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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 28 novembre 2018
101.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-00912 Osnato: Misure di fiscalità agevolata per le attività economiche nei comuni delle aree montane.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono di conoscere le ragioni per le quali non abbiano finora trovato applicazione le disposizioni contenute nella legge n. 97 del 1994 (cosiddetta legge Carlotto) in tema di fiscalità agevolata a favore delle attività economiche nei comuni delle aree montane con particolare riferimento allo stato di attuazione della disciplina prevista dall'articolo 16 rubricato «Agevolazioni per i piccoli imprenditori commerciali».
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si fa presente quanto segue.
  La norma prevede che la determinazione del reddito d'impresa per i soggetti esercenti attività commerciali e per i pubblici esercizi con volume d'affari assoggettato all'IVA, nell'anno precedente, inferiore a lire 60.000.000, situati nei comuni montani con meno di 1.000 abitanti o nei centri abitati con meno di 500 abitanti situati nei comuni montani, possa avvenire, per gli anni d'imposta successivi, sulla base di un concordato con gli Uffici della amministrazione finanziaria. In tal caso le imprese sono esonerate dalla tenuta della documentazione contabile.
  Al riguardo, si rappresenta che tale articolo è da ritenersi non più vigente, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, che abroga tutte le altre disposizioni con esso incompatibili.
  Peraltro, il Ministero delle Finanze – Dipartimento Entrate Affari Giuridici – con la circolare n. 192 del 23 ottobre 2000 ha fornito chiarimenti in merito all'abrogazione dell'articolo 16 in commento, resasi necessaria a seguito dell'introduzione nell'ordinamento tributario dell'istituto dell'accertamento con adesione, di cui al sopracitato decreto legislativo n. 218 del 1997, che configura un unico modello di definizione dei rapporti tributari in contraddittorio con il contribuente.
  Vengono così evitate discriminazioni nei confronti dei piccoli imprenditori commerciali che operano in zone montane, i quali verrebbero ammessi a definire le proprie posizioni tributarie solamente in via preventiva e non anche, come previsto dal decreto legislativo n. 218 del 1997, dopo l'attivazione delle procedure di accertamento.

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ALLEGATO 2

5-01007 Giacomoni: Regime fiscale applicato alle multinazionali della internet economy.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, dopo aver richiamato l'attenzione sulla chiusura della contestazione fiscale nei confronti di Facebook Italy S.r.l., che ha determinato per la società del gruppo un versamento complessivo di 100,4 milioni di euro per gli anni dal 2010 al 2016, chiedono chiarimenti in merito ai criteri in base ai quali è stata individuata la somma alla base di detto accordo fiscale, sulla circostanza se la somma versata escluda qualsiasi altro onere a carico della società nei confronti del fisco e quali iniziative si intendano assumere in futuro in casi analoghi.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  Con riferimento agli aspetti di politica fiscale, va considerato come il legislatore italiano, già a partire dal 2014, sia intervenuto in materia di tassazione in Italia dei redditi riconducibili alle multinazionali della digital economy.
  Con l'articolo 1-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, inserito in sede di conversione, infatti, è stato introdotto un istituto di comunicazione e cooperazione rafforzata, rivolto alle imprese non residenti che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi consolidati superiori a 50 miliardi di euro e che svolgono in Italia attività economiche suscettibili di configurare, nel loro complesso, una stabile organizzazione sul territorio dello Stato.
  Inoltre, la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), all'articolo 1, commi da 1011 a 1019, ha introdotto nel nostro ordinamento un'imposta sulle transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici e rese nei confronti di soggetti residenti, qualificabili sostituti di imposta ex articolo 23, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché di stabili organizzazioni di soggetti non residenti situate nel territorio dello Stato.
  In tale disciplina, si considerano servizi prestati tramite mezzi elettronici quelli forniti attraverso internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata.
  Ai fini della tassazione, tali prestazioni di servizi sono soggette a prelievo fiscale pari al 3 per cento del corrispettivo dovuto per ciascuna prestazione, al netto dell'imposta sul valore aggiunto; importo che deve essere prelevato dai soggetti committenti dei servizi, con obbligo di rivalsa sui prestatori, all'atto del pagamento del corrispettivo, e successivamente versata all'erario. Le richiamate fattispecie imponibili, ai sensi del comma 1012 della predetta legge istitutiva, avrebbero dovuto essere individuate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi entro il 30 aprile 2018.
  Tuttavia, allo stato attuale, l'adozione del decreto attuativo è in fase di istruttoria, anche al fine di tener conto degli sviluppi normativi europei.
  È, peraltro, in discussione presso il Consiglio dell'Unione europea la proposta di direttiva relativa ad un'imposta applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali. Tale direttiva sarà oggetto anche del prossimo Consiglio ECOFIN di dicembre, in vista del quale la Presidenza di turno austriaca sta fortemente adoperandosi al fine del raggiungimento Pag. 82di un accordo politico che consenta una rapida approvazione della direttiva.
  Con particolare riferimento, poi, alla chiusura della contestazione nei confronti del Gruppo Facebook, si fa presente che la stessa si è basata prevalentemente su una applicazione delle pertinenti disposizioni in materia di prezzi di trasferimento, senza tuttavia alcuna riduzione degli importi contestati in sede di verifica, assicurando un trattamento tributario e sanzionatorio coerente con quelli applicati a situazioni caratterizzate da analoghi fatti e circostanze.

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ALLEGATO 3

5-01008 Fregolent: Iniziative volte a contrastare la contrazione del credito derivante dall'innalzamento dello spread.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come ha recentemente affermato il Ministro dell'economia e delle finanze, i fondamentali economici dell'Italia non giustifichino l'attuale livello dello spread. Quindi l'andamento dello spread sui titoli di Stato nei prossimi mesi sarà legato, non solo alle scelte di politica economica ma all'evoluzione del quadro economico e finanziario globale.
  Ciò premesso, per quanto riguarda la paventata correlazione tra i costi del debito pubblico e quelli sul debito delle famiglie e delle imprese, si conferma che l'allargamento del differenziale non impatta, come ricordato dagli onorevoli interroganti, sui mutui ipotecari già in essere. Essi sono infatti a tasso fisso, oppure indicizzato al tasso Euribor a sei mesi, che è un tasso europeo e non specifico dell'Italia e quindi non influenzato in modo diretto dall'aumento del rischio sovrano. Considerazioni analoghe valgono per i prestiti alle imprese.
  Si evidenzia, altresì, per quanto riguarda i prestiti di nuova erogazione, che i dati Banca d'Italia, disponibili fino a settembre, indicano che, sino ad allora, lo spread non ha influenzato in modo avverso il livello dei tassi sui mutui. A settembre il tasso medio sulle nuove operazioni, con periodo di determinazione del tasso fino a un anno, era infatti pari all'1,51 per cento, in discesa dall'1,55 per cento di agosto e marginalmente più basso che in aprile (1,52 per cento), l'ultimo mese prima delle tensioni sul mercato dei titoli di Stato.
  Anche per quanto riguarda i mutui a tasso fisso, i dati Banca d'Italia mostrano che a settembre il tasso medio sulle nuove operazioni con periodo di determinazione del tasso superiore a un anno era pari all'1,93 per cento, contro il 2,0 per cento di aprile. I tassi fissi offerti alla clientela sono stati probabilmente influenzati dall'aumento del rendimento sui BTP a lunga scadenza. Tuttavia le banche hanno traslato in modo incompleto tale aumento, riducendo i loro margini. Inoltre, la scadenza prescelta per i mutui potrebbe essere variata in qualche misura.
  In conclusione, per quanto attiene al merito del quesito posto relativo al grado di incidenza sui nuovi mutui della eventuale persistenza dell'attuale livello di spread, si evidenzia che, se l'aumento dello spread persistesse nel tempo, la traslazione sui tassi praticati dalle banche per i mutui ipotecari potrebbe risultare più significativa. Ma qui entrano in gioco, come detto, molte variabili esogene che possono influenzare i mercati.
  C’è, altresì, contestualmente da notare una forte resilienza sin qui mostrata dal sistema bancario italiano, la cui ragione principale è che, comunque, la crescita dei depositi bancari è continuata fino a tutto ottobre, per cui le banche dispongono della liquidità necessaria.
  Inoltre, è bene ricordare che le banche sono meglio capitalizzate che in passato ed hanno notevolmente ridotto il loro funding gap (differenza fra stock di prestiti erogati e raccolta tramite depositi e strumenti assimilati).

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ALLEGATO 4

5-01009 Centemero: Revisione delle scadenze fiscali concentrate nei mesi di agosto e dicembre.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, lamentano che gli adempimenti e le scadenze fiscali previsti a carico dei contribuenti e dei professionisti sono concentrati in prossimità di periodi di ferie e di festività quali sono i mesi di agosto e di dicembre.
  Pertanto, gli Onorevoli chiedono di sapere se non si ritenga opportuno rivedere le scadenze fiscali in prossimità dei suddetti periodi con la previsione di uno slittamento delle stesse o la fissazione di nuove date.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova osservare che la normativa fiscale attualmente in vigore consente diverse modalità di pagamento rateale delle imposte, con connessi possibili differimenti e sospensioni dei versamenti.
  Questo Governo, con l'obiettivo di semplificare gli adempimenti tributari e costruire un rapporto di leale collaborazione tra il Fisco e i contribuenti, si propone di individuare iniziative volte a prevedere, a regime e nel rispetto dei vincoli di gettito, una diversa modulazione della rateazione del versamento delle imposte risultanti dalle dichiarazioni, in presenza delle segnalate criticità relative al calendario delle scadenze fiscali.

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ALLEGATO 5

5-01010 Trano: Chiarimenti in ordine ai termini di prescrizione applicabili ai crediti della Pubblica amministrazione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante, nel richiamare la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 23397 del 17 novembre 2016, che avrebbe sancito che «i crediti della Pubblica Amministrazione (ivi compresi quelli di natura erariale vantati dall'Agenzia delle Entrate e quelli a carattere contributivo pretesi dall'INPS) si prescrivono nel termine di cinque anni, a meno che essi non siano stati accertati con una sentenza definitiva di condanna a carico del debitore», chiede di sapere quali iniziative si intendano adottare al fine di chiarire il carattere quinquennale della prescrizione anche con riferimento ai crediti della Pubblica Amministrazione che non sono stati oggetto di sentenze definitive.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  Ad avviso dell'Onorevole interrogante, la menzionata pronuncia della Suprema Corte confermerebbe un orientamento consolidato presso i giudici di legittimità e si collocherebbe «nel solco» precedentemente tracciato dalla Consulta che, con la sentenza n. 280 del 2005, ha stabilito che non è «consentito lasciare il contribuente assoggettato all'azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione».
  In proposito, giova precisare che quanto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza sopra richiamata – come espressamente indicato nelle motivazioni della pronuncia – sembra rilevare solamente ai fini della non applicabilità dell'articolo 2953 codice civile agli atti della riscossione per i quali siano decorsi i termini di impugnazione, con conseguente impossibilità di convertire il termine breve, triennale o quinquennale, previsto da talune disposizioni di legge in relazione a specifiche tipologie di entrate, nel più lungo termine decennale contemplato dalla stessa norma in assenza di una pronuncia giurisdizionale definitiva (cosiddetta actio iudicati) che prenderebbe il posto dell'atto amministrativo oggetto di giudizio.
  Deve sottolinearsi, tuttavia, che i principali tributi erariali (IRPEF, IRES, IVA, IRAP) si prescrivono nel termine di dieci anni dal giorno in cui il tributo è dovuto o dal giorno dell'ultimo atto interruttivo notificato tempestivamente al debitore.
  Infatti, gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria rilevano che, in mancanza di una espressa disposizione di legge, per detti tributi è da sempre pacificamente ritenuta applicabile la prescrizione ordinaria decennale, ai sensi dell'articolo 2946 del codice civile, a tenore del quale: «Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni». Ciò, tenuto conto che, a tali crediti, non può applicarsi la prescrizione breve di cinque anni, prevista dall'articolo 2948 del codice civile per le cosiddette «prestazioni periodiche».
  I crediti tributari in parola non dovrebbero quindi considerarsi «prestazioni periodiche», in quanto derivano, anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione riguardo alla sussistenza dei presupposti impositivi. In altre parole, i singoli periodi di imposta e le relative obbligazioni sono tra loro autonomi e manca Pag. 86dunque la « causa debendi continuativa», che caratterizza le prestazioni periodiche.
  Del resto, tale assetto non contrasta con l'esigenza, richiamata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 280 del 2005, che il contribuente non sia «assoggettato all'azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato», atteso che per la suddetta tipologia di crediti il Legislatore ha introdotto termini decadenziali tanto con riferimento alla notifica dell'avviso di accertamento, quanto con riguardo alla notifica della cartella di pagamento (articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 e articolo 23 del decreto legislativo n. 46 del 1999).
  Pertanto, l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, richiamato dall'Interrogante, non incide sull'applicabilità, alle più importanti categorie di crediti tributari dello Stato, del termine prescrizionale decennale per effetto delle previsioni di cui all'articolo 2946 del codice civile, e non già di quelle dell'articolo 2953 del codice civile, posto a base della decisione n. 23397/2016 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
  In tale contesto si fa presente, peraltro, che l'Avvocatura dello Stato, in rappresentanza e difesa dell'Agenzia delle entrate e dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, ha provveduto ad impugnare alcune isolate sentenze di merito che da una lettura della menzionata sentenza hanno ritenuto di poter trarre, quale conseguenza immediata e diretta dei principi ivi contenuti, l'assoggettamento generalizzato dei crediti erariali al termine prescrizionale quinquennale.
  La Suprema Corte, infatti, nella citata sentenza n. 23397 del 2016, ha evidenziato semplicemente che la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione alla cartella non consente di fare applicazione dell'articolo 2953 del codice civile.
  Tale ultima disposizione, infatti, opera soltanto «nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato».

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ALLEGATO 6

5-00535 Lombardo: Determinazione della superficie assoggettabile alla TARI.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante chiede alcuni chiarimenti in ordine ai presupposti di applicazione della TARI, con particolare riferimento agli, immobili ove si producono rifiuti speciali.
  L'Onorevole interrogante richiama il comma 649 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), ai sensi del quale «nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati. Con il medesimo regolamento il comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione. Al conferimento al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani di rifiuti speciali non assimilati, in assenza di convenzione con il comune o con l'ente gestore del servizio, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 256, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. (295) (29).».
  Al riguardo il Dipartimento delle finanze fa presente quanto segue.
  L'interrogante chiede, in primo luogo, se sussista in capo ai produttori l'obbligo di dimostrare e delimitare le aree in cui si producono rifiuti speciali non assimilabili agli urbani, al fine di sottrarle alla tassazione, anche alla luce di quanto affermato nella sentenza della Corte di Cassazione n. 26637 del 10 novembre 2017.
  In proposito, va evidenziato che la norma stessa pone come condizione per usufruire di detta agevolazione che i produttori dimostrino che il trattamento a proprie spese dei rifiuti speciali avvenga in conformità alle norme vigenti.
  Nel Prototipo di regolamento, pubblicato nel sito del Dipartimento delle Finanze, per l'istituzione e l'applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), sostituita dalla TARI a decorrere dal 1o gennaio 2014, al comma 5 dell'articolo 10, rubricato «Esclusione per produzione di rifiuti non conferibili al pubblico servizio», è espressamente indicato che «per fruire dell'esclusione prevista dai commi precedenti, gli interessati devono:
   a) indicare nella denuncia originaria o di variazione il ramo di attività e la sua classificazione (industriale, artigianale, commerciale, di servizio, eccetera), nonché le superfici di formazione dei rifiuti o sostanze, indicandone l'uso e le tipologie di rifiuti prodotti (urbani, assimilati agli urbani, speciali, pericolosi, sostanze escluse dalla normativa sui rifiuti) distinti per codice CER;
   b) comunicare entro il mese di ... dell'anno successivo a quello di riferimento Pag. 88i quantitativi di rifiuti prodotti nell'anno, distinti per codici CER, allegando la documentazione attestante lo smaltimento presso imprese a ciò abilitate».

  A ciò bisogna aggiungere che, secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione in materia di TARSU, ma che può estendersi anche alla TARI, per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull'interessato un onere d'informazione, al fine di ottenere l'esclusione dalla superficie tassabile delle aree produttive di rifiuti speciali, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (si vedano, ex multis, le sentenze n. 9214 del 13 aprile 2018, n. 7647 del 28 marzo 2018, l'ordinanza n. 3799 del 16 febbraio 2018, le sentenze n. 21250 del 13 settembre 2017 e n. 5377 del 4 aprile 2012).
  In particolare, nella sentenza n. 9214 del 13 aprile 2018, la Corte di Cassazione precisa che «il presupposto della tassa di smaltimento dei rifiuti ordinari solidi urbani, secondo l'articolo 62 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, è, invero, l'occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti e l'esenzione dalla tassazione di una parte delle aree utilizzate perché ivi si producono rifiuti speciali è subordinata all'adeguata delimitazione di tali spazi nonché alla presentazione di documentazione idonea a dimostrare le condizioni dell'esclusione o dell'esenzione; il relativo onere della prova incombe al contribuente.». (vedi anche Cass. n. 11351 del 6 luglio 2012; Cass. n. 17703 del 2 settembre 2004).
  Da quanto appena riportato, si può concludere che non sussiste una tipologia definita della documentazione in discorso e che quindi è lasciato ampio spazio ai produttori, su cui ricade l'onere della prova, e ai comuni, nell'esercizio della propria potestà regolamentare, di individuare specifiche modalità per dimostrare l'esistenza delle condizioni necessarie a ottenere l'esenzione dal tributo, sempreché, come anche affermato dai Giudici di legittimità, si tratti di documentazione «idonea» a raggiungere la prova dell'esclusione.
  L'Onorevole interrogante chiede inoltre di conoscere «quali siano le modalità con le quali i produttori dovranno adempiere al citato obbligo e come potranno dimostrare l'avvenuto trattamento dei rifiuti» e «quale certificazione/attestazione il contribuente/produttore sarà tenuto a produrre per ottenere la detassazione delle porzioni di superficie, atteso che la quarta copia del citato formulario sembrerebbe limitare la sua funzione conoscitiva alla sola presa in carico e non anche all'avvenuto trattamento».
  A tale proposito, come anzidetto è opportuno ribadire che non è possibile individuare un documento specifico con il quale i produttori adempiono agli obblighi in questione. Del resto, occorre sottolineare che spetta ai comuni, nell'esercizio della propria autonomia regolamentare, definire la specifica documentazione che si richiede ai contribuenti/produttori.
  Infine, in ordine alla richiesta di individuare l'importo totale sul quale si calcola il rapporto con i rifiuti speciali assimilabili agli urbani avviati al recupero di cui al terzo periodo del citato comma 649, in modo tale da rendere proporzionale la riduzione della parte variabile della TARI, il Dipartimento delle finanze segnala che elementi utili alla soluzione della problematica in esame sono rinvenibili nelle note all'articolo 25 del suddetto Prototipo di Regolamento.
  Nel commento al comma 3 dell'articolo 25 del Prototipo viene chiarito che il «comma 3 individua il meccanismo proposto di quantificazione della riduzione – soggetta ad un limite massimo specificato dal comune – individuandolo nel prodotto tra quantità di rifiuti assimilati effettivamente avviati al recupero e una predeterminata percentuale del costo unitario Cu, come definito al punto 4.4., Allegato 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999...»; percentuale che, vale Pag. 89la pena di ricordare, è determinata «dal rapporto tra i costi variabili attribuibili alle utenze non domestiche e la quantità totale di rifiuti prodotti dalle utenze non domestiche».
  È opportuno sottolineare che nella menzionata norma del Prototipo di regolamento per l'istituzione e l'applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), i cui principi, come anzidetto, sono mutuabili anche per la TARI che l'ha sostituita, sono declinate solo le linee di massima dell'agevolazione, che il comune deve quindi completare in sede di approvazione del proprio regolamento e viene proposta una possibile disciplina della riduzione per il recupero, che l'ente locale potrà comunque diversamente configurare, nell'esercizio della propria autonomia regolamentare.

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ALLEGATO 7

5-00644 Acquaroli: Applicazione delle disposizioni relative all'imposta di registro.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante fa riferimento all'articolo 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di Bilancio 2018) con cui è stato modificato l'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 (testo Unico dell'imposta di registro, di seguito TUR).
  La disposizione novellata stabilisce che «l'imposta di registro deve essere applicata secondo l'intrinseca e gli effetti giuridici dell'atto presentato alla registrazione... sulla base degli elementi desumibili dall'atto medesimo» prescindendo, pertanto, da elementi interpretativi esterni (ad esempio, i comportamenti assunti dalle parti) nonché dalle disposizioni contenute in altri negozi giuridici collegati con quello da registrare.
  Ciò posto, l'Onorevole interrogante osserva che la Corte di Cassazione non applica il nuovo articolo 20 del TUR in modo retroattivo, ponendosi in contrasto con la volontà espressa dal legislatore.
  Tale orientamento giurisprudenziale arrecherebbe, a parere dell'interrogante, una lesione dei diritti dei contribuenti, i quali si vedono costretti a resistere in giudizio alle pretese fiscali notificate prima dell'entrata in vigore della norma e a pagarne le conseguenze economico-finanziarie.
  Pertanto, l'Onorevole interrogante chiede se si intendano adottare iniziative normative per chiarire che l'articolo 20 del TUR trova applicazione anche in relazione alle situazioni pendenti.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Il cennato articolo 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di Bilancio per il 2018), ha modificato:
   l'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 (T.U.R), al fine di stabilire che detta disposizione va applicata per individuare la tassazione da riservare al singolo atto presentato per la registrazione, sulla base degli elementi desumibili dall'atto medesimo, prescindendo da quelli extra-testuali e dagli atti ad esso collegati;
   l'articolo 53-bis del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 (T.U.R.), in materia di attribuzioni e poteri degli uffici, stabilendo espressamente l'applicabilità, nell'ambito dell'imposta di registro, della disciplina sull'abuso del diritto introdotta dall'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212.

  In ordine alla efficacia temporale della nuova disciplina di cui al menzionato articolo 20 del T.U.R, la Corte di Cassazione, con un consolidato orientamento (cfr. in tal senso sentenze 26 gennaio 2018, n. 2007, 23 febbraio 2018, n. 4407, 28 febbraio 2018, n. 4589 e 4590, 8 giugno 2018, n. 14999) ha escluso la portata retroattiva della stessa, sulla base delle seguenti argomentazioni.
  Nella sentenza 2007 del 2018, la Corte di Cassazione evidenzia che «la circostanza che la relazione illustrativa alla legge n. 205 del 2017 assegni alla disposizione concernente l'imposta di registro il compito di “chiarire ” il criterio di individuazione della natura e degli effetti che devono essere presi in considerazione ai Pag. 91fini della registrazione dell'atto, può agevolmente superarsi sulla base del tenore testuale adottato dallo stesso articolo 1, comma 87, in esame, il quale dichiara espressamente di apportare talune “modificazioni” al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 20, palesandosi così quale disposizione prettamente innovativa del precedente assetto normativo.
  Ciò trova conferma, in accordo con il dato letterale del nuovo disposto, anche in ragione del fatto che tale modificazione ha determinato una rivisitazione strutturale, profonda ed antitetica della fattispecie impositiva pregressa. (...).
  In definitiva, va dunque affermato che la legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, comma 87, lettera a), non avendo natura interpretativa, ma innovativa, non esplica effetto retroattivo; conseguentemente, gli atti antecedenti alla sua entrata in vigore (1o gennaio 2018) continuano ad essere assoggettati ad imposta di registro secondo la disciplina risultante dalla previgente formulazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 20».
  D'altra parte è opportuno richiamare l'articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 secondo cui «l'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica».
  Il successivo articolo 3 della legge n. 212 del 2000 dispone, inoltre, che «salvo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 2, le disposizioni non hanno effetto retroattivo».
  Tanto premesso, l'attività dell'Agenzia delle entrate risulta in linea con le conclusioni cui perviene la Corte di Cassazione nelle menzionate sentenze.
  Infatti, ai sensi dell'articolo 19 della legge n. 205 del 2017, le disposizioni introdotte dalla legge di bilancio sono entrate in vigore il 1o gennaio 2018, compresa quindi anche quella contenuta nell'articolo 1, comma 87, per la quale non è stata prevista una diversa decorrenza.
  Le modifiche apportate all'articolo 20 del TUR trovano, quindi, applicazione con riferimento all'attività di liquidazione dell'imposta effettuata dagli uffici dell'Agenzia a decorrere dal 1o gennaio 2018, a prescindere dalla data di registrazione degli atti.
  In maniera coordinata con le modifiche apportate all'articolo 20, il legislatore ha modificato, come detto in precedenza, l'articolo 53-bis del TUR che disciplina le attribuzioni e i poteri degli uffici dell'Agenzia nell'ambito delle attività di accertamento, richiamando espressamente la disciplina sull'abuso del diritto prescritta dall'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212.
  Pertanto, a partire dal 1o gennaio 2018, ove si configuri un vantaggio fiscale che non può essere rilevato mediante l'attività interpretativa di cui al novellato articolo 20 del T.U.R, tale vantaggio potrà essere valutato dal competente ufficio dell'Agenzia, in sede di controllo degli atti registrati anche in data antecedente al 1o gennaio 2018, sulla base della sussistenza dei presupposti costitutivi dell'abuso del diritto, di cui all'articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000.
  In altri termini, in sede di controllo degli atti, gli uffici potranno valutare la complessiva operazione posta in essere dal contribuente, considerando anche i fatti, gli atti e i contratti ad essi collegati, secondo la disciplina sull'abuso del diritto di cui al citato articolo 10-bis, nel rispetto delle regole procedimentali dalla stessa prevista.
  Resta fermo che le nuove disposizioni non esplicano, invece, effetti con riferimento agli avvisi di accertamento già notificati in data antecedente al 1o gennaio 2018, ancorché non definitivi.

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ALLEGATO 8

5-00864 Acquaroli: Linee guida per l'applicazione delle agevolazioni fiscali per la riqualificazione antisismica del patrimonio immobiliare.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante fa riferimento alle agevolazioni fiscali introdotte dal decreto-legge n. 63 del 2013, note anche come «sisma bonus», che hanno previsto una detrazione fiscale per i soggetti che, entro il 31 dicembre 2021, sostengano spese per interventi antisismici sul patrimonio immobiliare localizzato in zone ad alta pericolosità sismica nonché la possibilità di cedere, entro determinati limiti, il credito corrispondente alla suddetta detrazione.
  A tale proposito l'Onorevole interrogante chiede di conoscere se e quando sarà pubblicata dall'Agenzia delle entrate una guida specifica concernente la cessione del credito che, oltre ad effettuare una ricognizione completa della materia, chiarisca anche quale sia l'ambito dei soggetti interessati alla cessione del credito e se il credito in questione possa essere utilizzato in compensazione con qualsiasi credito fiscale.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  Con la circolare 27 aprile 2018, n. 7/E – contenente la «Guida alla dichiarazione dei redditi delle persone fisiche relativa all'anno d'imposta 2017» riepilogativa degli oneri detraibili e deducibili, nonché dei crediti di imposta che possono essere fatti valere in dichiarazione – l'Agenzia delle entrate ha fornito indicazioni, tra l'altro, in ordine all'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della detrazione fiscale spettante per gli interventi antisismici.
  Con le successive circolari n. 11/E del 18 maggio 2018 e 17/E del 23 luglio u.s., citate dallo stesso interrogante, è stato chiarito, con particolare riferimento ai soggetti interessati dalla cessione, che il credito può essere ceduto da tutti i soggetti teoricamente beneficiari della detrazione, anche se non tenuti al versamento dell'imposta. La possibilità di cedere la detrazione, pertanto, riguarda tutti i soggetti che sostengono le spese in questione, compresi coloro che, in concreto, non potrebbero fruire della corrispondente detrazione in quanto l'imposta lorda è assorbita dalle altre detrazioni o non è dovuta. La cessione riguarda, inoltre, i soggetti IRES nonché i cessionari del credito che possono, a loro volta, cedere il credito ottenuto.
  Per quanto concerne, invece, i soggetti a favore dei quali può essere effettuata la cessione del credito, la citata circolare richiama i fornitori dei beni e servizi necessari alla realizzazione degli interventi agevolabili, gli altri soggetti privati, per tali intendendosi, oltre alle persone fisiche, anche i soggetti che esercitano attività di lavoro autonomo o d'impresa, anche in forma associata (società ed enti) nonché, infine, banche ed intermediari finanziari nelle sole ipotesi di cessione del credito effettuate dai soggetti che ricadono nella no tax area.
  Con riferimento alla individuazione degli «altri soggetti privati», con le citate circolari, in adesione ai pareri forniti al riguardo dalla Ragioneria Generale dello Stato è stato, inoltre, precisato che per altri soggetti privati devono intendersi i soggetti diversi dai fornitori, sempreché collegati al rapporto che ha dato origine alla detrazione come ad esempio, nel caso di interventi condominiali, nei confronti degli altri soggetti titolari delle detrazioni Pag. 93spettanti per i medesimi interventi condominiali ovvero, più in generale, nel caso in cui i lavori vengano effettuati da soggetti societari appartenenti ad un gruppo, nei confronti delle altre società del gruppo.
  Per quanto attiene, infine, alle modalità di utilizzo del credito, si fa presente che con il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate dell'8 giugno 2017, è stato chiarito che lo stesso può essere utilizzato in compensazione secondo le regole dettate dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.