Ssm e ai corsisti «Mmg» e ai dipendenti del servizio sanitario nazionale;

   l'ordinanza sopracitata nasce dal rinvio della pubblicazione delle graduatorie, in riferimento al concorso per l'accesso dei medici alle scuole di specializzazione di area sanitaria anno accademico 2019/2020, pur sottolineando che erano stati presentati numerosi ricorsi giurisdizionali da parte dei medici appartenenti a categorie individuate dall'articolo 7, comma 2, lettera c) del bando, il quale cita che: «i punteggi di cui al presente comma 2, non possono essere attribuiti ai candidati che alla data di presentazione della domanda si trovino in una delle seguenti condizioni: già in possesso di diploma di formazione specifica per medico di medicina generale; già titolari di un contratto di formazione medica; dipendente medico chirurgo di strutture del SSN o di strutture con esso accreditate». L'avviso si concludeva con il rinvio della data di pubblicazione della graduatoria, originariamente prevista per il 5 ottobre 2020, in quanto a seguito dei sopracitati ricorsi, bisognava formulare una corretta graduatoria –:

   se, visto il momento tragico che il Paese sta vivendo, il Governo non consideri totalmente insufficiente il bando di concorso per sole 14.455 borse di studio di specializzazione a fronte di 23.756 medici che hanno partecipato al concorso e se sia intenzione del Governo adottare le iniziative di competenza per pervenire a sua soluzione complessivamente adeguata al contesto descritto;

   se, vista la carenza assoluta di specialisti che facciano fronte all'emergenza determinata della pandemia in atto, si ritenga di adottare un'iniziativa immediata per assumere gli altri 9.301 medici partecipanti al concorso che, restando fuori dalla specializzazione, non potranno prendere servizio e non avranno un posto di lavoro;

   se sia intenzione del Governo adottare iniziative per stanziare risorse per ulteriori borse di studio per test di accesso alle specializzazioni a carattere straordinario;

   se non si ritenga, quanto prima, di adottare iniziative per rendere abilitante la laurea in medicina generale (mmg) e quella di cui alle scuole di specializzazione in medicina (ssm).
(2-01008) «Biancofiore».

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Nappi e altri n. 2-00998, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Villani.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Capitanio e altri n. 4-07394, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ribolla.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Rampelli n. 2-00550 del 7 novembre 2019.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   AMITRANO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   le storiche botteghe artigiane dei presepiali in via San Gregorio Armeno rappresentano non solo un luogo di perfezione artistica immersa nel cuore del centro storico di Napoli, ma sono soprattutto dei piccoli laboratori che realizzano manufatti rispondenti alla tipicità della tradizione napoletana risalente al ‘700, affiancata altresì da imprenditori che hanno convertito e rilanciato l'arte presepiale in veste contemporanea;

   questo museo a cielo aperto, visitato in qualunque periodo dell'anno, è conosciuto in tutto il mondo come simbolo distintivo di una Napoli non stereotipata ed è entrato a far parte dell'immaginario collettivo, diventando una costante meta di turismo nazionale ed internazionale;

   a San Gregorio Armeno gli artigiani creano, espongono e vendono i personaggi della tradizione classica del Natale: vere e proprie opere d'arte, frutto del lavoro di famiglie artigiane che si tramandano il mestiere da intere generazioni e quella del presepe napoletano è una tradizione che segue il corso dei tempi che viene continuamente rinnovato dal lavoro di nuovi e giovani artigiani, i quali modernizzano un'arte secolare;

   con la diffusione epidemiologica da COVID-19, la suggestiva strada rischia di scomparire a causa della desertificazione del turismo nazionale, europeo ed internazionale; oggi i maestri dell'arte presepiale si ritrovano, dopo tre mesi dalla riapertura delle loro attività, con una strada deserta priva di turisti e con il rischio che San Gregorio Armeno possa scomparire; perdere San Gregorio significa soprattutto cancellare una delle immagini dell'Italia nel mondo, posto che la strada è conosciuta come «la via napoletana dei pastori e dei presepi»;

   le difficoltà generate dalla chiusura coatta delle botteghe artigiane dell'arte presepiale sono molteplici e coinvolgono anche l'intero ciclo produttivo, poiché risulta inevitabile lo stravolgimento della pianificata produzione – scandita da diversi fasi – che interessa l'intera città di Napoli e l'intera regione e considerato, inoltre, che questa particolare categoria di artigiani, pur essendo stata destinataria di alcune misure di sostegno del settore, è fortemente penalizzata, in quanto continuerà a subire gli effetti della crisi, anche una volta venute meno le misure emergenziali per il contenimento del contagio, a causa della mancanza dei turisti;

   la via di San Gregorio Armeno è inserita nel centro storico di Napoli, patrimonio dell'Unesco; oltre agli elementi di eccellenza di tipo urbanistico, architettonico e monumentale, presenta degli elementi di notevole potenzialità dal punto di vista strettamente «culturale», intesa come patrimonio tradizionale, e i maestri presepai temono che, senza una pianificazione temporale, il comparto, lasciato solo a sé stesso, rischi di scomparire definitivamente, poiché la ripresa delle attività di produzione delle opere non comporta, nel breve periodo, un incremento dei guadagni, in virtù dell'assenza di turisti e delle disposizioni relative alla necessità di mantenere il distanziamento sociale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritengano opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, anche con il coinvolgimento delle altre istituzioni interessate, affinché gli artigiani e le loro famiglie delle storiche botteghe di arte presepiale di San Gregorio Armeno – custodi di una tradizione millenaria che, con le loro opere, rendono l'Italia protagonista in tutto il mondo – possano continuare a preservare questa realtà storica e culturale che rappresenta aspetti peculiari di un patrimonio artistico straordinario, fondamentale per la cultura partenopea, nazionale e internazionale, un patrimonio di maestria ed eccellenza che oggi rischia di scomparire definitivamente.
(4-05885)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale interrogante ha chiesto di conoscere le iniziative da adottare in favore degli artigiani delle storiche botteghe di arte presepiale di San Gregorio Armeno.
  Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
  Lo scorso 1° luglio il Ministro Dario Franceschini ha incontrato il segretario generale dell'organizzazione del turismo delle Nazioni Unite, Zurab Pololikashvili, richiamando le pesanti conseguenze che il COVID-19 ha avuto, ed ha tuttora, su tutta la filiera del turismo in Italia.
  Nel corso della sua missione, il segretario generale Pololikashvili ha voluto dare un'importante testimonianza, evidenziando come la scelta di iniziare i sopralluoghi per il rilancio del turismo internazionale dall'Italia sia un chiaro segnale di fiducia per l'immagine che il nostro Paese sta affrontando come destinazione turistica sicura.
  Dal punto di vista delle iniziative che il Governo ha avviato per cercare di fronteggiare gli effetti del COVID, sono da ricordare, in particolare, le misure messe a punto con il decreto-legge «Rilancio» con l'intento di favorire il turismo in Italia.
  In proposito si richiama il «bonus vacanze», come anche l'istituzione di un fondo per la promozione del turismo in Italia.
  Nello specifico, inoltre, già dai primi mesi della fase emergenziale da COVID-19 sono state attivate campagne di comunicazione istituzionale, tra loro complementari, divulgate attraverso il sito
web del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, al fine di favorire la diffusione della cultura del viaggio, declinandola secondo l'accezione del viaggio in Italia.
  La direzione generale del turismo ha promosso ulteriori iniziative, tra cui si richiama l'accordo stipulato con la Rai per la realizzazione e messa in onda su Rai 1 di un programma in sei puntate (ciascuna di 80’) dal titolo «L'Italia non finisce mai» (#viaggioinitalia), che nella prima puntata di sabato 25 luglio 2020 ha presentato la stessa città di Napoli come luogo ancora da scoprire nelle sue molte, inaspettate sfaccettature.
  Alle città d'arte, inoltre, sono stati dedicati incontri specifici con l'obiettivo di poter meglio comprenderne le esigenze e consentire una pianificazione di attività mirate, attualmente in corso, per presentare queste destinazioni secondo un nuovo punto di vista, alla luce di quegli aspetti di unicità e di possibile «fruizione alternativa» che la fase di
lockdown ha in qualche modo fatto emergere.
  Oltre alle misure già intraprese, si segnala che con il decreto-legge n. 104 del 2020 del 14 agosto 2020 è stato approvato un intervento davvero imponente (oltre tre miliardi di euro) per sostenere i settori del turismo e della cultura.
  Tale provvedimento stanzia, tra gli altri, oltre 500 milioni di euro da destinare a un parziale ristoro per i soggetti che svolgono attività di vendita di beni o servizi al pubblico che abbiano subito un calo del fatturato di almeno un terzo rispetto al 2019, dovuto alla assenza di turismo internazionale.
  Il contributo a fondo perduto verrà determinato sulla base di una percentuale variabile applicata alla differenza tra fatturato e corrispettivi di giugno 2020 con quelli di giugno 2019.
  Tra le 29 città a più alta vocazione turistica d'Italia che devono fare i conti con il crollo delle presenze, specie degli stranieri, c'è anche Napoli.
  Quindi anche gli artigiani del centro storico di San Gregorio Armeno potranno beneficiare, sussistendo i requisiti, del predetto contributo.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Lorenza Bonaccorsi.


   ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, BITONCI, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA e VALLOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la giunta regionale del Veneto con delibera n. 319 del 24 marzo 2016 ha approvato lo schema di accordo di programma quadro con il Ministero dello sviluppo economico per l'implementazione della banda ultra larga in Veneto e con successiva delibera n. 793 del 27 maggio 2016 ha approvato lo schema di convenzione operativa con il relativo piano tecnico. L'intervento si inserisce nel piano nazionale banda ultra larga attuato dal Ministero dello sviluppo economico tramite la propria società in house Infratel Italia s.p.a.;

   il 3 marzo 2015 il Governo, per soddisfare gli obiettivi fissati dall'Agenda digitale europea entro il 2020, ha approvato la «Strategia italiana per la banda ultralarga», che prevede la copertura dell'85 per cento della popolazione con infrastrutture in grado di veicolare servizi a velocità pari o superiori a 100 Mbps, garantendo al contempo al 100 per cento dei cittadini l'accesso ad Internet ad almeno 30Mbp;

   a tal proposito, Infratel ha bandito due gare pubbliche per il cablaggio di 271 città dei cluster A e B, nonché dei 6.753 comuni inclusi ad oggi nelle aree bianche dei cluster C e D;

   Open Fiber s.p.a. (società a partecipazione paritetica tra Enel spa e CdP Equity s.p.a.) ha avviato un piano per la realizzazione di un'infrastruttura in fibra ottica, su scala nazionale, provvedendo alla realizzazione della rete in fibra ottica, o mediante un investimento privato, stipulando apposite convenzioni con i comuni interessati dagli interventi o con un finanziamento pubblico nelle cosiddette «zone bianche» – cioè aree individuate come «a fallimento di mercato» – in quanto operatore individuato come concessionario all'esito di procedure di gara avviate da Intratel s.p.a.;

   secondo una ricerca dell'università di Padova, il 42,3 per cento degli italiani sarebbe disposto a lasciare il proprio Paese per cercare nuove opportunità lavorative, per avere servizi per il tempo libero e i consumi allineati con il livello europeo e per disporre di una migliore connettività e accessibilità a internet. In particolare, nelle aree non raggiunte dai collegamenti internet «ultra veloci» ci sono imprese più piccole, un maggior numero di disoccupati e un tasso di mortalità delle aziende superiore alla media nazionale;

   nei comuni in area bianca tra il 2011 e il 2018, la popolazione è diminuita di 118 mila persone pari a un calo dell'1,1 per cento. La popolazione dei comuni coperti è aumentata invece del 2,8 per cento per un totale di 902 mila persone in più durante gli ultimi 7 anni. Il 54 per cento degli addetti che lavorano in comuni dell'area bianca sono occupati in unità locali con meno di 10 addetti, percentuale che arriva al 79 per cento se si contano tutte le aziende con meno di 50 addetti. Nei comuni coperti, invece, i lavoratori di aziende con meno di 50 addetti sono circa il 70 per cento;

   l'attuale emergenza Covid-19 ha fatto emergere l'importanza delle infrastrutture di rete per le famiglie, per i lavoratori e le aziende: la situazione è ancora fortemente in ritardo. Agli interroganti non risultano i miglioramenti previsti e al momento in Veneto risultano collaudati solo tre cantieri con il fondato timore che per il Veneto, la Lombardia e il Piemonte i lavori termino nel 2023 mettendo così a dura prova le tre regioni che costituiscono la parte fondamentale del tessuto produttivo del Paese –:

   se, alla luce del forte ritardo accumulato dal concessionario nella realizzazione della rete pubblica a banda ultralarga, intenda intraprendere iniziative volte ad accelerare l'esecuzione dei lavori, anche al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi – oggi molto lontani – della «Strategia italiana per la banda ultralarga» entro il 2020.
(4-05713)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, nonché la società Infratel Italia s.p.a., si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti fanno riferimento al piano Banda ultra larga (BUL), specificamente all'intervento nelle cosiddette «aree bianche», lamentando un ritardo nella realizzazione degli interventi, con particolare riguardo alla situazione dei cantieri in Veneto.
  Alla data del 24 settembre 2020, sono stati ultimati i lavori in 38 comuni e collaudati 24 comuni (18 con collaudi positivi e 6 con collaudi con lievi prescrizioni che Open Fiber s.p.a. è tenuta ad adempiere).
  Preliminarmente, occorre evidenziare che i rallentamenti nell'apertura di nuovi cantieri e nel completamento dei lavori di posa in opera della fibra sono stati determinati, dalla complessità nell'acquisire i permessi dagli enti nazionali e locali interessati, nonché dalle difficoltà operative del concessionario, che si è trovato in fase di
start-up a gestire un progetto estremamente complesso e sfidante per il sistema Paese.
  Sotto questo aspetto, il Ministero dello sviluppo economico sta compiendo un'efficace azione di «
moral suasion» nei confronti delle istituzioni coinvolte nei processi di autorizzazione, anche favorendo il dialogo tra i diversi enti interessati. Sono state, in particolare, adottate soluzioni per snellire i processi autorizzativi (tra i quali, a titolo di esempio, segnalo la pianificazione delle Conferenze di Servizi) ed è stato altresì incoraggiato un comportamento pro-attivo del concessionario nei confronti dei territori su cui deve intervenire.
  Il comitato Banda ultralarga (Cobul), che assicura il coordinamento e il monitoraggio dell'attuazione della strategia BUL, negli ultimi mesi è stato convocato con frequenza e cadenza ravvicinata, al fine di individuare le iniziative più urgenti da adottare e dare ulteriore impulso alle attività descritte. In tal senso, è stata avviata una positiva interlocuzione con tutti i soggetti coinvolti nel rilascio delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dei lavori. È stato, altresì definito un cronoprogramma delle attività con le regioni e realizzata una
dashboard in grado di evidenziare lo stato di avanzamento dei lavori e le relative criticità, poi resa disponibile sul sito della società Infratel.
  Recenti misure di semplificazione per l'innovazione sono, inoltre, state previste nel decreto-legge n. 135 del 2018, convertito nella legge n. 12 del 2019 recante «Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione» e dal decreto-legge n. 76 del 2020, convertito nella legge n. 120 del 2020 recante «Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale», per accelerare il rilascio delle autorizzazioni, in particolare per le attività di scavo a basso impatto ambientale.
  In tal senso, si stanno valutando modifiche al cosiddetto «decreto scavi» che permetterebbero di ampliare la casistica in cui è previsto l'utilizzo di tecniche di scavo innovative a basso impatto ambientale, che comporterebbe vantaggi non solo in termini di minore invasività degli interventi di costruzione della rete sulle strade interessate dai lavori, ma anche in termini di velocità nell'esecuzione delle opere.
  Con specifico riferimento allo stato dei lavori di posa in opera della fibra ottica nel territorio veneto, si rappresenta che inizialmente era stata elaborata da parte di Infratel Italia s.p.a., soggetto attuatore del piano Bul – Aree bianche, una bozza del nuovo piano tecnico volta a disciplinare l'esecuzione delle opere nel territorio della regione Veneto. Tale bozza era stata, tra l'altro, discussa e approvata nel corso della riunione del Comitato di coordinamento, monitoraggio e verifica – istituito dall'accordo di programma per lo sviluppo della Banda ultra larga stipulato tra il Ministero dello sviluppo economico e la regione Veneto – tenutasi il 22 maggio 2020.
  Tuttavia, la citata bozza non è stata poi adottata in quanto è stata ritenuta superata dalla rimodulazione delle risorse Fondo europeo di sviluppo regionale. Nel corso del comitato del 10 settembre 2020 la direzione Information and communication technologies e Agenda digitale e l'autorità di gestione del Fesr del Veneto hanno infatti reso noto che, sulla scorta della delibera di giunta regionale di rimodulazione dei fondi Fesr, e dell'approvazione, da parte del comitato di sorveglianza del Programma operativo regionale (POR) Fesr 2014-2020, di alcune modifiche proposte, si sarebbe provveduto ad inoltrare al Ministero dello sviluppo economico una nota formale di richiesta di un nuovo piano tecnico che tenesse conto, evidentemente, della rimodulazione delle risorse Fesr disponibili (da euro 35.187.500 ad euro 16.000.000).
  Il nuovo piano tecnico ed il relativo cronoprogramma dei lavori, che è in corso di predisposizione da parte di Infratel, sulla base della richiesta pervenuta da parte della regione Veneto il 23 settembre 2020, sarà verosimilmente approvato non appena la nuova giunta regionale si sarà insediata. Contestualmente all'approvazione del nuovo piano tecnico vi sarà anche l'approvazione di un
addendum alla convenzione Fesr conseguentemente modificata.
  Si osserva che, sulla base del cronoprogramma dei lavori previsto dal nuovo Piano, la conclusione degli stessi e i successivi collaudi nei comuni finanziati con fondi comunitari (Fesr e Feasr), sono attesi entro il 2022.
  Mentre, la programmazione per il 2023, prevede unicamente la conclusione dei lavori e i collaudi nei comuni finanziati con il Fondo sviluppo e coesione (Fsc).
  È pur vero che la scansione temporale degli interventi, disciplinata dal medesimo cronoprogramma, è stata pianificata con l'obiettivo specifico di dare priorità alla spesa a carico delle risorse comunitarie, al fine di evitarne il disimpegno da parte della Commissione europea, la cui certificazione potrà, pertanto, essere completata entro i termini previsti per l'attuale periodo di programmazione dei Fondi strutturali e di investimento europei.
  Si rileva, infine, che sulla base dei dati forniti da Infratel Italia s.p.a., i ritardi nella programmazione degli interventi Bul, ascrivibili al territorio della regione Veneto, risultano essere di entità comparabile a quelli in media accumulati nelle altre Regioni del territorio nazionale. Le criticità specifiche alla base di tali ritardi vengono, peraltro, costantemente monitorate, analizzate e discusse nell'ambito dei lavori del citato Comitato di coordinamento, monitoraggio e verifica.
  Come giustamente evidenziato dagli interroganti, la necessità di copertura in banda ultralarga in tutto il territorio nazionale è diventata ancor più evidente, a seguito dell'emergenza COVID-19 e delle misure restrittive che l'intera popolazione ha dovuto affrontare con il
lockdown. Misure di isolamento che hanno portato, tra l'altro, a un balzo immediato dello smart working e della didattica a distanza, rendendo essenziali gli interventi infrastrutturali volti a rendere il Paese resiliente a emergenze come quella attuale, nei suoi settori più strategici.
  Per tale motivo, nel quadro della riunione del 5 maggio 2020 del CoBul, si è dato il via libera a una rimodulazione del Piano banda ultralarga per favorire la connettività di imprese, famiglie e scuole. È stato, infatti, deliberato l'utilizzo di fondi per un totale di 1.546 milioni di euro, di cui 400 milioni di euro destinati al piano scuola per il collegamento di oltre 32.000 plessi scolastici a 1 giga in tutta Italia (piano scuole).
  Con i restanti fondi è stata prevista, inoltre, l'attivazione di
voucher a famiglie e imprese in tutta Italia (piano Voucher per famiglie meno abbienti).
  Con i decreti del Ministero dello sviluppo economico del 7 agosto 2020, sono state affidate ad Infratel Italia s.p.a. le attività relative alla realizzazione del piano Scuole e del piano
Voucher per famiglie meno abbienti.
  Con specifico riferimento al piano Scuole, Infratel Italia s.p.a. ha censito circa 34.600 scuole che necessitano di collegamento in fibra, all'esito delle attività di mappatura conclusasi il 31 luglio 2020, e ha raccolto i contributi degli
stakeholder per definire gli interventi infrastrutturali in cui si articolerà il piano, nell'ambito di una procedura di consultazione pubblica conclusasi il 15 settembre.
  Con specifico riferimento al piano
Voucher per le famiglie meno abbienti, la misura si articolerà in due fasi: voucher di fase 1 per le famiglie con reddito Isee fino a 20.000 euro e voucher di fase 2 per le famiglie con reddito Isee fino a 50.000 euro e imprese.
  Per i soli
voucher di fase 2, sono stati raccolti i contributi degli stakeholder, nell'ambito di una procedura di consultazione pubblica, conclusasi il 7 settembre, necessaria per delineare il piano di intervento, da notificare alla Commissione Europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
  In seguito alla registrazione dei decreti del 7 agosto 2020 e alla formalizzazione dell'accordo di programma del Ministero dello sviluppo economico – Invitalia – Infratel Italia, si procederà alla pubblicazione del bando di gara del piano Scuole e all'avvio del piano
Voucher – fase 1.
  In conclusione, segnalo che il Ministero dello sviluppo economico continuerà, dunque, a vigilare sulla società Infratel e sull'avanzamento del piano Bul nonché continuerà a monitorare costantemente le fasi attuative poste in essere dal concessionario Open Fiber in tutto il Paese, compresi i territori della regione Veneto. Il Governo, infatti, sente fortemente la necessità di giungere in tempi rapidi alla creazione di una infrastruttura digitale nazionale in grado di assicurare al sistema Paese di superare i divari tecnologici esistenti e raggiungere l'obiettivo europeo di una società digitale pienamente inclusiva.
  

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   BALDELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'obsolescenza programmata è quella pratica industriale in forza della quale un prodotto tecnologico di qualsiasi natura è deliberatamente progettato dal produttore in modo da poter durare solo per un lasso di tempo predeterminato, al fine di imporne la sostituzione con un nuovo prodotto;

   nel 1924 si verificò il primo caso, documentato, di obsolescenza programmata, quello messo in atto dai produttori di lampadine con la creazione del «Cartello Phoebus» che fissò, tra altri parametri, la durata «ideale» – per le industrie, non per il consumatore – delle lampadine a 1.000 ore, quando già se ne producevano facilmente della durata di 2.500;

   recenti studi confermano come l'obsolescenza programmata comporti evidenti problemi non solo a livello commerciale, ma anche economico e ambientale;

   questa pratica si riverbera negativamente sui consumatori, costretti ad un ciclo continuo di acquisti dalla drastica riduzione delle effettive possibilità di riparazione dei beni;

   già da tempo, in sede europea, è iniziato un percorso di riforma legislativa in senso opposto: puntare a estendere la «vita» dei prodotti elettrici ed elettronici, soprattutto dei grandi elettrodomestici, tramite l'aggiornamento della direttiva «Ecodesign»;

   è, inoltre, in corso di esame una nuova proposta, sulla quale la Commissione europea si è già espressa favorevolmente, per estendere la «vita» di frigoriferi e lavatrici, includendo lampadine, schermi elettronici sopra i 100 centimetri quadrati e lavastoviglie;

   tale normativa dispone che, a partire dal 2021, i pezzi di ricambio (che permettono di poter riparare, riusare e riciclare) debbano restare disponibili per 7 anni da quando un modello elettronico va fuori produzione (e 10 anni per le lavatrici), prevedendo, inoltre, che tali prodotti siano progettati in modo da consentire il ricambio agevole di diverse parti rotte o consumate;

   oltre alle note ricadute ambientali, i costi legati all'obsolescenza programmata, stimati in parecchi miliardi di euro per anno, potrebbero essere reinvestiti nelle attività legate alla riparazione e al reimpiego dei beni, programmando e incentivando, ad esempio, nuove attività dedicate alla manutenzione e al ripristino;

   in questo senso meriterebbero una particolare attenzione percorsi che portino alla creazione e al sostegno di scuole tecniche di formazione di artigiani specializzati nelle riparazioni –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare in relazione all'obsolescenza programmata dei beni di consumo e se non intenda aprire su questo tema un tavolo tecnico con le rappresentanze imprenditoriali, sindacali e le associazioni dei consumatori.
(4-03745)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alla pratica dell'obsolescenza programmata, pratica diffusa nell'attuale economia industriale che mira a incrementare il tasso di aggiornamento e riacquisto di prodotti con delle tecniche produttive volte a limitare la durata della loro vita utile.
  Sul punto, è stata sentita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), la quale cura l'applicazione della disciplina sulle attività commerciali scorrette di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 recante «Codice del Consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229», aggiornato a seguito della direttiva 2005/29/CE, relativamente alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno.
  L'Agcm riferisce di essere intervenuta, in applicazione del menzionato Codice del Consumo, accertando e sanzionando condotte poste in essere da imprese attive nella vendita di dispositivi
smartphone.
  Avverso i predetti provvedimenti, le società sanzionate hanno proposto ricorso al giudice amministrativo. Al riguardo, il Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio, sezione prima, ha respinto integralmente il ricorso della Apple con sentenza n. 5736 del 29 maggio 2020, confermando l'accertamento dell'Agcm sul tema dell'obsolescenza programmata.
  In coerenza con il suo ruolo e le sue funzioni, si ricorda che l'Agcm è stata anche tra i principali sostenitori del disegno di legge AS n. 615, relativo a modifiche al codice del consumo e altre disposizioni per il contrasto dell'obsolescenza programmata dei beni di consumo.
  La nuova disciplina proposta con il Disegno di legge n. 615 prevede il divieto per i produttori di mettere in atto tecniche che possano portare all'obsolescenza programmata di beni di consumo e il rafforzamento degli obblighi informativi gravanti su tali soggetti.
  Il disegno di legge mira inoltre ad estendere la garanzia legale di conformità, distinguendo tra i beni di piccole dimensioni e beni di grandi dimensioni. Su questo specifico passaggio sono emerse criticità in occasione del ciclo di audizioni presso le competenti Commissioni del Senato, confermate anche dalla stessa Agcm, la quale intravede il rischio che gli oneri collegati a tale estensione possano ricadere su soggetti diversi dal produttore.
  L'
iter del disegno di legge è in corso e si auspica una sua rapida conclusione.
  La pratica dell'obsolescenza programmata, infatti, non reca solo danno ai consumatori, ma ha implicazioni molto gravi anche in tema di sostenibilità ambientale. Non vanno neanche ignorate le implicazioni in tema di spesa pubblica, dal momento in cui molti beni di consumo soggetti ad obsolescenza vengono acquistati anche dalle pubbliche amministrazioni.
  Il Governo (e, in particolare, il Ministero dello sviluppo economico) conferma, dunque, il suo impegno a portare avanti iniziative di contrasto alla pratica dell'obsolescenza programmata, anche attraverso un tavolo di confronto, dietro specifica richiesta, con le rappresentanze imprenditoriali, sindacali e le associazioni dei consumatori, ove ne sussistano le condizioni.
  

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   BARATTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   con l'adesione alla convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993, avvenuta con legge n. 476 del 1998, è stata istituita in Italia la Commissione per le adozioni internazionali il cui funzionamento e assetto organizzativo è stato successivamente riformato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 108 del 2007;

   a tale Commissione sono delegate funzioni di massima rilevanza con riferimento alla tutela dei minori ed all'ordinato esercizio delle attività di adozioni, in particolare autorizzando e vigilando sugli enti autorizzati ad operare ai sensi della legge sulle adozioni, la legge n. 184 del 1983 (articolo 39-ter);

   alla Cai spettano ulteriori e non subordinati compiti relativi alla promozione di iniziative rivolte alla operazione internazionale le quali debbono, in ogni caso, essere ispirate come del resto l'intera sua attività, all'interesse superiore del minore («best interest of the child» come lo ha più volte definito la giurisprudenza internazionale);

   nell'ambito di tali iniziative in data 10 giugno 2020 veniva pubblicato il bando «bando per il finanziamento di progetti di cooperazione internazionale» con dotazione finanziaria di euro 4.500.000,00 al fine di finanziare progettualità esterne provenienti dagli Enti autorizzati nei Paesi di riferimento;

   gli interventi finanziati dovranno avere ad oggetto azioni volte a promuovere «la prevenzione ed il contrasto dell'abbandono dei minori nei Paesi d'origine» vertendo su tre tematiche prioritarie: Salute, Accoglienza ed Educazione, rivolte al permanere dei minori nella famiglia naturale e più in generale nel contesto socioculturale di appartenenza: in famiglie affidatarie o adottive;

   la Cai è oggi organismo con dotazione di personale rilevante, avendo al proprio organico in attivo circa 25 tra dirigenti (di cui il direttore di prima fascia e due di seconda fascia) e impiegati funzionari con adeguata dotazione finanziaria;

   tale dotazione di personale e di risorse finanziarie non si concilia secondo l'interrogante con la prassi adottata rivolta all'esternalizzazione delle funzioni proprie di esclusiva competenza della Cai, palesando lo stesso stanziamento delle risorse per il suddetto bando criticità evidenti sotto il profilo dell'efficiente gestione delle risorse pubbliche ed attinenti all'organizzazione tecnica stessa della Commissione;

   tale evidenza appare confortata dalla mancata presentazione della Relazione biennale al Parlamento da parte del Presidente della Commissione –:

   quale sia lo stato dell'attività della Commissione, anche premettendo un'approfondita verifica sulle attività della stessa;

   quali iniziative intenda adottare per valutare la congruità finanziaria e la rispondenza ai fondamentali principi di economia ed efficienza della spesa pubblica, con riferimento al bando di cui in premessa;

   se intenda valutare, all'esito della valutazione di cui sopra, l'opportunità di sospendere l'esecutività del bando in questione fornendo contestualmente elementi sulle criticità evidenziate.
(4-06311)

  Risposta. — L'interrogante chiede di conoscere con la risposta alla presente interrogazione quale sia lo stato dell'attività della Commissione per le adozioni internazionali e se il Governo intenda valutare la congruità finanziaria e l'opportunità di sospendere il bando pubblicato in data 10 giugno 2020 per il finanziamento di progetti di cooperazione internazionale.
  Il Regolamento di riordino della Commissione per le adozioni internazionali decreto del Presidente della Repubblica n. 108 del 2007 prevede, tra i suoi compiti, la promozione della cooperazione fra i soggetti che operano nel campo dell'adozione internazionale e della protezione dei minori (articolo 6, comma 1, lettera
f)) e stabilisce, anche sulla base dell'attività istruttoria svolta da un tavolo tecnico di confronto con i rappresentanti delle regioni e degli enti locali costituito presso la Conferenza unificata (articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni), le modalità per coordinare le attività di cooperazione nei Paesi stranieri per la protezione e la promozione dei diritti dei minori, nonché le attività di formazione degli operatori e di informazioni (lettera q) del medesimo comma 1). Inoltre, la legge 31 dicembre 1998, n. 476, ha introdotto il requisito per gli enti che intendono ricevere l'autorizzazione a svolgere attività nel campo delle adozioni internazionali di «impegnarsi a partecipare ad attività di promozione dei diritti dell'infanzia, preferibilmente attraverso azioni di cooperazione allo sviluppo, anche in collaborazione con le organizzazioni non governative, e di attuazione del principio di sussidiarietà dell'adozione internazionale nei Paesi di provenienza dei minori» (articolo 39-ter, comma 1, lettera f) chiedendo, quindi, esplicitamente agli enti di intervenire tramite l'attuazione di progetti di cooperazione allo sviluppo.
  La CAI promuove, dunque, Io sviluppo progettuale degli interventi e la messa in rete di tutte le competenze connesse alle politiche che interessano l'adozione internazionale di minori, coinvolgendo sia gli enti autorizzati (EEAA) allo svolgimento delle procedure di assistenza delle coppie adottive italiane, sia gli altri soggetti istituzionali impegnati sul versante della protezione dei diritti dei minori, nel quadro culturale disegnato dalle Convenzioni internazionali vigenti. Il bando è, pertanto, volto a realizzare attività di cooperazione in ottemperanza all'articolo 6, comma 1, lettere
f) e q) del citato decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2007, n. 108. Alla base del bando per il finanziamento di progetti di cooperazione internazionale, pubblicato dalla segreteria tecnica della CAI in data 10 giugno 2020, con dotazione finanziaria di 4.500.000 euro, vi è il principio di sussidiarietà previsto dalla Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale, sottoscritta a L'Aja il 29 maggio 1993 e ratificata dall'Italia con la citata legge n. 476 del 1998, che prevede per ogni Stato l'adozione, con criterio di priorità, di misure appropriate per consentire la permanenza del minore nella famiglia d'origine.
  La dotazione di personale della CAI è definita all'articolo 9 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 108 del 2007, secondo cui «Il presidente, il vicepresidente e la Commissione, per lo svolgimento delle attività assegnate dalla legge e dal presente regolamento, si avvalgono di un ufficio di livello dirigenziale generale denominato "segreteria tecnica"» (comma 1), che «si articola in un servizio per le adozioni e in un servizio per gli affari amministrativi e contabili, cui sono preposti due dirigenti di seconda fascia...» (comma 2). Il comma 5 prevede che la dotazione organica della segreteria tecnica, composta da personale appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri e di altre amministrazioni pubbliche, collocati in posizione di comando o di fuori ruolo nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, sia quantificata come segue:

    a) un dirigente di prima fascia;
    
b) due dirigenti di seconda fascia;
    
c) quattordici unità di area C (nove unità con posizione economica C1; tre unità con posizione economica C2; due unità composizione economica C3);
    
d) cinque unità di area B (tre unità con posizione economica B2; due unità con posizione economica B3).

  L'articolo 6 (Regolamento recante riordino della Commissione per le adozioni internazionali) prevede ai comma 1, lettera f), che la CAI «promuove la cooperazione fra i soggetti che operano nel campo dell'adozione internazionale e della protezione dei minori». In aderenza a tale previsione normativa, la cooperazione internazionale è sempre stata realizzata attraverso bandi di finanziamento di progetti di cooperazione rivolti agli enti autorizzati o mediante la sottoscrizione di specifici accordi con singole autorità centrali.
  Gli ultimi bandi indetti dalla CAI sono stati approvati con le seguenti delibere:

    - delibera 28 del 19 dicembre 2008 «Finanziamento di progetti di sussidiarietà per gli anni 2009-2010 da realizzarsi nell'ambito dello stanziamento di competenza previsto per l'anno finanziario 2009» cui è seguita la delibera 3/2010 del 19 gennaio 2010 con la quale sono stati approvati 31 progetti proposti da Enti autorizzati per un totale di 2.730.280,71 euro;
    - delibera 1/2010 del 27 ottobre 2010 «Finanziamento di progetti di sussidiarietà per gli anni 2011-2012 da realizzarsi nell'ambito dello stanziamento di competenza previsto per l'anno finanziario 2011» cui è seguita la delibera 1/2012 del 13 marzo 2012 con cui sono stati approvati 24 progetti presentati dagli enti autorizzati per un totale di 2.938.613,55 euro.

  Il ricorso ai bandi di finanziamento non si traduce in una «esternalizzazione» di attività che altrimenti sarebbero di competenza della CAI, ma costituisce il mezzo attraverso il quale questi ultima realizza il compito, affidatole dal citato articolo 6, comma 1, lettera f) del decreto del Presidente della Repubblica n. 108 del 1997, di promuovere la cooperazione (in questo caso internazionale) «fra i soggetti che operano nel campo dell'adozione internazionale e della protezione dei minori» e quindi tra gli enti autorizzati e i Paesi terzi.
  Peraltro la CAI non si limita a svolgere un ruolo di mero finanziatore ma svolge attività di monitoraggio e controllo delle attività poste in essere dagli enti autorizzati intervenendo nelle singole fasi di attuazione dei progetti. A tal proposito si evidenzia che l'articolo 11 del bando del 10 giugno 2020 prevede la nomina di un comitato di monitoraggio dei progetti approvati cui sono demandati i seguenti compiti:

    a) monitoraggio dello stato di attuazione dei progetti finanziati anche attraverso l'esame delle relative relazioni semestrali;
    
b) valutazione delle vicende – espressamente previste all'articolo 14 del presente bando – che si potrebbero verificare nel corso dell'esecuzione del progetto riferendo alla CAI per il tramite della ST per le eventuali necessarie deliberazioni in merito;
    
c) esame delle relazioni di rendicontazione, intermedie e finali previste dal successivo articolo 12, ai fini dell'erogazione del finanziamento verificando, in particolare, la conformità delle azioni realizzate alle previsioni di progetto ed al budget, l'attuazione dei risultati attesi, degli indicatori e degli obiettivi anche con riferimento ai beneficiari delle azioni del progetto.

  Infine, in data 22 luglio 2020 con note CAI 0015453 e CAI 0015455 il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, presidente della CAI, ha trasmesso rispettivamente ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica la relazione relativa al biennio 2018/2019 sullo stato delle adozioni internazionali, sullo stato di attuazione della Convenzione de L'Aja del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale e la stipula degli accordi anche con Paesi non aderenti alla stessa. Nella seduta dell'Assemblea del Senato della Repubblica n. 245 del 28 luglio 2020 è stata annunciata la presentazione della Relazione a cui è stato attribuito il numero di documento CCLVII N. 1.
Il Ministro per le pari opportunità e la famiglia: Elena Bonetti.


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   statistiche nazionali attestano che l'età media del primo contatto con la droga è 15 anni, ma già intorno ai 12 anni molti ragazzi cominciano a provare droghe e alcol. Droghe peraltro anche facilmente acquistabili attraverso canali on line;

   in previsione della Giornata mondiale della lotta alla droga del 26 giugno, l'osservatorio della Comunità di San Patrignano ha presentato l'indagine con i dati 2019 da cui emerge che un «innocuo» spinello spesso apre la porta alla successiva tossicodipendenza;

   solo lo scorso anno 30 minorenni hanno chiesto aiuto a San Patrignano per dipendenze da cocaina ed eroina, dopo aver fatto uso di cannabis;

   nemmeno il lockdown ha frenato l'uso di stupefacenti, ma ha piuttosto acuito i problemi di convivenza tra genitori e figli;

   con il primo weekend di apertura delle discoteche, dopo il lockdown, sono tornati in pista anche gli spacciatori;

   nelle località italiane di balneazione, con la ripresa della movida e l'apertura di alcune discoteche, come riportano numerose testimonianze di residenti e verbali delle forze dell'ordine, con gli assembramenti di giovanissimi si sono registrati importanti movimenti di spaccio stupefacenti e somministrazione di alcol a minori;

   in un tale contesto a parere dell'interrogante appare illogica e inopportuna qualunque apertura sul tema della cosiddetta «droga libera» –:

   quali iniziative si intendano assumere per contrastare e prevenire l'abuso di stupefacenti e alcol nei più giovani;

   in attesa della riapertura dell'anno scolastico, che dovrebbe essere prevista per il 14 settembre 2020, se siano in programma, in collaborazione con l'ufficio scolastico regionale, nuovi progetti didattici nelle scuole, proprio a partire dai giovanissimi, per conoscere e prevenire le dipendenze;

   a tal fine, se si intenda valutare di promuovere anche incontri nelle scuole con le comunità di recupero dei tossicodipendenti.
(4-06163)

  Risposta. — Il Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri, struttura di supporto tecnico per la realizzazione delle politiche del Governo in tale ambito, è costantemente impegnato nell'attività di prevenzione delle giovani generazioni. A tale proposito il Dipartimento per le politiche antidroga promuove e finanzia progetti specifici che vanno ad agire principalmente sui giovani e sulle loro famiglie.
  Nello specifico i progetti riguardano:

   la prevenzione della diffusione delle sostanze stupefacenti e delle nuove e pericolose sostanze psicoattive nei giovani;

   la prevenzione ed il contrasto dell'uso di sostanze stupefacenti e psicotrope, nonché dell'abuso di alcol da parte dei conducenti dei veicoli;

   la prevenzione ed il contrasto della diffusione delle droghe «on line», a cui specialmente i giovani sono soliti riferirsi, per l'acquisto delle sostanze stupefacenti e delle nuove sostanze psicoattive (NPS);

   la ricerca e analisi delle informazioni provenienti dal territorio e dalle forze di polizia al fine di orientare nel miglior modo le azioni di prevenzione per indirizzare in modo più efficace ed efficiente le azioni di prevenzione nei giovani.

  Con particolare riferimento ai giovani, sono costantemente promosse iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione rivolte agli studenti, agli insegnanti e agli educatori con attività calibrate sull'età degli interlocutori e sulle problematiche a loro più prossime relative all'uso di sostanze stupefacenti in esito a mirati studi statistici.
  A tal fine, nel 2017 è stato stipulato un accordo di collaborazione inter-istituzionale tra il Dipartimento per le politiche antidroga e l'allora Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione –, per la realizzazione del progetto denominato «Cuora il futuro». Il progetto realizza, attraverso un'azione congiunta, piani, programmi educativi e iniziative
ad hoc, tra cui campagne di informazione e comunicazione mirate, per:

   informare gli studenti, le famiglie e i docenti sui rischi legati all'uso/abuso di droghe, alcol, fumo, assunzione di farmaci senza prescrizione;

   fornire alle famiglie strumenti e supporti su come «leggere» i segnali che si manifestano in caso di assunzione di droghe e alcol da parte dei loro figli, quali comportamenti adottare e come promuovere in famiglia il tema della prevenzione e dei corretti stili di vita;

   fornire ai docenti una formazione adeguata al fine di inserire nella scuola una figura di sistema che possa essere punto di riferimento e collante tra la scuola, la famiglia e il territorio e che promuova iniziative sulla salute e sui corretti stili di vita;

   rafforzare negli studenti, sin dalla scuola dell'infanzia, l'assertività ossia la capacità di affermare le proprie opinioni e le proprie scelte nel rispetto di quelle degli altri nonché la resilienza, come attitudine ad affrontare in maniera positiva eventi traumatici ed essere in grado di riorganizzare in modo costruttivo la propria vita;

   valorizzare la rete tra famiglie-scuola-territorio e, a livello nazionale, creare un tavolo di lavoro dove siano coordinate tutte le azioni da intraprendere di concerto tra le Pubbliche amministrazioni.

  Tra le azioni del piano di prevenzione in corso di attuazione, vi è anche l'erogazione di un percorso di informazione/formazione on line, indirizzato a un nucleo di docenti individuati su tutto il territorio nazionale (due docenti per ciascuna istituzione scolastica). Il percorso di informazione/formazione è stato realizzato con il supporto scientifico dell'Istituto superiore di sanità, della Direzione centrale per i servizi antidroga del Ministero dell'interno, della polizia stradale e, per la parte in presenza, del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi.
  Il percorso
on line, avviato a giugno 2019, si è concluso con la partecipazione di più di 4.000 docenti.
  I principali strumenti utilizzati per la divulgazione del progetto sono la realizzazione del sito istituzionale «Cuora il futuro» e la campagna di comunicazione, di prossima realizzazione volta ad approfondire la conoscenza del fenomeno e di tutti i danni provocati alla società dalla filiera della droga.
  Nel sito istituzionale, che costituirà un punto di riferimento per giovani, docenti e genitori, attualmente in lavorazione, saranno inserite tutte le informazioni utili e le attività intraprese in tema di prevenzione: rassegna stampa, percorsi di informazione, elenco scuole aderenti al progetto, app per i giovani,
link utili per informazioni in materia di assistenza.
  Le attività di comunicazione mirano a creare interesse sia sull'attività di formazione, sia sui temi trattati durante la campagna, sfruttando tutti i canali della comunicazione
offline e online.
  La campagna di comunicazione verrà lanciata utilizzando gli strumenti che usano i giovani: Facebook, Instagram, Twitter, per raggiungere il
target più ampio di persone e dare al contempo la massima visibilità e diffusione alle azioni del progetto. Inoltre prevede una serie di strumenti e di attività integrate, oltre alla realizzazione di eventi pubblici: format teatrali, realizzazione di spettacoli in tutta Italia rivolti a studenti, docenti e famiglie, un evento sportivo, un concerto (le attività in presenza sono state ritardate a causa dell'emergenza covid-19).
  La campagna, realizzata in collaborazione con esperti del settore (giornalisti,
media educator, esperti in materia di prevenzione e cura delle dipendenze da droghe), verterà su cinque specifiche aree individuate: Ambiente, Salute e scienza, Persone e società, Criminalità e legalità, Cultura e immaginario. Tali aree saranno sviluppate attraverso vari argomenti supportati da fatti di cronaca e testimonianze che rimandano a link specifici.
  La comunicazione dei contenuti verrà divulgata attraverso canali differenziati a seconda dei
target a cui è rivolta.
  Il progetto, inoltre, prevede il coinvolgimento diretto sia dei giovani, attraverso l'emanazione da parte del Ministero dell'istruzione di bandi di concorso per studenti sui temi della prevenzione e della promozione di corretti stili di vita, sia dei genitori, attraverso lo svolgimento di incontri di informazione e altre azioni mirate, al fine di trasmettere conoscenze e competenze sui temi delle droghe.
  Le aree sviluppate durante la campagna di comunicazione saranno ulteriore spunto di riflessione e discussione da parte dei
target a cui si rivolge, in particolare da parte degli alunni che saranno coinvolti nella partecipazione a bandi di concorso emanati dal Ministero dell'istruzione sui temi della prevenzione e della promozione dei corretti stili di vita in età scolare.
  Inoltre, sono in atto ulteriori tre accordi di collaborazione inter-istituzionali siglati con le forze dell'ordine. Due accordi sono stati siglati con la Direzione centrale per i servizi antidroga del Ministero dell'interno e uno con l'Arma dei Carabinieri, finalizzati a monitorare la rete internet (
web, dark web e social networks) per individuare e contrastare le attività di spaccio on line delle nuove sostanze psicoattive «NPS».
  Gli accordi di collaborazione prevedono incontri degli operatori di polizia con gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado per informare e sensibilizzare i ragazzi sulla pericolosità delle sostanze stupefacenti, ed in particolare delle nuove sostanze psicoattive, nonché sui rischi e sulle ripercussioni future connessi all'acquisto ed all'utilizzo delle droghe.
  Oltre a questo, il Dipartimento per le politiche antidroga ha pubblicato in data 20 maggio 2020, un avviso pubblico per promuovere progetti in materia di prevenzione delle tossicodipendenze, secondo quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 febbraio 2020 – con il concerto dei Ministri dell'istruzione, della salute e dell'economia e delle finanze – che ha assegnato le risorse del Fondo per la prevenzione della dipendenza da stupefacenti, per un valore complessivo di 4 milioni di euro.
  L'Avviso era indirizzato ai Servizi per le dipendenze patologiche dotati di autonomia organizzativa e finanziaria, agli enti, alle reti del privato sociale e alle associazioni senza scopo di lucro di cui agli articoli 114, 115 e 116 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, purché in possesso di comprovata esperienza, almeno quinquennale, nei settori d'intervento.
  Sono stati proposti 87 progetti, che verranno ora valutati da una commissione di esperti che riguardano:

   specifici interventi nelle scuole secondarie di primo e secondo grado;

   l'identificazione precoce delle condizioni di vulnerabilità e dell'uso occasionale di sostanze con la finalità di ridurre i tempi di accesso alle cure;

   supporti educativi e formativi in favore delle famiglie e del personale scolastico.

  Per promuovere infine sul territorio nazionale, progetti sperimentali finalizzati al coordinamento e al monitoraggio di attività di prevenzione e contrasto dell'incidentalità stradale alcool e droga correlata, il Dipartimento, il 14 settembre 2020, ha pubblicato un avviso rivolto ai comuni capoluogo di regione/provincia/provincia autonoma per oltre 10 milioni di euro.
  Con riferimento all'ultimo punto della interrogazione, si informa che il Dipartimento provvederà a sensibilizzare ulteriormente le regioni e le province autonome per incentivare la realizzazione degli incontri nelle scuole anche con le comunità terapeutiche.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Federico D'Incà.


   BIGNAMI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (Aig) è stata costituita con l'intervento, tra gli altri, dei rappresentanti del Ministero dell'interno, del commissario straordinario dell'Ente nazionale industrie turistiche, della direzione generale del turismo, del commissario nazionale gioventù italiana, con un apporto economico iniziale da parte dello Stato, come fondo di dotazione;

   l'associazione è ente morale a seguito del decreto del Presidente della Repubblica 1° giugno 1948, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro degli affari esteri, nonché riconosciuto quale ente assistenziale a carattere nazionale con decreto del Ministro dell'interno 6 novembre 1959, n. 10.18404/12000°40; infine, con il decreto-legge n. 97 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 203 del 1995, è stato riconosciuto definitivamente ente culturale;

   l'Italia, anche grazie ad Aig, è da sempre Paese membro qualificato della International Youth Hostel Federation, di cui fanno parte oltre 80 nazioni;

   l'Associazione si è sempre occupata di agevolare la promozione della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e dei siti riconosciuti patrimonio dell'Unesco, anche attraverso la rete della International Youth Hostel Federation;

   dal 1° luglio 2019 l'Aig si trova in procedura fallimentare (n. 492 del 2019), avviata dal tribunale fallimentare di Roma;

   il 26 giugno 2019 il tribunale fallimentare di Roma ha respinto la domanda di omologazione di concordato in continuità avviata con ricorso ai sensi dell'articolo 161 della legge fallimentare, di cui al regio decreto n. 267 del 1942, e depositata in data 30 giugno 2017, nonostante l'approvazione del piano da parte della maggioranza dei creditori, pronunciatisi a favore di Aig e della sua solvibilità;

   l'Agenzia delle entrate e l'Inps hanno espresso il proprio assenso all'omologazione del piano, anche in virtù dell'elevata patrimonializzazione dell'ente, dell'interesse sociale e della salvaguardia del livello occupazionale;

   il valore, ex articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, del patrimonio immobiliare dell'ente ammonta a oltre 21 milioni di euro e la stessa associazione, anche recentemente, è stata oggetto di lasciti testamentari;

   l'ente si è opposto alla procedura fallimentare, depositando il reclamo presso la corte d'appello ed è, ad oggi, in attesa di una risolutiva e definitiva via d'uscita;

   dopo quasi 75 anni di ininterrotta e preziosa attività al servizio del turismo giovanile, scolastico e sociale, l'Aig rischia la definitiva chiusura;

   si aggiunga, peraltro, che la procedura fallimentare sta determinando il graduale licenziamento del personale diretto e indiretto, oltre 200 persone con relative famiglie. Occorre, inoltre, evidenziare le pesanti ricadute per l'indotto dovute alla subitanea messa in vendita dell'ingente patrimonio immobiliare dell'ente, nonché alla dismissione del suo importante brand nazionale ed internazionale;

   in fase di conversione del decreto-legge «Salva imprese», fu approvata all'unanimità nelle Commissioni riunite 10a e 11a del Senato della Repubblica una norma che introduceva misure urgenti a salvaguardia del valore e delle funzioni dell'ente: tale norma fu stralciata dal maxiemendamento con l'impegno assunto dal Governo a ripresentarla in successivo provvedimento;

   a causa della gravissima crisi economica che riguarderà l'Italia per il COVID-19 sarà necessario adottare misure di sostegno al turismo e in particolare delle categorie più svantaggiate, tra cui rientrano quelle giovanili e quelli a basso reddito –:

   se siano stati attivati gli ammortizzatori sociali per tutti i dipendenti non più in servizio;

   quali iniziative siano state adottate a tutela del marchio storico e dei servizi di utilità sociali dell'Ente;

   se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, a tutela del patrimonio immobiliare dell'ente, per la salvaguardia delle sue funzioni e per il suo rilanciò e sviluppo.
(4-06465)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative si intendono intraprendere al fine di salvaguardare l'attività e le funzioni dell'Associazione italiana alberghi per la gioventù e sostenere il turismo tra le categorie più svantaggiate, in particolare tra i giovani.
  Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
  In base allo statuto l'Aig – Associazione italiana alberghi per la gioventù – è stata costituita con atto n. 28339 del 19 dicembre 1945, è un Ente morale e assistenziale a carattere nazionale priva di fini di lucro.
  L'Associazione ha per scopo istituzionale la promozione del turismo giovanile, attraverso la realizzazione e la gestione degli ostelli per la gioventù, e l'attuazione di ogni altra iniziativa idonea a favorire il miglioramento morale, culturale e fisico della gioventù, mediante la pratica del turismo, considerato mezzo insostituibile per la promozione sociale dei giovani e per favorirne la reciproca conoscenza.
  A livello internazionale l'Aig è membro ed unico rappresentante per l'Italia della Federazione Internazionale degli ostelli per la Gioventù (Iyhf, International youth hostel federation), massimo organismo mondiale competente per la ricettività dei giovani.
  Durante la conversione in Senato del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, fu approvato e poi stralciato, l'emendamento 15.0.13 che prevedeva la soppressione dell'Associazione italiana alberghi per la gioventù e, conseguentemente, costituiva l'ente pubblico non economico denominato Ente italiano alberghi per la gioventù (EIG), sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Il nuovo ente (Eig) sarebbe entrato a far parte degli enti di promozione economica con una nuova dotazione organica di 57 unità.
  Inoltre, veniva prevista la nomina di un commissario straordinario al fine dell'adeguamento statutario e per consentire l'ordinato trasferimento dei beni e delle funzioni al nuovo ente, nonché per la definizione dei rapporti pendenti in capo all'Aig.

  Gli oneri che lo Stato avrebbe sostenuto a decorrere dal 2020 sarebbero stati pari a 1,7 milioni di euro all'anno.
  Il Governo, oggi come un anno fa, è disponibile a valutare positivamente un'analoga proposta normativa per affrontare e risolvere l'attuale situazione dell'associazione italiana alberghi per la gioventù e salvaguardare le attività e le funzioni che questa svolge.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Lorenza Bonaccorsi.


   BILOTTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Officine Maccaferri è una storica azienda di Bellizzi, in provincia di Salerno, attiva dal 1951 nella progettazione e produzione di soluzioni per il contenimento del rischio idrogeologico e dell'erosione costiera e per la salvaguardia ambientale;

   in particolare, Officine Maccaferri può contare su 32 aziende, 30 impianti produttivi, 70 filiali e più di 3 mila dipendenti in tutto il mondo. Si tratta, infatti, di uno dei gruppi industriali italiani più antichi, prestigiosi e importanti, le cui forniture si sono rivelate spesso preziose per la tutela del fragile territorio italiano, alla luce delle numerosissime commesse ottenute da enti pubblici centrali e locali;

   si apprende da fonti di stampa che, a causa delle difficoltà finanziarie del gruppo, il 31 maggio 2019 la holding Seci ha depositato richiesta di concordato preventivo presso il tribunale di Bologna. Successivamente, sono entrate nella procedura altre società della controllante fino al 21 maggio 2020, quando la richiesta di concordato è stata estesa anche per la partecipata Officine Maccaferri in questione;

   sempre fonti di stampa riferiscono dell'accordo raggiunto tra la proprietà attuale e un gruppo di investitori, capitanati dal fondo statunitense Carlyle, che fornendo la liquidità necessaria per salvare il gruppo di fatto diventerebbero i nuovi proprietari dell'azienda;

   alla luce di queste notizie e della contestuale vendita del terreno ove è ubicata l'azienda salernitana, nei giorni scorsi gli operai hanno incontrato in una riunione sindacale i rappresentanti della Officine Maccaferri senza alcuna rassicurazione sul mantenimento dell'attuale capacità produttiva. Dopo una prima settimana di sciopero, trascorsa senza che l'azienda desse alcun segnale di disponibilità, i lavoratori si sono di nuovo riuniti in assemblea il 3 giugno 2020 e hanno dichiarato lo sciopero a oltranza –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti, alla luce dell'imminente perdita per l'Italia di un asset industriale strategico per la tutela del territorio e dell'ambiente;

   se e quali iniziative intenda adottare per fare chiarezza in ordine ai reali problemi che investono lo stabilimento di Bellizzi (Salerno), al fine di tutelare i lavoratori interessati e le loro rispettive famiglie.
(4-05910)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentito anche il Ministero della giustizia, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante mette in evidenza la situazione produttiva e occupazionale del Gruppo «Officine Maccaferri» (di seguito anche «OM»), con riferimento allo stabilimento di Bellizzi, in provincia di Salerno.
  Al riguardo si rappresenta,
in primis, che il sito di Bellizzi costituisce una delle componenti aziendali del cosiddetto «Gruppo Maccaferri», una multinazionale italiana specializzata in prodotti e soluzioni per l'edilizia con sede gestionale nel circondario del tribunale di Bologna (con la holding «SECI S.p.A.»). Nello stesso circondario ha sede legale anche la partecipata «Officine Maccaferri», cui fanno capo le maestranze del richiamato sito salernitano.
  Sulla vicenda sottoposta dall'interrogante è stato interpellato anche il Ministero della giustizia – avente competenza primaria sulla materia – il quale ha riferito ciò che segue.
  Dapprima Seci (in data 31 maggio 2019) e poi OM (in data 21 maggio 2020) hanno presentato istanza di concordato preventivo. Le vicende sono inevitabilmente correlate a quelle delle analoghe procedure (in tutto sedici, ciascuna autonomamente pendente presso il tribunale di Bologna), che coinvolgono alcune fra le maggiori e più importanti società dello storico Gruppo.
  A fronte della primaria dichiarata esigenza di liquidità che interessa sostanzialmente l'intero «Gruppo Maccaferri» nelle sue varie articolazioni, il fondo statunitense «Carlyle» (cui fa riferimento l'interrogante) costituisce uno dei fattori di acquisizione di risorse indicati nei progetti di concreta realizzazione del concordato preventivo. Le condizioni per l'acquisizione del relativo finanziamento e le sue modalità di utilizzo rientrano tra le questioni centrali che il tribunale di Bologna (chiamato a pronunciarsi entro le prossime settimane) dovrà affrontare con i suoi provvedimenti.
  Per mera completezza, si evidenzia che il ricorso presentato il 21 maggio 2020 da «Officine Maccaferri» è volto ad ottenere l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, con riserva di deposito del piano, della proposta e della documentazione ai sensi dell'articolo 161, commi 2 e 3, della Legge Fallimentare.
  Nel suddetto ricorso la «nuova finanza» resasi necessaria, proveniente come sopra indicato anche dal «Fondo Carlyle», viene definita quale indispensabile strumento per superare la crisi di liquidità di OM e delle controllate italiane ed estere.
  È stato, in particolare, sostenuto che con il concordato preventivo le ragioni dei creditori potranno essere comunque soddisfatte in misura superiore rispetto ad uno scenario liquidatorio (fallimentare o altro analogo). Dunque, il tribunale di Bologna è, tra l'altro, impegnato nella verifica di tale fondamentale presupposto.
  Seci, sottoposta anch'essa a concordato preventivo ed essenzialmente operante nel ruolo di
holding del «Gruppo Maccaferri», ha dato atto di aver aderito, in data 29 maggio 2020, all'accordo negoziale di cui sopra, condizionando il proprio assenso all'autorizzazione del tribunale.
  Tutto quanto sopra premesso, si sottolinea che il Ministero dello sviluppo economico non è stato sinora chiamato ad intervenire, né da parte della proprietà, né da parte delle organizzazioni sindacali in merito alla vicenda riguardante il menzionato stabilimento di Bellizzi.
  Tuttavia, ove da parte dei soggetti coinvolti pervenga espressa richiesta, si esprime sin da subito la disponibilità e l'impegno del Ministero dello sviluppo economico a monitorare l'evoluzione della vicenda, con eventuale possibilità di intervento attraverso la convocazione di un apposito tavolo di confronto, volto a garantire che venga preservata la continuità dell'attività produttiva del sito di Bellizzi ed il mantenimento dei livelli occupazionali.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   BINELLI, VANESSA CATTOI, SUTTO, LOSS, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, BILLI, COMENCINI, FORMENTINI, GRIMOLDI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 379 del 14 dicembre 2000 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 19 dicembre 2000, n. 295) reca «Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenuti all'impero austro-ungarico e ai loro discendenti», riferendosi quindi al Trentino Alto Adige e alla ex Jugoslavia;

   la legge succitata è rimasta in vigore per dieci anni, durante i quali si poteva avanzare la richiesta di cittadinanza italiana su tale base;

   pare siano rimaste inevase, a quanto risulta all'interrogante, molte pratiche di cittadinanza in quanto mancanti dei pareri del Ministero dell'interno; d'altra parte, il Ministero dell'interno sostiene che molte pratiche non risultino agli atti e debbano essere richieste ai consolati di Curitiba, San Paolo, Rio de Janeiro e Recife;

   si tratta di pratiche di cittadinanza di trentini che sono rimaste inevase o delle quali si sono perse le tracce, sia al Ministero dell'interno, sia nelle rappresentanze consolari in Brasile;

   molti trentini in Brasile, a quanto consta all'interrogante, hanno chiesto di accedere alle pratiche di cittadinanza che li riguardano, ai sensi dell'articolo 25 della legge n. 241 del 1990 e, in particolare, in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 184 del 2006, che prevede che il diritto di accesso agli atti sia esercitabile nei confronti di tutti i soggetti pubblici e di tutti quei soggetti privati coinvolti in attività di pubblico interesse, limitatamente a tale attività, ma, poiché la pubblica amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso, tali tentativi sono risultati infruttuosi –:

   quante pratiche vertenti su richiesta di cittadinanza italiana, avanzate da trentini ex lege n. 379 del 2000, siano state evase;

   in particolare, quante di tali pratiche giacciano ancora presso le rappresentanze italiane in Brasile, quante ne siano state trasmesse al Ministero dell'interno e quante di queste richieste abbiano ottenuto il nulla osta.
(4-05806)

  Risposta. — Onorevole Deputato Binelli, rispondo alla Sua interrogazione n. 4-05806 sulle richieste di cittadinanza avanzate da trentini in Brasile ai sensi della legge n. 379 del 2000, recante «Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenenti all'Impero austro-ungarico e ai loro discendenti».
  La legge menzionata consentiva alle persone originarie dei territori appartenuti all'impero austro-ungarico prima del 16 luglio 1920 – e ai loro discendenti – di ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana, rendendo apposita dichiarazione, nelle forme e con le modalità di cui all'articolo 23 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della stessa legge 379 (termine poi prorogato di ulteriori 5 anni, e quindi scaduto quasi 10 anni fa, il 20 dicembre 2010).
  La fattispecie degli italiani già residenti nei territori, italiani della ex Jugoslavia (e loro discendenti) ha poi trovato autonoma disciplina nelle previsioni della legge 8 marzo 2006, n. 124, che ha introdotto gli articoli 17-
bis e 17-ter nella legge 5 febbraio 1992, n. 91. La legge n. 379 dispiega, quindi, la propria efficacia residuale ai soli territori oggi corrispondenti sostanzialmente al Trentino.
  Per ciò che concerne il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, si segnala che non' risultano pratiche giacenti presso le sedi consolari italiane in Brasile in quanto ogni istanza ricevuta risulta essere stata regolarmente trasmessa, con la dovuta documentazione, al competente Ministero dell'interno entro il termine di scadenza previsto dalla stessa legge.
  Ogni adempimento di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale risulta pertanto, espletato.
  Premesso quanto sopra, si forniscono di seguito i dati trasmessi dalle rappresentanze diplomatico-consolari italiane in Brasile, così come richiesti dall'interrogante: sono 15.611 le domande trasmesse dai consolati al Ministero dell'interno, che ha finora rilasciato il prescritto nulla osta per 11.514 richieste; di queste ultime 11.035 sono state completate dai consolati.
  Per parte sua il Ministero dell'interno ha riferito che dell'elevato numero di domande pervenute dalle sedi consolari italiane a far data dal 2003, per la maggior parte in Brasile e in Argentina, risultano ad oggi definite quasi 38.000 domande. Peraltro, nell'ottica di una semplificazione dell'iter istruttorio (che prevedeva il rilascio del nulla osta al riconoscimento della cittadinanza previo avviso della competente commissione interministeriale, istituita presso l'ufficio studi e legislazioni del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno), il decreto ministeriale del 13 gennaio 2009 ha previsto che, nell'ipotesi in cui le istanze risultino munite di documentazione completa ed esauriente nonché del parere favorevole delle autorità riceventi, il nulla osta venga rilasciato direttamente dal direttore centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze, senza il preventivo avviso della citata Commissione, che viene convocata soltanto quando la complessità dell'esame della documentazione necessiti di una più ampia ed articolata valutazione.
  Ciascuna pratica – precisa il suddetto Ministero – rappresenta un caso a sé stante, vista la complessità della documentazione acquisita, e necessita di un attento esame poiché, pur facendo riferimento al capostipite della famiglia emigrato, può comprendere documentazione relativa ad un numero variabile di richiedenti, discendenti dal medesimo avo (possono esservi, pratiche contenenti anche oltre 100 istanze individuali).
  Risultano pertanto numerose istanze pervenute dalle rappresentanze consolari, a mezzo posta elettronica certificata (PEC), che il Ministero dell'interno riferisce essere ancora in corso di trattazione, anche per necessità di integrazioni documentali; e ve ne sono altre, non quantificabili perché mai registrate, che vengono segnalate dai diretti interessati, ma che non risultano agli atti e per le quali si rende pertanto necessario di volta in volta richiedere alle sedi diplomatiche competenti rinvio della relativa documentazione.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   BUBISUTTI, PANIZZUT, GAVA e MOSCHIONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'immigrazione clandestina sulla rotta balcanica, ripresa con un ritmo insostenibile, paragonabile ai livelli del 2015, sta assumendo connotati pericolosi per la sicurezza, anche sanitaria, e la legalità sia della regione Friuli-Venezia Giulia sia, conseguentemente, di tutto il territorio nazionale;

   purtroppo, l'immigrazione irregolare non riguarda solo gli sbarchi, ma anche i flussi migratori che avvengono attraverso gli ingressi in Italia lungo il confine italo-sloveno e dall'Austria, con i relativi rischi di diffusione del COVID-19, dal momento che proprio la scorsa settimana, il Ministro della salute ha deciso, con propria ordinanza, di disporre l'obbligo di sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario per i cittadini provenienti dalla Bulgaria e dalla Romania, nazioni interessate da alti tassi di contagiosità;

   anche gli immigrati clandestini provenienti dal confine sloveno e da quello austriaco che arrivano in Friuli-Venezia Giulia vengono fermati, quando si riesce ad intercettarli, e trasferiti in strutture che ormai sono sature, mettendo a dura prova le forze di polizia, che continuano ad essere sotto organico nonostante le ripetute richieste di un'implementazione degli organici, nonché le istituzioni locali;

   molti, tuttavia, riescono anche a sfuggire ai controlli, muovendosi poi liberamente sul territorio, con tutte le gravi conseguenze che si possono determinare in termini di sicurezza, di legalità e anche di salute pubblica e che si riverberano inevitabilmente con maggiore impatto sulle comunità locali interessate dai centri di accoglienza, come peraltro ha rilevato lo stesso Ministro dell'interno, in relazione a quanto sta accadendo in Sicilia per gli sbarchi via mare;

   i cittadini friulani, infatti, vedono ormai quotidianamente una fila indiana di persone che camminano sul ciglio della strada, oppure lungo i binari e Rfi si trova costretta a bloccare i treni dei pendolari della tratta Trieste-Udine;

   si tratta di un afflusso costante che riguarda la provincia di Trieste e quelle di Udine e di Gorizia ed è necessario, ad avviso degli interroganti, che il Governo intervenga immediatamente, per esempio disponendo la chiusura di tutti i valichi minori con la Slovenia e l'Austria, così da presidiare quelli maggiori e utilizzare strumenti tecnologici per monitorare le aree di confine al fine di evitare che le problematiche legate all'immigrazione si sommino a quelle di natura sanitaria, generando una situazione critica che rischierebbe di vanificare tutti gli sforzi compiuti nel contrasto al Coronavirus –:

   se il Governo intenda rafforzare i controlli al confine sloveno e austriaco, inviando ulteriori contingenti di forze dell'ordine, oppure il personale militare dell'operazione Strade sicure, come sta avvenendo per la Sicilia, oppure valutando l'opportunità di chiudere tutti i valichi minori con la Slovenia e l'Austria, così da presidiare quelli maggiori e utilizzare strumenti tecnologici per monitorare le aree di confine al fine di tutelare in tal modo la sicurezza sanitaria nazionale in tempi di pandemia e non vanificare così tutti gli sforzi compiuti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19.
(4-06555)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante chiede quali misure il Governo intenda adottare per controllare il flusso di migranti provenienti dalla rotta balcanica, anche al fine di prevenire la diffusione del virus Covid-19.
  In primo luogo, con riguardo al confine italo-sloveno, si assicura che la situazione dei flussi migratori a nordest è attentamente seguita e che il Governo sta lavorando in un clima di piena collaborazione con quello sloveno, proprio al fine di garantire soluzioni idonee ed efficaci per il contrasto dell'immigrazione irregolare.
  Si è concordato con le autorità di polizia slovene di riattivare quanto prima i pattugliamenti misti lungo la fascia confinaria — interrotti a far data dal 12 marzo 2020 a causa dell'epidemia — nonché di dare avvio a una sperimentazione congiunta di droni.
  Più in generale, al fine di implementare le misure a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica connessa al flusso migratorio, sono state assegnate significative aliquote di rinforzo nelle province di Trieste, Gorizia e Udine, sia per quanto concerne il rafforzamento dei servizi assicurati con l'operazione «Strade Sicure» sia con riferimento al potenziamento delle forze di polizia.
  Sul piano delle misure poste in essere, con particolare riferimento alla provincia di Trieste, il Ministero dell'interno ha assegnato a questo ambito territoriale un contingente di 130 militari delle forze armate, ai sensi dell'articolo 22 del decreto-legge n. 9 del 2020, in aggiunta a quello già operante in questa provincia nell'ambito dell'operazione «Strade sicure». Recentemente, inoltre, il settore Polterra di Trieste ha ricevuto un rinforzo di 16 operatori.
  Il predetto, contingente è stato, altresì, impiegato, con il supporto del Reparto prevenzione crimine di Padova, al fine di garantire il rispetto delle ordinanze del Ministro della salute del 16 e 24 luglio 2020 lungo le principali arterie stradali provenienti dalla Slovenia, in modo da dare maggiore densità ai mirati servizi e consentire il monitoraggio del transito veicolare eventualmente proveniente dai Paesi ritenuti, dai suddetti provvedimenti governativi, a maggior rischio epidemiologico.
  Con riferimento alla provincia di Udine, a rafforzamento delle attività di controllo ai valichi con la Slovenia e sulle principali direttrici stradali di collegamento, si segnala che i pertinenti dispositivi impegnano anche contingenti dei reparti di prevenzione crimine di Padova e Milano, nonché di militari dell'Arma dei carabinieri e del corpo della Guardia di Finanza.
  Dallo scorso 7 agosto 2020, inoltre, è presente anche un contingente aggiuntivo di 50 militari dell'Esercito italiano, impiegato nell'ambito dell'operazione «Strade sicure» e, in parte, dislocato per la vigilanza h/24 del perimetro esterno dell'ex caserma Cavarzerani di Udine.
  Anche nel territorio della provincia di Gorizia, i valichi di frontiera con la Slovenia sono oggetto di una mirata pianificazione interforze dei servizi di vigilanza e controllo attuata con il concorso di personale dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza. A tale scopo, inoltre, il relativo contingente dell'operazione «Strade sicure» è stato potenziato con l'assegnazione di altri 50 militari.
  Si segnala, infine, che, allo scopo di prevenire rischi di contagio, i migranti, sia rintracciati sia spontaneamente presentatisi, sono sottoposti a
screening sanitario e al prescritto periodo di isolamento precauzionale nelle strutture appositamente individuate dalle competenti prefetture di Trieste, Gorizia e Udine, al termine del quale, se negativi al tampone, sono trasferiti nelle previste strutture d'accoglienza anche in regioni diverse. A quest'ultimo riguardo si segnala che, alla data del 7 settembre 2020, risulta disposto il trasferimento di 475 migranti dal Friuli Venezia Giulia ad altre regioni.
  In conclusione, si assicura che resta costante ed elevata l'attenzione del Ministero dell'interno sui fenomeni in esame, anche al fine di garantire, in questa particolare contingenza, con assoluto rigore, la tutela della salute della collettività, attraverso la predisposizione di ogni misura volta a prevenire la diffusione del contagio.
  

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   CANTALAMESSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con determina del 5 febbraio 2018 del comune di Procida (Napoli) è stato aggiudicato il servizio per accoglienza a favore dei richiedenti asilo alla Associazione Less Impresa sociale onlus (P. IVA 05478121212 C.I:94195150639), con sede legale in Via Fiumicello a Loreto, n. 7, (IMA), risultata prima in graduatoria;

   il 16 maggio 2018 è stato stipulato il contratto di appalto, Rep. n. 81/2018, tra il comune di Procida e l'associazione Less per lo svolgimento delle attività di accoglienza a favore dei rifugiati e richiedenti asilo per 34 posti previsti dall'articolo 3, comma 2, lettera a) dell'allegato al decreto del Ministero dell'interno del 10 agosto 2016;

   detto contratto è stato corretto ed integrato con determina n. 198/909 del 15 novembre 2018, registrata all'Agenzia delle entrate di Ischia, al n. 667, serie III;

   le attività previste dal contratto sono state avviate in data 5 ottobre 2018 e saranno ultimate entro il 31 novembre 2020;

   con nota protocollo n. 017680 del 2018 la Less ha trasmesso la documentazione relativa alla trasformazione avvenuta da «LESS Impresa Sociale Onlus» in «LESS Soc. Coop. Sociale a.r.l.», avente la medesima sede e P. IVA;

   cittadini e consiglieri comunali, a norma dello statuto comunale, hanno chiesto la convocazione di un apposito referendum per poter coinvolgere la cittadinanza in merito ad una decisione che non era prevista nel programma dell'amministrazione, né rientra tra gli adempimenti che la legge rende obbligatori per gli enti locali;

   l'amministrazione in carica ha bocciato la proposta di referendum popolare procedendo nel suo disegno attuativo;

   il progetto ha previsto un costo di 450.000 euro all'anno per 34 migranti con una quota di cofinanziamento a carico del comune di Procida;

   tale progetto ha previsto tra le attività anche il fitto di immobili, previa loro ristrutturazione, a carico dei fondi pubblici;

   da un accesso agli atti da parte di alcuni consiglieri comunali è emerso che il numero effettivo di rifugiati e richiedenti asilo è di 21 persone, a fronte delle 34 indicate nel contratto;

   tale rimodulazione a quanto consta all'interrogante, non sarebbe stata sottoposta all'attenzione del consiglio comunale;

   il progetto è in fase avanzata e, a fronte di fatture di pagamento che il comune è chiamato ad adempiere nei confronti della Less, dagli atti del comune non sono riscontrabili quali siano i fornitori della medesima, né le modalità con le quali siano stati scelti né, tantomeno, si ha riscontro sulle modalità di affidamento e scelta di eventuale personale o ulteriori soggetti che hanno provveduto a fornire beni, servizi e prestazioni professionali –:

   se il Governo sia a conoscenza delle criticità evidenziate in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per verificare il corretto utilizzo dei fondi statali erogati per garantire i servizi di accoglienza per richiedenti protezione internazionale, assicurando la dovuta trasparenza.
(4-04891)

  Risposta. — Con riferimento ai quesiti posti dall'interrogante, in relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  Dai dati acquisiti dalla prefettura di Napoli, si rileva che la struttura cui si fa riferimento nell'interrogazione – un centro di accoglienza di secondo livello per titolari di protezione internazionale e minori non accompagnati, situato nel comune di Procida e gestito dalla onlus Less – ospita alla data del 22 settembre 2020, 18 persone, a fronte di una capienza di 34 posti.
  Il controllo sulla rendicontazione presentata dal gestore amministrativo-contabile, inerente l'utilizzo dei fondi stanziati e i fornitori della struttura, è rimesso al revisore contabile, organo indipendente, nominato dall'ente locale.
  Ai sensi dell'articolo 1-
sexies del decreto-legge n. 416 del 1989, convertito nella legge n. 39 del 1990, gli stati di avanzamento dei lavori sono trasmessi semestralmente al servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locati che prestano i servizi di accoglienza, affidato all'Anci.
  Il predetto servizio centrale si occupa delle procedure d'inserimento dei beneficiari nei progetti disponibili e, in accordo con il Ministero dell'interno, svolge un ulteriore controllo sulla rendicontazione finale presentata dall'ente locale, ai sensi del manuale unico di rendicontazione per i servizi di accoglienza.
  Il comune di Procida, beneficiario del progetto Sprar/Siproimi a decorrere dal 2018, ha rappresentato che le attività svolte presso la struttura nel corso per l'anno 2018 e per il 2019 sono state rendicontate.
  L'ente locale ha, altresì, evidenziato che il numero delle persone presenti nel centro è suscettibile di variazioni, rispetto alla capienza prevista dal progetto, in relazione alle esigenze manifestate dal Ministero dell'interno attraverso il servizio centrale Sprar/Siproimi, oppure in base all'esito dei percorsi individuali dei beneficiari o alla variazione della composizione dei nuclei familiari accolti.
  Infine, ha precisato che non sono emerse criticità in sede di rendicontazione e che i fornitori impiegati per le esigenze di progetto sono stati selezionati in base alle circolari ministeriali di riferimento e alle previsioni normative inerenti allo svolgimento di servizi finalizzati ad attività di integrazione, assistenza e protezione sociale.

Il Viceministro dell'interno: Vito Claudio Crimi.


   CANTALAMESSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   un'indagine della procura della Repubblica di Napoli, iniziata nel 2019, sul clan camorristico denominato «Alleanza di Secondigliano» ha svelato inquietanti retroscena in merito all'ospedale San Giovanni Bosco di Napoli;

   in particolare, nella relazione redatta dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli si riferiva che l'ospedale San Giovanni Bosco sarebbe diventato nel tempo «la sede sociale dell'Alleanza di Secondigliano»;

   secondo il procuratore capo Giovanni Melillo, gli uomini della camorra «controllavano il funzionamento dell'ospedale dalle assunzioni, agli appalti e alle relazioni sindacali»;

   in seguito all'inchiesta della magistratura, è stata insediata una commissione di accesso sulle infiltrazioni camorristiche nominata dal prefetto di Napoli Carmela Pagano;

   il presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, aveva definito l'iniziativa della commissione «una buffonata politico-propagandistica», chiedendo le dimissioni del prefetto;

   secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa, alcuni giorni fa la commissione avrebbe concluso il suo lavoro e presentato la relazione al Ministro dell'interno;

   secondo le prime indiscrezioni riportate da alcuni quotidiani, il Ministro Lamorgese avrebbe già deciso il commissariamento dell'azienda ospedaliera campana Asl Napoli 1, sulla scorta di quanto contenuto nella relazione presentata dalla Commissione di accesso;

   con una nota stampa, il Viminale ha smentito tale ricostruzione dei giornali e ha dichiarato che «nessuna decisione è stata assunta, fino ad ora, dal Ministro dell'interno in merito alla proposta di scioglimento della Asl Napoli 1», e che sarebbe ancora in corso al Viminale la fase istruttoria affidata agli uffici competenti;

   inoltre, si è precisato che, a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 18 del 2020, che ha rimodulato i termini di tutti i procedimenti ex articolo 143 del Testo unico degli enti locali, il Ministro dovrà eventualmente formulare la proposta al Consiglio dei ministri entro il prossimo mese di dicembre;

   la Asl Napoli 1 è l'azienda ospedaliera più grande del sud Italia;

   i cittadini campani meritano al più presto una risposta sulle sorti dell'azienda ospedaliera e chiarimenti sulla gestione della sanità regionale da parte dell'attuale Governatore –:

   in relazione a quanto esposto in premessa, in che modo il Governo intenda procedere, per quanto di competenza, in merito alla vicenda suesposta e, in particolar modo, quali tempistiche si prevedano per assicurare al più presto una decisione circa il commissariamento della Asl Napoli 1.
(4-05930)

  Risposta. — In relazione alle questioni poste dall'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Nel mese di giugno 2019, con un'operazione congiunta la polizia di Stato, l'arma dei carabinieri, la guardia di finanza e la direzione investigativa antimafia, hanno eseguito un'ordinanza di applicazione di misura cautelare in carcere e agli arresti domiciliari nei confronti di 126 persone ritenute responsabili di associazione per delinquere di stampo mafioso nonché di altri diversi reati.
  Uno dei filoni di indagine, confluito nel provvedimento cautelare in parola, ha portato, tra le altre risultanze, a scoprire influenze e interessi del clan Contini in taluni aspetti attinenti alla gestione dell'ospedale San Giovanni Bosco, sito all'interno del «rione Amicizia».
  Alla luce del quadro sopra delineato giova evidenziare come la questura di Napoli si sia prontamente attivata per rafforzare le misure di osservazione e vigilanza, già disposte con proprio personale oltre che in sinergia con l'arma dei carabinieri, in un'ottica di prevenzione e repressione dell'illegalità.
  Si fa altresì presente che alla luce dei fatti emersi, il 6 luglio 2019, la prefettura di Napoli ha inoltrato al Ministero dell'interno, su conforme avviso del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, la richiesta di delega per l'accesso presso l'ASL Napoli 1 centro.
  Successivamente, il 23 luglio 2019, è stata costituita un'apposita commissione d'indagine, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo del 18 agosto 2000 n. 267 (TUEL), incaricata degli accertamenti ispettivi, che si è insediata presso l'azienda sanitaria locale nei due giorni successivi.
  Al riguardo si rammenta che il predetto articolo 143 del Tuel disciplina l'articolata procedura volta alla verifica della sussistenza di «concreti, univoci e rilevanti» elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare, dettando anche la scansione temporale delle diverse fasi procedimentali.
  Tale procedura è prevista ai sensi dell'articolo 146 del Testo unico, anche per gli organi, comunque denominati, delle aziende sanitarie locali e ospedaliere.
  La Commissione, al fine di concludere la propria complessa attività d'indagine, ha chiesto ed ottenuto una proroga, di tre mesi, a decorrere dal 25 ottobre 2019.
  In data 23 gennaio scorso, la Commissione ha depositato presso la prefettura di Napoli la relazione ispettiva che, ai sensi del comma 3, del citato articolo 143 del TUEL, è stata esaminata in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, che ha visto la partecipazione del procuratore della Repubblica di Napoli.
  Il prefetto di Napoli ha inviato al Ministro dell'interno, il 6 marzo 2020, la relazione conclusiva sugli esiti degli accertamenti svolti.
  È opportuno rilevare come il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, in seguito allo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, sia intervenuto con disciplina transitoria sul citato articolo 143 del TUEL, stabilendo il differimento dei termini in esso previsti.
  Anche alla luce del suddetto intervento normativo, il procedimento in questione è attualmente in corso e le risultanze acquisite dalla prefettura di Napoli sono tutt'ora al vaglio per le conseguenti determinazioni.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


   CECCHETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc) gestisce, in collaborazione con l'autorità giudiziaria, l'intero processo finalizzato alla destinazione dei beni sequestrati e poi confiscati in via definitiva, affinché vengano restituiti alle comunità e ai territori attraverso il loro impiego per scopi sociali o istituzionali fin dalla fase del sequestro;

   istituita nel 2010, l'Anbsc è un ente con personalità giuridica di diritto pubblico, vigilato dal Ministero dell'interno e, con la sua attività, favorisce la raccolta e lo scambio di informazioni sui beni e il superamento di eventuali criticità relative alla loro destinazione, dalla fase di sequestro durante la quale coadiuva gli amministratori giudiziari alla fase di gestione diretta dei beni, dopo la confisca, fino alla loro destinazione;

   tra le attività funzionali alla destinazione dei beni confiscati c'è l'organizzazione, in collaborazione con le prefetture e gli enti locali, delle conferenze di servizi nell'ambito delle quali le amministrazioni del territorio possono manifestare l'interesse all'acquisizione dei beni;

   con riguardo ai beni mobili sequestrati, l'ultima modifica del codice antimafia intervenuta con la legge 17 ottobre 2017, n. 161, ha introdotto disposizioni più stringenti finalizzate a non perpetuare costose, inutili custodie di beni privi di redditività e ha aggiunto gli enti territoriali tra i soggetti cui tali beni possono essere affidati in custodia giudiziale, obbligando anche il tribunale alla vendita, su richiesta dell'amministratore o dell'Agenzia nazionale, nel caso in cui non possano essere amministrati senza pericolo di deterioramento o di rilevanti diseconomie e alla loro distruzione o demolizione nel caso in cui i beni siano privi di valore, improduttivi, oggettivamente inutilizzabili e non alienabili –:

   se ritenga di adottare iniziative per includere, tra i soggetti che possano beneficiare dell'utilizzo dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità, anche le organizzazioni di volontariato di protezione civile, ampliamento che risulta in linea con l'ultima modifica normativa intervenuta in materia, volta a ridurre i costi riguardanti la gestione dei beni sequestrati e confiscati.
(4-06269)

  Risposta. — Con riferimento al quesito posto dall'interrogante, relativo all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, si rappresenta quanto segue.
  Ai sensi dell'articolo 38, comma 3, del Codice antimafia, l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata amministra e gestisce i beni dalla data di deposito della confisca di secondo grado, emessa dalla Corte d'appello, fino all'emissione del provvedimento di destinazione.
  Il comma 1 del medesimo articolo prevede, inoltre, che fino al momento della confisca di secondo grado, l'attività svolta dall'Agenzia si configuri quale ausilio e supporto all'autorità giudiziaria, su richiesta di quest'ultima.
  Con il provvedimento di confisca emesso in giudizio di appello, l'Agenzia subentra nell'amministrazione e nella gestione dei beni e può avvalersi, per tale attività, di un coadiutore che può essere individuato nell'amministratore giudiziario nominato dal Tribunale.
  L'organizzazione delle conferenze di servizi per la destinazione dei beni immobili – alle quali partecipano, tra l'altro, le prefetture, i comuni e tutti i soggetti di cui all'articolo 48, comma 3, del Codice antimafia – non esaurisce l'insieme degli strumenti impiegati nel procedimento di destinazione, che si articola anche attraverso interlocuzioni dirette con tutti i soggetti titolati a manifestare, secondo quanto disposto dal citato articolo 48, un eventuale interesse.
  Per quanto concerne i beni mobili, sin dalla fase del sequestro e confisca di primo grado, i Tribunali possono procedere direttamente alla vendita o all'assegnazione provvisoria degli stessi.
  Anche l'Agenzia può procedere, previo nulla osta del giudice delegato e prima della definitività del procedimento, all'assegnazione provvisoria dei beni mobili o immobili in comodato d'uso.
  In merito allo specifico quesito concernente le iniziative volte a includere anche le organizzazioni di volontariato e di protezione civile tra i possibili soggetti idonei a beneficiare dell'utilizzo dei beni sequestrati e confiscati, si rappresenta che il 31 luglio 2020 l'Agenzia ha pubblicato il primo bando per l'assegnazione diretta di beni immobili confiscati a enti e associazioni del terzo settore, come previsto dall'articolo 48, comma 3, lettera c-
bis del Codice antimafia.
  Nella circostanza, sono stati messi a disposizione oltre 1.000 lotti su tutto il territorio nazionale, per un totale di circa 1.400 particelle immobiliari. I migliori progetti saranno premiati con l'assegnazione di un contributo massimo di 50 mila euro, fino all'esaurimento del
budget complessivo, pari a 1 milione di euro, appositamente assegnato all'Agenzia dalla legge di bilancio 2020/2022 per l'esercizio 2020.
  Il 6 agosto 2020, il Consiglio direttivo dell'Agenzia ha approvato il documento «I beni mobili iscritti in pubblici registri. Linee guida per la destinazione», con il quale sono state semplificate le procedure di destinazione dei beni e sono stati individuati i criteri di scelta da attuare in caso di manifestazioni d'interesse provenienti da più soggetti, ivi incluse le associazioni di volontariato che, come previsto dalla menzionata normativa, risultano a pieno titolo possibili destinatari dei beni.
  Per quanto riguarda, infine, la particolare categoria dei veicoli speciali, funzionali alle esigenze del soccorso pubblico – fatta salva la priorità che il codice antimafia riserva al Corpo nazionale dei vigili del fuoco – sul sito istituzionale dell'Agenzia è stata creata un'apposita sezione della «vetrina», il cui obiettivo è quello di facilitare la pronta conoscenza di questa specifica tipologia di mezzi, nonché di pubblicizzarne le diverse disponibilità.
  

Il Viceministro della giustizia: Matteo Mauri.


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   diverse organizzazioni avrebbero segnalato una anomala gestione del personale in servizio presso il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria della Calabria, in particolare nelle note si fa riferimento ad una incomprensibile quanto, ingiustificata mobilità dagli istituti penitenziari al provveditorato regionale e viceversa;

   sembrerebbe che, al Prap di Catanzaro, continuerebbe a permanere personale non stabilizzato, in deroga agli accordi tra il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) e le organizzazioni sindacali, secondo cui, sarà definitivamente stabilizzato presso le sedi provveditorali solo il personale distaccato da lungo tempo, con cristallizzazione al 5 luglio 2017, tale circostanza, seppur segnalata svariate volte dal Dap, non ha avuto alcun riscontro;

   inoltre, sembrerebbe che n. 6 unità, già in servizio presso il Prap di Catanzaro, al termine del corso da vice ispettore, sarebbero state impiegate dalla nuova gestione come semplici addetti demansionandoli palesemente;

   ed ancora, dalle denunce sindacali emergerebbe altresì che n. 2 unità appartenenti al ruolo di funzionario giuridico pedagogico, cui spetterebbe l'attività finalizzata al trattamento e alla; rieducazione del detenuto, siano in servizio presso il Prap per svolgere mansioni differenti rispetto a quelle di propria competenza;

   tale improprio utilizzo delle risorse starebbe ingenerando un diffuso malcontento nel personale in servizio presso gli istituti di pena che, tra l'altro, si vedono costretti a dover sopperire alle gravi carenze di personale, anche attraverso il servizio di missione presso istituti distanti tra loro centinaia di chilometri;

   da ultimo, va segnalato che, negli ultimi anni il Nir (Nucleo investigativo regionale), avrebbe subito una drastica riduzione del personale, «defenestrato», quasi a volerne depotenziare le mansioni;

   tale circostanza, sarebbe avvalorata dal fatto che, nonostante il recente provvedimento del capo del dipartimento, in caso di necessità, verrebbe prelevato organico dagli istituti penitenziari, invece di avvalersi del personale stabilizzato presso il provveditorato;

   l'attuale assetto del provveditorato sembrerebbe evidenziare, ad avviso dell'interrogante, una grave lesione della dignità del lavoratore, che vedrebbe mortificata la propria legittima aspirazione di crescita professionale da quelle che appaiono all'interrogante come deleterie dinamiche di potere, e, come sostenuto anche dai sindacati, sarebbe opportuno che venissero adottate le iniziative di competenza al fine di evitare l'utilizzo di posti dedicati come merce di scambio nelle mani di questo o quel dirigente;

   si sottolinea, ancora, che nell'anno 2018 la struttura provveditorale sarebbe stata oggetto di una ispezione ministeriale, per la quale occorrerebbe verificarne gli esiti date le criticità ancora persistenti;

   a parere dell'interrogante se quanto denunciato nelle note sindacali corrispondesse al vero, si sarebbe di fronte ad una grave violazione dei diritti dei dipendenti pubblici;

   tutto quanto descritto metterebbe in luce irregolarità nella gestione e amministrazione degli operatori del corpo mediante atti d'imperio in spregio, a quanto risulta all'interrogante, non solo ai prìncipi di buon andamento e imparzialità sanciti dall'articolo 97 Costituzione, ma altresì di trasparenza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per garantire i diritti dei dipendenti pubblici;

   se non intenda procedere, per quanto di competenza ad una verifica dell'operato degli organi dirigenziali dell'istituto in relazione alle scelte aventi ad oggetto la mobilità del personale in servizio presso il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per la Calabria.
(4-04585)

  Risposta. — In relazione ai quesiti sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, inerente alla gestione delle risorse umane presso il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per la Calabria, si evidenzia quanto segue.
  Si riassumono innanzitutto i dati riferiti al personale del Corpo in servizio, allo stato, presso tutti gli istituti di pena del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per la Calabria, dai quali si evince una relativa carenza organica, peraltro comune a quella risentita da tutti gli istituti penitenziari del territorio della Repubblica, per effetto della modifica dell'organico complessivo del corpo, apportata dal decreto legislativo n. 95 del 2017, che ha ridotto l'organico previsto da n. 45.121 a n. 41.202 unità, nonché alla lunga prassi di arruolamenti nei limiti del
turn over (ovvero di quota dei soggetti cessati):

Ruolo

Organico
Previsto

Forza
Amministrata

  Direttivo

36

31

  Ispettori

188

120

  Sovrintendenti

261

29

  Agenti
  Assistenti

1.547

1.490

  TOTALE

2.032

1.670

  Ai dati numerici complessivi vanno aggiunte n. 16 unità distaccate in ingresso, e sottratte n. 72 unità distaccate in uscita; pertanto, al netto delle entrate e delle uscite, risultano effettivamente amministrate complessive 1.614 unità.
  Il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del Corpo, a seguito del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 in materia di revisione dei ruoli delle forze di polizia, è in corso di svolgimento.
  Stando ai dati riferiti dal competente Provveditorato, l'asserita «eccessiva mobilità» del personale dagli istituti penitenziali calabresi verso il locale Provveditorato non troverebbe effettivo riscontro nella realtà, atteso che, alla data del 9 marzo 2020, erano solo tre le unità di personale del Corpo di polizia penitenziaria provenienti da istituti della regione, in assegnazione provvisoria presso il locale provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria.
  Nella fattispecie, il provvedimento di distacco temporaneo di un dirigente del Corpo presso l'ufficio sicurezza e traduzioni del locale Provveditorato è stato dettato da esigenze di servizio legate all'assenza del direttore titolare del medesimo ufficio, per sopperire al quale è stato conferito incarico provvisorio di reggenza al direttore dell'ufficio Affari generali, personale e formazione, supportato, appunto, dal dirigente di Polizia penitenziaria in questione.
  Quest'ultimo, peraltro, collabora alle attività ispettive svolte in regione, nonché ai processi di competenza del direttore dell'ufficio sicurezza e traduzioni del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per tutte le attività inerenti alla prevenzione della corruzione in ambito regionale. Relativamente a tale provvedimento di assegnazione provvisoria, inoltre, è utile evidenziare che la sede cedente risulta comunque coperta, attesa la presenza di un altro dirigente del corpo ivi in servizio.
  I provvedimenti di assegnazione provvisoria relativi alle due unità del corpo appartenenti al ruolo agenti/assistenti invece, trovano ragione nelle esigenze di servizio conseguenti al depauperamento delle qualifiche esecutive presso il locale Provveditorato, in conseguenza della riassegnazione al Provveditorato stesso, con qualifica superiore, di sei vice ispettori che già vi prestavano servizio nel ruolo agenti/assistenti (provvedimento di questa sede centrale). Tra l'altro, per una delle due unità distaccate, sussistono particolari condizioni ascrivibili all'articolo n. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 254.
  Le suddette sei unità appartenenti al ruolo ispettori operano in settori nevralgici, ricoprendo, di fatto, con formale ordine di servizio, mansioni confacenti alla qualifica rivestita, ovvero:

   una unità presso il settore Segreteria polizia penitenziaria dell'ufficio I-Affari generali, personale e formazione;

   una unità presso l'ufficio II - Contabilità;

   due unità presso l'ufficio III - Detenuti e trattamento;

   due unità presso l'ufficio IV - Ufficio sicurezza e traduzioni.

  L'assegnazione ai predetti uffici ha tenuto conto delle esigenze dei settori, sinora privi di qualifiche «di concetto», onde elevare la qualità delle attività di competenza, sotto il coordinamento dei dirigenti del Corpo responsabili.
  Tali assegnazioni sono, inoltre, del tutto conformi ai compiti istituzionali e, in ogni caso, coerenti con le previsioni di cui all'articolo 5, comma 3, della legge 15 dicembre n. 395, come modificato dall'articolo 29, comma 1, lettera
b), n. 2 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 172 (attività amministrative di supporto e direttamente connesse ai servizi di istituto). Nel breve periodo di servizio svolto con la nuova qualifica, alcuni hanno manifestato ottime qualità professionali e competenza, riconosciute sia dai responsabili degli uffici stessi che da parte degli altri componenti; altri, invece, hanno palesato maggiori difficoltà di adattamento. Per tale ragione, lo stesso Provveditore non esclude che, dopo un congruo periodo, le assegnazioni possano essere riviste, anche in base al principio della rotazione negli incarichi.
  Relativamente ai funzionari giuridico pedagogici, si evidenzia che la dotazione organica del Provveditorato prevede la presenza di complessive n. 3 unità; allo stato, ne risultano presenti solamente 2, una delle quali con provvedimento di distacco provvisorio proveniente da altra sede. Le due unità presenti sono assegnate, rispettivamente:

   al settore Trattamento dell'ufficio III - detenuti e trattamento. Trattasi, peraltro, di un funzionario inserito, con provvedimento dello scrivente 5 luglio 2018, nella graduatoria dei referenti del Contenzioso per il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria;

   l'altra unità, considerata la carenza dei funzionari dell'organizzazione e delle relazioni è responsabile da molti anni del settore Affari generali e del settore della Formazione regionale, avendo tra l'altro maturato una specifica professionalità in materia.

  Sono assegnate al Nucleo N.i.r. investigativo regionale tre unità di personale, compreso il Comandante. Si tratta di unità regolarmente «stabilizzate» presso il locale provveditorato con provvedimenti di questa sede centrale, assegnate a suo tempo al N.i.r. con provvedimenti formali asseverati dall'ufficio del Capo del Dipartimento. Con analoghi provvedimenti sono state impiegate in passato altre unità (individuate in base alle effettive esigenze discendenti dalle attività di polizia giudiziaria delegate dalle AA.GG. e nel rispetto delle disposizioni in materia), poi restituite alle rispettive sedi, cessate le esigenze.
  Dal 26 al 28 giugno 2018 è stata effettuata dal capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria presso il locale provveditorato una verifica amministrativa di carattere straordinario, a fronte della necessità di verificare la gestione dell'articolazione regionale affetta da alcune presunte irregolarità e malfunzionamenti segnalati nel tempo.
  Il presidente della Commissione ispettiva ha espresso le proprie considerazioni, segnalando, che, in via generale, sono stati avviati tutti i necessari interventi di rinnovamento nella gestione del Provveditorato regionale, con particolare attenzione al Nucleo investigativo regionale.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa giunge il drammatico racconto di una infermiera 48enne che, domenica 3 maggio 2020, a Napoli, dopo aver prestato la propria assistenza a pazienti reduci da COVID-19, mentre su una panchina attendeva l'autobus che l'avrebbe riportata ad Avellino, dove vive, sarebbe stata aggredita e violentata da un extracomunitario di origine senegalese;

   nel silenzio della deserta città partenopea vane sarebbero state le urla e i tentativi di divincolarsi della donna, la quale per ben 45 minuti avrebbe lottato contro il suo aguzzino;

   a porre fine alla violenza sarebbe stato il conducente di un autobus, il quale accortosi di quanto stava accadendo immediatamente avrebbe iniziato ad urlare; nel frattempo sarebbe intervenuta una pattuglia dell'Esercito ed una pattuglia della Polizia di Stato che avrebbe ammanettato l'aggressore non appena arrivata sul posto;

   l'indicibile crimine che ha colpito la donna sembrerebbe confermare l'assenza di controllo del territorio ed una mala gestio degli immigrati irregolari, i quali, abbandonati a se stessi – e nonostante le misure emergenziali disposte dal Governo, che hanno di fatto limitato le libertà personali di tutti i cittadini – circolano liberamente, in spregio alle disposizioni governative;

   da tempo, infatti, i residenti della zona hanno denunciato la presenza di assembramenti di cittadini stranieri che continuano a trattenersi per le strade deserte della città senza un apparente motivo;

   la grave emergenza epidemiologia che si sta vivendo di certo non può e non deve essere causa di sospensioni o di rallentamenti sia dell'attività di controllo del territorio sia della gestione dell'immigrazione;

   tale gravissimo fenomeno, se sfuggito di mano, come l'episodio in parola suggerisce, inficerebbe, oltremodo, la sicurezza pubblica già in una situazione assai allarmante –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per rafforzare la gestione, il controllo e la prevenzione del fenomeno della immigrazione irregolare, al fine di garantire la maggiore sicurezza dei cittadini;

   se non intenda verificare che le autorità di pubblica sicurezza competenti per territorio abbiano predisposto tutte le azioni di controllo per impedire la libera circolazione degli extracomunitari sul territorio nazionale ed, in particolare, nella città di Napoli e se, nonostante la grave emergenza epidemiologica, si stia procedendo, per quanto di competenza, con le espulsioni degli stranieri che sono illegalmente sul nostro territorio.
(4-05591)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si richiama l'attenzione su quanto accaduto a Napoli il 3 maggio 2020 ai danni di una donna aggredita da un cittadino di origine senegalese.
  L'uomo, uno straniero senza fissa dimora in possesso di foglio di soggiorno in corso di validità, rilasciato per motivi di protezione speciale dalla Questura di Catania, è stato immediatamente rintracciato e arrestato per i reati di violenza sessuale, rapina, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali dolose.
  Giova rilevare che la zona dell'accaduto ricade in una vasta area urbana in cui sono racchiusi i quartieri di San Lorenzo, Vasto, Vicaria e Mercato. Si tratta di luoghi con una presenza significativa di cittadini extracomunitari, nei quali le forze dell'ordine assicurano servizi continuativi di controllo del territorio, nonché operazioni straordinarie.
  Tali operazioni sono finalizzate a rendere più efficace la prevenzione e il contrasto a ogni forma di illegalità e vedono impegnati numerosi operatori della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, unitamente al personale della Polizia locale e dell'ispettorato territoriale del lavoro e dell'Asl.
  Nel corso di tali interventi vengono controllate numerose persone e ispezionati veicoli ed esercizi commerciali, attività che portano al sequestro di armi bianche, di sostanze stupefacenti, di merci contraffatte e di prodotti alimentari e veicoli. Vengono, inoltre, applicate sanzioni per violazioni di leggi sanitarie, assenza di autorizzazioni sanitarie e occupazione di suolo pubblico.
  In particolare, nei citati quartieri di Vasto e Vicaria, nel periodo marzo-maggio 2020 sono state elevate a carico dei cittadini extracomunitari 73 sanzioni per il mancato rispetto delle misure di contenimento – ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge del 25 marzo 2020, n. 19 recante «Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid 19» – e sono state effettuate numerose denunce per reati predatori.
  L'esigenza di garantire l'ordine e la sicurezza dell'area in questione è stata oggetto di approfondite analisi in numerose riunioni di coordinamento delle forze di polizia e di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica presso la Prefettura di Napoli.
  Nel corso di tali incontri, tenuto conto dei molteplici e diversificati aspetti che caratterizzano i suddetti quartieri - connotati da un marcato degrado socio-culturale e da ripetute condotte delinquenziali - si è proceduto alla stesura di un articolato programma di interventi che, nell'ambito delle rispettive competenze, coinvolgono, in modo sinergico le forze di polizia, il comune e le municipalità.
  Per quanto invece attiene più specificamente alla problematica dell'immigrazione irregolare, richiamata anch'essa nell'interrogazione cui si risponde, si rappresenta che, anche durante l'emergenza sanitaria, è proseguita l'attività di esecuzione delle decisioni di rimpatrio, anche in misura ridotta nel periodo di maggiori restrizioni della circolazione delle persone.
  Parimenti, durante il periodo pandemico gli accessi da parte degli immigrati irregolari nei centri di permanenza per il rimpatrio sono proseguiti soprattutto in relazione ai casi di stranieri con particolari profili di pericolosità.
  Si assicura che, nonostante alcune limitazioni conseguenti all'adozione delle misure sanitarie precauzionali, i suddetti centri per il rimpatrio hanno sempre portato avanti la loro attività e l'allontanamento progressivo delle misure precauzionali adottate «post lockdown» ha consentito la ripresa delle procedure di rimpatrio.
  

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   CIRIELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'emergenza sanitaria epidemiologica la società Poste Italiane spa aveva riorganizzato e limitato l'apertura degli uffici postali su tutto il territorio nazionale, al fine di evitare l'assembramento all'interno delle sedi e garantire la massima sicurezza dei propri dipendenti;

   la società, superata la «fase uno», avrebbe provveduto a riaprire in regione Campania i propri uffici e, nel dettaglio, le sedi operative sarebbero pari al 91 per cento in provincia di Napoli, al 99 per cento ad Avellino e Benevento e al 93 per cento a Caserta e Salerno;

   si apprende da organi di stampa che, nonostante la rimodulazione avviata di recente, alcune filiali sarebbero rimaste chiuse e tra queste vi sarebbe quella ubicata nella frazione di Pregiato a Cava de' Tirreni, in provincia di Salerno, in relazione alla quale rappresentanti politici locali avrebbero sollecitato la riapertura;

   siffatta circostanza avrebbe determinato un grande disagio non solo per i cittadini della frazione ma per l'intera cittadina metelliana, in quanto la chiusura di una filiale importante, sebbene periferica, avrebbe comportato maggiore affluenza presso la sede principale di Poste Italiane, sita nel cuore del centro storico della città, in via Andrea Sorrentino, dove usualmente già confluisce la maggior parte dell'utenza;

   tali evenienze avrebbero, sin da subito, suscitato la protesta dei cittadini residenti nella zona preoccupati anche della possibilità, paventata da tempo, che l'ufficio sia spostato in altra sede fuori dalla frazione di Pregiato, creando ulteriori disagi per i residenti, molti dei quali anziani;

   siffatte ragioni sarebbero alla base di una raccolta firme avviata dal consigliere provinciale e comunale Clelia Ferrara che da diverso tempo solleverebbe rimostranze in ordine alla chiusura della filiale sita nella frazione di Pregiato, in relazione alle quali non avrebbe ricevuto alcuna risposta concreta;

   non vi è dubbio che la perpetrata chiusura dell'ufficio de quo e l'eventuale dislocazione del medesimo provocherebbero, come di fatto sta accadendo, un effettivo disservizio con molti disagi per i residenti della zona, in particolare per le persone più anziane che avrebbero certamente difficoltà a raggiungere le altre filiali;

   il servizio postale universale, come noto, rappresenta un servizio di pubblica utilità ed in quanto tale, la società affidataria Poste Italiane spa, sottoposta al controllo del Ministero dell'economia e delle finanze e la cui attività è regolata da un contratto di programma sottoscritto con il Ministero dello sviluppo economico, dovrebbe garantirne la fruizione in maniera omogenea su tutto il territorio interessato evitando chiusure che limitano gravemente l'efficienza del servizio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare affinché la società Poste Italiane spa riapra la filiale sita nella frazione di Pregiato di Cava de' Tirreni e per evitare che la stessa possa essere definitivamente chiusa per l'eventuale spostamento della sede, al fine di garantire un servizio omogeneo ed efficiente su tutto il territorio di interesse.
(4-06113)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame sentita la direzione generale competente, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante chiede la riapertura della filiale di Poste italiane s.p.a. sita nella frazione di Pregiato di Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno.
  A tal proposito, si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011. n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta, infatti, all'AGCOM la «adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale» prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261. Conseguentemente, la menzionata Autorità ha regolamentato la presenza di Poste italiane sul territorio nazionale con la delibera n. 342/14/CONS che ha integrato le disposizioni del decreto ministeriale 7 ottobre 2008.
  Inoltre, occorre ricordare che in occasione dell'evento «Sindaci d'Italia», tenutosi a Roma in data 28 ottobre 2019, Poste italiane ha illustrato il proprio impegno verso i piccoli comuni: in primo luogo, con la scelta di non chiudere più gli uffici postali nei comuni con meno di 5.000 abitanti, in discontinuità con il precedente orientamento, e, in secondo luogo, con la realizzazione di interventi infrastrutturali e di accordi per la fornitura di servizi in modo capillare.
  Ciò premesso, sentita specificamente sul punto sollevato dall'interrogante, Poste italiane ha comunicato che, nell'immediato verificarsi dell'emergenza epidemiologica, la società ha posto in essere, in totale trasparenza e collaborazione con le Istituzioni, le azioni necessarie ai fini della tutela dei propri lavoratori e degli utenti, con l'obiettivo di assicurare comunque i propri servizi, in coerenza con le disposizioni normative vigenti durante l'emergenza in materia di tutela della salute pubblica, ivi comprese le disposizioni afferenti al distanziamento sociale.
  Poste italiane ha riferito, al contempo, che già dal 24 giugno 2020 ha dato avvio al progressivo ripristino della consueta operatività degli uffici postali interessati dalle modifiche in parola.
  Anche l'ufficio postale della frazione di Pregiato di Cava de’ Tirreni è stato chiuso a causa dell'emergenza sanitaria, ma è stato successivamente riaperto al pubblico in data 24 giugno 2020 con il consueto orario mono-turno, ossia dal lunedì al venerdì dalle ore 08:20 alle ore 13:35 e il sabato dalle ore 08:20 alle ore 12:35.
  Quanto alla sede principale richiamata dall'interrogante, sita in via Andrea Sorrentino a Cava de’ Tirreni, Poste Italiane ha riferito altresì che, dopo un periodo iniziale di razionalizzazione con apertura tre giorni a settimana, a far data dal 27 giugno 2020 anch'essa è stata riaperta con la normale operatività, in modalità doppio turno, ossia dal lunedì al venerdì dalle ore 08:20 alle ore 19:05 e il sabato dalle ore 08:20 alle ore 12:35.
  In conclusione, voglio precisare che il Ministero dello sviluppo economico continuerà a monitorare le modalità di erogazione del servizio postale, nei limiti delle proprie competenze, al fine di assicurare un servizio efficiente ed omogeneo, e ad avviare – ove possibile – tutte le dovute iniziative per risolvere eventuali e serie criticità in tale ambito.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   COVOLO, PRETTO e RACCHELLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la segreteria provinciale dell'Uspp (Unione sindacati polizia penitenziaria) di Vicenza, ancora una volta ed a pochi giorni di distanza dal precedente, è costretta a segnalare un nuovo caso di aggressione ai danni di un agente di polizia penitenziaria;

   nella mattina del 19 febbraio 2020, un detenuto nord africano, dopo aver oltraggiato e minacciato un agente penitenziario, durante il suo trasferimento dalla custodia aperta a quella chiusa, colpiva il malcapitato con pugni e calci, cagionandogli la frattura della mano;

   il sistema penitenziario del regime aperto applicato nella casa circondariale di Vicenza non funziona e a pagarne le spese è il Corpo della polizia penitenziaria, quotidianamente abbandonato al proprio destino e sottoposto a turni intollerabili, vista anche la cronica mancanza di personale;

   il Corpo della polizia penitenziaria non è dotato di alcuno strumento atto alla difesa, il che sottopone gli agenti in servizio a non avere mezzi idonei alla propria, come alla altrui difesa, in caso di aggressioni all'interno delle case circondariali –:

   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di salvaguardare il personale della polizia penitenziaria della casa circondariale di Vicenza;

   se non ritenga di valutare l'opportunità di limitare la custodia aperta ai soli detenuti meritevoli;

   se il Ministro interrogato ritenga opportuno dotare il personale della polizia penitenziaria dei taser, anche solo ed esclusivamente nei casi in cui gli stessi si trovino costretti ad affrontare aggressioni e al fine di salvaguardare la loro incolumità.
(4-04777)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante chiede di sapere «quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di salvaguardare il personale della polizia penitenziaria della casa circondariale di Vicenza; se non ritenga di valutare l'opportunità di limitare la custodia aperta ai soli detenuti meritevoli; se il Ministro interrogato ritenga opportuno dotare il personale della polizia penitenziaria dei taser, anche solo ed esclusivamente nei casi in cui gli stessi si trovino costretti ad affrontare aggressioni e al fine di salvaguardare la loro incolumità».
  In relazione ai quesiti sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, inerente ad aspetti di criticità specifici della casa circondariale di Vicenza, si rappresenta quanto segue.
  L'evento critico citato in premessa dall'onorevole interrogante inerisce al detenuto El Rehimi El Abidi, di nazionalità tunisina.
  Nella prima mattinata del 19 febbraio 2020, il personale addetto all'ufficio matricola dell'istituto vicentino si trovava presso la rotonda della sezione 8° per l'espletamento delle ordinarie udienze mattutine, quando il suddetto detenuto si è presentato in corrispondenza del cancello della sezione con dei fogli in mano, pretendendo di conferire nell'immediatezza con l'addetto stesso.
  Il medesimo detenuto è stato informato che non risultava inserito nell'elenco delle udienze; è stato dunque inviato a spostarsi per permettere ai detenuti prenotati di esporre le rispettive necessità ed è stato informato, al contempo, che avrebbe dovuto presentare regolare richiesta preventiva.
  A questo punto, il detenuto El Rehimi dava in escandescenza, gettando i fogli che aveva con sé sul banchetto posizionato nei pressi del cancello e infierendo, con modi ingiuriosi e minacciosi, nei riguardi dell'addetto alla matricola, al fine di ottenere ugualmente udienza.
  Il matricolista ha restituito i fogli al detenuto, il quale, per tutta risposta, ha iniziato a battere il cancello, cercando di afferrare l'agente attraverso le sbarre e chiedendo di poter parlare con l'ispettore di turno.
  L'ispettore di turno, notiziato dell'accaduto, si è recato sul posto con il supporto di altro personale, ma il detenuto si è rifiutato di colloquiare; il medesimo detenuto era in stato di forte agitazione, tanto da incitare tutta la sezione a fare confusione.
  A quel punto, su disposizione del comandante di reparto, i detenuti sono stati chiusi nelle rispettive camere di pernottamento, onde preservare l'ordine e la sicurezza e nel contempo il detenuto facinoroso è stato accompagnato in un'altra sezione, in regime di isolamento precauzionale.
  Durante il tragitto, il detenuto El Rehimi ha opposto una forte resistenza attiva, tanto da colpire con calci e pugni un agente, il quale, inviato al locale nosocomio, ha riportato una frattura alla mano destra con prognosi di trenta giorni.
  Il detenuto in questione in passato (in data 13 febbraio 2019) ha commesso un atto di aggressione in danno al proprio compagno di stanza.
  Per i fatti commessi, El Rehimi è stato sanzionato dal consiglio di disciplina con l'esclusione dalle attività in comune per la durata di quindici giorni, con decorrenza 19 febbraio 2020; è stata fatta inoltre comunicazione alla locale procura della Repubblica.
  Con riferimento alle iniziative assunte da questa amministrazione al fine di innalzare i livelli di sicurezza interni agli istituti, si evidenzia che già con circolare 26 maggio 2015 relativa agli eventi critici è stato specificato che per evitare che la nuova modalità operativa della vigilanza dinamica sia posta in dubbio dagli atti di aggressione ai danni del personale, così come da qualsiasi altra azione sanzionabile di turbativa dell'ordine e della sicurezza, deve essere previsto, nell'ambito delle unità operative di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1999, n. 82, un servizio di controllo che intervenga in caso di bisogno del personale in servizio, oltre alla creazione di sezioni
ex articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 230 del 2000, dando disposizione alle articolazioni periferiche di individuare alcune sezioni appositamente dedicate ove allocare quei detenuti non ancora pronti al regime aperto, ovvero che si rivelano incompatibili con lo stesso.
  L'individuazione di tali sezioni non risponde a una logica di isolamento o punizione, ma a un'idonea attività trattamentale che miri ad agevolare, per i soggetti che vi sono assegnati, il ritorno al regime comune «aperto», e, nel contempo, a salvaguardare detto regime da attività negative di prevaricazioni e violenza.
  È comunque previsto che l'assegnazione a tali sezioni debba essere verificata dalle direzioni con cadenza semestrale, al fine di appurare la sussistenza delle ragioni della separazione dei soggetti che vi sono assegnati dalla restante popolazione detenuta.
  Per quanto concerne il provveditorato regionale per il Triveneto, sezioni ex articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 sono presenti presso la casa circondariale di Trieste, la casa circondariale di Trento, il nuovo complesso di Padova, con una sezione di reclusione, e la casa circondariale di Verona.
  Al fine di garantire l'innalzamento dei livelli di sicurezza all'interno degli istituti della Repubblica, con specifico riguardo al fenomeno del verificarsi degli eventi critici (in particolare di quelli aventi ad oggetto violenza nei confronti del personale dell'amministrazione, del personale medico e infermieristico che presta assistenza sanitaria negli istituti, dei volontari o, ancora, nei confronti di altri detenuti) è intervenuta anche la lettera circolare 9 ottobre 2018, recante «
Trasferimenti dei detenuti per motivi di sicurezza», con l'intento di valorizzare l'applicazione degli strumenti normativi, previsti sia dalla legge n. 354 del 1975, sia dal decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, diretti proprio a tutelare la sicurezza degli istituti.
  È stato evidenziato, in particolare, che buona parte delle condotte aggressive vengono consumate da detenuti con seri e gravi profili psicologici o, addirittura, psichiatrici, meritevoli di cure e trattamenti terapeutici.
  In altri casi, diversi da quelli afferenti alle patologie psichiatriche, le dinamiche delle aggressioni da parte di un detenuto trovano contenuti e obiettivi del tutto differenti, spesso collegabili all'intento di porre in essere vere manifestazioni di forza prevaricatrice sugli altri detenuti, ovvero sul personale operante. In questi casi, la condotta aggressiva interviene a minare lo stato di sicurezza interno al carcere, per cui è necessario fare ricorso a quegli strumenti normativi previsti dalla legge n. 354 del 1975 e dal relativo regolamento di esecuzione, diretti a tutelare la sicurezza degli istituti.
  La circolare ha dettagliato una mirata applicazione della normativa stabilita dall'articolo 42 della legge n. 354 del 1975, nella parte relativa ai trasferimenti per gravi motivi di sicurezza. Parimenti funzionale allo scopo, è apparso il richiamo all'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, nella parte in cui è prevista l'assegnazione, in via cautelare, a particolari istituti/sezioni, di quei detenuti che, se anche ancora non abbiano commesso alcun episodio di violenza o di altro genere, per il loro comportamento, siano da considerarsi pericolosi per la sicurezza.
  Sulla base di quanto appena rappresentato, si è disposto, dunque, il trasferimento ad altri istituti di quei soggetti che si siano resi responsabili di:

   aggressioni consumate o tentate nei confronti del personale dell'Amministrazione penitenziaria, del personale medico e infermieristico o, ancora, di quello appartenente al volontariato;

   aggressioni consumate o tentate nei confronti di altri detenuti;

   danneggiamento dei beni dell'Amministrazione;

   qualsiasi altro evento di violenza.

  Ferma restando in ogni caso l'apertura del procedimento disciplinare, i provvedimenti di trasferimento ad altri istituti, diversi da quello originario, dovranno essere immediati e potranno essere adottati dai provveditori regionali, i quali provvederanno a disporre il trasferimento del detenuto presso altro istituto sito all'interno del territorio distrettuale, ovvero, nei casi da considerarsi più gravi, anche presso altro istituto situato in territorio di altro distretto, su richiesta del capo del dipartimento, dalla direzione generale dei detenuti e del trattamento.
  Ciò posto, alla luce delle risultanze di alcuni mesi di applicazione, le «linee programmatiche del capo dipartimento per il 2019» del 6 dicembre 2018, hanno ritenuto di dover porre l'accento sul perdurare di «una variegata e poliedrica realtà penitenziaria, dove proliferano le più differenziate forme di autogestione».
  Con il provvedimento del capo del dipartimento 18 aprile 2019 è stato istituito il gruppo di lavoro per l'elaborazione di proposte organiche finalizzate all'individuazione di nuove piante organiche del personale del corpo di polizia penitenziaria e per l'individuazione di strumenti organizzativi finalizzati a una migliore gestione degli eventi critici in ambito penitenziario, del quale fanno parte esperti in materia di esecuzione penitenziaria, che prestano servizio in sedi operative e scuole di formazione sparse su tutto il territorio nazionale. I lavori del suddetto gruppo sono in via di definizione e tendono al precipuo obiettivo di diffondere direttive per meglio prevenire e gestire le situazioni di criticità.
  Gli agenti in servizio nella casa circondariale di Vicenza sono dotati di armamento di reparto, tra cui scudi, caschi e manganelli, conservati nell'armeria dell'istituto, che possono essere prelevati e utilizzati, su ordine del direttore, in caso di gravi situazioni che compromettono l'ordine e la sicurezza.
  In linea generale, al fine di migliorare il servizio e le condizioni di lavoro degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, questa amministrazione sta attuando una serie di iniziative all'uopo indirizzate, tra cui l'approvvigionamento, nei limiti della disponibilità finanziaria sul capitolo competente, di nuovi equipaggiamenti, in sostituzione e/o integrazione di quelli già in uso (caschi e scudi).
  Più nello specifico, oltre alle dotazioni di reparto, già in seno agli istituti penitenziari del Paese, sono stati recentemente distribuiti:

   523 scudi tondi girevoli;

   210 caschi antiproiettile;

   16.508 manette individuali;

   3.000 maschere antigas complete di 6.000 filtri anche contro i fumi (revisione).

  È in fase di produzione, altresì, il contratto per l'acquisizione di n. 100 paia di guanti antitaglio (sperimentazione), da utilizzarsi per gli interventi operativi nel corso degli eventi critici, mentre altri equipaggiamenti sono allo studio per l'anno 2020 (es. prodotti paracolpi, scudi curvi, maschere facciali).
  Relativamente all'opportunità di dotare gli operatori del corpo di dispositivi antiaggressione, in analogia a quanto disposto recentemente dall'Amministrazione della pubblica sicurezza, si rappresenta che la sperimentazione del
taser non interessa, al momento, gli istituti penitenziari. Questa amministrazione ha preso parte ai lavori del gruppo tecnico costituito nel mese di novembre 2017 presso l'ufficio per il Coordinamento e la pianificazione delle forze di polizia del dipartimento di pubblica sicurezza incaricato della predisposizione della redazione delle linee guida tecnico-operative necessarie per l'avvio della sperimentazione della pistola taser.
  Si è però ritenuto opportuno soprassedere alla sperimentazione della pistola elettrica in ambito penitenziario, onde acquisire le esperienze e le valutazioni dell'uso in ambiente aperto da parte delle altre forze di polizia.
  Alla data del 1° aprile 2020, presso la casa circondariale di Vicenza erano presenti un totale di n. 387 detenuti (di cui 208 di nazionalità italiana e i restanti 179 stranieri) rispetto a una capienza regolamentare pari a complessivi 286, rilevandosi un indice percentuale di affollamento pari al 149,42 per cento) in linea con quello di molti altri istituti del medesimo distretto.
  La verifica delle condizioni detentive dei ristretti in termini di spazio minimo garantito non fa oggi registrare alcuna violazione dei parametri previsti dalla C.e.d.u., atteso che tutti i ristretti risultano avere a disposizione, nelle rispettive camere di pernottamento, un adeguato spazio di vivibilità.
  La competente direzione generale dei detenuti e del trattamento, al fine di evitare situazioni di criticità, attua comunque con continuità, a livello nazionale, un'intensa opera di monitoraggio dei livelli di presenza/capienza dei posti disponibili nelle strutture penitenziarie, intervenendo sia a livello locale, sollecitando i singoli provveditorati regionali a provvedere a una più equa distribuzione dei detenuti sul territorio del distretto di competenza, sia provvedendo, ove richiesto, alla movimentazione dei detenuti in sedi extra-distretto.
  Giova evidenziare, inoltre, che al fine di riorganizzare il circuito dell'alta sicurezza e con l'intento di addivenire a una perequazione della popolazione detenuta, a fronte della realizzazione di un nuovo padiglione detentivo, due sezioni della casa circondariale di Vicenza (in particolare la 1a e la 2a sezione, da 100 posti letto), su disposizione del capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, a partire dal mese di giugno 2019 sono state destinate al circuito Alta sicurezza.
  I detenuti AS3 che sono giunti presso la casa circondariale di Vicenza, provengono principalmente dagli istituti della Campania e della Calabria e sono stati ubicati nel vecchio padiglione, il quale offre maggiori condizioni di sicurezza, e non in quello inaugurato nel recente passato che è destinato, invece, per i detenuti appartenenti al circuito media sicurezza, edificato nelle vicinanze del muro di cinta e con numerose finestre dalle quali si può comunicare sulla pubblica strada.
  La riferita carenza del personale del corpo nell'istituto in esame è una difficoltà comune a quella risentita da tutti gli istituti del Paese, per effetto della modifica dell'organico complessivo del corpo, apportata dal decreto legislativo n. 95 del 2017, che ha ridotto l'organico previsto da n. 45.121 a n. 41.202 unità, e alla lunga prassi di arruolamenti nei limiti del
turn over (ovvero di quota dei soggetti cessati).
  Di seguito i dati relativi all'organico previsto e alla forza amministrata presso l'istituto
de quo:

  Ruolo

  Organico Previsto

  Forza Amministrata

  Direttivo

  3

  1

  Ispettori

  24

  4

  Sovrintendenti

  41

  2

  Agenti Assistenti

  119

  182

  Totale

  187

  189

  Ai dati sopra riferiti vanno aggiunte n. 4 unità distaccate in ingresso e sottratte n. 6 unità distaccate in uscita; pertanto, al netto delle entrate e delle uscite, sono effettivamente presenti complessive 187 unità.
  Nel mese di luglio 2019 il personale della casa circondariale di Vicenza è stato incrementato di n. 30 unità maschili e 2 unità femminili appartenenti al ruolo agenti/assistenti, a seguito della mobilità sviluppata in occasione del 175° corso.
  È stato recentemente assegnato un funzionario del corpo quale vice comandante.
  Il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del corpo, (a seguito del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 in materia di revisione dei ruoli delle forze di polizia), è in corso di svolgimento.
  Relativamente alla carenza che si registra nel ruolo degli ispettori, invece, la competente direzione generale del personale e delle risorse ha assicurato che terrà nella massima considerazione la situazione dell'istituto
de quo in occasione della possibile rimodulazione delle risorse umane, così come potranno essere disposte ulteriori movimentazioni di personale appartenente al ruolo agenti/assistenti in occasione del prossimo interpello di mobilità che si svilupperà al termine del 176° corso allievi agenti, attualmente in itinere.
  Relativamente alla necessità, sollevata dall'interrogante, di ridefinire i criteri della sorveglianza dinamica, si evidenzia che, già con circolare 23 ottobre 2015 recante «Modalità di esecuzione della pena», l'Amministrazione penitenziaria ha inteso proseguire il percorso di definizione e innovazione delle modalità di esecuzione della pena e della custodia cautelare avviato tramite una serie di direttive precedentemente emanate.
  Con tale percorso innovativo, coniugando gli obiettivi di sicurezza e trattamento, si è dato inizio alla definizione di nuovi modelli di gestione degli istituti penitenziari e di disciplina delle modalità custodiali dei reparti detentivi, consentendo un graduale superamento del criterio di perimetrazione della vita penitenziaria all'interno della camera di pernottamento.
  Si è ritenuto necessario procedere a una differenziazione dei detenuti e delle modalità di svolgimento della vita detentiva a fini del raggiungimento degli obiettivi di sicurezza, di responsabilizzazione dei soggetti in stato di detenzione e di incremento delle attività trattamentali necessarie per la concreta attuazione della finalità rieducativa della pena.
  Con questa circolare sono stati specificati maggiormente gli elementi caratterizzanti le cosiddette «custodia aperta» e «custodia chiusa».
  Contrariamente a quanto sostenuto dall'interrogante, nei confronti dei detenuti che rilevano un grado di pericolosità significativo (desunto dalla tipologia di reato commesso, dall'appartenenza ad associazioni criminali, dalle infrazioni disciplinari commesse, e altro e che, quindi, debbono esser allocati nelle sezioni a custodia chiusa, opera una modalità di controllo diretta da parte della polizia penitenziaria. Il presidio del personale di polizia si attesterà all'interno della sezione e sarà coadiuvato da pattuglie che provvederanno alle incombenze di verifica ordinaria o all'intervento in caso di atti pregiudizievoli per l'ordine e la sicurezza.
  Al contrario, i detenuti che si palesano idonei alla custodia aperta (presentando un grado di pericolosità lieve o basso), in base alle valutazioni elaborate dal comandante del reparto e sottoposte all'approvazione definitiva dell'
équipe presieduta dal direttore dell'istituto, dopo aver effettuato l'apertura mattinale e aver proceduto alle ordinarie verifiche, dovranno essere autonomamente avviati, senza onere di accompagnamento, alle zone di accoglienza esterne alle sezioni ove, nel corso di tutta la giornata, verranno impegnati in attività trattamentali e di intrattenimento previamente autorizzate.
  È infatti necessario che venga effettuato un programma ove risultino le attività in cui i detenuti sono impegnati giornalmente, così da conoscere in ogni momento la loro dislocazione all'interno dello spazio di libertà di movimento.
  Presso la casa circondariale di Vicenza le sezioni a custodia aperta sono undici, cinque, invece, quelle ove vige la custodia ordinaria.
  Si rappresenta inoltre che il personale di polizia penitenziaria ed, in generale, gli addetti al sistema penitenziario godono della tutela propria dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio che siano vittime di reati commessi a causa od in occasione dello svolgimento delle funzioni o del servizio (circostanza aggravante comune prevista dall'articolo 61, n. 10 del codice penale).
  Per quanto specificamente attiene ai delitti di omicidio e lesioni personali, l'articolo 576, comma primo n. 5-
bis) del codice penale (introdotto dal decreto-legge n. 92 del 2008, convertito con modificazioni nella legge n. 125 del 2008) contempla l'aggravante speciale ove il fatto sia commesso in danno di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero un ufficiale o agente di pubblica sicurezza, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio.
  Per quanto concerne, in generale, gli interventi volti a favorire la piena operatività del corpo di polizia penitenziaria e l'incremento degli
standard di sicurezza e funzionalità delle strutture penitenziarie, si segnala che all'articolo 22-bis del decreto-legge n. 113 del 2018 (cosiddetto decreto sicurezza), su iniziativa di questo Ministero, sono state previste due specifiche autorizzazioni di spesa per complessivi 2 milioni di euro per l'anno 2018, di 15 milioni di euro per l'anno 2019 e di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2026, da destinare ad interventi urgenti connessi al potenziamento, all'implementazione e all'aggiornamento dei beni strumentali, nonché alla ristrutturazione e alla manutenzione degli edifici e all'adeguamento dei sistemi di sicurezza.
  Nella medesima direzione muove la previsione dell'articolo 7 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (cosiddetto decreto semplificazione) convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12 (in
Gazzetta Ufficiale 12 febbraio 2019, n. 36), che, sotto la rubrica «Misure urgenti in materia di edilizia penitenziaria», al fine di consentire una più celere attuazione del piano di edilizia penitenziaria in corso, attribuisce al personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, impiegato nei ruoli di dirigenti tecnici, le nuove funzioni, di seguito elencate:

   a) effettuazione di progetti e perizie per la ristrutturazione e la manutenzione, anche straordinaria, degli immobili in uso governativo all'amministrazione penitenziaria, nonché per la realizzazione di nuove strutture carcerarie, ivi compresi alloggi di servizio per la polizia penitenziaria, ovvero per l'aumento della capienza delle strutture esistenti;

   b) gestione delle procedure di affidamento degli interventi di cui alla lettera a), delle procedure di formazione dei contratti e di esecuzione degli stessi in conformità alla normativa vigente in materia;

   c) individuazione di immobili, nella disponibilità dello Stato o di enti pubblici territoriali e non territoriali, dismessi e idonei alla riconversione, alla permuta, alla costituzione di diritti reali sugli immobili in favore di terzi al fine della loro valorizzazione per la realizzazione di strutture carcerarie.

  Lo scopo è quello di semplificare le procedure di manutenzione e ristrutturazione degli istituti e di rinvenire edifici pubblici da riconvertire a strutture carcerarie, nell'ambito del piano di edilizia penitenziaria, secondo un ordine di priorità degli interventi stabiliti con decreto del Ministro della giustizia, su proposta del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
  Va segnalato che in relazione alla norma da ultimo citata, la legge di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (S. 1729 in corso di esame), recante «disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica», all'articolo 8, comma 6-
novies, prevede il differimento delle misure introdotte con il decreto-legge n. 135 del 2018 in materia di edilizia penitenziaria nel senso di mantenere sino al 31 dicembre 2022 le attribuzioni assegnate in base al predetto articolo 7 al personale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
  In relazione allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi già banditi per l'assunzione di nuovo personale di polizia penitenziaria ci si rimette ancora a quanto potrà indicare il dipartimento competente.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   SABRINA DE CARLO, SUT, NAPPI, LOMBARDO e RIZZO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   a fronte dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, l'economia del nostro Paese ha subito un brusco rallentamento nella quasi sua totalità;

   nel breve periodo, il settore balneare con circa 70 milioni di turisti, sarà quello maggiormente colpito. Ogni anno, la stagione estiva crea migliaia di posti di lavoro di durata pari o superiore ai sei mesi che quest'anno rischiano di venire spazzati via qualora l'evolversi dell'epidemia non si arrestasse;

   è notizia nota che, a causa della pandemia globale, molti villeggianti hanno già disdetto le prenotazioni nelle località di mare italiane, intimoriti dalle incerte condizioni in cui riversa gran parte del nostro Paese;

   a far fronte a quella che sembra essere una inarrestabile débacle economica, sono intervenuti i sindaci del G20s (le destinazioni balneari più visitate d'Italia), proponendo diverse soluzioni a sostegno della promozione turistica opportunamente inviate ai rappresentanti del Governo;

   chiedono allo Stato di farsi carico di un'azione forte e propulsiva per difendere e promuovere l'immagine del turismo italiano. Tra le diverse ipotesi messe sul tavolo, pare ci sia quella di valorizzare il turismo balneare premiando, al contempo, chi opera nell'emergenza Covid-19 attraverso l'erogazione di buoni vacanza;

   l'assessore alle attività produttive e al turismo del Friuli Venezia Giulia, Sergio Emidio Bini, avviando un recente tavolo di confronto con i sindaci di Ugnano e Grado, ha evidenziato che la strada della promozione e della fidelizzazione è quella giusta;

   una strada che di fatto potrebbe coinvolgere non solo il comparto balneare del Friuli Venezia Giulia ma l'intero Paese –:

   se sia a conoscenza delle misure di promozione proposte dai sindaci del G20s;

   se da parte del Governo ci sarà un impegno chiaro e preciso, entro l'estate, per la promozione del turismo balneare.
(4-05183)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo al turismo balneare e alle proposte formulate dai sindaci del G20.
  Sulla base degli elementi forniti dalla Direzione generale del turismo, si rappresenta quanto segue.
  I sindaci del G20S, oltre alle iniziative riportate dall'interrogante, già da qualche tempo avevano attivato contatti con l'Enit per una campagna di promozione turistica, con l'intento di recuperare quanto più possibile la stagione turistica, coniugando il desiderio di poter fruire di un periodo di vacanza con le misure restrittive ancora vigenti in materia di sicurezza e in considerazione di una mobilità ancora penalizzata.
  Com'è noto, inoltre, tra le misure a sostegno del turismo interno, il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 ha previsto, per i nuclei familiari con un reddito Isee fino a 40.000 euro, un
bonus massimo di 500 euro per famiglie composte da 3 o più persone, a partire dal 1° luglio fino al 31 dicembre 2020. Tale contributo decresce fino al minimo di 150 euro per 1 persona.
  Il
bonus Vacanze può essere utilizzato per i soggiorni nelle strutture ricettive italiane, comunque costituite quali imprese, per un valore di circa 2,5 miliardi di euro.
  La misura è stata effettivamente attivata dal 1° luglio 2020 attraverso una procedura che ha visto la collaborazione tra Agenzia delle entrate e il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e le cui modalità di applicazione sono state oggetto del provvedimento 17 giugno 2020 del Direttore dell'agenzia, cui ha fatto seguito la pubblicazione
online di un vademecum e di una guida d'uso.
  Il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha pubblicato un tutorial ed ha sviluppato un servizio di supporto all'informazione dedicato, accessibile con
link sull'home page del sito istituzionale www.beniculturali.it.
  La gestione dei contributi è affidata all'applicazione per dispositivi mobili denominata IO, resa disponibile da PagoPA spa.
  Al 4 settembre i
bonus vacanze erogati erano pari a 524.683 per un controvalore economico pari a 192.106.610,87 euro, inoltre l'articolo n. 179 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha istituito nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo il «fondo per la promozione del turismo in Italia», con una dotazione di 15 milioni di euro per l'anno 2020, per il quale è stato già adottato il decreto attuativo in data 11 agosto 2020. Le risorse del fondo sono destinate alla realizzazione, da parte di privati, di iniziative promozionali, anche rivolte all'estero, da attuarsi tramite mezzi di comunicazione tradizionali e innovativi, tenendo conto dei principi del Piano strategico nazionale del turismo 2017-2020.
  La direzione generale turismo ha avviato, infine, alcune altre iniziative di comunicazione, tra loro complementari, per favorire la diffusione della «cultura del viaggio» declinandola secondo l'accezione del «viaggio in Italia», in cui è stato ricompreso anche il turismo balneare.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Lorenza Bonaccorsi.


   DE MARTINI e ZOFFILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   una nuova aggressione è avvenuta il 24 gennaio 2020 contro un agente di polizia penitenziaria nel carcere di Bancali, a Sassari;

   si rileva che l'agente, nello svolgimento dei rituali controlli di sicurezza all'interno di una cella del settore 41-bis, è stato colpito con violenza al volto da un detenuto con una penna utilizzata come un punteruolo ed è stato ferito al viso con una prognosi di 20 giorni;

   risulta anche che l'aggressore abbia poi denunciato di essere stato aggredito e malmenato nella sua cella, per ritorsione da una ventina di agenti, durante la notte;

   nei giorni scorsi sempre a Bancali il boss di Cosa Nostra, Leoluca Bagarella, aveva aggredito un agente con un morso, mentre veniva accompagnato dalla sua cella al 41-bis nella sala udienze;

   il sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) si è rivolto al Ministro interrogato con un appello: «In Sardegna abbiamo oggi 2.288 detenuti, ma, per dieci carceri, non ci sono i direttori e i funzionari di Polizia necessari: si registrano gravi episodi di violenza e aggressione ai nostri agenti; le situazioni strutturali sono al collasso; la gestione delle relazioni sindacali e del benessere del personale è ai minimi storici con elevatissima conflittualità sindacale; gli eventi critici sono costanti e continui, come le colluttazioni, i ferimenti, le aggressioni, i tentati suicidi»;

   il Sindacato chiede da tempo il ripristino di condizioni accettabili nei reparti del carcere di Sassari per garantire le condizioni minime di sicurezza al personale che vi opera con estrema urgenza. Una società sana si fonda sulla tutela di chi ogni giorno è in prima linea per difendere i cittadini, applicando con la necessaria severità tutte le misure per prevenire, contrastare e reprimere questo genere di aggressioni;

   occorre garantire maggiore sicurezza per gli agenti di polizia penitenziaria ed occorre che vengano applicate, con decisione, le misure necessarie per contrastare e reprimere fenomeni di aggressione similari a quelli esposti –:

   se e in che termini il Ministro interrogato intenda intervenire a sostegno del personale della casa circondariale di Sassari, al fine di aumentare la sicurezza stessa degli agenti nel penitenziario, tutelandone concretamente l'incolumità.
(4-04591)

  Risposta. — In relazione ai quesiti sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, in relazione alla casa circondariale di Sassari, si rappresenta quanto segue.
  Alla data del 3 aprile 2020 presso il provveditorato della Sardegna erano presenti 2.195 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 2.689 posti, con un indice di affollamento pari al 92,07 per cento.
  Alla stessa data, presso la casa circondariale di Sassari erano presenti 429 detenuti (di cui 279 di nazionalità italiana e 150 stranieri), rispetto ad una capienza regolamentare pari a 454 posti disponibili; si rileva dunque un indice percentuale di affollamento pari a 96,16 per cento
  Orbene, alla data del 27 febbraio 2020, presso il provveditorato Sardegna, il numero dei detenuti era pari a 2.313, con un indice di affollamento pari al 96,94 per cento, mentre presso la casa circondariale di Sassari era pari a 469, con un indice di affollamento pari al 108,31 per cento.
  Giova evidenziare che la significativa diminuzione del numero dei detenuti sia presso il provveditorato Sardegna che presso la casa circondariale di Sassari è dovuta all'applicazione dell'articolo 123 del decreto-legge n. 18 del 2020, il quale ha previsto la possibilità di trasferire presso il domicilio quella platea di detenuti la cui pena non sia superiore a 18 mesi, anche qualora costituisca parte residua di maggior pena, con alcune limitazioni di carattere soggettivo.
  In particolare, sono stati esclusi;

   a) i condannati per taluno dei delitti indicati dall'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni e dagli articoli 572 e 612-bis del codice penale;

   b) i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai sensi degli articoli 102, 105 e 108 del codice penale;

   c) coloro che siano sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dall'articolo 14-ter della medesima legge;

   d) coloro che siano stati nell'ultimo anno sanzionati per le infrazioni disciplinari di cui all'articolo 77, comma 1, numeri 18, 19, 20 e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230;

   e) coloro che siano stati destinatari di un rapporto disciplinare ai sensi dell'articolo 81, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, in quanto coinvolti nei disordini e nelle sommosse a far data dal 7 marzo 2020;

   f) coloro che non abbiano un domicilio effettivo e idoneo anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato.

  Inoltre, sempre nell'ambito di una gestione controllata dell'intervento, è stata rimessa al magistrato di sorveglianza la possibilità di escludere dall'applicazione tutte quelle situazioni in cui ravvisi la sussistenza di gravi motivi,
  È stato inoltre stabilito che la misura delle detenzione domiciliare, in deroga alla normativa vigente, sia accompagnata dall'adozione di procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, tranne che per i condannati minorenni o per i condannati la cui pena da eseguire non sia superiore a sei mesi.
  Ciò premesso, la verifica delle condizioni detentive dei ristretti in termini di spazio minimo garantito non fa oggi registrare alcuna violazione dei parametri previsti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo atteso che tutti i ristretti risultano avere a disposizione, nelle rispettive camere di pernottamento, uno spazio di vivibilità superiore ai 4 metri quadrati.
  La direzione generale dei detenuti e del trattamento, al fine di evitare situazioni di criticità, attua comunque con continuità, a livello nazionale, un'intensa opera di monitoraggio dei livelli di presenza/capienza dei posti disponibili nelle strutture penitenziarie, intervenendo sia a livello locale, sollecitando i singoli provveditorati regionali a provvedere a una più equa distribuzione dei detenuti sul territorio del distretto di competenza, sia provvedendo, ove richiesto, alla movimentazione dei detenuti in sedi extra-distretto.
  Ciò premesso, la riferita carenza degli organici del Corpo nell'istituto in esame è una difficoltà comune a quella risentita da tutti gli istituti del Paese, per effetto della modifica dell'organico complessivo del corpo, apportata dal decreto legislativo n. 95 del 2017, che ha ridotto l'organico previsto da n. 45.121 a n. 41.202 unità, e alla lunga prassi di arruolamenti nei limiti del
turn over (ovvero di quota dei soggetti cessati).
  Di seguito i dati relativi all'organico previsto e amministrato presso l'istituto
de quo:

  Ruolo

  Organico
  Previsto

  Forza
  Amministrata

  Direttivo

  5

  0

  Ispettori

  35

  8

  Sovrintendenti

  45

  4

  Agenti
  Assistenti

  315

  314

  TOTALE

  400

  326

  Ai dati numerici complessivi va aggiunta n. 1 unità distaccata in ingresso e 30 unità distaccate in uscita; pertanto, al netto delle entrate e delle uscite, risultano effettivamente presenti complessive 297 unità.
  Nel mese di luglio 2019 il personale della casa circondariale di Sassari è stato incrementato di n. 6 unità appartenenti al ruolo agenti/assistenti a seguito della mobilità sviluppatasi in occasione del 175° corso.
  Il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del corpo, (a seguito del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 in materia di revisione dei ruoli delle forze di polizia), è in corso di svolgimento.
  Relativamente alla carenza che si registra nel ruolo degli ispettori, invece, la competente direzione generale del personale e delle risorse ha assicurato che terrà nella massima considerazione la situazione del carcere di Bancali in occasione della possibile rimodulazione delle risorse umane, così come potranno essere disposte ulteriori movimentazioni di personale appartenente al ruolo agenti/assistenti in occasione del prossimo interpello di mobilità che si svilupperà in occasione del termine del 176° corso allievi agenti, attualmente
in itinere.
  Quanto all'assenza della figura di un dirigente del corpo, si rappresenta che la competente direzione generale del personale e delle risorse, in data 28 gennaio 2020, ha indetto una procedura nazionale finalizzata alla raccolta delle dichiarazioni di disponibilità a ricoprire l'incarico di comandante
pro tempore dell'istituto sassarese, le cui procedure si concluderanno nel brevissimo termine.
  Nelle more, l'incarico di comandante di reparto è stato assegnato, con provvedimento di missione per quattro giorni a settimana, salvo ulteriori esigenze, al commissario coordinatore Antonello Brancati, effettivo presso la casa di reclusione di Alghero.
  In ordine alla lamentata carenza di direttori, è utile premettere che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 giugno 2015 n. 84, recante «Regolamento di riorganizzazione dei Ministero della giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche», ha dato corso al ridimensionamento delle articolazioni centrali e periferiche di questa amministrazione, prevedendo la riduzione degli uffici dirigenziali generali istituiti presso l'amministrazione centrale, nonché la riduzione dei provveditorati regionali (come individuati nella tabella b allegata al regolamento), con la soppressione delle sedi di Ancona, Genova, Perugia, Pescara e Potenza.
  Sono stati ridotti, inoltre, i posti di funzione dirigenziale non generale con la previsione dell'accorpamento degli istituti penitenziari ubicati nelle città di Alessandria, Ancona, Brescia, Civitavecchia e Reggio Calabria.
  Più gravemente, il citato regolamento ha previsto, in attuazione del piano di
spending review e di vincoli normativi vigenti, un'ulteriore riduzione delle dotazioni organiche, per il personale delle aree funzionali, prevedendo un contingente organico di 4.689 unità e, per le qualifiche dirigenziali, un contingente complessivo di 345 unità (dato tabellare iniziale pari a complessive 9.929 unità, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2000).
  Nel prospetto che segue si riportano dettagliatamente i dati delle qualifiche dirigenziali e del personale delle aree funzionali alla data del 1° novembre 2019.

Dotazione organica complessiva del personale
dirigente e delle aree funzionali

  Qualifiche dirigenziali

  Organico

  Presenti

  Dirigenti generali
  penitenziari

  16

  14

  Dirigenti penitenziari (ruoli istituti)

  300

  254

  Dirigenti Area 1 (oggi funzionari centrali)

  29

  25

  Totale qualifiche
  dirigenziali

  345

  295

  Aree funzionali

  Terza area

  2.219

  1.749

  Seconda area

  2.377

  2.114

  Prima area

  93

  78

  Totale aree

  4.689

  3.914

  Totale generale (dirigenti + aree funzionali)

  5.034

  4.234

  Relativamente al personale delle qualifiche dirigenziali, le carenze organiche sono state segnalate all'ufficio concorsi sia per i dirigenti di area 1, per l'eventuale avvio delle procedure di competenza, sia per la sollecita definizione del regolamento di accesso alla carriera dirigenziale penitenziaria.
  La carenza organica del ruolo dei dirigenti penitenziari necessita di urgenti soluzioni di intervento, in considerazione dei compiti e delle responsabilità attribuite ai citati dirigenti dall'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, recepito con il decreto legislativo n. 63 del 2006; il ruolo dei dirigenti di istituto penitenziario registra attualmente uno scoperto pari al 19,33 per cento, con una presenza effettiva di 254 dirigenti, a fronte di una previsione organica di n. 300 unità.
  Per completezza, si rappresenta altresì che, in relazione al
turnover per le cessazioni dal servizio nel decorso anno, quest'amministrazione il 27 gennaio 2019 ha chiesto l'autorizzazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento per la funzione pubblica all'elevazione di 3 posti relativi al concorso per dirigenti penitenziari, che sarà emanato ai sensi dell'articolo 1, comma 308, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
  Passando dalla realtà nazionale a quella che qui ci occupa, per una migliore comprensione, si riassume di seguito la situazione degli organici dei dirigenti degli istituti sardi.

   C.R. ALGHERO

    previsti 1, presenti 1, effettivi 1;

   C.C. CAGLIARI

    previsti 2, presenti 1, effettivi 1. Manca il vice direttore previsto dal decreto ministeriale 2 marzo 2016;

   C.R. IS ARENAS

    previsti 1, presenti 0, effettivi 0. direttore non presente, la conduzione dell'istituto è assicurata con incarichi temporanei di reggenza giornaliera disposti dal competente provveditorato;

   C.R. ISILI

    previsti 1, presenti 0, effettivi 0. direttore non presente, la conduzione dell'istituto è assicurata con incarichi temporanei di reggenza giornaliera disposti dal competente provveditorato;

   C.C. LANUSEI

    previsti 1, presenti 0, effettivi 0. direttore non presente, la conduzione dell'istituto è assicurata con incarichi temporanei di reggenza giornaliera disposti dal competente provveditorato;

   C.R. MAMONE LODE'

    dirigenti penitenziari previsti 1, presenti 0, effettivi 0. direttore non presente, la conduzione dell'istituto è assicurata con incarichi temporanei di reggenza giornaliera disposti dal competente provveditorato;

   C.C. NUORO

    previsti 1, presenti 1, effettivi 1;

   C.R. ORISTANO

    previsti 1, presenti 0, effettivi 0. direttore non presente, la conduzione dell'istituto è assicurata con incarichi temporanei di reggenza giornaliera disposti dal competente provveditorato;

   C.C. SASSARI

    previsti 1, presenti 1, effettivi 1. In data 17 febbraio 2020 ha assunto l'incarico di direttore titolare della struttura penitenziaria de qua il dottor Graziano Puia. Sino alla data di assunzione in servizio del prefato dirigente, la conduzione dell'istituto è stata assicurata, con provvedimento di missione, dalla dott.ssa Patrizia Incollu, già titolare dell'incarico presso la casa circondariale di Nuoro nonché reggente della casa di reclusione di Mamone.

   C.C. TEMPIO PAUSANIA

    previsti 1, presenti 0, effettivi 0. direttore non presente, la conduzione dell'istituto è assicurata con incarichi temporanei di reggenza giornaliera disposti dal competente provveditorato.

  Relativamente alla riferita conflittualità sindacale, il locale provveditorato ha reso noto che in data 11 febbraio 2020 si è tenuto un apposito incontro sindacale vertente sulle problematiche della casa circondariale di Sassari, il quale si è concluso con l'unanime accordo relativo alla sospensione di qualsiasi manifestazione di protesta.
  Per quanto attiene all'evento critico oggetto del sindacato ispettivo, si rappresenta che in data 24 gennaio 2020, durante le fasi della conta mattutina, con contestuale controllo delle inferriate, il detenuto Griner Filippo si è avvicinato ad un agente di polizia penitenziaria ivi in servizio e, in maniera del tutto imprevista e imprevedibile, senza che alcuna espressione facciale potesse far presagire qualcosa, gli ha sferrato uno schiaffo al volto, cercando di colpirgli l'occhio. L'agente, con un movimento repentino, ha deviato il colpo che, tuttavia, ha raggiunto il suo zigomo sinistro.
  Il Griner aveva occultato tra le dita della mano il pezzo terminale di una penna, preventivamente affilato, che si è conficcato nello zigomo sinistro dell'agente.
  Condotto presso l'ospedale della città di Sassari, all'operatore penitenziario sono state diagnosticate lesioni, con prognosi provvisoria di giorni 15.
  Il detenuto è stato sanzionato con quindici giorni di esclusione dalle attività in comune e, in data 6 febbraio 2020, con provvedimento dello scrivente, è stato sottoposto per un periodo di sei mesi al regime di sorveglianza particolare di cui all'articolo 14-
bis dell'ordinamento penitenziario.
  Relativamente alle presunte aggressioni subite dal Griner da parte degli agenti di Polizia penitenziaria, si rappresenta che lo stesso le ha riferite ai familiari durante il colloquio telefonico avvenuto in data 25 gennaio 2020 (notizia apparsa sugli organi di stampa in data 27 gennaio 2020). Sono state richieste in merito notizie alla direzione della casa circondariale di Sassari e si è, ad oggi, in attesa di riscontro.
  Con riferimento, invece, all'evento critico che ha visto coinvolto il detenuto Bagarella Leoluca Biagio, ovvero l'aggressione da questi perpetrata, in data 16 gennaio 2020, nei confronti di un appartenente al corpo durante le fasi di accompagnamento alla sala delle videoconferenze, si è in attesa, allo stato, degli esiti dell'istruttoria disciplinare avviata dalla direzione dell'istituto sassarese.
  Per completezza, si rappresenta comunque che il detenuto, allo stato, è sottoposto a un periodo di sorveglianza particolare ex articolo 14-
bis dell'ordinamento penitenziario, per la durata di sei mesi, a decorrere dal 3 gennaio 2020, in virtù di precedenti gravi fatti accaduti nella stessa casa circondariale in data 5 novembre 2019.
  L'infrazione commessa in data 16 gennaio 2020, oltre all'iniziativa penale con inoltro alla competente procura della Repubblica, sarà tenuta in considerazione in fase di valutazione dell'eventuale proroga del regime di sorveglianza particolare.
  Al fine di migliorare il servizio e le condizioni di lavoro degli appartenenti al corpo di polizia penitenziaria, questa Amministrazione sta attuando una serie di iniziative all'uopo indirizzate, tra cui l'approvvigionamento, nei limiti della disponibilità finanziaria sul capitolo competente, di nuovi equipaggiamenti, in sostituzione e/o integrazione di quelli già in uso (caschi e scudi), nonché l'approvvigionamento, in via sperimentale, di innovativi equipaggiamenti atti al contenimento senza pregiudizio per l'operatore penitenziario (es. prodotti antitaglio e nuovi giubbetti antiproiettile).
  Altri equipaggiamenti sono allo studio per l'anno in corso (es. prodotti paracolpi, scudi curvi, maschere facciali); il tutto finalizzato a migliorare le condizioni lavorative del personale di polizia penitenziaria con l'obbiettivo di ridurre gli eventi critici.
  Con due successive acquisizioni, questa Amministrazione si è dotata, altresì, di un sistema di videosorveglianza in mobilità, comprendente n. 600 dispositivi individuali, provvisti anche di
body cam, indossabili dal personale di polizia penitenziaria, finalizzati alla registrazione audio e/o video.
  Per tali strumentazioni, tuttavia, è stato investito il Garante della
privacy e, solo successivamente, è stato diramato apposito disciplinare d'uso, che ne ha previsto l'utilizzo anche all'interno degli istituti penitenziari, con espresso divieto «... di operare registrazioni all'interno delle camere detentive durante la permanenza dei ristretti qualora non ricorrano esigenze relative alla documentazione delle attività di sicurezza o di indagine in corso di svolgimento.».
  Con riferimento agli eventi critici indicati nel testo dell'atto di sindacato ispettivo
de quo (colluttazioni, ferimenti, aggressioni al personale del corpo e tentati suicidi), si evidenziano di seguito i dati relativi al biennio 2018-2019, inerenti a tutti gli istituti del provveditorato regionale per la Sardegna, così come estrapolati dall'apposito applicativo «eventi critici», in uso alla sala situazioni di questo dipartimento:

  Evento

  Anno 2018

  Anno 2019

  Colluttazioni

  96

  187

  Ferimenti

  20

  22

  Aggressioni

  30

  29

  Tentati suicidi

  99

  148

  Più nella fattispecie, si riportano di seguito i dati relativi agli eventi suindicati, inerenti alla casa circondariale di Sassari:

  Evento

  Anno 2018

  Anno 2019

  Colluttazioni

  4

  35

  Ferimenti

  7

  4

  Aggressioni

  10

  12

  Tentati suicidi

  23

  42

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con la presente l'interrogante si intende porre all'attenzione del Ministro interrogato la crescente angoscia in cui versano gli aspiranti allievi agenti della polizia penitenziaria del concorso indetto nel febbraio 2019 e che ancora non vedono un termine certo per la conclusione della procedura in corso;

   il concorso, originariamente per 754 posti e successivamente elevato a 938 con rettifica in Gazzetta Ufficiale del 12 novembre 2019, ha subito un iter travagliato, reso ancora più gravoso dall'emergenza Covid-19;

   gli accertamenti psico-fisici sono terminati l'11 febbraio 2020;

   giacché il bando prevedeva una seconda istanza, alcuni candidati sono stati resi «rivedibili» (circa 70) e altri «non idonei» (circa 260). In molti sono ancora oggi in attesa di essere contattati per espletare le seconde visite che alcuni avrebbero dovuto svolgere nei giorni 2 e 3 marzo 2020;

   i provvedimenti derivati dall'emergenza Covid-19 hanno impedito lo svolgimento delle medesime che tuttora risultano ancora a data da destinarsi;

   l'articolo 259 del decreto «Rilancio» prevede, al comma 4, che «i candidati impossibilitati a partecipare, a seguito delle misure di contenimento del COVID-19, a una o più fasi delle procedure concorsuali per l'accesso ai ruoli e alle qualifiche delle Amministrazioni di cui al comma 1, sono rinviati a istanza dell'interessato a sostenere le prove nell'ambito del primo concorso successivo alla cessazione di tali misure. In tal caso, le eventuali risultanze di prove valutative già sostenute nell'ambito dell'originario concorso sono valutate secondo le disposizioni e i criteri del bando relativo al concorso cui sono rinviati e i candidati, se utilmente collocati nella graduatoria finale di merito di tale ultimo concorso, sono avviati alla frequenza del relativo corso di formazione, ove previsto, o inseriti in ruolo con la medesima decorrenza giuridica ed economica degli altri vincitori del concorso cui sono stati rinviati»;

   data la perdurante emergenza nelle carceri e la necessità di avere forze fresche da impiegare nelle case circondariali, appare necessario addivenire ad una soluzione celere del concorso in questione e procedere, quanto prima, all'approvazione della graduatoria –:

   se il Governo intenda fissare tempi certi per lo svolgimento delle visite di seconda istanza e procedere celermente all'approvazione della graduatoria e l'assunzione degli allievi agenti della polizia penitenziaria;

   se il Governo intenda chiedere agli aventi diritto alla visita di seconda istanza di avvalersi del rinvio ex articolo 259 del decreto «Rilancio» o, in alternativa, se intenda adottare iniziative per apportare opportuni correttivi normativi al fine di individuare ulteriori soluzioni idonee, introducendo il rinvio d'ufficio per gli aventi diritto alle visite di seconda istanza nell'ambito del concorso indicato in premessa.
(4-06063)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante, relativamente alla situazione degli aspiranti allievi agenti di polizia penitenziaria che hanno partecipato al concorso indetto nel febbraio 2019, ha sollevato specifici quesiti in ordine alla fissazione delle visite di seconda istanza e alla possibilità di avvalersi del rinvio ex articolo 259 del «decreto rilancio», si rappresenta quanto segue.
  Con provvedimento del Direttore generale del personale e delle risorse datato 11 febbraio 2019, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale – IV serie speciale – n. 18 del 5 marzo 2019 è stato indetto il concorso a complessivi 754 posti di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria maschile e femminile; con successivo p.D.G. 21 ottobre 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 12 novembre 2019, i posti sono stati elevati a 938.
  Come previsto dalle disposizioni del bando, all'esito della prova d'esame sono stati ammessi alla successiva fase concorsuale degli accertamenti psico-fisici e attitudinali i candidati di sesso maschile e femminile risultati idonei alla prova scritta e classificatisi rispettivamente fra i primi 680 e 224 in ordine di merito per l'aliquota A1 (riservata ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale) e quelli classificatisi rispettivamente fra i primi 452 e 152 in ordine di merito per l'aliquota B2 (aperta a tutti i cittadini).
  Sono stati inoltre ammessi alla fase successiva tutti coloro che hanno riportato lo stesso punteggio del concorrente collocatosi all'ultimo posto, per un numero complessivo di 1626 candidati.
  Gli accertamenti medici e attitudinali si sono svolti dal 25 novembre al 20 dicembre 2019 e dal 13 gennaio al 1° febbraio 2020 (era stata fissata un'ultima seduta della commissione medica in data 2 marzo 2020; tale seduta è stata sospesa e rinviata a data da destinarsi in considerazione della situazione di emergenza determinata dalla diffusione del contagio da COVID-19).
  L'articolo 87, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), ha poi disposto la sospensione della procedura concorsuale per sessanta giorni dalla pubblicazione del medesimo decreto.
  Alla luce delle specifiche disposizioni contenute nell'articolo 259, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, la procedura potrà riprendere esclusivamente nel rispetto delle prescrizioni tecniche idonee a garantire la tutela della salute dei candidati da determinarsi con decreto dei Ministro della salute, su proposta dei Ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze e della giustizia, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione.
  Per il completamento della procedura occorre dunque attendere l'adozione del decreto interministeriale suddetto, in lavorazione, a fronte del documento tecnico prodotto da tavolo di lavoro interforze – costituito all'uopo nella situazione di emergenza epidemiologica – contenente le misure da adottarsi al fine di consentire lo svolgimento in sicurezza di tutte le varie fasi procedurali, a tutela della salute dei candidati e al fine di evitare la diffusione del contagio da Covid-19.
  A conclusione della procedura sarà approvata la graduatoria finale e i vincitori chiamati a frequentare, secondo le modalità che saranno definite dalla competente Direzione generale della formazione, il prescritto corso di formazione entro il mese di dicembre.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data odierna, il Ministro interrogato si è recata a Trieste per parlare dei flussi migratori provenienti dalla rotta balcanica, delle misure per arginare i flussi e dei rinforzi da inviare sulla frontiera orientale;

   in questi giorni, l'interrogante ha avuto modo di raccogliere la testimonianza di alcuni lavoratori italiani in Macedonia, originari del Friuli, i quali hanno raccontato che negli ultimi anni hanno sempre assistito, nel corso dei viaggi verso l'Italia per le ferie, a gruppi di profughi che camminano sulle autostrade serbe, a fughe da centri di accoglienza limitrofi alle autostrade da vistosi buchi nelle reti;

   questi lavoratori hanno raccontato che la polizia non ferma questi profughi sulle autostrade, mentre eserciterebbe un controllo molto attento sulle macchine italiane al fine di comminare multe;

   il flusso di clandestini a piedi sull'autostrada si interromperebbe in Croazia. Qui è stato segnalato un allentamento dei controlli al confine, con i bagagliai che non verrebbero quasi più ispezionati;

   questo fornisce l'immagine del «colabrodo» in cui versa la rotta balcanica, in cui la complicità lassista di alcuni Stati membri o partner strategici dell'Unione europea porta all'eccessiva pressione dei flussi migratori sull'Italia, in primis sul Friuli Venezia Giulia –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto indicato in premessa;

   quali siano gli intendimenti per fronteggiare l'immigrazione proveniente dalla rotta balcanica.
(4-06759)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante chiede di conoscere quali siano gli intendimenti del Governo per fronteggiare l'immigrazione proveniente dalla rotta balcanica.
  In proposito, occorre preliminarmente evidenziare che questa amministrazione tiene alta l'attenzione sui flussi dei migranti irregolari in arrivo ai confini del Friuli-Venezia-Giulia, come testimonia anche la recente visita compiuta dal Ministro dell'interno a Trieste, nel corso della quale ha incontrato il presidente della regione e un nutrito numero di sindaci per trovare delle soluzioni concrete alle difficoltà organizzative e logistiche rappresentate dagli enti locali.
  Quanto alla dimensione del fenomeno, si precisa che l'intensa attività di polizia, rivolta al rintraccio di migranti irregolari nel territorio, ha consentito di attivare, molto più che rispetto al passato, le procedure di riammissione verso la Slovenia, facendone registrare un numero quadruplicato rispetto all'analogo periodo dello scorso anno.
  Dall'inizio dell'anno e fino al 21 settembre 2020, al confine italo-sloveno risultavano rintracciati 3.369 migranti irregolari, a fronte dei 2.745 dello stesso periodo del 2019.
  In particolare, dal 1° gennaio al 21 settembre 2020, sono state effettuate 962 riammissioni, a fronte delle 250 dell'analogo periodo dell'anno precedente.
  Al riguardo, si segnala rinvio di una
task force composta da personale della polizia di frontiera che supporterà l'azione delle forze di polizia lungo la fascia confinaria, soprattutto per la ricerca degli elementi probatori necessari a documentare la provenienza dei migranti dalla Slovenia e predisporre le procedure di riammissione.
  Sotto il profilo della lotta al traffico di esseri umani, è stata intensificata la cooperazione bilaterale con le autorità slovene, sia dal punto di vista operativo, sia per l'aspetto più propriamente investigativo nei confronti delle organizzazioni criminali che quel traffico alimentano.
  Si evidenzia, inoltre, come sia stata rafforzata la sorveglianza sul confine nordorientale con la predisposizione di controlli sulle autostrade e sulle strade statali 54 e 56. È stata altresì avviata un'intensificazione della vigilanza sui valichi minori ed è stato disposto un piano di rinforzi con il concorso di personale militare delle forze armate, nell'ambito di «Strade Sicure» presenti con 375 unità, di cui 95 ad Udine, 100 a Gorizia e 180 a Trieste.
  Inoltre, per le attività di controllo delle aree di retrovalico, sono attualmente impiegati, complessivamente, 13 equipaggi dei reparti prevenzione crimine della polizia di Stato (4 equipaggi a Trieste, 4 a Gorizia e 5 a Udine).
  Sotto il profilo investigativo, la polizia di Frontiera ha svolto una continua azione di contrasto culminata con l'arresto, nel corso del 2020, di 22 persone per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
  Si assicura infine che questa amministrazione sta affrontando le problematiche connesse ai flussi migratori dalla rotta balcanica in tutta la loro complessità e con il massimo dell'impegno, in collaborazione con le autorità slovene, e che la questione continuerà a essere costantemente al centro della sua attenzione.
  

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   DI LAURO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il 6 dicembre 2019 scoppiava il caso «concorsopoli» presso il Comune di Sant'Anastasia (Napoli): la Guardia di finanza di Napoli ha eseguito misure cautelari nei confronti del sindaco, Raffaele Abete, del segretario generale, Egizio Lombardi, e del consigliere comunale, Pasquale Iorio, con l'accusa di alterare per via informatica i risultati delle prove dei concorsi pubblici in cambio di mazzette che variavano tra 30 mila e 50 mila euro, avvalendosi delle competenze tecniche dell'imprenditore Alessandro Montuori, legale rappresentante della cooperativa Agenzia Selezioni e Concorsi, a cui erano state affidate le procedure concorsuali;

   dalle indagini è emerso un sistema criminale volto ad assicurare l'assunzione di determinate figure, segnalate da rappresentanti politici locali, da inserire nella dotazione organica del comune;

   a seguito della vicenda, il sindaco di Sant'Anastasia, nel dicembre del 2019, ha rassegnato, in carcere, le proprie dimissioni, con la conseguente nomina di un commissario prefettizio;

   quanto accaduto a Sant'Anastasia non sarebbe un caso isolato ma parte di un sistema ramificato volto ad alterare i risultati dei concorsi in molti comuni campani, tra i quali quelli di Cercola, Lettere, Pimonte, Somma Vesuviana, Cardito, Sarno, San Giuseppe Vesuviano;

   al comune di Pimonte, Lombardi figurava come segretario generale dell'ente per due procedure concorsuali (una per istruttore tecnico direttivo e l'altra per funzionario amministrativo), indette nel 2018, nelle quali, per quanto consta all'interrogante, comparivano alcuni commissari esterni delle commissioni valutatrici poi risultati coinvolti anche nell'ambito delle procedure di Sant'Anastasia;

   durante l'interrogatorio reso dinnanzi ai magistrati, lo stesso Lombardi avrebbe dichiarato che il sindaco (di Pimonte) gli disse che il concorso lo doveva vincere il nipote (risultato poi primo in graduatoria) e lo stesso primo cittadino doveva avere l'ultima parola su chi fosse idoneo e su chi no;

   con riguardo al comune di Lettere, l'imprenditore Montuori, avrebbe raccontato ai giudici di aver ricevuto una commessa diretta «propiziata» da due politici che, nei rispettivi comuni, sono attualmente in carica: un assessore di Cercola e uno di Somma Vesuviana;

   vistose e gravissime irregolarità si sono registrate con riguardo al comune di Cercola, ove si segnalano 3 diverse procedure, anch'esse al vaglio degli inquirenti, in cui è coinvolta la «Agenzia Selezioni e Concorsi» di Montuori;

   il comune, infatti, come da norma avrebbe consultato Formez e Mepa ai fini dell'individuazione di un soggetto per l'espletamento delle procedure concorsuali: tuttavia, a giudizio dell'interrogante le consultazioni sarebbero state effettuate in maniera del tutto impropria e non avrebbero restituito risultati idonei;

   per tali ragioni, il comune ha proceduto ad un affidamento diretto alla società di Montuori;

   inoltre, i commissari di concorso, nominati in maniera anomala, erano pressoché i medesimi coinvolti nelle altre procedure finite sotto inchiesta;

   nel corso degli interrogatori, Montuori ha dichiarato: «i concorsi banditi dal comune di Cercola venivano alterati da me nell'esito, tra essi, anche quello della nomina di Istruttore Direttivo di Vigilanza, categoria D. Ricordo che in quella sede fui avvicinato da un assessore del comune di Cercola, che mi chiedeva di agevolare alcuni soggetti direttamente segnalati dal Sindaco del Comune di Cercola»;

   le procedure presso il comune di Sant'Anastasia sono tutte state annullate conseguentemente agli sviluppi giudiziari, mentre sembrerebbe che, a quanto consta all'interrogante, nessuna delle altre procedure concorsuali sopra riportate sia stata invalidata, nonostante quelle che appaiono evidenti illegittimità e violazioni di legge, mentre alcuni dei vincitori sarebbero già stati assunti nella pubblica amministrazione –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, per attivare i servizi ispettivi dell'Ispettorato per la funzione pubblica e della Ragioneria generale dello Stato, al fine di verificare la regolarità delle procedure concorsuali avvenute nei comuni citati in premessa, e degli atti e fatti ad esse correlati.
(4-06664)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione con la quale si chiede di attivare i servizi ispettivi dell'ispettorato per la funzione pubblica, al fine di verificare la regolarità delle procedure concorsuali adottate nel comune di Sant'Anastasia (Napoli), dove il 6 dicembre 2019 è scoppiato il cosiddetto caso «concorsopoli», e dai comuni di Cercola, Lettere, Pimonte, Somma Vesuviana, Cardito, Sarno, San Giuseppe Vesuviano.
  Come è noto, nell'ambito di questa vicenda la Guardia di finanza di Napoli ha eseguito misure cautelari nei confronti del sindaco del comune di Sant'Anastasia, Raffaele Abete (dimessosi), del segretario generale, Egizio Lombardi, e del consigliere comunale, Pasquale Iorio, con l'accusa di alterare per via informatica i risultati delle prove dei concorsi pubblici avvalendosi delle competenze tecniche dell'imprenditore Alessandro Montuori, legale rappresentante della cooperativa agenzia selezioni e concorsi, a cui erano state affidate le procedure concorsuali.
  Premesso che il procedimento giudiziario non si è ancora definitivamente concluso e che in tale ambito sarà accertata la legittimità degli atti posti in essere dalle amministrazioni coinvolte, per quanto di mia competenza, al fine di rispondere all'interrogante, sulla base degli elementi che mi sono stati forniti dall'ispettorato per la funzione pubblica, rappresento quanto segue:

  a riscontro della richiesta istruttoria attivata, il segretario generale del comune di Cercola con riferimento alla censura inerente la modalità di affidamento del supporto organizzativo all'agenzia selezioni e concorsi società Coop, ha sottolineato che il servizio personale ha operato nel pieno rispetto delle norme in materia e, in considerazione della carenza di personale e delle difficoltà tecnico organizzative, ha provveduto ad interpellare, in via preliminare, a mezzo PEC, il FORMEZ-RIPAM, soggetto qualificato, per il supporto tecnico-organizzativo delle tre procedure concorsuali, indette dal comune di Cercola.
  Successivamente, a seguito del silenzio-diniego del FORMEZ-RIPAM, l'ente avrebbe fatto ricorso, ai sensi dell'articolo 36, punto 2, lettera
a) del decreto legislativo n. 50 del 2016, alla procedura, mediante affidamento diretto, in considerazione dell'importo dell'affidamento (inferiore ad euro 40.000,00), con scelta del contraente, mediante il mercato elettronico (MEPA).
  Il segretario generale precisa, altresì, che a tale scopo è stata consultata sul MEPA la categoria «
Servizi Information & Communication Technology» ed è stato generato l'ordine diretto (identificativo n. 4770317) ad agenzia selezioni e concorsi, società cooperativa a mutualità prevalente, società accreditata sul MEPA, con sede a Salerno, che risultava avere considerevole esperienza nell'attività di supporto di pubblici concorsi, indetti da enti pubblici, per l'importo di euro 12.295,00, oltre IVA.
  Per quanto concerne la nomina delle commissioni di concorso, il segretario generale rappresenta di aver operato in ossequio alle previsioni del vigente regolamento sull'ordinamento degli uffici e servizi ed, in particolare, dell'articolo 114 del regolamento comunale, che disciplina la composizione delle commissioni di concorso, prescrivendo che le stesse siano composte dal presidente (individuato nel responsabile del servizio competente, per i posti di categoria C e dal segretario generale, per i posti di categoria D) e da due membri esperti nelle materie, oggetto del concorso, scelti anche tra i dipendenti di enti locali o enti pubblici, aventi qualifica superiore al posto a concorso.
  Secondo quanto rappresentato dall'Ente, le tre commissioni di concorso sono state nominate in applicazione della precitata norma regolamentare, dal momento che:

   per i due posti di categoria D, le stesse erano state costituite dal segretario generale del comune di Cercola (presidente di diritto) e da due esperti, individuati nella persona di un segretario generale e di un comandante di Polizia locale (per il concorso di Istruttore direttivo di vigilanza-comandante di Polizia locale), mentre per l'altra procedura (concorso di assistente sociale) oltre che dal segretario generale (già componente), da un dirigente ufficio Piano di Zona, esperto in servizi politiche sociali;

   per il posto di categoria C (riservato esclusivamente alle categorie dei soggetti disabili di cui all'articolo 1, comma 1 legge n. 68 del 1999, la commissione era stata costituita dal responsabile del settore competente (presidente di diritto) e da due membri esperti (rispettivamente in discipline giuridiche e gestione contabile).

  L'ente precisa, inoltre, che tutti i soggetti nominati nelle commissioni esaminatrici risultavano in possesso delle idonee e comprovate competenze tecniche-giuridiche, nelle materie oggetto dei concorsi, rilevabili anche dai curricula, e che nella costituzione delle commissioni è stato tenuto conto anche dell'esigenza di assicurare una composizione equilibrata, con diverse competenze e professionalità di carattere specifico.
  In ordine al rilievo relativo all'avviso pubblico per selezionare i componenti delle commissioni, il segretario generale evidenzia che, in assenza di una specifica previsione sulle modalità di scelta dei componenti le Commissioni esaminatrici, posto che il citato articolo 114 del regolamento comunale nulla dispone al riguardo, compete al responsabile del settore, nell'esercizio di un apprezzamento discrezionale, provvedere all'individuazione ed alla nomina dei componenti, purché in possesso del necessario requisito di esperienza, nelle materie oggetto dei concorsi.
  Infine, il segretario generale fa presente che non risultano notificati ricorsi amministrativi, da parte di concorrenti, nei quali siano stati eccepiti vizi di legittimità degli atti adottati e/o la violazione del principio di trasparenza ed evidenzia che soltanto a procedure concorsuali concluse (ex post), e solo dopo l'acquisizione degli atti da parte della procura generale e le notizie di cronaca, pubblicate sui mezzi di informazione, in comune si ha avuto notizia dei presunti illeciti riguardanti il segretario generale-commissario di concorso ed il legale rappresentante della agenzia selezioni e concorsi, società cooperativa.
  A riscontro della richiesta istruttoria dell'ispettorato per la funzione pubblica, il segretario generale del comune di Sarno ha inviato una nota nella quale, preliminarmente, sottolinea che nessun rilevante ruolo, in alcuna fase ha avuto il signor Alessandro Montuori, rappresentante legale della cooperativa agenzia selezioni e concorsi, né direttamente né indirettamente dei concorsi banditi dal comune di Samo.
  Secondo quanto relazionato, il Comune di Sarno ha bandito due concorsi pubblici per la selezione di una figura di istruttore direttivo tecnico, di cui alla determinazione dirigenziale n. 1494 del 7 settembre 2018 e una figura di funzionario direttivo – avvocato.
  Con riferimento al concorso di Funzionario Direttivo Avvocato, viene precisato che l'articolo 7 della
lex specialis, relativo alla procedura di selezione, prevedeva espressamente che «qualora il numero delle domande dei candidati ammessi fosse superiore a cinquanta, sarebbe stato possibile, ai sensi dell'articolo 111, comma 1 del vigente Regolamento, dare seguito ad una preselezione da svolgersi attraverso appositi test, il cui contenuto è da riferirsi alle materie oggetto delle prove d'esame», pertanto, visto che alla procedura in parola sono risultati ammessi n. 118 partecipanti, la commissione ha deciso di chiedere al dirigente economico-finanziario e risorse umane la possibilità di individuare una ditta specializzata per essere coadiuvata nelle operazioni di preselezione.
  Con riferimento al concorso di istruttore direttivo tecnico, il relativo bando non aveva previsto le prove preselettive. Tuttavia, il copioso numero di partecipanti (pari a 76) avrebbe spinto la commissione esaminatrice, a demandare al presidente l'onere di richiedere al dirigente competente di esprimersi circa l'opportunità (in termini di costi) di affidare ad esperti del settore il servizio di assistenza alle prove.
  Secondo quanto riportato nella succitata nota, il dirigente competente ha provveduto, attraverso la piattaforma CONSIP, sul portale del MePa, secondo la normativa vigente, ad individuare la ditta «Agenzia Selezioni e Concorsi – Società Cooperativa a mutualità prevalente», ai sensi e per gli effetti dell'articolo 36 comma 2 del decreto legislativo n. 50 del 2016, alla quale affidare gli incarichi di affiancamento alle commissioni di concorso durante l'espletamento delle prove preselettive, scritte ed orali.
  Secondo quanto rappresentato dall'ente il 6 maggio 2019, la prova preselettiva prevista per il concorso di funzionario direttivo avvocato, vista la presenza di soli 35 candidati, non veniva svolta, per cui tutti gli aspiranti avvocati municipali presenti venivano ammessi alle successive prove scritte.
  Nella succitata nota, il segretario generale afferma che nessun ruolo ha potuto svolgere nella fase preselettiva il signor Alessandro Montuori che consegnava apposita busta, nella stessa giornata del 6 maggio 2019, alla commissione esaminatrice e contenente i
test predisposti per la prova preselettiva, mai somministrati ai candidati.
  L'ente, inoltre, precisa che nei giorni 11 e 12 novembre 2019 e nei giorni 20 e 21 novembre 2019 si sono svolte, rispettivamente, le prove scritte del concorso di funzionario direttivo avvocato e quelle per istruttore direttivo tecnico. Il supporto fornito dall'Agenzia Selezioni e Concorsi, in queste fasi, sarebbe stato relativo – esclusivamente – ad adempimenti di tipo burocratico amministrativi, quali, a titolo esemplificativo, supporto nel riconoscimento dei candidati, assistenza durante lo svolgimento delle prove, stampa e distribuzione del foglio istruzioni, oltre che del materiale di cancelleria, eccetera, senza, quindi, svolgere, alcuna altra attività che potesse influire sullo svolgimento delle prove.
  Il segretario generale ha evidenziato che alcun ruolo avrebbe avuto il signor Alessandro Montuori nella definizione delle tracce che sono state elaborate esclusivamente da commissari, tra l'altro, nella stessa mattina delle relative prove, appena poco prima dell'inizio delle stesse.
  A detta dell'ente nessun ruolo avrebbe avuto poi il signor Montuori nell'attività di vigilanza nel corso delle prove, atteso che a presidio dei controlli sarebbero stati posti agenti di Polizia municipale e che le verifiche sul materiale in uso ai candidati sarebbero state assicurate esclusivamente dai commissari.
  Nella succitata nota vengono quindi descritte le modalità di svolgimento delle fasi successive all'espletamento delle prove scritte adottate per entrambi i concorsi. I commissari di ciascuna commissione di concorso hanno provveduto alla correzione delle prove scritte, in sedute strettamente riservate, alle quali non avrebbe partecipato nessun altro al di fuori dei componenti della commissione. Nessun ruolo, dunque, secondo il segretario generale, avrebbe avuto il signor Alessandro Montuori nella correzione degli elaborati scritti.
  Il comune di Sarno fa quindi presente che a seguito della notizia, a mezzo di organi di stampa, è venuto a conoscenza che la ditta «Agenzia Selezioni e Concorsi – Società Cooperativa a mutualità prevalente» era stata destinataria di un provvedimento giudiziario reso dal GIP di Nola, relativo ad un'inchiesta inerente la gestione dei concorsi in un centro del Napoletano.
  Successivamente, l'ente è stato destinatario di una richiesta di atti, relativa al mandato conferito all'agenzia selezioni e concorsi società Coop., per indagini di polizia giudiziaria.
  Il segretario generale aggiunge, inoltre, che il 19 febbraio 2020, si è proceduto a revocare in autotutela le determinazioni dirigenziali di affidamento del servizio alla Coop. agenzia selezione e concorsi di assistenza alle commissioni di concorso. Le procedure concorsuali sono andate avanti con la correzione degli elaborati.
  Il 7 luglio 2020, vista l'esiguità del numero di candidati ammessi alle prove orali per il concorso di istruttore direttivo tecnico (n. 3), la commissione ha proceduto, nel rispetto delle norme di prevenzione e sicurezza COVID-19, all'espletamento dei colloqui.
  Nella nota succitata, si afferma che ad oggi, è
in itinere il procedimento amministrativo di assunzione del vincitore. Ancora in corso, invece, è la correzione degli elaborati da parte della relativa Commissione per il reperimento di una unità col profilo professionale di avvocato municipale.
  L'ente afferma di avere proseguito nell'
iter di espletamento delle prove concorsuali, non ravvisando alcun elemento e/o presupposto che deponesse per l'annullamento; ha precisato altresì che il signor Montuori, non avrebbe potuto; in alcun modo, influire sul corretto svolgimento delle prove, come si desume da quanto finora espresso.
  Il segretario generale evidenzia, infine, che dalla lettura dell'atto ispettivo in oggetto emergerebbe che le procedure del comune di Sarno non sono state mai menzionate nel corso degli interrogatori del signor Alessandro Montuori.
  A riscontro della richiesta istruttoria dell'ispettorato per la funzione pubblica è pervenuta una nota del segretario generale del comune di Lettere che, dopo aver preliminarmente comunicato che analoga nota è pervenuta dalla prefettura dell'UTG di Napoli, ha precisato che le procedure concorsuali indette dal comune nell'anno 2018, finalizzate all'assunzione di 3 profili professionali (istruttore direttivo di vigilanza, istruttore amministrativo e istruttore contabile) sono state espletate da commissioni di concorso nominate dall'esterno, previa manifestazione di interesse per il reclutamento dei commissari da parte di altri enti; la sola presidenza è stata affidata, ai sensi dell'articolo 107 del decreto legislativo n. 267 del 2000, ai rispettivi capi di settore dell'ente interessato dai posti di concorso.
  Solo per la procedura di istruttore direttivo di vigilanza, a seguito di rinuncia, la presidenza è stata affidata al segretario comunale.
  Nel succitato documento si comunica, poi, che tutti i membri di commissione sarebbero estranei alle vicende giudiziarie che hanno coinvolto l'agenzia selezioni e concorsi e il comune di Sant'Anastasia ed altri, e alcun candidato risulta coinvolto nelle vicende giudiziarie.
  Il segretario generale del comune di Lettere precisa, inoltre, che le commissioni hanno gestito le procedure concorsuali con regolarità, senza che siano pervenuti riscontri, opposizioni o contestazioni avverso le graduatorie finali. All'esito delle prove concorsuali si è proceduto all'assunzione dei vincitori.
  L'agenzia di selezione e concorsi presente su Mepa è stata scelta per Oda tramite affidamento diretto ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera
a) del decreto legislativo n. 50 del 2016 .
  Secondo quanto riportato nella nota, il comune di Lettere ha gestito solo la fase relativa alle prove preselettive mentre per la fase successiva relativa la prova scritta, ha svolto solo assistenza alle commissioni, rimanendo estranea alle attività valutative e alla prova orale.
  Il Comune, infine, si dice non essere a conoscenza che le procedure concorsuali siano al vaglio degli inquirenti e pertanto non ravvisando elementi di criticità non ha proceduto al relativo annullamento.
  A riscontro della richiesta istruttoria attivata, è pervenuta una nota del comune di Pimonte che facendo particolare riferimento a quanto sollevato dall'interrogante nei confronti dell'ente, chiarisce che il concorso per l'assunzione (
part time) di un istruttore direttivo tecnico è stato bandito nel 2018 e si è concluso con l'approvazione della graduatoria con determinazione n. 408 ed ha visto vincitore l'ingegnere Domenico Palummo parente del sindaco, oggi in servizio presso il comune.
  Viene inoltre comunicato che il comune non risulta essere a conoscenza del fatto che i membri della commissione siano stati coinvolti nelle procedure concorsuali svolte a Sant'Anastasia e che solo la fase preselettiva del concorso è stata affidata all'agenzia selezioni e concorsi di Salerno.
  L'ente aggiunge, inoltre, che il concorso per funzionario amministrativo è bandito nel 2019 e che nel novembre 2019 è stata svolta la fase preselettiva affidata all'agenzia selezioni e concorsi.
  Non è noto, per il Comune, se i membri della commissione di valutazione siano coinvolti nelle procedure concorsuali di Sant'Anastasia. Ad oggi, comunque, non essendoci il segretario generale per la formulazione di una richiesta di parere in merito alla procedura espletata dall'agenzia incaricata comunica di aggiornare tutto a data da destinarsi. Nel succitato documento è rappresentato un possibile conflitto di interessi del commissario Ciro Di Lascio che, in caso di relativo accertamento, si dichiara disposto a rinunciare al ruolo.
  Nell'ambito dell'attività ispettiva svolta, è pervenuta anche una nota del sindaco del comune di Pimonte nella quale precisa che in relazione alle presunte dichiarazioni dell'ex segretario comunale, dottor Egidio Lombardi, relative ai concorsi tenutisi presso il comune di Pimonte, ha chiesto alla procura di Nola di essere ascoltato per fare luce sulla vicenda, per la quale ne rappresenta la totale estraneità, non avendo mai intrattenuto rapporti con le commissioni esaminatrici.
  Il sindaco fa presente, inoltre, che l'ingegnere Domenico Palummo, parente di 4° grado (cugino di linea collaterale di 2° grado) è un brillante ingegnere le cui capacità sarebbero riconosciute nel paese e che già precedentemente si era classificato al quarto posto in un concorso comunale.
  In merito alla vicenda sulle procedure concorsuali indette dal comune di Sant'Anastasia a ridosso delle elezioni amministrative del 26 maggio 2019, l'ispettorato per la funzione pubblica, nell'ambito delle indagini attivate in risposta all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, ha chiesto notizie sulle iniziative adottate per garantire e/o ripristinare i principi di trasparenza, obiettività e terzietà di giudizio posti a tutela della parità di trattamento tra i diversi concorrenti e sugli esiti delle suddette procedure concorsuali.
  Il comune di Sant'Anastasia con nota di riscontro ha comunicato che tutte le procedure concorsuali oggetto d'indagine sono state revocate o annullate d'ufficio e che le sette unità di personale assunte in relazione ai citati concorsi, due hanno rassegnato le dimissioni e per cinque di loro il rapporto di lavoro è stato dichiarato caducato.
  Il Comune ha precisato altresì che con delibera n. 59 del 5 maggio 2020 è stato adottato un nuovo modello organizzativo al fine di superare le criticità riscontrate nelle scelte operate dalla giunta comunale negli anni 2017-2019. L'organigramma precedentemente in vigore aveva, infatti, determinato la concentrazione di funzioni amministrative ad elevato impatto lavorativo e gestionale e l'aggregazione di funzioni disomogenee in alcuni settori determinando ripercussioni negative sulla concreta gestione dei processi lavorativi e oggettive difficoltà di coordinamento tra gli uffici, a discapito della complessiva efficienza e del conseguimento degli obiettivi strategici dell'ente.
  La nuova organizzazione, alla quale è conseguita una parziale rotazione negli incarichi apicali, appare più rispondente alle esigenze di trasparenza e distribuzione delle responsabilità, garantendo un più efficace contrasto dei fenomeni corruttivi.

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Fabiana Dadone.


   FORMENTINI, CENTEMERO, BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel luglio 2020, l'Institute for NGO Research, basato a Gerusalemme, ha pubblicato un rapporto dedicato ai legami esistenti tra alcune organizzazioni non governative palestinesi – basate in Cisgiordania e a Gaza – ed il Fronte Popolare per la liberazione della Palestina, o Fplp;

   l'Fplp, fondato da George Habbash, è classificato come organizzazione terroristica sia dall'Unione europea che dagli Stati Uniti e dal Canada. La sua azione storicamente più conosciuta in Italia è il dirottamento della motonave Achille Lauro, a bordo della quale venne assassinato Leon Klinghoffer; nel luglio 2020, lo Shin Beth israeliano ha rivelato di aver arrestato dieci operativi del Fplp finanziati ed addestrati dall'Hezbollah libanese e dall'Iran, pronti a preparare attentati in Cisgiordania ed Israele;

   secondo l'istituto israeliano, nove individui appartenenti ad almeno sette Ong che percepiscono fondi dai Governi europei avrebbero partecipato ad un evento commemorativo promosso da Fplp a Ramallah il 14 maggio 2019;

   non meno di quattro funzionari riconducibili ad Ong palestinesi presenti all'evento promosso da Fplp sono stati accusati di appartenere ad una cellula terroristica di questa entità ed alcuni di loro sono sotto processo per l'assassinio di una diciassettenne israeliana, Rin Shnerb, avvenuto nell'agosto 2019;

   contributi italiani, pari ad 862.076 dollari nel 2018, sarebbero arrivati alle Ong palestinesi attraverso Save the Children, mentre altri 136.612 dollari sarebbero stati erogati tramite apporti conferiti al Mine Action Service delle Nazioni Unite. Di tali risorse avrebbe beneficiato il centro di sviluppo palestinese Ma'an, sospettato di intrattenere rapporti con l'Fplp;

   inoltre, l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) avrebbe stanziato 994.415 euro nel triennio 2018-2020, attraverso l'Organizzazione per lo sviluppo globale di comunità in Paesi extraeuropei, una onlus che collabora con tre ong palestinesi, fondi che avrebbero raggiunto la Uawc (Union of Agricultural Work Committees) legata al Fplp;

   nell'ambito dello stesso programma dell'Aics per il triennio 2018-2020, inoltre, 1,8 milioni di euro avrebbero beneficiato la Al-Haq, apparentemente collegata al Fplp, tramite il Cospe-Cooperazione per lo sviluppo dei paesi emergenti;

   il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale avrebbe infine conferito un ulteriore finanziamento pari ad 1,6 milioni di euro Ciss-Cooperazione internazionale Sud-Sud, in vista della realizzazione di un programma eseguito da tre ong palestinesi, che coinvolge il Bisan Center for Research and Development, di cui è membro Gebril Muhamad, visto alla manifestazione di Ramallah indetta dal Fplp –:

   se le circostanze descritte nel rapporto curato dall'Institute for NGO Research corrispondano al vero e, in caso affermativo, in che modo il Governo intenda evitare che fondi del contribuente italiano raggiungano anche tramite la mediazione di soggetti internazionali o non governativi ong palestinesi che mantengono rapporti con un'entità classificata come terroristica dall'Unione europea.
(4-06584)

  Risposta. — Onorevole Deputato Formentini, rispondo alla Sua interrogazione n. 4-06584.
  Le iniziative della cooperazione italiana nei territori palestinesi perseguono esclusivamente le finalità di sviluppo indicate dal l'articolo 1 della legge n. 125 del 2014, con particolare riferimento all'eradicazione della povertà e alla riduzione delle disuguaglianze che affliggono da tempo quell'area.
  I progetti menzionati dall'«Institute for NGO Research» sono per la loro quasi totalità realizzati da Organizzazioni della società civile (OSC) italiane, alle quali la legge n. 125 assegna un ruolo di primo piano nell'attuazione delle politiche di sviluppo. Questo avviene, in concreto, attraverso la pubblicazione di bandi dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS), disciplinati da regole precise. I finanziamenti destinati alle OSC non sono infatti erogati in modo discrezionale. Un'apposita commissione presso l'agenzia individua le proposte più meritevoli, che ricevono poi i finanziamenti per la realizzazione delle attività. La commissione effettua una valutazione tecnica che tiene conto sia della conformità delle proposte ai criteri fissati nel bando di selezione – in primo luogo la coerenza delle attività con le linee di azione prioritarie indicate nel documento triennale di programmazione e di indirizzo della cooperazione italiana – sia dell'effettiva capacità del progetto di raggiungere gli obiettivi nei rispetto delle regole operative indicate dall'agenzia. La rappresentanza diplomatico-consolare territorialmente competente esprime poi, un parere sulle condizioni politiche e di sicurezza che possono influire sulla realizzazione di ogni singolo intervento.
  Oltre al controllo preventivo, l'AICS effettua un attento monitoraggio sul corretto impiego delle risorse attraverso l'esame delle rendicontazioni presentate dalle OSC esecutrici. L'AICS verifica inoltre, con missioni
in loco, che l'esecuzione di ciascuna iniziativa si realizzi conformemente alla proposta approvata e finanziata. È quindi da escludere ogni sviamento di fondi, tanto più a favore di organizzazioni terroristiche. Anche negli accordi per la realizzazione di programmi di cooperazione allo sviluppo firmati con organizzazioni internazionali, non regolati dalla legge italiana, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si assicura sempre che sia presente un'apposita clausola che impegni l'ente esecutore ad evitare lo sviamento di fondi in favore di organizzazioni terroristiche.
  Passando all'esame specifico dei progetti delle OSC citati nell'interrogazione, nei territori palestinesi la Farnesina ha finanziato le seguenti iniziative.
  Nel 2016 la cooperazione italiana ha stanziato 878.117 euro per l'iniziativa «Riabilitazione e reintegrazione dei bambini palestinesi ex-detenuti nelle loro famiglie e comunità in West Bank e Gerusalemme Est» il cui ente realizzatore è
Save the Children e coinvolge come partner locali la «East Jerusalem Young Men's Christian Association» e la «Defence for Children International – Palestine Section». Il «Ma'an Development Centre» non risulta coinvolto in questa iniziativa.
  Alla fine del 2017, nell'ambito del bando per iniziative di cooperazione allo sviluppo proposte da OSC italiane, la cooperazione italiana ha approvato un finanziamento di 994.415 euro per il progetto «Riuso delle acque reflue trattate a scopo agricolo nel distretto di al-Mawasi (Striscia di Gaza)», di cui è capofila la OSC italiana «Overseas – organizzazione per lo sviluppo globale di comunità in Paesi extraeuropei» e i cui
partner locali sono la «Union of Agricultural Work Committees» e lo «University College of Applied Sciences di Gaza».
  Nell'ambito dello stesso bando, un finanziamento di 1.800.000 euro è stato invece assicurato al progetto «Terra e Diritti – Percorsi di Economia Sociale e Solidale in Palestina» della OSC italiana COSPE. Oltre all'Organizzazione Internazionale del Lavoro, le controparti locali sono in questo caso l'«Arab Center for Agricultural Development», la «Palestinian Youth Union», Al-Haq e l'Università di Birzeit.
  Il finanziamento di circa 1,6 milioni di euro citato nell'interrogazione risale invece al 2014 ed è destinato alla realizzazione dei progetto triennale «EDU-PA-RE – Potenziamento e messa in rete dei servizi educativi e di supporto psicosociale rivolti a minori e donne nelle aree marginali della Cisgiordania, della Striscia di Gaza e di Gerusalemme Est». L'ente realizzatore del progetto è l'OSC italiana «Cooperazione Internazionale Sud-Sud» (CISS), in collaborazione con «Vento di Terra», altra organizzazione italiana, il «Remedial Education Center» e il «Bisan Center for Research and Development», entrambe organizzazioni palestinesi.
  Con riferimento al sostegno della cooperazione italiana allo «United Nations Mine Action Service» in Palestina, l'organizzazione palestinese «Ma'an Development Centre» menzionata nell'interrogazione non risulta essere un ente attuatore delle attività di sminamento umanitario sostenute dalla cooperazione italiana.
  L'AICS intrattiene contatti esclusivamente con il soggetto esecutore dell'iniziativa, che deve essere iscritto nell'apposito elenco delle OSC. Ad ogni modo, i
partner locali nei progetti di cooperazione in Palestina, e in particolare «Union of Agricultural Work Committees», Al-Haq e «Bisan Center for Research and Development», non risultano inseriti nelle liste delle organizzazioni terroristiche predisposte dalle Nazioni Unite e dall'Unione europea.
  I fondi della cooperazione italiana sono stati utilizzati per le sole finalità di sviluppo e sostegno alle comunità locali nel rispetto del diritto internazionale, dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.
  È cura costante dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo esercitare il massimo rigore nell'applicazione delle procedure di selezione, sia degli enti attuatori, sia delle proposte di progetto, che del monitoraggio sul corretto impiego delle risorse stanziate.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


   GAVA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da circa due mesi come riportato dai quotidiani locali intere vallate del Friuli Venezia Giulia lamentano disservizi nelle telecomunicazioni, con borgate isolate per interi giorni dalla telefonia fissa e mobile nonché dalla rete internet;

   la situazione riguarda ampie porzioni di territorio al quale si somma la scarsa copertura nella zona della rete mobile, che sta creando gravissimi disagi sia alle persone, soprattutto anziane, isolate da settimane ed impossibilitate a comunicare, situazione già di grande difficoltà che diventerebbe ancora più critica in caso di necessità o urgenza, sia alle tante attività commerciali, di ristorazione e turistiche, della zona che stanno subendo importanti ripercussioni negative sul proprio lavoro;

   la problematica sopra evidenziata non risulterebbe essere un caso unico, essendosi già verificata in più occasioni, anche in seguito a semplici piogge, lasciando l'intera area isolata per lunghi periodi di tempo in attesa delle necessarie riparazioni;

   i cittadini e le imprese esigono che, a fronte del regolare pagamento delle utenze telefoniche versato all'azienda, sia prevista una squadra di intervento per le emergenze, in grado di risolvere i problemi nel più breve tempo possibile;

   la mancanza dei servizi lede, inoltre, il diritto allo studio di minori, impossibilitati ad accedere alla rete internet per le loro attività scolastiche;

   ha fatto scalpore la notizia di questi giorni secondo cui la Val d'Arzino, in Provincia di Pordenone, è rimasta per più di un mese senza servizio telefonico, con gravi rischi per la popolazione e per i turisti se si fosse reso necessario allertare i soccorsi a seguito di una qualche emergenza. Episodi del genere non sarebbero limitati alla sola regione Friuli Venezia Giulia, ma si sarebbero verificati a più riprese sull'intero territorio nazionale, soprattutto nelle aree a carattere montano;

   da quanto risulta all'interrogante, i cittadini che avrebbero provato a contattare la Telecom per comunicare il disservizio non sarebbero riusciti a parlare direttamente con un operatore, in quanto al numero chiamato avrebbe risposto solo una voce registrata che annunciava l'imminente, nei fatti disattesa, risoluzione del problema;

   risulta, ancora, che il fenomeno sia legato alle infrastrutture ormai obsolete ma anche agli scarsi investimenti da parte delle compagnie del settore in aree geografiche non densamente abitate;

   una recente ricerca svolta dall'Unione nazionale comuni comunità enti montani (Uncem) denominata «No phone zone» ha individuato ben 1.220 comuni, tra i quali sono numerosi i comuni del Friuli Venezia Giulia, in cui si registra assenza di segnale telefonico mobile –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato ritenga di adottare, per quanto di competenza, al fine di verificare che vengano al più presto ripristinati la linea telefonica fissa e il collegamento Internet nell'area sopra indicata, appurando quali siano le motivazioni per le quali le aziende telefoniche non risulterebbero essere in grado di assicurare il dovuto regolare servizio e l'eventuale intervento tempestivo in caso di guasto, tenendo conto del particolare disagio degli utenti data la peculiarità territoriale della zona.
(4-04493)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento a disservizi nelle telecomunicazioni in taluni territori del Friuli Venezia Giulia, con borgate isolate dalla telefonia fissa e mobile e dalla rete
internet.
  Sul punto, sono stati contattati gli operatori interessati ed è stato chiesto loro di effettuare le necessarie verifiche.
  La società Vodafone riferisce che i disservizi verificatisi nella regione Friuli Venezia Giulia durante l'anno 2019 non presentano scostamenti significativi, nel numero e nella gravità, rispetto ai disservizi che mediamente si riscontrano in altre regioni. Per caratterizzare un disservizio come «grave», la società Vodafone utilizza i seguenti due criteri congiunti: disservizio contemporaneo di oltre tre Stazioni radio base (Srb) e disservizio prolungato per almeno 24 ore.
  Ebbene, la società evidenzia un solo caso in cui si sono verificati entrambi i criteri, vale a dire il disservizio (down) che ha interessato il sito «2OF10082 Hub Monte Tenchia Raiway» dell'area di Tolmezzo, durato 71 ore con coinvolgimento di 11 SRB. Il sito, snodo di una importante catena di ponti radio, è stato spento a causa di mancanza di energia elettrica derivante da una nevicata straordinaria di metà novembre. La società riferisce che, trattandosi di una Srb collocata in altura, il sito è stato a lungo inaccessibile a causa delle abbondanti precipitazioni nevose ed è stato raggiunto solo grazie all'intervento di un elicottero. Sottolinea anche che l'impiego dell'elicottero sia stato ritardato a causa delle avverse condizioni meteo.
  Oltre al disservizio dell'area di Tolmezzo, Vodafone rileva altri disservizi con impatti minori, in particolare quello relativo al sito «2OF02047 Moggio», disservizio durato 31 ore e che ha coinvolto 3 SRB. In questo caso, la tratta radio è stata interrotta a causa di acqua in guida d'onda; anche in questo caso l'accesso in quota è stato ostacolato dal maltempo.
  La società fa presente che, in situazioni analoghe, i manutentori non possono salire sui tralicci in condizioni di sicurezza. La sicurezza dei lavoratori è imprescindibile e
conditio sine qua non per autorizzare l'intervento.
  Per completezza di informazione, Vodafone riferisce anche dei disservizi che hanno interessato una singola stazione radio per lassi di tempo significativi (per esempio, il comune di Trieste è stato interessato da un disservizio durato 171 ore, dal 29 luglio 2019 al 5 agosto 2019; il comune di Frisanco è stato interessato da un disservizio durato 163 ore nel mese di maggio e da uno di 147 ore nel mese di novembre; il comune di Dignano è stato interessato da un disservizio durato 141 ore nel mese di novembre; il comune di Coseano è stato interessato da un disservizio durato 141 ore nel mese di novembre; il comune di Dogna è stato interessato da un disservizio durato 118 ore nel mese di aprile e da uno di 98 ore nel mese di ottobre; il comune di Castelnovo del Friuli è stato interessato da un disservizio durato 110 ore nel mese di novembre).
  In conclusione, la società Vodafone riferisce di aver raggiunto, a dicembre 2019, nella regione Friuli Venezia Giulia una copertura mobile pari al 98,8 per cento della popolazione. In particolare, negli ultimi 5 anni ha effettuato circa 500 interventi sulla propria rete mobile, tra nuove stazioni radio base e aggiornamenti di Srb esistenti, a cui si aggiungono circa cento interventi di ottimizzazione e modernizzazione.
  In merito alla rete fissa, Vodafone riferisce di aver investito, nella regione Friuli Venezia Giulia, circa sedici milioni di euro.
  A dicembre 2019, la copertura dei servizi risulta così articolata:
(i) il 67 per cento delle unità immobiliari risulta coperta con fibra ottica, considerando tutte le tipologie di servizi fibra disponibili, e (ii) il 26 per cento con tecnologie in rame.
  La società Tim riferisce che le criticità segnalate dall'interrogante nella regione Friuli Venezia Giulia, specificamente nella località di Val D'Arzino, sono da attribuire agli eventi meteorologici dell'autunno scorso. Il forte maltempo ha infatti causato, per diverse tratte di cavo nei comuni di Clauzetto e Vito D'Asio, l'abbattimento dei pali e la fulminazione di piastre di numerosi apparati, cosa che ha generato diversi disservizi telefonici all'utenza residente.
  La società Tim riferisce di aver provveduto alla riparazione dei guasti sui vari apparati fulminati, a seguito delle segnalazioni ricevute. Il ripristino del servizio agli utenti è avvenuto entro la data del 4 gennaio ultimo scorso. Le riparazioni, in particolare, hanno riguardato le località di San Francesco e Pielungo. Il lavoro di ripristino dei pali abbattuti e la conseguente sistemazione delle tratte di cavo ha richiesto invece più tempo, durante il quale, tuttavia, è stato garantito il servizio agli utenti.
  Per quanto riguarda i problemi di copertura della telefonia mobile, Tim precisa che, nei territori della Val d'Arzino, la copertura è in linea con i dati provinciali e regionali. La società non rileva disservizi significativi che possano aver compromesso l'erogazione del servizio.
  Infine, la società Tim evidenzia che, nel corso del 2019, ha realizzato interventi su 156 impianti nel territorio del Friuli Venezia Giulia, di cui 6 all'interno dei comuni della Val d'Arzino, destinati in prevalenza al miglioramento della copertura. La società fa presente, tuttavia, che il miglioramento della copertura potrà, in taluni casi, essere reso più difficile dalla complessa condizione orografica del territorio.
  Sul punto sollevato dall'interrogante, è stata sentita anche l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), la quale riferisce quanto segue.
  L'Autorità è impegnata nel monitoraggio delle reti fisse e mobili per servizi
broadband e ultrabroadband e nell'analisi dei mercati, al fine di individuare le azioni idonee a incentivare gli investimenti privati, tenuto anche conto della copertura realizzata con infrastrutture finanziate con aiuti di Stato.
  Ebbene, i dati disponibili mostrano che vi è stata negli ultimi anni una significativa crescita nella disponibilità delle infrastrutture di rete, sia per le reti mobili che per quelle fisse.
  In particolare, a fine 2019, la disponibilità dei servizi di rete mobile 4G risulta in media superiore al 98 per cento del territorio nazionale, anche nelle aree rurali del Paese, dove, nel 2018, la copertura era pari a circa il 90 per cento.
  Con particolare riferimento ai comuni montani, l'Agcom si è attivata nei confronti degli operatori mobili sin dal luglio 2018, facendosi portavoce delle richieste dell'Unione nazionale dei comuni, comunità ed enti montani (Uncem).
  L'analisi effettuata mostra, in effetti, una inferiore copertura del territorio nei piccoli comuni montani, copertura compresa tra il 77 per cento e l'80 per cento in ragione della morfologia e della scarsa densità abitativa.
  Gli operatori dichiarano di aver pianificato ulteriori siti rispetto a quelli esistenti: il 13 per cento in più nei Comuni più grandi e il 17 per cento in più nei comuni medio-piccoli. Per agevolare tali interventi, l'Agcom ritiene opportuno che le Amministrazioni comunali si attivino per identificare misure, anche economiche, a supporto delle eventuali installazioni.
  Per quello che attiene specificamente al Friuli Venezia Giulia, l'Agcom ha chiesto agli operatori mobili di ricevere dati aggiornati sui siti pianificati e sulla copertura dei Comuni critici in termini di connettività.
  Discorso a parte va fatto invece per le infrastrutture di rete fissa, ivi incluse le reti di accesso di tipo Fixed Wireless Access (FWA). Ad ogni modo, anche in questo caso i dati mostrano una significativa crescita delle coperture di rete.
  Per quanto riguarda il
digital divide, le aree del territorio nazionale non raggiunte neanche dalla banda larga, ADSL o FWA, in termini di indirizzi civici, hanno un'incidenza prossima all'1,5 per cento su circa 33 milioni di indirizzi censiti nei data base di rete ufficiali. A tale riguardo, l'Agcom ha realizzato un censimento dei comuni italiani interessati dai suddetti indirizzi senza banda larga. Il censimento è stato messo a disposizione delle istituzioni governative che stanno valutando interventi per contribuire a colmare il digital divide.
  Includendo i dati di copertura di rete mobile e fissa, gli indirizzi civici senza alcuna connessione internet si riducono ulteriormente.
  Il censimento ha consentito di rilevare la significativa crescita della copertura dei servizi di rete fissa in tecnologia
wireless – cosiddetto Fixed Wireless Radio (FWA) – in grado di fornire servizi di connessione ad internet con velocità fino a 30 Mbps in download, proprio nelle zone non urbane (meno coperte dai servizi tradizionali su rete fissa cablata).
  Anche la copertura con servizi
ultra-broadband su rete mista fibra-rame (Fttc) è cresciuta molto negli ultimi anni, raggiungendo ormai il 90 per cento delle unità immobiliari in Italia, mentre nel 2016 era ancora al 72 per cento. Ciò permette connessioni con prestazioni pari o superiori a 100 Mbps.
  Nelle aree rurali, la copertura Fttc cresciuta in modo ancora più significativo, passando dal 43 per cento di fine 2018 al 68 per cento di fine 2019.
  Infine, la copertura con reti in fibra ottica fino a casa, sebbene ancora inferiore a quella delle reti miste fibra-rame o fibra-
wireless, è cresciuta fino ad arrivare al 30 per cento delle case cosiddette passed – ossia con distributore ottimo in prossimità – aumentando di circa 6 punti percentuali tra il 2018 e il 2019.
  Nel complesso, dunque, la situazione infrastrutturale nel Paese è in forte evoluzione, grazie sia agli investimenti privati che a quelli di natura pubblica, in un contesto di concorrenza crescente nei mercati dei servizi di accesso ad
internet.
  L'Autorità evidenzia, inoltre, che gli eventi legati all'emergenza da Sars-CoV-2 e i conseguenti interventi normativi stanno fornendo ulteriore impulso alla crescita delle infrastrutture in Italia. In particolare, con Circolare del 20 marzo scorso recante «Prime misure in attuazione dell'articolo 82 del decreto “Cura Italia”», l'Agcom ha adottato le prime iniziative per il mercato, atte a potenziare le infrastrutture di rete e a garantirne il funzionamento e l'operatività, migliorandone la disponibilità, la capacità e la qualità.
  L'Autorità ha avviato misure finalizzate, tra l'altro, a favorire la commercializzazione di servizi a banda ultra-larga in aree più estese del Paese. In quest'ottica vanno viste le misure atte a favorire gli investimenti degli operatori, la riduzione dei tempi di preavviso per la messa in disponibilità al mercato di nuovi collegamenti su rete mista fibra-rame da parte di Tim e la fornitura accelerata degli apparati di rete di trasporto. In quest'ottica va vista anche la riduzione dei costi
wholesale dei servizi di connettività al fine di stimolare gli operatori a migliorare la qualità dei servizi forniti alla clientela finale, quale ad esempio la riduzione dei costi wholesale unitari dei servizi regolamentati di banda Ethernet su rete in rame e fibra forniti da Tim.
  Infine, l'Autorità ha avviato il tavolo tecnico permanente «Telco» di consultazione e di confronto con gli operatori e gli
stakeholder della filiera delle comunicazioni elettroniche sul tema del potenziamento e della sicurezza delle reti e dei servizi di telecomunicazioni. In tale ambito, l'Autorità sta gestendo un numero elevato di richieste da parte di operatori e utenti per favorire l'istallazione di nuove reti a banda ultra-larga, anche attraverso azioni di mediazione volte al superamento di ostacoli tecnici e amministrativi o attraverso la segnalazione dei casi maggiormente critici agli operatori.
  Il complesso delle azioni intraprese dovrebbe portare, dunque, già nel 2020, ad una significativa crescita dei parametri di disponibilità dei servizi a banda ultra-larga che, insieme alle misure volte allo stimolo della domanda, porteranno verosimilmente il Paese a recuperare parte dei
gap infrastrutturali esistenti.
  Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il Ministero dello sviluppo economico continuerà a vigilare sull'applicazione del «Servizio universale» e sull'intervento degli operatori, al fine di garantire l'erogazione del servizio all'utenza di tutte le regioni del nostro Paese.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   GIARRIZZO, PAPIRO, RAFFA, DAVIDE AIELLO, PENNA, CANCELLERI, SCERRA, ALAIMO, MARTINCIGLIO, D'ORSO, CIMINO, PIGNATONE, CASA, SAITTA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto «Cura Italia» ha introdotto misure a sostegno dei lavoratori in conseguenza dell'emergenza sanitaria COVID-19;

   in Sicilia, secondo l'accordo tra sindacati e regione del 25 marzo 2020, le domande per la Cassa integrazione guadagni in deroga (Cigd) devono essere presentate alla sede centrale del dipartimento del lavoro che provvede ad assegnarle ai 9 centri per l'impiego regionali (Cpi);

   per la gestione delle pratiche Cigd la regione ha attivato una apposita piattaforma informatica, all'interno del portale Silavora, che i Cpi devono utilizzare per l'inserimento delle pratiche da inviare all'Inps;

   è noto che la Sicilia è l'ultima regione per numero di pratiche Cigd lavorate;

   tale ritardo sembrerebbe essere stato causato dal farraginoso funzionamento della piattaforma informatica. Al riguardo, si precisa che l'Amministrazione regionale ha messo a disposizione dei dipendenti dei Cpi questa nuova piattaforma solo a fine aprile, così come da verbali sindacali. Inoltre, risulta che i dipendenti non abbiano ricevuto alcun tipo di formazione relativa al funzionamento della stessa;

   sulla base della nota prot. n. 16541 del 30 marzo 2020, il dipartimento regionale lavoro, richiedeva ai dirigenti dei Cpi, su un organico di personale di 1.707 unità in servizio presso i Cpi, l'individuazione di 100 unità di personale competente all'istruttoria delle istanze di Cigd. Giova precisare, inoltre, che l'amministrazione regionale conta un totale complessivo di 13.000 dipendenti;

   a fronte delle numerose domande Cigd, con nota prot. n. 19548 del 28 aprile 2020, il dirigente del dipartimento regionale lavoro rappresentava la carenza di personale presso i propri uffici e chiedeva al dipartimento regionale funzione pubblica di reperire personale tramite un interpello al fine di fronteggiare gli urgenti adempimenti connessi alla Cigd e accelerare le procedure;

   pertanto, con nota prot. n. 40124 del 30 aprile 2020, il dirigente dipartimento funzione pubblica pubblicava manifestazione d'interesse finalizzata al reclutamento di dipendenti dell'amministrazione regionale da destinare al dipartimento lavoro. Al personale interessato veniva concesso un termine di 7 giorni per presentare istanza di adesione, a cui sarebbe seguita selezione;

   ad avviso degli interroganti, alla luce dei fatti sopra menzionati, la regione siciliana avrebbe dovuto attivarsi molto prima effettuando eventualmente un trasferimento diretto del personale dipendente regionale al dipartimento lavoro;

   è evidente che ci sia stata una gestione confusa dell'intera vicenda e delle varie problematiche connesse all'emergenza sanitaria da parte della regione. Lo dimostra ad esempio la nota prot. n. 19230 del 24 aprile 2020 del dipartimento lavoro nella quale si comunicava la decisione di rinviare il rientro presso i propri uffici dei dipendenti addetti all'istruttoria delle domande Cigd in modalità lavoro agile, rientro che era stato autorizzato per almeno il 50 per cento del personale dedicato al Cigd con nota prot. n. 19155 del giorno precedente, tra l'altro adottata in violazione delle normative nazionali sullo smartworking;

   si apprende che, nonostante l'elevato numero di dipendenti in servizio presso la regione, il dipartimento regionale lavoro sia stato autorizzato ad avvalersi in via straordinaria di altro personale esterno;

   da articoli di stampa, risulta che alcune sigle sindacali hanno proposto al dirigente del dipartimento lavoro un accordo che prevede un bonus pari a dieci euro in più per ogni pratica Cgid in favore dei dipendenti regionali;

   il Ministro interrogato ha attivato l'Ispettorato del dipartimento della funzione pubblica per avere chiarimenti in merito a quanto successo –:

   se e quali altre iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro interrogato intenda adottare celermente per far luce sulla vicenda esposta in premessa;

   quali dati e notizie siano emerse dalle verifiche svolte dall'Ispettorato del dipartimento della funzione pubblica presso gli uffici regionali.
(4-05611)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione con la quale si chiede di attivare l'ispettorato per la funzione pubblica per avere chiarimenti in merito alla gestione delle domande di Cassa integrazione guadagni in deroga (Cigd) nel corso dell'emergenza sanitaria Covid-19 da parte del dipartimento lavoro della regione Sicilia.
  L'interrogante rileva che, in Sicilia, secondo l'accordo tra sindacati e regione del 25 marzo 2020, le domande per la cassa integrazione guadagni in deroga (Cigd) devono essere presentate alla sede centrale del dipartimento del lavoro che provvede ad assegnarle ai 9 centri per l'impiego regionali (Cpi).
  Per la gestione delle pratiche Cigd la regione ha attivato una apposita piattaforma informatica, all'interno del portale Silavora, che i centri per l'impiego devono utilizzare per l'inserimento delle pratiche da inviare all'Inps.
  Ad avviso dell'interrogante, il farraginoso funzionamento della piattaforma informatica messa a disposizione dei dipendenti dei Cpi solo a fine aprile 2020, avrebbe causato forti ritardi nell'evasione delle Cigd e nonostante l'elevato numero di dipendenti in servizio presso la regione, il dipartimento regionale lavoro sarebbe stato quindi autorizzato ad avvalersi, in via straordinaria, di altro personale esterno.
  Da articoli di stampa, risulterebbe, inoltre, che alcune sigle sindacali avrebbero proposto al dirigente del dipartimento lavoro della regione Sicilia un accordo che prevede un
bonus pari a dieci euro in più per ogni pratica Cgid in favore dei dipendenti regionali.
  Premesso che non rientra nelle competenze del Ministro per la pubblica amministrazione, bensì dell'autorità giudiziaria, la verifica della legittimità degli atti posti in essere dalle singole pubbliche amministrazioni, al fine di rispondere all'interrogazione, sulla base degli elementi che mi sono stati forniti dall'ispettorato per la funzione pubblica, rappresento quanto segue:

   in riscontro all'istruttoria avviata presso la segreteria generale della regione Sicilia, hanno fatto pervenire le osservazioni di rispettiva competenza l'assessore della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro, nonché il dirigente generale del dipartimento regionale della funzione pubblica e del personale dell'assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica.

  L'assessore ha riferito di «non avere mai autorizzato né avallato il perfezionamento di alcuna procedura contrattuale di erogazione di “bonus salariale di 10 euro” in favore del personale dipendente del Dipartimento del lavoro, dell'impiego, dell'orientamento, dei servizi a fronte dello svolgimento delle istruttorie di riconoscimento del Cigd ex articolo 22 decreto-legge n. 18 del 2020» e precisava che le iniziali difficoltà erano in fase di risoluzione definitiva mediante l'implementazione di procedure informatiche di decretazione massiva.
  L'assessore, infine, ha affermato «di aver instaurato procedure di accertamento delle effettive cause di lentezza degli iter istruttori in questione, avendo istituito all'uopo una commissione interna, rispetto ai cui esiti, si adotteranno gli eventuali, opportuni e consequenziali provvedimenti, non appena concluse le relative attività».
  Il dirigente generale del Dipartimento regionale della funzione pubblica e del personale ha riferito di esser stato «informato telefonicamente della trattativa ma non dei contenuti» e di averne informato il proprio vertice politico. Contestualmente ha evidenziato che il dirigente generale del Dipartimento regionale del lavoro, con nota prot. n. 15568 del 7 maggio 2020, lo ha informato di aver avviato nel mese di aprile 2020 una «trattativa sindacale che ha avuto come esito la proposta di un “progetto di
performance”, ai sensi dell'articolo 90 comma 3 lettera c) del Contratto collettivo regionale di lavoro regionale, per l'evasione delle pratiche per la cassa integrazione in deroga per l'emergenza COVID-19» che prevedeva un «bonus con caratteristiche simili a quanto riportato sugli organi di stampa».
  Infine, lo stesso dirigente, che a seguito delle dimissioni del dirigente generale titolare copre
ad interim anche il Dipartimento del lavoro, ha precisato che non sarebbe stato dato seguito alle attività poste in essere in sede di trattativa sindacale a seguito del parere negativo espresso dall'assessore alla famiglia, delle politiche sociali e al lavoro, con la citata nota del 7 maggio 2020, e del venire meno dell'esigenza di accelerare le procedure di evasione delle richieste di Cgid, stante la rimozione degli ostacoli tecnici che si opponevano alla celere evasione delle pratiche stesse.
La Ministra per la pubblica amministrazione: Fabiana Dadone.


   GOLINELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano Il Sole 24 Ore, il 16 maggio 2020, ha pubblicato un articolo nel quale si evidenzia l'incessante dibattito alimentato negli ultimi tempi dalle verifiche operate dall'Agenzia delle entrate circa la possibilità di usufruire del credito d'imposta per ricerca e sviluppo di cui all'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9;

   la sopracitata disposizione ha, infatti, introdotto un incentivo fiscale rivolto alle imprese che svolgono attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico, come definite, rispettivamente, alle lettere m), q) e j), punto 15, paragrafo 1.3 della comunicazione della Commissione europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, concernente la disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione; a seguito della rigida interpretazione fornita dalla circolare dell'Agenzia delle entrate del 16 marzo 2016, n. 5, a parere dell'interrogante, emerge la problematica attinente alla restituzione delle somme fruite in contestazione;

   si considera, infatti, che la maggioranza delle contestazioni ha riguardato l'eleggibilità dei costi sostenuti per carenza del carattere innovativo dell'attività di ricerca e sviluppo e degli ulteriori requisiti previsti e che la suddetta interpretazione restrittiva sulle tipologie di attività di ricerca e sviluppo agevolabili sia stata operata da un ente tecnicamente inidoneo ad una siffatta valutazione di merito;

   si evidenzia, pertanto, la possibilità di importanti ricadute sanzionatorie per i contribuenti, dal momento che l'amministrazione finanziaria ha ritenuto di dover elevare la sanzione per indebita compensazione di crediti d'imposta considerati inesistenti e che tale circostanza potrebbe avere effetti ancor più negativi proprio nell'attuale situazione di crisi economica determinata dal COVID-19; in particolare, se la sanzione per utilizzo del credito d'imposta non spettante è pari al 30 per cento del credito medesimo, per il credito inesistente la sanzione comporta il pagamento di un importo dal 100 per cento al 200 per cento del credito indebitamente compensato, con impossibilità di accedere alla definizione agevolata, contrariamente alla ratio dell'articolo 13, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in base al quale l'indebita compensazione di crediti inesistenti dovrebbe riferirsi esclusivamente alle fattispecie in cui ricorra un comportamento fraudolento da parte del contribuente, come nel caso in cui venga allestito un apparato contabile ed extracontabile per documentare attività di ricerca e sviluppo che, in realtà, non sono mai state svolte –:

   se i Ministri interrogati intendano chiarire gli aspetti di cui in premessa, in considerazione delle incertezze interpretative che hanno caratterizzato la disciplina fino al periodo d'imposta 2018, e se non ritengano opportuno optare per un «fisco amico» in questo particolare periodo di grave carenza di liquidità per le imprese, anche adottando iniziative per prevedere la possibilità di restituzione rateizzata del credito, senza sanzioni e/o interessi, annullando avvisi o accertamenti in corso e chiudendo così ogni contenzioso pendente.
(4-06118)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, nonché il Ministero dell'economia e delle finanze, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alle attività di verifica svolte dall'Agenzia delle entrate in relazione alla disciplina del «credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo», di cui all'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9) e, in particolare, alla tipologia di sanzione applicabile in caso di recupero del credito d'imposta a causa della mancanza dei presupposti applicativi della disciplina.
  La disciplina del «credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo» prevede una competenza del Ministero dello sviluppo economico per la parte più specificatamente concernente l'ammissibilità delle attività, la pertinenza e la congruità delle spese ammissibili. Tale competenza è concorrente con quella attribuita agli organi dell'Amministrazione finanziaria per la parte legata ai controlli sostanziali e documentali e per le questioni di natura più strettamente fiscale.
  In premessa, si sottolinea che l'incentivo in esame ha carattere automatico e, pertanto, il suo riconoscimento non è subordinato alla previa valutazione dei progetti e delle spese ammissibili da parte del Ministero dello sviluppo economico. Analogamente, l'eventuale erogazione del contributo non è soggetta alla presentazione di apposita rendicontazione da parte dell'impresa, ma avviene attraverso il diretto utilizzo del credito d'imposta spettante in compensazione dei debiti fiscali e contributivi dell'impresa beneficiaria.
  In ragione di tali caratteristiche, al fine di evitare che l'incentivo venga fruito da beneficiari che svolgono attività prive dei presupposti applicativi della disciplina, il Ministero dello sviluppo economico e l'Agenzia delle entrate hanno predisposto numerosi atti di carattere interpretativo. Si fa riferimento in particolare alle circolari pubblicate sui siti istituzionali di entrambe le amministrazioni, nonché alle risoluzioni pubblicate sul sito dell'Agenzia delle entrate e alle risposte ai quesiti più frequenti pervenuti dai contribuenti, pubblicate anch'esse sui siti istituzionali.
  In tali documenti è stato più volte chiarito che l'individuazione delle attività ammissibili al credito d'imposta è stata condotta dal legislatore ricalcando le definizioni di «ricerca fondamentale», «ricerca applicata» e «sviluppo sperimentale» (contenute nella comunicazione della commissione Europea 2014/C 198/01 del 27 giugno 2014, recante «Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione»). Come noto, tali definizioni sono a loro volta mutuate da quelle adottate a livello internazionale per le rilevazioni statistiche nazionali in materia di spese in ricerca e sviluppo, secondo i criteri di classificazione definiti in ambito Ocse e, più in particolare, nel cosiddetto manuale di Frascati, concernente «Guidelines far Collecting and Reporting Data on Research and Experimental Development». In questo senso, al punto 75 della citata Comunicazione 198/01 del 2014, viene espressamente precisato che «per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, la Commissione si baserà sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni specifiche fornite nel manuale di Frascati dell'Ocse». In virtù di tale espresso richiamo, deve quindi ritenersi che i criteri di qualificazione e classificazione contenuti nel suddetto manuale di Frascati costituiscano in linea di principio fonte interpretativa di riferimento anche agli effetti del credito d'imposta in parola.
  Inoltre, per consentire alle imprese di operare in situazioni di certezza e di non incorrere nelle sanzioni ordinariamente applicabili, resta ferma per le stesse la possibilità (i) di acquisire autonomamente il parere tecnico del Ministero dello sviluppo economico, oppure (ii) di presentare all'Agenzia delle entrate un'istanza di interpello ordinario per la trattazione di fattispecie diverse da quelle contenute nei documenti di prassi già noti, o che presentino elementi di peculiarità tali da richiedere ulteriori valutazioni.
  Con riferimento alle attività di controllo svolte dall'Agenzia delle entrate ai fini della corretta fruizione del credito di imposta in esame, viene verificata la sussistenza delle condizioni richieste dalla disciplina agevolativa, nonché l'ammissibilità delle attività e dei costi sulla base dei quali è stato determinato il credito di imposta.
  Nel caso in cui si rendano necessarie «valutazioni di carattere tecnico» in ordine all'ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, l'Agenzia delle entrate può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere, ai sensi del comma 2 dell'articolo 8 del decreto ministeriale 27 maggio 2015.
  A questo proposito si ricorda che, a partire dal periodo d'imposta 2018, per effetto delle modifiche apportate alla disciplina agevolativa dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), è stato introdotto, per le imprese che intendano avvalersi della disciplina, l'onere di predisporre una relazione tecnica illustrativa del progetto o dei progetti di ricerca e sviluppo intrapresi, del loro avanzamento e di tutte le altre informazioni rilevanti per l'individuazione dei lavori ammissibili al credito d'imposta.
  In particolare, dalla relazione tecnica devono risultare, a titolo esemplificativo: la descrizione del progetto o del sotto-progetto intrapreso; l'individuazione delle incertezze scientifiche o tecnologiche non superabili in base alle conoscenze e alla capacità che formano lo stato dell'arte del settore e per il cui superamento si è reso appunto necessario lo svolgimento dei lavori di ricerca e sviluppo; gli elementi rilevanti per la valutazione della «novità» dei prodotti o dei processi o, nel caso di attività relative a prodotti e processi già esistenti, gli elementi utili per la valutazione del grado di significatività dei miglioramenti ad essi apportati ai fini della distinzione rispetto alle modifiche di routine o di normale sviluppo prodotto e ai fini della distinzione dei lavori di ricerca e sviluppo dalle ordinarie attività dell'impresa (quali, ad esempio, la progettazione industriale o la produzione personalizzata di beni o servizi su commessa, escluse, in via di massima, dalle attività ammissibili).
  I controlli effettuati dagli organi dell'amministrazione finanziaria sulla corretta applicazione della disciplina agevolativa, soprattutto in relazione alle prime annualità di vigenza, sembrerebbero aver fatto emergere la mancanza di concreti contenuti di «ricerca e sviluppo» nell'accezione rilevante ai fini dell'agevolazione in molte fattispecie, nonostante siano contrassegnate dall'introduzione da parte dell'impresa di innovazioni di processo o di prodotto.
  Infatti, il Ministero dell'economia e delle finanze, interpellato sulle criticità sollevate dall'interrogante, ricorda che, nell'ambito dell'attività di verifica circa la spettanza del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo, può capitare di riscontrare che le spese, pur effettivamente sostenute, non rientrino fra quelle agevolabili. Ebbene, per quello che attiene al trattamento sanzionatorio applicabile in questi casi, rileva la modifica apportata dall'articolo 15, comma 1, lettera
o) del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, con cui:

   è stata distinta, ai commi 4 e 5, la fattispecie del credito «non spettante, ma esistente», rispetto a quella del credito «inesistente» tout court;

   è stata commisurata la relativa sanzione, secondo il principio di proporzionalità della stessa alla gravità della condotta.

  In particolare, «nel caso di utilizzo in compensazione di un'eccedenza o di un credito d'imposta esistente in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti, si applica, salvo l'applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato» (articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997, come novellato). Qualora, invece, siano utilizzati in compensazione «crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute, è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi» (articolo 13, comma 5). Per tale sanzione, peraltro, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 recante «Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662».
  Del credito inesistente, il legislatore ha delineato i tratti costitutivi, indicandolo come il credito «in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli di cui agli articoli 36-
bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» (articolo 13, comma 5 del decreto legislativo n. 471 del 1997, come novellato).
  Tale definizione consente di tenere conto della molteplicità dei crediti agevolativi presenti in ambito fiscale, così diversamente configurati dalle singole leggi istitutive, evitando che possa essere irrogata al contribuente una sanzione particolarmente grave nel caso in cui sussistano i requisiti sostanziali previsti dalla norma istitutiva del credito, ma non siano stati posti in essere esclusivamente gli adempimenti di natura formale. Il riferimento al riscontro dell'esistenza del credito (da utilizzare in compensazione mediante procedure automatizzate) rappresenta una condizione ulteriore rispetto a quella dell'esistenza sostanziale del credito, per evitare che si applichino le sanzioni più gravi quando il credito, fruito in compensazione indebitamente, possa comunque essere «intercettato» mediante controlli automatizzati. Questa circostanza priva la condotta del contribuente di quella lesività idonea a giustificare la più grave misura sanzionatoria.
  Tutto ciò premesso, il Ministero dell'economia e delle finanze riferisce che, qualora sia accertato, anche sulla base del preventivo parere richiesto al Ministero dello sviluppo economico, che le attività svolte o le spese sostenute – in quanto non riconducibili alla definizione fornita dal legislatore, avuto riguardo anche ai chiarimenti forniti dalla prassi amministrativa – non siano ammissibili al credito d'imposta in parola, le stesse devono ritenersi escluse dal «perimetro agevolabile».
  A tale esclusione consegue, secondo i criteri adottati dall'Agenzia delle entrate, il configurarsi di un'ipotesi di utilizzo di un credito «inesistente» per carenza del presupposto costitutivo, con applicazione della sanzione di cui all'articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471 del 1997.
  Il contribuente può, tuttavia, beneficiare della riduzione delle sanzioni previste dall'articolo 13 («Ravvedimento») del citato decreto legislativo n. 472 del 1997.
  Peraltro, il Ministero dell'economia e delle finanze rappresenta che l'analisi del rischio e le indagini effettuate hanno consentito di appurare che, al di fuori delle ipotesi sopra considerate, l'indebito utilizzo del credito d'imposta per ricerca e sviluppo si annovera tra fenomeni fraudolenti maggiormente diffusi sul territorio nazionale e suscettibili di causare ingenti danni all'erario, con una forte espansione negli anni 2018 e 2019. In proposito, l'esperienza operativa ha evidenziato che i comportamenti fraudolenti non sono sempre riferibili a singoli contribuenti, che in autonomia hanno allestito un apparato contabile ed extracontabile per documentare sulla carta progetti di ricerca fittizi. Al contrario, è stata riscontrata la presenza di vere e proprie organizzazioni formate da «esperti» del mercato delle agevolazioni fiscali, che operano come consulenti/procacciatori d'affari, con il preciso scopo di far ottenere a soggetti terzi crediti d'imposta per ricerca e sviluppo, pur non avendone diritto.
  Tutto ciò considerato, con riferimento alle specifiche questioni relative ai profili sanzionatori (ossia alla possibilità di limitare l'applicazione della sanzione più gravosa prevista dall'ordinamento alle sole ipotesi in cui siano state poste in essere condotte fraudolente; nonché alla possibilità di restituzione rateizzata del credito, senza sanzioni e/o interessi, annullando avvisi o accertamenti in corso e chiudendo così ogni contenzioso pendente), ci si rimette alla prevalente competenza del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'Agenzia delle entrate.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   le diverse bozze in circolazione del prossimo decreto-legge per gestire l'emergenza economica nazionale dovuta alla diffusione del Covid-19, anche noto come «decreto rilancio», contengono una riforma dell'organo di governo dell'Ente nazionale per il turismo (ENIT);

   in base a tale modifica il consiglio di amministrazione dell'ente dovrebbe assumere la seguente configurazione: «Il Consiglio di amministrazione è composto dal Presidente e da altri quattro membri nominati dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di cui uno designato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e uno dalle Associazioni di categoria maggiormente rappresentative. Il Consiglio nomina un amministratore delegato, scelto tra i propri componenti designati dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. Il collegio dei revisori dei conti, composto da tre membri effettivi, uno dei quali designato dal Ministro dell'economia e delle finanze e da due supplenti, nominati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, che altresì designa il Presidente»;

   la modifica del consiglio prevista aumenta di ben due componenti – portandoli da tre a cinque – il consiglio di amministrazione e introduce altresì la facoltà di nominare un'amministratore delegato, che dovrebbe sostituire la attuale figura del Consigliere delegato alla gestione esecutiva dell'ente;

   la riforma dell'organo di Governo dell'Enit non solo lascia supporre che subito dopo si promuoverà una riorganizzazione dell'intero ente, proprio in un momento in cui la sua attività sarà particolarmente rilevante, ma appare all'interrogante ingiustamente inserita in un provvedimento d'urgenza, pur essendo una misura di carattere ordinamentale;

   a parere dell'interrogante, la fretta e le modalità surrettizie con le quali si sta tentando di operare la riforma del consiglio di amministrazione, destano il sospetto che la chiave dell'intera operazione sia quella di «distribuire» due «poltrone» in più all'interno del medesimo ente per tacitare dissidi sulle nomine –:

   se il Governo non ritenga più opportuno, se del caso, inserire la riforma dell'Enit in un'iniziativa normativa ad hoc o, almeno, in un provvedimento il cui oggetto sia il turismo, e sul quale possa avere luogo un corretto confronto parlamentare, non inutilmente segnato dalla fretta dell'esigenza di conversione di un decreto-legge.
(4-05657)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere le modalità con le quali si intende attuare la riforma del consiglio d'amministrazione dell'Enit.
  Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
  La disposizione di cui al secondo periodo del comma 1 dell'articolo 179 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito nella legge n. 77 del 2020, è intervenuto sulla disciplina relativa alla
governance dell'Enit – agenzia nazionale da turismo.
  Nel dettaglio:

   sono state espunte le previsioni secondo le quali entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 83 del 2014 (legge n. 106 del 2014) si sarebbe dovuto provvedere all'approvazione del nuovo statuto dell'Enit, il quale, adottato in sede di prima applicazione dal commissario straordinario, avrebbe poi dovuto essere approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.

  Sono state introdotte nuove disposizioni in base alle quali:

   il Consiglio di amministrazione è composto dal presidente, da un membro nominato dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, con funzioni di amministratore delegato (anche al fine di dare un'impostazione maggiormente manageriale all'attività dell'ente), per la cui nomina una modifica approvata nel corso dell'esame in V Commissione introduce l'obbligo di sentire le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, e da un membro nominato dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo su designazione della conferenza Stato-Regioni;

   il collegio dei revisori dei conti è composto da tre membri effettivi, uno dei quali designato dal Ministro dell'economia e delle finanze e da due supplenti, nominati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, che altresì designa il presidente.

  Il comma 2 stabilisce che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge si provvede all'attuazione delle disposizioni relative alla nomina del presidente nonché del consiglio di amministrazione dell'Enit (quest'ultima previsione è stata introdotta dal comma 1 dell'articolo in esame).
  Il comma 2 assegna quindi all'Enit il termine di 30 giorni, decorrenti dalla data di tali nomine, per l'adeguamento del proprio statuto alle nuove disposizioni introdotte.
  In attuazione del dettato della predetta disposizione, a proposito della composizione del consiglio di amministrazione dell'Enit, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha avanzato richiesta di calendarizzazione della individuazione del componente proposto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
  Le tempistiche per la consultazione di tutte le regioni entro la data della seduta, individuata nel 27 luglio 2020, sono risultate inadeguate per poter consentire un generale coinvolgimento.
  Considerato quanto sopra e tenuto conto che l'attuazione della modifica normativa riguarda, comunque, l'intero consiglio di amministrazione, per il quale, parimenti, non risultano ancora essere in atto proposte di designazione, si è ritenuto opportuno aggiornare la discussione sul punto all'ordine del giorno, per consentire un corretto confronto istituzionale.
  D'altro canto, considerato che la priorità al momento è quella di garantire l'operatività all'agenzia, si rappresenta che l'Enit ha conseguito l'approvazione del piano annuale 2020, aggiornato allo status emergenziale, per cui le attività si configurano come attuazione dello strumento strategico vigente e rientrano nella gestione tecnico-operativa così come indirizzata e richiesta, nelle sue priorità, dal Ministero vigilante.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Lorenza Bonaccorsi.


   LOVECCHIO, VILLANI e FARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i lavori per il nuovo comando dei vigili del fuoco di Foggia sono iniziati più di 15 anni fa. Da diversi articoli di stampa sembrerebbe che il costo per la costruzione sia stato di oltre 10 milioni di euro e i lavori, ad oggi, non sono ancora ultimati;

   nel 2014 l'immobile sembrava quasi terminato in quanto mancante solo di alcune rifiniture e il completamento della parte logistico-tecnologica della centrale operativa. La consegna era infatti prevista per il mese di agosto (la prima previsione prevedeva addirittura la fine dei lavori nel 2013). Secondo il segretario provinciale Confsal – vigili del fuoco Luigi Occulto, il blocco dei lavori fu causato allora, dalla sospensione dell'ultima tranche del finanziamento al progetto;

   nel 2015 venne stanziato con il «decreto Sblocca Italia» 1 milione di euro per il completamento della sede del comando provinciale di Foggia. La vecchia società appaltatrice, avendo però rescisso il contratto, ha reso necessario l'indizione da parte del Ministero dell'interno di una nuova gara d'appalto;

   a dicembre 2019, un'altra nota della Confsal ha denunciato nuovamente la situazione, lamentandosi delle condizioni vetuste della vecchia caserma nella quale il personale dei vigili del fuoco è costretto a lavorare;

   la struttura purtroppo però, secondo Occulto, ancora oggi «è mancante del 50 per cento dei percorsi veicolari, necessita del rifacimento del castello di manovra (parte essenziale del lavoro dei vigili del fuoco), lavori da effettuare come il lavaggio automezzi e sistemazione delle aree verdi della struttura, solo per citare alcuni dei problemi oltre al rifacimento di parte della facciata per distacco delle piastrelle.». L'esigenza di completare questi lavori sostanziali impedisce di prendere possesso dell'edificio;

   per il segretario provinciale Confsal vigili del fuoco, Luigi Occulto, inoltre, se la consegna avvenisse senza il completamento dei lavori, sarebbe assurdo tenere una squadra fissa al fine di controllare l'edificio, distogliendola da eventuali interventi di soccorso pubblico, in quanto è necessario tenere in considerazione anche la distanza che occorre per arrivare dall'altra parte della città –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di completare i lavori del nuovo comando provinciale dei vigili del fuoco di Foggia, velocizzando il trasferimento del personale nella nuova struttura, garantendo però l'efficienza dei servizi, al fine di poter effettivamente salvaguardare l'incolumità delle persone e l'integrità dei beni, assicurando il requisito dell'immediatezza della prestazione ed evitando uno spreco di risorse pubbliche.
(4-06230)

  Risposta. — Si fa riferimento ai quesiti posti dall'interrogante, relativi all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame per rappresentare quanto segue.
  In primo luogo, appare opportuno evidenziare come per la realizzazione della nuova sede del comando dei vigili del fuoco di Foggia, il Ministero dell'interno abbia affidato la funzione di stazione appaltante al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  L'incarico è stato formalizzato attraverso la sottoscrizione di un accordo operativo, con il quale il provveditorato interregionale alle opere pubbliche per la Campania, il Molise, la Puglia e la Basilicata ha assunto l'onere di gestire la realizzazione dell'opera, in collaborazione con il corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Il costo per la realizzazione della struttura, originariamente quantificato in euro 10.441.080,00, è stato inserito nel programma di investimento pluriennale dei lavori pubblici – riconducibile al triennio 2002/2004.
  In seguito, l'onere finanziario come sopra indicato è stato rivalutato e aggiornato con un incremento di oltre un milione di euro.
  A seguito di tale rimodulazione dei costi, i lavori sono stati appaltati e consegnati dal suddetto provveditorato alla ditta appaltatrice A.T.I. ITALTECNO srl in data 9 febbraio 2010.
  Il cantiere è stato operativo fino al mese di ottobre 2014, fino a quando il provveditorato ha disposto la risoluzione del contratto a causa di riscontrate irregolarità e ritardi nell'esecuzione delle opere appaltate.
  L'impresa appaltatrice è stata dichiarata fallita dal tribunale di Foggia nel dicembre 2014 e il fermo dei lavori si è consolidato con il blocco del cantiere, coinvolto nelle procedure fallimentari.
  Al fine di completare gli interventi necessari, è stato quindi attribuito l'incarico all'impresa risultata seconda classificata nella gara di appalto.
  Quest'ultima, subentrando nel cantiere, ha rilevato il degrado dei manufatti, nonché di alcune opere ed impianti già realizzati.
  Si è resa, pertanto, necessaria una procedura di variante in corso d'opera, con la quale è stata evidenziata la necessità di effettuare ulteriori lavori, al fine di garantire la funzionalità dell'opera con i conseguenti necessari tempi tecnici e amministrativi.
  Allo stato, si evidenzia come i costi relativi agli interventi, ritenuti necessari per il completamento dell'opera, siano stati quantificati, da parte del provveditorato alle opere pubbliche, in circa euro 2.000.000, a cui vanno detratti euro 100.000, recentemente finanziati dal Ministero dell'interno per consentire l'acquisto degli arredi, nonché per le esigenze indifferibili connesse alle opere esterne, necessarie a rendere effettivamente fruibili le aree operative.
  La nuova sede, in corso di ultimazione, è occupata da personale del comando di Foggia che svolge compiti logistici e operativi, provvedendo agli interventi propedeutici al trasloco definitivo di sede, ferme restando le prioritarie esigenze di soccorso.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   MANTOVANI, DEIDDA, ROTELLI, PRISCO, GALANTINO, CARETTA, BUTTI, LUCA DE CARLO, MONTARULI e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 26 marzo 2020, il Copasir, come risulta dalle pagine del quotidiano «Il Sole 24 Ore», ha sollecitato il Governo a varare «provvedimenti con le migliori risposte e risorse possibili», al fine di tutelare le realtà finanziarie e industriali strategiche;

   le performance dei titoli quotati nel listino Titoli Ftse Mib hanno portato quest'ultimo a soffrire, nell'ultimo mese, una consistente perdita percentuale a causa dell'instabilità dettata dall'emergenza Covid-19;

   il generale deprezzamento dei titoli presenti nel listino comporta una maggiore vulnerabilità di aziende strategiche, da cui può derivare un pregiudizio rispetto alla stabilità e all'autonomia di tutto il sistema Paese;

   al fine di salvaguardare gli assetti delle imprese operanti in ambiti ritenuti strategici e di interesse nazionale, con il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 56 dell'11 maggio 2012), cosiddetto golden power, è stata disciplinata la materia dei poteri speciali esercitabili dal Governo nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché in alcuni ambiti ritenuti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni;

   il decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 41 del 20 maggio 2019 ), ha introdotto, nel decreto-legge n. 21 del 2012, l'articolo 1-bis, che disciplina l'esercizio dei poteri speciali inerenti alle reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G;

   il 25 marzo 2020 la Commissione europea ha pubblicato degli orientamenti utili a garantire un approccio deciso, a livello di Unione europea, per quanto riguarda il controllo degli investimenti esteri in un periodo di crisi per la salute pubblica e di conseguente vulnerabilità economica;

   la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha dichiarato quanto segue: «il diritto europeo e quello nazionale ci danno gli strumenti per affrontare questa situazione e intendo sollecitare gli Stati membri ad avvalersene appieno»;

   il 2 aprile 2020 il Ministro dello sviluppo economico durante la trasmissione «Sono le venti» ha dichiarato, in merito al rischio scalata da parte di fondi esteri rispetto alle società quotate e delle imprese di Stato, che: «il Governo sta valutando tutte le misure necessarie» –:

   in che modo il Governo intenda procedere alla mappatura degli asset strategici minacciati da possibili «scalate» e di quali parametri intenda avvalersi per valutare il rischio di acquisizione da parte di gruppi stranieri rispetto ai settori attualmente esclusi dalla «golden power».
(4-05169)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti fanno riferimento alla necessità di tutelare le realtà finanziarie e industriali strategiche nazionali procedendo alla mappatura degli
asset strategici minacciati da possibili «scalate».
  Sul punto, gli interroganti correttamente richiamano il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21 recante «Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni» (cosiddetto decreto
Golden Power), convertito con modificazioni dalla legge 11 maggio 2012, n. 56.
  Per «poteri speciali» (
golden power) si intendono, tra gli altri, la facoltà di dettare specifiche condizioni all'acquisito di partecipazioni, di porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie e di opporsi all'acquisto di partecipazioni. L'obiettivo del provvedimento è di rendere compatibile con il diritto europeo la disciplina nazionale dei poteri speciali del Governo, che si ricollega agli istituti della «golden share» e «action spécifique» – previsti rispettivamente nell'ordinamento inglese e francese – e che in passato era già stata oggetto di censure sollevate dalla Commissione europea e di una pronuncia di condanna da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea.
  L'individuazione delle attività di rilevanza strategica e le disposizioni sul concreto esercizio dei poteri speciali è stata rimessa alla disciplina secondaria. Si fa riferimento, in particolare: al decreto del Presidente della Repubblica 19 febbraio 2014, n. 35, che individua le procedure per l'attivazione dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale; al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 giugno 2014, n. 108 (che adotta il Regolamento unico per l'individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale); al decreto del Presidente della Repubblica 25 marzo 2014, n. 85 (per l'individuazione degli attivi di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni); al decreto del Presidente della Repubblica 25 marzo 2014, n. 86 (per l'individuazione delle procedure per l'attivazione dei poteri speciali nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni).
  I poteri speciali esercitabili nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni consistono nella possibilità di far valere il veto dell'esecutivo alle delibere, agli atti e alle operazioni concernenti
asset strategici, in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, ovvero imporvi specifiche condizioni; di porre condizioni all'efficacia dell'acquisto di partecipazioni da parte di soggetti esterni all'Unione europea in società che detengono attivi «strategici» e, in casi eccezionali, opporsi all'acquisto stesso.
  Un ambito particolarmente interessato dalla disciplina del
golden power è quello relativo alle reti di comunicazione in tecnologia 5G. La flessibilità architetturale di tali reti, infatti, rende la sicurezza un tema complesso da gestire.
  Si è imposta infatti la necessità di individuare soluzioni, ivi comprese strategie per il controllo della filiera delle forniture di prodotti e sistemi che gli operatori di comunicazione elettronica utilizzano. La disciplina del 2012 è stata dunque ulteriormente novellata ed integrata in un quadro normativo più ampio.
  Gli interroganti richiamano, in particolare, il decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22, recante misure urgenti per assicurare sicurezza, stabilità finanziaria e integrità dei mercati, convertito con modificazioni dalla legge 20 maggio 2019, n. 41, il quale aggiorna la normativa in materia di poteri speciali introducendovi l'articolo 1-
bis dedicato ai «Poteri speciali inerenti le reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G».
  Il citato articolo 1-
bis qualifica i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G quali attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ai fini dell'esercizio dei poteri speciali.
  Il decreto
Golden Power, successivamente novellato come sopra esposto, dispone che le imprese notifichino, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, contratti o accordi sottoscritti con soggetti esterni all'Unione europea aventi ad oggetto l'acquisizione, a qualsiasi titolo, di beni o servizi relativi alla progettazione, alla realizzazione, alla manutenzione e alla gestione delle reti inerenti ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G; sono soggetti a obbligo di notifica anche contratti o accordi inerenti alle acquisizioni di componenti ad alta intensità tecnologica funzionali alla realizzazione o gestione delle reti in parola.
  Alla Presidenza del Consiglio dei ministri è poi conferito il potere speciale (
Golden Power) di esercizio eventuale del potere di veto o di imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni. L'autorità può svolgere approfondimenti riguardanti aspetti tecnici relativi alla valutazione di possibili fattori di vulnerabilità che potrebbero compromettere l'integrità e la sicurezza delle reti e dei dati che vi transitano.
  Il decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105 (convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 18 novembre 2019, recante «Disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e di disciplina dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica»), definisce gli aspetti generali per garantire un livello elevato di sicurezza delle infrastrutture ritenute fondamentali per le esigenze dello Stato e collega l'esercizio dei poteri speciali all'esito delle verifiche effettuate dal centro di valutazione e certificazione nazionale (CVCN) per le attività di valutazione tecnica di sicurezza informatica. In particolare, il CVCN può effettuare verifiche preliminari ed imporre condizioni e test di
hardware e software da compiere secondo un approccio gradualmente crescente nelle verifiche di sicurezza. In questi casi, i relativi bandi di gara e contratti sono integrati con clausole che condizionano, sospensivamente ovvero risolutivamente, il contratto al rispetto delle condizioni e all'esito favorevole dei test disposti dal CVCN.
  Inoltre, in relazione alla specificità delle forniture di beni, sistemi e servizi ICT da impiegare su reti, sistemi informativi e servizi informatici del Ministero dell'interno e del Ministero della difesa, il decreto-legge prevede che i Ministeri in questione possano fare ricorso ad un proprio centro di valutazione abilitato ad effettuare e imporre verifiche, impiegando metodologie e
test definiti dal CVCN.
  Il citato decreto-legge n. 105 del 2019 prevede anche che le condizioni e le prescrizioni relative ai beni e servizi acquistati con contratti già autorizzati, qualora attinenti alle reti, ai sistemi informativi e ai servizi informatici in parola, possano essere modificate o integrate se, a seguito dell'operato dei centri di valutazione, emergano fattori di vulnerabilità che potrebbero compromettere l'integrità e la sicurezza delle reti e dei dati che vi transitano. A tale scopo, possono essere adottate misure aggiuntive necessarie alla tutela dei livelli di sicurezza, ivi compresa la sostituzione di apparati o prodotti.
  Sulla questione sollevata dagli interroganti è necessario richiamare anche il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 recante «Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali» (cosiddetto Decreto Liquidità), convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, n. 40. Infatti, il decreto Liquidità estende la normativa sul
Golden Power a tutti i settori individuati dal regolamento (UE) 452/2019, che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione, e, quindi, anche alla difesa delle PMI e delle principali filiere produttive del nostro Paese.
  Pertanto, potranno essere bloccate eventuali operazioni di acquisizione di aziende del tessuto produttivo italiano ed espressione dell'interesse nazionale che avvengono anche in ambito europeo. Si potranno controllare operazioni societarie, scalate eventualmente ostili, non solo nei settori tradizionali delle infrastrutture critiche e della difesa, ma anche in quello finanziario, creditizio, assicurativo, energia, acqua, trasporti, salute, sicurezza alimentare, intelligenza artificiale, robotica, semiconduttori,
cybersecurity.
  Per garantire la massima efficacia della norma è stato ampliato l'obbligo di comunicazione per le acquisizioni societarie ed è stata introdotta la possibilità per il Governo di procedere con l'esercizio dei poteri speciali anche d'ufficio, se le imprese non assolvono agli obblighi di notifica previsti.
  Alla luce della ricostruzione normativa di cui sopra, con riferimento ai parametri che saranno adottati per valutare il rischio di acquisizione da parte di gruppi stranieri, nonché sulla mappatura degli
asset strategici minacciati da possibili «scalate», si sottolinea dunque che l'attuazione di tali disposizioni avverrà tramite adozione di specifici decreti del Presidente della Repubblica e decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, il cui iter è attualmente in corso.
Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   MONTARULI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come segnalato dai residenti del quartiere torinese di Borgo Aurora, e da alcuni quotidiani locali, i giardini Madre Teresa di Calcutta sono divenuti luogo di ritrovo abituale di spacciatori e tossicodipendenti;

   questi ultimi consumano droga alla luce del sole, a ridosso dei giochi per bambini presenti nel giardino e sulle panchine dello stesso;

   le telecamere installate dal comune di Torino non sembrano aver sortito alcun effetto di dissuasione;

   da anni in ogni caso il quartiere vive in una situazione di degrado assai allarmante;

   invero, il problema dello spaccio e della frequentazione assidua di tossicodipendenti si inserisce in un contesto nel quale si ravvisa una presenza preoccupante della criminalità organizzata di numerose occupazioni abusive, una concentrazione significativa di immigrati clandestini, nonché una presenza di frange del mondo anarchico e di attività commerciali che appaiono fuori da ogni norma e controllo;

   costantemente la popolazione ha denunciato il degrado a cui il territorio è condannato senza vedere tuttavia un miglioramento o serie politiche di riqualificazione che possano inserirsi in una generale azione per l'ordine pubblico –:

   quali urgenti iniziative si intendano adottare al fine di garantire la sicurezza e l'ordine pubblico nella zona.
(4-04085)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in oggetto si rappresenta quanto segue.
  Il quartiere Aurora si trova all'interno di una delle circoscrizioni di decentramento comunale di Torino, che comprende anche i giardini «Madre Teresa di Calcutta» e alcune aree dismesse delle Ferrovie dello Stato in un tratto di corso Principe Oddone. Si tratta di zone rese problematiche dalla presenza di forme di microcriminalità legate soprattutto allo spaccio di sostanze stupefacenti.
  Tali criticità sono alla costante attenzione delle forze di polizia: sul posto operano due Commissariati di pubblica sicurezza competenti per territorio, oltre che l'ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della questura di Torino.
  Nell'area vengono effettuati continui controlli, sia ordinari che straordinari, finalizzati a prevenire fenomeni di microcriminalità, di spaccio e consumo di stupefacenti e, più in generale, di degrado.
  Dall'8 maggio al 12 giugno di quest'anno, in piena emergenza COVID-19, durante il periodo del
lockdown, sono stati effettuati mirati servizi quotidiani suddivisi in tre servizi giornalieri. Su un totale di 108 controlli straordinari, attuati in prevalenza dal personale del commissariato di pubblica sicurezza competente per territorio e da quello della polizia municipale di Torino, sono stati effettuati 21 arresti; questi vanno ad aggiungersi agli altri 21 effettuati nello stesso periodo nel corso dei servizi ordinari, per un totale di 42 arresti.
  Più in generale si segnala che nel quartiere Aurora, dall'inizio dell'anno al mese di settembre, la polizia di Stato ha arrestato complessivamente più di 170 persone e ne ha denunciate più di 140 in stato di libertà.
  L'impegno profuso ha fatto registrare una notevole diminuzione di episodi significativi di microcriminalità, favorendo la fruibilità dei giardini, richiamati dall'Onorevole interrogante, da parte dei cittadini residenti nella zona, che hanno potuto così riappropriarsi degli spazi pubblici lasciati liberi dagli spacciatori.
  Si sottolinea altresì che la città di Torino ha previsto una serie di interventi urbanistici finalizzati alla riqualificazione di quelle zone il cui degrado, legato anche alla presenza di aree dismesse e in attesa di una futura destinazione, favorisce il manifestarsi di fenomeni di illegalità.
  Per permettere un'adeguata azione di prevenzione, l'Amministrazione comunale ha installato telecamere di videosorveglianza nei punti ritenuti più critici, includendo tra questi anche i giardini «Madre Teresa di Calcutta».
  In determinati casi di intervento, al fine di favorire la vigilanza, le forze dell'ordine hanno richiesto la collaborazione dell'Amiat Spa (azienda di gestione della raccolta dei rifiuti) e del servizio comunale giardini e alberate per lo smaltimento di rifiuti e per la potatura delle siepi e delle piante.
  Le attività di contrasto messe in atto dalle forze dell'ordine includono inoltre stringenti controlli nei confronti degli esercizi pubblici, spesso trasformati in luoghi d'incontro per spacciatori e consumatori di droghe e alcool.
  Si rappresenta, infine, che per individuare interventi coordinati di riqualificazione, sono state previste attività progettuali integrate tra loro, nell'ambito dell'accordo per la sicurezza integrata e lo sviluppo della città di Torino, sottoscritto il 9 dicembre 2019 tra il prefetto di Torino, il sindaco e la regione Piemonte, alla presenza del Ministro dell'interno.
  Concludendo, si evidenzia che l'insieme delle attività di prevenzione attuate per il controllo del territorio ha decisamente ridotto i reati nella zona, in particolare quelli legati allo spaccio di stupefacenti, e si assicura che questa amministrazione continuerà a mantenere un alto livello di attenzione per prevenire e contrastare ogni fenomeno di illegalità.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   MORRONE, TURRI, BISA, CANTALAMESSA, DI MURO, MARCHETTI, PAOLINI, POTENTI e TATEO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni grande sconcerto ha destato la notizia di diverse scarcerazioni di detenuti per mafia (47), di cui alcuni considerati ad altissima pericolosità, motivate dal rischio di contagio da COVID-19;

   un articolo stampa de Il Fatto Quotidiano, datato 29 aprile 2020, giornale non certo avverso al Governo in carica, riferisce di «intercettazioni», da cui emergerebbe che i boss rinchiusi in carcere avrebbero esultato per la possibilità di uscire dagli istituti di pena con la «scusa del COVID» grazie alla circolare del Dap;

   ancor più intollerabile appare all'interrogante la decisione del magistrato di sorveglianza di Sassari di disporre la scarcerazione di Pasquale Zagaria, detenuto in regime di 41-bis con una pena da scontare ancora di 21 anni e 7 mesi, «per il presunto rischio contagio da COVID-19»;

   il sessantenne Pasquale Zagaria, considerato dagli inquirenti la mente economica del clan dei Casalesi e fratello di Michele, boss dell'omonimo clan, potrà così trascorrere i prossimi cinque mesi ai domiciliari con moglie e figli, in una località del bresciano, con la facoltà di uscire per le sole esigenze sanitarie;

   le caratteristiche del 41-bis minimizzano il rischio contagio, in quanto i detenuti vivono in isolamento quasi totale, in celle singole e, nello specifico caso di Sassari, le celle risultano anche non contigue tra loro e totalmente separate da altri padiglioni;

   dette scarcerazioni, motivate da presunto rischio contagio COVID-19, stanno minando la credibilità dello Stato e della stessa amministrazione penitenziaria, in quanto pare poco credibile la scelta di scarcerazione invece che rendere i penitenziari ambienti all'altezza di preservare la salute anche dei detenuti più pericolosi e del personale che vi opera;

   è stato appurato che la magistratura di sorveglianza, proprio per evitare la scarcerazione di Zagaria, abbia chiesto al Dap di poterlo eventualmente trasferire in altro istituto penitenziario, attrezzato per la tipologia di trattamenti di cui aveva bisogno, ma, «dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria – si legge nel provvedimento della Sorveglianza – non è giunta risposta alcuna...». Nell'articolo citato sopra si menziona una «presa di distanza» da parte del Ministro Bonafede «dai gravi errori compiuti dal Dap in queste settimane», presa di distanza certamente tardiva che ha di fatto «commissariato» il capo del Dap Francesco Basentini, pur lasciandolo al suo posto, nominando suo vice il pm antimafia Roberto Tartaglia –:

   se e quali iniziative abbia intrapreso, per quanto di competenza, in merito al caso esposto in premessa e, in particolare, se siano stati disposti accertamenti sullo svolgimento delle dinamiche che hanno condotto alla decisione della scarcerazione di Zagaria;

   se siano state individuate responsabilità a carico del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) e quali sanzioni verranno eventualmente assunte;

   se il Ministro fosse stato messo al corrente anticipatamente della circolare del Dap che ha portato alla scarcerazione dei boss mafiosi dal 41-bis o se il Dap abbia agito in modo autonomo ovvero se ci sia stato un mancato controllo da parte dello stesso Ministro sull'attività del Dap;

   quale ruolo svolga in questo momento il capo del Dap Basentini e quali attività siano in capo al suo vice Tartaglia;

   come si intenda provvedere affinché siano chiuse le falle aperte dalla circolare del Dap circa le scarcerazioni dal 41-bis e come si intenda procedere, per quanto di competenza, per riportare in cella i boss mafiosi a parere dell'interrogante inopinatamente scarcerati.
(4-05455)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo al recente provvedimento di scarcerazione emesso dall'autorità giudiziaria nei confronti del detenuto Pasquale Zagaria, ascritto al circuito detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis, si rappresenta quanto segue.
  Pasquale Zagaria, nato il 5 gennaio 1960 a San Cipriano d'Aversa (CE), ha fatto ingresso presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere in data 28 giugno 2007, in espiazione di un provvedimento di cumulo della procura generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Napoli per violazione degli articoli 628, comma 1-3, 629, comma 1-2, 416-
bis, commi 2-3-4-5-8, 629, comma 2, codice penale, con fine pena definitiva al 14 maggio 2030; è stato sottoposto al regime speciale di cui all'articolo 41-bis ordinamento penitenziario a far data dal 31 luglio 2010.
  Con ordinanza 23 aprile 2020, il tribunale di sorveglianza di Sassari ha disposto nei confronti dello stesso Zagaria, su sua istanza, il differimento dell'esecuzione della pena, sino al 22 settembre 2020, in regime di detenzione domiciliare
ex articolo 47-ter ordinamento penitenziario; il provvedimento è stato motivato con riferimento agli articoli 147, comma 1 n. 2, codice penale e 47-ter, comma 1-ter, ordinamento penitenziario.
  Ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha indicato alle Autorità giudiziarie competenti, per il successivo parere al tribunale di sorveglianza di Sassari, le strutture sanitarie penitenziarie e i reparti ospedalieri di medicina protetta dove lo Zagaria potrebbe ricevere le cure, nell'ipotesi di revoca della misura alternativa in atto.
  Per tale ragione il 4 giugno 2020 si è celebrata l'udienza per la rivalutazione da parte della magistratura di sorveglianza della sussistenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria per Covid-19, sulla base dei quali è stata disposta la detenzione domiciliare.
  Il Tribunale di sorveglianza di Sassari con ordinanza depositata il 9 giugno 2020 ha sospeso il procedimento in corso, disponendo l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, avendo ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, per violazione degli articoli 3, 27, comma 3, 32, 102, comma 1, e 104, comma 1, della Costituzione, nonché dell'articolo 5 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, per violazione degli articoli 3, 27, comma 3, 102, comma 1, e 104, comma 1, della Costituzione.
  I provvedimenti di differimento dell'esecuzione pena, ai sensi degli articoli 146 codice penale (rinvio obbligatorio) e 147 codice penale (rinvio facoltativo), ovvero la detenzione domiciliare ai sensi dell'articolo 47-
ter, comma 1-ter ordinamento penitenziario, possono essere adottati a prescindere dalle preclusioni di cui all'articolo 4-bis ordinamento penitenziario.
  Il rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena non può essere inoltre adottato se sussiste il «concreto pericolo della commissione di delitti» (articolo 147, comma 4, codice penale). Con i provvedimenti ai quali ha fatto riferimento l'interrogante, l'autorità giudiziaria ha fatto dunque applicazione di previsioni di legge da tempo vigenti, le quali, in presenza di condizioni di salute incompatibili con lo stato di detenzione (articolo 47-
ter, comma 1-ter, della legge n. 354 del 1975, in connessione con 146 codice penale e con l'articolo 275, comma 4-bis, codice di procedura penale) o di condizioni di grave infermità fisica (articolo 47-ter, comma 1-ter, della legge n. 354 del 1975 in connessione con l'articolo 147 codice penale) o di malattia che non consente adeguate cure in caso di detenzione in carcere (articolo 275, comma 4-bis, codice di procedura penale), consentono o impongono di intervenire sulle modalità di esecuzione della pena o della custodia cautelare.
  Compete infatti alla magistratura di sorveglianza il bilanciamento tra l'esigenza di tutelare la salute del soggetto e la necessità di prevenire il pericolo di recidiva, ai fini della verifica dei presupposti per la concessione dei «benefici penitenziari»; compete, altresì, alla magistratura di sorveglianza, la valutazione in ordine all'eventuale necessità di una iniziale concessione provvisoria
de plano.
  Ai sensi dell'articolo 666, comma 5, codice di procedura penale, «il giudice può chiedere alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno»; la magistratura di sorveglianza può pertanto chiedere alla competente autorità sanitaria le informazioni relative alle misure adottate nell'istituto e nella sezione di appartenenza per la prevenzione del pericolo di contagio.
  In forza della medesima disposizione, la magistratura di sorveglianza può chiedere informazioni anche sulla pericolosità, di cui sono già indice la sottoposizione allo speciale regime detentivo
ex articolo 41-bis, comma 2, ordinamento penitenziario, o l'assegnazione al circuito Alta sicurezza.
  Con circolare 21 marzo 2020 n. 95907, la direzione generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha disposto che le direzioni degli istituti penitenziari segnalassero all'autorità giudiziaria, «per le eventuali determinazioni di competenza», i nominativi dei ristretti rispetto ai quali, in conseguenza dell'attuale emergenza sanitaria, per patologie o condizione, era possibile ravvisare un elevato rischio di complicanze.
  Al fine di consentire alla direzione nazionale antimafia e antiterrorismo di fornire agli uffici di sorveglianza ogni utile informazione in ordine alla pericolosità del detenuto e all'operatività dell'organizzazione di appartenenza, con nota 24 aprile 2020, la direzione generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha disposto che le direzioni degli istituti penitenziaria provvedessero tempestivamente a trasmettere direttamente alla stessa direzione nazionale antimafia e antiterrorismo copia delle segnalazioni ed istanze concernenti i ristretti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, ordinamento penitenziario o assegnati al circuito Alta sicurezza.
  L'articolo 2, decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 ha inoltre stabilito che l'autorità giudiziaria, in caso di concessione di permessi ai sensi dell'articolo 30-
bis ordinamento penitenziario e prima di provvedere in ordine al rinvio dell'esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 o 147 codice penale con applicazione della detenzione domiciliare ex articolo 47-ter ordinamento penitenziario in favore dei detenuti per uno dei delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater codice di procedura penale, chieda il parere del procuratore distrettuale antimafia e, nel caso di detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis, anche quello del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e alla pericolosità del soggetto.
  Al fine di approntare, nell'immediato, la conseguente attività di analisi finalizzata alla predisposizione delle idonee misure di carattere organizzativo, con nota 2 maggio 2020, la direzione generale dei detenuti e del trattamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha altresì disposto che le venga trasmessa copia delle segnalazioni ed istanze (comprensive della relazione sanitaria) trasmesse alla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo.
  Da ultimo, con il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, il legislatore ha introdotto rilevanti disposizioni in ordine alle concessioni disposte dall'Autorità giudiziaria, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19, nei confronti dei condannati o internati per ciascuno dei delitti di cui sopra, imponendo alla magistratura di sorveglianza di rivalutare entro il termine di quindici giorni dall'adozione del provvedimento stesso e, successivamente, con cadenza mensile, la permanenza dei motivi che hanno giustificato l'adozione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare, al differimento di pena o alla sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari.
  Tale valutazione è effettuata immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati, nel caso in cui il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria comunichi la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione domiciliare o a usufruire del differimento della pena.
  Per consentire che il ripristino dell'espiazione della pena detentiva o della sottoposizione alla misura cautelare della custodia in carcere possa avvenire all'immediato verificarsi del superamento dell'emergenza sanitaria, con lo strumento della decretazione d'urgenza è stata dunque introdotta una sequela procedimentale che permetta all'autorità giudiziaria di monitorare costantemente lo stato dell'emergenza sanitaria in atto, nonché l'effettiva indisponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il soggetto, riprendendo la pena detentiva o l'internamento carcerario o la custodia cautelare in carcere non abbia a patire rischi per la propria salute.
  Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha comunque già attivato i poteri di iniziativa previsti negli articoli 2 e 3 del decreto in argomento, effettuando le dovute segnalazioni alle Autorità giudiziarie relativamente ai detenuti cui sono stati in precedenza concessi la detenzione domiciliare o gli arresti domiciliari.
  L'articolo 5 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 prevede comunque la possibilità di ripristinare la custodia cautelare in carcere nei confronti di imputati per i gravissimi delitti sopra ricordati o di soggetti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-
bis della legge n. 354 del 1975 rispetto ai quali tale misura sia stata sostituita con la detenzione domiciliare per motivi correlati all'emergenza sanitaria da Covid-19, una volta che la suddetta emergenza sia superata.
  In particolare, tale disposizione prevede che il pubblico ministero, qualora abbia acquisito dati concreti da cui possa desumersi l'effettivo contenimento dell'emergenza sanitaria possa avanzare richiesta di ripristino della misura in atto al momento dell'insorgenza dell'emergenza epidemiologica, purché ritenga persistenti le originarie esigenze cautelari che avevano condotto all'applicazione della custodia in carcere.
  Il comma 3 del citato articolo, sempre al fine di consentire l'immediato ripristino della detenzione o dell'internamento carcerario in corso prima dell'emergenza sanitaria, stabilisce l'immediata esecutività del provvedimento di revoca della detenzione domiciliare o di differimento della pena.
  Nell'ottica di coordinare, riguardo ai provvedimenti emessi in data più risalente, il termine di quindici giorni introdotto «a regime» per la prima verifica della persistenza delle ragioni legate all'emergenza sanitaria, in relazione ai provvedimenti di ammissione al regime della detenzione domiciliare o di differimento dell'esecuzione della pena o di sostituzione della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari che per tali ragioni è stata disposta, l'articolo 5 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 contiene anche una disposizione transitoria.
  Con riferimento, da ultimo, al quesito sollevato dall'interrogante in ordine alle attività riconducibili al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e al suo vice, si riferisce che il dottor Petralia si è insediato quale capo dipartimento il 12 maggio 2020 e con proprio provvedimento emesso in pari dati ha conferito le deleghe al vice capo.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 4 dicembre 2015, n. 191, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° febbraio 2016, n. 13, è intervenuto in ordine alla straordinaria necessità e urgenza di accelerare le procedure di cessione del gruppo Ilva in amministrazione straordinaria ai sensi del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, anche al fine di armonizzare la tempistica del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria con l'autorizzazione all'esercizio d'impresa in costanza di sequestro, al fine di rendere effettiva la possibilità di esercizio da parte del cessionario;

   considerata la necessità di introdurre ulteriori modifiche all'articolo 1 del decreto-legge 4 dicembre 2015, n. 191, recante disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del gruppo Ilva al fine di garantire in via di urgenza interventi di sostegno alle famiglie disagiate del territorio tarantino, il legislatore è nuovamente intervenuto con il decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18, recante «Interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno»;

   l'articolo 1 del decreto-legge n. 243 del 2016 apportava modificazioni all'articolo 1 del decreto-legge n. 191 del 2015. In particolare, esso dispone al comma 1, tramite l'aggiunta del comma 8.5, che «Il programma della procedura di amministrazione straordinaria è altresì integrato con un piano relativo ad iniziative volte a garantire attività di sostegno assistenziale e sociale per le famiglie disagiate nei Comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola. Il piano, a carattere sperimentale, della durata di tre anni, approvato dal Ministro dello sviluppo economico e monitorato nei relativi stati di avanzamento, si conforma alle raccomandazioni adottate dagli organismi internazionali in tema di responsabilità sociale dell'impresa e alle migliori pratiche attuative ed è predisposto ed attuato, con l'ausilio di organizzazioni riconosciute anche a livello internazionale, enti del terzo settore ed esperti della materia, a cura dei commissari straordinari, d'intesa con i Comuni di cui al primo periodo per quanto attiene la selezione dei soggetti beneficiari. [...]»;

   il comma 2 dello stesso articolo 1 del decreto-legge n. 243 del 2016 dispone lo stanziamento di 30 milioni di euro totali (10 milioni per ciascuno degli anni del triennio 2017-2019) da destinare al finanziamento delle attività relative alla predisposizione e attuazione del piano summenzionato in favore delle famiglie disagiate nei Comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola;

   il 31 ottobre 2019, alcuni organi di stampa hanno diffuso la notizia dello sblocco dei «30 milioni di euro per i Comuni dell'area di crisi, Taranto, Massafra, Montemesola, Statte e Crispiano» e della firma, da parte del Ministro dello sviluppo economico, di un decreto inerente al bando per la manifestazione d'interesse alla redazione dei progetti finanziati con tali risorse, riportando inoltre la notizia dell'imminente pubblicazione del bando stesso;

   all'interrogante non risulta altro fondo dotato di tali risorse se non quello sopra indicato;

   il piano in favore delle famiglie disagiate non implica alcuna partecipazione a bandi pubblici –:

   se trovi conferma quanto riportato dagli organi di stampa e menzionato in premessa;

   se intenda chiarire se tale iniziativa sarà finanziata con le stesse risorse originariamente destinate al piano per le famiglie disagiate.
(4-04009)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante fa riferimento alla notizia dello sblocco di 30 milioni di euro per i comuni dell'area di crisi di Taranto, Massafra, Montemesola, Statte e Crispiano e della firma di un decreto ministeriale inerente al bando per la manifestazione d'interesse alla redazione dei progetti finanziati con tali risorse, temendo che esso utilizzi impropriamente le risorse destinate al piano per le famiglie disagiate.
  Ebbene, le notizie riferite dall'interrogante sarebbero riferibili al bando di «Sollecitazione offerte per l'acquisizione del servizio di supporto e affiancamento ai Commissari Straordinari per lo sviluppo del Piano Comuni della Provincia di Taranto», pubblicato il 6 novembre 2019 dai commissari del Gruppo Ilva in amministrazione straordinaria.
  Il bando, in particolare, si rivolge a imprenditori, società, cooperative, consorzi e aggregazioni di imprese per la verifica della fattibilità tecnica e giuridica degli interventi proposti dai comuni dell'area tarantina.
  L'obiettivo perseguito dai commissari, in particolare, è quello di avvalersi di assistenza tecnica per lo sviluppo del piano per le famiglie disagiate, al quale fa riferimento l'interrogante.
  Infatti, il bando fa espresso riferimento all'articolo 1, comma 8.5 del decreto-legge 4 dicembre 2015, n. 191, il quale ha previsto che il programma della procedura di amministrazione straordinaria di Ilva s.p.a. sia integrato con un «piano relativo ad iniziative volte a garantire attività di sostegno assistenziali e sociali per le famiglie disagiate nei Comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola».
  Tale piano, a carattere sperimentale, ha la durata di tre anni e la copertura dei relativi costi è assicurata dalla stessa norma, nonché dal disposto dell'articolo 1, comma 2 del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito con modificazioni in legge 27 febbraio 2017, n. 18.
  Ai sensi di tale disposizione il piano, dal valore di 30 milioni di euro è predisposto a cura dei commissari straordinari sulla base delle indicazioni fornite dai comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola (che prevedono, per ciascun intervento, la tipologia, l'individuazione delle situazioni di disagio sociale e assistenziale affrontate, il costo massimo e la durata) ed è poi approvato e monitorato (nei relativi stati di avanzamento) dal Ministero dello sviluppo economico.
  Allo stato, dunque, da quanto riferito dalla direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, non risulterebbe alcuna distrazione delle somme destinate alle famiglie disagiate.
  Quanto sopra è rappresentato anche nella «Relazione semestrale concernente il conto di contabilità speciale n. 6055, aggiornata al 14 febbraio 2020» (Senato della Repubblica - Documento XXVII n. 10), nella quale si legge quanto segue: «si dà conto dell'incasso sulla contabilità speciale n. 6055 delle risorse destinate al finanziamento del suddetto Piano previsto dal comma 8.5 (relativo ad iniziative volte a garantire attività di sostegno per le famiglie disagiate nei Comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola), nonché si rappresenta che è iniziato l'
iter per la realizzazione della parte del programma dell'amministrazione straordinaria per le attività di cui al comma 8.5 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 191 del 2015 ma che non risultano utilizzi di fondi».
  Al riguardo, inoltre, tengo a precisare che sono state raccolte le necessarie indicazioni dai comuni interessati e servendosi della società di consulenza individuata con il bando (i.e. Profin Service s.r.l.), i commissari straordinari hanno presentato al Ministero dello sviluppo economico il piano relativo ad iniziative volte a garantire sostegno assistenziale e sociale per le famiglie disagiate nei comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola, che conferma la non distrazione delle somme di cui sopra. Inoltre, tale piano è stato approvato da questo Ministero (a mezzo apposito decreto a mia firma) in data 7 agosto 2020, a riprova della non distrazione delle somme, effettivamente destinate agli interventi a favore dei cinque comuni menzionati.
  Si coglie l'occasione, per sottolineare, altresì, l'ulteriore dotazione finanziaria di 30 milioni di euro per la concessione delle agevolazioni di cui all'«Avviso pubblico per la selezione di iniziative imprenditoriali nei territori dei comuni dell'area di crisi industriale complessa di Taranto tramite ricorso al regime di aiuto di cui alla legge n. 181/1989», per la selezione di iniziative imprenditoriali nei territori dei comuni ricadenti nell'area di Taranto, adottato nell'ambito del «Progetto di riconversione e riqualificazione industriale dell'area di crisi industriale complessa di Taranto».
  In questo caso, si sottolinea che l'avviso fa ricorso al regime di aiuto di cui decreto-legge 1° aprile 1989, n. 120, convertito con modificazioni dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, e i 30 milioni di euro di dotazione finanziaria sono a valere sulle risorse del programma operativo nazionale «Imprese e competitività» 2014-2020 FESR, Asse III.
  In conclusione, sia alla luce del bando dei commissari, a cui fa riferimento l'interrogante, che dell'avviso pubblico ai sensi della richiamata legge n. 181 del 1989, è stata prevista la concessione di risorse finanziarie di 30 milioni destinate al territorio di Taranto. I due interventi, tuttavia, sono molto diversi da un punto di vista tecnico e perseguono obiettivi differenti. Ciò che preme sottolineare, è che – sentiti i competenti uffici del Ministero dello sviluppo economico – non sono state distolte risorse economiche dal piano per le famiglie disagiate.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   PERANTONI e PENNA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (Aig) – ente storico, morale, assistenziale e culturale – è inclusa tra le «organizzazioni non governative» segnalate dall'Onu tra gli enti di sviluppo sociale;

   si è sempre occupata, infatti, di agevolare la promozione della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e dei siti riconosciuti patrimonio dell'Unesco, anche attraverso la rete della International Youth Hostel Federation;

   l'Italia, anche grazie ad (Aig), è da sempre Paese membro qualificato della International Youth Hostel Federation, di cui fanno parte oltre 80 nazioni;

   dal 1° luglio 2019 l'Aig si trova in procedura fallimentare (n. 492/2019), avviata dal tribunale fallimentare di Roma;

   il 26 giugno 2019 il tribunale fallimentare di Roma, infatti, ha respinto la domanda di un'omologa di concordato in continuità avviata con ricorso ai sensi dell'articolo 161 della legge fallimentare, di cui al regio decreto n. 267 del 1942, e depositata in data 30 giugno 2017, nonostante l'approvazione del piano da parte della maggioranza dei creditori, pronunciatisi a favore di Aig e della sua solvibilità, oltre che a favore della concreta possibilità di un suo pronto rilancio e sviluppo;

   l'Agenzia delle entrate e l'Inps hanno espresso il proprio assenso all'omologazione del piano, anche in virtù dell'elevata patrimonializzazione dell'ente, dell'interesse sociale e della salvaguardia del livello occupazionale;

   il valore, ex articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, del patrimonio immobiliare dell'ente, a quanto consta agli interroganti, ammonta a oltre 21 milioni di euro e la stessa associazione – anche recentemente – è stata oggetto di lasciti testamentari;

   l'Ente si è opposto alla procedura fallimentare e, ad oggi, resta in attesa di una soluzione risolutiva e definitiva;

   dopo quasi 75 anni di ininterrotta e preziosa attività al servizio del turismo giovanile, scolastico e sociale, l'Aig rischia quindi la definitiva chiusura;

   ciò oltre al fatto che la procedura fallimentare sta determinando il graduale licenziamento del personale diretto e indiretto, oltre 200 persone con relative famiglie;

   non si possono non evidenziare, infine, le pesanti ricadute per l'indotto dovute alla messa in vendita dell'ingente patrimonio immobiliare dell'ente, nonché alla dismissione del suo importante brand nazionale ed internazionale;

   con atto n. 9/2305/99, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo ad adottare le misure necessarie a salvaguardia delle attività sociali e assistenziali portate avanti dall'Aig;

   la pandemia da Covid-19 ha senza dubbio aggravato la situazione e, pertanto, appare ancora più urgente un intervento mirato, anche al fine di adottare misure e strumenti di sostegno al turismo e alle categorie più svantaggiate, tra cui giovani e cittadini a basso reddito –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti, quali iniziative siano state adottate o intenda adottare a tutela del marchio storico e dei servizi di utilità sociali dell'Ente e se non ritenga opportuno adoperarsi al fine di salvaguardare le funzioni di un ente (e i relativi posti di lavoro) la cui rete di strutture, la distribuzione e il radicamento in ogni regione italiana svolgono un prezioso ruolo sociale ed educativo, oltre ad essere opportunità di conoscenza del nostro Paese, a livello nazionale e internazionale, garantendone anche crescita e coesione sociale.
(4-06524)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative si intendono intraprendere al fine di salvaguardare l'attività e le funzioni dell'Associazione italiana alberghi per la gioventù e sostenere il turismo tra le categorie più svantaggiate, in particolare tra i giovani.
  Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
  In base allo statuto L'A.I.G. — Associazione italiana alberghi per la gioventù — è stata costituita con atto n. 28339 del 19 dicembre 1945, è un Ente morale e assistenziale a carattere nazionale priva di fini di lucro.
  L'Associazione ha per scopo istituzionale la promozione del turismo giovanile, attraverso la realizzazione e la gestione degli ostelli per la gioventù, e l'attuazione di ogni altra iniziativa idonea a favorire il miglioramento morale, culturale e fisico della gioventù, mediante la pratica del turismo, considerato mezzo insostituibile per la promozione sociale dei giovani e per favorirne la reciproca conoscenza.
  A livello internazionale l'Aig è membro ed unico rappresentante per l'Italia della Federazione Internazionale degli ostelli per la gioventù (Iyhf,
International youth hostel federation), massimo organismo mondiale competente per la ricettività dei giovani.
  Durante la conversione in Senato del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, fu approvato e poi stralciato, l'emendamento 15.0.13 che prevedeva la soppressione dell'Associazione italiana alberghi per la gioventù e, conseguentemente, costituiva l'ente pubblico non economico denominato Ente italiano alberghi per la gioventù (Eig), sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Il nuovo ente (Eig) sarebbe entrato a far parte degli enti di promozione economica con una nuova dotazione organica di 57 unità.
  Inoltre, veniva prevista la nomina di un commissario straordinario al fine dell'adeguamento statutario e per consentire l'ordinato trasferimento dei beni e delle funzioni al nuovo ente, nonché per la definizione dei rapporti pendenti in capo all'Aig.
  Gli oneri che lo Stato avrebbe sostenuto a decorrere dal 2020 sarebbero stati pari a 1,7 milioni di euro all'anno.
  Il Governo, oggi come un anno fa, è disponibile a valutare positivamente un'analoga proposta normativa per affrontare e risolvere l'attuale situazione dell'associazione italiana alberghi per la gioventù e salvaguardare le attività e le funzioni che questa svolge.
  

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo: Lorenza Bonaccorsi.


   PITTALIS, OCCHIUTO, PRESTIGIACOMO, MANDELLI, D'ETTORE, PAOLO RUSSO e CATTANEO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende dalla stampa nazionale e locale, nella serata del 22 ottobre 2019, vasti incendi alimentati da un fortissimo vento di scirocco, sono divampati sulla costa occidentale della Sardegna. Il primo rogo è scoppiato intorno alle ore 21.30 sulle pendici di Monte Furru e ha fatto scattare l'evacuazione di diverse abitazioni a Bosa Marina, in località «S'Istangione» alla periferia del paese. L'allontanamento forzato ha riguardato una quarantina di persone che hanno lasciato le loro case a scopo precauzionale. Nel corso della notte, poi, un altro grosso incendio è divampato nella Marina di Arborea, in provincia di Oristano, dove le fiamme hanno aggredito la pineta a ridosso del resort Ala Birdi, dove sono state evacuate dalla struttura turistica 240 persone, poi trasferite nella palestra del comune. Sul posto sono state inviate tutte le squadre disponibili dei vigili del fuoco di Oristano e sei distaccamenti di Ghilarza e Ales, oltre a decine di squadre della Forestale. Alle prime luci dell'alba sono stati inviati sul posto quattro Canadair, oltre due elicotteri del Corpo forestale regionale;

   nel comune di Bosa in particolare ben 250 ettari di vegetazione sono andati in fiamme e il fuoco è arrivato a un centinaio di metri dalle abitazioni. Sul posto sono intervenuti vigili del fuoco, Corpo forestale, Carabinieri, Protezione civile e anche la Croce rossa. Nelle prime ore della mattina è stato necessario l'intervento dei mezzi aerei per spegnere alcuni focolai in alcune aree irraggiungibili dalle forze a terra. Gli ettari di vegetazione andati a fuoco riguardano, in particolare, la strada provinciale 49 Bosa-Alghero, in località Capo Marraggiu; altri 30 ettari sono stati interessati dalle fiamme sulla strada statale 129, all'altezza di Monte Furru e 10 ettari sono andati in fumo a Monte Contra. Oltre a quello di Monte Furru sono in atto da alcune ore almeno altri tre incendi, in località S'Abba Druche, a Sas Tres Puntas e al chilometro 10 della litoranea che collega Bosa ad Alghero. Infine, la strada è stata chiusa alla circolazione in entrambi i sensi di marcia;

   va considerato che sono andati in fumo ettari di macchia mediterranea, pascoli e pinete e tutto ciò provoca allarme e profonda preoccupazione nella popolazione. Si tratta, infatti, di centri ad alta vocazione turistica e per la produzione di prodotti del lattiero-caseario nel caso di Arborea;

   appare evidente, ad avviso dell'interrogante, che non ci si trovi di fronte ad episodi dovuti al caso, ma riconducibili ad atti di natura criminale;

   inoltre, sono anni che la regione Sardegna aspetta un piano organico per lottare e prevenire gli incendi nel suo territorio, mentre si distruggono ettari di terra e patrimonio ambientale –:

   se il Governo non intenda adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata ad attenzionare e monitorare la situazione, anche potenziando le attività di controllo del territorio;

   se il Governo non intenda assumere iniziative per prevedere appositi stanziamenti per ristorare le comunità e le imprese colpite.
(4-03925)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato in esame si rappresenta quanto segue.
  Nella serata dei 22 ottobre 2019 si sono verificati due incendi sulla costa occidentale della Sardegna, uno nel comune di Arborea, in provincia di Oristano, e l'altro in quello di Bosa, in provincia di Nuoro, In entrambi i casi, le particolari condizioni meteorologiche avverse, causate da un forte vento di scirocco, hanno reso necessari impegnativi interventi dei vigili del fuoco per domare le fiamme.
  Il primo rogo, originatosi da più focolai, si è sviluppato nella pineta della Marina di Arborea, interessando una vasta superficie compresa tra le strade 18 e 24 ovest, e ha distrutto circa 80 ettari di pineta e macchia: mediterranea; le fiamme si sono propagate fino al complesso turistico Ala Birdi-Horse Country, avvicinandosi ad alcune abitazioni poco distanti, rendendo necessaria l'evacuazione di 257 persone.
  Giunta la prima squadra dei vigili del fuoco del comando di Oristano e constatata la gravità della situazione, è stato attivato tutto il personale disponibile, oltre a squadre di rinforzo provenienti dai due distaccamenti provinciali di Abbasanta e Ales; in seguito, si sono aggiunti anche gli operatori del distaccamento di Sanluri, afferente al comando di Cagliari.
  Le risorse del Corpo nazionale, dei vigili del fuoco impegnate nell'attività di spegnimento sono state complessivamente circa 40 uomini e 13 automezzi, cui si è aggiunto il supporto di numerose squadre dell'ente regionale Forestas e dei carabinieri, coadiuvati da due elicotteri, in convenzione con la regione autonoma della Sardegna, e da due Canadair inviati dal centro operativo aereo unificato del medesimo corpo nazionale.
  Per la gestione della fase emergenziale è stato immediatamente istituito sul posto un centro operativo comunale (COC), che ha visto la costante presenza del sindaco di Arborea, mentre la prefettura di Oristano ha seguito l'evento, coordinando le attività di competenza.
  Nella giornata successiva, tutte le persone evacuate sono potute rientrare nei propri alloggi. Per tutta la durata dell'emergenza, le pattuglie della polizia stradale hanno regolamentato la circolazione stradale, mentre il servizio 118 ha messo a disposizione ambulanze medicalizzate per le eventuali necessità sanitarie.
  Al termine della lotta attiva agli incendi e ininterrottamente per i due giorni successivi il personale del corpo nazionale ha garantito la sicurezza delle strutture, costituendo un presidio permanente sul luogo dell'evento, ed ha effettuato numerosi interventi dovuti alla ripresa dei focolai.
  Nella giornata del 24 ottobre 2020, sono iniziate le operazioni di rilievo e mappatura dei luoghi percorsi dai fuoco attraverso l'impiego di nuclei specialistici vigilfuoco Tas (Topografia applicata al soccorso), Sapr (Sistemi aeromobili a pilotaggio remoto) e Pg/Niat (Polizia giudiziaria/Nuclei investigativi antincendio territoriali). Il corpo nazionale ha eseguito accertamenti di polizia giudiziaria su incarico della procura di Oristano.
  Anche l'incendio del comune di Bosa è divampato nella serata del 22 ottobre 2020 e, ugualmente, ha avuto origine da due diversi focolai, il primo sviluppatosi in una zona di insediamenti alberghieri denominata «S'istagnone», il secondo all'altezza del chilometro 11 della strada provinciale 49 che collega Bosa ad Alghero.
  Alle ore 22.30, la richiesta di soccorso è pervenuta alla sala operativa 115 dei vigili del fuoco di Nuoro direttamente dal sindaco di Bosa. Anche in questo caso, si è immediatamente attivato il centro operativo comunale e contemporaneamente si è insediato il centro coordinamento soccorsi (CCS) presso la prefettura di Nuoro.
  I roghi si sono propagati in direzione nord e hanno reso necessaria, per motivi di sicurezza, la chiusura della strada provinciale 49 e l'evacuazione, in via precauzionale, di circa 30 persone.
  Sul posto è intervenuta dapprima la squadra inviata dal distaccamento di Macomer, poi ne sono arrivate altre dai comandi di Nuoro e di Cagliari e dai distaccamenti di Lanusei e Tortolì. Nel corso delle prime ore del 23 ottobre 2020, in aiuto alle squadre di terra sono stati inviati anche i mezzi aerei.
  All'intervento hanno partecipato: personale del commissariato di polizia locale di Macomer, dell'ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico (UPGSP), della polizia stradale e dei carabinieri di Bosa e Montresta, personale della Forestas, oltre a numerosi volontari della protezione civile di Bosa e della croce rossa.
  Le attività di bonifica e di spegnimento dei vari focolai si sono protratte per tutto il giorno 23 ottobre 2020 e la chiusura delle operazioni e stata disposta solo nella successiva giornata del 24.
  Per quanto attiene la possibile natura dolosa degli incendi in argomento e l'accertamento di eventuali responsabilità, i relativi accertamenti di polizia giudiziaria sono stati ultimati dal comando dei vigili del fuoco di Oristano e trasmessi alla fine di luglio 2020.
  In tali frangenti, la macchina dell'emergenza, grazie alla collaborazione di tutte le componenti istituzionali, ha garantito il successo evitando danni a persone, forte anche di una recente esercitazione, con la simulazione di uno scenario analogo, tenutasi nella prefettura di Oristano pochi mesi prima, alla quale avevano partecipato gli stessi operatori che si sarebbero trovati a gestire gli incendi in parola.
  Più in generate, il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 affida la competenza primaria nella materia della lotta attiva contro gli incendi boschivi alle regioni riservando allo Stato il solo concorso nell'attività di spegnimento. Tale assetto normativo è stato confermato dalla legge quadro sugli incendi boschivi 21 novembre 2000, n. 353, che ha, tra l'altro, attribuito alle regioni il compito di definire e programmare, mediante appositi piani regionali, le attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi.
  La suddivisione delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia non risulta mutata anche a seguito dell'emanazione del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, che ha previsto la razionalizzazione delle funzioni di polizia e l'assorbimento del corpo forestale dello Stato nell'ambito della riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
  Conseguentemente, sulla base dell'assetto normativo attualmente vigente, lo Stato resta competente in via sussidiaria al concorso nella lotta attiva agli incendi boschivi mediante il servizio garantito dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e fa riferimento all'Arma dei carabinieri per le attività di prevenzione e repressione dei reati connessi agli incendi boschivi.
  In merito ai singoli piani territoriali per la gestione dell'emergenza, si ricorda altresì che il «Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi – triennio 2017-2019 (P.R.A.I.) – Anno 2019», è stato approvato con delibera della giunta della regione Sardegna n. 20/32 del 30 maggio 2019.
  Per completezza d'informazione, si comunica infine che il 15 giugno e il 6 luglio di quest'anno sono stati assegnati gli organici previsti presso il distaccamento di Cuglieri, ubicato nell'area in parola, pienamente operativo dallo scorso 6 luglio.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   POTENTI, LOLINI, ZIELLO, PICCHI, LEGNAIOLI e BILLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la percezione del crescente disagio economico-finanziario di famiglie ed imprese, derivante dal perdurare dell'emergenza virus Covid-19, non è sfuggita all'attenzione delle radicate realtà criminali del nostro Paese. Alcuni organi inquirenti hanno già reso noti i contenuti di recentissime informative in loro possesso;

   in data 31 marzo 2020, il generale di divisione comandante del Ros dei Carabinieri, Pasquale Angelosanto, ha riportato alla stampa: «È oggetto di attenzione l'eventuale salto qualitativo che la criminalità mafiosa tenterà di fare orientando strumentalmente il disagio delle imprese e dei singoli, provocato dalla crisi di liquidità, al fine di ricavarne consenso sociale». Parimenti, il Procuratore nazionale antimafia, dottor De Raho, in data 1° aprile 2020, ha osservato che «Ovunque ci sia un disagio sociale ed una difficoltà pensano di inserirsi mafia, camorra e “ndrangheta”. In particolare, il procuratore allerta lo Stato circa l'incremento dei traffici illeciti nei porti tirrenici e, quindi, anche in quelli toscani, il cui più rilevante è quello della droga, movimenti che sfrutterebbero i minor controlli di polizia, concentrati sull'emergenza Covid-19»;

   l'attenzione degli investigatori parrebbe focalizzata sul fronte imprenditoriale. Da quanto si apprende dal contenuto delle due interviste, le attuali «spie di allarme» sarebbero soprattutto nel Centro-Nord. Ancora il generale Angelosanto conferma come tra le regioni ove si prevede che la criminalità organizzata investirà capitali sporchi, grazie ad una rete di professionisti e imprenditori compiacenti o insediamenti di «locali» delle cosche, «vi sia anche la Toscana»;

   la Toscana, come le altre aree del centro nord, è stata effettivamente già oggetto di indagini e processi dai quali è appurato il diretto reinvestimento di cospicui proventi illeciti, attuato tra le altre vie, per l'ormai noto tramite di operatori economici, resisi disponibili a mettere la propria impresa al servizio dei mafiosi, trasformandosi di fatto in prestanome. È quindi ampiamente prefigurabile che la crisi socio-economica post virale determinerà forti rischi di infiltrazione e rafforzamento delle mafie anche nel territorio toscano –:

   se e di quali informazioni sia ulteriormente in possesso il Ministro interrogato riguardo agli interessi della criminalità organizzata nella regione Toscana;

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di prevenire le attività di cui alle informative citate in premessa per le quali si confermerebbe il certo rafforzamento dei sodalizi criminali in Toscana pervia delle condizioni di difficoltà del sistema economico.
(4-05085)

  Risposta. — Si fa riferimento ai quesiti posti dall'interrogante, relativi all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente la richiesta di informazioni in ordine alle strategie di contrasto del Ministero dell'interno volte a contrastare le infiltrazioni criminali nell'ambito del tessuto produttivo del Paese, ed in particolare nella regione Toscana, in costanza di emergenza epidemiologica e nella prospettiva di una progressiva «riapertura» delle attività commerciali e produttive.
  Come noto, è alta l'attenzione di questa amministrazione sulla possibilità che il contesto economico-finanziario che si prefigura nella fase
post-pandemica favorisca l'inserimento della criminalità organizzata nelle attività economiche.
  In relazione alla situazione esistente nella regione Toscana, appare opportuno evidenziare, preliminarmente, come la sua fiorente economia rappresenti da tempo una forte attrattiva per le organizzazioni di tipo mafioso, alla costante ricerca di nuove opportunità per reimpiegare i capitali illecitamente accumulati, anche con il ricorso alla costituzione di attività imprenditoriali, agli investimenti immobiliari e all'acquisto di esercizi commerciali.
  Più in particolare, si rileva che lo scalo marittimo di Livorno, oltre a favorire gli interscambi commerciali con i vari settori produttivi nazionali, risulta impiegabile anche per i traffici illeciti da diverse compagini criminali.
  Ampie attività info-investigative hanno, infatti, da tempo dimostrato l'attività di sodalizi contigui alla camorra, alla 'ndrangheta e a Cosa nostra nella regione Toscana.
  Con riferimento alla camorra, risultano operativi, in molte province toscane, soggetti collegati al clan dei «Casalesi», con interessi diversificati nel traffico illecito di rifiuti, nel gioco d'azzardo e nelle scommesse
on-line.
  Nel territorio di Firenze, si sono evidenziati soggetti riconducibili al clan «Maliardo» originario di Giugliano in Campania (NA), interessati ad investire denaro di provenienza illecita in attività imprenditoriali e iniziative economiche di varia natura.
  Nel territorio di Prato è stata registrata la presenza di alcuni personaggi contigui ai clan «Nuvoletta – Leone» e «Sautto – Ciccarelli», provenienti rispettivamente da Marano di Napoli e Caivano (NA), già coinvolti nell'importazione, sul territorio nazionale, di ingenti quantitativi di cocaina e hashish proveniente dal sud America, nonché soggetti legati ai clan «Terracciano» di Napoli e «Birra – Iacomino», «Ascione» di Ercolano.
  Anche la 'ndrangheta, pur senza far registrare, nella regione Toscana, insediamenti strutturati tipici dell'organizzazione, è presente con soggetti collegati alle 'ndrine d'origine.
  A Firenze è stata rilevata la presenza di elementi riconducibili alla 'ndrina «Giglio» di Strangoli (KR), a quella dei «Piromalli» di Reggio Calabria, alle 'ndrine dei «Bellocco» e dei «Pesce», provenienti dall'area reggina e alle 'ndrine dei «De Stefano-Tegano» e dei «Garofalo-Cambierati» operanti a Crotone.
  A Prato è stata riscontrata la presenza di elementi affiliati alla 'ndrina «Giglio», a quella crotonese dei «Grande-Aracri», a quella reggina dei «Pesce» ed ai «Piromalli-Molè» di Gioia Tauro (RC).
  Inoltre, pur in assenza di insediamenti strutturati e stabili, la presenza di Cosa nostra è stata comunque riscontrata nelle province toscane, in particolare, di personaggi e imprenditori legati ai mandamenti di «Brancaccio» e «Corso dei Mille», provenienti da Palermo.
  In tale contesto, con particolare riferimento alle attività di prevenzione e contrasto delle associazioni criminali che operano nell'ambito dello spaccio di sostanze stupefacenti, le forze dell'ordine hanno effettuato numerose operazioni, con l'obiettivo di stroncare ogni tentativo di infiltrazione nel tessuto socio-economico.
  Lo scorso anno la polizia di Stato, nell'ambito dell'area portuale di Livorno, ha effettuato diverse indagini, concluse con il sequestro di ingenti quantitativi di droga.
  A conferma di come l'attività di prevenzione e contrasto sia rimasta costante ed elevata, si evidenzia che nel gennaio di quest'anno, sempre a Livorno, la polizia di Stato ha eseguito l'arresto di un italiano trovato in possesso di 22 chilogrammi di cocaina, nonché di diversi documenti falsi, validi per l'espatrio.
  Il 1° aprile 2020 la Guardia di finanza ha sottoposto a sequestro circa 40 chilogrammi di cocaina ed il successivo 22 aprile 2020 la polizia di Stato ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 7 soggetti, tra i quali 3 marocchini e 1 tunisino, ritenuti responsabili di un'intensa attività di spaccio di sostanze stupefacenti.
  Più in generale, si evidenzia come la vocazione «economica» delle mafie nostrane (tradizionali, autoctone o delocalizzate) e la loro capacità di adattamento ai cambiamenti sociali e produttivi comporti, da tempo, un'attenta valutazione della situazione congiunturale, allo scopo di focalizzare adeguati sforzi di analisi e di proiezione info-investigativa nei diversi settori di interesse criminale.
  In tale contesto, le forze di polizia sono impegnate con la massima attenzione in tutte le attività info-investigative, volte a prevenire e a far emergere ogni iniziativa di espansione, di alterazione del mercato, di inquinamento del tessuto economico, di condizionamento dei processi decisionali pubblici funzionali all'assegnazione degli appalti.
  Nell'ultimo periodo, specifiche direttive sono state diramate ai questori, evidenziando l'importanza di prevedere mirati strumenti analitici, in grado di monitorare e prefigurare le possibili evoluzioni del quadro economico-finanziario, anche legate all'eventuale cessazione delle restrizioni e alla ripresa delle attività economiche.
  Con i predetti atti di indirizzo è stata richiamata l'attenzione, in particolare, sulle dinamiche societarie della filiera agro-alimentare, sulle infrastrutture sanitarie, sulla gestione degli approvvigionamenti, specie di materiale medico, del comparto turistico alberghiero e della ristorazione, nonché sui settori della distribuzione al dettaglio della piccola e media impresa.
  È stata sottolineata, altresì, la necessità di mantenere elevata l'attenzione verso determinati reati «spia», indici di fenomenologie di infiltrazione criminale, anche mafiosa, nelle pieghe economiche-finanziarie; si pensi alle fattispecie riconducibili all'attività estorsiva, all'usura, alle attività di riciclaggio e reimpiego di denaro o beni di utilità e provenienza illecita, alle speculazioni volte alla fagocitazione immobiliare o imprenditoriale favorite dal bisogno impellente di denaro contante, al trasferimento fraudolento di beni, nonché alle truffe per il conseguimento di erogazioni pubbliche, al condizionamento del ciclo degli appalti.
  Considerata la matrice eminentemente economica dei fenomeni in esame, risultano fondamentali le componenti specialistiche delle «unità indagini patrimoniali», già presenti nelle squadre mobili delle questure, anche al fine di predisporre l'attività finalizzata alla redazione di proposte questorili, per l'applicazione di misure di prevenzione patrimoniale, anche in forma congiunta con la competente procura distrettuale, ai sensi della normativa antimafia, mentre le sezioni e unità anticorruzione sono state sensibilizzate al fine di individuare
focus investigativi nei settori delle concessioni pubbliche, dell'edilizia e dell'erogazione di misure economiche di sostegno emergenziale.
  In tal senso, sotto il profilo investigativo, i servizi di polizia giudiziaria non mancano di porre attenzione a specifici «
alert» situazionali, in grado di disvelare concretamente il tentativo di infiltrazione criminale, anche mafioso, in segmenti economici e nelle pubbliche amministrazioni.
  Il quadro info-investigativo acquisito, nel rispetto delle esigenze istruttorie, avvalendosi di un proficuo e collaudato scambio informativo tra centro e territorio, costituisce, evidentemente, il dato aggregante in seno a una piattaforma di analisi situazionale in grado di mappare progressivamente l'evoluzione delle criticità socio-economiche, individuare i settori particolarmente esposti o «sensibili» alla infiltrazione criminale, nonché i risultati conseguiti nell'azione di contrasto.
  Quale parte di questa estesa azione di contrasto, va, altresì, ricordata la recentissima istituzione di un «organismo permanente di monitoraggio ed analisi sul rischio di infiltrazione nell'economia da parte della criminalità organizzata», con il compito di rafforzare la condivisione, a livello interforze, delle conoscenze e delle informazioni in merito alle strategie di azione delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, ai settori imprenditoriali e ai segmenti di mercato più esposti, alle modalità di penetrazione nei circuiti economico-finanziari, ai tentativi di condizionamento dell'attività deliberativa relativa agli appalti pubblici, con specifico riguardo all'attuale situazione emergenziale e alla successiva fase di ricostruzione e di rilancio dell'economia, avvalendosi anche del patrimonio informativo proveniente dagli organismi di cooperazione multilaterale, dal servizio per la cooperazione internazionale di polizia della direzione centrale della polizia criminale di questo Dipartimento e dalla rete degli esperti per la sicurezza.
  Parallelamente, è stato impresso il massimo impulso alle attività di aggressione ai patrimoni illecitamente acquisiti, sfruttando gli strumenti offerti dalla normativa antimafia e di prevenzione.
  Giova evidenziare che, già in questa fase, sono stati intensificati, a livello centrale e periferico, i contatti diretti con le maggiori associazioni di categoria operanti sul territorio (Confindustria, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato), al fine di potenziare il monitoraggio dei casi di
default economico ed individuare aree sensibili di intervento investigativo.
  In conclusione, si assicura il rilevante e quotidiano impegno di questa amministrazione, al fine di contrastare, con la massima risolutezza, ogni tentativo di infiltrazione delle organizzazioni criminali, anche con riferimento al sistema economico e produttiva della regione Toscana.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   RIBOLLA, BILLI, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, GRIMOLDI, PICCHI e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo un rapporto recentemente pubblicato dall'Unctad, che è l'agenzia Onu competente in materia di commercio e sviluppo, gli investimenti diretti esteri in Italia sono sensibilmente diminuiti nel 2019, calando del 18 per cento rispetto all'anno precedente;

   la riduzione corrisponde ad un ammanco pari a sei miliardi di dollari in meno in entrata;

   del rapporto pubblicato dall'Unctad è stata data notizia dagli organi di stampa del nostro Paese;

   sempre secondo il medesimo rapporto dell'Unctad, la pandemia da SARS-CoV-2 provocherà certamente un'ulteriore, marcata, contrazione del flusso degli investimenti diretti esteri nel nostro Paese durante il 2020;

   tali circostanze imporrebbero un'energica azione di impulso, volta ad attrarre gli investitori esteri in Italia, senza tuttavia porre a repentaglio il mantenimento del controllo nazionale di imprese di valenza strategica –:

   quali iniziative ed in che tempi il Governo intenda assumere per attrarre investimenti diretti esteri in Italia, senza compromettere il controllo nazionale di asset comunque strategici per la nostra economia ed il sistema Paese.
(4-06427)

  Risposta. — Con la recente riforma sul trasferimento delle competenze in materia di politica commerciale e di internazionalizzazione del sistema Paese dal Ministero dello sviluppo economico al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (decreto-legge n. 104 del 21 settembre 2019, convertito in legge n. 132 del 18 novembre 2019) la Farnesina ha acquisito la responsabilità di gestione della diplomazia economica nel suo insieme. Sono comprese in questa responsabilità le funzioni di vigilanza e indirizzo di ICE-Agenzia, la cui attività promozionale all'estero, attraverso gli uffici ICE e la rete di Desk e Unit di Attrazione investimenti esteri (AIE), sempre in stretto raccordo con la rete diplomatico-consolare, rappresenta una componente indispensabile per attrarre gli investimenti stranieri nel nostro Paese.
  La Farnesina attribuisce grande rilevanza al tema dell'Attrazione degli investimenti esteri (AIE) in Italia, in quanto strettamente collegato al consolidamento della capacità di internazionalizzazione del sistema produttivo e commerciale del Paese. Gli Investimenti diretti esteri (IDE) sono non soltanto fattore di stimolo alla crescita economica e occupazionale ma anche volano per l'acquisizione di tecnologie e processi innovativi fondamentali per il nostro tessuto produttivo. Gli IDE costituiscono anche un fattore cruciale per il rafforzamento delle capacità di esportazione del sistema imprenditoriale italiano. L'attrazione investimenti rappresenta a tutti gli effetti un'attività strategica per la crescita del sistema Paese.
  L'attrazione di investimenti esteri sarà un elemento fondamentale per la ripresa dal rallentamento economico post-Covid. La probabile riduzione degli investimenti nazionali e, soprattutto, la maggior competizione a livello globale per attrarre capitali rendono ancor più importante moltiplicare gli sforzi per l'attrazione di IDE in Italia. La Farnesina, in sinergia con le altre Amministrazioni, anzitutto lo Sviluppo economico, sta lavorando per potenziare l'azione del Governo.
  Il documento conclusivo della cabina di regia per l'internazionalizzazione 2020 del 20 dicembre 2019 ha individuato per la prima volta una serie di Paesi prioritari, e identificati come «ad alto potenziale» per il mercato italiano, sui quali concentrare le attività di promozione e
scouting finalizzate all'attrazione investimenti. Si tratta di Australia, Canada, Cina, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Francia, Giappone, India, Irlanda, Regno Unito, Svizzera, Taiwan, Turchia.
  Se le priorità in questi mesi non sono cambiate, le modalità per perseguirle sono tuttavia mutate. La nostra rete nel mondo, quella diplomatico-consolare e dell'agenzia ICE, ha compiuto in questi mesi un enorme sforzo per adattare il proprio lavoro alle nuove esigenze imposte dall'emergenza sanitaria globale. Abbiamo dovuto rinunciare, ad esempio, alle missioni di sistema, alle manifestazioni commerciali internazionali e ai
roadshow previsti in diversi mercati chiave. L'attività promozionale è stata spostata sui canali digitali/virtuali, ottenendo comunque una risposta soddisfacente in termini di partecipazione e coinvolgimento di potenziali investitori.
  Alla base delle nuove iniziative volte a favorire l'attrazione degli investimenti stranieri, il Comitato interministeriale per l'attrazione investimenti esteri (CAIE), a cui partecipano Farnesina, Sviluppo economico, Economia e finanze e il dipartimento della funzione pubblica, oltre a Conferenza Stato regioni, ICE-Agenzia e Invitalia, ha intensificato la sua attività. Organo di indirizzo politico in materia di attrazione investimenti, il CAIE formula proposte, anche normative e regolamentari, per facilitare gli investimenti e sostiene i maggiori progetti di investimento stranieri nel Paese.
  Il CAIE sta elaborando un documento strategico che, con il contributo di tutte le amministrazioni, agenzie e soggetti del mondo privato (tra cui Confindustria – Advisory board per gli Investimenti esteri-ABIE), ha come scopo l'individuazione dei settori strategici su cui concentrare l'attività di attrazione degli investimenti, gli strumenti necessari per riempire i
gap di filiera – anche con il rientro dall'estero di alcune attività (il cosiddetto reshoring) – per attrarre capitali e competenze e intervenire dove la crisi ha lasciato i segni maggiori. Queste proposte saranno incentrate innanzitutto sulla semplificazione normativa e regolamentare che, come dimostrato, è già tra le priorità del Governo e appare fondamentale per migliorare il clima imprenditoriale del Paese.
  Un'azione importante che la Farnesina sta portando avanti e a cui attribuisce grande importanza per il rilancio delle attività di attrazione investimenti è il potenziamento della rete degli sportelli dell'agenzia ICE dedicati all'attrazione degli investimenti esteri nel mondo. In questo momento è più che mai necessario un rapido rafforzamento delle nostre capacità sui mercati chiave, come quelli maturi, anzitutto Francia, Germania e Stati Uniti, o quelli fonte di investimenti produttivi, come la Cina. L'obiettivo è di avere una rete quantomeno comparabile per estensione a quella dei nostri partner e concorrenti. Il potenziamento della rete è quindi un obiettivo strategico e improcrastinabile, in una fase in cui a tutta la nostra rete estera chiediamo quotidianamente un impegno più forte a sostegno del sistema Paese e del rilancio dell'immagine dell'Italia. L'iter di attuazione del potenziamento della rete, tramite distribuzione geografica degli sportelli e innalzamento dei profili dei gestori, sta andando avanti speditamente e verrà concluso entro l'anno.
  Tra le attività strategiche funzionali al rilancio degli investimenti esteri dopo l'emergenza sanitaria, la Farnesina ha in programma la campagna di comunicazione per il rilancio dell'immagine dell'Italia, per la quale sono stati stanziati 50 milioni di euro. L'obiettivo è di proiettare all'estero un'immagine positiva ed attrattiva del nostro Paese come destinazione di investimenti, far conoscere i vantaggi dell'investire in Italia e l'offerta di investimento, insieme a tutti i nuovi strumenti a sostegno delle imprese adottati con gli ultimi decreti legge convertiti dal Parlamento. È stata già avviata la consultazione di mercato e verranno a breve selezionate le migliori proposte con un meccanismo di «dialogo competitivo». I contenuti della campagna di comunicazione verranno poi diffusi e valorizzati dalla rete diplomatico-consolare della Farnesina, con il supporto di ICE-Agenzia e la sua rete di sportelli per l'attrazione investimenti.
  Anche la disciplina recente in materia di «Poteri Speciali» ai fini del controllo delle acquisizioni di società italiane dall'estero (cosiddetto «Golden Power») è posta a presidio della solidità e sostenibilità degli investimenti in ingresso e a garanzia della preservazione del controllo nazionale sulle imprese, i beni, le attività, i rapporti e le infrastrutture di valenza strategica per il nostro Paese. La disciplina si basa sul decreto-legge n. 21 del 2012. Una serie di atti normativi ne hanno esteso il perimetro, da ultimo con i decreti-legge n. 105 del 2019 sul perimetro nazionale di sicurezza cibernetica e n. 18 del 2020 «Cura Italia». Proprio il decreto-legge n. 18 del 2020, adottato in connessione con il regolamento (UE) 452/2019 sullo
screening degli IDE ha ampliato l'ambito dello scrutinio affidato al Gruppo di Coordinamento Interministeriale, cui partecipano la Presidenza del Consiglio e le Amministrazioni interessate, anche sulla scorta delle indicazioni del COPASIR. Questo scrutinio prevede un controllo rafforzato fino al 31 dicembre 2020 per evitare scalate ostili e il depauperamento del sistema economico italiano nella fase di debolezza economico/finanziaria provocata dalla pandemia.
  Le principali modifiche riguardano (i) la facoltà di impiego
«ex officio» dei «poteri aurei»; e (ii) l'estensione del campo di applicazione da trasporti, telecomunicazioni, difesa e 5G a tutti i settori ritenuti di rilevanza strategica dal regolamento (UE) sullo «screening» IDE, nonché ad ulteriori settori, tra i quali il settore sanitario/medicale e gli approvvigionamenti agro-alimentari.
  Si tratta nello specifico di: (a) infrastrutture critiche, siano esse fisiche o virtuali, tra le quali: energia, trasporti, acqua, salute, comunicazioni, media, trattamento/archiviazione dati, infrastrutture aerospaziali, di difesa, elettorali o finanziarie, strutture sensibili, investimenti in terreni e immobili essenziali per l'utilizzo di tali infrastrutture; (b) tecnologie critiche e prodotti a duplice uso, tra i quali intelligenza artificiale, robotica, semiconduttori, cyber-sicurezza, tecnologie aerospaziali, di difesa, di stoccaggio dell'energia (quantistica e nucleare), nanotecnologie e biotecnologie; (c) mezzi, attività, strutture che assicurano la sicurezza dell'approvvigionamento di fattori produttivi critici tra i quali energia, materie prime, sicurezza alimentare; (d) mezzi, attività e strutture che garantiscono l'accesso a informazioni sensibili, dati personali e la capacità di controllare tali informazioni; (e) mezzi, attività e strutture che garantiscono la libertà e il pluralismo dei media; ed anche (f) mezzi, attività e strutture che assicurano la solidità del settore creditizio-finanziario.
  La disciplina transitoria prevede l'obbligo di notifica, con attribuzione del potere di veto al Governo, di tutte le delibere, gli atti o le operazioni adottati o realizzati da un'impresa che detiene beni e rapporti nei settori indicati nel Regolamento UE 452/2019, nel settore finanziario e in quello creditizio ed assicurativo che modifichino la titolarità, il controllo o la disponibilità di detti attivi o la loro destinazione, o ancora gli acquisti a qualsiasi titolo di partecipazioni, da parte di soggetti esteri, anche appartenenti all'Unione europea, di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società partecipata, nonché gli acquisti di partecipazioni da soggetti extra-UE che attribuiscano diritti di voto o capitale complessivamente pari ad almeno il 10 per cento (con investimento pari o superiore a un milione di euro) e le acquisizioni oltre soglia del 15, 20, 25 e 50 per cento.

  Il Governo ha facoltà di prescrivere impegni diretti all'acquirente, presidiati da meccanismi di monitoraggio e severe sanzioni, oppure di opporsi all'acquisto di una partecipazione di controllo. La Presidenza del Consiglio ha proposto una disciplina di attuazione del decreto-legge n. 21 del 2012 volta a meglio individuare tipologie di beni e infrastrutture concretamente protette, facilitando l'attività del gruppo di coordinamento interministeriale sui poteri speciali e assicurando così ancor meglio la difesa dell'interesse nazionale.
  Con riguardo ai timori circa la possibilità che l'eccessivo ampliamento del campo di applicazione di questa disciplina abbia concorso a determinare l'effetto, certamente non desiderato dal Governo ma registrato dall'Agenzia ONU per il commercio e lo sviluppo (UNCTAD), di scoraggiare gli investimenti esteri, è opportuno ricordare che analoghe discipline sono state adottate dai nostri maggiori partner europei come Francia e Germania, oltre che dall'UE. Il monitoraggio dei settori strategici della nostra economia, tanto più nell'attuale difficile congiuntura economica, non appare inoltre in contraddizione con le politiche di attrazione degli investimenti esteri portate avanti sinora.
  Il meccanismo di «
screening» degli investimenti esteri diretti costituisce, infine, un filtro utile a distinguere gli investimenti solidi, sostenibili e durevoli, dagli investimenti speculativi e di breve periodo. In questo modo il Governo continuerà a vigilare anche sullo sfruttamento del valore creato dalle imprese italiane e su acquisizioni che possano trasferire all'estero il controllo di aspetti strategici per il nostro Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la rotta balcanica, percorsa da migranti provenienti prevalentemente dal Medio Oriente e dai Sud-est asiatico e diretti in Europa passando per la Turchia, ha registrato negli ultimi anni flussi crescenti: circa 1.500 persone l'hanno percorsa nel 2018, oltre 3.000 nel 2019;

   nel marzo 2016 Unione europea e Turchia hanno siglato un accordo per contrastare il fenomeno; la Commissione europea, nell'occasione dichiarò: «la rotta è chiusa». In particolar modo nel corso del 2019, i flussi migratori attraverso la rotta balcanica sono invece aumentati;

   la rotta balcanica presenta caratteristiche di pericolosità che il Governo, ad avviso dell'interrogante, sta continuando a sottovalutare, lasciando sguarnito il confine;

   secondo la Ministra dell'interno, intervenuta a Trieste in occasione di una visita del 13 luglio 2020: «la rotta balcanica sta andando abbastanza bene perché funziona il sistema delle riammissioni», sono numeri «che non corrispondono a ciò che abbiamo dal versante mediterraneo»;

   secondo i dati forniti dal Ministro D'Incà il 5 agosto 2020, nel periodo compreso dall'inizio dell'anno e il 18 maggio 2020, sulla frontiera slovena, sono state rintracciate 885 persone, mentre sono state effettuate 28 riammissioni informali. Nel periodo compreso tra il 19 maggio e il 31 luglio scorso, sulla frontiera slovena, sono state rintracciate 1.463 persone, mentre sono state effettuate 591 riammissioni informali;

   secondi i dati ufficiali quindi nel 2020, fino a tutto il mese di luglio, 2.348 migranti sono stati rintracciati nel territorio del Friuli Venezia Giulia. Non è dato sapere quanti altri siano entrati illegalmente per poi dileguarsi;

   l'emergenza potrebbe ben presto esplodere nei centri di accoglienza, basti pensare a quanto successo nell'ex caserma Cavarzerani, nel comune di Udine, dove la riscontrata positività di 3 migranti ha portato alla quarantena obbligatoria per gli altri 480 ospiti;

   mentre decine di migranti continuano ad arrivare tutti i giorni tramite la rotta balcanica, proprio gli ospiti della Cavarzerani, il 3 e il 4 agosto 2020, hanno appiccato il fuoco a materassi e suppellettili e impedito l'accesso ai vigili del fuoco sbarrando l'ingresso per protestare contro il prolungamento della quarantena –:

   se il Governo intenda ricollocare parte dei migranti ospitati nelle strutture del Friuli Venezia Giulia in altre regioni;

   se il Governo non ritenga opportuno inviare pattuglie militari a presidiare il confine sloveno per prevenire l'ingresso illegale dei migranti.
(4-06610)

  Risposta. — Con riferimento ai quesiti posti dall'interrogante con l'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  In primo luogo, si assicura che la situazione dei flussi migratori che coinvolgono il confine italo-sloveno è attentamente seguita e che il Governo sta lavorando in un clima di piena collaborazione con quello sloveno, proprio al fine di garantire soluzioni idonee ed efficaci per il contrasto dell'immigrazione irregolare.
  Sono state di recente accelerate le procedure di riammissione in Slovenia previste dall'accordo bilaterale sottoscritto nel 1996 che nell'anno 2020 sono quadruplicate rispetto all'analogo periodo del 2019.
  La collaborazione con detto Paese potrà poi conseguire risultati ancora più efficaci sia tramite azioni congiunte di pattugliamento, sia attraverso programmazioni coordinate dei servizi di controllo del territorio.
  Inoltre è stata avviata un'intensificazione della vigilanza sui valichi minori ed è stato disposto un piano di rinforzi con il concorso di personale militare delle forze armate nell'ambito di «Strade sicure», presenti con 375 unità, di cui 95 ad Udine, 100 a Gorizia e 180 a Trieste.
  Si assicura che, allo scopo di prevenire rischi di contagio, i migranti, sia rintracciati, sia spontaneamente presentatisi, sono sottoposti a
screening sanitario e al prescritto periodo di isolamento precauzionale nelle strutture appositamente individuate dalle competenti prefetture al termine del quale, se negativi al tampone, sono trasferiti anche in regioni diverse.
  A quest'ultimo riguardo si segnala che, alla data del 25 settembre 2020, risulta disposto, dall'inizio dell'anno, il trasferimento di 690 migranti dal Friuli-Venezia Giulia ad altre regioni.
  In conclusione, si assicura che resta costante ed elevata l'attenzione del Ministero dell'interno sui fenomeni in esame, anche al fine di garantire, in questa particolare contingenza, la tutela della salute della collettività, attraverso la predisposizione di ogni misura volta a prevenire la diffusione del contagio.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


   SUT. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la convenzione n. 5124 stipulata il 19 marzo 1990, tra la regione Friuli Venezia Giulia e la Comergas s.p.a., allora controllata da Eni s.p.a. e successivamente assorbita da quest'ultima, interveniva ad assicurare ai comuni montani dell'Udinese (Enemonzo, Preone, Raveo, Socchieve, Villa Santina) e del Pordenonese (Andreis, Barcis, Cimolais, Claut, Forni di Sopra, Forni di Sotto, Paularo), l'accesso a un servizio pubblico convenzionato per la distribuzione del gas combustibile domestico, civile, artigianale e commerciale, a un prezzo inferiore rispetto a quello dei combustibili precedentemente utilizzati;

   la convenzione, nell'ottica del superamento dello svantaggio energetico caratterizzante le zone dell'Alto Friuli Venezia Giulia, ha inteso garantire un servizio di qualità, gestito direttamente sul territorio;

   la pronuncia n. 00354/2019 del Tar del Friuli Venezia Giulia, pur demandando la competenza alla giurisdizione ordinaria, ha confermato la vigenza della suddetta convenzione;

   la convenzione, all'articolo 4, prevedeva per Eni s.p.a., l'impegno, da tempo disatteso, al mantenimento di un'unica tariffa finale, valida per tutte le tipologie (gas naturale o metano, aria propanata, GPL) e gli usi del gas distribuito. Ne è conseguito, per la regione, l'onere di compensazione a proprio carico della differenza di costo per chilocaloria dei diversi tipi di gas;

   il sopracitato articolo prevedeva, per la concessionaria, la garanzia di un'assistenza tecnica gratuita nei casi di necessaria conversione delle apparecchiature, la trasformazione di quelle pubbliche ad uso cottura, l'esecuzione a proprio onere dei lavori di allacciamento alla rete gas degli edifici comunali eroganti servizi pubblici, la formazione del personale locale per l'installazione degli impianti interni;

   nonostante l'obbligo di gestione diretta del servizio disposto dalla convenzione, il 27 novembre 2018 è stato pubblicato un bando per la gestione delle reti canalizzate di gas Gpl, in cui si prevedono anche «Servizi di manutenzione ordinaria e straordinaria, lavori per nuovi allacci ed ampliamenti, attività di pronto intervento su impianti e gestione amministrativa della clientela», nei suddetti comuni;

   la pubblicazione di tale procedura parrebbe esprimere l'unilaterale decisione di Eni s.p.a. di affidare a società ad essa esterne la gestione di tali servizi, laddove l'articolo 30 della convenzione prevedeva unicamente il diritto, per la concessionaria, di trasferire la concessione ad altra società del gruppo Eni;

   l'interrogante intende inoltre evidenziare la vicenda riguardante la sede Eni di Villa Santina (Udine), definita nelle fatture relative alla fornitura di gas quale «ufficio commerciale di zona», sebbene interessata da un processo di depotenziamento dei servizi all'utenza; si assiste infatti ad una sostanziale chiusura al pubblico del presidio, nonché a notevoli difficoltà di fruizione telefonica dell'assistenza;

   le predette circostanze delineano un contesto di importanti criticità nell'effettiva accessibilità del servizio, concepito come di prossimità ma, in larga parte, indisponibile all'assistenza di sportello, contrariamente a quanto dovrebbe essere previsto sulla base di ciò che è riportato nell'allegato sub C della convenzione che si configurerebbe, in tal senso, disattesa nell'intento originario, espresso all'articolo 25, che impegna la concessionaria ad una propria e adeguata rappresentanza nella regione;

   si rileva altresì la possibile disattenzione della concessionaria verso l'impegno al mantenimento di «tariffe identiche per i vari usi, indipendentemente dal gas distribuito», stabilito dall'articolo 4 e ribadito dall'articolo 24;

   la regione, proprietaria degli impianti al 67 per cento, è stata più volte richiamata alla promozione attiva del rispetto degli obblighi convenzionali da parte della concessionaria, anche attraverso azione di sensibilizzazione, finora inascoltata, rivolta alla regione Friuli Venezia Giulia da parte dei sindaci del territorio;

   perplessità è stata espressa dalle amministrazioni comunali interessate, di fronte all'eventualità che società terze, non presenti sul territorio, possano gestire tempestivamente ed efficacemente un intervento di manutenzione straordinaria che si rendesse necessario, ad esempio, in caso di eventi atmosferici eccezionali –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza e anche alla luce della partecipazione statale in Eni, con riferimento alla possibile inadempienza della stessa concessionaria Eni s.p.a. in relazione agli obblighi sottoscritti con la convenzione n. 5124, stipulata tra l'allora Comergas s.p.a. e la regione Friuli Venezia Giulia.
(4-05280)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame sentita a riguardo la società ENI spa e la regione Friuli Venezia Giulia, si rappresenta quanto segue.
  Come si potrà di seguito constatare, la corretta attuazione della convenzione tra Eni e regione Friuli Venezia Giulia ancora oggi sembrerebbe essere oggetto di confronti e negoziazioni in sede locale, tra le parti firmatarie della Convenzione medesima, comuni e sindacati.
  La Convenzione stipulata il 19 marzo 1990 tra la regione Friuli Venezia Giulia e la Comergas s.p.a., allora controllata da Eni s.p.a., successivamente assorbita da quest'ultima, prevedeva la distribuzione e vendita di gas combustibili (gas naturale GPL, aria propanata o altri tipi di gas) ai comuni montani delle province di Udine e Pordenone; la medesima Convenzione prevedeva altresì «di garantire il mantenimento in tutto il territorio considerato di tariffe uguali per kilocaloria di gas consumato, indipendentemente dal tipo di gas distribuito».
  Il contesto normativo esistente al momento della sottoscrizione della convenzione permetteva l'allineamento delle condizioni economiche di fornitura di gas naturale e GPL, con applicazione, previa ponderazione dei costi dell'uno e dell'altro, di una tariffa unica, sotto il controllo dell'allora competente comitato provinciale brezzi (CPP).
  Successivamente, la liberalizzazione del mercato del gas naturale a livello europeo e la conseguente revisione del quadro regolatorio del mercato, ad opera dell'ARERA, hanno stabilito la separazione tra l'attività di distribuzione e gestione delle reti (attività regolata a tariffa) e l'attività di vendita (attività in libero mercato), modifica che ha inciso su un aspetto della convenzione.
  Sulle condizioni di fornitura e vendita dell'energia, la legge ha definito un percorso di progressiva apertura del mercato ai vari segmenti di clienti e il mantenimento in parallelo di un servizio di tutela per chi non abbia un proprio fornitore sul mercato, quest'ultimo regolato secondo tariffe definite da ARERA in base ai costi specifici. Ne è derivato che, in questo contesto, mantenere un prezzo unico per i vari tipi di fornitura (GPL e gas naturale) sia stato ritenuto in contrasto con la logica del libero mercato, se non addirittura con il quadro regolatorio esistente.
  Relativamente a quanto sostenuto dall'interrogante circa il fatto che «la Regione (
omissis...) è stata più volte richiamata alla promozione attiva del rispetto degli obblighi convenzionali da parte della concessionaria, anche attraverso azioni di sensibilizzazione, finora inascoltata, rivolta alla regione Friuli Venezia Giulia da parte dei sindaci del territorio», risulterebbe che il tema del mantenimento della tariffa unica finale è stato ed è ancora oggi oggetto di confronti tra la concessionaria, i comuni e la regione Friuli Venezia Giulia.
  La tesi dell'inattualità della convenzione è emersa in maniera chiara nel corso dell'audizione dell'11 febbraio 2020 dell'ENI in regione Friuli Venezia Giulia, convocata dalla commissione competente del consiglio regionale.
  Si riporta, al fine di meglio chiarire quanto evidenziato dalla più volte richiamata società, uno stralcio del verbale della audizione tenuta dalla stessa «[..
.Omissis...], a seguire specifica che la convenzione sottoscritta da Regione ed ENI è di alcuni decenni fa quando l'impianto normativo era diverso ed anche la struttura organizzativa di ENI era differente in quanto all'epoca gestiva tutti i gas distribuiti in rete canalizzata (GPL, aria propanata, metano), mentre ora la gestione è separata ed anche la disciplina è diversa perché così è stato voluto dal legislatore. Lei ed i colleghi presenti rappresentano ENI reti canalizzate GPL e aria propanata. Precisa, altresì, che le reti GPL sono gestite “in casa” ENI da un unico soggetto che è distributore, operatore e venditore, mentre le reti metano sono gestite da Snam: c'è un soggetto distributore che è proprietario delle reti e tanti operatori o soggetti venditori, cioè società concessionarie sul mercato libero. Conclude ribadendo che tutti i soggetti coinvolti sono sottoposti all'attività di regolazione e controllo dell'Arera, mentre ai tempi della convenzione c'era un unico soggetto con cui rapportarsi. [......], Regolatorio di ENI Spa, richiama l'attenzione sul fatto che quando la convenzione è stata stipulata negli anni Novanta vigeva un regime di monopolio e che con il decreto Letta del 2000 c'è stata la liberalizzazione del mercato del gas. La liberalizzazione ha comportato la separazione societaria e proprietaria tra ENI ed il gestore della rete gas naturale, Italgas in questo caso; non è avvenuta la stessa cosa per il GPL che è una realtà più limitata. Il fattore che accomuna entrambi i settori, pur con le loro peculiarità, consiste nel fatto che sono diventati oggetto di regolazione da parte dell'Autorità, ora Arera, che regola e stabilisce le condizioni di accesso alle reti da parte dei venditori, le tariffe di trasporto, quelle di distribuzione, il prezzo della materia prima e, sostanzialmente, anche le tariffe dei servizi. Nel caso del gas naturale il mercato è liberalizzato ma ci sono ancora clienti che godono del regime di maggior tutela e non hanno optato per il mercato libero in quanto la scadenza è stata più volte prorogata. Laddove si è sul mercato libero il prezzo lo stabilisce liberamente il venditore in competizione con gli altri venditori. Nel caso del GPL la separazione proprietaria non si è configurata, tuttavia anche il GPL e i gas diversi sono sottoposti alla regolazione dell'Arera per quanto riguarda le tariffe di distribuzione e misura per ciascun ambito di fornitura, (l'ambito è un insieme di Comuni forniti da uno stesso esercente, nel caso specifico ENI) ed il prezzo della materia prima, che viene aggiornato mensilmente secondo determinati criteri. Conclude, quindi, sottolineando che dalla firma della convenzione si è creata una discontinuità ed è “cambiato il mondo”».
  La posizione di ENI, in realtà, parrebbe confondere ciò che è vincolato e regolato da delibere della autorità ARERA e ciò che, invece, è un'attività a mercato, ma non vi è dubbio che il quadro normativo del gas naturale sia mutato e che la compresenza di una parte di clientela ancora sotto tutela e una parte a mercato, oltre che la diversità dei gas venduti e in alcuni casi anche distribuiti, ha indotto a adottare criteri diversificati di formazione dei prezzi sulle forniture e ad applicare le tariffe sulle parti regolate.
  È appena il caso di ricordare che il prossimo superamento del servizio di tutela anche per il gas naturale consentirà di rimuovere uno degli ostacoli segnalati, almeno per gli aspetti che sarebbero stati indotti dalla regolazione. Nel frattempo, la regione, nell'ambito delle proprie competenze, potrebbe comporre le questioni aperte e comunque aggiornare pro-futuro il testo della citata convenzione.
  Relativamente all'obbligo della gestione diretta del servizio, si evidenzia che Eni, come altri operatori, nello svolgimento delle proprie attività, si avvale di soggetti terzi fornitori di beni e servizi. In particolare, per quanto attiene alla gestione e all'esercizio delle reti canalizzate, la stessa ricorre su tutto il territorio nazionale ad appaltatori per l'esecuzione di attività quali: pronto intervento, manutenzione ordinaria e straordinaria, lavori per nuovi allacci e gestione amministrativa della clientela (contrattualistica e lettura contatori). Naturalmente, nei confronti degli enti concedenti, Eni è l'unico soggetto responsabile della corretta esecuzione delle attività.
  Il bando di gara del novembre 2018 è l'atto con il quale, per rispettare il codice dei contratti pubblici, Eni ha bandito una gara europea (procedura che assicura il massimo grado di competitività e trasparenza) esclusivamente per la prequalifica, per tutto il territorio italiano, di ditte terze; tale prequalifica è necessaria per la partecipazione degli operatori a successive gare per l'assegnazione dei servizi sopra indicati nelle singole zone, tra cui quelle che ricadono nella regione Friuli Venezia Giulia.
  Infine, relativamente all'ufficio della società ENI s.p.a. di Villa Santina e il presidio in Val Cellina, da informazioni raccolte durante l'istruttoria, non risultano aperti al pubblico, assicurano la presenza organizzativa nel territorio svolgendo attività sia amministrative (prevalentemente a Villa Santina) che tecniche, con personale tecnico locale dedicato. Per l'assistenza commerciale Eni ha messo a disposizione degli utenti un numero verde, un recapito fax e un indirizzo fisico, come indicato in bolletta.
  In conclusione e in considerazione di quanto esposto, si auspica che la Convenzione in parola possa avere un proprio sviluppo, nella logica di rendere l'oggetto della stessa quanto più rispondente alle esigenze del territorio e di venire incontro alle istanze rappresentate.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


   TARTAGLIONE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da oltre un anno la Uiltemp, unitamente alle categorie di Cgil e Cisl che si occupano di lavoratori somministrati, sta tenendo alta l'attenzione sulla situazione delle oltre 400 lavoratrici e lavoratori in somministrazione, assunti dall'agenzia per il lavoro Adecco Italia s.p.a ed in missione presso Poste Italiane. Di questi, circa 300 hanno un contratto a tempo indeterminato con l'agenzia Adecco, anche grazie a due accordi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali;

   nonostante un percorso condiviso con l'agenzia e l'azienda al fine di garantire continuità occupazionale, Poste Italiane il 30 giugno 2020 ha interrotto la missione lavorativa di ulteriori 17 lavoratori a causa di un'interpretazione, non condivisibile, del cosiddetto decreto «Dignità», che considera il limite dell'anzianità di 24 mesi previsto per i lavoratori temporanei;

   ci si è trovati dinanzi a questa azione incomprensibile, nonostante la circolare n. 17 del 31 ottobre 2018 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, puntualizzi che «nessuna limitazione è prevista per i lavoratori somministrati assunti a tempo indeterminato inviati in missione temporanea, come nel caso di specie;

   pertanto, nonostante tutti gli strumenti messi in atto nel settore della somministrazione di lavoro, finalizzati ad assicurare la continuità occupazionale, il destino riservato a questi 17 lavoratori toccherà anche alle restanti centinaia di dipendenti che, con scadenze differenti, sono impegnati nella commessa di Poste Italiane» –:

   quali iniziative urgenti si intendono adottare, per quanto di competenza, per dare soluzione alle situazioni di cui in premessa, facendo chiarezza sulla questione interpretativa verificatasi e scongiurando quindi il licenziamento di centinaia di lavoratori in un momento così difficile per il nostro Paese e per le famiglie italiane.
(4-06556)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, Poste italiane ed il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti fanno riferimento all'impiego, da parte di Poste Italiane, di lavoratori in somministrazione per la mansione di autisti, che riguarda principalmente una tematica rientrante nell'alveo delle competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  Tuttavia, al fine di trovare una soluzione alla problematica, è stata sentita nel merito della questione Poste italiane, la quale riferisce quanto segue.
  L'azienda comunica di far ricorso ai contratti di somministrazione lavoro per le attività di trasporto. Con specifico riferimento al contratto in essere con la società Adecco, Poste Italiane, in particolare, ha riferito che lo stesso è stato attivato nella seconda metà del 2017 per sopperire a temporanei e specifici bisogni di personale sul territorio nazionale, in linea con le previsioni di legge vigenti.
  A tal ultimo proposito, si precisa che la somministrazione di lavoro, com'è noto, coinvolge tre soggetti: agenzie, lavoratori, impresa.
  Questi soggetti sono legati tra loro da due diverse forme contrattuali: il contratto di somministrazione stipulato tra utilizzatore e somministratore, che ha natura commerciale e può essere sia a tempo determinato che a tempo indeterminato; il contratto di lavoro stipulato tra somministratore e lavoratore, che può essere anch'esso sia a tempo determinato che a tempo indeterminato.
  Nel contratto di somministrazione a tempo determinato valgono le disposizioni previste dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, recante «Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183». In base a tale normativa, la data di inizio e la durata prevedibile della missione — che può essere prorogata con il consenso del lavoratore per iscritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore — devono essere comunicate per iscritto al prestatore di lavoro da parte del somministratore all'atto della stipulazione del contratto di lavoro ovvero all'atto dell'invio presso l'utilizzatore (articolo 33, comma 3).
  Il periodo di lavoro svolto da dipendenti assunti con contratto di somministrazione a tempo determinato andrebbe computato, secondo l'Azienda, nel calcolo dei 24 mesi previsti come limite massimo di durata di un contratto a tempo determinato, oltre il quale il contratto si trasforma a tempo indeterminato.
  Il contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (cosiddetto
staff leasing) è anch'esso disciplinato dal citato decreto legislativo n. 81 del 2015. In particolare, l'articolo 31, comma 1, a riguardo prevede: «Salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall'utilizzatore, il numero dei lavoratori somministrati con contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato non può eccedere il 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipula del predetto contratto [...]. Possono essere somministrati a tempo indeterminato esclusivamente i lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato».
  Ebbene, Poste italiane riferisce che il contratto commerciale in essere con la società Adecco è un contratto a tempo determinato e pertanto non prevede l'impiego di lavoratori somministrati a tempo indeterminato ferma restando la facoltà per la società Adecco di assumere i lavoratori somministrati attraverso tale tipologia contrattuale.
  Pertanto, si è ritenuto che la missione del singolo lavoratore non dovesse eccedere i 24 mesi, tenuto conto che il contratto di Poste con la Società Adecco ha una durata predefinita, riconducibile all'istituto della somministrazione a termine.
  Poste Italiane riferisce altresì di aver voluto escludere qualsivoglia rischio che la somministrazione potesse essere considerata in frode alla disciplina dei contratti a termine. In secondo luogo, poiché nel rispetto dell'articolo 31, comma 1 del citato decreto legislativo n. 81 del 2015 «possono essere somministrati a tempo indeterminato esclusivamente i lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato».
  Per completezza di informazione, Poste Italiane evidenzia che il personale in parola presta servizio in Azienda con la mansione di autista e con riconoscimento del trattamento economico previsto per il personale di Poste Italiane adibito alle medesime attività. Tuttavia, è l'agenzia Adecco che procede alle relative selezioni, assume le risorse e le somministra all'Azienda utilizzatrice le risorse, gestendo la dinamica evolutiva del rapporto di lavoro. Ne consegue che il rapporto con i lavoratori e le organizzazioni sindacali che li rappresentano è gestito in autonomia da Adecco.
  Gli interroganti riferiscono, inoltre, che i lavoratori somministrati si trovano spesso a svolgere mansioni di responsabilità superiori a quelle previste dal loro contratto e denunciano il fatto che, durante l'emergenza pandemica, gli stessi abbiano continuato a svolgere con responsabilità il loro servizio, pur sprovvisti, almeno all'inizio, di dispositivi di protezione individuale.
  Sul punto, Poste italiane risponde che i lavoratori somministrati sono stati adibiti all'attività di autisti, per la quale si ricorre al loro utilizzo, e non a mansioni superiori che, peraltro, non sono presenti in quell'ambito organizzativo. Quanto ai dispositivi di sicurezza, si è osservato che sono stati forniti agli autisti con le stesse modalità e tempistiche con cui sono stati forniti ai dipendenti di Poste Italiane che svolgono le medesime attività.
  Con riferimento alla vicenda oggetto dell'interrogazione in esame è stato sentito direttamente anche il Ministero del lavoro, il quale ha rilevato quanto segue.
  Ai sensi della normativa vigente, si deve ritenere che l'eventuale prosecuzione della missione, presso Poste italiane, di lavoratori assunti a tempo indeterminato dall'agenzia Adecco non incorrerebbe nella trasformazione del rapporto di lavoro per il superamento del limite temporale di 24 mesi. Tale conseguenza sanzionatoria, infatti, non si applica ai lavoratori che siano stati assunti a tempo indeterminato dall'agenzia di somministrazione, come sembra avere fatto, nel caso di specie, l'agenzia Adecco.
  Sul punto, in effetti, il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante «Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese» (decreto dignità), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, ha esteso il limite temporale di 24 mesi (derogabile dalla contrattazione collettiva) al cumulo dei rapporti di lavoro a termine a scopo di somministrazione, di cui all'articolo 34, comma 2 del citato decreto legislativo n. 81 del 2015, al fine di limitare il precariato e di promuovere l'occupazione a tempo indeterminato. Detto limite temporale si applica ai rapporti a termine instaurati dal lavoratore con lo stesso datore di lavoro o, in caso di somministrazione, con lo stesso utilizzatore, per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria; alla scadenza, il datore di lavoro — o l'utilizzatore nel caso di somministrazione — non possono instaurare ulteriori rapporti a termine con lo stesso lavoratore per lo svolgimento delle medesime mansioni, pena la conversione degli stessi in rapporti a tempo indeterminato.
  Il decreto-legge in esame non ha, però, previsto alcun limite temporale in caso di somministrazione a tempo indeterminato. Infatti, ai sensi dell'articolo 31 del citato decreto legislativo n. 81 del 2015, i lavoratori assunti a tempo indeterminato da una agenzia di somministrazione possono essere inviati in missione presso l'utilizzatore senza obbligo di indicare la causale o i limiti di durata, fermo restando la necessità di rispettare i soli limiti percentuali stabiliti dal medesimo articolo 31.
  Tale posizione interpretativa è stata assunta esplicitamente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con circolare n. 17 del 31 ottobre 2018 avente ad oggetto: «Decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, articoli 1 e 2, in materia di contratto di lavoro a tempo determinato e somministrazione di lavoro».
  In conclusione, la questione potrà essere risolta solo a seguito di nuove valutazioni dello stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale è direttamente competente sulla materia oggetto della presente interrogazione.
  

Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


   UNGARO e MIGLIORE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nella notte del 3 gennaio 2020 un drone statunitense ha ucciso in un attacco aereo mirato sull'aeroporto di Baghdad il generale iraniano Qasem Soleimani, capo delle Quds Force, ossia dell'unità di élite dei Pasdaran, con lui è stato ucciso anche il vicecapo delle Forze di mobilitazione popolari, la milizia ombrello delle milizie sciite in Iraq;

   questo evento ha scatenato tensioni geopolitiche in Medio Oriente che tornano a preoccupare l'Europa, gli operatori dei mercati finanziari internazionali, e le organizzazioni non governative che lavorano nei teatri mediorientali –:

   quando il Governo abbia avuto conoscenza dell'attacco, se per il supporto logistico dell'operazione siano state utilizzate basi statunitensi in territorio italiano e se, in futuro, esse possano essere chiamate ad operare in teatri di guerra secondo gli accordi internazionali sottoscritti dal nostro Paese.
(4-04499)

  Risposta. — L'Italia ha seguito a inizio anno con grande apprensione l'evolversi degli eventi nella regione del Golfo, a fronte del rischio di una preoccupante escalation con effetti dirompenti per l'intera area.
  Dopo una serie di provocazioni, il picco delle tensioni fra Iran e USA è stato raggiunto prima con i tentativi di irruzione nell'ambasciata americana a Baghdad e poi, all'inizio di gennaio, col raid USA in cui è stato ucciso il generale iraniano Soleimani – nonché il vice comandante delle milizie popolari irachene Abu Mahdi al-Muhandis. La risposta di Teheran si è sostanziata il 7 gennaio nel lancio di missili contro basi militari irachene che ospitavano militari della coalizione anti-Daesh.
  L'Iraq ha aspramente criticato sia il raid americano, sia la ritorsione iraniana, consumati entrambi sul suo territorio, e quindi condannati come violazioni della sovranità nazionale irachena.
  Quale conseguenza dell'eliminazione di Soleimani, il Parlamento iracheno, pur senza il sostegno di sunniti e curdi, ha adottato una mozione che impegna l'Esecutivo a revocare la richiesta di assistenza alla coalizione internazionale anti-Daesh e a porre fine alla presenza di truppe straniere in territorio iracheno. Inoltre, sono proseguite anche nelle settimane successive le manifestazioni di piazza iniziate a ottobre, in occasione delle quali la richiesta di affrancamento dalle influenze esterne, americane e iraniane, è stata scandita dai manifestanti.
  Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con distinti comunicati del primo, 3 e 8 gennaio 2020, ha espresso preoccupazione per l'escalation che ha avuto come centro l'Iraq, auspicando moderazione e responsabilità a fronte di rischi gravi per la stabilità di tutta la regione.
  A distanza di alcuni mesi, resta essenziale favorire la distensione e costruire una cornice di dialogo per incoraggiare soluzioni politiche e diplomatiche. Come già riferito dal Ministro Di Maio nell'informativa svolta in Senato il 15 gennaio 2020 anche a riguardo dell'Iran, l'uccisione del generale iraniano Soleimani è stata comunicata al Governo italiano dai più alti livelli del dipartimento di Stato americano nelle ore immediatamente successive all'attacco. Anche Francia, Germania e Regno Unito sono stati informati ad attacco avvenuto.
  Il Ministero della difesa, già in un comunicato del 5 gennaio 2020, ha smentito categoricamente la partenza di droni dalla base di Sigonella per l'operazione che ha portato all'uccisione generale Soleimani.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


   VALLASCAS. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del 16 ottobre 2001 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è stato istituito il Parco geominerario storico ambientale della Sardegna, così come previsto dall'articolo 114, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;

   l'attività del parco sarebbe stata caratterizzata da molteplici criticità che ne avrebbero limitato l'operatività e, conseguentemente, la capacità di promuovere e dare nuovo impulso allo sviluppo di un territorio già fortemente compromesso dalla dismissione delle attività minerarie e industriali;

   questa situazione controversa si esplicherebbe con il lungo periodo di commissariamento del parco, circa 13 anni in 19 dall'istituzione;

   tra i numerosi elementi controversi, acquisterebbe particolare rilievo la questione del personale del Parco che, per stessa ammissione degli organi di vertici, sarebbe fortemente sottodimensionata rispetto a obiettivi e competenze dell'ente: la carenza degli organici, ad esempio, sarebbe stata una delle cause addotte dall'amministrazione all'indomani dell'uscita del Parco geominerario dalla rete Geoparks Unesco;

   il Piano del fabbisogno del personale (periodo 2019-2021) confermerebbe questa situazione, allorquando affermerebbe che: «Risulta evidente il bisogno in primo luogo di portare a compimento la pianta organica definita dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Ragion per cui risulta difficile operare, tenuto conto delle incombenze gestionali-amministrative a cui è chiamato per la sua natura l'ente»;

   a fronte di questa situazione, dalle azioni svolte dall'ente, emergerebbe un diverso orientamento rispetto all'asserita urgenza di colmare le carenze di organico o, quanto meno, secondo procedure in armonia con la norma;

   nel corso del 2015, ad esempio, sarebbero stati banditi dei concorsi, per titoli ed esami, per l'assunzione di dieci figure professionali e che a seguito dell'espletamento delle selezioni, sarebbero state assunte «5 (cinque) unità a tempo pieno e indeterminato e 6 (sei) unità a tempo parziale e indeterminato, pari ad 11 (undici) unità e al 60 per cento dei posti disponibili in pianta organica»;

   nonostante sette graduatorie sarebbero tuttora vigenti (scadenza al 30 settembre 2020, ex articolo 1, comma 148, legge 27 dicembre 2019, n. 160), l'8 giugno 2020 sarebbe stato pubblicato sul sito dell'ente un nuovo avviso di selezione per l'assunzione di 5 figure a tempo pieno e determinato, per profili che, secondo le organizzazioni sindacali, potrebbero essere facilmente individuati nelle graduatorie approvate nel 2015;

   inoltre, le citate selezioni del 2015 avrebbero garantito un più elevato grado di verifica delle competenze dei candidati e di maggiore trasparenza delle procedure, prevedendo prove scritte, orali e valutazioni titoli a fronte delle selezioni dell'8 giugno 2020 che si limiterebbero alla valutazione per soli titoli e colloquio;

   quanto esposto non sarebbe in linea col decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, secondo il quale l'avvio di nuove procedure concorsuali dovrebbe essere subordinato alla verifica dell'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici, sia per posizioni a tempo indeterminato che a tempo determinato;

   sembrerebbe che l'ente non abbia preventivamente verificato la presenza di personale a tempo parziale i cui profili potrebbero rispondere alle posizioni oggetto di concorso, circostanza che, se accertata, farebbe sorgere un diritto di precedenza del dipende (ex articolo 3, comma 101, della legge n. 244 del 2007) con l'obbligo per l'Amministrazione di trasformare il rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare la correttezza nella gestione del personale e nelle procedure concorsuali avviate dal Parco geominerario della Sardegna, anche al fine di rimuovere casi di sottodimensionamento o demansionamento e ripristinare la dignità del lavoro e il rispetto della normativa vigente in materia di procedure di selezione.
(4-06687)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame con la quale si chiede di verificare la correttezza nella gestione del personale e nelle procedure concorsuali avviate dal Parco geominerario della Sardegna in esecuzione della determina D.G. n. 90 dell'8 giugno 2020. Nonostante che sette graduatorie sarebbero tuttora vigenti (scadenza al 30 settembre 2020, ex articolo 1, comma 148, legge 27 dicembre 2019, n. 160), il 10 giugno 2020 è stato pubblicato sul sito dell'ente un nuovo avviso di selezione per l'assunzione di 5 figure a tempo pieno e determinato, per profili che, secondo le organizzazioni sindacali, potrebbero essere facilmente individuati nelle graduatorie approvate nel 2015 a seguito dei concorsi, per titoli ed esami, espletati.
  Al fine di rispondere all'interrogazione, per quanto di competenza, ho provveduto ad attivare l'ispettorato per la funzione pubblica. Sulla base degli elementi che mi sono stati forniti rappresento quanto segue.
  A seguito dell'istruttoria avviata, i vertici del consorzio del Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna, con due note, hanno fornito i seguenti elementi di chiarimento.
  La determina D.G. n. 90 risponde alle indicazioni della deliberazione del Consiglio direttivo n. 10 del 13 maggio 2020, recante in oggetto «Approvazione progetto Sardegna. Destinazione miniere» con relativo progetto allegato quale parte integrante e sostanziale che contiene – in coerenza con la relazione programmatica 2020 – le tre linee di indirizzo strategico con relativa scheda progettuale della descrizione dei profili e dei relativi costi.
  Nella note pervenute, inoltre, si afferma di avere preventivamente verificato che non vi fossero dipendenti «sottoutilizzati, in quanto a tempo parziale al 50 per cento» in possesso dei requisiti richiesti per i progetti approvati dall'ente, posto che le qualifiche e le professionalità presenti – due funzionari in servizio a tempo parziale al 50 per cento con profilo C e appartenenti all'area tecnica, laureati rispettivamente in lettere e in lingue – non rispondono al profilo tecnico e al possesso del titolo di studio (laurea in ingegneria) richiesti dall'avviso pubblicato il 10 giugno 2020.
  Secondo quanto comunicato dai vertici del Consorzio del Parco geominerario della Sardegna, i profili delle graduatorie esistenti presso l'ente, valide fino al mese di settembre 2020 ai sensi del comma 147, lettera
b) della legge 160 del 2019, non trovano rispondenza con i profili richiesti con l'avviso pubblico del 10 giugno 2020. Mentre, per quanto concerne il posto di addetto legale/amministrativo cat. C1, viene precisato che, allo stato dei fatti, avendo il vincitore della procedura concorsuale usufruito della mobilità in uscita, senza che l'ente attivasse a suo tempo pari mobilità in entrata, lo stesso è soppresso in base alla normativa vigente.
  Infine, informo che la questione posta dall'interrogante è stata precedentemente monitorata dall'ispettorato per la funzione pubblica a seguito di tre segnalazioni (una di UIL PA Sardegna nell'interesse del signor Alberto Monteverde, e due della dottoressa Maria Greca Angioni), successivamente archiviate poiché dagli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria si è evinto la «conformità dell'azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento».

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Fabiana Dadone.


   VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e PATASSINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa si apprende che, nelle ultime settimane, numerosi pescherecci provenienti dal Nord Africa hanno ripetutamente sconfinato nelle acque territoriali italiane prospicienti le isole di Lampedusa e Linosa, non arrestandosi a 12 miglia dalla costa, anzi spingendosi a quasi 7 miglia, impedendo di fatto alle marinerie italiane di arrivare in acque italiane particolarmente pescose;

   il problema citato aggrava ulteriormente la situazione di difficoltà in cui versano le marinerie italiane, già pesantemente inficiate dalla sospensione delle attività commerciali disposta per l'emergenza sanitaria da Covid-19, oltre che dall'annosa questione delle imbarcazioni trasportanti migranti affondate che danneggiano reti e attrezzature;

   par d'uopo riconoscere alle marinerie italiane delle misure di ristoro per i danni subiti dalle imbarcazioni dei migranti affondate nei fondali, e soprattutto il diritto di pescare liberamente nelle acque territoriali italiane –:

   se e quali iniziative di competenza intendano attivare perché pescherecci provenienti dal Nord Africa cessino di sconfinare liberamente nelle acque territoriali italiane, a scapito delle marinerie italiane.
(4-06343)

  Risposta. — Le attività illecite di pesca condotte da imbarcazioni tunisine nelle nostre acque territoriali, pur verificandosi con cadenza occasionale, sono trattate dalle autorità italiane di controllo e prevenzione con la dovuta attenzione e nel quadro delle disposizioni di legge. In particolare, si tratta di un fenomeno costantemente monitorato dal comando generale del corpo delle capitanerie di porto. Nello specifico, tale monitoraggio avviene attraverso l'articolazione periferica del corpo presente sull'isola di Lampedusa.
  Nei casi più recenti indicati dall'interrogante, le circostanze in cui si sono verificate le attività segnalate non hanno consentito di raccogliere elementi di prova sufficienti per perseguire gli autori degli eventuali atti illeciti. Gli interventi effettuati dai mezzi delle autorità italiane hanno tuttavia condotto all'immediata cessazione di qualsiasi attività non autorizzata.
  Più in generale negli ultimi anni sono state realizzate anche importanti e delicate operazioni repressive, all'esito delle quali sono stati deferiti alla competente autorità giudiziaria i comandanti dei motopescherecci, con contestuale sequestro degli attrezzi e del pescato. Queste operazioni si inseriscono in uno scenario molto complesso, anche per effetto delle numerose attività di soccorso svolte quotidianamente dai mezzi della guardia costiera in zona.
  La guardia costiera, la guardia di finanza e la Marina militare mantengono nell'area una costante attività di pattugliamento e svolgono regolarmente operazioni congiunte di controllo, finalizzate al contrasto della pesca illegale. La loro presenza esercita un'efficace azione di deterrenza nei confronti degli armatori e dei comandanti di pescherecci di Paesi terzi, in particolare tunisini, che contribuisce a limitare le violazioni.
  Oltre a questo, la collaborazione esistente tra le autorità di sorveglianza della pesca italiane e tunisine consente di fermare, spesso con un semplice intervento persuasorio della guardia Costiera di Tunisi, eventuali sconfinamenti non appena questi si verificano.
  Altrettanto rilevante è l'azione della nostra ambasciata a Tunisi che, in molteplici occasioni, ha consentito di risolvere rapidamente e senza il sequestro dell'imbarcazione analoghe situazioni in cui pescherecci italiani sono stati a loro volta colti in attività che violavano le acque territoriali e la zona economica esclusiva tunisina.
  Nell'ambito delle attività di monitoraggio e di controllo, compatibilmente con i prioritari compiti di salvaguardia della vita umana in mare e prendendo in considerazione il potenziamento della presenza nell'area laddove ciò diventi necessario, il comando generale del corpo delle capitanerie di porto continuerà a seguire la questione con la massima attenzione.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.