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CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 12 luglio 2018
35.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario. Atto n. 17.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO PD

  La II Commissione,
   esaminato il provvedimento in oggetto;
   premesso che:
    lo schema di decreto legislativo in discussione è diretto all'attuazione della delega legislativa conferita al Governo dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario», nella parte relativa alle modifiche all'ordinamento penitenziario (articolo 1, commi 82, 83, 85, lettere a), b), c), d), e), f), h), i), l), m), o), r), s), t), e u) nella parte relativa alle modifiche all'ordinamento penitenziario;
    i contenuti normativi dello schema si avvalgono delle proposte elaborate dalle Commissioni ministeriali (costituite con decreto del Ministro della Giustizia in data 19 luglio 2017) coordinate dal prof. Glauco Giostra. In particolare, per la parte relativa alle modifiche in tema di sanità penitenziaria e di revisione del sistema delle pene accessorie si è tenuto conto delle elaborazioni prodotte dalla Commissione ministeriale presieduta dal prof. Marco Pelissero; per le altre parti, si è utilizzato il lavoro della Commissione specificamente presieduta dal prof. Glauco Giostra, facendo tesoro delle indicazioni conclusive degli Stati generali sull'esecuzione penale, avviati dal Ministro della giustizia il 19 maggio 2015;
    l'obiettivo perseguito dal provvedimento è quello di rendere più attuale la disciplina, oramai risalente nel tempo, relativa alla materia penitenziaria (legge 26 luglio 1975, n. 354), in modo da adeguare la stessa ai più recenti orientamenti sia della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, sia delle Corti europee;
    lo schema di decreto legislativo A.G. 17 è trasmesso alle Camere nel rispetto della norma di delega che impone al Governo, quando non intenda recepire integralmente le condizioni poste dal Parlamento in sede di esame degli schemi di decreto legislativo, di trasmettere nuovamente il testo dello schema, con i necessari elementi informativi e le motivazioni delle scelte legislative, al fine di poter ricevere un nuovo parere parlamentare e poter poi emanare il decreto legislativo;
    va però comunque rilevato che la Commissione Giustizia della Camera aveva, lo scorso mercoledì 7 febbraio 2018, già approvato un parere favorevole, le cui condizioni sono state integralmente recepite dallo schema di decreto legislativo in esame;
    il testo dello schema è stato modificato nel senso indicato:
     a) previsione del piantonamento del detenuto temporaneamente ricoverato in luogo esterno di cura;
     b) è stata ripristinata la previsione di servizi speciali di assistenza alle puerpere e alle gestanti.
     c) Il ricovero nelle sezioni speciali è disposto per i condannati a pena diminuita per infermità per i quali non è possibile il rinvio dell'esecuzione;Pag. 17
     d) il tribunale di sorveglianza conserva il potere di respingere le richieste di misure alternative. Al singolo magistrato è riconosciuto il potere di applicarle in via provvisoria, salva ratifica finale del tribunale;
     e) l'area dei reati ostativi (articolo 4-bis ord. pen.) è ampliata e comprende anche i partecipi alle associazioni criminali finalizzate al contrabbando e al traffico di droga (la prima stesura dello schema riguardava solo coloro che avessero un ruolo di comando in seno alle medesime associazioni, oltre ai condannati per delitti di mafia, terrorismo, pornografia minorile, tratta, violenza sessuale);
     f) l'accesso alla detenzione domiciliare è consentito alle madri con figli minori o disabili anche per i reati gravi di cui all'articolo 4-bis, sempre che non vi sia pericolo concreto di commissione di nuovi delitti;
     g) si è precisato che il magistrato di sorveglianza competente a dare impulso al procedimento di revoca della misura alternativa applicata è quello dove la misura stessa è in esecuzione;
     h) in particolare, con riferimento all'osservazione di cui alla lettera c), la Commissione Giustizia invitava il Governo ad inserire all'articolo 65 dell'ordinamento penitenziario un'ulteriore disposizione diretta a specificare che i soggetti di cui allo stesso articolo 65 (detenuti con infermità) sono assegnati alle sezioni speciali degli istituti penitenziari della regione di residenza, nel rispetto del principio della territorialità dell'esecuzione della pena e dell'assistenza sanitaria;
     i) con riferimento all'osservazione di cui alla lettera d), il parere della Commissione Giustizia invitava il Governo, in materia di affidamento in prova al servizio sociale, a prevedere che, quando la pena da eseguire non sia superiore a sei mesi, il giudice può richiedere la relazione sull'osservazione della personalità prima di concedere l'affidamento e a prevedere che, ai fini dell'affidamento in prova, il condannato che non disponga di una propria abitazione possa accedere a un luogo pubblico di accoglienza e non di cura o assistenza;
     j) quanto all'osservazione di cui alla lettera f), il parere della Commissione Giustizia invitava il Governo a prevedere che, ai fini della detenzione domiciliare, il condannato, che non disponga di una propria abitazione, possa accedere, tra l'altro, a un luogo di dimora sociale adeguato e non appositamente destinato all'esecuzione extracarceraria della pena detentiva;
     k) all'osservazione di cui alla lettera g), la Commissione Giustizia invitava il Governo a prevedere, all'articolo 51-quater dell'Ordinamento penitenziario, che a disporre la sospensione dell'esecuzione delle pene accessorie, in caso di concessione di misure alternative, sia il medesimo giudice che ha concesso la misura e che, all'osservazione di cui alla lettera h), la Commissione Giustizia invitava il Governo a prevedere la conservazione della detenzione domiciliare per le pene inferiori a diciotto mesi;
     l) all'osservazione di cui alla lettera l), il parere della Commissione Giustizia invitava il Governo a introdurre una specifica disposizione diretta a prevedere che l'entrata in vigore delle norme in tema di ampliamento delle misure alternative alla detenzione sia connessa all'attuazione degli interventi in materia di amministrazione penitenziaria e di esecuzione penale contenuti nella legge di bilancio 2018;
    sono state altresì introdotte modifiche allo schema di decreto legislativo in accoglimento delle osservazioni contenute nel parere espresso dalla commissione giustizia della camera fatta eccezione per le osservazioni di cui alle lettere c), d), f), g), h), ed l) del parere medesimo;
    lo schema di decreto legislativo in esame ha inoltre accolto le seguenti condizioni Pag. 18poste dalla Commissione Giustizia del Senato:
     a) è stato ripristinato il divieto di concessione dei benefici penitenziari in assenza di collaborazione anche per i semplici partecipanti al reato di associazione a delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi (articolo 291, TU doganale) o al traffico di stupefacenti (articolo 74, TU 309/1990). Una richiesta in tal senso era stata avanzata dal Procuratore nazionale antimafia in sede di audizione. Per coordinamento è soppresso, al comma 1-ter, dello stesso articolo 4-bis, il riferimento agli stessi, citati articoli;
     b) sono stati ripristinati i pareri del procuratore nazionale antimafia accanto a quelli del procuratore distrettuale per la decisione di concessione di misura alternativa ai condannati per reati di cui all'articolo 4-bis. Si consente un'interlocuzione non obbligatoria a scopo informativo per i condannati di delitti dolosi, diversi da quelli di cui all'articolo 4-bis;
     c) in materia di scioglimento del cumulo delle pene è fatto salvo quanto già diversamente disposto dall'articolo 41-bis;
     d) l'accesso alla semilibertà e alla liberazione condizionale per l'ergastolano che abbia usufruito per cinque anni consecutivi, rispettivamente, di permessi premio ovvero del regime di semilibertà è precluso nel caso la condanna riguardi fatti di mafia o terrorismo;
    si consideri a proposito dei condannati alla pena dell'ergastolo che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 149 depositata proprio oggi, 11 luglio 2018, ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 58-quater, comma 4, ord. pen., nella parte in cui prevede che i condannati all'ergastolo per i delitti di cui agli articoli 289-bis e 630 del codice penale (sequestro di persona a scopo di terrorismo e di eversione e sequestro di persona a scopo di estorsione), che abbiano cagionato la morte del sequestrato, non sono ammessi ad alcuno dei benefici indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis se non abbiano effettivamente espiato almeno ventisei anni di pena. In linea con le direttrici di riforma della legge delega e del decreto attuativo la Corte costituzionale ha rilevato l'incompatibilità con il vigente assetto costituzionale delle preclusioni assolute ai benefici penitenziari, per un arco temporale assai esteso, in danno di particolari categorie di condannati «– i quali pure abbiano partecipato in modo significativo al percorso di rieducazione, e rispetto ai quali non sussistano gli indici di perdurante pericolosità sociale individuati dallo stesso legislatore nell'articolo 4-bis ordin. penit. – in ragione soltanto della particolare gravità del reato commesso, ovvero dell'esigenza di lanciare un robusto segnale di deterrenza nei confronti della generalità dei consociati»;
    devono pertanto essere valorizzati gli obiettivi dell'intervento riformatore, ossia della ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e in particolare, alla individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: d'altro canto, la vicina Francia, con una popolazione di detenuti di 6.270 unità contro le nostre 57.000, ha adottato misure in «regime aperto» per 170.000 detenuti, a fronte dei nostri 50.000;
    in tale ambito, la rivisitazione dei presupposti di accesso alle misure alternative alla detenzione non soltanto è diretta a favorire il decremento della popolazione penitenziaria, ma è destinata a determinare positivi effetti anche in termini di complessiva sicurezza sociale, laddove i dati statistici, evidenziati in sede di indagine conoscitiva, così come l'esperienza dei più avanzati Paesi europei, fanno emergere, in tutta evidenza, come coloro che hanno beneficiato di misure alternative alla detenzione o sono stati inseriti nel circuito lavorativo, abbiano un tasso di recidiva sensibilmente più basso rispetto a quanti, invece, hanno espiato la pena negli istituti carcerari;
    la riforma in esame rende più attuale la disciplina, ormai risalente al Pag. 191975, e la adegua agli innovativi orientamenti della giurisprudenza costituzionale, di legittimità e delle Corti europee, fornendo una risposta sistematica alla ben nota questione del sovraffollamento carcerario, che si è posta soprattutto in seguito alla sentenza con cui la Corte EDU, con decisione adottata all'unanimità, ha condannato l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
    la sentenza «Torreggiani» ha imposto all'Italia non solo di ripensare alle politiche dell'esecuzione penale dando forte impulso alle pene non detentive, ma anche di riorganizzare la vita intra-moenia attraverso l'introduzione dei regimi detentivi più aperti e la sperimentazione della cosiddetta «sorveglianza dinamica»;
    in tale contesto, in una prima fase di emergenza il Governo e il Parlamento italiano hanno adottato una serie di misure volte: a rendere più ampio l'accesso alle misure alternative alla detenzione mediante l'abolizione di preclusioni presuntive; ad introdurre nell'ordinamento il reclamo giurisdizionale e rimedi risarcitori a tutela di diritti fondamentali dei detenuti; a definire in modo più rigoroso e non agganciato a presunzioni assolute i presupposti della custodia cautelare in carcere; a istituire il Garante nazionale per i diritti delle persone detenute o private della libertà personale; ad ampliare l'accesso alla detenzione domiciliare; ad introdurre anche nel settore degli adulti la sospensione del procedimento con messa alla prova, per i reati con pena edittale non superiore ai quattro anni di detenzione. Tutte queste misure hanno consentito di ottenere l'apprezzamento della Corte europea e di porre fine alla procedura di infrazione;
    lo schema di decreto si inserisce esattamente in questa direttrice, e le misure in esso contenute non pongono assolutamente in pericolo la certezza della pena, di cui al parere della maggioranza;
    con riferimento, in particolare, ai Capi II e III e IV, riguardanti una semplificazione nell'accesso alle misure alternative e ai benefici penitenziari, previsti dalla legge delega, l'argomento non si risolve certo semplicemente in un maggiore accesso alle pene alternative, bensì si traduce in una maggiore effettività della risposta repressiva, di cui al contempo si potenzia l'efficacia trattamentale e quindi rieducativa;
    le misure alternative sono tali non perché alternative alla pena, ma perché alternative alla detenzione inframuraria, che si è rivelata nel tempo, anche per l'eccesso di popolazione detenuta, inadeguata a soddisfare i molti bisogni trattamentali e quindi a contenere il rischio della recidiva, che è il vero problema nascosto dietro la formula «certezza della pena»;
    il potenziamento delle misure alternative, peraltro cauto e ben calibrato, si accompagna nel testo dello schema ad un rafforzamento della risposta trattamentale delle misure stesse. Si potenzia, cioè, l'esecuzione extramuraria non già per un ambiguo indulgenzialismo, ma per un preciso disegno di politica criminale, volto ad aumentare il tasso di protezione della collettività del crimine, puntando ad un forte contenimento della recidiva;
    nello stesso senso vanno lette inoltre, e non distorte come viene fatto nel parere di maggioranza, le innovazioni in tema di vita detentiva: il rafforzamento dei diritti di chi è detenuto non è buonismo, per usare un linguaggio chiaro, ma il tassello di una ampia strategia di risocializzazione, in modo che il carcere sia sempre meno un mondo chiuso e separato, generatore a volte di spinte criminogene che si alimentano dello scarso rispetto della dignità delle persone, che diventi sempre più luogo della rieducazione, che fonda le sue speranze risocializzanti nell'adozione di modelli comportamentali quanto più omogenei a quelli della vita sociale esterna, in cui altrimenti sarebbe assai più difficile l'immissione senza traumi a espiazione di pena avvenuta;
    la Corte costituzionale, con la sentenza n. 239 del 2014, ha ammesso alla Pag. 20misura della detenzione domiciliari le detenute madri condannate per reati di cui all'articolo 4-bis ord. Pen: lo schema di decreto in esame altro non fa che recepire questa sentenza della Corte costituzionale;
    l'articolo 7 modifica l'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario e vi aggiunge l'articolo 4-ter; lo schema di decreto fornisce ragionevolezza al sistema: la detenzione domiciliare è uno dei benefici penitenziari che in generale sono concessi ai detenuti per reati di cui all'articolo 4-bis ove questi abbiano prestato valida collaborazione; in presenza di tale presupposto sarebbe irragionevole interpretare l'inciso di richiamo all'articolo 4-bis, contenuto nella disciplina della detenzione domiciliare, quale preclusione per categorie di reati; è questa una interpretazione possibile dell'attuale testo, ed è perciò che lo schema di decreto interviene, per eliminare una lettura che si risolverebbe, contrariamente alla delega, nella imposizione di una preclusione e di un automatismo impeditivo assolutamente irragionevole;
    sono soppresse dall'articolo 11 le disposizioni dell'articolo 58-quater OP che attualmente impediscono la concessione dei benefici e delle misure alternative ai condannati per evasione o a chi sia stato revocato l'affidamento in prova, la detenzione domiciliare o la semilibertà; analoga soppressione riguarda l'impossibilità, in tali casi, di concedere un nuovo beneficio prima di 3 anni nonché, per i plurirecidivi, di usufruire più di una volta dell'affidamento in prova al servizio sociale, della la detenzione domiciliare e della semilibertà. Le modifiche del comma 5 dell'articolo 58-quater hanno, infine, natura di coordinamento con quelle introdotte all'articolo 4-bis;
    la riduzione del periodo di pena espiata necessario ad accedere alla misura non significa, come invece il parere sembrerebbe aver inteso, che vi sia un automatico accesso alla misura in caso di pena espiata nella minor misura ora individuata: lo schema di decreto, in nome della eliminazione degli automatismi, e del favore per l'esecuzione extramuraria, consente al giudice di esaminare il singolo caso concreto senza necessità di attendere che vi siano i più rigidi presupposti oggi esistenti, ma comunque il giudice sarà assolutamente libero di decidere come è giusto. Si tratta soltanto di individualizzare e concretizzare la risposta di giustizia, senza patire preclusioni (o meglio: con minori preclusioni) all'esame concreto, secondo quanto impone la delega;
    la modifica dell'articolo 4-bis dell'Ordinamento penitenziario prevede inoltre la limitazione ai più gravi reati associativi delle preclusioni ad accedere a benefici e misure alternative; l'eliminazione del divieto biennale di concessione di nuovi permessi attualmente previsto per coloro che durante l'espiazione della pena o delle misure restrittive hanno riportato condanna o sono imputati per delitto doloso commesso durante l'espiazione della pena o l'esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale; la soppressione della disposizione che attualmente prevede che non possano essere concesse le misure alternative, il lavoro esterno ed i permessi premio ai detenuti per i quali il procuratore nazionale antimafia segnali l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, rimanendo però la necessità di un parere del procuratore distrettuale da rendersi al magistrato o al tribunale di sorveglianza ai fini della concessione dei benefici (articolo 4-bis comma 2 ord. penit.); la soppressione della disciplina che limita la concessione dei permessi premio ai plurirecidivi;
   ritenuto che:
    lo schema di decreto legislativo in esame, nell'ampliare la possibilità di accesso alle misure alternative alla detenzione, determinerà, verosimilmente, sensibili risparmi per il bilancio dello Stato, consentendo di recuperare ulteriori risorse per il miglioramento della vita all'interno degli istituti carcerari. Il ricorso alle predette misure presenta un complessivo costo, infatti, di gran lunga inferiore rispetto Pag. 21a quello per il mantenimento in carcere dei detenuti o degli internati;
    la riforma dell'ordinamento penitenziario, pertanto, concorrerà, senza dubbio, a migliorare sia la sicurezza interna agli istituti carcerari sia quella della collettività, ampliando in misura notevole le effettive possibilità di recupero e di rieducazione dei condannati e degli internati;
    il complesso di tali misure, cui è inscindibilmente connesso l'aumento dei poteri discrezionali in capo alla magistratura di sorveglianza, richiede, tuttavia, l'investimento di adeguate risorse nonché la messa a punto dei meccanismi operativi necessari al buon funzionamento della riforma stessa, con particolare riguardo alla fondamentale esigenza di flussi informativi che si caratterizzino in termini di concretezza, attualità, competenza e tempestività;
    preso atto favorevolmente delle misure contenute nello schema di decreto legislativo in discussione,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

Ermini, Ferri, Verini, Vazio, Morani, Bazoli, Annibali, Miceli.

Pag. 22

ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario. Atto n. 17.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO FORZA ITALIA

  La II Commissione,
   esaminato il provvedimento in oggetto;
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 82, della legge n. 103 del 2017 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario) ha conferito al Governo la delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario;
    l'articolo 1, comma 83, prevede che tale delega debba essere esercitata entro un anno dall'entrata in vigore della stessa legge 103 e dunque entro il 3 agosto 2018;
    l'articolo 1, comma 85, pone al legislatore delegato i seguenti criteri e principi direttivi:
     a) semplificazione delle procedure, anche con la previsione del contraddittorio differito ed eventuale, per le decisioni di competenza del magistrato e del Tribunale di sorveglianza, fatta eccezione per quelle relative alla revoca delle misure alternative alla detenzione;
     b) revisione delle modalità e dei presupposti di accesso alle misure alternative, sia con riferimento ai presupposti soggettivi sia con riferimento ai limiti di pena, al fine di facilitare il ricorso alle stesse, salvo che per i casi di eccezionale gravità e pericolosità e in particolare per le condanne per i delitti di mafia e terrorismo anche internazionale;
     c) revisione della disciplina concernente le procedure di accesso alle misure alternative, prevedendo che il limite di pena che impone la sospensione dell'ordine di esecuzione sia fissato in ogni caso a quattro anni e che il procedimento di sorveglianza garantisca il diritto alla presenza dell'interessato e la pubblicità dell'udienza;
     d) previsione di una necessaria osservazione scientifica della personalità da condurre in libertà, stabilendone tempi, modalità e soggetti chiamati a intervenire; integrazione delle previsioni sugli interventi degli uffici dell'esecuzione penale esterna; previsione di misure per rendere più efficace il sistema dei controlli, anche mediante il coinvolgimento della polizia penitenziaria;
     e) eliminazione di automatismi e di preclusioni che impediscono ovvero ritardano, sia per i recidivi sia per gli autori di determinate categorie di reati, l'individualizzazione del trattamento rieducativo e la differenziazione dei percorsi penitenziari in relazione alla tipologia dei reati commessi e alle caratteristiche personali del condannato, nonché revisione della disciplina di preclusione dei benefici penitenziari per i condannati alla pena dell'ergastolo, salvo che per i casi di eccezionale gravità e pericolosità specificatamente individuati e comunque per le condanne per i delitti di mafia e terrorismo anche internazionale;
     f) previsione di attività di giustizia riparativa e delle relative procedure, quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario Pag. 23sia nell'esecuzione delle misure alternative;
     g) incremento delle opportunità di lavoro retribuito, sia intramurario sia esterno, nonché di attività di volontariato individuale e di reinserimento sociale dei condannati, anche attraverso il potenziamento del ricorso al lavoro domestico e a quello con committenza esterna, aggiornando quanto il detenuto deve a titolo di mantenimento;
     h) previsione di una maggiore valorizzazione del volontariato sia all'interno del carcere, sia in collaborazione con gli uffici dell'esecuzione penale esterna;
     i) disciplina dell'utilizzo dei collegamenti audiovisivi sia a fini processuali, con modalità che garantiscano il rispetto del diritto di difesa, sia per favorire le relazioni familiari;
     l) revisione delle disposizioni dell'ordinamento penitenziario alla luce del riordino della medicina penitenziaria disposto dal decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, tenendo conto della necessità di potenziare l'assistenza psichiatrica negli istituti di pena;
     m) previsione della esclusione del sanitario dal consiglio di disciplina istituito presso l'istituto penitenziario;
     n) riconoscimento del diritto all'affettività delle persone detenute e internate e disciplina delle condizioni generali per il suo esercizio;
     o) previsione di norme che favoriscano l'integrazione delle persone detenute straniere;
     p) adeguamento delle norme dell'ordinamento penitenziario alle esigenze educative dei detenuti minori di età;
    nel corso della passata legislatura, lo schema di decreto è stato esaminato dalle competenti Commissioni parlamentari ed è stato approvato in secondo esame preliminare dal Consiglio dei ministri il 16 marzo 2018, a seguito delle modifiche apportate sulla base delle condizioni e osservazioni delle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato;
    lo schema di decreto viene oggi di nuovo all'attenzione della Commissione Giustizia della Camera per la resa del parere definitivo, come disposto dall'articolo 1, comma 83, della legge delega;
   considerato che:
    lo schema di decreto approvato dal Consiglio dei Ministri si prefigge lo scopo – come indicato dalla relazione illustrativa – di rendere più attuale la disciplina dell'ordinamento penitenziario, ancora contenuta nella legge 26 luglio 1975, n. 354, e di recepire alcuni orientamenti espressi nel corso del tempo dalla giurisprudenza costituzionale, di legittimità, nonché dalla Corte europea dei diritti dell'uomo;
    l'obiettivo dichiarato è quello di valorizzare e rendere più effettivo il finalismo rieducativo della pena sancito dall'articolo 27 della Costituzione, facilitando l'accesso a misure alternative alla detenzione e favorendo l'elaborazione di percorsi di recupero individualizzati. Il ricorso a tali misure, peraltro, è fortemente incentivato, anche quale soluzione al problema del sovraffollamento carcerario, più volte oggetto di condanna in sede nazionale e internazionale per la lesione della dignità dei detenuti e per i pericoli al personale di servizio che determina;
    in questa prospettiva, lo schema di decreto agisce su una pluralità di versanti: l'assistenza sanitaria in ambito penitenziario (Capo I); la semplificazione dei procedimenti di esecuzione delle pene e concessione di misure alternative (Capo II); l'eliminazione degli automatismi per l'accesso e le preclusioni per l'accesso a benefici penitenziari e misure alternative alla detenzione (Capo III); l'ampliamento dell'ambito di applicazione delle misure alternative e la rimozione di alcune preclusioni previste alla concessione delle stesse (Capo IV); la valorizzazione del ruolo del volontariato nel percorso rieducativo Pag. 24(Capo V); l'integrazione dei detenuti stranieri e la tutela dei diritti delle donne recluse (Capo VI);
   considerato che:
    possono salutarsi con favore alcune linee di riforma seguite dal legislatore delegato, specie con riguardo all'assistenza sanitaria, alle semplificazioni procedurali, alla valorizzazione del ruolo del volontariato, alla tutela dei diritti di detenuti che versano in specifiche condizioni di bisogno, che nel complesso esprimono principi costituzionali di primario e innegabile rilievo, quali la tutela della dignità dell'uomo e il finalismo rieducativo della pena, così come sanciti tanto dalle Carte quanto dalla giurisprudenza a livello nazionale, europeo e internazionale;
    nondimeno, altre e diverse opzioni paiono, per come formulate, inidonee a garantire un equilibrato e ragionevole bilanciamento dei principi e degli interessi costituzionali in gioco. Invero, pare del tutto evidente come il legislatore delegato abbia iper-valorizzato il pur legittimo finalismo rieducativo, comprimendo però così eccessivamente le altre funzioni cui la pena storicamente, e per ineludibile necessità di garantire la preservazione della comunità, è volta: quella general-preventiva e quella di prevenzione speciale;
    più in particolare:
     a) l'articolo 2, modifica – tra l'altro – il sistema di sottoposizione a piantonamento dei detenuti e degli internati trasferiti in strutture sanitarie esterne di diagnosi e cura (comma 5 del medesimo articolo 11 OP). La norma, prevede che quando non vi sia pericolo di fuga i detenuti e gli internati non siano sottoposti a piantonamento durante la degenza, salvo che questo non sia ritenuto necessario per la tutela della incolumità personale loro o altrui. Rispetto al primo schema presentato alle Camere per il parere (AG 501), lo schema in esame reintroduce un margine di discrezionalità in ordine alla possibilità di disporre comunque il piantonamento per esigenze diverse dal pericolo di fuga e dalla tutela della incolumità del detenuto, ma ugualmente significative. Nella formulazione originaria infatti lo schema prevedeva che il piantonamento fosse consentito esclusivamente nei casi di pericolo di fuga o esigenze di tutela dell'incolumità del detenuto stesso. Questa misura non può tuttavia ritenersi sufficiente, e determina rispetto al testo vigente dell'articolo 11 OP una pericolosa inversione: nel testo vigente, la regola è quella del piantonamento, salva la facoltà discrezionale del giudice di disporre altrimenti, in presenza dei presupposti di legge; con lo schema di decreto, invece, la regola diventa quella dell'assenza di piantonamento, salvo che il giudice non ritenga – dovendo, rispetto a ciò, motivare – che difettino i presupposti di legge. Questa inversione, anche alla luce delle complicazioni procedurali e degli ulteriori oneri motivazionali che comporta, determina un pericoloso arretramento della sicurezza. È dunque opportuno conservare la formulazione dell'articolo 11, commi 3 e 4 dell'OP vigente.
     b) l'articolo 6, il quale, abrogando l'articolo 67 della legge n. 689 del 1891 (Modifiche al sistema penale), elimina uno degli automatismi preclusivi delle misure alternative alla detenzione. L'abrogazione, nello specifico, consente l'accesso all'affidamento in prova e al regime di semilibertà a colui che, già condannato a pena detentiva e ammesso alla semidetenzione o alla libertà controllata, abbia violato le prescrizioni impostegli e quindi sia stato ricondotto in carcere. Attualmente – come noto – l'articolo 67 della legge n. 689 preclude questa possibilità. Non sembra accettabile – alla luce delle statistiche sulla recidiva e della valenza sintomatica rispetto alla personalità del reo – riammettere al beneficio quanti abbiano già ottenuto, trasgredendole, le misure alternative alla detenzione. Il punto di equilibrio fra finalismo rieducativo delle pena e deflazione del sovraffollamento carcerario da un lato, prevenzione generale e speciale, ed elementare rispetto del patto sociale dall'altro lato, non può spingersi a Pag. 25questa soglia, a patto di una grave iniquità che i cittadini giustamente non sono disposti a tollerare;
     c) l'articolo 7 modifica l'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario e vi aggiunge l'articolo 4-ter.
  In particolare, la lettera a) dell'articolo 7 novella l'articolo 4-bis, comma 1, che, fatta salva l'ipotesi di collaborazione con la giustizia, preclude l'accesso a benefici e misure alternative alla detenzione (lavoro esterno, permessi premio, affidamento in prova, detenzione domiciliare, semilibertà) ai detenuti per una serie di delitti di particolare allarme sociale. Fra questi, nel testo vigente, rientrano: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza; associazione di tipo mafioso ex articolo 416-bis e 416-ter c.p. e delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività di tali associazioni; riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (articolo 600, c.p.); induzione o sfruttamento della prostituzione minorile (articolo 600-bis, comma 1, c.p.); produzione e commercio di materiale pornografico minorile (articolo 600-ter, commi 1 e 2, c.p.); tratta di persone (articolo 601, c.p.); acquisto e alienazione di schiavi (articolo 602 c.p.); violenza sessuale di gruppo (articolo 609-octies, c.p.); sequestro di persona a scopo di estorsione (articolo 630 c.p.); delitti relativi all'immigrazione clandestina (articolo 12 t.u. immigrazione); associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (articolo 291-quater, T.U. dogane); associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (articolo 74, T.U. stupefacenti). Ebbene, rispetto alla formulazione vigente la lettera a) dell'articolo 4-bis, come novellato dall'articolo 7 dello schema di decreto, riduce ampiamente il perimetro delle preclusioni all'accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative. Il vigente assetto normativo viene conservato solo per i delitti di associazione mafiosa e terrorismo, per una serie di delitti commessi per via associativa nonché per altri delitti, definiti dalla relazione illustrativa «monosoggettivi», la cui struttura presuppone, tuttavia, un carattere associativo, come i delitti di riduzione in schiavitù (articolo 600 c.p.), prostituzione minorile (600-bis, primo comma, c.p.), tratta di persone (articolo 601 del codice penale), violenza sessuale di gruppo (articolo 609-octies c.p.).
  La preclusione resta inoltre solo per i capi e i promotori e non per i casi di mera partecipazione ad associazioni a delinquere finalizzate a commettere i reati di produzione e commercio di materiale pornografico minorile (600-ter, commi 1 e 2 c.p.), tratta di persone (articolo 601 c.p.) acquisto e alienazione di schiavi (articolo 602 c.p.) violenza sessuale di gruppo (articolo 609-octies c.p.), sequestro di persona a scopo di estorsione (articolo 630 c.p.), delitti relativi all'immigrazione clandestina (articolo 12 t.u. immigrazione).
  Per i reati di associazione finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (articolo 291-quater, T.U. dogane), e associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (articolo 74, T.U. stupefacenti) invece resta il divieto di concessione dei benefici penitenziari in assenza di collaborazione anche per i semplici partecipanti. A tutto ciò deve aggiungersi che il nuovo comma 1-ter dell'articolo 4-bis, introdotto dall'articolo 7 dello schema di decreto, consente comunque l'accesso ai benefici anche per i reati per i quali la preclusione è conservata, salvo siano stati acquisiti elementi che indichino la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. Ora, ad ogni evidenza, giusta combinato disposto delle due previsioni, si ammetterebbero ai benefici anche soggetti colpevoli di reati oggetto della massima riprovazione normativa e nel sentire comune e che destano grave allarme sociale. Il finalismo rieducativo, recte lo svuotamento delle carceri, non può essere perseguito a questo prezzo per i valori fondanti della nostra comunità. Peraltro, davvero incomprensibile è la scelta di escludere i benefici anche per i semplici partecipanti nel caso di alcuni reati gravi, Pag. 26ma non gravissimi (legati a stupefacenti e tabacchi), laddove per i reati più gravi come quelli di mafia e terrorismo si circoscrive la preclusione solo ai capi e promotori dell'associazione;
     d) l'articolo 9 modifica la disciplina della concessione dei permessi premio di cui all'articolo 30-ter OP, da un lato limitando il divieto ai soli condannati per i delitti di cui all'articolo 4-bis, comma 1, dall'altro – con la soppressione del comma 5 – eliminando il divieto biennale di concessione di nuovi permessi attualmente previsto per coloro che durante l'espiazione della pena o delle misure restrittive hanno riportato condanna o sono imputati per delitto doloso commesso durante l'espiazione della pena o l'esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale. A questo riguardo, andrebbe riesteso il perimetro della preclusione all'intero articolo 4-bis, come attualmente previsto, e conservato il vigente comma 5 dell'articolo 30-ter OP, ai sensi del quale «nei confronti dei soggetti che durante l'espiazione della pena o delle misure restrittive hanno riportato condanna o sono imputati per delitto doloso commesso durante l'espiazione della pena o l'esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale, la concessione è ammessa soltanto decorsi due anni dalla commissione del fatto». Anche in tali casi è opportuno che i permessi premio siano negati – almeno per un lasso di tempo minimo – per coloro che durante l'espiazione della pena o l'esecuzione di una misura restrittiva abbiano commesso altri delitti dolosi. Circostanza evidentemente sintomatico di un'inclinazione a delinquere e di un disprezzo verso le elementari regole della convivenza;
     e) l'articolo 10 abroga la disciplina che limita la concessione dei permessi premio ai plurirecidivi, prevista dall'articolo 30-quater, OP. Si tratta di un'opzione esorbitante, che desta un profondo senso di ingiustizia e impotenza nel cittadino, verso coloro che impunemente delinquono per abitudine, attitudine, professione, e che dunque sono immuni da ogni logica rieducativa o premiale;
     f) l'articolo 11 sopprime le disposizioni dell'articolo 58-quater OP che attualmente impediscono la concessione dei benefici e delle misure alternative ai condannati per evasione o a chi sia stato revocato l'affidamento in prova, la detenzione domiciliare o la semilibertà; analoga soppressione riguarda l'impossibilità, in tali casi, di concedere un nuovo beneficio prima di 3 anni nonché, per i plurirecidivi, di usufruire più di una volta dell'affidamento in prova al servizio sociale, della la detenzione domiciliare e della semilibertà;
     g) l'articolo 15 sopprime il comma 9-bis dell'articolo 47-ter OP che, in caso di revoca della detenzione domiciliare (ai sensi dei commi 6 e 7), non consente che la pena residua possa essere sostituita con altra misura. Anche qui, la revoca del beneficio è elemento sintomatico del non funzionamento del finalismo rieducativo, e della particolare inclinazione a delinquere del soggetto. La pena residua non potrà essere sostituita con altra misura alternativa, in caso di trasgressione;
     h) l'articolo 16 introduce un'importante novità. Esso riguarda i condannati all'ergastolo che, oltre che dopo i 20 anni di pena espiata, potranno accedere alla semilibertà anche quando avranno usufruito correttamente per almeno 5 anni dei permessi premio (comma 85, lettera e)). Si ricorda che l'articolo 30-ter, comma 4, lettera d) dell'ordinamento penitenziario prevede che la concessione dei permessi premio sia ammessa dopo 10 anni di espiazione della pena. Questa nuova strada di accesso alla semilibertà resta sbarrata per i condannati per delitti commessi con finalità di terrorismo, ovvero per delitti di mafia. È evidente che la semilibertà per gli ergastolani diviene un beneficio facile da conseguire, bastando aver avuto 5 anni di permessi premio, i quali a loro volta vengono accordati dopo 10 anni di espiazione della pena;Pag. 27
   tutto ciò premesso, considerato e rilevato,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) all'articolo 2, comma 1, lettera a), capoverso Articolo 11, sostituire il comma 5 con il seguente: «L'autorità giudiziaria competente ai sensi del comma precedente può disporre, quando non vi sia pericolo di fuga, che i detenuti e gli internati trasferiti in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura con proprio provvedimento, o con provvedimento del direttore dell'istituto nei casi di assoluta urgenza, non siano sottoposti a piantonamento durante la degenza, salvo che sia necessario per la tutela della loro incolumità personale»;
   2) sopprimere l'articolo 6;
   3) all'articolo 7, comma 1, lettera a), sopprimere il n. 1) e il n. 2);
   4) sopprimere l'articolo 9;
   5) sopprimere l'articolo 10;
   6) sopprimere l'articolo 11;
   7) all'articolo 15, comma 1, lettera a) il punto 10 è soppresso;
   8) all'articolo 16, comma 1, lettera b), il punto 5 è soppresso.

Bartolozzi, Costa, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Sarro, Zanettin.

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario. Atto n. 17.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La II Commissione,
   esaminato il nuovo schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario (Atto 17), emanato in attuazione della delega legislativa conferita al Governo dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario» nella parte relativa alle modifiche all'ordinamento penitenziario (Articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere a), b), c), d), e), f), h), i), l), m), o), r), s), t) e u));
   premesso che:
    il 16 gennaio 2018, in regime di prorogatio, era stato trasmesso alle Camere un primo schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario (atto 501), sul quale le Commissioni Giustizia di Camera e Senato si erano espresse in data 7 febbraio 2018 con pareri favorevoli con condizioni e con osservazioni;
    il Governo ha inteso conformarsi alle condizioni recate nel parere della Commissione Giustizia della Camera, mentre ha inteso disattendere in gran parte le condizioni rese nel parere reso dalla Commissione Giustizia del Senato;
    il nuovo schema di decreto legislativo in oggetto è quindi trasmesso alle Camere nel rispetto della norma di delega (articolo 1, co. 83, legge n. 103 del 2017) che impone al Governo, quando non intenda conformarsi ai pareri parlamentari espressi sul primo schema di decreto originario, di trasmettere nuovamente il testo dello schema con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione, al fine dei pareri definitivi delle Commissioni parlamentari;
   considerato che:
    il complessivo intervento riguarda diversi ambiti dell'ordinamento penitenziario e del diritto processuale penale, dettando disposizioni in materia di: assistenza sanitaria in ambito penitenziario (Capo I); semplificazione dei procedimenti di esecuzione delle pene e concessione delle misure alternative (Capo II); eliminazione degli automatismi e delle preclusioni per l'accesso a benefici penitenziari e misure alternative alla detenzione (Capo III); ampliamento dell'ambito di applicazione delle misure alternative (Capo IV); valorizzazione del ruolo del volontariato sociale (Capo V); vita all'interno del carcere (Capo VI);
    il Governo e il Parlamento della precedente legislatura hanno inteso fornire attraverso il provvedimento in esame una risposta alla nota questione del sovraffollamento carcerario mediante misure finalizzate a deflazionare il sistema, in particolare ampliando l'accesso alle misure alternative alla carcerazione e ai benefici, senza realmente migliorare la qualità della vita all'interno degli istituti carcerari;
    tale risposta risulta quindi finalizzata unicamente a conseguire effetti deflattivi in termini processuali e carcerari a totale discapito della sicurezza della collettività e con sacrificio del principio della certezza della pena;Pag. 29
    il provvedimento detta norme sulla vita in carcere senza operare un adeguato bilanciamento con l'esigenza di garanzia della sicurezza nelle carceri medesime;
   valutato che:
    il Parlamento è stato coinvolto sul primo schema di decreto legislativo, dopo un ampio periodo dalla conclusione degli Stati generali dell'esecuzione della pena, durante il periodo di prorogatio delle Camere;
    tale circostanza ha di fatto determinato un'inadeguata istruttoria parlamentare rispetto ad una riforma dell'ordinamento penitenziario, la cui adozione risale a più di quaranta anni fa;
    occorrerebbe maggiore ponderazione al fine di prendere in considerazione l'impatto della riforma sugli operatori del settore, e in particolare l'inevitabile dispersione di risorse amministrative e giudiziarie e le altre disfunzioni gestionali che potrebbero derivarne;
    la nuova maggioranza parlamentare non condivide pertanto l'impianto del provvedimento, ritenendo che i pur condivisibili obiettivi debbano essere perseguiti attraverso misure di diverso genere che comunque non depotenzino l'efficacia dell'esecuzione della pena, garantendo comunque la certezza della pena per coloro che delinquono e la maggiore tutela della sicurezza dei cittadini;
   ritenuto, in particolare, che:
    suscita perplessità l'intervento di cui all'articolo 4, comma 1, lettera c), nn. 2), 3) e 4) che interviene sull'articolo 35-bis, prevedendo la soppressione del reclamo al tribunale di sorveglianza avverso la decisione del magistrato di sorveglianza, contemplando quindi la sola ricorribilità in Cassazione;
    la sola ricorribilità in Cassazione, oltre a sovraccaricare il lavoro della Suprema Corte, potrebbe avere un effetto dissuasivo del ricorso medesimo, rendendo sostanzialmente indisponibile l'unico mezzo di impugnazione previsto;
    all'articolo 7, che modifica l'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, si riduce il perimetro delle preclusioni all'accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative extramurarie attraverso lo spostamento di alcuni reati dal comma 1 – dove l'accesso alle misure alternative è subordinato alla collaborazione, salvo i casi di collaborazione irrilevante e ferma restando in questi ultimi la necessità che siano stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva – ai commi 1-ter e 1-quater, ai sensi dei quali i benefici possono essere concessi salvo che siano acquisiti elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva;
    tale spostamento non appare condivisibile in quanto coinvolge fattispecie delittuose che non sono affatto caratterizzate da un minore disvalore sociale;
    l'articolo 8 elimina l'obbligo di aver espiato almeno 1/3 della pena al fine dell'assegnazione al lavoro all'esterno per i condannati per i delitti di cui ai commi 1-ter e 1-quater dell'articolo 4-bis, lasciando fermo l'obbligo per quelli rientranti nel comma 1 del medesimo articolo 4-bis;
    tale modifica estende in modo eccessivo, anche riguardo a delitti di particolare gravità (tra cui, omicidio, prostituzione minorile, violenza sessuale, sequestro di persona), l'accesso alla misura premiale;
    l'articolo 12 novella gli articoli 90 e 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, testo unico in materia di sostanze stupefacenti, che disciplinano le modalità di accesso alle misure alternative alla detenzione speciali – sospensione dell'esecuzione della pena e affidamento in prova in casi particolari- previste per i reati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza, aumentando in particolare a 6 anni il limite massimo della pena da eseguire, al fine di poter usufruire delle misure alternative Pag. 30per i reati ricompresi ai commi 1-ter e 1-quater dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario;
    tale modifica implicherebbe l'applicabilità di un regime agevolato in relazione a reati di particolare gravità, che non è affatto condivisibile;
    l'articolo 14, comma 1, lettera b), introduce l'articolo 47-septies nell'ordinamento penitenziario, prevedendo l'affidamento in prova al servizio sociale di condannati con infermità psichica, secondo il modello dell'analogo istituto previsto per i soli tossicodipendenti e alcooldipendenti; in relazione a tale fattispecie appare eccessivo il limite dei sei anni di pena detentiva da eseguire per l'accesso alla misura;
    l'articolo 15 riformula l'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario relativamente alla detenzione domiciliare, prevedendo che, quando sia idonea al recupero sociale del condannato, essa possa essere applicata per l'espiazione della pena detentiva da eseguire in misura non superiore a 4 anni, qualora non sia possibile la concessione dell'affidamento in prova a causa del pericolo di commissione di altri reati. Inoltre viene abrogata la disposizione vigente che esclude dalla misura alternativa della detenzione domiciliare generica tutti i reati ricompresi all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario;
    tale abrogazione determinerebbe un eccessivo ampliamento del ricorso alla detenzione domiciliare, in particolare per reati di eccezionale gravità e pericolosità, che, a norma di delega, andrebbero peraltro specificati nella norma delegata;
    in ogni caso si riterrebbe opportuno escludere l'accesso alla misura per tutti i reati di cui all'articolo 4-bis e non solo per quelli di eccezionale gravità;
    al nuovo articolo 47-ter, comma 1, lettere a) e b), e al nuovo articolo 47-quinquies dell'ordinamento penitenziario, previsti all'articolo 15, viene contemplata la possibilità di concessione della misura della detenzione domiciliare per le detenute madri, escludendo l'applicabilità del divieto previsto dal comma 1 dell'articolo 4-bis dell'ordinamento medesimo;
    si tratta di una previsione che potrebbe porre seri rischi per l'ordine pubblico nella misura in cui consenta ad appartenenti alla criminalità organizzata di stampo mafioso di ottenere la possibilità di beneficiarne al determinarsi di condizioni impeditive del ruolo della madre;
    l'articolo 16 novella la disciplina della semilibertà riducendo il periodo di detenzione necessario ai fini della ammissione alla misura alternativa per coloro i quali commettano delitti di cui ai commi 1-ter e 1-quater dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, riducendo alla metà il limite attualmente previsto (aver scontato i 2/3 della pena);
    tale modifica non è condivisibile, in quanto finisce per coinvolgere anche delitti di particolare gravità (tra i quali, omicidio, prostituzione minorile, violenza sessuale, sequestro di persona);
    in ordine alla disciplina di preclusione dei benefici penitenziari per i condannati alla pena dell'ergastolo, gli articoli 16 e 19 intervengono sugli istituti della semilibertà e della liberazione condizionale;
    in particolare, all'articolo 16, non si condivide la riduzione di cinque anni del tempo necessario per l'accesso al beneficio della semilibertà, stante che, secondo la normativa vigente, il condannato all'ergastolo può accedervi, tra l'altro, dopo l'espiazione di almeno 10 anni di pena;
    anche all'articolo 19, che introduce l'articolo 54-bis relativo alla liberazione condizionale, si prevede – in modo non condivisibile – che il condannato alla pena dell'ergastolo possa esservi ammesso anche nel caso in cui abbia sperimentato in modo positivo e costante per almeno 5 anni consecutivi il regime di semilibertà, salvo che per i delitti commessi per finalità di terrorismo, ovvero per i delitti di Pag. 31cui all'articolo 416-bis c.p. o al fine di agevolare le associazioni in esso previste;
    in ogni caso l'articolo 19 non specifica i casi di eccezionale gravità e pericolosità che, a norma di delega, andrebbero individuati, non potendo ritenersi sufficiente l'operatività dei divieti dell'articolo 4-bis, poiché essi possono essere superati ove ricorrano determinati presupposti, quali la collaborazione prestata ovvero impossibile o irrilevante e l'assenza di elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva;
    le considerazioni di cui sopra in ordine agli articoli 16 e 19 sono avvalorate dal fatto che la normativa vigente già prevede un sistema flessibile e generoso nei confronti di chi commette reati particolarmente gravi e di grave allarme sociale;
    ribadite comunque le osservazioni non accolte recate nel parere della Commissione Giustizia della Camera espresso in data 7 febbraio 2018,
  esprime

PARERE CONTRARIO.