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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 531 di lunedì 28 giugno 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI

La seduta comincia alle 13.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANDREA DE MARIA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 25 giugno 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Ascani, Battelli, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Comaroli, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, Delmastro Delle Vedove, Di Stefano, Durigon, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Macina, Maggioni, Marattin, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Parolo, Perantoni, Rizzo, Rosato, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Speranza, Tabacci, Vignaroli, Zanettin e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 78, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifiche nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 24 giugno 2021, la Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati le senatrici Anna Maria Bernini e Alessandra Gallone, in sostituzione dei senatori Giuseppe Moles e Francesco Battistoni, entrati a far parte del Governo.

Discussione del disegno di legge: S. 2207 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, recante misure urgenti relative al Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza e altre misure urgenti per gli investimenti (Approvato dal Senato) (A.C. 3166​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3166: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, recante misure urgenti relative al Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza e altre misure urgenti per gli investimenti.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3166​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

La V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Mauro D'Attis.

MAURO D'ATTIS, Relatore per la maggioranza. Grazie, signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo. Mi accingo a riferire questa relazione, dopo che ovviamente si è consumato il passaggio nella Commissione competente (appunto, la Commissione bilancio). Il decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, reca misure urgenti relative al Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza e altre misure urgenti per gli investimenti. Il provvedimento - ricordo - è stato approvato dal Senato in prima lettura il 17 giugno scorso, con l'introduzione di varie modifiche al testo. Il decreto-legge si compone di sei articoli. L'articolo 1, comma 1, approva il Piano nazionale per gli investimenti complementari, finalizzato ad integrare con risorse nazionali gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per complessivi 30,6 miliardi di euro per gli anni dal 2021 al 2026. Il comma 2 provvede a ripartire il Fondo tra le amministrazioni centrali competenti, individuando i programmi e gli interventi a cui destinare le risorse e il relativo profilo finanziario annuale. In particolare, sono previsti i seguenti finanziamenti: 9.760 milioni per interventi nei settori delle infrastrutture e dei trasporti; 6.880 milioni per il programma “Polis”- Case dei servizi di cittadinanza digitale”, per il programma Transizione 4.0 e per gli Accordi per l'innovazione; 2.387 milioni per interventi in materia di salute ed ambiente, di sicurezza delle strutture sanitarie e per un ecosistema innovativo della salute; 2.000 milioni per la riqualificazione dell'edilizia residenziale pubblica; 1.780 milioni per le aree colpite dagli eventi sismici del 2009, riguardanti l'Abruzzo, e del 2016 (in generale il Centro Italia); 1.455 milioni per un piano di investimenti strategici sui siti del patrimonio culturale, edifici ed aree naturali; 1.400 milioni per i servizi digitali; 1.203,3 milioni per i contratti di filiera e distrettuali per i settori agroalimentari della pesca, dell'acquacoltura, della silvicoltura, della floricoltura e del vivaismo; 1.000 milioni per l'implementazione di un sistema di monitoraggio dinamico per il controllo da remoto di ponti, viadotti e tunnel (delle autostrade A24 e A25) e 450 milioni per un sistema di monitoraggio dinamico per il controllo da remoto di ponti, viadotti e tunnel di gestione ANAS; 800 milioni per le tecnologie satellitari e l'economia spaziale; 700 milioni per l'elettrificazione delle banchine (cold ironing); 500 milioni per iniziative di ricerca per tecnologie e percorsi innovativi in ambiente sanitario e assistenziale; 350 milioni per gli ecosistemi per l'innovazione al Sud in contesti urbani marginalizzati; 300 milioni di euro per la Strategia nazionale aree interne, con riferimento al programma per il miglioramento dell'accessibilità e della sicurezza delle strade; 132,9 milioni di euro per la costruzione e il miglioramento di strutture penitenziarie per adulti e minori; 10 milioni di euro per il finanziamento di piani urbani integrati; infine, 50 milioni di euro per l'efficientamento energetico. Il comma 3 proroga di sei mesi, cioè fino al 30 giugno 2023, il termine per avvalersi del superbonus per gli Istituti autonomi case popolari, i cosiddetti IACP, nonché per gli enti aventi le stesse finalità sociali. La norma, infatti, prevede inoltre che, per gli interventi effettuati dai condomini, la detrazione del 110 per cento spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022, indipendentemente dallo stato di avanzamento dei lavori. Il comma 4 ridetermina la copertura, per la parte a valere sulle risorse previste nell'ambito del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza, mentre il comma 5 stabilisce che gli eventuali minori oneri rilevati dal monitoraggio degli effetti della misura del cosiddetto superbonus, rispetto alla previsione tendenziale, siano vincolati alla proroga del termine della fruizione dell'agevolazione. I commi 6 e 7 disciplinano le modalità per l'attuazione degli investimenti previsti dal Piano. È infatti prevista l'emanazione di un decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze entro 30 giorni per disciplinare il monitoraggio degli interventi. Il comma 7-bis, che è stato invece inserito nel corso dell'esame del Senato, disciplina la revoca del finanziamento nei casi di mancato rispetto dei termini previsti dal cronoprogramma procedurale degli adempimenti e di mancata alimentazione dei sistemi di monitoraggio, qualora non risultino assunte obbligazioni giuridicamente vincolanti. I commi 7-ter e 7-quater, anch'essi inseriti nel corso dell'esame al Senato, recano disposizioni specifiche inerenti l'attuazione degli interventi di pertinenza del Ministero della Salute e del Ministero della Cultura. Il comma 7-quinquies, inserito nel corso dell'esame al Senato, prevede la presentazione di una relazione annuale alle Camere sulla ripartizione territoriale dei programmi e degli interventi compresi nel Piano nazionale per gli investimenti complementari. Il comma 8 prevede che l'attuazione degli interventi costituenti aiuti di Stato sia soggetta alla preventiva autorizzazione da parte della Commissione europea. Il comma 9 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'istituzione del Piano nazionale complementare.

L'articolo 1-bis, che è stato introdotto al Senato, prevede una serie di obblighi di verifica a carico degli enti che erogano contributi per la progettazione e la realizzazione di interventi in conto capitale (comma 1); modifica la scansione temporale dei contributi erogati dal Ministero dell'Interno ai comuni per investimenti relativi a opere pubbliche e di messa in sicurezza degli edifici e del territorio previsti dalla legge di bilancio 2019 (comma 2); stabilisce che le risorse messe a disposizione degli enti locali dalla legge di bilancio 2020, per la spesa di progettazione di particolari tipologie di opere risultanti eccedenti rispetto ai contributi assegnati, siano finalizzate allo scorrimento della graduatoria dei progetti ammissibili per il 2021 (comma 3); infine, il comma 4 estende i termini per l'assegnazione delle ulteriori risorse messe a disposizione dei comuni dalla legge di bilancio 2019 per la messa in sicurezza degli edifici del territorio.

Passando all'articolo 2, il comma 1 incrementa le risorse del Fondo sviluppo e coesione, il cosiddetto FSC, relative al ciclo di programmazione 2021-2027, di un importo complessivo di 15,5 miliardi per le annualità dal 2022 al 2031.

Con una modifica approvata dal Senato, è stato specificato che il rifinanziamento del Fondo è finalizzato ad accelerare la capacità di utilizzo delle risorse e di realizzazione degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si fa presente che ciò consegue a quanto affermato dal Governo nel PNRR stesso, in cui viene indicato un anticipo della programmazione del Fondo per un valore di circa 15,5 miliardi, in linea con le politiche settoriali di investimento e di riforma previste nel PNRR, preannunciando la successiva reintegrazione delle risorse nella disponibilità del FSC, al fine di garantirne la piena complementarità e soprattutto addizionalità.

I successivi commi da 1-bis a 1-quater, sempre introdotti al Senato, prevedono una destinazione di quota parte delle risorse FSC 2021-2027, pari a complessivi 700 milioni di euro, ad investimenti in determinati settori, individuati con apposita delibera del CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile). In particolare, sono previsti: 35 milioni di euro per il 2022, 45 milioni di euro per il 2023 e 55 milioni di euro per il 2024, per la realizzazione di una rete unica di interconnessione nazionale dell'istruzione, che assicuri il coordinamento delle piattaforme, dei sistemi e dei dati tra scuole, uffici scolastici regionali e Ministero, l'omogeneità nell'elaborazione e trasmissione dei dati, il corretto funzionamento della didattica digitale integrata; inoltre, 20 milioni di euro per il 2022, 25 milioni per il 2023 e il 2024, per la costruzione di un polo energetico nell'Adriatico, per riconvertire le piattaforme oil & gas e realizzare un distretto marino integrato nell'ambito delle energie rinnovabili al largo delle coste di Ravenna, in cui eolico off-shore e fotovoltaico galleggiante produrranno energia elettrica in maniera integrata e saranno contemporaneamente in grado di generare idrogeno verde tramite elettrolisi; inoltre, 35 milioni di euro per il 2021, 70 milioni per il 2022 e 90 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 in favore dei comuni tra 50 mila e 250 mila abitanti e i capoluoghi di provincia con meno di 50 mila abitanti, per investimenti che siano finalizzati al risanamento urbano; 30 milioni di euro per il 2022, 35 milioni di euro per il 2023 e 50 milioni per il 2024, per investimenti per il miglioramento della qualità dell'aria; 5 milioni di euro per il 2022 e 10 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024, per interventi prioritari di adeguamento e potenziamento di nodi e collegamenti ferroviari nel Sud Italia, al fine di valorizzare i siti di interesse storico, turistico e archeologico nel Meridione; 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e 15 milioni di euro per l'anno 2024, per il rinnovo delle flotte navali nello Stretto di Messina; 5 milioni di euro per il 2023 e 15 milioni di euro per il 2024, per interventi infrastrutturali per evitare il sovraffollamento carcerario; 15 milioni di euro, infine, per il 2021, per investimenti per il passaggio a metodi di allevamento a stabulazione libera, estensivi, pascolivi, come l'allevamento all'aperto, grass fed e quello biologico e per la transizione a sistemi senza gabbie.

Il comma 1-ter precisa che le risorse sono assegnate dal CIPESS, previo parere della Conferenza Stato-regioni, nel rispetto della prescritta percentuale di riparto territoriale, secondo cui la dotazione complessiva del fondo deve essere impiegata per un importo non inferiore all'80 per cento per interventi da realizzare nei territori delle regioni del Mezzogiorno ed il restante 20 per cento al Centro-Nord. Con la delibera del CIPESS sono individuati, per ciascun intervento finanziato gli obiettivi iniziali, intermedi e finali in relazione al cronoprogramma finanziario e procedurale, nonché le modalità di revoca in caso di mancato rispetto di tali obiettivi. Le risorse revocate ritornano, quindi, eventualmente nella disponibilità della programmazione complessiva da parte del CIPESS e se nell'ambito del FSC stesso. Gli interventi per il polo energetico nell'Adriatico, per il rinnovo delle flotte navali nello Stretto di Messina e gli investimenti per il passaggio a metodi di allevamenti a stabulazione libera sono attuati nel rispetto, ovviamente, della disciplina europea in materia di aiuti di Stato.

Aggiungo che, in merito ai commi aggiuntivi appena illustrati, è doveroso sottolineare, nella qualità anche di relatore che raccoglie quanto è stato discusso in Commissione, come le misure ricomprese, se non monitorate come viene prescritto, potrebbero configurare un utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la coesione non perfettamente conforme alle finalità di questo Fondo. Per questo, alla luce di ciò, sarà assolutamente necessario che la ripartizione delle risorse, come già indicato precedentemente, con una percentuale non inferiore all'80 per cento nei confronti del Mezzogiorno, venga ovviamente pienamente rispettata in fase di riparto, come, del resto, la stessa disposizione, di cui al comma 1-ter, prevede.

L'articolo 3 modifica la disposizione di copertura, di cui all'articolo 1, comma 1065, della legge di bilancio per il 2021, riferita alle agevolazioni del programma Transizione 4.0, finalizzate a favorire gli investimenti per l'innovazione e la competitività delle imprese. Si tratta di autorizzazioni di spesa che non possono trovare copertura nelle risorse del Next Generation EU, in quanto non ritenute significative sotto il profilo della transizione ecologica del Paese, per cui occorre provvedere con risorse proprie dello Stato italiano.

L'articolo 4 dispone interventi di finanziamento per l'attraversamento ferroviario di Vicenza e per la progettazione definitiva del terzo lotto della tratta ferroviaria alta velocità/alta capacità Vicenza-Padova, nonché per il finanziamento degli interventi relativi alla linea ferroviaria alta velocità/alta capacità Salerno-Reggio Calabria.

In particolare, per la linea ferroviaria alta velocità/alta capacità Verona-Padova, viene autorizzata la spesa complessiva di 925 milioni di euro per la realizzazione del secondo lotto funzionale “attraversamento di Vicenza” e la spesa complessiva di 25 milioni di euro per la progettazione definitiva del terzo lotto funzionale tratta alta velocità/alta capacità Vicenza-Padova. Per il finanziamento di interventi relativi alla linea ferroviaria alta velocità/alta capacità Salerno-Reggio Calabria, viene autorizzata la spesa complessiva di 9,4 miliardi di euro.

Le risorse sono immediatamente disponibili ai fini dell'assunzione di impegni giuridicamente vincolanti dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. In merito a questo punto segnalo, altresì, come relatore, le osservazioni riguardanti la previsione del collegamento del Paese, dell'Italia, in particolare la linea alta velocità Salerno-Reggio Calabria con il resto del Paese, in questo caso la Regione Sicilia e, quindi, il dibattito che si è aperto, non solo in Commissione bilancio, ma anche nelle altre Commissioni, relativo all'inserimento dell'opera del ponte sullo Stretto di Messina.

L'articolo 5 provvede, in primo luogo, a determinare il limite massimo degli interessi passivi sui titoli pubblici derivanti dal ricorso a maggiore indebitamento (comma 1). Il comma 2 reca, quindi, la quantificazione di detti oneri derivanti dal provvedimento in esame e l'individuazione delle relative coperture finanziarie. Il comma 3 incrementa, inoltre, per il triennio 2021-2023, il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sostituendo, di conseguenza, l'allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge di bilancio 2021. Il comma 4 provvede, infine, ad autorizzare il Ministro dell'Economia e delle finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

L'articolo 6 dispone, in merito all'entrata in vigore del decreto-legge, l'8 maggio 2021.

Per terminare, rinvio alla documentazione predisposta dagli uffici e per gli aspetti di dettaglio concernenti la quantificazione degli oneri e la relativa copertura finanziaria.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza, onorevole Lucaselli.

YLENJA LUCASELLI, Relatrice di minoranza. Grazie, Presidente. Rappresentanti del Governo, colleghi, prima di entrare nel merito del provvedimento che esaminiamo oggi, mi permetto di lasciare ai lavori di quest'Aula alcune riflessioni di carattere generale, perché io immagino che tutti, entrando a far parte di questo Parlamento, si siano preoccupati di rileggere la Costituzione italiana.

Io, personalmente, l'ho fatto perché, nonostante i miei quarantacinque anni, continuo a studiare e lo faccio perché avverto la responsabilità di dire parole che costruiscono e, se ciò vale per un semplice cittadino, a maggior ragione deve valere per chi quei cittadini aspira a rappresentarli.

E, allora, non sarà sfuggito che, agli articoli 70 e 72 della Costituzione, non solo viene riservato uno specifico ruolo al Parlamento nel procedimento di formazione delle leggi, ma si regolano anche i meccanismi di presentazione e approvazione dei progetti di legge, configurando un doppio passaggio di esame in Commissione e in Aula. E sono certa non sfuggirà che tutto questo venne disposto per consentire al meglio a tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, di svolgere in pieno la propria funzione e le proprie prerogative e permettere alle stesse forze politiche e ai singoli parlamentari che ne fanno parte di espletare la relativa attività legislativa ed emendativa.

Mi pare scontato dire che tutto ciò doveva valere, a maggior ragione, per l'esame di provvedimenti legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza. Noi ripetiamo da mesi, e ci siamo sentiti ripetere da mesi, che attraverso questo Piano si andrà delineando il futuro dell'Italia, il futuro delle prossime generazioni. E sentiamo dire da mesi che le priorità in esso espresse non possono rappresentare esclusivamente scelte e sensibilità politiche di una parte - e, quindi, della maggioranza - e che non possono essere esclusivo appannaggio del Governo, ma che devono essere discusse in Parlamento, devono essere condivise, devono trovare la possibilità di realizzare i punti di vista non soltanto della maggioranza, ma anche delle opposizioni. Eppure, devo dire la verità - e lo dico senza timore di smentita -, mi pare che tutte queste dichiarazioni siano state più di forma che di sostanza.

Si è parlato della centralità del Parlamento, ma, poi, siamo arrivati al primo provvedimento in cui si può incidere, con il Fondo nazionale, nel senso di aiutare la realizzazione dei progetti del PNRR, senza che questa discussione ci sia stata.

Io ringrazio il sottosegretario, che è stato presente anche in Commissione quando abbiamo raccontato quelli che erano gli emendamenti di Fratelli d'Italia, per la disponibilità, per l'ascolto e per il confronto che c'è stato, ma è stato un confronto di ore e, ovviamente, per noi non può essere ritenuto sufficiente. E ringrazio anche per le attestazioni sulla bontà degli emendamenti presentati dal gruppo di Fratelli d'Italia, però mi permetta di dire, sottosegretario, che se questa attestazione di stima rispetto ai nostri contenuti non si traduce in un vero confronto sui temi proposti e si lascia il testo base assolutamente impermeabile a quelle che sono le sollecitazioni della opposizione, purtroppo sono solo parole, come diceva una canzone. Noi, purtroppo, abbiamo soltanto potuto constatare la piena, quanto ingiustificata, dal nostro punto di vista, indisponibilità ad accogliere le proposte emendative.

Quello seguito da questo provvedimento è un iter che, secondo il gruppo di Fratelli d'Italia, può essere considerato irrituale, se non, addirittura, illegittimo. E mi permetto di esprimere una ulteriore perplessità su un altro modus operandi di dubbia legittimità e sul quale chiedo una riflessione generale. Infatti, vede, Presidente, non vorrei diventasse una consuetudine implicitamente consentita quella dell'intreccio tra più provvedimenti d'urgenza contemporaneamente all'esame delle Camere, che sono suscettibili di alterare l'ordinario iter di conversione. Mi riferisco al decreto-legge n. 59 esaminato dal Senato parallelamente all'esame del decreto-legge n. 77 in corso di esame alla Camera.

Passando al merito del provvedimento, il decreto-legge n. 59, pur avendo un valore complessivo importante - parliamo di 30,6 miliardi -, è un provvedimento piuttosto snello, forse troppo, perché si presenta con numerose lacune che emergono anche dai dossier redatti dal Servizio del bilancio di Camera e Senato, organo che non è certo espressione dell'opposizione.

È singolare, ad esempio, che persino il dossier che accompagna il provvedimento rilevi come il Parlamento non sia stato messo nelle condizioni di poter operare concretamente. Basterebbe leggere i commenti all'articolo 1, comma 5, che, in tema di aggiornamenti delle stime inerenti il superbonus, rileva che le Commissioni parlamentari sono destinatarie di comunicazioni, cioè mere informative, mentre, probabilmente, sarebbe stato meglio valutare l'opportunità di accompagnare l'aggiornamento delle stime con una relazione tecnica e prevedere in proposito l'espressione di un parere parlamentare. Ovviamente, leggevo testualmente il dossier.

È singolare, poi, quanto riportato rispetto ai contenuti dell'articolo 3, relativo alle disposizioni finanziarie su “Transizione 4.0”. Infatti, sebbene l'impatto in termini di fabbisogno e indebitamento netto è già considerato nelle previsioni tendenziali del Documento di economia e finanza del 2021, occorrerebbe dare riscontro circa l'impatto di ogni singola disposizione, non potendo ritenersi sufficiente la generica rassicurazione che la misura è già stata inclusa nelle previsioni tendenziali senza che ne sia fornita separata evidenza.

Insomma, il riassunto che ritroviamo nel dossier non parte sicuramente con commenti favorevoli alla formazione e, quindi, all'aspetto tecnico-formale del provvedimento, ma, ovviamente, fa anche delle valutazioni di merito e, anche in questo caso, non ci pare che ci sia stata una valutazione del tutto positiva. E questo lo diciamo perché siamo davvero consci e consapevoli del fatto che, in questo momento storico, più che in tutti gli altri, e su questi provvedimenti, per i quali parliamo, ovviamente, anche della efficacia e della fattibilità del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è importante essere particolarmente attenti, è importante essere particolarmente specifici, soprattutto, quando parliamo delle destinazioni economiche.

Anche rispetto all'articolo 4 sono state mostrate delle perplessità. Ricordo a me stessa che l'articolo 4 è relativo agli interventi di finanziamento in materia di linea ferroviaria ad alta velocità inerente la linea Verona-Padova e la linea Salerno-Reggio Calabria. Anche in questo caso, noi abbiamo forti perplessità rispetto a questi interventi: mancano i dati e gli elementi posti alla base della quantificazione dell'onere. Pertanto, anche in questo caso, pur trattandosi di investimenti limitati, non risulta ancora possibile una valutazione esaustiva in tal senso. Insomma, un provvedimento che cerca di destinare delle somme, che, però, poi, nei documenti di specifica, di destinazione di quelle somme è assolutamente carente e imperfetto.

Una imperfezione che appare ancora più lapalissiana, ancora più evidente e, contemporaneamente, ancora più grave, quando parliamo dell'articolo 5, perché è proprio su questo articolo che io vorrei porre l'attenzione di quest'Aula. Dalla lettura dei dossier di documentazione, capiamo che, per gli oneri da finanziare nel 2021, manca una copertura di 50 milioni di euro, in quanto gli articoli 1, 3 e 4 stimano oneri pari a 6,340 miliardi, che diventano 6,290 nel citato articolo 5. Viene da chiedersi dove prenderemo questi 50 milioni mancanti o dove li perderemo questi 50 milioni mancanti. Questo non è dato saperlo e, ovviamente, qualcuno del Governo dovrà anche spiegarcelo prima o poi, perché, vede, dire semplicemente che è un refuso, obiettivamente, da donna abituata ad avere a che fare con i numeri, mi preoccupa molto; e mi preoccupa perché sarebbe come dire che il buon padre di famiglia esce di casa per andare a fare la spesa, sbaglia, entra in un concessionario e torna a casa con la macchina. Io credo che questo non possa essere semplicemente risolto con un “abbiamo sbagliato, è solo un errore di fatto”.

Se è un errore di fatto, materiale, va corretto; se, invece, è un errore sostanziale, allora bisogna chiarire dove verranno trovati quei 50 milioni. Come opposizione, noi abbiamo presentato emendamenti migliorativi, alcuni dei quali potevano trovare una copertura semplicissima anche soltanto abolendo il cashback. Questo è stato uno degli argomenti sui quali ci siamo confrontati con il Governo in Commissione e torno sul tema. Il cashback è una misura che ha fallito e siamo tutti consapevoli del fallimento della misura, siamo tutti consapevoli di come, ad esempio, sia stata aggirata la funzione del cashback che doveva stimolare un consumo che non è stato stimolato. Del resto, è di qualche giorno fa il calcolo della Banca d'Italia: in questo momento ci sono 183 miliardi di risorse economiche private depositate sui conti correnti italiani e questo accade perché, lì dove non c'è certezza, lì dove non c'è serenità ma c'è, invece, paura e incertezza, si tende ad accumulare piuttosto che spendere. Noi, invece, dovremmo ora preoccuparci di invertire questa tendenza e lo possiamo fare soltanto attraverso lo stimolo dei consumi. Se non partiamo dallo stimolo dei consumi, l'economia italiana non potrà ripartire. Allora, se tutto questo è vero, a maggior ragione dobbiamo considerare che la misura del cashback non è stata utile a raggiungere quell'obiettivo e, se così è, allora tutte le risorse poste su quella misura possono meglio essere utilizzate in altro modo. Non possiamo permetterci di buttare miliardi in misure che non hanno un'efficacia immediata e diretta sulla nostra economia. Abbiamo proposto, come Fratelli d'Italia, di aiutare, con i soldi del cashback, ad esempio, le imprese del turismo e del settore HoReCa. Ancora, abbiamo chiesto di dare maggiori risorse a Roma Capitale, che non può essere trattata come una qualunque provincia essendo il biglietto da visita dell'Italia nel mondo, in modo che Roma possa svolgere al meglio le proprie funzioni istituzionali. Abbiamo chiesto che ci sia un'attenzione particolare, per esempio, alla misura del superbonus. Noi l'abbiamo considerato e ne abbiamo visti gli effetti; indubbiamente, è stata una misura che ha dispiegato la propria efficacia in determinati settori dell'economia, ma, anche in questo caso, il superbonus è un principio e una misura assolutamente perfettibile. In questo momento abbiamo la necessità di prorogare sia i tempi sia le modalità di accesso, perché anche in questo caso - e ribadisco che anche questo è stato argomento all'interno delle nostre poche ore di discussione in Commissione - il superbonus dà la possibilità a tutta la filiera - e quindi, non soltanto ad un comparto, ma a tutta la filiera - di riattivare una parte dell'economia italiana, ma ciò lo si può fare soltanto se diamo delle certezze, se diamo dei punti di riferimento chiari e, soprattutto, delle tempistiche chiare, altrimenti anche questa misura andrà messa nel dimenticatoio. È impensabile che si possa immaginare che qualunque imprenditore possa fare una valutazione programmatica sulle attività da compiere, anche attraverso il superbonus, se non ha una data certa e se sa che entro pochi mesi deve terminare l'opera. Questo non è possibile. La programmazione, soprattutto in ambiti di interventi così importanti come quelli previsti, ad esempio, nella normativa sul superbonus, ha bisogno di tempo per essere realizzata. Gli emendamenti di Fratelli d'Italia si preoccupavano proprio di questo, cioè di porre all'attenzione del Governo la necessità che quella misura fosse prorogata. Ci siamo preoccupati, poi, di parlare delle carceri, della situazione terribile nella quale troviamo oggi tutto il nostro comparto edilizio carcerario, che comprende non soltanto l'esistente, che va riqualificato, ma anche la costruzione di nuove strutture. Comprende - e spero che il Governo ce ne darà atto quando presenteremo gli ordini del giorno - anche situazioni che in questo momento sono state dimenticate, e parlo delle case famiglia e degli istituti dove vengono detenute donne incinte o madri con prole inferiore ai 6 anni oppure quelle dove vengono scontate delle pene a custodia attenuata. Noi abbiamo parlato delle carceri perché sono un elemento fondamentale per poterci definire uno Stato civile, sia per chi in quelle carceri viene detenuto ma anche per chi in quelle carceri è costretto a lavorare e non ha fatto assolutamente nulla di male, cerca semplicemente di compiere il suo lavoro. Dare la possibilità di lavorare in ambienti salubri ci rende un Paese civile. Allora, abbiamo puntato l'attenzione dei nostri emendamenti anche su queste questioni, su quelle che riguardano la giustizia, e ricordo semplicemente, perché sono una pugliese (in tavoli di pugliesi, con il collega D'Attis quest'oggi), che il tribunale di Bari è ancora costretto a operare sotto un tendone. Sentiamo dire, dall'inizio di questa legislatura, che quella situazione verrà sistemata e che finalmente si potrà tornare, anche per la dignità di chi all'interno di quel tribunale lavora, ad avere l'immobile dove svolgere la propria attività professionale. Così non è stato e quello è un problema che è ancora sul tavolo e, ovviamente, noi vorremmo che anche quando si parla di investimenti, ma soprattutto quando si parla di soldi che provengono ancora una volta dal bilancio dello Stato a supporto della realizzazione dei progetti del PNRR, non vengano dimenticate situazioni fondamentali come quella dei tribunali italiani.

Poi, con Fratelli d'Italia ci siamo preoccupati di porre l'attenzione sulla necessità di garantire nuove forme di partecipazione anche all'interno della filiera dell'agroalimentare. Ci siamo occupati di chiedere, attraverso i nostri emendamenti, che venga messa mano anche al trasporto dei cosiddetti “pendolari”, di persone che vanno quotidianamente al lavoro e non soltanto in maniera verticale ma anche in modo orizzontale, perché il trasporto non deve essere necessariamente inteso solo ed esclusivamente come l'alta velocità ma dobbiamo preoccuparci anche di tutte quelle persone che necessitano della mobilità celere all'interno della nostra Nazione.

Signor Presidente, mi avvio alla conclusione, mi permetta di riassumere questo intervento in una preoccupazione e sollecitazione, condivisa anche dal mondo produttivo e sociale: non vanifichiamo la riuscita del PNRR e del “Fondone”; ricapitalizziamo le imprese, lavoriamo per garantire che i soldi che investiamo in Italia possano garantirci lo sviluppo necessario per uscire finalmente da questa difficile situazione di crisi. Presidente, lo sappiamo tutti: la crisi può portare progressi. La creatività nasce dall'angoscia, così come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorgono l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso, senza essere superato (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, sottosegretario Sartore.

ALESSANDRA SARTORE, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. Signor Presidente, onorevoli deputati, in primo luogo vorrei ringraziare il relatore ed esprimere un sincero apprezzamento per il sereno confronto, direi, anche se non approfondito perché, come ha detto il relatore di minoranza, sono state 5-6 ore.

Però, diciamo che abbiamo comunque esaminato tutti gli emendamenti, anche dell'opposizione, e ci siamo anche resi conto delle questioni importanti, che, comunque, anche la minoranza aveva posto all'attenzione della Commissione; ancor più lo faremo qui, in Aula.

Come è noto, però, e come abbiamo già evidenziato anche in Commissione, desidero sottolineare ancora l'importanza di questo decreto ai fini dell'attuazione del PNRR, che, come noto, è riuscito a cogliere la grandissima opportunità offerta dall'Europa attraverso il Recovery, e la sfida che ci attende nei prossimi anni ci vedrà tutti impegnati nel raggiungimento dei rilevanti obiettivi che ci siamo prefissati; dico tutti perché non c'è maggioranza o opposizione in questo.

L'Italia, con questo decreto che oggi è posto all'esame di questa Assemblea, intende confermare e rafforzare il proprio impegno, aggiungendo ulteriori e significative risorse a quelle in arrivo dall'Europa attraverso il Piano nazionale per gli investimenti complementari. Come ha detto il relatore per la maggioranza, si tratta di 30,6 miliardi, a cui si aggiungono i 700 milioni finalizzati nell'ambito del Fondo per lo sviluppo e la coesione. Sono stati, peraltro, cofinanziati la transizione 4.0, l'ecobonus e il sismabonus per 13 miliardi, per 13 miliardi anche l'altro, quindi abbiamo sicuramente aumentato, anche attraverso misure fiscali e finanziarie, gli investimenti delle imprese in nuovi beni capitali tecnologicamente avanzati e la spesa privata in ricerca, sviluppo e innovazione.

Devo dire che proprio questa complementarità con il PNRR ci ha visti costretti, anche al Senato, a limitare la possibilità di modifica di parte del testo, in ragione della necessità di assicurare che gli interventi oggetto del Piano nazionale complementare fossero fin da subito adeguatamente strutturati e completi di un cronoprogramma dettagliato, ai fini di poterne garantire un avvio in tempi ristretti. Peraltro, le schede di questi progetti sono state, comunque, trasmesse al Senato per un loro esame preventivo e, quindi, anche per capire come mai vi fosse stata questa limitazione rispetto agli interventi che non abbiamo potuto ricomprendere nell'ambito dell'articolo 1.

Però, devo anche dire che, durante l'esame del provvedimento da parte del Senato, le forze politiche hanno, comunque, potuto apportare il proprio contributo, inserendo ulteriori settori di intervento nel testo originario: mi riferisco, in particolare, alle specificazioni introdotte in materia di sostenibilità ambientale degli interventi, di edilizia residenziale pubblica o, ancora, nell'ambito dell'intervento relativo al rinnovo delle flotte delle navi, all'inserimento del riferimento ai servizi presenti nello Stretto di Messina, alle reti di interconnessione nazionale dell'istruzione, ai comuni con popolazione tra 50 mila e 250 mila abitanti per investimenti finalizzati al risanamento urbano, al miglioramento della qualità dell'aria, all'adeguamento e potenziamento di nodi e collegamenti ferroviari del Sud Italia, alla manutenzione e costruzione di nuove sedi penitenziarie.

Come ho avuto modo di dire nel corso dell'esame del provvedimento in V Commissione, siamo consapevoli che ci sono ancora altri temi molto importanti, qui non trattati ed emersi proprio nel corso del dibattito in Commissione bilancio. Questi meriterebbero sicuramente particolare attenzione - mi riferisco tra gli altri, ad esempio, al tema dell'aumento del costo delle materie prime nel settore edile -, e per i quali ribadisco l'attenzione del Governo. Questi temi potranno essere “attenzionati” anche nell'ambito dell'esame dei prossimi provvedimenti legislativi, peraltro in corso di esame presso questo ramo del Parlamento: mi riferisco al “Sostegni-bis”, ma anche al provvedimento sulla governance e la semplificazione.

Per quanto attiene all'esame di questo provvedimento, il Governo comunque ha aperto all'accoglimento, sicuramente, degli ordini del giorno, di cui ha parlato anche la relatrice di minoranza, sui quali vi era un accordo anche in Commissione.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lorenzin. Ne ha facoltà.

BEATRICE LORENZIN (PD). Onorevoli colleghi, sicuramente siamo qui oggi a discutere di uno degli atti estremamente importanti che accompagnano questa fase della politica economica italiana e direi europea. Era sui quotidiani di oggi un'importante intervista del Commissario Gentiloni, che disegna le strategie europee dei prossimi mesi, che coinvolgono in modo estremamente positivo l'Italia. Non possiamo non cogliere l'importanza dell'approvazione, appena avvenuta, dei Piani nazionali di resilienza a livello europeo, e di come questi piani coinvolgono in modo così importante e strategico il nostro Paese, che complessivamente racchiude quasi un terzo dello stanziamento totale. Ed è evidente che sulle spalle di questo Parlamento e del Governo italiano c'è una sfida senza precedenti, che è quella di gestire una tale quantità di investimenti, in breve tempo, con delle regole di ingaggio, perché ovviamente parte di queste risorse sono, come sappiamo, date senza un ritorno e altre, invece, costituiscono un nuovo debito. Questo ammontare di risorse così importanti lo abbiamo definito più volte come il nostro Piano Marshall, cioè qualcosa di straordinario che noi abbiamo visto soltanto dopo la terribile Seconda guerra mondiale; e quindi una possibilità di ridisegnare le strategie di sviluppo del nostro Paese, ma anche di ridisegnare in parte e, io direi, di ricucire quelle lacerazioni che da tanto tempo ci siamo portati avanti; lacerazioni che hanno ferito il Paese in modo verticale tra il Nord e il Sud e in modo orizzontale all'interno della società, nelle nostre comunità, nei nostri territori, nel nostro vivere comune, con un Paese che, diciamoci la verità, per circa 20 anni è cresciuto pochissimo. Se l'Europa è cresciuta poco e ha avuto un tasso di crescita non certamente esaltante, al netto di quella che è stata la performance tedesca, l'Italia, negli ultimi 20-25 anni, è stata sempre in una fase di crescita pressoché pari allo zero, all'1, l'1,5 per cento, se arrivavamo al 2 sembrava già un fatto quasi straordinario ed epocale. Abbiamo avuto la lunga stagione dei tagli, la necessità di rivedere il nostro debito dentro il Patto di stabilità; ecco qui che cambiano gli schemi: cambia lo schema di gioco generale e, quindi, c'è una grande iniezione di risorse, pubbliche e private, perché nelle casse private ci sono, tra i privati, grandi liquidità che sono rimaste ferme in questo anno e mezzo di lockdown e che cercano e vogliono trovare quei punti e quei luoghi dove investire. Quale deve essere la nostra capacità strategica? Offrire l'opportunità di investimento, pubblica e privata, non perdere le risorse del PNRR; e quindi io, da questo punto di vista, sono tra coloro che sono per i “pochi ma buoni”: cioè, è meglio avere dei progetti che siano chiaramente identificabili e chiaramente misurabili, che frammentare in una serie di interventi che rischiano di essere un titolo sui giornali, ma non avere poi un effetto leva. Se io mi dovessi sentire di dare una raccomandazione a tutti noi che siamo in questo Parlamento, è di verificare l'effetto leva dei progetti che abbiamo; di verificarli attraverso anche lenti d'ingrandimento diverse, che sono quelle della finanza d'impatto; di capire cosa produrranno queste risorse che noi investiamo, nei prossimi anni, sia dal punto di vista della leva economico-finanziaria, sia dal punto di vista della coesione sociale. Infatti, parte di queste risorse aiuteranno, e devono aiutare, a ricostruire e a ricucire quelle lacerazioni che il COVID ha mostrato davanti agli occhi di tutti quanti noi.

Mi riferisco, purtroppo, all'emersione di un gigantesco numero di nuovi poveri, di persone in povertà assoluta, di minori e cioè di bambini in povertà assoluta (stiamo parlando di più di 1 milione di bambini); stiamo parlando di situazioni di povertà non solo materiale ma anche culturale, educativa, di formazione, cioè di un'intera Italia, che ci sarà e che sarà quella dei maggiorenni dei prossimi 20 anni, che noi non possiamo immaginare di lasciare indietro.

Noi abbiamo in quest'Aula, sapendo e capendo anche le modalità di lavoro diverse a cui ci ha costretto la pandemia, trattato una serie di mozioni negli ultimi tempi, proprio per cercare di dare un indirizzo del Parlamento al Governo su alcune questioni importanti. Una di queste l'abbiamo fatta recentemente sulla salute mentale, proprio per mettere al centro dell'azione dell'agenda politica del Governo la salute mentale e il benessere psicologico della nostra popolazione dopo il COVID, in particolare dei ragazzi. Credo che noi dovremo parlare molto dei giovani di questo Paese. Anche questo Fondo è importante: sono 30,6 miliardi, cioè una cifra che per noi era inimmaginabile, ed è soltanto un Fondo complementare di investimento al PNRR (ciò era inimmaginabile fino a un anno fa); qui dentro c'è molto e devono essere raccolte molte di queste indicazioni che vengono sul futuro, su come disegniamo oggi il futuro.

Alcuni di questi provvedimenti non porteranno consenso alla prossima campagna elettorale; devono però ridisegnare e accompagnare la crescita del nostro Paese per i prossimi 30 anni, mediante quell'iniezione di fiducia e anche di investimenti che abbiamo avuto nello stesso momento alla fine della guerra, che hanno poi portato al baby boom 20 anni dopo. Dobbiamo quindi cercare di rimettere in moto l'Italia, non soltanto dopo la ferita del COVID, ma anche rispetto a quei nodi irrisolti delle nostre istituzioni e della nostra economia che ci portiamo avanti, purtroppo, da moltissimi anni. A questo proposito, il Fondo ha e disegna alcuni aspetti molto interessanti. Non mi posso fermare su tutto, però alcune priorità sono state colte, priorità che ha espresso anche il Partito Democratico sia in Commissione bilancio, sia nel corso del dibattito parlamentare che abbiamo avuto in questo anno alla Camera e al Senato; avere rivisto recuperati alcuni aspetti che erano rimasti esclusi nei progetti del PNRR, riteniamo che sia molto importante.

È stato già citato, ma penso che il tema della logistica portuale, per esempio, delle infrastrutture portuali, in una realtà come la nostra sia importantissimo. L'intermodalità è uno degli elementi di sviluppo principali di un Paese e io ricordo un dibattito che facemmo qui nel 2006 - siamo oggi nel 2021 - dove ci si preoccupava del fatto che all'epoca la maggior parte delle merci che dovevano essere sdoganate, anche rispetto all'Italia, sceglievano i porti di Amburgo piuttosto che i nostri porti; quindi, sono temi che vengono da lontano. Abbiamo visto quello che è accaduto anche dal punto di vista dell'appetibilità delle aree portuali del Mediterraneo negli ultimi 5-7 anni, quindi rafforzare la nostra capacità portuale rispetto alle rotte commerciali è molto importante. Così come è estremamente importante rendere le nostre banchine e tutti i servizi che sono intorno alla nautica, sia quella da diporto che quella commerciale, compatibili ambientalmente, ma anche sempre più dotati dell'innovazione strategica. Rimango sulle infrastrutture: noi abbiamo due punti principali del PNRR, a cominciare dalle infrastrutture digitali, su cui abbiamo detto tantissimo. Questa una scommessa - lo dico in particolare al Governo - che non possiamo permetterci di perdere: se perdiamo la scommessa della realizzazione dell'infrastruttura digitale nel nostro Paese, noi rimarremo indietro e non saremo più competitivi, cioè non riusciremo a riagganciare i competitor extra europei, ma neanche quelli dentro l'Europa. Quindi, questa è una sfida in merito alla quale dovremmo essere qui tutti pronti a verificarne le ricadute a terra in ogni singolo territorio e in ogni singola regione; inoltre, sappiamo bene anche che questa sfida, senza una regia nazionale, cioè senza una regia centrale, non è vincibile. Non si può pensare di essere un Paese competitivo dal punto di vista digitale se una regione va avanti e una rimane indietro, o se su un distretto industriale si porta la banda larga o il 5G, mentre un altro distretto industriale non ce l'ha.

Ci siamo resi tutti quanti conto dell'importanza della rete durante il lockdown, ma sappiamo quanto questa sia fondamentale per lo sviluppo delle nostre aziende, delle nostre imprese e della rete dei servizi. Quindi, accanto a questa rete infrastrutturale per noi è molto importante lo sviluppo delle infrastrutture materiali, cioè, da una parte, le ferrovie (non solo l'alta velocità, ma anche le infrastrutture tra regioni) e quindi come trasportare persone e merci. Poi, soprattutto, per quanto riguarda il trasporto delle persone, sappiamo quanto tutto il tema dell'infrastrutturazione delle reti locali intraregionali sia, purtroppo, spesso stato una nota dolente. Quindi questa è una grande occasione per rendere migliore la qualità dei nostri cittadini, ma anche più sicure le nostre strade, anche più vivibili le nostre strutture ambientali. Quindi, all'interno di quello che è un progetto che assorbe più del 60 per cento delle risorse del PNRR, cioè una visione di green economy per il nostro Paese, quindi una riconversione delle infrastrutture non solo logistiche ma industriali, questo è sicuramente un aspetto estremamente importante.

Accanto a questi grandi asset, su cui si è mosso poi il PNRR e su cui sono state recuperate delle risorse importanti, in questo Fondo ci sono però delle cose che io ritengo più piccole ma estremamente significative. Alcune di queste sono all'interno della Strategia nazionale delle aree interne, un aspetto importantissimo per un Paese che tutti noi sappiamo essere “stretto e lungo”; quindi, un Paese che presenta delle differenze enormi tra le aree metropolitane e le aree interne, ma sono proprio le aree interne il luogo in cui si sviluppano, invece, le potenzialità più importanti del nostro Paese. Noi dobbiamo guardare a queste aree interne da due punti di vista: uno, evitarne lo spopolamento; due, saperne esaltare le potenzialità, sia economiche, sia ambientali, sia culturali. Non a caso, questa visione delle aree interne si lega poi all'altra parte degli investimenti, che è quella portata sugli investimenti in cultura, che qui, in questo Fondo, rappresentano un pezzo molto importante. La cultura è per l'Italia tantissimo - non è solo quello che noi siamo, il nostro passato e la nostra memoria - ma rappresenta uno dei nostri volani industriali principali per il prossimo futuro.

Quindi, il PNRR ha una visione trasversale tra le politiche e così va letto; in questo stesso modo noi dovremmo leggere le riforme che facciamo qui, sia con riferimento agli interventi che abbiamo adesso in discussione in Commissione bilancio, come il “Sostegni”, sia con riferimento al “decreto Semplificazioni”, sia - aggiungo - con riferimento alle norme che ancora non abbiamo visto ma che speriamo arrivino, da quelle sulla giustizia alle riforme del sistema sanitario. E qui vengo, per esempio, all'aspetto che riguarda la coesione sociale e la coesione delle zone delle aree interne, molto importante, che è dato dal rafforzamento delle infrastrutture sanitarie nelle aree rurali, in particolare le farmacie. Penso alle farmacie rurali, che sono veramente un'infrastruttura strategica del nostro territorio, perché hanno rappresentato, non solo durante il COVID ma anche prima, spesso l'unico presidio reale, della vita concreta; ci sono le cose che ci raccontiamo e poi ci sono le cose come avvengono nella realtà e sappiamo come le farmacie nelle aree interne spesso siano l'unico presidio sanitario. Qui si parla di rafforzamento - e quindi di risorse stanziate per il rafforzamento - dei piccoli ospedali o dei poliambulatori laddove non c'è il pronto soccorso e si parla soprattutto anche di gestione della cronicità, dell'infermiere di comunità, quindi di tutta una serie di misure che sono anche già previste in parte (qui siamo in una fase complementare, nel PNRR), ma che necessitano di una grande riforma, per la gestione della cronicità. Aggiungo io che, rispetto ad altre misure, noi ci aspettiamo anche una riforma della prevenzione. Il sistema della prevenzione, alla luce di quello che è accaduto con il COVID, quindi con un approccio diverso rispetto all'igiene pubblica, va rivisitato e rivisto. In Parlamento dobbiamo assolutamente avere il tempo di poter ridisegnare tale quadro.

Questi saranno degli elementi che sconvolgeranno l'attuale assetto del sistema sanitario come noi l'abbiamo immaginato e vissuto negli ultimi anni. Questo sta avvenendo con una velocità che era inimmaginabile, grazie anche a risorse che erano immaginabili - parliamo di più di 18 miliardi - e che, quindi, dobbiamo poter inserire in una visione complessiva del sistema salute italiano, che è una visione, ricordiamoci, che non riguarda solo la sanità, riguarda l'agricoltura, l'ambiente e le dimensioni del vivere comune.

Non a caso in questo documento ci sono anche tutti gli stanziamenti, molto importanti, che erano stati in parte non tolti dalla seconda fase del PNRR, che sono quelli del sistema One Health. Ricordo per tutti che noi siamo una Nazione One Health e siamo stati una delle prime Nazioni al mondo ad avere un sistema in cui il Ministero della Salute - oggi Salute, prima Sanità - gestisce la sicurezza alimentare, la sicurezza degli animali, la sicurezza delle persone e, quindi, anche l'industria legata alla conoscenza, cioè l'industria legata al sistema salute. Tutto ciò sta sotto il Ministero della Salute. Perché questo? Perché si ha una visione complessiva delle politiche dall'ottica della sicurezza del sistema sanitario, della salute dei cittadini, della salute dei consumatori e dei fruitori. Accanto a questo noi abbiamo due filiere di ricerca molto importanti, che si occupano del trasferimento tecnologico. Qui ci sono stanziamenti di rafforzamento sul trasferimento tecnologico importantissimi, che nel PNRR erano oggettivamente molto sottostimati: stiamo complessivamente intorno ai 500 milioni di euro.

Per un Paese come l'Italia, spero questo sia solo l'inizio, cioè che capiamo che l'investimento in ricerca, sia di base che traslazionale, è un elemento fondamentale. L'effetto leva, visto che parlavamo della leva di queste risorse, è uno a 144 dollari, cioè per ogni dollaro investito in ricerca ne ritornano 144. Ora, se noi siamo meno bravi degli americani, forse ce ne ritornano 70, però capite che sono investimenti che non solo si pagano da soli, ma che riescono a ripagare anche gran parte del debito che noi stiamo assumendo con il PNRR, almeno per quanto riguarda la parte sanitaria.

Questi 500 milioni vanno dagli istituti zooprofilattici agli IRCCS, cioè ai luoghi in cui si fa ricerca e sviluppo sulla profilassi, sulle vaccinazioni, sui virus animali e anche sulla zoonosi delle piante, quindi, su quello che può impattare sull'agricoltura. Immaginiamo il valore di questo tipo di ricerca, di questo sistema di controllo. Lo spillover l'abbiamo capito tutti che cos'è: è il balzo di specie e come questo poi impatta sugli esseri umani e, dall'altra parte, la rete dei nostri IRCCS, la rete degli istituti universitari di ricerca e le reti indipendenti. Qui dobbiamo essere in grado non solo di mettere il chip come Stato sugli investimenti in ricerca, ricordo di base e traslazionale, in un'ottica One Health e in un'ottica di scienze della vita, ma anche poi avere la capacità - e questa è una cosa che a noi ci ha fatto difetto, colleghi, in questi anni - di non fermarsi alla fase pre-brevettuale, ma riorganizzare queste straordinarie start up che oggi sono il mercato della scienza, sono la realtà della scienza. Se pensate che la maggior parte delle scoperte che sono arrivate in questo anno sugli anticorpi monoclonali, sui vaccini sono avvenute da start up, da piccole azioni di ricerca; da queste poi il balzo sul trasferimento tecnologico. Fargli fare il balzo del trasferimento tecnologico alle scoperte e alle applicazioni che vengono attuate, che vengono verificate nei nostri IRCCS o nei nostri istituti zooprofilattici.

Se noi, grazie alle misure che sono previste nel PNRR, riusciamo ad avere un approccio orizzontale alle politiche e, quindi, a capire che, ad esempio, gli investimenti che qui sono fatti e che sono previsti nelle scienze della vita, nell'aerospazio, altra cosa che non è avulsa, perché oggi la ricerca non è più una cosa a silos, ma riguarda più materie, gli investimenti e il rafforzamento delle nostre infrastrutture, di educazione e formazione e il trasferimento tecnologico, insieme all'impatto delle trasformazioni digitali, tutto ciò potrebbe costituire per l'Italia l'opportunità di fare una scelta molto forte su un settore tecnologico e industriale di conoscenza che ci permetterebbe, grazie a quello che già noi siamo, perché non partiamo da zero, di essere leader, sicuramente in Europa, e rimanere tra i 3-4 Paesi principali al mondo produttori di conoscenza. Pertanto, capaci di intercettare la grande trasformazione economica, industriale e globale che sta avvenendo in questi anni.

Noi qui siamo ad un bivio. Il bivio è: rimaniamo nello schema del passato, il PNRR, i fondi che arrivano dall'Europa, questo Fondo di sviluppo rimane come qualcosa che passa sopra di noi e ci dà un balsamo, rispetto alle ferite, ai milioni di posti di lavoro in bilico di questi di questi anni, una situazione di lacerazione, oppure è l'opportunità per noi di fare veramente un salto e proiettarci nei prossimi vent'anni da protagonisti? Questa volta non possiamo dare la colpa a nessuno se non ci riusciamo: abbiamo un Governo di larghe intese, un super Presidente del Consiglio, stiamo votando pressoché a maggioranza, quasi assoluta, i provvedimenti. Credo che questa volta ci debba essere proprio un coinvolgimento e una azione di responsabilità da parte tutti quanti per non farci perdere questa grandissima opportunità. Questo, ovviamente, non vuol dire che tutto va bene. Certo, ci sono delle cose che possono piacere di più, altre di meno; ci possono essere degli aspetti che vediamo fragili, ma abbiamo il tempo e anche la capacità per andare a chiudere quegli aspetti che vediamo già forti e rafforzare quelli che vediamo ancora un pochino fragili. Con questi 30 miliardi noi sicuramente non stiamo a zero. Quest'anno spenderemo il 14,5 per cento, se non sbaglio, dello stanziamento generale del PNRR, che sono risorse, ripeto, inimmaginabili e, quindi, noi avremo adesso, nei prossimi mesi, spero, un'attività parlamentare molto intensa nelle riforme di accompagnamento.

Vorrei dire un'ultima cosa perché la relatrice di minoranza ha giustamente sottolineato l'aspetto riguardante i finanziamenti sulla parte penitenziaria, che io ritengo molto importanti. Noi abbiamo bisogno di rendere le nostre carceri adeguate non solo all'impatto climatico, ma anche ad una vita da Paese civile e, sempre nella mozione di cui parlavo prima, noi abbiamo chiesto che ci fosse un rafforzamento delle REMS e, quindi, delle reti per quelli che erano i pazienti ex OPG, cioè degli ospedali psichiatrici giudiziari. Questo è un tema molto delicato, ma credo che in questo momento sapere che ci sono persone che stanno in carcere quando dovrebbero stare in un altro tipo di struttura è un impegno che dobbiamo assumere immediatamente e che deve essere assolutamente operativo. Quindi, anche qui abbiamo una mole di risorse che ci permette di raggiungere questi obiettivi. Va molto bene l'estensione del bonus - qui cambio argomento - quindi noi ci siamo molto battuti per il 110, per l'estensione alle strutture turistiche. È sicuramente uno degli strumenti che sta funzionando meglio, a proposito dell'effetto volano, e speriamo anche di poter capire nel “Sostegni” che vedremo a brevissimo in quest'Aula come aiutare anche, invece, quelle altre filiere che sono rimaste, purtroppo, più indietro in questa crisi.

È evidente che ci sono, nonostante l'effetto rimbalzo di questo primo mese e mezzo, delle filiere produttive nel nostro Paese che stanno soffrendo e alcune di queste sappiamo che avranno ancora vita non facile per i prossimi quattro, cinque sei mesi; quindi, è evidente che forse dovremo concentrarci sull'aiuto da dare per gestire le crisi aziendali di quelle filiere che hanno maggiore difficoltà. Il Partito Democratico da questo punto di vista ha lavorato su questi dossier, ma lavorerà anche su quelli che arriveranno nei prossimi giorni e nei prossimi mesi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Trano. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TRANO (MISTO-L'A.C'È). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, colleghi, mi duole fare una piccola premessa prima di entrare nella discussione generale di questo provvedimento. Vorrei farei una domanda, anzitutto a me stesso: qual è il ruolo del Parlamento? Che utilità ha questo Parlamento? Siamo, infatti, passati dalla centralità dello stesso, tanto decantata dal Presidente Fico, ad un Parlamento ormai svilito, oserei dire inutilizzato; ad esempio, sette giorni fa, esattamente alle 13, in Commissione bilancio è stato incardinato questo provvedimento. Dopo 6 ore, ci hanno comunicato il termine per la presentazione degli emendamenti: mi è sembrata un'anomalia gravissima che, dall'incardinamento, siano state concesse solo sei 6 per poterli presentare. Ovviamente, dopo le proteste di noi opposizione, siamo riusciti a far slittare il termine al giorno successivo, però questo è sintomatico, anzi io direi patologico; capisco che, ormai, i provvedimenti siano esaminati a fasi alternate, tra Senato e Camera, però non è neanche corretto che, su un provvedimento così ampio, con 30 miliardi di risorse finanziate, questo ramo del Parlamento non abbia la possibilità nemmeno di fare un piccolissimo emendamento, tant'è che, dopo tante ore di discussione, gli emendamenti approvati sono stati 0; questa è la misura della gravità.

Voglio ringraziare la sottosegretaria, che è sempre stata con noi in Commissione; si è sviluppata una dialettica anche positiva nel senso che ci ha più volte chiesto di ritirare alcuni emendamenti, trasformarli in ordine del giorno. Quindi c'è un atteggiamento positivo, che assolutamente non posso non notare e far presente qui in Aula, pero, ormai, qui siamo proprio alla farsa: si promette sempre al provvedimento successivo, poiché forse, se lo si presenta, vi sarà una possibilità; magari non sarà una cosa utile a noi de L'Alternativa c'è, ma per il Paese; però si rinvia sempre al prossimo provvedimento, con una promessa un po' da marinaio, come per dire: “nel frattempo, ti accontenti e poi si vedrà successivamente”.

Si capisce anche perché il Presidente Draghi abbia rivolto questo invito alla von der Leyen a Cinecittà per presentare l'approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: certo, perché il luogo nel quale si fanno cinema e le fiction è normale che sia anche quello deputato per fare questo tipo di presentazione.

Mi fermo qui con la premessa e cerchiamo di entrare nel provvedimento anche perché, dopo la mielosità della collega che mi ha preceduto, vorrei riportare il dibattito sul Paese reale, sui problemi reali, perché ce ne sono tanti in questo Paese, anche troppi. Ed allora iniziamo. Nel piano complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza sono previsti investimenti per strade sicure, aumentando i controlli su ponti, viadotti e tunnel; dunque, non posso che accogliere favorevolmente un'iniziativa volta a mettere finalmente in sicurezza la nostra rete autostradale; mi chiedo, però, quale sia il concetto di sicurezza di questo Governo perché, mentre si prevede lo stanziamento di tali somme su interventi da compiere in futuro, non noto la necessaria attenzione sulle attività da compiere nel presente e, a quanto pare, neppure il disastro del ponte Morandi ha insegnato qualcosa. Davanti a quella tragedia, la scelta, alla fine, è stata quella di regalare altri soldi a chi, non rispettando la convenzione, ha causato un dramma di simili proporzioni e si tollera che altri concessionari continuino a far cassa, nonostante, sulle loro tratte in concessione, vi siano viadotti considerati a rischio crollo, per i quali, pur di non fare le manutenzioni a cui sono tenuti, hanno avviati mille contenziosi. Inutile, a questo punto, promettere maggiori controlli in futuro quando, nel presente, i controlli sono sostanzialmente pari a 0 e viaggiare lungo la rete Autostrade per l'Italia continua ad essere una roulette russa. All'Italia servono subito strade realmente sicure, in caso contrario quelle verifiche da remoto sui ponti previsti in questo provvedimento non sono altro che l'ennesimo spot vuoto, utile a creare consenso a chi governa e non ai cittadini che hanno il diritto di spostarsi nel Paese, senza mettere a rischio la loro vita per l'incuria dello Stato e per gli appetiti insaziabili di pochi imprenditori. In questi mesi, è stato dato giustamente grande spazio alla svolta green dell'economia; i cambiamenti climatici non consentono ulteriori ritardi nella transizione ecologica, e questo è pacifico, ce lo siamo detto e ce lo stiamo dicendo da un bel po', ma ad un dibattito così ampio, nonostante la creazione di un Ministero ad hoc, quello del Ministro Cingolani, della Transizioni ecologica, non sono state altrettante ampie le iniziative che sono state messe in campo. Mi sembra singolare soprattutto la condotta dell'Esecutivo e di un'alta carica dello Stato sul fronte delle emissioni di gas a effetto serra. Come è noto, il traffico aereo è una delle principali fonti di tali emissioni e, mentre con il provvedimento di cui stiamo discutendo si cerca di incidere anche su tale aspetto, per mitigare il fenomeno dei cambiamenti climatici, c'è appunto chi utilizza gli aerei come taxi anche per compiere spostamenti minimi: un Ministro di questo Governo, ad esempio, per assistere ad un'esercitazione militare e prendere parte, nello stesso giorno, ad un tavolo interministeriale, il mese scorso ha fatto ricorso all'elicottero “blu” per spostarsi da Roma a Rieti per poi, dal capoluogo dell'alto Lazio, rientrare nella capitale; in auto; probabilmente, per lui erano troppi 60 chilometri. Davanti a simili comportamenti, progettare il Piano nazionale di ripresa e resilienza e la riduzione dei gas a effetto serra suonano come una beffa.

Veniamo invece finalmente alle risorse destinate ai territori dell'Abruzzo e del Centro-Italia, colpiti dai terremoti del 2009 e del 2016: aver lasciato tanti italiani in abitazioni di fortuna, costretti a soffrire per il gelo invernale e per la calura estiva, a causa di uno Stato che non è stato in grado di dare loro risposte nei tempi giusti, è una vergogna con cui dovremo fare i conti per sempre; qualcosa però anche con il Piano nazionale di ripresa e resilienza non va e non è chiaro come verrà ripartito quel miliardo 780 milioni, stanziato per le vittime dei due eventi sismici; questa è forse l'ultima occasione per consentire a quei territori di risollevarsi e a quelle persone, che hanno già tanto sofferto, di poter recuperare un minimo di serenità. I migliori dimostrino dunque una volta tanto di essere tali e presentino un Piano serio e deciso: distribuire male quelle somme sarebbe fatale alla comunità dell'Abruzzo, dell'alto Lazio, dell'Umbria e delle Marche. Non si improvvisa quando di mezzo c'è la vita di tante persone, e una vita già sconvolta dalla forza, a volte devastatrice, della natura.

Tra i finanziamenti previsti ci sono quelli per la ricerca sanitaria, un tema a me molto caro: mai come dall'inizio della pandemia abbiamo avuto modo di toccare con mano quanto sia importante investire in quel settore. Lo Stato ha il dovere di finanziare la ricerca sanitaria e di ottimizzare per il Paese i risultati che vengono ottenuti. Partiamo, però, con il piede sbagliato: dopo gli investimenti previsti, pesantemente bocciati dalla Corte dei conti, il Mise, soprattutto, spieghi che fine hanno fatto l'investimento per il vaccino italiano e la relativa ricerca portata avanti da ReiThera. Dovevamo avere da tempo il nostro vaccino, essere indipendenti dai colossi del farmaco e portare così avanti una campagna vaccinale rapida: non è accaduto nulla di tutto questo e l'intera operazione si è rivelata un misero flop, con una serie di errori, oggetto, tra l'altro, di un verdetto impietoso della magistratura contabile. Alla luce di una simile esperienza, il Governo chiarisca e spieghi cosa pensa di fare per favorire la ricerca sanitaria in futuro.

Con riferimento alla realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il rischio che i tempi di tale Piano non siano compatibili con le intermediazioni ministeriali e regionali è già da tempo paventato dai comuni e dalle province e, come risulta da passaggi previsti in alcune schede tecniche, il timore è anche fondato.

Prima che i fondi arrivino ai comuni, i passaggi saranno molteplici: la trasmissione della programmazione dalla regione al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, l'adozione del decreto ministeriale di approvazione della programmazione, l'individuazione delle stazioni appaltanti da parte delle regioni, l'affidamento, la progettazione esecutiva, la pubblicazione dei bandi per l'esecuzione dei lavori e, infine, all'aggiudicazione dei contratti. Dunque, in questi mille rivoli burocratici, dove l'intoppo e il ritardo sono all'ordine del giorno, vi è la possibilità che parte di questi fondi, oltretutto, possano essere distratti dalle criminalità, evenienza paventata anche dal direttore della UIF, l'Unità di informazione finanziaria presso la Banca d'Italia, il dottor Claudio Clemente, il quale, nell'ultimo rapporto annuale sull'attività svolta dalla sua unità, rileva che si annida la possibilità concreta che molti degli interventi più utili alla vita dei cittadini non vengano portati a termine. Su questo aspetto, già il generale della SCICO della Guardia di Finanza, in una recente intervista, aveva segnalato che, da marzo a dicembre 2020, ci sono state circa 14.000 transazioni di cambio di intestazione societaria, che è un numero spropositato durante la pandemia; quindi le criminalità non stanno ad aspettare, ma anzi si sono messe in moto da subito. Dunque, c'è sempre il rischio di criminalità e, ovviamente, ciò avviene in quelle aree che hanno maggiormente bisogno.

Poi c'è il tema del Mezzogiorno, che ancora una volta è stato preso in giro. Con le risorse del Recovery Fund la più grande sfida di sempre sta per abbattersi sul Sud del Paese più diseguale dell'Occidente, con investimenti pubblici e infrastrutture che arricchiscono solo alcune regioni e ne dimenticano scientemente altre. Nonostante le ripetute raccomandazioni dell'Unione europea, la squilibrata distribuzione della più grande quantità di risorse mai piovuta sul Paese - tanto a chi ha già il superfluo e quasi niente a chi non ha nemmeno il necessario; questa è l'equità del “piano Draghi” - vedrà il Mezzogiorno ottenere solo il 40 per cento - non del totale, sia chiaro -degli investimenti, di cui si può indicare la territorializzazione, ovvero sapere dove vanno a finire questi soldi. Quali sono queste opere? Sono opere già finanziate con risorse nazionali, il che vuol dire che non si aggiunge niente, ma si sostituiscono fondi italiani con fondi europei. E dire che la titolare del Ministero, Mara Carfagna, con un salto logico mortale triplo carpiato, aveva ammesso che al Sud spetterebbero ben più del 60 per cento dei miliardi del Recovery Fund: ma tra i capisaldi di questo Piano nazionale di ripresa e resilienza, non c'era quello di abbattere le disuguaglianze? Strade, reti di comunicazioni, ferrovie e diritti, dalla salute allo studio: vi faccio sommessamente notare che in alcune regioni del nostro Mezzogiorno, come la Calabria e la Sicilia, non esiste un sistema di trasporti integrato ed efficiente. Vogliamo realmente fare qualcosa per aiutare le nostre regioni del Sud a diventare attrattive per gli investimenti, a diventare un meraviglioso giardino di tesori e bellezze, finalmente godibile per i turisti, dando, ancor prima, l'opportunità a chi ci vive di non dover fuggire per cercare fortuna altrove? Qualche esponente del Governo ha mai avuto l'ardire di affrontare un viaggio in treno sulla costa ionica calabrese e sobbarcarsi un viaggio su un trenino che arranca, trainato da un locomotore diesel su un binario unico, impiegando 3 ore per collegare Catanzaro Lido e Reggio Calabria? Ripeto: 3 ore, il tempo che ci mette un treno ad alta velocità per portarci da Roma a Milano.

Poi, tra le tante riforme attese, c'è quella in relazione alla quale, personalmente, ho una maggiore sensibilità, cioè la riforma del fisco. Siamo in trepida attesa del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva delle Commissioni finanze di Senato e Camera, ma, nel frattempo che aspettiamo che arrivi questo bel documento, che poi verrà consegnato al Governo, che cosa accade nel Paese reale? Accade che a 5 giorni dalla scadenza del termine del 30 giugno per i versamenti delle imposte delle dichiarazioni, è arrivata una circolare dell'Agenzia delle entrate, esattamente la n. 7 del 25 giugno, che con i ritardi della pubblica amministrazione è riuscita veramente a superare ogni limite: perché? Perché questa circolare viene pubblicata il pomeriggio di venerdì 25 giugno, quando mancano soltanto due giorni lavorativi alla scadenza del termine. Poi, non è una circolare semplice, ma è una circolare di 539 pagine che fornisce chiarimenti su molti aspetti e molte detrazioni su molti punti importanti del dichiarativo; quindi, 539 pagine, a due giorni lavorativi dalla scadenza del termine, è un fatto in completo spregio del lavoro dei professionisti i cui studi, in questi mesi, sono stati sottoposti a un carico di lavoro abnorme e che, anziché poter fare affidamento su informazioni chiare e tempestive, devono scontare i ritardi cronici di una pubblica amministrazione del tutto incurante delle conseguenze che i suoi ritardi determinano, non solo nei confronti del lavoro degli intermediari, ma degli stessi cittadini. Aggiungo che questo vale anche per l'esonero contributivo e il ritardo dei relativi decreti attuativi, tant'è che la situazione è stata sbloccata solamente a pochi giorni dalla scadenza, quando, lo scorso 25 giugno, l'INPS ha reso noto il differimento del versamento del primo acconto. Quindi, mentre noi ci prodighiamo per realizzare un fisco amico, un fisco equo, per fare questa riforma, dopo cinquant'anni dalla “riforma Cosciani”, intanto avviene tutto questo nel Paese reale, cioè che la pubblica amministrazione presenta delle defezioni enormi, macroscopiche. Su questo, almeno vi posso sollevare dicendo che non è responsabilità di questo Governo ma di tutti i Governi, perché si lascia tranquillamente e liberamente fare all'Agenzia delle entrate il bello e cattivo tempo; quindi anche questa storia, prima o poi, dovrà finire e magari qualcuno se ne accorgerà nella riforma del fisco. Dunque, questo è quello che avviene nel Paese reale, però, come si dice, al peggio non c'è mai fine. C'è infatti la questione dei 150 economisti italiani che hanno scritto una lettera al Presidente Draghi contro i consulenti liberisti che egli ha nominato nel nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica. Tra di loro ci sono tutti uomini di provenienza del Nord - e forse questo magari può essere di indicazione del perché queste risorse vadano più al Nord che al Sud - e preoccupa che abbiano questa visione economica estremista, caratterizzata dalla fiducia incondizionata nella capacità dei mercati di risolvere qualsiasi problema economico e sociale, quindi minimizzando la questione del Mezzogiorno e del cambiamento climatico; con questo, chiudiamo quindi il cerchio con quello che è stato detto precedentemente. Dunque, il primato di questo Governo è anche quello di riuscire a far arrabbiare 150 professori e ricercatori italiani, del tutto pacifici, anche su questo tipo di scelte.

Ho fornito soltanto alcune pillole su questo provvedimento, su cui purtroppo non c'è stata data possibilità di effettuare una lavorazione e delle modifiche emendative. Ripeto: non era un provvedimento sciocco, ma un provvedimento da 30 miliardi di euro e sarebbe stata cosa buona e giusta se anche questo ramo del Parlamento avesse potuto dire la propria.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Patassini. Ne ha facoltà.

TULLIO PATASSINI (LEGA). Grazie, Presidente, onorevoli colleghe e colleghi. Come già altri hanno anticipato, oggi abbiamo in discussione il Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza, un importante intervento economico a sostegno del nostro sistema produttivo e imprenditoriale d'Italia di 30,6 miliardi. Infatti, talvolta in quest'Aula dimentichiamo che abbiamo combattuto una guerra difficile, una guerra importante, contro un nemico sconosciuto ma insidioso - il COVID -, che ha causato un calo del PIL nel 2020 di quasi il 10 per cento: sono miliardi di euro che sono stati sottratti al nostro sistema economico e produttivo. L'Italia ha saputo reagire - sta reagendo - e oggi è il primo giorno - vorrei ricordarlo ai colleghi - in cui all'aperto non indosseremo più la mascherina, come primo segno di ritorno alla normalità.

I dati sanitari sono in miglioramento, c'è meno pressione negli ospedali e, quindi, è giusto anche ricominciare a vivere e riprendere quel percorso di normalità che è stato interrotto. Come dicevo prima, è una guerra che ha lasciato tante tracce, combattuta dai nostri medici, dal nostro personale sanitario, purtroppo con qualche vittima, qualche nostro concittadino che ci ha lasciato. Ma, in realtà, è una guerra che ha lasciato profondi segni nell'economia. Noi confidiamo e siamo consapevoli che il 2021 e il 2022 saranno gli anni della rinascita, della ripartenza; le previsioni danno un PIL italiano sopra il 4 per cento in entrambi gli anni. Questa è la vera sfida che dobbiamo combattere: riuscire a recuperare in due anni, due anni e mezzo, il terreno perso e riprendere quel percorso di sviluppo che l'Italia ha e merita. Chiaramente è stata una battaglia internazionale. Solo il commercio mondiale - l'abbiamo visto nella relazione al DEF - ha perso oltre il 5 per cento. Questo sistema di scambi sta tornando, ma deve anche far ripensare il nostro modello industriale, un modello industriale globale che non può prevedere solo Paesi produttori e Paesi consumatori, ma un modello industriale che al suo interno abbia Paesi consumatori e produttori allo stesso tempo. Questo è l'aspetto fondamentale.

In questi sei mesi il Governo Draghi è intervenuto fortemente nel sistema economico e industriale italiano, con il “decreto Sostegni” e abbiamo in discussione prossimamente il “Sostegni-bis”, abbiamo pronti 72 miliardi di euro, di cui una parte sono stati erogati e una parte sono in corso di erogazione. È una scelta importante per far ripartire il sistema. In questa guerra il nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato approvato dall'Europa con 10 A. Penso che poche volte l'Italia ha avuto un consenso così importante a livello europeo. E Cinecittà non è il cinema, come qualcuno ha detto. L'incontro tra Draghi e Ursula von der Leyen nasce in uno dei luoghi fondamentali dello sviluppo economico dell'Italia, una realtà realizzata, da un punto di vista urbanistico ed edilizio, prima e durante la guerra, ma che, in realtà, simboleggia la capacità dell'Italia di essere forte e presente sul mercato internazionale. Infatti, l'Italia è manifattura, è turismo, è cultura, è ambiente, è anche cinema. Spesso noi non apprezziamo adeguatamente la forza e la capacità del popolo italiano di essere reattivo alle sfide che abbiamo. Anche questo Fondo complementare, 30,6 miliardi, un grande esempio dell'Italia, che vuole rinascere e, quindi, investe, oltre ai fondi europei, somme proprie. Un totale di 235 miliardi, derivanti dai fondi del Recovery, dal REACT-EU e dal Fondo complementare al PNRR. Tra l'altro, questo Fondo è una cinghia di trasmissione, è un modo per velocizzare, anticipare e meglio modulare gli investimenti che verranno fatti con il PNRR. I primi 25 miliardi sono già in arrivo grazie alle 10 A che l'Italia ha preso in Europa, come qualcuno di noi, tornando genitore, il cui magari figlio torna da scuola e incassa, grazie al lavoro svolto, 10 A. Una cinghia di trasmissione importante per poter andare come un ammortizzatore, come un cuscinetto, a sopperire magari a delle temporalità. La nostra emergenza è mettere in campo somme velocemente e in maniera efficace. Viene, in questo modo, incrementato il Fondo per lo sviluppo e la coesione, proprio quel Fondo nato per rimuovere gli squilibri economici e sociali del nostro Paese, dove vi sono investimenti importanti sia al Sud che nelle aree interne al nostro Paese, quelle dove il fallimento di mercato potrebbe portare a un progressivo spopolamento di quei territori. Un Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021-2027 con cui potranno essere finanziati grandi opere, ma anche interventi funzionalmente connessi. Finalmente avremo la possibilità di monitorare l'avanzamento delle nostre opere, perché ci sarà una cabina di regia. Chiaramente la Presidenza del Consiglio dei Ministri farà un'opera di coordinamento e monitoraggio e, per ciascuna opera, per ciascun intervento, per ciascun euro speso in Italia, verranno definiti obiettivi iniziali, intermedi e finali. Questo perché vorremmo essere anche pronti, efficaci e capaci di rispondere velocemente alle esigenze di questo Paese. Addirittura, qualora una amministrazione non sia in grado di spendere in maniera efficace ed efficiente quello concesso, vi è anche la possibilità che lo stesso finanziamento - ovviamente con le modalità previste nel decreto - venga revocato. E le risorse disponibili verranno redistribuite fra i migliori, cioè attraverso sistemi premianti, per cui chi si è comportato meglio nell'utilizzo delle risorse potrà utilizzarle per ulteriori opere. Le opere, le iniziative e i progetti sono veramente tanti, quelli previsti dal Fondo complementare e dal PNRR, ma sono tutti in coerenza con gli obiettivi europei, in particolare con gli obiettivi climatici, ovvero il mantenimento di un livello di tutela e di salvaguardia dell'ambiente, a livello di mitigazione, adattamento, uso sostenibile e protezione delle acque e delle risorse marine, a livello di economia circolare, di prevenzione e riduzione dell'inquinamento, protezione e ripristino delle biodiversità e degli ecosistemi. Ricordo a quest'Aula che abbiamo degli obiettivi sfidanti a livello di decarbonizzazione: nel 2030, il 70 per cento della nostra energia elettrica dovrà essere prodotta da fonti rinnovabili e, addirittura, a livello europeo e mondiale, avremo l'obiettivo importantissimo, nel 2050, di raggiungere la neutralità climatica. È un percorso difficile, un percorso che l'Italia sta affrontando. Solo per dare qualche numero, noi avremo bisogno di mettere a terra 70 gigawatt di rinnovabili nei prossimi 9 anni. Al momento siamo in ritardo, perché abbiamo messo a terra meno di 1 gigawatt all'anno. Quindi, il percorso è difficile. Per questo è in discussione nei prossimi giorni ed è già all'attenzione delle Commissioni competenti il “decreto Semplificazione”, perché spesso l'imprenditorialità, la capacità, il genio italiano, viene bloccato da lacci e lacciuoli burocratici. Noi abbiamo bisogno di liberare risorse ed energie, in particolare in questo momento difficile, in questo momento in cui stiamo uscendo dall'emergenza COVID e dobbiamo rilanciare il nostro tessuto economico e produttivo. Abbiamo bisogno di utilizzare nel processo di decarbonizzazione ogni energia e ogni fonte alternativa al fossile: idroelettrico, eolico, idrogeno, non solo l'idrogeno verde, ma anche l'idrogeno blu, visto che il nostro Paese ha bisogno di una transizione ecologica che sia economicamente e industrialmente sostenibile, biocarburanti e GNL. Tra l'altro - e porto solo un esempio - uno dei progetti finanziati da questo Fondo complementare è l'importante intervento al largo delle coste di Ravenna. Lì veramente sta nascendo e nascerà un polo energetico di 500 megawatt, in cui verranno sfruttati e utilizzati al massimo il vento, il sole e l'idrogeno. Infatti, noi italiani siamo anche in grado di poter fare grandi cose e l'abbiamo dimostrato in tutto il mondo. L'obiettivo che vorremmo porci è che ogni euro utilizzato oggi sia e diventi effetto leva per lo sviluppo del futuro, ogni euro impiegato diventi moltiplicatore per far crescere industrie, infrastrutture, posti di lavoro e benessere per i nostri cittadini, soprattutto, come ho detto prima, nel comparto ambientale, ma anche nel comparto dell'innovazione tecnologica. Addirittura in questo Piano sono previsti 500 milioni di euro per la realizzazione di interventi di rilevante impatto tecnologico, per attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale di numerosi progetti, guidati dal MiSE, dal Ministero dello Sviluppo economico, dove il Ministro Giorgetti sta lavorando egregiamente per rilanciare in maniera forte e decisa questo Paese. Con il Ministro Giorgetti si è vista una nuova marcia, si è vista la capacità di questo Paese di reagire e di poter utilizzare in maniera positiva la sinergia tra pubblico e privato. Tra l'altro, questi progetti comprenderanno, come ho detto prima, la produzione di idrogeno anche in aree industriali dismesse. Obiettivo è ridurre il consumo di suolo e recuperare il nostro bel Paese.

Ma non solo: addirittura valorizzare gli impianti di produzione innovativi sia off-shore che on-shore e valorizzare progetti privati tra i 5 e i 40 milioni di euro. Aspetto fondamentale è investire nel nostro sistema produttivo almeno 5 miliardi di euro nella Transizione 4.0, per l'acquisto di beni strumentali, per permettere alle nostre imprese di essere competitive sul mercato internazionale dei beni tecnologici, dei beni innovativi, ma anche dei beni di consumo, dei beni di mass market. Quindi, come dire, un ex super-ammortamento che è stato rivisto e riadattato al variare dei tempi.

Ma questo Fondo complementare non dimentica alcun settore e, in particolare, l'agricoltura. Faccio un esempio: i contratti di filiera. Nel PNRR, nel Fondo complementare, sono stati previsti 1,2 miliardi per i contratti di filiera, per i settori agroalimentari, della pesca, dell'acquacoltura, della floricoltura e del vivaismo, perché la nostra agricoltura di qualità ha bisogno di una filiera dal campo al carrello del nostro consumatore per poter essere adeguatamente valorizzata, evitando importazioni di cibo che non sia garantito da un punto di vista di salubrità pubblica e, in realtà, creando di quei rapporti sinergici per cui il made in Italy sia assolutamente garantito. Le statistiche dicono che l'Italian sounding, quindi l'imitazione di prodotti agricoli in Europa e nel mondo, costi all'Italia tra i 70 e i 100 miliardi di euro di mancate vendite. Questo è un gap che va colmato e che dobbiamo colmare. Come? Certificando sempre di più le nostre filiere, valorizzando le nostre filiere, valorizzando l'agricoltore, che spesso, in questo percorso, è la parte che economicamente rimane più debole, e rilanciando ancora di più, come stanno facendo i nostri Ministri - il Ministro del Turismo Massimo Garavaglia, il sottosegretario Gian Marco Centinaio all'agricoltura e lo stesso Ministro Giorgetti -, il made in Italy, che è un insieme di cose, ma che ha in sé il fascino dell'Italia, nell'agroalimentare e, come ho detto prima, nell'alta tecnologia. E qui porto un altro esempio: l'ecosostenibilità delle produzioni agricole e, quindi, valorizzare i distretti e il biologico, perché il 25 per cento di questi interventi andrà a favore del biologico. E qui ricordo le Marche, con cui stiamo lavorando in maniera forte e intensa, affinché diventino il primo distretto italiano a livello di biologico. Poi, per rimanere in ambito di aree interne e di Marche, in questo Piano complementare, sono previsti 1,78 miliardi di euro a favore delle popolazioni terremotate che hanno subito, prima, il sisma del 2009 e, poi, il sisma del 2016, che hanno lasciato forti segni sul tessuto urbanistico ed economico di quei territori. Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio, aree interne che già soffrivano un progressivo spopolamento che, grazie a questi interventi economici, potranno tornare a rivedere il futuro, potranno rinascere, perché abbiamo tantissime aree interne nel nostro Paese e proprio una strategia per le aree interne deve essere ancora di più calata su questo territorio, e calata da questo Parlamento su quei territori. In questo Fondo complementare sono previsti 300 milioni di euro proprio per le aree interne, a livello di rete viaria, dissesto idrogeologico, cura dell'ambiente. Sono somme importanti, perché, pensate che, in quindici anni, in questo Paese sono stati investiti 480 milioni; noi investiamo 300 milioni solo in un anno. Sono territori che, ormai, occupano il 50 per cento del territorio italiano, il 60 per cento dei nostri comuni, addirittura il 22 per cento della popolazione, ma sono luoghi dove è più difficile fare impresa, dove è più difficile vivere e dove l'intervento dello Stato deve essere più forte.

Noi abbiamo un sogno, ma un sogno che diventerà realtà: quello di dare - oltre la ricostruzione urbanistica, che è già partita grazie all'attività delle regioni, degli uffici speciali per la ricostruzione, del Commissario per la ricostruzione - un forte segnale a livello di sviluppo socioeconomico, perché sono le aree di cerniera della nostra Italia, sono le aree di cerniera tra il Tirreno all'Adriatico. Per questo, come gruppo Lega, abbiamo già depositato, a dicembre, una proposta di legge che valorizzi proprio lo sviluppo economico di quei territori: che sia una zona economica speciale per il sisma, ma che vada oltre; che siano, come va di moda nel modello anglosassone, degli interventi economici fiscali calati proprio su quei territori, perché sono territori che hanno delle peculiarità importanti, ma sono anche territori che, con un po' d'aiuto, possono partire più forti e più saldi di prima. Addirittura, c'è il progetto, in questo Fondo complementare, per lavorare verso la transizione digitale di quei territori: quindi, sono previsti 800 milioni per creare delle case dei servizi alla cittadinanza, dove sia possibile accedere con Internet a banda larga, ma dove sia anche possibile avere uno sportello di prossimità con tutti i servizi. C'è già un progetto previsto di 4.800 comuni, con l'ufficio postale - che spesso è l'unico presidio dello Stato in quei territori - che diventi punto di riferimento anche per i cittadini che devono, magari, prenotare una visita sanitaria o devono poter fare una domanda o devono. Comunque. accedere ai servizi innovativi. Ma, addirittura, andando oltre, creare degli spazi di co-working nei paesi e nei centri medi di questi piccoli comuni, cioè fare sì che vivere sulla costa o vivere nelle aree interne diventi una scelta e non una necessità. Questo è l'aspetto fondamentale.

Da qui, questo fondo complementare interviene in maniera forte sulla rigenerazione urbana anche delle nostre periferie, che necessitano di diventare belle per poter essere dei bei luoghi dove vivere. Quindi, efficientamento, riqualificazione, razionalizzazione degli spazi, addirittura utilizzando il sistema dei piani urbani integrati, laddove qui sono previsti quasi 3 miliardi di euro. Housing sociale, rigenerazione urbana, ma, addirittura, smart city, quindi sistemi veramente in cui sia bello vivere. In questo caso, l'attenzione per tutti deve essere quella di limitare il consumo di suolo in ogni parte d'Italia e valorizzare, invece, iniziative, pubbliche o private o in partnership tra pubblico e privato, di copartecipazione, cofinanziamento, perché recuperare una nostra area dismessa significa non solo fare un'operazione urbanistica, ma fare anche una grandissima operazione sociale, soprattutto per i nostri giovani, anche a livello di integrazione, perché un luogo bello diventi bello. Ma, addirittura, in questo Fondo, finalmente c'è la previsione, per 4,3 miliardi di euro, di prorogare superbonus e sismabonus, in particolare, per gli Istituti autonomi case popolari e per i condomini, quindi arrivando fino al 2023 e potendo finalmente avviare l'efficientamento energetico anche di queste importanti e grandi strutture.

Ma da qui vorrei allargarmi a un altro aspetto: il recupero del nostro patrimonio urbano arriva anche attraverso il recupero del nostro patrimonio artistico urbano. Ovvero, noi abbiamo tantissimi palazzi, castelli, ville che sono di proprietà privata, ma che hanno un ruolo pubblico per la posizione strategica, per poter essere ben inseriti in tessuti urbani. Su questo, chiaramente, come Parlamento e come Governo, va fatto un ragionamento per permettere anche, attraverso adeguate forme di incentivazione fiscale, il recupero del patrimonio privato di elevato livello artistico, ma anche in generale, perché quante volte ci sono dei bellissimi castelli i cui proprietari, purtroppo, per il costo stesso, non sono in grado, spesso, di poterli recuperare? Quindi, questo è un aspetto che va considerato.

E da ultimo - grazie Presidente, per il tempo che ha concesso - vorrei dire che lo sviluppo delle aree interne passa anche per la maggiore sinergia tra aree interne e sistemi portuali e aeroportuali. Questo è un aspetto fondamentale e in questo Fondo complementare sono previste somme importanti - quasi 10 miliardi di euro - per il rinnovo delle nostre flotte, di bus, treni e addirittura navi, ma per quanto riguarda i nostri porti c'è veramente una scelta di valorizzare i nostri porti e di renderli ecocompatibili, con l'elettrificazione delle banchine e con lo sviluppo di sistemi integrati. Porto solo un esempio: dopo tanti anni che se ne parla, con il Governo Draghi finalmente è partita la progettazione e la realizzazione - mi auguro a breve - del passante stradale dal porto di Ancona all'aeroporto e all'interporto. Sono 100 milioni che sono stati già previsti e che permetteranno in quella zona d'Italia - e su questo l'intervento del gruppo Lega anche qui è stato veramente importante e qualificante - ai TIR di poter raggiungere l'aeroporto e l'interporto attraverso un passante stradale - e ci auguriamo che a breve diventi anche un passante ferroviario - riaprendo la stazione marittima. Nell'arco di 10 chilometri, in quel territorio, c'è veramente la possibilità di creare un sistema logistico integrato, che necessita veramente di infrastrutture. Ancona, storicamente e per mille anni, è stata la città che guardava più verso i Balcani, la città che guardava di più verso l'altra parte dell'Adriatico. Per questo, da lì occorre ragionare su un sistema per utilizzare Ancona come porta verso i Balcani, verso la Croazia, verso l'Albania, verso la stessa Serbia, come già alcuni imprenditori stanno facendo (alcuni imprenditori illuminati); per far diventare Ancona un terminale (già è un terminale di un corridoio europeo verticale, TEN-T) e incrementare ancora di più - e su questo aspetto il Governo e anche il Ministero della mobilità sostenibile stanno già lavorando - un collegamento viario e stradale tra Civitavecchia e Ancona. Quindi, tagliare in qualche modo e finalmente raggiungere questo sogno, che è la strada dei due mari: ci sono 500 milioni di euro già previsti per il raddoppio della linea Orte-Falconara; ci sono interventi che sono stati fatti sulle superstrade dalla parte laziale e dalla parte marchigiana; lavoriamo sulla continuazione di questo progetto perché è il futuro delle aree interne, ma è il futuro del Centro Italia, che passa per questo collegamento ideale; da qui, cominciamo a guardare verso i Balcani, come già da qualche mese si sta facendo. Quindi, dire che questo decreto è un decreto povero è assolutamente ingrato per il lavoro che è stato fatto: è un decreto importante.

Questo è un tassello di 235 miliardi, che verranno inseriti e che verranno utilizzati per far ripartire finalmente il nostro sistema Italia - e ringrazio il sottosegretario qui per la sua presenza e, a nome suo, tutto il Governo -, affinché ogni euro speso di questi 235 miliardi diventi un volano economico per l'Italia.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Flati. Ne ha facoltà.

FRANCESCA FLATI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi e membri del Governo, come hanno già detto alcuni miei colleghi intervenuti proprio poco fa, oggi iniziamo la discussione generale sul Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza, a cui si affiancano anche altre misure urgenti per gli investimenti. In quest'Aula ci siamo confrontati mille volte sulla crisi economica causata dalla pandemia da COVID-19, una crisi che ha colpito duramente tutti i Paesi del mondo e, purtroppo, a pagare il prezzo più alto - lo sappiamo e lo diciamo molto spesso - sono stati proprio donne e giovani. Dobbiamo rilevare che in Italia nel 2020 il PIL è calato dell'8,9 per cento. Certo, sappiamo che questa è anche una naturale conseguenza delle misure restrittive che hanno danneggiato veramente tutti i settori della nostra società. Allora, è in questo contesto che si inserisce il Piano nazionale di ripresa e resilienza (quello che, per abbreviazione, noi chiamiamo PNRR): ma che cos'è? Cerco di spiegarlo, Presidente, soprattutto per i cittadini, perché non tutti hanno ben chiaro di che cosa si tratti. Iniziamo con il dire che il Piano nazionale di ripresa e resilienza non è altro che il programma italiano di riforme e investimenti presentato alla Commissione europea nell'ambito del Next Generation EU. Parliamo, quindi, dello strumento temporaneo di ripresa che contribuirà a riparare i danni economici e sociali - danni immediati - causati dalla pandemia da Coronavirus. È uno strumento che in totale vale 750 miliardi di euro, di cui più della metà (in particolare 390) è costituita da sovvenzioni; questi sono fondi che la Commissione europea reperirà sul mercato dei capitali. Lo scopo ultimo che si vuole raggiungere attraverso il Next Generation EU è quello di creare un'Europa post-COVID che sia più verde, digitale, resiliente e pronta ad affrontare le sfide del presente e del futuro. Questa opportunità è arrivata proprio grazie all'Italia, perché è l'Italia ad essersi impegnata sui tavoli europei per promuovere una significativa risposta proprio a livello europeo. Ricordiamo che l'accordo preso dal precedente Governo ci ha anche resi i maggiori beneficiari delle risorse del Recovery Fund. Quindi, lo scorso e l'attuale Governo hanno lavorato per realizzare un Piano nazionale di ripresa e resilienza che, peraltro, è stato da poco approvato dalla Commissione europea, quindi, entro l'estate dovremmo riuscire a ottenere la prima tranche di risorse.

Presidente, siamo tutti consapevoli che questo Piano rappresenta l'opportunità per una svolta nello sviluppo italiano del prossimo decennio e forse anche qualcosa in più sia nella programmazione che nell'attuazione degli investimenti. Sappiamo che bisogna segnare una discontinuità decisiva, che bisogna volgere allo sviluppo sostenibile, imprimere una digitalizzazione e portare avanti l'innovazione, ridurre i divari e le disuguaglianze sociali. Infatti, sappiamo anche che l'Europa ha individuato sei grandi aree di intervento, che potremmo chiamare le direttrici o i pilastri di questo Piano. Questo significa che il nostro Piano di ripresa doveva focalizzarsi su alcune tematiche ben precise, in particolare la transizione verde, la trasformazione digitale, la crescita intelligente che sia anche sostenibile e inclusiva, la coesione sociale e territoriale, la salute, la resilienza economica ma anche la resilienza sociale e istituzionale; inoltre, le politiche per le nuove generazioni, l'infanzia e i giovani. È assolutamente quello che abbiamo fatto e l'Italia ha ottenuto il massimo delle risorse a disposizione, una cifra pari a 191,5 miliardi di euro, divise in 68,9 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro in prestiti. Alle risorse di cui abbiamo appena parlato si aggiungono anche quelle rese disponibili dal REACT-EU, pari a 13 miliardi di euro, ma non basta: ci sono infatti anche quelle oggetto proprio del nostro dibattito oggi in Aula, cioè quelle che afferiscono al Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza, frutto della programmazione nazionale aggiuntiva, che sono pari a 30,62 miliardi di euro.

Quindi, se volessimo fare un calcolo totale di tutte queste risorse, parliamo di circa 235,12 miliardi di risorse destinate alle sei missioni che ho precedentemente indicato e, quindi, alle sei aree di intervento del PNRR. Noi, Presidente, abbiamo la responsabilità di mettere a frutto tutti questi 235 miliardi del piano di rilancio, perché sono arrivati grazie a un incessante lavoro e saranno fondamentali per la ripresa del nostro Paese. Quindi, considerato tutto quello che ho appena detto, è evidente che le linee di investimento dovranno essere accompagnate da una strategia di riforme. Sarà necessario aumentare l'equità, l'efficienza e la competitività del nostro Paese.

Grazie a questo Piano abbiamo finalmente la possibilità di affrontare quelle annose debolezze che da sempre caratterizzano l'Italia e dobbiamo affrontarle in un'ottica finalmente strutturale, in modo che, ai fini della ripresa e resilienza del sistema economico-sociale, sia possibile superare questo momento di grave crisi pandemica. Ma allora, le azioni che vogliamo mettere in campo non possono prescindere dal voler aumentare il potenziale di crescita dell'Italia, dal voler ridurre le perduranti disparità regionali che si affiancano, purtroppo, anche alle disparità intergenerazionali e di genere. Sono fattori che per lo più possono risultare invisibili, troppo spesso sono stati trascurati, troppo spesso non si è operato per riuscire davvero a risolvere questi gap, e invece sono fattori che agiscono sotto traccia e che, purtroppo, rallentano lo sviluppo dell'economia italiana. Io so, Presidente, che le mura di quest'Aula hanno sentito la locuzione “crescita economica” un numero davvero infinito di volte. Forse, è uno dei concetti più abusati dalla politica, anche perché, dietro al richiamo alla crescita economica, troppo spesso si sono nascosti interventi che con la crescita avevano poco a che fare, come ad esempio il neoliberismo, la privatizzazione di asset pubblici strategici, lo smantellamento delle tutele dei lavoratori, le tante misure che hanno creato e contribuito a creare proprio queste disparità che noi oggi dobbiamo assolutamente cercare di risolvere. E allora tanto più oggi dobbiamo sentire fortemente la responsabilità di sfruttare ogni risorsa disponibile, proprio per poter integrare gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza con queste risorse nazionali. Ecco cos'è il Piano nazionale per gli investimenti complementari di cui oggi stiamo discutendo. Per entrare più nello specifico e, quindi, andare a vedere che cosa è scritto all'interno del testo di questo Piano, ricordo che al comma 1 si stanzia la cifra di 30,6 miliardi di euro, che sono l'ammontare complessivo di risorse stanziate dal 2021 al 2026, mentre al comma 2 si definisce la ripartizione di queste risorse tra le amministrazioni centrali competenti e si individuano i programmi e gli interventi a cui destinare le risorse, sottolineando, peraltro, anche i relativi effetti finanziari che si vanno a determinare anno per anno. Quindi, come vediamo, questo provvedimento mette in campo una cifra molto ingente; d'altra parte, pensiamo che all'incirca una manovra di bilancio ammonta fra i 20 e i 30 miliardi di euro; ed ecco si tratta di più di 30 miliardi che sono destinati, da qui al 2026, ad interventi fondamentali come interventi in infrastrutture, al sostegno degli investimenti delle imprese, alla sanità, all'ambiente. Sono tutti temi cruciali, di cui abbiamo compreso la primaria importanza proprio a causa degli effetti tragici di questa pandemia. All'interno del decreto possiamo notare anche due finanziamenti che singolarmente sono i più cospicui e, quindi, sono quelli a cui è stato garantito il maggior gettito di risorse a livello singolo; le ricordo perché sono due misure ideate e fortemente volute dal MoVimento 5 Stelle: sto parlando del superbonus 110 per cento e del Piano di agevolazioni agli investimenti delle imprese in transizione 4.0. Tra Fondo complementare e Piano di resilienza vero e proprio, le due misure risultano destinatarie di circa 20 miliardi ciascuna, e quindi si tratta di cifre veramente molto importanti. Sono dotazioni che permetteranno finalmente a queste misure di sprigionare davvero tutto il loro potenziale, che peraltro già hanno cominciato a dimostrare negli ultimi mesi. Per esempio, secondo gli ultimi dati, il valore dei lavori programmati grazie al superbonus 110 per cento ha raggiunto quota di 2,5 miliardi, con un aumento del 1222 per cento da inizio anno: è una cifra incredibile. E questi due importanti investimenti sono affiancati anche da tanti altri investimenti, da tanti altri finanziamenti. Sempre nel Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza troviamo, per esempio, uno stanziamento di più di 1,7 miliardi di euro destinati alle aree colpite dai terremoti del 2009 e del 2016; circa 1,5 miliardi di euro stanziati per garantire investimenti nei nostri porti; più di 1,4 miliardi per investire il monitoraggio dinamico di autostrade, ponti e viadotti. Troviamo anche 9,4 miliardi che, da qui al 2030, garantiranno un miglioramento dell'alta velocità ferroviaria; quindi, come vede, Presidente, c'è davvero una grandissima attenzione - e finalmente, direi - all'ammodernamento delle nostre strutture. Poi troviamo anche 700 milioni di euro stanziati per l'elettrificazione delle banchine. Quasi 2,4 miliardi, invece, vanno ad un tema fondamentale come quello della sanità, che, proprio a causa della pandemia, ha dimostrato tutta la sua fragilità e la necessità di intervento proprio in questo settore; di questa cifra, 1,4 miliardi è destinato agli ospedali e a questa cifra ulteriormente si aggiungono 500 milioni, che, invece, sono destinati ad iniziative di ricerca per tecnologie e percorsi innovativi in ambito sanitario. Ora, è già stato menzionato il finanziamento per ecobonus e sismabonus, e per queste misure sono stati stanziati più di 4,5 miliardi di euro. In questo modo facciamo un importantissimo passo in avanti, con una prima proroga della misura e dei suoi effetti positivi. Gli interventi effettuati sugli immobili adibiti ad edilizia residenziale pubblica, infatti, potranno beneficiare del bonus anche per le spese sostenute fino al 30 giugno 2023, mentre ad oggi il termine era fissato al 31 dicembre 2022. Inoltre, per gli interventi per i quali alla data del 30 giugno 2023 siano stati effettuati lavori per almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo, la detrazione al 110 spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023. Analoga proroga verrà poi applicata a condomini e persone fisiche, che potranno beneficiare della detrazione del 110 sulle spese sostenute entro il 31 dicembre 2022 e per le quali, alla data del 30 giugno 2022, siano stati effettuati già lavori per almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo. Ora, Presidente, perché sto sottolineando così tante caratteristiche dell'ecobonus? Perché per il MoVimento 5 Stelle, ad oggi, è fondamentale estendere le tempistiche della proroga almeno fino alla fine del 2023 e per tutte le tipologie di intervento; così come è importante garantire il ricorso alla maxi agevolazione anche ad altre categorie produttive, come per esempio quelle legate al turismo alberghiero ed extra alberghiero. D'altra parte, puntare sull'efficienza energetica e sulla riqualificazione in chiave antisismica degli edifici pubblici e privati porta con sé diversi vantaggi, che abbiamo spesso visto in questi mesi. Più del 60 per cento del patrimonio immobiliare che noi abbiamo ereditato ha un'età superiore ai 45 anni e, quindi, riuscire a metterlo in sicurezza è decisamente un investimento indispensabile. Per questo, oltre al superbonus 110 per cento per l'edilizia privata, sono previsti anche interventi per le scuole e per le cittadelle giudiziarie. Si tratta di investimenti che rappresentano una leva veramente importante per risollevare il Paese e anche per perseguire, contestualmente, l'obiettivo della transizione ecologica e solidale. E quindi, rilanciando un settore importante e fondamentale come quello dell'edilizia, riusciamo anche a guardare al futuro e ad avere un occhio a quello che ci aspetta, un occhio alla transizione verde e, quindi, ad un diverso approccio all'economia, cosa che dobbiamo assolutamente portare avanti proprio partendo dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Inoltre, durante l'esame del decreto all'interno della Commissione bilancio, il MoVimento 5 Stelle è riuscito a far approvare altri emendamenti di fondamentale importanza. In primo luogo, è stato realizzato un fondo da 135 milioni per l'istituzione di una rete unica di interconnessione delle scuole; grazie a questa rete, i nostri istituti lavoreranno meglio e più rapidamente.

E arriviamo ad una misura che per me rappresenta veramente un primo piccolo, ma importante passo: abbiamo, infatti, previsto un finanziamento iniziale da 15 milioni di euro per favorire il passaggio a modelli di allevamento virtuosi, all'aperto, biologici e senza gabbia. Davvero un intervento di civiltà, che spero verrà ampliato quanto prima. Per tornare, invece, al testo del provvedimento in esame, dobbiamo rilevare che lo stesso, al comma 6, stabilisce che agli interventi indicati nel Piano nazionale per gli investimenti complementari siano applicate le stesse procedure di semplificazione e accelerazione stabilite per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma, allo stesso tempo, siano applicate anche le misure di trasparenza e conoscibilità dello stato di avanzamento degli interventi, con conseguente eventuale revoca delle risorse nel caso in cui queste non siano effettivamente utilizzate secondo il cronoprogramma che viene invece previsto dal comma 7. Questo cronoprogramma viene definito attraverso l'emanazione di un decreto del Ministero dell'Economia e delle finanze per individuare gli obiettivi iniziali, intermedi e finali di ciascun intervento o programma, e dovranno quindi essere individuati gli impegni e la relativa tempistica delle fasi procedurali necessarie per portare a termine ogni investimento che è stato inserito all'interno del Piano.

Questi obiettivi dovranno essere determinati in relazione al cronoprogramma finanziario e dovranno evidentemente essere anche coerenti con gli impegni presi nel PNRR con la Commissione europea in relazione alla maggiore capacità di spesa collegata all'attuazione degli interventi del Piano nazionale per gli investimenti complementari. Ora, Presidente, per completezza di informazione rendo noto che si tratta comunque di obiettivi che nella maggior parte dei casi sono stati già condivisi con le amministrazioni e già durante la fase di stesura del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e quindi tendenzialmente questi obiettivi sono già stati definiti e valutati; però l'importanza di questo passaggio risiede soprattutto nel fatto che, nell'ambito della riforma della pubblica amministrazione contenuta nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, la Commissione europea ha posto come obiettivo il raggiungimento di un elevato livello di spesa in relazione al Piano complementare, e quindi il raggiungimento di questo obiettivo sarà valutato ai fini del riconoscimento delle risorse europee richieste dal nostro Paese.

Questo significa, evidentemente, che dobbiamo andare a lavorare correttamente con il Fondo complementare affinché si possano garantire all'Italia le risorse che arriveranno dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Quindi, come vede, Presidente, si tratta di interventi molto ambiziosi, a cui sono destinate delle risorse eccezionali, che però sono necessarie per far fronte alla crisi economica e pandemica che ci ha colpito. E allora il MoVimento 5 Stelle sarà sempre in prima linea per garantire a tutti i cittadini adeguate opportunità di ripresa, anche grazie a questi fondi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente, chiedo l'attenzione del Governo. Onorevoli colleghi, signor Presidente, rappresentante del Governo, mi preme iniziare il mio intervento parlando del fatto principale di oggi: finalmente l'obbligo delle mascherine all'aperto viene a mancare; e su questo, Presidente, ne approfitto per fare, per il suo tramite, un appello al Presidente Fico e anche ai Questori perché si verifichi se finalmente qui dentro sia stata raggiunta l'immunità di gregge, almeno qui dentro. Chi vi parla è iperimmune, so che molti colleghi sono stati vaccinati: non si capisce per quale motivo l'attività parlamentare debba essere ancora rallentata, anche nella possibilità di partecipare agli interventi, dalla mascherina. Segnalo ad esempio che, essendo presbite, come molti colleghi che hanno gli occhiali, ovviamente ho difficoltà a intervenire e, nello stesso tempo, ad avere la possibilità di leggere gli appunti. Ma, al di là di questo, esiste un principio, un principio per cui la mascherina non è il totem della salvaguardia dal COVID. E lo dice non Federico Mollicone o Fratelli d'Italia; lo dice l'OMS, lo dice l'Istituto superiore di sanità, e dice che è solo parte di una strategia. Ora vorremmo capire, perché questi dati non ci sono stati ancora resi noti, se almeno qui dentro - non dico nel Paese, perché sappiamo che ancora non si è riusciti a farlo, ma almeno qui dentro - si sia raggiunta l'immunità di gregge, per poter permettere un'attività parlamentare come previsto dalla Costituzione. All'inizio almeno c'erano i leggii al centro, che permettevano anche ai cittadini di vedere la faccia di chi stava parlando e di poter parlare. Magari uno può essere asmatico, può essere allergico, può avere dei problemi, e questo certo non favorisce la possibilità di intervenire. Quindi, la prego caldamente, visto che anche l'Istituto superiore di sanità ha annunciato che se si raggiungerà l'immunità di gregge, a settembre le mascherine verranno tolte anche dai luoghi chiusi e considerato che quest'Aula non è esattamente una stanza d'albergo - quindi forse magari anche qui, se i Questori, se il Presidente Fico ritengono che partecipare, parlare e intervenire abbia ancora un senso in quest'Aula – di facilitare l'attività parlamentare.

Detto questo, riconosciamo che il COVID-19 è stato capace di ribaltare abitudini e cambiare paradigmi. Un rovesciamento di mentalità è avvenuto, ad esempio, con la scuola: neppure un autore di fantascienza avrebbe potuto descrivere gli studenti manifestare non per saltare le lezioni, ma per entrare fisicamente in classe. La libertà ora è potersi stringere le mani, respirare liberamente e magari abbracciarsi, come abbiamo visto fare nel calcio.

Non possiamo non rilevare la natura del provvedimento, che però essenzialmente è volto all'approvazione del Piano nazionale per gli investimenti complementari, al Piano nazionale di ripresa e di resilienza e degli interventi correlati. Sugli ingenti fondi presenti nel provvedimento, superiori a 30 miliardi, quasi e più di una finanziaria, non è stata, però, possibile alcuna modifica in sede di seconda lettura qui, alla Camera; gli stessi termini emendativi sono stati posti a una distanza estremamente ravvicinata, nemmeno qualche ora, proprio a dimostrazione che l'attività dei parlamentari è ormai diventata per il Governo Draghi un'incombenza trascurabile, rappresentante del Governo. I parlamentari - lo ricordiamo - hanno il diritto di proporre le proprie iniziative emendative, e, in questo modo, partecipare alla formazione legislativa degli atti normativi che vengono licenziati dalle Camere. Il monocameralismo di fatto che avete realizzato, una Camera esamina e l'altra ratifica, è una violazione delle prerogative parlamentari e un depauperamento del ruolo del Parlamento.

Colleghi, il PDL “Fondone”, con questa orribile definizione, stabilisce la ripartizione del Fondo da 30,6 miliardi finalizzato a integrare con risorse nazionali per il PNRR. Le risorse stanziate dal PNRR - e su questo dobbiamo spezzare una lancia alla critica che fa il collega Sgarbi, perché continuate a riempirvi la bocca della parola resilienza quando poi, andando a studiare l'etimologia, potreste scoprire che vuol dire saltare all'indietro, quindi non è esattamente di buon auspicio -, ma la sola Recovery and Resilience Facility, RRF, che vale il 90 per cento delle risorse che arriveranno all'Italia nell'ambito del programma NGEU, ammonta a 191,5 miliardi, di cui si sommano 13 miliardi del fondo REACT-EU e 30,6 miliardi derivanti dal Fondo complementare, a valere su risorse nazionali. Di queste risorse, circa 69 miliardi di euro verranno da sovvenzioni e circa 122 miliardi di euro da prestiti. Quindi, colleghi della maggioranza, con tutto il rispetto e con tutta la simpatia, anche alcuni interventi un po' entusiastici di alcuni colleghi appartenenti al centrodestra che hanno scelto di stare al Governo forse vanno un po' ridimensionati in questo entusiasmo, perché 122 miliardi di prestiti, a fronte dei 69 miliardi delle sovvenzioni, assomigliano un po' a quello stratagemma che alcuni nostri salumieri adottano quando, entrando, davanti al bancone ti fanno assaggiare la fetta di prosciutto; quella te la regalano, poi però, magari, il prosciutto aumenta di prezzo, e questo è un po' quello che fa l'Europa con l'Italia e con gli altri Paesi. Denunciamo, di fatto, l'assenza di un vero e proprio dibattito sul Piano complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza, questo non è un dibattito. Sapete bene, oltretutto, che a Roma siamo alla vigilia di una festività, e quindi questo certo non aiuta la partecipazione. Questo metodo che è stato utilizzato è un metodo che assolutamente conculca le libertà fondamentali del Parlamento.

Voglio sottolineare poi che anche sul Piano nazionale di ripresa e resilienza il Parlamento ha di fatto perso mesi a discutere della bozza predisposta dal Governo Conte, lo stesso che adesso terrà a breve una conferenza stampa alla sala del Tempio di Adriano per denunciare chissà quale complotto ai suoi danni, salvo poi ritrovarsi in Aula con delle comunicazioni del Presidente Draghi e un provvedimento già chiuso, bello e impacchettato, che il Parlamento ha visto transitare come fosse un pacco di Amazon. Il Piano preparato dal Governo è stato vistato dalla Commissione europea addirittura prima che dal Parlamento nazionale italiano. Le Camere non hanno potuto spostare neanche una virgola e hanno, peraltro, preso visione dei documenti completi in tutta fretta, visti i tempi stringenti dettati da Bruxelles. Poi ci credo che ci hanno dato 10 A, come ha detto un collega, ci hanno dato 10 A perché era stato scritto, forse, in altre stanze. La conseguenza è che solo oggi veniamo a conoscenza di molti progetti nascosti tra le righe di questo Piano, come, ad esempio, un capitolo di spesa di 25 milioni di euro per prevenire reati di natura fiscale ed economica tramite un algoritmo che, collegato a diverse banche dati, avrà il compito di individuare comportamenti sospetti di potenziali evasori, con buona pace della privacy e della libertà fondamentali, colleghi, siamo all'“algocrazia”! Nel frattempo, siamo in attesa che il Piano nazionale di ripresa e resilienza divenga operativo. Sappiamo bene che tutto ciò non potrà accadere se non verranno varate le famose riforme. Riforme corpose come quelle della giustizia, della concorrenza e del fisco. L'ultima volta che abbiamo fatto le riforme perché ce lo chiedeva l'Europa non è finita benissimo, colleghi: siamo sprofondati in quasi tre anni di recessione. Certe norme sono presidio insostituibile a tutela della sicurezza dei lavori e delle finanze pubbliche contro la corruzione. Le quaranta pagine del PNRR sulle riforme sono il punto cruciale, anche più degli investimenti. L'esecuzione di quelle riforme nei tempi prefissati è condizione essenziale per ricevere i pagamenti semestrali del Dispositivo per la ripresa e la resilienza, RRF, che costituisce la gran parte del Next Generation EU. Per riuscire a stare nei tempi, le parole d'ordine sono due: semplificare e accelerare. A questo scopo, il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri di venerdì 28 è solo il primo, ma esauriente assaggio di cosa ci attende ed è anche una palmare dimostrazione di chi tira le fila di tutto il gioco: la Commissione europea. Gli Stati nazionali e i loro Parlamenti sono solo delle stanze passacarta. Il processo di potatura normativa è imponente: si parte dalla semplificazione in materia di contratti pubblici, da attuarsi con legge delega entro il 21, e decreti delegati entro i nove mesi successivi, ma le prime misure urgenti sono da attuarsi con decreto-legge, che si propone di modificare il famigerato “Codice degli appalti”, consentendo l'aggiudicazione al massimo ribasso ed eliminando i vincoli al subappalto. Su questo si è già parlato subito, colleghi, senza mezzi termini di rottura della pace sociale e ritorno alla giungla dei cantieri degli anni Cinquanta. A ciò si aggiungono provvedimenti di semplificazione in materia ambientale, con l'introduzione di una speciale VIA statale; stessa solfa in materia di edilizia e urbanistica; è stata semplificata la modalità dell'attuazione del superbonus 110. Si sta manifestando, colleghi, in tutta la sua nitidezza il dazio più grande che l'Italia dovrà pagare per vedersi finanziato il Piano di investimenti pubblici: la pedissequa obbedienza ad un calendario di interventi legislativi di varia natura il cui contenuto è sostanzialmente predefinito in circa quaranta pagine del Recovery Plan inviato a Bruxelles il 30 aprile. Uno dei pilastri è proprio quello della semplificazione amministrativa. È infatti di tutta evidenza che spendere circa 240 miliardi fino al 2026, fra Next Generation e Fondo complementare nazionale, è un'impresa praticamente impossibile, colleghi, con l'attuale dotazione strutturale della PA in termini di mezzi e uomini e con l'attuale apparato normativo al loro servizio. Se si considera che al 28 febbraio 2021 i 50 miliardi di fondi strutturali, di cui 16 di cofinanziamento nazionale della programmazione 2014-2020 - quindi stiamo parlando del passato - risultano impegnati per il 77 per cento e spesi, pensate un po' colleghi, per il 47 per cento, si comprende che questo non è un ritmo di spesa compatibile con quello previsto dal Next Generation EU. Allora, da Bruxelles chiedono di predisporre in primis lo strumento che dovrebbe sgombrare il campo dai tanti controlli e passaggi procedurali che sono presidio contro corruzione, sprechi e malversazioni e che tutelano la sicurezza sul lavoro. Per carità, siamo tutti a favore della semplificazione, ma se poi la semplificazione diventa deregolamentazione e mancato controllo dei diritti fondamentali dei lavoratori diventa tutto un po' più complicato. L'Europa, inoltre, ci sta ponendo il tema degli investimenti verdi. Il Governo dei “migliori”, il vostro colleghi, non è riuscito a dare una strategia complessiva per la transizione verde in Italia. I fondi a disposizione sono dispersi in tante piccole misure, con impatti per l'ambiente sì positivi, ma limitati nelle dimensioni. Ci sono solo alcuni accenni, alcuni titoli, alcuni spot, ma manca una visione realmente e strutturalmente ecologista e complessiva di innovazione. Per Fratelli d'Italia le imprese debbono essere accompagnate verso la transizione ecologica sicuramente, su questo è giusto porsi degli obiettivi, anche ambiziosi, a patto, però, che quegli obiettivi siano realistici. Come ha dichiarato Giorgia Meloni, bisogna riordinare gli incentivi sulle rinnovabili e investire nei carburanti alternativi nella logica della neutralità tecnologica. Non possiamo diventare terra di conquista da parte di nessuna grande corporate e azienda. Esamineremo più nello specifico i contenuti nel DL e i progetti legati all'innovazione e alla cultura. Qualche giorno fa il Presidente von der Leyen è venuta in Italia dando l'OK al nostro PNRR, garantendo la prima tranche di 25 miliardi. Però - cito a tal proposito un'analisi di Giuseppe Liturri pubblicata da La Verità - la Commissione ha emesso a dieci anni per 20 miliardi, al tasso dello 0,086 per cento, 32 punti base al di sopra del titolo tedesco con pari durata, con domanda pari a circa 7 volte l'offerta. Liturri segnala che fonti qualificate accreditano che la Banca centrale cinese è risultato il maggiore sottoscrittore, con circa 1,8 miliardi assegnati. Si tratta del collocamento più consistente nella storia dell'Ue, che trova un precedente comparabile nella prima emissione per finanziare lo strumento SURE, avvenuta il 20 ottobre 2020, piazzando 17 miliardi con tassi pari a meno 0,24 a 10 anni, e 0,13 a 20 anni. Nonostante il tasso sia aumentato da meno 0,24 a 0,09, il differenziale, rispetto all'equivalente titolo tedesco, è sostanzialmente invariato: 37 punti base allora, 32 oggi. Altre due importanti emissioni seguiranno a luglio, fino a raggiungere 100 miliardi entro fine anno, fra titoli a breve e medio-lungo termine. Ci sono delle criticità però, colleghi. In primo luogo, il privilegio di fatto (seniority) di cui godono i prestiti Ue rispetto ai BTP, chiaramente affermato nell'accordo di prestito, in parte tuttora segretato, che disciplina lo strumento SURE. In secondo luogo, il carico di condizioni che grava sui prestiti Ue sotto diversi aspetti che non possono non avere un prezzo: il rispetto delle raccomandazioni Paese e del Patto di stabilità e crescita con il loro effetto recessivo; il vincolo di ben determinate destinazioni di spesa a favore della transizione ecologica e ambientale e numerosi altri limiti. In terzo luogo, il tasso dello 0,09, ritenuto ingannevolmente conveniente, è solo un regalo agli investitori che si ritrovano a ricevere circa 30-35 punti base in più, rispetto al bund tedesco, con un livello di rischio sostanzialmente equivalente. Sempre Liturri: abbiamo appaltato una fetta consistente della gestione delle nostre esigenze di tesoreria pubblica ad un'agenzia esterna; un ricatto permanente fino al 2026, rappresentante del Governo. De Grauwe, docente presso la London School of Economics, ha dato rilievi importanti alla struttura del Recovery Fund e dell'estrema dannosità del Patto di stabilità, parlando dell'errore clamoroso del periodo 2012-2013 quando quelle regole ci costrinsero a politiche di bilancio restrittive e ci fecero ripiombare in recessione. Sono regole che non funzionano e che hanno portato a decisioni sbagliate e ad effetti indesiderati e che devono essere radicalmente cambiate. Il cambiamento delle regole è possibile secondo De Grauwe, che cita l'emissione di debito comune come evento fino a poco tempo fa impensabile. Secondo lui si tratta di veri e propri eurobond, ma ci permettiamo di fargli rilevare che una delle caratteristiche fondamentali di un debito comune è la responsabilità separata e solidale di tutti gli Stati membri. Il debito emesso dalla Commissione è invece garantito dagli Stati in modo singolo e specifico, ognuno risponde per un importo proporzionale al proprio reddito nazionale lordo. Non c'è solidarietà, non c'è nemmeno traccia di solidarietà.

Infine, De Grauwe sgombra il campo dalla stucchevole distinzione tra debito pubblico “buono” e “cattivo”. Sicuramente, esistono investimenti ad elevato moltiplicatore e particolare impatto positivo sulla produttività. Ma, a questi livelli di tassi, così bassi, anche investimenti privi di queste caratteristiche non sono “debito poi così cattivo”.

Colleghi, i provvedimenti inseriti per il contesto culturale e per l'innovazione sono limitati e poco incisivi. L'articolo 1, comma 2, lettera d), assegna al Ministero della Cultura complessivamente un miliardo e mezzo circa, per gli anni dal 2021 al 2026, riferiti ad un Piano di investimenti strategici su siti del patrimonio culturale, edifici e aree culturali naturali. L'obiettivo - pensate, stiamo parlando di spiccioli per la patria dell'arte, della cultura, dei beni culturali a livello mondiale - è costituito da quattordici interventi su diverse tipologie di beni, tutti di natura pubblica, appartenenti ad enti locali o al Ministero della Cultura; di essi, otto realizzano progetti di rigenerazione integrata e di recupero urbano e/o processi di qualificazione culturale. La rigenerazione urbana fa parte della visione di Fratelli d'Italia ma deve essere fatta in maniera convincente, estesa e magari anche di riqualificazione.

Sono previste la realizzazione di biblioteche e la riqualificazione di grandi aree urbane a fini culturali e sociali. Quattro di esse si concentrano sul restauro e/o recupero del patrimonio culturale in aree che richiedono interventi rilevanti; due interessano ambiti paesaggistico-territoriali. Fra i beni interessati - leggiamo - ci sono le sedi della Biennale di Venezia, il porto vecchio di Trieste, il sistema dei forti genovesi, la ex manifattura tabacchi di Palermo, il museo ferroviario della stazione Termini; poi, cammini come l'Appia Regina Viarum, la via Francigena, come catalizzatore turistico per il Giubileo del 2025. In questo senso, appare in profonda asincronia la scelta di destinare solo 500 milioni del dispositivo del PNRR a Roma Capitale per attrattività turistica.

Scorrendo ad uno ad uno i provvedimenti del PNNR, si scopre che Roma Capitale è citata appena tre volte, in particolare nell'ambito del capitolo “Investimento 4.3: Caput Mundi-Next Generation EU per grandi eventi turistici”: progetti per 500 milioni di euro - meglio poco che niente, viene da dire - ma che non guardano alla prospettiva, ormai non più rinviabile, di una città che non può competere con le grandi metropoli, che ha perso appeal economico, che non ha un piano di sviluppo strategico ma viene guidata senza quella visione che domina nelle grandi capitali europee. Stiamo, ovviamente, parlando di Roma.

Gualtieri, all'epoca della redazione del Piano - guardate un po', è un fatto curioso - era Ministro dell'Economia e che cosa ha da dire al riguardo di questi progetti? Ci sembrano progetti che mancano di una visione complessiva, sono più che altro risposte a singoli circuiti culturali, religiosi, direi anche di categoria, ma che non vanno esattamente a dare una visione. Fermo restando, poi, che 500 milioni (abbiamo fatto anche una manifestazione con il coordinamento romano davanti Palazzo Chigi) sono un insulto, un oltraggio, una elemosina per la capitale d'Italia. Se non ora, quando, colleghi della maggioranza? Se non ora, quando? Stiamo discutendo dei poteri speciali per Roma capitale in Costituzione? Se non ora, quando? Adesso abbiamo a disposizione questi miliardi per i vari interventi, che ci vengono prestati per lo più dall'Europa. Ma è chiaro che il Ministro Gualtieri aveva in mente, non una grande visione per Roma capitale, ma una grande visione per la propria campagna elettorale. La città di Roma riveste una sua precipua specialità come capitale della Repubblica, sede della Città del Vaticano e di un copioso numero di organizzazioni internazionali e di uffici diplomatici mondiali ma presenta un ulteriore tratto peculiare, rappresentato dalla vasta estensione territoriale, con una superficie di circa 1.300 chilometri quadrati, che raccoglie, colleghi, nel suo perimetro il 70 per cento del patrimonio culturale e artistico italiano e il 30 per cento di quello mondiale, con bellezze paesaggistiche, archeologiche e naturalistiche di assoluto e impareggiabile rilievo. Nella delineazione dei progetti del PNRR ci auguriamo possano trovare spazio, quindi, interventi più rilevanti di visione, di rigenerazione di una capitale, come quelli per lo spettacolo dal vivo, non citato e ignorato, e per le imprese culturali e creative.

Vi saranno poi i fondi per la cittadinanza digitale e su questo, colleghi, facciamo chiarezza: entro il mese prossimo, saranno emanati dei bandi per il cloud nazionale ma non conosciamo ancora l'esito delle mozioni che continuamente sono state rinviate in Parlamento, presentate dal collega Giarrizzo, che noi chiediamo di ridiscutere perché sono diventate un po' come l'unicorno, che appare e scompare, e non si sa se veramente esistano queste mozioni. Eppure, la digitalizzazione della pubblica amministrazione è un obiettivo chiaro e definito dal PNRR; eppure, l'innovazione è la causa principale e trasversale del PNRR.

Anche per questo abbiamo aggiornato la nostra mozione con due punti qualificanti: chiediamo l'impegno, a seguito di un'adeguata consultazione di mercato che veda il coinvolgimento prioritario dei fornitori di servizi cloud italiani, ad adottare iniziative per assicurare che il partenariato pubblico-privato, che risulterà dalla gara pubblica per l'affidamento del polo strategico nazionale, venga sottoposto ad un sistema di supervisione pubblica, analogamente a quanto avvenuto in altre Nazioni europee, nell'ottica di garantire la sovranità digitale nella gestione dei dati pubblici maggiormente sensibili; inoltre, impegniamo il Governo ad adottare iniziative al fine di garantire la massima trasparenza nella gestione della procedura di gara, evitando che la partecipazione diretta o indiretta di aziende big tech negli organi consultivi del Governo possa tradursi in una posizione di vantaggio per le stesse, nell'ambito della medesima procedura, con rischi di distorsione della concorrenza.

Colleghi, il PNRR cita sei volte l'intelligenza artificiale, con due rimandi alla semplificazione della PA; ci saremmo aspettati certo qualcosa in più. La linea di intervento “Transizione 4.0” per le PMI avrebbe potuto integrare più fondi rispetto ai 18 miliardi, dato appunto il ruolo trasformativo che dovrebbe avere il piano. Il sostegno, poi, all'informazione e all'editoria nazionale è solo citato, quando sappiamo quanto sia stata strutturale nella gestione dell'emergenza l'editoria e a quale processo di innovazione è sottoposta l'editoria nazionale, anche con gravi rischi di licenziamento e di chiusure di testate. La transizione digitale delle aziende del settore e delle edicole dovrebbe essere incentivata al fine di garantire il pluralismo e un'ampia fetta di posti di lavoro. In questo senso, abbiamo presentato emendamenti con riferimento ai voucher per la digitalizzazione dell'informazione, seguendo un nostro ordine del giorno, approvato in Aula anche per finanziare i voucher per l'acquisto di servizi innovativi in agricoltura, la nuova agricoltura digitale, che è un altro fronte su cui il PNRR dovrebbe essere risolutivo.

Colleghi, gli ultimi dati Istat ci dicono che, nel 2005, il 3,3 per cento della popolazione era sulla soglia della povertà; adesso siamo al 10 per cento, un italiano su dieci è sulla soglia della povertà assoluta.

Colleghi, rappresentante del Governo, la ricostruzione dovrà essere chiave della ripartenza, lo dobbiamo agli italiani. Qualcuno, all'inizio della pandemia, in maniera un po' retorica, un po' ottimistica, faceva affiggere ai nostri figli gli striscioni con scritto: “andrà tutto bene”. Purtroppo, la notizia, colleghi, è che tutti i Governi che si sono susseguiti non hanno fatto andare bene la gestione della pandemia e neanche la narrazione. Non è andato tutto bene. È notizia di qualche giorno fa di un ricercatore, Bloom, che ha sequenziato dati che contengono sequenze del virus Sars-CoV-2, risalenti all'inizio dell'epidemia a Wuhan, rimosse deliberatamente dall'archivio delle sequenze del National Institute of Health americano. Secondo il ricercatore, un gruppo di ricerca cinese avrebbe raccolto campioni di virus dai primi malati di COVID a Wuhan, pubblicato le sequenze virali sulla banca dati americana Sequence Read Archive e poi le avrebbe rimosse, qualche mese dopo, per oscurarne l'esistenza. Per alcuni ricercatori, colleghi, si legge sul sito di Science, queste affermazioni rinforzano i sospetti sul fatto che la Cina abbia qualcosa da nascondere sulle origini della pandemia.

Qualcuno ha delle responsabilità che un giorno pagherà e, forse, qualcuno è ancora al Governo; qualcuno doveva pagare e invece è ancora rimasto al suo posto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pella. Ne ha facoltà.

ROBERTO PELLA (FI). Grazie, Presidente Mandelli. Sottosegretario Sartore, onorevole collega, relatore D'Attis, onorevoli colleghi, alla luce del provvedimento in esame, e prima di entrare nel merito del suo contenuto, ritengo indispensabile una premessa che fa riferimento ad un evento importantissimo, celebrato la scorsa settimana: mi riferisco all'approvazione a pienissimi voti da parte della Commissione Europea del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano. Un fatto tanto importante quanto non scontato, un semaforo verde che ha sbloccato un anticipo da 25 miliardi di euro, il 13 per cento della quota italiana dei finanziamenti UE, atteso, almeno nella prima parte, entro la fine di luglio. In assenza di questo via libera, il decreto che oggi stiamo esaminando avrebbe avuto senza dubbio meno senso.

Questo provvedimento infatti è uno dei pilastri di cui si compone il nostro Piano di ripresa e di resilienza, attraverso la costituzione di un Fondo e di un Piano complementare che ha la finalità di consentire il finanziamento di quei progetti che non potevano rientrare nel PNRR, finanziato con i fondi europei perché quei fondi non sarebbero stati sufficienti, oppure per le caratteristiche dell'investimento da finanziare non pienamente rientranti nei criteri individuati dal regolamento europeo. Anche in questo caso, Presidente Mandelli, mi consenta di richiamarmi all'intervento che il Presidente Draghi ha svolto in quest'Aula il 23 giugno scorso, in vista del Consiglio europeo, e, in particolare, di citare testualmente un passaggio che ha svolto nella sua replica: “Io mi ricordo che,” - ha detto il Presidente Draghi - “in occasione di un mio discorso qui in quest'Aula, stavo leggendo tutte le cose che il Governo doveva fare - erano i primi di maggio - e, a un certo punto, dissi: accidenti quante cose ci sono da fare nel mese di maggio; beh, insomma, finora sono state fatte”. Ecco, si tratta di un passaggio che il Presidente del Consiglio ha citato con il sorriso sulle labbra, quasi di una riflessione a voce alta, nel contesto di una relazione estremamente articolata e di alto spessore intellettuale e politico al Parlamento, un Parlamento che è stato coinvolto sempre finora, in un confronto sempre sereno e approfondito, ed io lo posso dire anche personalmente in quanto sono stato relatore sul DEF stesso. Eppure, si tratta di parole estremamente significative - ed è per questo che le cito - perché rendono plasticamente l'idea del lavoro che è stato fatto e dei risultati che sono stati ottenuti fino ad oggi. Quando tutti noi abbiamo visto la prima bozza del PNRR, quella del precedente Governo, ma anche successivamente, quando abbiamo visto approvato il testo rivisto dall'attuale Governo, permaneva un comune, diffuso sentimento di incertezza e, in qualche modo, di preoccupazione. In quelle centinaia di pagine che snocciolavano missioni, interventi e cifre ripartite per capitoli e sottocapitoli, era difficile individuare gli strumenti normativi e il modello di governance operativa che ne avrebbero reso possibile la traduzione pratica e la realizzazione; era difficile immaginare un cronoprogramma dei lavori parlamentari. Che ci sarebbe stato tanto da fare e che si sarebbe dovuto fare in fretta lo sapevamo, ma all'inizio dell'anno non era ben definito il come e in quanto tempo. Oggi siamo in una situazione molto diversa: il PNRR, da semplice acronimo, si stava rivestendo di corpo e di anima, in maniera concreta, grazie ad una serie di decreti-legge che il Consiglio dei Ministri ha varato e che il Parlamento sta convertendo, grazie al grosso lavoro del gruppo di Forza Italia. Questo decreto sul Fondo complementare, il “decreto Governance e semplificazioni”, che è all'esame delle Commissioni I e VII, sempre qui alla Camera, che vede relatrice anche la nostra deputata, Calabria, e il decreto sulle assunzioni nella pubblica amministrazione, che invece è in corso di esame al Senato, costituiscono i pilastri normativi del PNRR, prodromici alla sua realizzazione nei tempi previsti, entro il 2026. Di questo è giusto essere consapevoli, non solo per avere un quadro d'insieme, ma anche per riconoscere che al momento stiamo rispettando la tabella di marcia e per questo ringrazio anche il collega e amico Mauro D'Attis per l'ottimo lavoro che ha svolto come relatore. Un risultato che è certamente merito del Governo, ma anche del Parlamento, che sta mantenendo alto il ritmo della sua attività. Venendo al contenuto del decreto in esame, come ho già avuto modo di anticipare, si tratta di un intervento di natura economica, che aggiunge ulteriori risorse per la realizzazione del Piano di ripresa e resilienza. Come è noto, il Piano prevede investimenti pari a 191,5 miliardi di euro tra sovvenzioni (68,9 miliardi) e prestiti (122,6 miliardi), finanziati attraverso un dispositivo per la ripresa e la resilienza per il periodo 2021-2026. A queste risorse, ai 13 miliardi resi disponibili dal programma REACT-EU, si aggiungono i 30,6 resi disponibili da questo decreto-legge. In questo caso si tratta esclusivamente di risorse nazionali, che portano il totale delle risorse disponibili a ben 235 miliardi di euro, cifre che mai erano state rese disponibili prima e che è assolutamente necessario impiegare con la massima efficienza e oculatezza, perché non è prevista una seconda possibilità: non ci sarà un piano B, né delle risorse, né dei tempi. L'Italia ha bisogno di tornare a crescere, di essere protagonista di una rinascita in grado di colmare e superare le diseguaglianze Nord-Sud, ma anche fra territori, di dimostrare di saper spendere bene il tempo, grazie ad una nuova strategia e al pieno coinvolgimento di tutte le articolazioni dello Stato, dai comuni, alle province, alle regioni. Per questo, sono contento che il Premier Draghi abbia dato grande risalto e grande importanza al ruolo che i comuni, le regioni e le province potranno avere nell'utilizzo delle risorse, che - come sa bene il sottosegretario Sartore - hanno una capacità di spesa e di rendere operative le cose molto superiore rispetto agli stessi Dicasteri. In questo senso, sarà importantissimo, quindi, stabilire meccanismi abilitanti, la collaborazione interistituzionale: è evidente che non si può pensare di spendere una tale mole di risorse con una gestione centralizzata. I 30 miliardi aggiuntivi che il decreto-legge mette sul piatto del PNRR sono finanziati totalmente a debito. È un dato del quale non possiamo certo stupirci, dal momento che siamo stati proprio noi parlamentari, lo scorso aprile, ad autorizzare con maggioranza qualificata, il Governo ad uno scostamento di bilancio di 40 miliardi di euro, da destinare, in parte, al finanziamento dell'ulteriore sostegno all'economia e ai soggetti danneggiati dalla pandemia, cosa che è stata realizzata con il “decreto Sostegni-bis” e, in parte, con la costituzione di questo Fondo complementare. Semmai, si tratta di un dato che deve renderci tutti ancora più consapevoli dell'esigenza di mettere a frutto, nel migliore dei modi, la possibilità che ci è stata data di ricorrere al cosiddetto debito buono, che dovrà generare investimenti efficaci, in grado di creare quel moltiplicatore economico da cui dipende la scommessa che è stata fatta sui livelli di crescita del PIL da qui al 2026. Nello specifico, il decreto-legge ripartisce le risorse aggiuntive messe a disposizione tra i Dicasteri competenti alla realizzazione delle missioni e degli interventi individuati. Si punta molto sulle infrastrutture, sull'innovazione con i rispettivi Dicasteri, che si vedono riconoscere poi le maggiori risorse, rispettivamente il 9,7 il MIMS e il 6,8 il MiSE. Estremamente condivisibile appare la scelta del Governo di equiparare le modalità di utilizzo di queste risorse aggiuntive, in termini di tempistiche ed efficienza nel loro pieno utilizzo, alle regole e alle procedure che vigono invece per i fondi di provenienza europea. Il provvedimento, infatti, prevede specifiche disposizioni normative che sottopongono i finanziamenti erogati e la realizzazione degli investimenti ad uno stringente monitoraggio, secondo indicatori in itinere di esito di progetto, che contempla anche in maniera specifica la revoca nei confronti dei soggetti inadempienti per riassegnare le risorse non utilizzate a quei soggetti che hanno, invece, dimostrato maggiore efficienza e capacità nell'utilizzo della dotazione di pertinenza. L'articolo 4 del decreto reca due finanziamenti specifici per la realizzazione di due infrastrutture ferroviarie strategiche per la mobilità del Paese, una collocata nel Nord e l'altra nel Sud dell'Italia: la Brescia-Padova, sulla direttrice Milano-Venezia, e la Salerno-Reggio Calabria. L'alta velocità ferroviaria costituisce uno degli obiettivi principali del PNRR perché, da un lato, risponde pienamente ai criteri della cosiddetta transizione ecologica, trattandosi di una forma di mobilità sostenibile e, dall'altro, consente di recuperare quel gap che la nostra rete ferroviaria sconta rispetto ad altri Paesi europei. In particolare, con la realizzazione dell'alta velocità nelle tratte Napoli-Bari (opera che non è oggetto di questo provvedimento, ma che è ricompresa nel PNRR e per la quale si è previsto anche il commissariamento) e Salerno-Reggio Calabria, finalmente si abbatte la linea gotica dell'alta velocità, potendola portare finalmente nel meridione d'Italia. Proprio il riferimento alla linea Salerno-Reggio Calabria - che condividiamo pienamente, come ho avuto modo di dire - mi consente però di agganciarmi all'unico punto di criticità che Forza Italia ravvisa in questo provvedimento. In questo decreto, c'è un'assenza che Forza Italia non ritiene condivisibile e che ha ritenuto di rimarcare politicamente con l'unico emendamento che ha presentato in Commissione la collega, onorevole Prestigiacomo, che ovviamente non riproporrà in Aula. Mi riferisco al ponte sullo Stretto di Messina, un'opera che riteniamo irrinunciabile e non più rinviabile. Come noto, il collegamento dello Stretto è parte integrante di un progetto europeo per l'alta velocità ferroviaria, pensato ormai molti anni or sono (il corridoio TEN-T), che dovrebbe collegare Helsinki a Palermo. Che senso ha finanziare l'alta velocità fino a Reggio Calabria, se poi, per fare i pochi chilometri dello Stretto, bisogna impiegare ore perché ci si deve fermare a prendere il traghetto, vanificando il vantaggio acquisito? La realizzazione del ponte è un investimento infrastrutturale indispensabile e, come tale, pienamente rientrante tra i criteri individuati dal decreto-legge in esame. Terzo elemento, non certo secondario, è che, rispetto a qualche anno fa, non è solo Forza Italia, non è solo il centrodestra che ritiene necessario il ponte, ma si è creato un ampio consenso politico trasversale, che di fatto non ricomprende solo una forza politica, che si ostina a contrastare la realizzazione di un'infrastruttura altamente strategica per la Sicilia, per il Sud e per l'Italia. Su questo aspetto, Presidente Mandelli, Forza Italia ritiene che si debba arrivare quanto prima ad un chiarimento, a partire dalla discussione sulla relazione prodotta dall'apposita Commissione e del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, che da tempo è stata depositata in Parlamento. Ovviamente, al di là di questo aspetto specifico, la valutazione di Forza Italia sul decreto in esame rimane ampiamente positiva, sia per il contenuto in sé, sia nell'ottica complessiva della realizzazione dell'impalcatura normativa che dovrà consentire la realizzazione del PNRR.

Per questa ragione riteniamo anche qui opportuno evidenziare, ancora una volta, quanto il nostro presidente Silvio Berlusconi ha saputo, ancora una volta, tessere fortemente quella tela, tale da consentire, in collaborazione con il Premier Draghi, di avere il massimo rispetto dall'Europa e di essere riconosciuta, la nostra Nazione, come merita di essere, uno dei Paesi fondatori dell'Europa. E questo grazie non solo alle buone idee, ma soprattutto alla qualità delle persone, alla competenza, al coraggio, ma soprattutto al riconoscimento che, a partire da Silvio Berlusconi, oggi ha a livello europeo.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3166​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice di minoranza, deputata Lucaselli, che non vedo, ma aveva anche oramai terminato il tempo. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, l'onorevole Mauro D'Attis.

MAURO D'ATTIS, Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente. Utilizzerò meno del tempo disponibile, soltanto per chiudere questa fase, questa prima fase di discussione generale, in qualità di relatore, ringraziando - non l'ho fatto in apertura ma aspettavo che si completasse il dibattito - la sempre presenza del rappresentante del Governo, del sottosegretario Sartore, non solo in Aula, ma soprattutto nel lavoro preparatorio che c'è stato in Commissione bilancio. A quello voglio far riferimento e anche a quello che abbiamo sentito insieme in questa discussione, devo dire molto costruttiva, considerate, ovviamente, le difficoltà che non possono essere negate, derivanti dal fatto che una Camera - in questo caso la Camera dei deputati, un ramo del Parlamento - non possa intervenire concretamente con la modifica attraverso gli emendamenti. Questo, come sappiamo, capita e sta capitando anche al contrario per quanto riguarda i colleghi del Senato. Allora, ricordando che si tratta di un provvedimento importante, complementare, ma che riviene da una decisione del Parlamento di approvare uno scostamento di bilancio, e ricordando l'importante impegno dei 700 milioni di euro, che vengono ripresi dal Fondo di sviluppo e coesione, è importante che si mantenga l'impegno – questo, come relatore, intendo farlo - nei confronti dei colleghi e soprattutto dei gruppi parlamentari. È un impegno già enunciato e dichiarato dalla stessa sottosegretaria a nome del Governo, di valutare, approfondire e rendere quanto più concrete possibili le osservazioni che arriveranno anche domani con la presentazione degli emendamenti e, soprattutto, come abbiamo detto, degli ordini del giorno. Da questo punto di vista, mi sento di garantire, anche vedendo l'espressione del volto, - abusando del ruolo - anche l'apporto della collega, in questo caso del sottosegretario di Governo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, sottosegretario Sartore.

ALESSANDRA SARTORE, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie Presidente, solo per prendere atto - e ne sono anche personalmente contenta - di una discussione che, comunque, al di là delle modifiche che purtroppo non abbiamo potuto apportare al provvedimento, è sempre fonte assolutamente importante di completamento e anche di discussione. E sarà per me, sicuramente, così come indicato anche dal relatore, la base per l'accoglimento - al di là degli emendamenti - di proposte che saranno presentate, così come enunciato sia in Commissione che in Aula, anche da parte dell'opposizione per quanto attiene gli ordini del giorno. Ripeto anche qui che quest'Aula, questo ramo del Parlamento, ha all'esame due provvedimenti importanti “Sostegni-bis” e in più la governance e la semplificazione, nell'ambito dei quali sicuramente il Governo terrà anche conto di ciò che è stato indicato attraverso gli ordini del giorno e gli emendamenti presentati ma non accolti.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Gelmini e Aprea; Invidia; Bucalo e Frassinetti; Toccafondi; Colmellere ed altri; Soverini ed altri: Ridefinizione della missione e dell'organizzazione del Sistema di istruzione e formazione tecnica superiore in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (A.C. 544​-2387​-2692​-2868​-2946​-3014-A​) (ore 15,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 544-2387-2692-2868-2946-3014-A: Ridefinizione della missione e dell'organizzazione del Sistema di istruzione e formazione tecnica superiore in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 25 giugno 2021 (Vedi l'allegato A della seduta del 25 giugno 2021).

(Discussione sulle linee generali – Testo unificato - A.C. 544-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento. La VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Gabriele Toccafondi.

GABRIELE TOCCAFONDI, Relatore. Grazie, Presidente. Governo, colleghi, il provvedimento, di cui oggi iniziamo la discussione, nasce come testo unificato di sei proposte di legge d'iniziativa parlamentare, allo scopo primario di riorganizzare il sistema degli istituti tecnici superiori (ITS). Oltre che degli ITS, il provvedimento si occupa dei percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore, i cosiddetti percorsi IFTS, che, insieme con quelli ITS, formano l'attuale sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore. L'intervento di riordino del sistema nasce anche dalla volontà di realizzare le finalità del Piano nazionale di ripresa e resilienza inviato alla Commissione europea, che prevede espressamente, tra gli obiettivi del Paese, la riforma degli ITS e il loro rafforzamento, con l'obiettivo di ottenere in breve almeno il raddoppio del numero degli iscritti. In generale il PNRR prevede un investimento per lo sviluppo degli ITS, con uno stanziamento di 1.500 milioni di euro a fondo perduto dal 2022 al 2026, allo scopo innanzitutto di aumentare il numero degli iscritti ai percorsi ITS e di potenziarne le strutture. Attualmente la normativa sugli ITS è recata in gran parte, anche se non esclusivamente, dal DPCM 25 gennaio 2008. Questo dimostra che il sistema post diploma professionalizzante in Italia è relativamente giovane (2008), ma a vedere i numeri funziona. Per questo motivo quanto proposto non rivoluziona il sistema, ma ha l'intenzione di migliorare il percorso. Il provvedimento che esaminiamo eleva a livello legislativo questa normativa, in parte riprendendola, in parte modificandola. Le principali novità sono l'introduzione di un sistema di accreditamento iniziale e periodico degli ITS, quale condizione per l'accesso al finanziamento pubblico, la revisione delle aree tecnologiche nelle quali operano gli ITS, la ridefinizione della governance degli istituti, la definizione dei requisiti dei docenti, il rafforzamento della spendibilità del titolo di studio, un percorso di orientamento strutturato e capillare e l'istituzione di un organismo preposto al coordinamento nazionale delle azioni per lo sviluppo del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore, il tutto con l'intesa delle regioni. Nel dettaglio, l'articolo 1 enuncia le finalità della legge, che, come già detto, ha principalmente quella di ridefinire la missione e i criteri generali di organizzazione del sistema di istruzione tecnica superiore, anche in relazione alle finalità del PNRR. La disposizione, inoltre, modifica il nome degli istituti tecnici superiori, attribuendo loro quello di accademie per l'istruzione tecnica superiore, abbreviato nella forma di “ITS Academy”. L'articolo 2 definisce i compiti dell'ITS Academy, il principale dei quali, ma non l'unico, è quello di potenziare e ampliare la formazione professionalizzante dei tecnici superiori con elevate competenze. L'articolo 3 stabilisce che ciascun ITS Academy debba caratterizzarsi per il riferimento a una specifica area tecnologica. Le aree tecnologiche, attualmente definite dal citato DPCM del 2008, saranno riviste ed individuate con decreto interministeriale, d'intesa con la Conferenza unificata. Nella revisione delle aree tecnologiche il decreto citato dovrà tener conto delle attuali sfide e linee di sviluppo economico, con particolare attenzione a quelle primarie, che sono elencate dal comma 4 di questo articolo 3.

Tendenzialmente ciascun ITS dovrà afferire a una sola area tecnologica, ma si prevede che gli ITS possano far riferimento anche a più di un'area, a condizione che nella regione non ci siano altri ITS operanti nelle stesse aree. Il decreto interministeriale che rivedrà le aree tecnologiche dovrà anche definire le figure professionali nazionali di riferimento in relazione ad ogni area tecnologica e agli eventuali ambiti in cui essa si articola a livello nazionale. Le figure potranno essere ulteriormente articolate in profili sulla base della programmazione dell'offerta formativa delle singole regioni. Con il decreto si definiranno, poi, gli standard minimi delle competenze relative a ognuna delle figure di tecnici superiori quanto alla modalità di costituzione e al regime giuridico degli ITS.

Articolo 4: anche qui, si riprende in gran parte il contenuto del citato DPCM del 2008. L'articolo enumera quelli che devono essere i soggetti fondatori, qualificando l'elenco come standard organizzativo, minimo. I soggetti fondatori devono essere un istituto tecnico o professionale della provincia, oppure un istituto di istruzione secondaria superiore della provincia nel quale siano attivi indirizzi di istruzione tecnica o professionale, poi una struttura formativa accreditata dalla regione, un'impresa del settore produttivo che utilizzi in modo prevalente le tecnologie dell'area di riferimento degli ITS e un dipartimento universitario o altro organismo del sistema universitario, della ricerca scientifica e tecnologica, oppure - e questa è una novità - un ente di ricerca pubblico o privato operante nell'area tecnologica di riferimento degli ITS. A tutti i soggetti fondatori è richiesta esperienza nel campo dell'innovazione, acquisita soprattutto con la partecipazione a progetti nazionali o internazionali di formazione, ricerca e sviluppo.

È confermato, secondo la disciplina generale delle fondazioni di partecipazione, che alla fondazione possano partecipare anche altri soggetti, anche in qualità di fondatori. La qualifica di fondatore è, comunque, attribuibile solo a persone fisiche e giuridiche, pubbliche o private, enti o agenzie che contribuiscono al fondo di dotazione e al fondo di gestione nelle forme determinate nello statuto della fondazione. Tutti i soggetti fondatori devono contribuire alla costituzione del patrimonio della fondazione, anche attraverso risorse strumentali o strutturali. Quanto alla composizione del patrimonio degli ITS, la proposta di legge non innova rispetto a quanto attualmente previsto.

L'articolo 4 detta norme anche sulla governance degli ITS. La proposta in esame conferma, poi, che il controllo sulle fondazioni è rimesso al prefetto, con poteri che il codice civile attribuisce all'autorità di Governo.

Sotto il profilo fiscale, è confermato che alle Fondazioni ITS Academy si applica la normativa in materia di riscatto ai fini pensionistici dei periodi di studio e la relativa disciplina fiscale di favore. Alle ITS Academy si applicano, inoltre, le disposizioni vigenti in materia di detraibilità o deducibilità delle erogazioni liberali disposte a favore delle scuole del Sistema nazionale di istruzione. A parte questo, si stabilisce che le ITS Academy possono essere destinatarie di contributi previsti dagli articoli 60, 61, 62 e 63 del decreto-legge n. 83 del 2012. Si tratta di interventi statali a sostegno delle attività di ricerca fondamentale, nonché di ricerca industriale.

L'articolo 5 delinea la struttura dei percorsi formativi delle ITS Academy, innanzitutto, introducendo un'articolazione su due livelli: sono previsti percorsi di primo e secondo livello, percorsi di primo livello equivalenti al quinto livello EQF, di quattro semestri, con almeno 1.800-2 mila ore di formazione, oppure di durata di sei semestri, con almeno 3 mila ore di formazione, corrispondenti al sesto livello del Quadro europeo di riferimento. I percorsi devono far riferimento alle aree tecnologiche e alle figure definite con decreto interministeriale. I percorsi devono essere strutturati secondo una serie di criteri che la proposta in esame qualifica come standard organizzativi minimi. Tra l'altro, devono comprendere attività teorica, pratica e di laboratorio e stage aziendali e tirocini formativi per almeno il 30 per cento del monte ore complessivo. Stage e tirocini possono essere svolti all'estero e devono essere sostenuti con borse di studio. La conduzione scientifica di ogni percorso dovrà essere affidata ad un coordinatore tecnico-scientifico o ad un comitato di progetto. Non elenco tutti i requisiti, rinvio per questo al testo in esame.

Ci sono anche disposizioni specifiche sul personale delle ITS Academy: dovranno essere docenti, ricercatori ed esperti selezionati dalle fondazioni e assunti con contratto d'opera, per almeno il 60 per cento dovranno provenire dal mondo del lavoro, compresi enti di ricerca privati, e dovranno avere una specifica esperienza professionale in settori produttivi correlabili all'area tecnologica di riferimento delle fondazioni ITS. Per la restante percentuale di ore di docenza, dovranno essere soggetti in servizio presso le scuole del Sistema nazionale di istruzione, le strutture formative accreditate dalle regioni per l'alta formazione, le università, gli enti di ricerca pubblici, i competence center, i centri di trasferimento tecnologico, i digital innovation hub operanti nell'ambito dell'area tecnologica di riferimento degli ITS.

Quanto a requisiti e modalità per l'accesso ai percorsi ITS, la proposta conferma che l'ammissione avviene sulla base di una selezione pubblica e che è richiesto un diploma di istruzione secondaria di secondo grado o un certificato di specializzazione tecnica superiore conseguito al termine dei percorsi IFTS. A conclusione dei percorsi ITS, si consegue, previa verifica e valutazione finale, il diploma di tecnico superiore.

L'articolo 6, anche qui in gran parte confermando la normativa vigente a livello di fonte non legislativa, dispone in materia di criteri e modalità per la costituzione delle commissioni d'esame per la verifica finale sulle competenze e per la certificazione dei modelli di diploma. Su queste materie dovrà intervenire un decreto interministeriale, da adottare d'intesa con la Conferenza unificata. La proposta, però, fornisce alcune indicazioni: le commissioni di esame dovranno essere costituite con la presenza di rappresentanti della scuola, dell'università, della formazione professionale e di esperti del mondo del lavoro, dell'università e della ricerca. La certificazione dei percorsi dovrà essere determinata sulla base di criteri di trasparenza, che favoriscano l'integrazione dei sistemi di istruzione e formazione a livello terziario e aiutino il riconoscimento e l'equipollenza dei rispettivi percorsi e titoli e dovrà essere confermata in modo da facilitare la riconoscibilità dei titoli in ambito nazionale e dell'Unione europea. Sono, poi, dettate disposizioni in materia di crediti formativi acquisibili con la frequentazione dei percorsi ITS.

L'articolo 7 introduce un sistema di accreditamento nazionale per le ITS Academy, specificando che l'accreditamento è condizione per l'accesso al finanziamento, oltre che per l'abilitazione al rilascio dei diplomi. Si tratta di un requisito attualmente non previsto per gli ITS, ma previsto, ad esempio, per le università. In particolare, il testo prevede che le ITS Academy ottengano l'accreditamento nazionale a condizione che rispettino gli standard e i requisiti minimi stabiliti dalla legge. Il procedimento per l'accreditamento nazionale dovrà essere stabilito con un decreto ministeriale, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. Con il medesimo decreto dovranno essere stabiliti i criteri e le modalità per il rinnovo dell'accreditamento, che ha durata quinquennale, e per la sua eventuale revoca. Rispetto alla revoca, la proposta di legge stessa stabilisce che, ove una fondazione riceva, per tre anni consecutivi, un giudizio negativo, riferito ad almeno il 50 per cento di corsi valutati in ciascuno degli anni del triennio precedente, l'accreditamento deve essere revocato. Alla revoca consegue la perdita dell'abilitazione al rilascio dei diplomi e della possibilità di accedere al finanziamento.

L'articolo 8 reca disposizioni per favorire il raccordo tra le ITS Academy e le università. Si conferma la possibilità di federazioni tra ITS e università, una possibilità già prevista dall'articolo 3 della legge n. 240 del 2010. È previsto, poi, che con un decreto ministeriale, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, siano definiti alcuni aspetti del rapporto tra percorsi ITS e percorsi universitari, tra cui i passaggi tra percorsi ITS per corsi di laurea a orientamento professionale e viceversa.

L'articolo 9 reca le misure nazionali del sistema e prevede che il coordinamento nazionale individui linee di azione nazionali per favorire lo sviluppo del sistema di istruzione tecnica superiore. Il coordinamento nazionale dovrà adottare programmi pluriennali che comprendono sia percorsi per le competenze trasversali all'orientamento e altre iniziative di orientamento, anche nella formula di percorsi esperienziali destinati agli studenti di tutti gli istituti secondari superiori, sia iniziative di informazione alle famiglie sulla missione e sull'offerta formativa professionale delle ITS Academy e dei percorsi IFTS, nonché sui percorsi professionalizzanti in apprendistato di alta formazione e ricerca. Il coordinamento nazionale dovrà anche definire progetti per far conoscere meglio ai dirigenti scolastici e ai docenti il PNRR e le sue strategie per l'innovazione e lo sviluppo, soprattutto tecnologico e digitale. Inoltre, nel primo quinquennio di attuazione della legge, il coordinamento nazionale dovrà definire programmi per il consolidamento, il potenziamento e lo sviluppo delle ITS Academy, soprattutto ai fini del riequilibrio dell'offerta formativa professionalizzante sul territorio.

L'articolo 10 riguarda non gli ITS ma i percorsi IFTS e interviene sostanzialmente nell'ambito oggi trattato dagli articoli 9 e 10 del DPCM 25 gennaio 2008. L'articolo 10 dispone che i percorsi in questione devono essere conformati in modo da concorrere al superamento del disallineamento fra le competenze tecnologiche e tecnico-professionali dei giovani e degli adulti, da una parte, e le richieste del mondo del lavoro, dall'altra, nonché al superamento della carenza di figure professionali con competenze digitali idonee rispetto ai fabbisogni indotti dall'innovazione tecnologica. Sono ridefiniti gli standard minimi dei percorsi IFTS. Si conferma che i percorsi sono finalizzati al conseguimento di un certificato di specializzazione tecnica superiore. Si conferma altresì che sono strutturati di regola in 2 semestri, per un totale di almeno 800 ore, con un'articolazione di moduli di varia durata.

L'articolo 11 prevede un sistema per il coordinamento nazionale delle azioni per lo sviluppo del sistema IFTS. A questo scopo la proposta istituisce presso il Ministero dell'Istruzione un organo denominato coordinamento nazionale per lo sviluppo del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore. All'istituzione dell'organo e alla definizione delle modalità di funzionamento dovrà provvedere il Ministero dell'Istruzione con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata. Il coordinamento nazionale dovrà riunirsi con cadenza almeno annuale e prevedere, oltre che agli atti già menzionati, alla redazione di un piano nazionale per lo sviluppo del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore, oltre che alla redazione di piani di orientamento per i giovani e le loro famiglie.

L'articolo 12 tratta delle modalità di finanziamento del sistema IFTS. È prevista l'istituzione di un Fondo per l'istruzione e la formazione tecnica superiore che avrà una dotazione di 68 milioni di euro per il 2021 e 48 milioni annui dal 2022. Il Fondo deve servire a finanziare prioritariamente la realizzazione delle ITS Academy e gli interventi per dotarle di nuove sedi, di laboratori e di infrastrutture, comprese quelle per la formazione a distanza. Lo scopo è quello di incrementare significativamente l'offerta formativa dei percorsi ITS su tutto il territorio nazionale. I criteri e le modalità per la ripartizione del Fondo saranno definiti con decreto del Ministero dell'Istruzione, previa intesa in Conferenza unificata. La proposta dispone comunque fin da ora che le risorse saranno assegnate a regime sulla base della quota capitaria. Il 70 per cento delle risorse sarà assegnato agli ITS a titolo di cofinanziamento degli interventi e il restante 30 per cento sarà assegnato a titolo premiale per essere destinato agli ITS attivi in ciascuna regione che, nell'anno precedente a quello per cui è stato erogato il finanziamento, hanno riportato una valutazione positiva nell'ambito del sistema di monitoraggio e valutazione. I criteri per il riparto della quota premiale devono essere definiti con decreto interministeriale. Le risorse saranno assegnate direttamente alle fondazioni - e non più, dunque, alle regioni per il trasferimento agli ITS - entro il 30 giugno dell'anno. L'articolo 13 prevede la costituzione presso l'INDIRE di un'anagrafe degli studenti iscritti ai percorsi ITS e IFTS.

L'articolo 14 dispone che deve essere attualizzato, alla luce delle disposizioni introdotte dal provvedimento in esame, anche il sistema nazionale di monitoraggio e valutazione, di cui al DPCM del 2008. L'articolo 15 detta disposizioni transitorie, prevedendo che nel primo biennio di applicazione della legge, in considerazione della necessità di dare immediata attuazione agli impegni assunti dal PNRR, si intendono accreditati tutti gli ITS che alla data di entrata in vigore della legge abbiano almeno un percorso attivo e dispongano di sedi e laboratori, anche in via non esclusiva. L'articolo 16, infine, dispone che le province autonome di Trento e Bolzano provvedono alle finalità della legge nell'ambito delle competenze attribuite dallo statuto e dalle relative norme di attuazione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, sottosegretario Sasso.

ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Grazie, Presidente. Io prendo atto e ringrazio ovviamente tutte le colleghe e tutti i colleghi, in particolare i colleghi della Commissione cultura, per l'importante e imponente lavoro che è iniziato nel 2018 a proposito di questo provvedimento, lavoro complesso e, oserei definire, anche formidabile, perché ha visto la partecipazione di tutte le forze politiche di cui il Governo prende atto. Peraltro, mi giunge notizia freschissima di una probabile intesa raggiunta anche in Conferenza Stato-regioni. Bene. Abbiamo tenuto conto anche delle giuste doglianze da parte delle regioni, che devono essere assolutamente protagoniste, insieme allo Stato, in questo importante momento di riforma dei nostri ITS e ITS Academy.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alessandro Fusacchia. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-FE-FDV). Grazie, Presidente. Io non entrerò troppo nel merito del provvedimento, lo ha fatto brillantemente il collega e relatore Gabriele Toccafondi, che ringrazio. È chiaro, da quello che diceva il collega, che emerge chiaramente che qui stiamo parlando di una materia particolarmente importante e complessa allo stesso tempo. È complessa perché parliamo di mettere insieme imprese, università, scuole, regioni, livello di governo e rivedere tutta una normativa che va a costruire sul buono che è stato fatto fino adesso dagli ITS in giro per l'Italia, ma che deve dare anche un'organizzazione e un'accelerazione alla luce anzitutto del miliardo e mezzo stanziato col PNRR. Quindi, l'impresa non è facile ma è vitale, ed è vitale farla in alcuni modi molto specifici che sono in nuce potenzialmente nella legge e che dipenderanno - lo dico al Governo - da come la legge verrà attuata, come per tutte le leggi. Il primo è la leggerezza, la flessibilità, l'elasticità di quello che stiamo facendo, perché qui, ovviamente, servirà essere molto snelli per evitare di ingessare. Quindi, noi dovremmo dare e stiamo dando strumenti agli ITS, ma per fare in modo che poi questi ITS possano lavorare in un certo modo. Su questo si collega un punto che è un po' dimenticato dal Parlamento, dal Governo e dal Paese da un sacco di tempo, che è la valutazione, a questo punto dirimente, Presidente, secondo me, per cui noi diamo forza, agio, spinta a tutti gli ITS che lavoreranno bene e che devono diventare una parte centrale della costruzione di una nuova classe dirigente, di lavoratori e di lavoratrici e anche di imprenditori e imprenditrici di questo Paese, ma allo stesso tempo, laddove non funzionano, li chiudiamo e non continuiamo a tenere aperte delle strutture che non funzionano.

La seconda cosa, Presidente, è che stiamo parlando di mestieri del futuro, stiamo parlando di nuove tecnologie, di tecnologie emergenti e di tecnologie che ancora non conosciamo. Qui c'è un lavoro strepitoso da fare rispetto a quelle che sono alcune filiere produttive tipiche del nostro Paese. Gli ITS si applicheranno a tutto o a quasi tutto, ma ve ne sono alcuni su cui possiamo avere un ruolo fondamentale in Europa e nel mondo e io credo che debbano essere valorizzati. Lo dico non solo, francamente, perché sto in Commissione cultura, ma tutto quello che ha a che fare con il made in Italy e con la valorizzazione della cultura, intesa come settore produttivo, credo sia un aspetto fondamentale. Infine, Presidente, due ultime cose che voglio velocemente menzionare. La prima: bisogna guardare a questo provvedimento nel quadro del più complesso e articolato lavoro che stiamo facendo come Commissione cultura e istruzione e come Parlamento. Pochi giorni fa ci siamo occupati delle lauree abilitanti. Io ricordo, anche davanti al sottosegretario Sasso, che è qui presente e che saluto, che abbiamo un provvedimento approvato all'unanimità in Commissione, sia con il Governo “Conte 2” sia con il Governo Draghi, sull'abolizione del divieto di doppia laurea. Aspettiamo solo di poterlo portare in Aula, perché sono pezzi che si tengono tutti insieme, Presidente, dell'Italia che vogliamo costruire, delle nuove competenze che dobbiamo offrire ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze e della nuova offerta formativa aggiornata.

Infine, c'è un pezzo prima e un pezzo dopo, Presidente - e chiudo in 30 secondi - di questo provvedimento: il pezzo prima sta in parte anche qui dentro, si chiama orientamento. Noi non possiamo costruire un sistema e pensare che i nostri giovani che sono ancora abituati al racconto di un sistema che funziona per scuole di serie A e università di serie A, scuole di serie B e università di serie B, magicamente si indirizzino. Noi dobbiamo fare orientamento verso questi nuovi mestieri e verso gli ITS, lo dobbiamo fare attraverso esperienze, non solo campagne d'informazione - e poi chiudo, Presidente - a valle. Una volta fatti gli ITS, noi dobbiamo dare degli strumenti. Ora, tanti di queste ragazze e di questi ragazzi andranno a lavorare dentro delle imprese e quindi dobbiamo aiutare queste imprese a crescere, ma tanti altri vorranno fare un'impresa tecnologicamente avanzata e noi dobbiamo creare un sistema che si rafforza su tutto quello che è il fare nuova impresa, quindi a partire da forme giuridiche e da tipologie di incentivi che mettano insieme le due parole chiave della nostra epoca, Presidente: l'innovazione e la sostenibilità (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Grazie, Presidente, sottosegretario Sasso, grazie ai miei colleghi della VII Commissione, al relatore, onorevole Toccafondi, che ha fatto un grande lavoro di paziente cucitura per cercare di portare questo provvedimento in Aula. Tutti quelli che mi hanno preceduto hanno usato la parola complessità e mai termine è più adatto per dare una connotazione a questo provvedimento: un provvedimento che tratta degli istituti tecnici superiori che nel nostro sistema per lo più sono sempre rimasti sconosciuti; molti addirittura li scambiavano per gli istituti tecnici relativamente alla scuola superiore, non come una struttura comunque terziaria e post scuola secondaria. Questo la dice lunga su quanto ci sia bisogno di rivitalizzare queste strutture, così importanti per il collegamento tra i giovani e il mondo del lavoro.

Abbiamo una situazione molto diversificata in Italia: le regioni come la Lombardia, il Veneto, il Piemonte, sicuramente hanno creato delle vere e proprie eccellenze, come anche l'Emilia-Romagna; in altre regioni, invece, gli ITS stentano a decollare e questo lo dimostra anche il numero esiguo degli studenti che li frequentano: si parla dai 13 mila ai 18 mila studenti, paragonati alla Germania, dove gli equivalenti dei nostri ITS sono frequentati da 900 mila studenti, o la Francia, dove questi istituti sono frequentati almeno da 240 mila studenti. È paradossale che, laddove il problema della disoccupazione giovanile è molto forte e molto sentito, questo tipo di indirizzo non abbia fatto breccia. Quindi, c'è questa riflessione da fare.

Esiste un'emergenza, se pensiamo che in Italia solo il 28 per cento dei giovani sotto i 34 anni possiede una laurea magistrale o triennale, quindi un titolo di studio comunque di terzo livello, contro una media europea del 44 per cento. Inoltre, siamo di fronte a un'emorragia di iscritti anche agli atenei, a un tasso di abbandono scolastico del 14 per cento nelle scuole superiori, addirittura del 40 delle immatricolazioni, che, alla fine, riguardano studenti universitari che abbandonano l'ateneo prima della laurea.

Quindi, proprio per frenare questa situazione, rischiosa, di abbandono delle nostre scuole, è importante offrire, allargare l'offerta formativa e far funzionare questo sistema un po' farraginoso che, pur esistendo ormai da oltre 10 anni, non è mai riuscito a essere un sistema efficace. Quindi, bisogna armonizzarlo, bisogna coordinare tutti gli attori che fanno parte di questo ordinamento, ed ecco che decollano così le accademie ITS. Non me ne voglia la collega Aprea se io - ed è stato anche un dibattito in Commissione - chiamo in italiano queste scuole, le chiamo in italiano perché sono strutture, comunque, che vengono offerte al nostro territorio. Le accademie ITS sono sicuramente importanti, non tanto e anche perché si cerca, attraverso questo coordinamento, di riportarle alla ribalta, ma anche per essere state attenzionate dal PNRR, che assegna loro una cifra importante, considerevole, di 1 miliardo e mezzo. Quindi, naturalmente, con tutte queste risorse, aumenteranno le aspettative, le richieste di partecipazione attiva; questo, però, non deve mai distogliere l'attenzione dalla priorità di intervento per potenziare questo sistema. È necessario che la politica vigili, in senso positivo, proprio per il buon funzionamento di questi istituti, alla luce di questi ingenti finanziamenti. È necessario - e questo è previsto nel provvedimento - non allargare troppo il numero delle fondazioni: uno dei problemi è stato finora anche il fatto che c'erano molti rami secchi, che noi abbiamo cercato comunque di tagliare per riassettare il sistema, che aveva anche, dal punto di vista economico, delle situazioni di stallo e di perdita. Quindi, abbiamo un ingente finanziamento e questi istituti superiori devono rimanere la priorità assoluta. C'è il compito di verificare l'armonia, questo è stato fatto anche stamattina, in una lunghissima, ma proficua, Conferenza Stato-regioni, dove sono state ascoltate le problematiche che le regioni ci hanno sottoposto; questo è stato un momento molto importante per il collegamento col territorio e anche la situazione delle imprese, che poi sono lo sbocco finale dove i nostri ragazzi dovranno andare a esercitare la loro professione con un alto tasso di occupazione, perché quando l'ITS è veramente agile ed è propedeutico alle attività territoriali, sicuramente è una grande opportunità lavorativa.

Noi, come avevo già accennato prima, in Italia abbiamo una diffusione a macchia di leopardo, quindi tante eccellenze in alcune regioni e, invece, alcune sacche di desertificazione dove, purtroppo, non si è mai riusciti a far decollare queste strutture. C'è una duplice scommessa: quella di mantenere un equilibrio territoriale e di mantenere le eccellenze al Nord, senza ovviamente abbassare i livelli delle regioni performanti, e, nello stesso tempo, cercare, magari anche con le strutture che hanno portato gli ITS del Nord a diventare eccellenze, di andare in soccorso, ad aiutare le situazioni che, invece, hanno avuto problemi a decollare. Questo sarebbe un momento virtuoso di coordinamento, nell'ottica della sussidiarietà e della collaborazione, però penso che sia sicuramente un'azione molto importante.

Tornando brevemente alla natura degli ITS, naturalmente, in prevalenza i mestieri che sono oggetto di questi istituti sono legati all'industria meccanica e delle costruzioni e bisogna rilevare che sono ancora troppo poche, invece, le professioni legate al turismo e ai servizi che potrebbero anche attrarre delle studentesse che sono poco presenti nella parte più meccanica. E qui un breve accenno, proprio parlando di diversificazione dell'offerta formativa, va fatto alla proposta di legge che Fratelli d'Italia ha presentato - e che è abbinata alle altre proposte - per valorizzare il made in Italy, con l'inserimento nei percorsi ITS dell'alto artigianato artistico. Noi siamo molto orgogliosi di questa proposta perché riteniamo che questo settore sia una grande risorsa, che può contribuire in maniera determinante al rilancio dell'Italia a livello internazionale. Inoltre, sono sempre più richieste queste figure professionali specialistiche, queste eccellenze, competenti nei settori tecnici dell'alto artigianato artistico. L'obiettivo di questa proposta è proprio quello di consentire l'istituzione di una figura specialistica, attraverso la quale promuovere e commercializzare le creazioni uniche.

Mi rivolgo ai libri antichi, ai vetrai, agli strumenti particolari, che sono delle tradizioni artigianali di alto artigianato, che è giusto che continuino, che si perpetuino nel tempo, intanto per non morire, ma poi per dare anche opportunità lavorative, per essere anche un veicolo - perché no - di turismo, in quanto molte di queste attività sono legate al territorio e fanno un tutt'uno con l'attrattiva turistica del territorio stesso. Mi avvio alla conclusione pensando che questo provvedimento, che da un po' di tempo viene discusso in Commissione, dovrà essere in grado di contemperare l'innesto di questo PNRR, che comunque rimane uno strumento di politica straordinaria e transitoria, quindi non bisogna che passi senza lasciare il segno ma bisogna che queste risorse servano veramente a potenziare questi istituti. Bisogna, comunque, dare attenzione anche agli strumenti di politica ordinaria, tenendo unite le fonti con dei meccanismi di raccordo.

È questa la grande scommessa: l'armonizzazione, l'organizzazione, il riuscire a far coesistere attori diversi in un sistema complesso, ma anche stimolante da un punto di vista delle potenzialità che sicuramente gli appartengono. Ritengo che riuscire a confezionare un provvedimento che tenga in equilibrio tutti gli attori di questo sistema non sia facile, ma che se si continuerà a tenere in considerazione le esigenze delle regioni, la capacità delle imprese di creare posti di lavoro che siano efficaci e innovativi, in questo modo, questo sforzo, questo obiettivo che ha tenuto un po' nascosti questa tipologia di istituti, li faccia finalmente essere dei veicoli occupazionali importanti per riuscire davvero a creare occupazione.

Abbiamo parlato e approvato una legge sulle lauree abilitanti la settimana scorsa; in queste settimane in quest'Aula si è parlato di cultura, dei bisogni dei nostri ragazzi e anche dell'obiettivo di dare loro occupazione. Questi sono bei momenti, non soltanto astratti ma concreti, come l'articolato normativo, anche complesso, che la VII Commissione ha portato davanti a quest'Aula (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ciampi. Ne ha facoltà.

LUCIA CIAMPI (PD). Grazie, Presidente. Ringrazio il relatore e ringrazio tutta la VII Commissione per il formidabile e anche veloce lavoro che è stato fatto con grande determinazione e convinzione. Credo che il risultato che riusciremo ad avere a conclusione di questo lavoro sarà veramente un risultato che darà forza, autorevolezza e capacità al nostro Paese. Noi, con questo provvedimento, sul quale tutte le componenti politiche sono d'accordo e hanno condiviso un testo insieme, che è stato anche approvato dalla Conferenza Stato-regioni, come precedentemente è stato ricordato, prima di tutto sistemiamo una sezione della nostra formazione che non poggiava su una norma di legge organica. Questo è fondamentale: si è fatta sperimentazione per 12-13 anni, si sono portati a casa tanti risultati positivi, abbiamo potuto apprezzare molto il lavoro degli ITS, ma abbiamo anche potuto rilevare i punti di criticità. È arrivato quindi il momento, per l'Italia, per questa sezione di formazione e di istruzione superiore, di diventare europea. Noi soffriamo di un forte gap nei confronti di questa istruzione superiore: gli ITS Academy ci porteranno finalmente ai livelli degli altri Paesi europei.

Allora, illustre Presidente, onorevoli colleghi: grazie veramente di questo lavoro. Grazie alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza potranno essere effettuate e perfezionate alcune delle riforme attese da anni e necessarie per rendere maggiormente efficace il sistema formativo e l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. È con queste finalità che iniziamo oggi la discussione del presente provvedimento, disposizioni per la riorganizzazione del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore; ed è anche per questo motivo che l'approvazione di questa legge non può subire ulteriori ritardi, per poter quindi beneficiare delle risorse del PNRR. La Missione numero 4 del Piano nazionale di ripresa e resilienza interviene, infatti, su tutto il ciclo dell'istruzione e della ricerca, in risposta alle raccomandazioni specifiche della Commissione europea sull'Italia, che invitano a stimolare gli studi in campi attinenti ai settori ad alta intensità di conoscenza, con l'obiettivo prioritario di migliorare le competenze di base e la riduzione dei tassi di abbandono scolastico, e permettere allo stesso tempo di ridurre le distanze tra istruzione e lavoro, anche grazie alla riforma e allo sviluppo del sistema di formazione professionale terziaria (i cosiddetti ITS), colmando un gap che vede il nostro Paese fortemente penalizzato.

Attualmente, infatti, in Italia le percentuali di popolazione di età compresa fra i 25 e i 34 anni in possesso di un titolo di studio di livello terziario sono pari al 28 per cento rispetto al 44 per cento di media nei Paesi dell'OCSE. I progetti e gli indirizzi già presenti nel PNRR si pongono l'obiettivo di rafforzare il sistema degli ITS attraverso il potenziamento del modello organizzativo e didattico, prevedendo un'integrazione dell'offerta formativa, l'introduzione di premialità e l'ampliamento dei percorsi per lo sviluppo di competenze tecnologiche abilitanti, coinvolgendo maggiormente il tessuto imprenditoriale dei singoli territori ed il sistema universitario. Queste misure puntano, quindi, al potenziamento dell'offerta degli enti di formazione professionale terziaria attraverso la creazione di network con aziende, università e centri di ricerca tecnologica e scientifica, enti locali ed altri organismi e sistemi educativi e formativi.

Tra le molteplici e specifiche finalità presenti nel PNRR vi è, in particolare, l'incremento del numero degli ITS, il potenziamento dei laboratori con tecnologie 4.0, la formazione dei docenti per adattare i programmi formativi ai fabbisogni delle aziende locali, lo sviluppo di una piattaforma digitale nazionale per le offerte di lavoro rivolte agli studenti in possesso di qualifiche professionali. Per queste finalità sono stati stanziati circa un miliardo e mezzo di euro; una cifra considerevole, venti volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia e che va ben spesa. L'obiettivo prioritario, sempre secondo il PNRR, è conseguire un aumento degli attuali iscritti a percorsi ITS, raddoppiando gli attuali numeri (direi decuplicandoli): 18.750, ma i numeri variano un pochino. Il numero dei frequentanti quest'anno era questo (più di 18 mila) e 5.250 diplomati all'anno. La carenza di manodopera qualificata nelle imprese, infatti, è un problema che ci trasciniamo da anni, che impedisce l'aumento del lavoro premiante equamente retribuito, che rappresenta una componente indifferibile per promuovere la crescita sociale ancora prima che economica, individuale e collettiva di un Paese moderno, giusto e solidale.

Oggi la lista delle professioni con maggiori difficoltà di reperimento è lunga: si va dagli operai specializzati nell'edilizia e nella manutenzione degli uffici a quelli metalmeccanici, elettromeccanici; dai tecnici della sanità e dei servizi sociali a quelli delle industrie tessili, abbigliamento e calzature, solo per fare qualche esempio.

Gli ITS, istituiti con la legge n. 144 del 1999, modificata nel corso degli anni, nascono infatti come scuole ad alta specializzazione tecnologica per rispondere alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche. Gli istituti tecnici superiori (ITS) sono la prima esperienza italiana di offerta formativa terziaria professionalizzante, secondo un sistema consolidato da alcuni anni anche in altri Paesi europei. Nel corso degli anni ne sono stati istituiti 110 correlati a 6 aree tecnologiche considerate strategiche per lo sviluppo economico e la competitività del Paese nei settori dell'efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie della vita, delle nuove tecnologie per il made in Italy, servizi alle imprese, sistema agroalimentare, sistema casa, sistema meccanica, sistema moda, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, delle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e turismo. Gli ITS sono realizzati secondo il modello organizzativo della fondazione alla quale possono partecipare: un istituto tecnico professionale, statale o paritario, che risulti ubicato nella provincia sede della fondazione, una struttura formativa accreditata dalla regione per l'alta formazione, anch'essa ubicata nella provincia, un'impresa del settore produttivo cui si riferisce l'istituto tecnico stesso, un dipartimento universitario o altro organismo appartenente al sistema della ricerca scientifica e tecnologica, un ente locale. Gli istituti tecnici e professionali ne costituiscono gli enti di riferimento, pur conservando distinta e autonoma soggettività giuridica rispetto agli ITS. Ai percorsi si accede, previa selezione, col diploma di istruzione secondaria di secondo grado, o con un diploma professionale, conseguito al termine dei percorsi quadriennali di istruzione e formazione. Nonostante queste premesse, nei primi due anni di didattica, accanto a fattori di eccellenza, sono emerse alcune criticità: possibili freni della diffusione su larga scala dei super diplomi, scarso coordinamento istituzionale, eccessiva burocrazia e poche certezze sulle risorse a disposizione. Il legislatore in questi anni ha cercato in più occasioni di correggere questi elementi di criticità, mai però con un provvedimento organico - come dicevo prima - ma con parziali modifiche settoriali. In particolare, sono stati ampliati i percorsi di formazione dei singoli istituti, anche in filiere diverse. Con la legge n. 107 del 2015, per esempio, è stata data loro la possibilità di utilizzare finanziamenti di soggetti pubblici e privati per potenziare la propria offerta formativa. Con la legge n. 145 del 2018 sono cambiati i termini temporali per l'attuazione degli standard organizzativi delle strutture e dei percorsi degli istituti, nonché i criteri di valutazione dei piani di attività realizzati al fine di istituire nuovi ITS, o di accorpare eventualmente quelli già istituiti con la legge n. 160 del 2019. È stata altrettanto macchinosa la modalità di finanziamento: con la legge n. 296 del 2006 era stato istituito il fondo per l'istruzione e formazione tecnica superiore, successivamente con il DPCM 25 gennaio 2008 è stato disposto l'obbligo di cofinanziamento, da parte delle regioni, delle risorse statali; con la legge di bilancio 2018 il Fondo nazionale è stato incrementato per consentire al sistema degli ITS di aumentare la propria offerta formativa e, conseguentemente, di poter accrescere il numero di soggetti in possesso di competenze abilitanti all'utilizzo degli strumenti avanzati di innovazione tecnologica e organizzativa correlati; con le leggi di bilancio 2020 e 2021 sono stati, poi, stanziati finanziamenti ad hoc per la realizzazione e infrastrutturazione di sedi e laboratori coerenti con i processi di innovazione tecnologica 4.0, al fine di favorire, mediante il sistema degli istituti tecnici superiori, la diffusione della cultura tecnica e scientifica. Alla luce di quanto appena elencato, appare, quindi, evidente come sia oggi necessaria una riforma organica del sistema degli ITS, ora ridenominati Accademie per l'istruzione tecnica superiore o, più brevemente, ITS Academy, capace di coinvolgere un numero sempre maggiore di studenti, coerente con le nuove dinamiche del mercato del lavoro e capace di utilizzare al meglio le citate risorse presenti nel PNRR. Sono state sollevate in questi giorni alcune perplessità rispetto ai contenuti del provvedimento oggi in esame ed, in particolare, si è parlato di una riforma che porta un segmento del sistema formativo nazionale fuori dal perimetro pubblico. Quando si parla di finanziamenti pubblici è necessario vigilare attentamente sul loro utilizzo, ma un sistema di ITS autoreferenziale, non aperto e integrato con il tessuto economico e imprenditoriale territoriale, perde inevitabilmente la sua missione prioritaria, che resta quella di valorizzare un numero sempre maggiore di giovani disoccupati, o sottoccupati, potenziando le loro competenze e incentivando le loro aspirazioni. Il tasso di occupazione giovanile in Italia, soprattutto a causa dei citati ritardi e delle lacune della formazione professionale, è tra i peggiori in Europa: tra gli under 25 lavora soltanto il 16,7 per cento, contro il 31,4 dell'eurozona, mentre il tasso di disoccupazione è al 29,7, peggio di noi solo Spagna e Grecia. In questi anni il sistema degli ITS, nonostante difficoltà e poche risorse, ha dimostrato ottime potenzialità nell'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Queste potenzialità vanno ampliate, le criticità corrette e le sinergie con le imprese rafforzate per poter spendere al meglio gli ingenti finanziamenti già presenti nel PNRR. Queste sono le finalità della proposta di legge che oggi discutiamo, questi i motivi per fare presto e bene (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zicchieri. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ZICCHIERI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, prima di iniziare ad entrare nello specifico del mio intervento, il mio ringraziamento va sicuramente al relatore per il lavoro svolto dalla Commissione VII e al sottosegretario Sasso, in qualità di rappresentante del Governo e, non solo, anche per l'importante apporto che ha dato al provvedimento. Il sistema di formazione terziaria in Italia è offerto dalle università, dalle istituzioni per l'alta formazione artistica e musicale e, più di recente, dagli istituti tecnici superiori (ITS) e dagli istituti di formazione tecnica superiore (IFTS) che si occupano della formazione terziaria professionalizzante a ciclo breve. Da autorevoli ricerche emerge, infatti, che il possesso di un diploma di laurea non riduce il rischio di disoccupazione e che i nuovi modelli di occupazione richiedono sempre più competenze elevate e, pertanto, rendono necessario implementare la formazione tecnica superiore. L'avvio della cosiddetta quarta rivoluzione industriale sta avendo un notevole impatto sul mercato del lavoro e, conseguentemente, su questo sistema di formazione, perché la riqualificazione dei profili professionali porta inevitabilmente con sé nuovi fabbisogni di competenze che la riforma introdotta da questa legge nel nostro Paese sicuramente potrà soddisfare. Si tratta, quindi, di un segmento formativo recente nel nostro sistema educativo, che ora necessita di una nuova disciplina che permetta di sfruttare le potenzialità di un modello didattico che mira all'individuazione e all'analisi di esperienze didattiche organizzative sempre più innovative, funzionali allo sviluppo di competenze, abilitanti per il mondo del lavoro, ad alto impatto occupazionale e formativo, capace di assicurare elevatissime percentuali di occupazione a sei mesi dal conseguimento del titolo. Il testo all'esame dell'Aula è il risultato di un imponente lavoro della VII Commissione, iniziato nel 2018, a cui hanno contribuito bene - aggiungo - tutte le forze politiche, tra cui la Lega, con la proposta a firma della collega Colmellere.

L'inclusione della riforma del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore fra le misure cardine del PNRR ha accelerato la prosecuzione dei lavori e si è giunti all'adozione di un testo unico che costituisce la sintesi del lavoro precedente ma al tempo stesso un aggiornamento dello stesso in quanto, oltre al sistema ITS, si normano percorsi offerti dagli IFTS.

Il sistema che si delinea mira sicuramente ad assicurare uno sforzo sinergico tra filiere produttive e filiere formative, con il coinvolgimento degli enti territoriali e delle aziende di ciascun territorio, finalizzato a produrre tecnici specializzati in linea con le esigenze del mercato del lavoro e quindi ad offrire, nel modo più rapido ed efficace, una competenza tecnica e tecnologica che ricalchi le forme di qualificazione e di riqualificazione professionale che sono in costante evoluzione nel mondo del lavoro e della produzione al fine di azzerare la mancata corrispondenza fra domanda e offerta di lavoro.

Queste misure sicuramente renderanno i nuovi percorsi più attrattivi per un numero sempre maggiore di giovani e così si concorrerà anche a far diminuire il numero di giovani che non studiano e non lavorano, di cui oggi l'Italia detiene un triste primato in Europa.

Nello specifico, gli IFTS, mirati a consolidare, aggiornare e specializzare le competenze tecnologiche e tecnico-professionali, offriranno a giovani ammessi all'ultimo anno di scuola secondaria superiore o in possesso di comprovate capacità maturate in ambito lavorativo - dopo l'espletamento dell'obbligo scolastico - percorsi della durata di due semestri per almeno 800 ore di formazione, che permetteranno di conseguire il titolo di tecnico professionale specializzato equivalente al livello IV del Quadro europeo delle qualifiche (EQF), mentre gli ITS, denominati ITS Accademie - mi perdoni, Presidente, se non utilizzo il termine Academy, ma nell'Aula del Parlamento italiano mi piace utilizzare parole della lingua italiana - saranno deputati prioritariamente alla formazione professionalizzante di tecnici altamente specializzati. Saranno fondazioni, soggetti di diritto privato per la cui costituzione è necessaria la presenza di una scuola secondaria di secondo grado, di un ente di formazione, di una università e di una nuova impresa attiva nel campo d'elezione dell'istituto in questione.

Gli ITS offriranno percorsi di 4 semestri, per un totale di 2.000 ore di formazione al cui termine si ottiene il titolo di tecnico specializzato equivalente al V livello EQF oppure percorsi di 6 semestri, per almeno 3.000 ore di formazione per ottenere un titolo equivalente al VI livello EQF.

Importanza fondamentale rivestono i tirocini formativi obbligatori per almeno il 30 per cento del monte ore di ciascun percorso e che possono essere svolti anche all'estero. Le docenze di tali percorsi sono affidate a docenti, ricercatori ed esperti reclutati dall'Accademia e selezionati, per il 60 per cento, fra soggetti provenienti dal mondo del lavoro e, per il 20 per cento, fra i soggetti in servizio presso le scuole del Sistema nazionale di istruzione, strutture formative accreditate presso le regioni e i competenti centri.

Infine, possono essere assegnati alle fondazioni docenti e ricercatori in posizione di comando.

Si definisce un sistema di raccordo fra gli ITS e le università attraverso i patti federativi, allo scopo di realizzare percorsi, flessibili e modulari, per il conseguimento, anche in alto apprendistato, di lauree a orientamento professionale, per incrementare sempre più le opportunità di formazione e ulteriore qualificazione professionalizzante dei giovani, a livello terziario.

Una fondamentale novità introdotta è che, per rilasciare i titoli di studio ed ottenere i finanziamenti, gli istituti dovranno ottenere l'accreditamento nazionale che, a regime, sarà rilasciato, previa verifica del possesso di requisiti minimi, e potrà essere revocato nel caso in cui un ITS riceva per tre anni consecutivi una valutazione negativa al monitoraggio previsto, ovvero tenuto conto della qualità degli insegnamenti erogati e della percentuale d'impiego degli studenti ad un anno dal conseguimento del titolo. Finalmente, si parla anche delle dotazioni strutturali minime necessarie per ottenere l'accreditamento.

Questi istituti saranno inequivocabilmente la punta di diamante del sistema di formazione del nuovo sistema Paese.

Abbiamo un'unica perplessità che, tuttavia, dalle parole del sottosegretario Sasso sembra si stia risolvendo: l'accelerata finale impressa al lavoro meticoloso fin qui svolto dal Parlamento e dal Governo per finalizzare questa riforma ha lasciato pochissimo spazio al dibattito con i rappresentanti delle regioni. Noi siamo pienamente convinti che l'implementazione ottimale di questa riforma del sistema dell'istruzione tecnica superiore non possa avvenire in contrapposizione con i territori. Viceversa, alla luce delle competenze che le regioni hanno in materia e del supporto fondamentale ed efficiente che, da sempre, hanno assicurato al governo degli ITS, riteniamo si debba assicurare una adeguata collaborazione.

Auspichiamo pertanto che il lavoro dell'Aula possa far superare questa criticità tanto da avviare al più presto questo provvedimento che sicuramente migliora la vita degli ITS.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA (FI). Grazie, Presidente Mandelli. Sottosegretario Sasso, relatore Toccafondi, colleghi, il guaio del nostro tempo, come diceva Paul Valéry già nel 1931, è che “il futuro non è più quello di una volta”.

A noi è capitato di vivere il vero inizio del Ventunesimo secolo che, come sostiene l'economista francese, Éloi Laurent, potrebbe essere cominciato proprio il 7 aprile del 2020 perché, quel giorno, più della metà della popolazione mondiale, quasi 4 miliardi di persone, è stata confinata in casa da un centinaio di governi, in più della metà dei Paesi del mondo. Quel giorno, Presidente, abbiamo compreso che non basta più il progresso ma, se siamo interessati a più salute, più istruzione, più crescita, più lavoro e più cooperazione sociale, è necessario il cambiamento per reinventare gli ecosistemi, oggi in pericolo, e soprattutto che non è più possibile mantenere le organizzazioni sociali del Novecento, tra cui quelle dedicate all'istruzione e alla formazione tecnica e professionale.

I cambiamenti intervenuti nella fase emergenziale, determinati dalla pandemia, hanno comportato e comportano insomma un'accelerazione verso un futuro che potrà essere ricco di nuove opportunità di vivere, lavorare e studiare, se si saprà fare un uso più ricorrente, decisivo e organizzato innanzitutto delle tecnologie.

E' nel momento dell'emergenza che deve essere progettato il futuro perché, come dice Papa Francesco, preparare il futuro è diverso da prepararsi per il futuro e cioè adattarsi ad un qualcosa che inesorabilmente arriverà. Allora occorre avviare per tempo una trasformazione dei luoghi, dei modi e dei tempi dell'apprendimento per tutte le età, lifelong learning, mentre avviamo la ripresa con il PNRR.

Per questo, come Forza Italia siamo convinti che il Piano Next Generation EU non debba limitarsi ad immettere risorse in un sistema superato, che si dimostra inadeguato ai nuovi bisogni formativi ed inefficiente nella competizione globale, ma servire a formare i giovani lavoratori competenti e smart, capaci di interpretare i cambiamenti e di governare il progresso delle tecnologie.

Nel nostro Paese, abbiamo certamente eccellenze verticali perché abbiamo grandi menti, grandi talenti e grandi università ma ci manca la diffusione della cultura scientifica e tecnologica perché i luoghi destinati all'apprendimento sono troppo pochi e troppo di élite, università e centri di ricerca, mentre, proprio come avviene già in tanti Paesi europei, come la Germania e la Francia ma anche la Spagna, abbiamo bisogno di costruire una filiera tecnologica e professionale che sia finalizzata alla formazione di tecnici specializzati 4.0.

L'istruzione terziaria professionalizzante è infatti una realtà largamente diffusa in molti Paesi europei mentre per l'Italia la quota di popolazione interessata si mantiene al momento su valori piuttosto contenuti.

Nello scenario europeo la formazione tecnica superiore fa parte a tutti gli effetti del sistema ordinamentale dell'istruzione e, come tale, gode di fondi stabili e dedicati. Il mondo dell'impresa è sempre presente negli organismi direttivi o consultivi delle istituzioni formative ed è parte attiva nella gestione dei processi di programmazione, gestione e controllo delle attività condotte; il titolo conseguito nelle università professionali in Svizzera, nelle università di arti e mestieri di Germania e Finlandia è riconosciuto nel mercato del lavoro sul piano contrattuale, in base alle diverse legislazioni vigenti, nazionali o federali. Le istituzioni formative rispondono a criteri di forte specializzazione e sono dislocate prevalentemente presso aree produttive a spiccata vocazione settoriale; l'alternanza formativa è sostenuta ed accompagnata da figure specializzate, spesso provenienti dal mondo delle imprese e si giova di attrezzature e laboratori situati anche all'interno delle aziende; la terziarizzazione del settore si estende al corpo docente, presente nell'istituzione formativa che beneficia di un percorso di carriera specifico e regolato; l'ingresso nel mondo del lavoro da parte di questi tecnici così formati nei Paesi europei è favorito da servizi di placement nei quali le imprese svolgono un ruolo di componente attiva ed essenziale; l'attrattività di questi percorsi tecnico-professionali europei consiste proprio nell'essere un indirizzo di studi post diploma, caratterizzato da un orientamento professionalizzante e dal carattere applicativo dei contenuti didattici.

In Italia, non partiamo da zero, visto che, negli ultimi vent'anni, non sono mancati piani di sviluppo di percorsi di IFTS, ma soprattutto di ITS, quindi di specializzazione terziaria più prevalentemente professionalizzante, nel primo caso, e di specializzazione nelle tecnologie più avanzate, nel secondo caso (gli ITS). Non abbiamo tuttavia mai realizzato, sottosegretario e lei lo sa bene, un vero e proprio sistema terziario della filiera tecnologica e professionale, anche se, in alcune regioni d'Italia, si è registrato, soprattutto negli ultimi dieci anni, un vero e proprio sviluppo di percorsi qualificati nelle aree strategiche dello sviluppo del Paese.

Nonostante ciò, l'Italia continua a soffrire gap molto forte tra ciò che si studia e ciò che serve al mondo produttivo. Siamo il secondo Paese manifatturiero in Europa, ma 7 giovani su 10 delle scuole superiori non lo sanno, e non scelgono, dopo il diploma, un percorso appunto ITS, che in due anni garantisce una formazione sul lavoro di alta qualità e che, in 8 casi su 10, permette di entrare stabilmente in un mercato sempre più competitivo. In questo senso, c'è innanzitutto un problema di orientamento, l'higher VET italiano insomma ancora non c'è, anche se dal 2010 è possibile intraprendere un tipo di scuola ad alta specializzazione tecnologica, rappresentata dagli ITS. Attualmente, le fondazioni si distribuiscono su sei aree tecnologiche, articolate in una pluralità di ambiti. Il numero più elevato di fondazioni ITS appartiene all'area nuove tecnologie per il made in Italy (36,5 per cento del totale), gli ITS afferenti all'area tecnologica della mobilità sostenibile risultano presenti con una percentuale del 18,3 per cento, quelli dell'efficienza energetica con un 14 per cento, le tecnologie innovative per i beni e le attività culturali con un 12,9 per cento, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione con un 10,7 per cento, gli ITS delle nuove tecnologie della vita con 7,5 per cento.

La prima criticità che emerge da questi dati è che si scorgono differenze piuttosto forti tra le diverse regioni nell'implementazione dell'istruzione tecnica superiore: la Lombardia è la regione che ha promosso il maggior numero di fondazioni (18), seguita ad una certa distanza da Lazio, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto; nelle altre regioni, l'istruzione tecnica superiore costituisce una realtà quantitativamente meno rilevante, a fronte di più evidenti bisogni formativi, soprattutto in relazione all'alta percentuale di disoccupazione giovanile e femminile, sottosegretario. Per tutte queste ragioni, sconcerta tuttora il basso numero dei diplomati dei nostri ITS, pari a 2.601 nell'ultimo anno, cioè solo l'1 per cento degli iscritti nel livello terziario fa percorsi diversi da quelli universitari. In particolare, inquieta ancora il dato che ben il 64,2 per cento degli iscritti appartiene a istituti situati nel Nord Italia, solo il 19,1 per cento al Centro e il 16,7 per cento nel Sud e nelle isole. Presidente, sottosegretario, ho frequentato le università del Sud e ho appreso e approfondito a quel tempo la questione meridionale; trasferendomi al Nord, negli anni Novanta, mi son dovuta confrontare invece con la questione settentrionale. La prima nasceva dalle sacche di povertà, dall'analfabetismo diffuso, dalla pratica dell'assistenzialismo come soluzione politica ai problemi di quei territori, la seconda riguardava invece la necessità per il Nord, motore di sviluppo per il Paese, di procedere ad una velocità diversa nelle politiche pubbliche e private e rivendicava l'autodeterminazione territoriale. Nelle cosiddette Prima e Seconda Repubblica, la politica con la “P” maiuscola ha ricercato soluzioni istituzionali e normative a queste diverse esigenze, ma ora, nel post-COVID, la questione principale che deve riguardare Nord e Sud è divenuta nazionale - che non significa statale, si badi bene -, proprio perché la ripartenza nel post-COVID, deve riguardare tutti, chi si è dovuto fermare a causa della pandemia e chi non è mai partito verso la modernizzazione dei sistemi pubblici e privati. E, allora, si deve ripartire dalle cornici nazionali, che non sono più sufficienti e che vanno per prime modificate. Ad esempio, non possiamo ignorare che questa situazione sia, di fatto, la conseguenza dello spostamento di tutta l'istruzione e della formazione professionale superiore, praticata nei territori e nel tessuto economico nazionale, sull'università e sulla rigidità dei suoi ordinamenti centralizzati, che ha comportato svantaggi, che nel tempo sono diventati molto consistenti. Il primo ha riguardato il progressivo distanziamento tra teoria e pratica e tra cultura e ricerca scientifica. L'altro svantaggio si riferisce alla diffusione del principio secondo cui sarebbe impossibile formare in maniera superiore - e quindi anche con consapevolezze critiche, scientifiche generali, soprattutto con riferimento ad un'attenzione critica a tutto il nuovo che avanza - profili professionali che sono invece molto specifici, di natura tecnica, tecnologica o addirittura specializzati, richiesti dall'evoluzione del mercato del lavoro e in particolare dalle tecnologie del terzo millennio. Insomma, vi sono dei pregiudizi, in base ai quali lo studio sarebbe separato dal lavoro, ma soprattutto non c'è considerazione del fatto che invece le competenze trasversali richiedono proprio tante conoscenze verticali, quanto esperienze pratiche professionalmente specialistiche. Nel tempo che stiamo vivendo, con un frenetico progresso scientifico e tecnologico, tutto ora appare più chiaro e cioè un'economia manifatturiera o diversi servizi terziari non possono avere un'élite dirigente, critica, innovativa e di livello e una massa subalterna tecnica, esecutiva ed ordinaria. Tutti i lavoratori devono possedere, in ogni campo, ogni tipo di eccellenza possibile dentro questa grande trasformazione della tecnologia ed essere sempre imprenditori di se stessi e confermare il saper fare in un contesto sociale che cambia in modo perpetuo e imprevedibile e, quindi, essere professionisti in ogni settore della progettazione e della produzione. La parola “professionalità” deve, insomma, richiamare sempre più apprendimento anche di natura professionale, appunto tecnica e tecnologica, che non ha nulla a che fare soltanto con gli studi superiori, ma che ha a che fare con una particolare categoria di studi tecnici e tecnologici senza essere accademici. Noi di Forza Italia abbiamo per questo maturato tre consapevolezze. La prima, riguarda la necessità e il valore di affiancare ad una formazione universitaria una formazione tecnica superiore, fondata proprio sul paradigma integrativo tra teoria e pratica, tra culture generali e specifiche, tra competenze trasversali e specialistiche e, soprattutto, tra formazione umana e formazione professionale, tra studio, impresa e territorio. La seconda consapevolezza si riferisce all'apprendistato formativo, riconosciuto come quella forma di apprendimento più strategico, per sostenere la destinazione alla diffusione di questo paradigma. L'ultima consapevolezza è la necessità di recuperare il carattere personalistico di promozione umana e sociale e una occupabilità, di cui il nostro Paese ha estremamente bisogno, se è vero poi che tutto il problema della disoccupazione giovanile e femminile è anche legato ad un'assenza di formazione nei profili professionali oggi emergenti e richiesti dal mercato del lavoro, soprattutto con riferimento alle discipline STEM. Non tutti i nostri giovani sanno essere dei tecnici specializzati 4.0; non sono stati formati per esserlo, da poco lo sono in un numero molto ridotto e, quindi, noi dobbiamo incrementare questo aspetto della formazione. Dobbiamo innanzitutto, come detto in modo esplicito dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, passare dall'1 per cento ad almeno il 20 per cento, incrementando in modo significativo gli iscritti a questa offerta formativa post secondaria, non universitaria, professionalizzante, seguendo appunto i modelli delle realtà europee già ben rodate, come le IUT in Francia e le storiche scuole professionali tedesche, quasi inarrivabili al 35 per cento di iscritti di studenti. I numeri dei tecnici nei Paesi europei sono infatti questi: oltre 750 mila in Germania, oltre 500 mila in Francia, oltre 400 mila in Spagna, oltre 250 mila in Inghilterra; 20 mila diplomati ITS ogni anno deve essere un traguardo minimo da raggiungere, perché, a fronte di una disoccupazione giovanile e femminile sempre più crescente - un giovane su tre è disoccupato -, è paradossale che le nostre aziende non trovino un tecnico su tre. E, mentre riformiamo questo segmento, realizzando un vero e proprio sistema terziario non accademico, dobbiamo rilanciare quelli che si sono rivelati essere i punti di forza degli ITS, il raccordo con il mondo del lavoro, che vede già ora un partenariato delle fondazioni ITS costituito per il 37,4 per cento da imprese, in un coinvolgimento nelle attività di stage di circa 2.500 aziende, di cui quasi la metà sono piccole e medie imprese; e, ancora, il 69,4 per cento dei docenti proviene da imprese operanti nei singoli settori. Occorre ora un vero e proprio colpo d'ala, che ridefinisca la missione e l'organizzazione dell'intero sistema di istruzione e formazione tecnica superiore, dando nuovi assetti più efficaci e persino più ambiziosi, ma avendo attenzione prima di tutto al superamento di tutte le criticità che sono emerse in questi anni. Noi di Forza Italia, Presidente, siamo fieri di aver depositato la proposta di legge n. 544, a firma Gelmini e mia, già nel 2018, che oggi discutiamo insieme alle altre leggi abbinate, per indicare al Parlamento la necessità e l'urgenza di intervenire nelle direzioni appena indicate, proprio come ha recentemente fatto il PNRR, a partire dalla trasformazione degli ITS in un vero e proprio sistema terziario, nazionale e regionale allo stesso tempo. E veniamo alla proposta di riforma. Partita dalla proposta di legge n. 544, che ha visto nel corso dell'iter in Commissione cultura l'abbinamento di più proposte di legge presentate da tutti i gruppi parlamentari, convergenti sullo stesso tema, la riforma affronta innanzitutto il tema della scarsa attrattività dei percorsi ITS, che sono stati vissuti finora dalle famiglie e dagli studenti come una prosecuzione dell'istruzione tecnica. Quindi, non vengono scelti proprio da quegli studenti che, avendo talento tecnologico e avendo voglia di studiare, preferiscono fare percorsi accademici oppure cominciare subito a lavorare, ma senza una specializzazione con una professionalità limitata.

Abbiamo per questo operato innanzitutto un rebranding, proponendo di denominare gli ITS come Accademia per l'istruzione tecnica superiore, ovvero ITS Academy, conservando quindi l'acronimo ITS, in modo da comunicare immediatamente che si tratta di percorsi del terzo millennio, dove tutte le forme di tecnologie fino all'intelligenza artificiale sono ricomprese e svolte in luoghi dedicati - oggi mancanti -, che dovranno diventare centri tecnologici avanzati, per il conseguimento di qualifiche professionali 4.0, per il made in Italy, secondo gli standard europei e per sviluppare su binari paralleli i temi dell'innovazione e della formazione.

Il raccordo tra i due assi dell'innovazione e dell'education deve produrre un vero e proprio vivaio per lo sviluppo delle professionalità per il manifatturiero avanzato e caratterizzare i centri come ITS Academy 4.0.

Inoltre, i centri tecnologici dovranno costituire anche luoghi di placement per i giovani in uscita da questi percorsi. La legge punta, proprio per questo, ad esasperare e stressare quasi il coinvolgimento delle imprese per dare molto più spazio e potere vocazionale alle aziende. Insomma, gli ITS Academy saranno quel luogo in cui non saranno definiti una volta e per sempre i percorsi di formazione, ma dove sarà l'innovazione a suggerirne di nuovi. Meno burocrazia, più innovazione, più occupazione, più occupabilità, soprattutto più laboratori didattici innovativi STEM per il raccordo con le imprese e per appassionare i giovani a quella che sarà la tecnologia di oggi e di domani e, quindi, arrivare a formare le competenze per la fabbrica intelligente. In questo senso, gli ITS Academy devono diventare veri e propri luoghi di open innovation, dove le imprese e i centri di ricerca mirano a generare nuove idee di impresa, partendo da contesti formativi.

La legge di riforma, pertanto, di cui oggi parte l'iter di approvazione in quest'Aula, ridefinisce la mission degli ITS quale parte integrante del sistema di istruzione terziaria, ne marca il ruolo di Istituti superiori per la formazione tecnologica, accanto alle università e all'AFAM, con una distinta e autonoma identità. Mantengono la loro natura giuridica di fondazioni di partecipazione pubblico-privata, rafforzando la partecipazione delle imprese, soprattutto di quelle piccole e medie, e dei centri di ricerca pubblici e privati. Sono stati previsti raccordi di sistema con i piani di innovazione tecnologica, gestiti dalle amministrazioni centrali, a partire dal piano “Industria 4.0” e dal PNRR.

Gli ITS Academy saranno, inoltre, connotati visibilmente dalla filiera tecnologica di appartenenza: quelle che sono già attive, come l'efficienza energetica, la mobilità sostenibile, le nuove tecnologie della vita, le nuove tecnologie per il made in Italy, i servizi alle imprese e al no-profit, il sistema agroalimentare, il sistema casa, il sistema meccanica, il sistema moda e un'attenzione all'alto artigianato artistico, tecnologie dell'informazione e della comunicazione, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, turismo, e quelle che saranno individuate con apposito decreto del Ministro dell'Istruzione, di concerto con i Ministri dell'Università e della ricerca, dello Sviluppo economico, del Lavoro e delle politiche sociali, dell'Economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, per soddisfare i bisogni formativi indotti dalla realizzazione dei piani di intervento previsti dal PNRR, con particolare riferimento alla transizione digitale, anche ai fini dell'espansione dei servizi digitali negli ambiti dell'identità, dell'autenticazione, della sanità e della giustizia, all'innovazione, alla competitività, alla cultura, alla rivoluzione verde, alla transizione ecologica, alle infrastrutture per la mobilità sostenibile.

Con riferimento, invece, alla stabilità e all'adeguatezza dell'offerta, con questa legge di riforma si supera la precarietà dell'offerta formativa, legata, sino ad oggi, ai bandi regionali e ai fondi prevalentemente europei e si prevede un apposito capitolo di spesa nella legge di bilancio, dotato di congrue risorse e strumenti fiscali per intercettare risorse private crescenti nel tempo.

Viene confermato l'obbligo di cofinanziamento da parte delle regioni con risorse, almeno il 30 per cento, iscritte stabilmente nei propri bilanci.

Si prevede, inoltre, con il finanziamento straordinario previsto nel PNRR, di dotare gli ITS Academy di laboratori tecnologici avanzati, idonei a essere utilizzati per lavorazioni, servizi per conto terzi e, soprattutto, per le piccole e medie imprese del territorio. I relativi proventi possono accrescere significativamente le risorse degli ITS Academy e aumentarne l'interconnessione con le imprese.

L'investimento pubblico complessivo mira ad implementare fortemente l'offerta formativa per superare progressivamente il mismatch tra domanda e offerta di lavoro di tecnici superiori con elevata specializzazione tecnologica, a raggiungere, nel primo triennio di applicazione della legge di riforma, almeno 20 mila giovani all'anno. Per rendere stabile l'offerta formativa degli ITS, la legge prevede di dotare gli stessi di un nucleo essenziale di personale che presti la sua opera in modo continuativo.

La legge di riforma degli ITS Academy indica, inoltre, i criteri generali per l'istituzione degli stessi attraverso un sistema di accreditamento nazionale, definito di intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, per definirne gli aspetti caratterizzanti. Tutto questo, naturalmente, con i diversi criteri, che erano già presenti nel DPCM 2008, che vengono ripresi.

La legge individua anche gli strumenti per la sua attuazione attraverso norme di carattere non regolamentare e, soprattutto, linee guida, adottate di concerto tra MIUR, MI, MiSE e MEF, previa in sede di Conferenza Stato-regioni.

Molto importante - ancora una volta, ribadiamo - è il coinvolgimento delle imprese, delle parti sociali, delle amministrazioni di settore, salute, mobilità sostenibili, innovazione tecnologica, ambiente, agricoltura, turismo e coordinamento delle regioni. Insomma, Presidente, con questa nuova organizzazione del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore, in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ridefinisce la missione degli ITS e degli IFTS, si intende promuovere e rilanciare la diffusione della cultura scientifica e tecnologica per raggiungere i livelli già presenti e conseguiti da gran parte dell'Europa, come è stato ricordato all'inizio di questo intervento, ma anche l'orientamento permanente dei giovani verso le professioni tecniche e tecnologiche e l'informazione delle loro famiglie, attraverso programmi pluriennali comprendenti percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento anche nella forma di percorsi esperienziali. Poi, aggiornamento e formazione in servizio dei docenti di discipline scientifiche, tecnologiche e tecnico-professionali della scuola e della formazione professionale. Soprattutto, rafforzare le politiche attive del lavoro per quanto attiene alla transizione dei giovani dalla formazione al mondo del lavoro attraverso la promozione di organici raccordi con gli enti che si occupano della formazione continua dei lavoratori nel quadro dell'apprendimento permanente per tutto il corso della vita. Infine, realizzare, tutte le volte che sarà possibile, il trasferimento tecnologico soprattutto alle piccole e medie imprese.

L'approvazione di questa legge rilancia, quindi, tutta la formazione tecnologica non accademica, inquadrandola in una logica di sistema necessaria per sostenere, con capitale umano qualificato, tecnici 4.0 e l'attuazione delle riforme previste dal PNRR, che determineranno un'accelerazione nella modernizzazione dei settori pubblici e privati di progettazione e produzione, per garantire un livello sempre più elevato di benessere diffuso e di qualità dei servizi. L'istruzione deve fare la propria parte. Questo è il momento di cambiare, aggiungendo ai tradizionali canali di formazione, quali la scuola e l'università, questo terzo canale tutto tecnologico, trasversale ai diversi settori, che si caratterizzerà proprio per le alleanze che, di volta in volta, saprà ricercare nel mondo dell'impresa, della scuola, dell'università e della ricerca, rimanendo, però, sempre filiera tecnologica autonoma e terza rispetto alle filiere dell'istruzione già esistenti. Auguro per questo al Governo e alle regioni un buon lavoro per arrivare in tempi brevi ad attuare questa legge. Soprattutto, buona fortuna alle nuove generazioni di tecnici 4.0, che dovranno accompagnarci, con gambe solide e sguardo al futuro, nel terzo millennio. Infine, Presidente - e sono davvero alla conclusione -, vorrei concludere con una nota personale (mi sembra importante e doveroso).

Dedico questo mio lavoro politico al presidente Berlusconi, che ha sostenuto l'istituzione di una filiera professionalizzante nel nostro Paese fin dal varo della legge n. 53 del 2003, e ai miei genitori, Gianni e Carmen che, negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, contribuirono, con tenacia e non senza difficoltà, ad istituire allora l'istruzione tecnica professionale superiore in Puglia, di pari dignità - almeno così era nelle loro intenzioni - del canale liceale.

Docente visionario e sindacalista, mio padre Giovanni affiancò in questo progetto politico e istituzionale l'onorevole Aldo Moro che fu anche Ministro dell'istruzione in quegli anni, e l'onorevole Beniamino Finocchiaro, del Partito socialista italiano e della Commissione cultura, insieme a tanti docenti e dirigenti illuminati del Mezzogiorno di quel tempo, che vollero impegnarsi per il riscatto del Sud.

Carmen, giovane docente di lingua inglese, scelse di dedicarsi all'insegnamento dell'inglese tecnico, un'assoluta novità per la scuola italiana (e non dei licei).

Le opere di mio padre Gianni appartengono ormai alla storia familiare, a quella del sindacato autonomo che fondò e, soprattutto, alla storia dell'istituto industriale “Marconi” di Bari. Carmen, mia madre, oggi novantenne, che ho salutato questa mattina e che ha seguito con lucidità il lavoro frenetico di queste ore per migliorare la legge, mi ha incoraggiata ad andare avanti, dicendomi: “Fate presto, avete perso già troppo tempo”.

Ecco, Presidente, concludo il mio intervento con le sue stesse parole, che rivolgo all'Aula: facciamo presto, abbiamo già perso troppo tempo (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Occhionero. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (IV). Grazie, Presidente. Sottosegretario, colleghe e colleghi, il testo unificato delle 6 proposte di legge d'iniziativa parlamentare, adottato come testo base dalla VII Commissione, di cui tanto già si è detto, anche con accorata passione - ringrazio la collega che mi ha preceduto per questo - reca, anche in relazione alle finalità del Piano nazionale di ripresa e resilienza, disposizioni per la riorganizzazione del sistema dell'istruzione tecnica superiore.

Di tale sistema sono parte integrante gli istituti tecnici superiori ora ridenominati - come abbiamo sentito più volte in quest'Aula - Accademie per l'istruzione tecnica superiore, ITS Academy, oltre ad avere con sé disposizioni che riguardano specificamente i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore.

Le proposte che sono ricomprese nel testo unificato sono condivise da maggioranza e opposizione - e per questo ringrazio i relatori e i commissari, insieme al sottosegretario, che hanno portato avanti questo lavoro prezioso - e, nel riorganizzare il sistema di istruzione degli istituti tecnici superiori, mirano a rendere questo fondamentale segmento dell'istruzione nel Paese molto più aderente ai tempi e al mercato del lavoro e altrettanto molto più vicino alle esigenze didattiche dei giovani, che, una volta raggiunto il titolo, dovranno confrontarsi con le richieste di quel mercato, sempre più selettivo e sempre più specializzato.

La proposta di legge che andiamo ad esaminare inerisce direttamente alle raccomandazioni europee e al loro recepimento nel PNRR, inviato alla Commissione europea, che prevede innanzitutto la riforma del sistema ITS. Nello specifico, il testo in discussione prevede il rafforzamento del sistema degli ITS attraverso il potenziamento del modello organizzativo e didattico, anche integrando l'offerta formativa, introducendo premialità e ampliando i percorsi per lo sviluppo di competenze tecnologiche abilitanti.

È importante la previsione di un'integrazione dei percorsi ITS con il sistema universitario delle lauree professionalizzanti e anche la semplificazione della governance degli ITS: tutto ciò al fine di aumentare il numero di istituti, ma soprattutto di iscritti.

La proposta di legge nel testo unificato, poi, prevede l'approvazione di misure per sviluppare e rafforzare le competenze STEM e quelle digitali e di innovazione, con l'obiettivo di incentivare l'iscrizione ai curricula STEM terziari e, in particolare, per le donne.

Inoltre, nell'ambito della riforma delle classi di laurea, il documento evidenzia l'intenzione di ampliare le classi di laurea professionalizzanti, facilitando l'accesso all'istruzione universitaria per gli studenti provenienti dagli ITS.

Per quanto riguarda, poi, l'investimento nello sviluppo del sistema di formazione professionale terziaria previsto dal PNRR, bisogna ricordare che ci sono molte risorse, per complessivi 1,5 miliardi di euro a fondo perduto dal 2022 al 2026; infatti, il documento evidenzia che si dovrà incrementare il numero di ITS, potenziandone i laboratori con tecnologie 4.0, formando e aggiornando la preparazione dei docenti affinché siano in grado di adattare i programmi formativi ai bisogni delle aziende.

Il programma del Piano prevede, poi, lo sviluppo di una piattaforma digitale nazionale per le offerte di lavoro rivolte agli studenti in possesso di qualifiche professionali, con l'obiettivo di conseguire un aumento degli iscritti a percorsi ITS almeno del 100 per cento.

La sempre maggiore professionalizzazione e settorializzazione del sistema del lavoro, nell'offrire nuove e più ampie prospettive all'istruzione tecnica, esige, però, una complessiva, ampia e compiuta riforma del settore, che è iniziata con l'articolo 69 della legge n. 144 del 1999 ed è proseguita con l'articolo 1, comma 631, della legge n. 296 del 2006, e ha trovato attuazione nel DPCM del 25 gennaio 2008.

Ora, anche in vista delle risorse stanziate dal PNRR, partendo dalle attuali previsioni normative, è assolutamente indispensabile completare e integrare questa riforma, e farlo con una norma primaria, auspicabilmente di iniziativa parlamentare ampiamente condivisa, come quella che stiamo oggi discutendo.

Entrando brevemente - perché, l'ho già detto, molto è stato già sapientemente descritto - nel merito dell'articolato, le nuove accademie di istruzione tecnica superiore saranno deputate alla formazione professionalizzante di tecnici altamente specializzati e a sostenere la diffusione della cultura scientifica e tecnologica, anche attraverso l'orientamento dei giovani verso le professioni tecniche e l'informazione delle loro famiglie, aggiornando costantemente la formazione in servizio di docenti per le discipline scientifiche, tecnologiche e tecnico-professionali che operano nella scuola e nel sistema della formazione professionale.

I nuovi ITS dovranno anche inserirsi nelle politiche attive del lavoro, soprattutto per quanto attiene alla transizione dei giovani nel mondo del lavoro, anche mediante organici raccordi con gli enti che si occupano della formazione continua dei lavoratori, collaborando con le imprese, soprattutto quelle piccole e medie, in merito al trasferimento tecnologico.

Il testo, nel prevedere che ciascun ITS Academy si debba caratterizzare per il riferimento ad una specifica area tecnologica e che le aree tecnologiche dovranno essere individuate con decreto del Ministero dell'Istruzione, di concerto con il Ministero dello Sviluppo economico, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'Economia e delle finanze, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sentita la Conferenza unificata, consente agli ITS Academy di fare riferimento anche a più di un'area tecnologica tra quelle individuate con il decreto interministeriale, a condizione però che nelle medesime aree non operino altri ITS Academy situati nella medesima regione, garantendo così la maggiore ampiezza dell'offerta formativa sul territorio.

La proposta in esame poi, nel consentire fino all'emanazione del decreto che gli ITS Academy possano riferirsi a una delle aree tecnologiche previste dal DPCM attualmente in vigore, detta specifiche indicazioni al Governo nell'individuare le aree tecnologiche, stabilendo che il decreto debba tener conto delle attuali principali sfide e delle linee di sviluppo economico, con particolare attenzione a quelle riguardanti la transizione ecologica, compresi i trasporti, la mobilità, la logistica, la transizione digitale, le nuove tecnologie per il made in Italy, compreso l'alto artigianato artistico, le nuove tecnologie della vita, i servizi alle imprese e al no-profit, oltre alle tecnologie per i beni e le attività artistiche e culturali e per il turismo e a quelle dell'informazione e della comunicazione dei dati.

Il decreto interministeriale individuerà anche le figure professionali nazionali di riferimento in relazione ad ogni area tecnologica, gli eventuali ambiti in cui essa si articola a livello nazionale, gli standard minimi delle competenze tecnologiche e tecnico-professionali in relazione a ogni figura e i diplomi di tecnico superiore che si conseguono a conclusione dei singoli percorsi. Anche questo è stato già detto, ma, analizzando il regime giuridico degli ITS Academy previsto dalle nuove norme, essi si costituiranno secondo il modello della fondazione di partecipazione. La forma della fondazione privata, in tandem con la nuova governance degli ITS Academy, snella e funzionale, renderà gli istituti autonomi ed efficienti, anche se pur sempre sotto la lente di ingrandimento e la vigilanza del prefetto competente per territorio e del Ministero. Infatti, nello schema standard di statuto, le cui linee guida saranno adottate entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge, con decreto del Ministero dell'Istruzione, sentito il parere della Conferenza unificata, si prevede tra le cause di scioglimento della fondazione anche la perdita dell'accreditamento nazionale.

Riguardo ai percorsi formativi, essi, pur nell'ambito delle aree tecnologiche e delle figure di riferimento definite dal decreto interministeriale, si articoleranno in due livelli: il primo con una durata di quattro semestri e almeno 1.800-2.000 ore di formazione, il secondo con una durata di sei semestri e almeno 3.000 ore di formazione. Ci si prefigge, quindi, l'obiettivo di fornire un'offerta formativa personalizzata per i giovani e adulti in età lavorativa con il riconoscimento dei crediti formativi già acquisiti, anche ai fini della determinazione della durata del percorso individuale, facilitando anche la partecipazione dei lavoratori occupati nell'ambito di ore di attività teorica, pratica e di laboratorio, di stage aziendali e tirocini formativi, svolti anche all'estero e adeguatamente sostenuti da borse di studio.

A conclusione dei percorsi si consegue, previa una verifica e una valutazione finale, rispettivamente il diploma di tecnico superiore di primo e secondo livello, che costituirà il titolo valido per l'accesso ai pubblici concorsi, anche a quello per insegnante tecnico-pratico. Anche l'organizzazione dei docenti e dei ricercatori sarà snella e differenziata nei metodi di reclutamento e di collaborazione, e la conduzione scientifica di ogni percorso sarà affidata ad un coordinatore tecnico-scientifico e a un comitato di progetto. Nei singoli percorsi presteranno la loro opera docenti, ricercatori ed esperti reclutati dalla fondazione e selezionati, da un lato, tra soggetti provenienti dal mondo del lavoro, compresi gli enti di ricerca privati e con specifica esperienza professionale in settori produttivi correlati all'area tecnologica di riferimento dell'ITS Academy, e, dall'altro, tra soggetti in servizio presso le scuole del Sistema nazionale di istruzione, le strutture formative accreditate dalle regioni per l'alta formazione, le università o gli enti di ricerca pubblici o i competence center, centri di trasferimento tecnologico e digital innovation hub, anch'essi operanti nell'ambito dell'area tecnologica di riferimento dell'ITS Academy.

Per l'inquadramento di queste figure le fondazioni potranno ricorrere tanto a contratti d'opera quanto, per i docenti in servizio presso strutture pubbliche, all'istituto del comando. Anche le novità relative alla procedura di accreditamento, non più automatica e di durata quinquennale, sono degne di nota e di attenzione, ed è previsto un sistema di monitoraggio e valutazione che potrebbe portare alla sua revoca.

Anche gli articoli che recano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore mirano a riordinare, almeno negli obiettivi generali e, quindi, nel rispetto delle competenze regionali, i percorsi di istruzione e di formazione tecnica superiore, indicando degli standard minimi e conformati in modo da concorrere al superamento del disallineamento delle competenze tecnologiche e tecnico-professionali, dei giovani e degli adulti, rispetto alle richieste del mondo del lavoro e delle professioni, soprattutto in merito alla carenza di figure professionali dotate di competenze digitali rispetto ai fabbisogni indotti dall'innovazione tecnologica del Paese. Si prevede, infatti, un modello unico di certificato di specializzazione tecnica superiore che favorisca la spendibilità del titolo in ambito nazionale e dell'Unione europea, puntualizzando che la certificazione deve essere formata sulla base di criteri di trasparenza che favoriscano l'integrazione dei sistemi di istruzione e formazione e facilitino il riconoscimento e l'equipollenza dei percorsi dei titoli.

Infine, all'articolo 12 si prevedono le modalità di finanziamento del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore. In primo luogo - lo abbiamo detto - il testo istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'Istruzione, un nuovo fondo per l'istruzione e la formazione tecnica superiore, con ingenti dotazioni pari a 68 milioni di euro per il 2021 e 48 milioni di euro annui dal 2022. Il fondo finanzierà anche le misure per il riequilibrio territoriale dell'offerta formativa degli ITS Academy, soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree più svantaggiate, quelle in ritardo di sviluppo, soprattutto attraverso la costituzione di campus multiregionali e multisettoriali, anche residenziali, e la previsione di borse di studio per gli studenti più capaci e meritevoli. Un decreto del Ministro dell'Istruzione, previa intesa sempre in Conferenza unificata, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge, definirà criteri e modalità per la ripartizione delle risorse del nuovo fondo, che saranno assegnate, a regime, sulla base della quota capitaria, di cui il 70 per cento sarà destinato agli ITS a titolo di cofinanziamento degli interventi mentre il restante 30 per cento sarà assegnato a titolo premiale, per essere destinato agli ITS attivi in ciascuna regione che, nell'anno precedente a quello per cui è stato erogato il finanziamento, hanno riportato una valutazione positiva nell'ambito del sistema di monitoraggio e valutazione. Si conferma anche l'obbligo di cofinanziamento regionale degli ITS Academy almeno per il 30 per cento dell'ammontare delle risorse statali e si dispone che gli stessi possano avvalersi anche di altre risorse conferite da soggetti sia pubblici sia privati. Sarà poi il prefetto della provincia in cui ha sede legale l'ITS Academy ad esercitare il controllo sull'amministrazione della fondazione e sul corretto utilizzo delle risorse ricevute.

In conclusione, Presidente e sottosegretario, si tratta di un testo articolato - l'abbiamo detto - completo e funzionale, su cui, anche grazie all'attività e al lavoro del collega Toccafondi, del gruppo a cui appartengo, Italia Viva, relatore del provvedimento, si è costruito un consenso largo e condiviso tra i gruppi, tanto di maggioranza quanto di opposizione, proprio a testimonianza di quanto sia importante l'oggetto del provvedimento di cui stiamo discutendo. Come gruppo, siamo certamente sempre aperti e pronti ad ogni tipo di confronto che possa apportare ulteriori modifiche migliorative. Come ha già anticipato anche lei, sottosegretario, in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni, sono state trovate intese che permetteranno di andare avanti con il lavoro nella maniera più spedita. Sono certa che il provvedimento verrà licenziato al più presto, confidando che anche al Senato, permanendo lo stesso spirito costruttivo che abbiamo riscontrato nelle Commissioni e in quest'Aula, il suo percorso sia agevole e rapido, così da dotare, in tempi brevissimi, il settore dell'istruzione e della formazione tecnica superiore di una buona legge che ne rilanci l'importanza del ruolo, sicuramente strategico per lo sviluppo nazionale nel prossimo decennio, e una riforma attesa da tempo, di grande attualità e, come abbiamo già detto, in linea con gli obiettivi del PNRR (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Invidia. Ne ha facoltà.

NICCOLO' INVIDIA (M5S). Grazie, Presidente. Devo dire che gli interventi precedenti, dei miei colleghi, sono stati così esaustivi che credo sia quasi doveroso cercare di essere rapido e arrivare al punto. Sono così rare le cose che funzionano bene che, spesso, siamo presi da un timore quasi materno di conservazione. Forse è un po' quello che è successo in questi anni con gli ITS, un settore a cui tutti guardano con orgoglio e, allo stesso tempo, con prudenza, come una rarità che debba essere protetta sotto una campana di vetro. Dall'altra parte, proprio perché gli ITS sono una best practice di questo Paese, vi è la necessità di metterli a sistema e rafforzarli su tutto il territorio nazionale. Ad oggi, come sappiamo, sono un'opzione poco nota e troppi ragazzi e famiglie si trovano schiacciati tra l'orientarsi per una ricerca difficile di lavoro e un'università che ha essa stessa un disperato bisogno di riforme. Vi è, quindi, un evidente bisogno di diffondere questa best practice italiana di modo da poter passare da poche migliaia di ragazzi formati a centinaia di migliaia, un po' come già avviene con gli omologhi in Germania. È quello che hanno fatto i colleghi in Commissione cultura che, anche alla luce degli importanti investimenti previsti nel PNRR, hanno lavorato a questa riforma con grande convergenza nel merito e, in parte, riprendendo il DPCM del 2008.

Andando al testo, si prevede che gli ITS avranno lo scopo di potenziare la formazione professionalizzante, con particolare riferimento alle competenze tecnologiche e tecnico-professionali, aumentando la competitività del sistema produttivo e, ovviamente, andando a colmare lo skill mismatch. Particolare attenzione va anche ai fabbisogni formativi indotti dalla realizzazione dei piani di intervento previsti nel PNRR, quindi al digitale e alle relative aree tecnologiche. Nel testo si prevede che i soggetti fondatori degli ITS siano, come standard organizzativo minimo, un istituto di istruzione secondaria superiore, una struttura accreditata per l'alta formazione, un'impresa coerente con gli obiettivi dell'ITS o un dipartimento universitario o un centro di ricerca, sempre coerenti con gli obiettivi degli ITS. Sicuramente, la cosa importante è che, in generale, a questi fondatori che partecipano alla costituzione degli ITS Academy, e contribuiscono anche alla costituzione del relativo patrimonio, è richiesta un'esperienza nel settore dell'innovazione, qualunque esso sia.

Si prevedono, poi, dei percorsi degli ITS Academy strutturati in due livelli: percorsi di primo livello, che hanno una durata di quattro semestri, e percorsi di secondo livello, che hanno una durata di sei semestri. Ho particolarmente apprezzato la volontà di ragionare su percorsi organizzati secondo criteri di flessibilità e modularità, per consentire un'offerta formativa personalizzata per giovani e adulti in età lavorativa, con il riconoscimento dei relativi crediti formativi, ovviamente. Interessante è anche che gli ITS Academy e le università possano, nella loro autonomia, rendere organici, con degli accordi, dei patti federativi, la realizzazione di percorsi flessibili per il perseguimento di lauree ad orientamento professionale. Inoltre, i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore, gli IFTS, rivolti ai giovani e agli adulti, sono conformati in modo da concorrere al superamento del disallineamento delle competenze tecnologiche e tecnico-professionali rispetto alle richieste del mondo del lavoro e della professione; quindi, per andare a colmare lo skill mismatch.

Nel testo si crea un coordinamento nazionale, che si riunisce con cadenza almeno annuale, composto da rappresentanti del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della ricerca, dello Sviluppo economico, del Lavoro e delle politiche sociali, della Transizione ecologica, del Dipartimento per la Trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio, della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE) e delle associazioni imprenditoriali e delle associazioni più rappresentative degli ITS. Esso provvede alla redazione di un piano annuale per la definizione e l'integrazione dei fabbisogni formativi e lo sviluppo dei sistemi dell'istruzione e formazione tecnica derivati dal PNRR, quindi in materia di innovazione tecnologica, ecologia, politiche attive e così via.

Infine, vale la pena citare che l'anagrafe degli studenti iscritti nei percorsi degli ITS Academy è costituita presso l'Istituto nazionale documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE).

In generale, come ricordava il Ministro nelle scorse settimane, è centrale raggiungere tre obiettivi. Il primo è un sistema nazionale che valorizzi al massimo le presenza territoriali e le leghi sia in orizzontale, cioè tra ITS presenti in una regione, sia in verticale, cioè tra quelli che si occupano dello stesso settore. Le fondazioni, inoltre, devono crescere non tanto nel numero quanto nella capacità di organizzarsi e di avere, ad esempio, una sede autonoma e un corpo autonomo di insegnanti e collaboratori, in un interscambio continuo con le imprese e le istituzioni. Il terzo punto che viene segnalato dal Ministro - e che condivido - è quello di essere abbastanza flessibili per anticipare le tendenze dei sistemi produttivi e istituzionali e diventare il centro di iniziative formative, non soltanto per i giovani. Al riguardo, quale membro della Commissione lavoro, non posso non sottolineare la centralità degli ITS nella formazione continua e nel reskilling, ruolo che diventa vitale in questo periodo delicato per la tenuta sociale, soprattutto alla luce dello sblocco dei licenziamenti, che è prevista a pochi giorni da oggi.

Per restare sul tema del lavoro, queste proposte di legge devono anche essere considerate nel contesto più ampio che riguarda le scuole dei mestieri, il Fondo nuove competenze, le lauree abilitanti, che abbiamo votato l'altro giorno, e, in generale, i 7 miliardi destinati alla formazione continua e, poi, alle politiche attive nel PNRR.

Anche in virtù di questo sforzo ampio, che quindi va al di là della discussione oggi in essere, ritengo sia indispensabile la creazione di una nuova governance con un tavolo interministeriale sulla formazione continua. Ad ogni modo, accolgo favorevolmente lo sforzo del relatore, che ha portato in Aula un buon testo e soprattutto il suo sforzo diplomatico ancora in corso, che credo sarà centrale per dare al Paese una formazione pratica, moderna e soprattutto capace di incidere sulla riduzione dei NEET, male cronico di questo Paese (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 544-A​)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunciano alla replica.

Il seguito del dibattito è quindi rinviato ad altra seduta.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, a seguito delle intese intercorse tra i presentatori e il Governo, lo svolgimento delle interrogazioni, previsto per la seduta di domani, 29 giugno, alle 9,30, non avrà luogo.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 29 giugno 2021 - Ore 12:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 2207 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, recante misure urgenti relative al Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza e altre misure urgenti per gli investimenti (Approvato dal Senato). (C. 3166​)

Relatori: D'ATTIS, per la maggioranza; LUCASELLI, di minoranza.

2. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

GELMINI e APREA; INVIDIA; BUCALO e FRASSINETTI; TOCCAFONDI; COLMELLERE ed altri; SOVERINI ed altri: Ridefinizione della missione e dell'organizzazione del Sistema di Istruzione e formazione tecnica superiore in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. (C. 544​-2387​-2692​-2868​-2946​-3014-A​)

Relatore: TOCCAFONDI.

3. Seguito della discussione della mozione Cabras ed altri n. 1-00456 concernente iniziative in relazione al caso di Julian Assange .

4. Seguito della discussione della proposta di legge:

ZUCCONI ed altri: Disposizioni concernenti la rinegoziazione dei contratti di locazione di immobili destinati ad attività commerciali, artigianali e ricettive per l'anno 2021 in conseguenza dell'epidemia di COVID-19.

(C. 2763-A​)

Relatori: MASI, per la maggioranza; ZUCCONI, di minoranza.

5. Discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti della deputata Vincenza Bruno Bossio. (Doc. IV-ter, n. 18-A)

Relatore: SAITTA.

La seduta termina alle 17,40.