Camera dei deputati

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Il Presidente Francesco Crispi

Francesco Crispi è nato a Ribera (AG) il 4 ottobre 1818 ed è morto a Napoli l'11 agosto 1901. Laureatosi nel 1843 in giurisprudenza all'Università di Palermo, si trasfrisce a Napoli per esercitare la professione di avvocato; nella città campana si dedica all'attività cospirativa e nel 1848, scoppiata la rivolta siciliana, toma a Palermo e guida gli insorti alla vittoria sul napoletani. Eletto nella ristabilita Camera dei Comuni siciliana, vi anime posizioni di estrema intransigenza che lo inducono, nel 1849, con la restaurazione borbonica, a trasferirsi a Torino dove, pur avendo contatti epistolari con Mazzini e collaborando a diversi fogli di sinistra ha modo di conoscere ed apprezzare anche il pensiero di Cattanco. Espulso nel 1853 dal Piemonte, è prima a Malta e poi a Londra, a Parigi (che deve lasciare dopo l'attentato di Orsini), ancora a Londra ed a Lisbona. Nel 1859 non partecipa all'entusiasmo pcr la guerra all'Austria ma, dopo un avventuroso viaggio nell'isola natale, depone l'intransigenza dernocraticorepubblicana e comincia a guardare a Garibaldi; partecipa all'impresa dei Mille, di cui è stato il massimo promotore. Eletto nel 1861 al Parlamento è uno del pochi deputati della Sinistra estrema che cerca di conciliare l'accettazione della monarchia costituzionale non solo con Garibaldi, ma anche con il legame, sempre vivo, con Mazzini. Ma il realismo politico è destinato in lui a prevalere; non segue Garibaldi ad Aspromonte, anche se lo difende in Parlamento, dove il 7 maggio 1864 pronuncerà la celebre frase: "La monarchia è quella che ci unisce, la repubblica ci dividerebbe". Dopo Montana si dedica a rafforzare la Sinistra parlamentare e nell'estate del 1870, alla guida di questa, spinge il governo Sella sulla via di Roma. Dopo l'affermazione della Sinistra nella consultazione elettorale del 1876 è eletto (21 novembre) presidente della Camera che lascia nel dicembre 1877 per assumere gli Interni nel secondo ministero Depretis. Deposto l'incarico il 7 marzo 1878, nei nove anni in cui non ha responsabilità di governo si dedica prevalentemente alla professione forense, ma segue con attenzione gli avvenimenti e, se accetta la Triplice (1882), preme per una più decisa azione in Africa. Nell'aprile 1887 è ancora agli Interni nell'ottavo governo Depretis e alla morte di questi (29 luglio) gli succede, primo meridionale, alla presidenza del Consiglio, che tiene, con il reincarico del febbraio 1889, sino al gennaio 1891. Nel dicembre 1893 torna alla guida del governo avendo come costante in politica estera la valorizzazione della Triplice in funzione antifrancese e l'espansione in Africa, ed in politica interna un forte senso dello Stato che lo porta a reprimere con decisione i moti dei Fasci in Sicilia e le agitazioni anarchiche in Lunigiana. Travolto dalla sconfitta di Adua nel marzo 1896 esce dalla scena politica, vivendo negli ultimi anni a Napoli sostanzialmente isolato.