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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 gennaio 2019
130.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-01280 Magi: Sulle modalità di intervento da parte della guardia costiera libica in risposta alle richieste di soccorso di migranti nella zona di ricerca e soccorso (SAR).

TESTO DELLA RISPOSTA

  Signor Presidente, Signori Deputati,
  sul versante del contrasto al traffico dei migranti nel Mediterraneo, il Governo ha da tempo intrapreso una serie di iniziative volte ad incrementare la capacità operativa della Guardia Costiera libica nelle attività di controllo e di sicurezza rivolte al contrasto dell'immigrazione illegale, nonché nelle attività di soccorso in mare.
  In tale quadro si colloca la cessione a quel Paese di 12 imbarcazioni, già in uso alla Guardia di Finanza e alla Capitaneria di Porto, come previsto dal decreto-legge n. 84 del 2018
  Al riguardo, informo che:
   2 Guardacoste Classe «Corrubia» da 27 metri, sono state già consegnate alla Guardia Costiera libica, la prima il 21 ottobre e la seconda il 22 novembre scorsi, e condotte in quel Paese a cura dallo stesso equipaggio libico addestrato a Gaeta;
   per le restanti 10 unità navali, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha predisposto la cessione alle Autorità libiche, che avverrà a mezzo di idoneo vettore navale sulla base di un apposito Memorandum d'intesa, in corso di perfezionamento.

  Al medesimo fine, confermo che il Ministero dell'interno ha già indetto una gara di appalto per l'acquisto di 20 gommoni (14 da 12 metri e 6 da 9 metri) da destinare alla Guardia Costiera libica, nell'ambito di un progetto cofinanziato dall'UE nel quadro del Trust Fund europeo.
  La rafforzata capacità di controllo delle frontiere marittime e di soccorso in mare da parte delle Autorità libiche ha fatto registrare nel corso del 2018 un significativo, drastico, decremento del numero dei migranti sbarcati provenienti da quell'area. Infatti, a fronte di 934 eventi di sbarco, per complessive 107.212 persone nel 2017, si sono registrati nel 2018 136 sbarchi per complessivi 12.977 migranti giunti sulle nostre coste, con una riduzione pari all'88 per cento.
  Con riferimento, inoltre, alle operazioni di soccorso in mare con sbarco in Libia informo che nel corso del 2018 la Guardia Costiera di quel Paese ha recuperato nell'area SAR di propria competenza 12.780 migranti a cui si aggiungono 788 migranti recuperati da parte di motopescherecci e altre imbarcazioni. Nel 2017 i migranti recuperati dalla stessa Guardia Costiera erano state 5.773 e 345 da altre imbarcazioni.
  La riduzione delle partenze dalla Libia ha comportato il sensibile ridimensionamento del numero dei dispersi nel mediterraneo centrale come si evince dai dati elaborati dall'UNHCR. In particolare, nel 2016 i morti e i dispersi in mare risultavano 4.567 a fronte dei 2.872 del 2017 e dei 1.311 del 2018.
  Si informa, da ultimo, che tra il 19 ed il 21 gennaio scorso le Autorità libiche sono intervenute su n. 6 eventi SAR, soccorrendo un totale complessivo di 476 migranti.
  La conformità alla legge e al diritto internazionale della scelta del Governo italiano di fornire sostegno alle autorità Pag. 45libiche nelle attività di soccorso in mare e controllo delle frontiere è stata, peraltro, recentemente confermata dalla recente sentenza del TAR del Lazio n. 176 del 7 gennaio 2019, su ricorso presentato nel 2017 dall'Associazione Studi Giuridici per l'immigrazione (ASGI), con cui era stata contestata la legittimità dello stanziamento di 2,5 milioni di euro a valere sul «Fondo Africa», con cui Ministero degli esteri e Ministero dell'interno si erano impegnati a finanziare la messa in efficienza di quattro motovedette già appartenenti alla Libia, la fornitura di materiale e un piano di formazione per gli equipaggi.
  La pronuncia ha confermato nel merito la strategia complessiva italiana ed europea all'interno della quale si inscriveva l'iniziativa. Il progetto del Ministero, sostengono i giudici amministrativi italiani, «grazie alla formazione del personale libico e alla fornitura di sostegno tecnico mira a restaurare standard minimi di legalità in una zona caratterizzata da gravi problematiche di ordine pubblico e interessata da molteplici traffici criminali [...] Non può quindi ritenersi che il supporto fornito vada ad alimentare o sostenere pratiche contrarie al diritto internazionale posto che l'intervento dello Stato italiano mira proprio ad evitare il consolidamento o la diffusione di tali pratiche e la repressione dei traffici criminali, traffici che non possono che prosperare in mancanza di controllo da parte dell'autorità pubblica, libica o italiana, ciascuna necessariamente operante nell'ambito della propria sovranità».

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ALLEGATO 2

5-01282 Migliore: Sulla mancata applicazione dell'obbligo di rappresentanza dei due sessi nella composizione delle giunte comunali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Signor Presidente, Onorevoli Deputati,
  la questione dell'equilibrio di genere negli organi di governo delle istituzioni elettive ha costituito negli ultimi anni un tema centrale nel dibattito politico che è seguito alla riforma dell'articolo 51 della Costituzione con la quale è stato stabilito che la Repubblica promuova con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.
  In tale direzione, il legislatore statale ha negli ultimi anni dedicato crescente attenzione all'attuazione del principio costituzionale sia sul versante dell'accesso alle diverse competizioni elettorali che su quello della partecipazione agli organi di governo delle istituzioni rappresentative.
  Come ricordato dagli Onorevoli interroganti, in tale ambito, la legge 7 aprile 2014, n. 56, ha stabilito all'articolo 1 comma 137, che nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3 mila abitanti nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento.
  Sul tema la giurisprudenza amministrativa, a fronte dei casi di mancata applicazione della norma, è più volte intervenuta, affermando che si tratta di una disposizione a carattere cogente ed «ineludibile parametro di legittimità» degli atti adottati (Consiglio di Stato, V, sentenza n. 4626/2015). È stato, altresì, chiarito che la norma può essere derogata solo per garantire la continuità dello svolgimento delle funzioni politiche, quando l'impossibilità di assicurare la presenza dei due generi sia adeguatamente provata tramite un'accurata e approfondita istruttoria, motivata nel provvedimento sindacale di nomina degli assessori.
  Sullo specifico tema, peraltro, il Ministero dell'interno, ancor prima del consolidarsi del predetto orientamento giurisprudenziale, aveva già richiamato l'attenzione dei comuni con un'apposita circolare del 2014, finalizzata ad un puntuale rispetto di tali principi.
  Per quanto riguarda il caso prospettato dagli Onorevoli interroganti e riguardante la composizione della giunta comunale del Comune di Teglio in provincia di Sondrio, informo che il Prefetto di quella provincia, anche a seguito di esposto di un consigliere comunale di minoranza, ha richiamato per due volte il Sindaco al rigoroso rispetto della norma di legge, invitandolo ad avviare l'istruttoria prevista dalla citata circolare ministeriale.
  Va, tuttavia, sottolineato che la norma in questione non prevede specifiche sanzioni per il mancato rispetto della percentuale di genere e, in assenza di poteri amministrativi di controllo di legittimità sugli atti degli enti locali, i provvedimenti di composizione della giunta comunale possono essere fatti valere esclusivamente dinanzi al giudice amministrativo.
  Informo, comunque, che dai dati presenti nell'Anagrafe degli amministratori locali, istituita presso il Ministero dell'interno, si rileva che, ad oggi, nei 3.547 Comuni con popolazione superiore ai 3.000 abitanti, su un totale di 14.961 Pag. 47assessori, 6.554 sono di genere femminile, per una percentuale di quasi il 44 per cento.
  Concludo osservando che una eventuale modifica ordinamentale finalizzata a conferire una maggiore cogenza al principio di parità di genere nella composizione delle giunte potrà essere oggetto di riflessione nell'ambito del percorso avviato in seno alla Conferenza Stato-Città, in vista della revisione organica dell'ordinamento degli enti locali.

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ALLEGATO 3

5-01283 Prisco: Sullo sgombero dei centri sociali «Askatasuna» e «Asilo occupato» di Torino.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Signor Presidente, Signori Deputati,
  le sedi dei centri sociali «Asilo occupato» e «Askatasuna» di Torino, insistono, a poca distanza l'uno dall'altro, rispettivamente, in Piazza della Repubblica e nel quartiere Aurora, aree urbane connotate da altissima densità di cittadini stranieri e da problematiche connesse alla micro criminalità diffusa.
  Il centro sociale «Asilo occupato» è in uno stabile di proprietà del comune di Torino, occupato fin dal 1998 da soggetti di area anarchica ed è utilizzato come alloggio di esponenti del movimento ma anche come sede di incontri, dibattiti e concerti. La struttura, nel tempo, è stata più volte sgomberata e nuovamente occupata.
  In questo contesto è da tempo al centro dell'attenzioni delle Forze dell'Ordine e, su segnalazione di queste, dell'Autorità Giudiziaria, la vicenda che riguarda la Consigliera della VII circoscrizione comunale, Patrizia Alessi, oggetto di azioni di disturbo da parte del movimento anarchico, per l'attività politica svolta a sostegno della riqualificazione del quartiere Aurora.
  Con riferimento, poi, al centro sociale «Askatasuna», organizzazione di area marxista-leninista, diretta filiazione del movimento di autonomia operaia degli anni ’70, l'occupazione, risalente al 1996, riguarda anch'essa uno stabile di proprietà comunale, adibito in passato a scuola materna.
  Nel suo ambito gravitano un centinaio di attivisti che, anche in questo caso, allo scopo di autofinanziarsi organizzano assemblee, incontri politici ed altro.
  Negli anni numerosi esponenti dei citati centri sociali sono stati sottoposti a misure cautelari e/o di prevenzione nonché a procedimenti penali conclusisi con condanne di varia entità.
  Risulta, inoltre, che alcuni esponenti dei centri in parola hanno agevolato l'occupazione di locali, tra cui quelli menzionati nell'interrogazione, da parte di immigrati e famiglie in condizioni di marginalità sociale.
  Ciò detto, è evidente che le occupazioni arbitrarie costituiscono un fenomeno diversificato e possono essere oggetto di protagonismo da parte di famiglie con disagio abitativo, di gruppi dell'antagonismo politico, di illegalità diffuse.
  È fondamentale, quindi, agire in chiave di prevenzione, attraverso una costante e attenta vigilanza del territorio e degli immobili non utilizzati, ciò per impedire fenomeni di illegalità e di evitare il consolidarsi di situazioni di fatto.
  È altresì necessaria una rigorosa politica degli sgomberi, utile anche a ridurre il numero delle situazioni risalenti nel tempo, secondo i mirati percorsi previsti dalle più recenti disposizioni di legge.
  Richiamo in tal senso le norme contenute nel cosiddetto decreto «sicurezza ed immigrazione», che, oltre a contemplare un inasprimento delle pene per gli organizzatori ed i promotori dell'occupazione, introducono misure per salvaguardare i diritti dei proprietari degli immobili attraverso:
   la prevenzione di nuove occupazioni, secondo le direttive che saranno impartite dai Prefetti a livello provinciale;Pag. 49
   la fissazione di una procedura da seguire per il rilascio degli immobili abusivamente occupati, nella quale sono coinvolte tutte le Amministrazioni interessate; 
   l'indicazione di un termine certo, che non potrà in ogni caso superare un anno, entro il quale la medesima procedura deve concludersi;
   il riconoscimento al proprietario o altro avente diritto di un indennizzo per la mancata disponibilità del bene, senza dovere attendere i tempi più lunghi del giudizio civile.

  Il Governo confida che le citate nuove procedure potranno finalmente portare a soluzione i numerosi casi di occupazioni arbitrarie, alcuni dei quali risalenti nel tempo.
  In aderenza alle nuove direttive in materia di occupazioni, i casi segnalati dagli onorevoli interroganti sono, quindi, attentamente monitorati in sede di Comitato Provinciale per l'Ordine e Sicurezza Pubblica, per procedere all'individuazione delle modalità, dei tempi e delle priorità degli interventi di sgombero.

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ALLEGATO 4

5-01284 Macina: Sulla necessità di introdurre una tutela assicurativa per i responsabili delle squadre di soccorso e di addestramento dei Vigili del fuoco in caso di colpa grave.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Signor Presidente, Signori Deputati,
  il grave incidente verificatosi a La Spezia nel 2012, citato dagli onorevoli interroganti, ha colpito il Corpo nazionale dei vigili del fuoco non solo per le sofferenze patite dall'infortunato e dai suoi familiari ma anche per le vicende giudiziarie che ne sono seguite.
  Mi sia consentito quindi di evitare, al momento, ogni commento o valutazione circa la dinamica degli accadimenti, atteso che la relativa vicenda processuale risulta ancora in corso.
  Ricordo che il Capo Reparto Pierpaolo Balzi, istruttore SAF (Speleo-Alpino-Fluviale) presso il Comando di La Spezia, in seguito all'infortunio occorso in data 29 agosto 2012 al collega Vigile Esperto Silvio Guani, è stato condannato, con sentenza dell'8 luglio 2017 del Tribunale di La Spezia e in solido con il Ministero dell'Interno quale responsabile civile, alla pena di 9 mesi ed al pagamento di una provvisionale di 200 mila euro in favore del predetto vigile e dei suoi familiari.
  Tale decisione è stata appellata dal Balzi e dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova. La Corte d'Appello di Genova con sentenza del 6 giugno 2018 ha accolto l'appello dell'Avvocatura erariale e ha dichiarato la nullità della sentenza in relazione alla condanna dell'Amministrazione dell'interno, riducendo peraltro l'entità della condanna e l'importo della provvisionale per il Balzi, che ha comunque proposto ricorso per Cassazione, attualmente pendente.
  L'esito della decisione di Appello determina l'impraticabilità di qualsiasi soluzione transattiva o di eventuali, ulteriori, azioni volte a surrogare o manlevare lo stesso dipendente, come confermato nell'orientamento espresso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova.
  Con riferimento, invece, all'introduzione di una copertura assicurativa per colpa grave nei confronti dei responsabili delle squadre di soccorso ed addestramento, giova far presente che il contratto collettivo nazionale di lavoro «Area I – dirigenza», del 21 aprile 2006, prevede l'attivazione, anche per il personale dirigente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, di una copertura per i rischi professionali relativi alla responsabilità civile verso terzi unicamente per colpa lieve. La predetta copertura, che comprende anche le spese per la tutela legale, è pertanto esclusa nei casi di dolo o colpa grave.
  Si evidenzia, al riguardo, che la giurisprudenza contabile ha costantemente affermato la illegittimità della stipula di polizze per queste ultime fattispecie con assunzione dell'onere del pagamento del relativo premio a carico dell'amministrazione. Un tale contratto, infatti, produrrebbe come effetto la completa deresponsabilizzazione del ruolo dirigenziale, in contrasto con i principi fondamentali del sistema di responsabilità dei pubblici dipendenti e con il carattere personale della responsabilità amministrativa.
  Sul punto è intervenuto anche il legislatore che, nella legge finanziaria per il 2008, ha sancito la nullità – nonché la rilevanza a titolo di danno erariale – dei contratti di assicurazione stipulati dall'amministrazione in favore dei propri Pag. 51dipendenti a copertura dei rischi connessi con la responsabilità amministrativo-contabile.
  Alla luce di quanto sopra esposto, l'eventuale iniziativa volta ad introdurre «uno strumento di tutela complessiva dei responsabili delle squadre di soccorso e di addestramento», ovvero di una copertura assicurativa anche per il personale operativo non dirigente dei Vigili del Fuoco, limitatamente alle ipotesi di colpa lieve e di sentenza irrevocabile di assoluzione, potrebbe, in analogia a quanto già previsto per il personale dirigente, essere demandata alla fase negoziale dei periodici rinnovi contrattuali.