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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 gennaio 2019
130.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-01272 Tabacci e Gebhard: Interpretazione delle disposizioni relative alle detrazioni per i figli a carico.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame chiede chiarimenti interpretativi in merito alla disciplina delle detrazioni per carichi di famigli di cui all'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917.
  Gli Onorevoli interroganti, in particolare, chiedono se sia possibile interpretare la disposizione di cui al citato articolo 12, comma 1-bis, del TUIR, alla stregua di quanto stabilito dal comma 1, lettera c) del medesimo articolo 12, consentendo che, anche nel caso di almeno quattro figli a carico, possano intervenire accordi diversi fra i genitori per la ripartizione delle detrazioni.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si osserva quanto segue.
  Il comma 1, lettera c) dell'articolo 12 del TUIR, concernente le detrazioni per carichi di famiglia, detta le regole di ripartizione tra i genitori della detrazione spettante per figli a carico, non essendo possibile ripartire la predetta detrazione in base alla convenienza economica.
  Tale criterio può essere derogato nella sola ipotesi in cui i genitori, non legalmente ed effettivamente separati, si accordino per attribuire l'intera detrazione a quello dei due che possiede il reddito complessivo di ammontare più elevato. Come chiarito con la circolare n. 15/E del 2017 attraverso la previsione di tale accordo, il legislatore ha inteso, in linea di principio, evitare che, a causa dell'incapienza dell'imposta di uno dei genitori, il nucleo familiare perda in tutto o in parte il beneficio fiscale previsto per i figli a carico. È possibile, tuttavia, dar corso all'accordo anche in assenza di tale condizione «di incapienza» poiché la norma, nel consentire l'attribuzione dell'intera detrazione al genitore con il maggior reddito, non vi fa espresso riferimento.
  Per i genitori legalmente ed effettivamente separati ovvero in caso di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la ripartizione della detrazione tra i genitori è diversamente disciplinata a seconda che sia stabilito o meno l'affidamento congiunto dei figli.
  È, infatti, previsto che «la detrazione spetta, in mancanza di accordo, al genitore affidatario. Nel caso di affidamento congiunto o condiviso la detrazione è ripartita, in mancanza di accordo, nella misura del 50 per cento tra i genitori. Ove il genitore affidatario ovvero, in caso di affidamento congiunto, uno dei genitori affidatari non possa usufruire in tutto o in parte della detrazione, per limiti di reddito, la detrazione è assegnata per intero al secondo genitore. Quest'ultimo, salvo diverso accordo tra le parti, è tenuto a riversare all'altro genitore affidatario un importo pari all'intera detrazione ovvero, in caso di affidamento congiunto, pari al 50 per cento della detrazione stessa».
  In relazione alla possibilità riconosciuta ai genitori separati di accordarsi circa l'attribuzione della detrazione, nella citata circolare n. 15/E del 2007 è stato precisato che, al fine di evitare ingiustificate discriminazioni tra genitori separati e non separati, le disposizioni in materia di attribuzione della detrazione debbano essere interpretate secondo criteri unitari e che, dunque, in caso di affidamento del figlio Pag. 88ad uno solo dei genitori l'accordo può essere finalizzato a ripartire la detrazione nella misura del 50 per cento ovvero ad attribuire l'intera detrazione al genitore che ha il reddito più elevato e, nel caso di affidamento congiunto o condiviso, l'accordo può avere il contenuto di attribuire l'intera detrazione al genitore che ha il reddito più elevato. Al di fuori delle predette ipotesi, la norma prevede che, nel caso in cui il genitore affidatario non possa fruire in tutto o in parte della detrazione per limiti di reddito, quest'ultimo, salvo diverso accordo, è tenuto a riversare al genitore affidatario un importo pari all'intera detrazione o, in caso di affidamento congiunto, un importo pari al 50 per cento della detrazione stessa.
  Ai sensi del comma 1-bis del medesimo articolo 12 del TUIR, in presenza di almeno quattro figli a carico, ai genitori è riconosciuta un'ulteriore detrazione che è ripartita in misura pari al 50 per cento tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati, ovvero attribuita in proporzione agli affidamenti stabiliti dal giudice nei casi di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.
  A differenza di quanto previsto con riferimento alle detrazioni ordinarie per figli a carico, i genitori non possono accordarsi per ripartire l'ulteriore detrazione in misura diversa.
  Tuttavia, ai sensi del comma 3 dell'articolo 12, se l'ulteriore detrazione per figli di cui al citato comma 1-bis del medesimo articolo 12 è di ammontare superiore all'imposta lorda diminuita delle detrazioni per coniuge, delle altre detrazioni di cui all'articolo 13 del TUIR, nonché delle detrazioni per oneri e spese, è riconosciuto un credito di ammontare pari alla quota di detrazione che non ha trovato capienza nella predetta imposta.
  Con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro delle politiche per la famiglia 31 gennaio 2008 sono state individuate le modalità di erogazione del predetto credito che può essere utilizzato in compensazione ai sensi dell'articolo 17, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, o, a scelta del contribuente, riportato a nuovo per computarlo in diminuzione dell'imposta sui redditi delle persone fisiche relativa al periodo d'imposta successivo ovvero chiesto a rimborso.
  Ciò posto, a parere dell'Agenzia delle entrate, deve ritenersi che non sia necessario applicare estensivamente il criterio di cui all'articolo 12, comma 1, lettera c) del TUIR, in ordine alla possibilità dei genitori di accordarsi sulla attribuzione delle detrazioni per figli a carico, atteso che la finalità di tale disposizione di impedire che una parte della predetta detrazione non possa essere fruita in caso di incapienza dei genitori, è perseguita anche in presenza di almeno quattro figli a carico mediante il comma 3 dell'articolo 12, ai sensi del quale la quota di detrazione non fruita per incapienza dell'imposta lorda dei genitori è restituita sotto forma di credito d'imposta in base al citato decreto interministeriale 31 gennaio 2008.

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ALLEGATO 2

5-01273 Osnato: Nomina del Presidente della Consob.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, come modificato dall'articolo 1 della legge di conversione 7 giugno 1974, n. 216, il Presidente ed i quattro membri della CONSOB sono scelti tra persone di specifica e comprovata competenza ed esperienza e di indiscussa moralità e indipendenza e sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.
  Ai sensi dell'articolo 47-quater del decreto-legge n. 248 del 2007, convertito con modificazioni dalla legge n. 31 del 2008, la durata del mandato è di sette anni, non rinnovabile; ciò evidentemente a garanzia dell'autonomia dei componenti.
  Ai sensi dell'articolo 6 del regolamento di organizzazione e funzionamento della CONSOB, il Presidente della Commissione, nel caso di assenza o di impedimento, è sostituito dal componente presente con maggiore anzianità nell'ufficio o, in caso di pari anzianità, dal più anziano per età.
  Peraltro, quattro dei cinque componenti della Commissione sono attualmente in carica e ciò consente interinalmente l'ordinato svolgimento delle funzioni di istituto; non risulta, in effetti, alcuna compromissione delle pertinenti attività.
  Nello svolgimento degli adempimenti istruttori, per la designazione di cui trattasi il Governo sta compiendo le valutazioni di propria competenza, nel rispetto delle prerogative dei vari soggetti istituzionalmente coinvolti nella procedura.
  In particolare, l'impulso procedimentale consiste, formalmente, nella formulazione di una proposta da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, la quale non è stata ad oggi perfezionata.
  Il Governo si assume la responsabilità politica della meditata decisione, al fine di garantire l'imparzialità, l'autorevolezza e la piena funzionalità della Commissione.

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ALLEGATO 3

5-01274 Centemero: Applicabilità del regime forfettario per il 2019 ai professionisti con diversi codici ATECO

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, sulla base delle nuove disposizioni introdotte in materia di regime forfetario per l'anno 2019, chiedono di sapere se il Governo non ritenga opportuno chiarire – con circolare esplicativa o tramite faq sul sito dell'Agenzia delle entrate – l'applicabilità del regime forfetario ai professionisti con codice ATECO diverso. A titolo esemplificativo gli Onorevoli interroganti chiedono di sapere se un soggetto che esercita l'attività contraddistinta dal codice ATECO 749099 (altre attività professionali) e che detiene una partecipazione di controllo (90 per cento) in una società immobiliare esercente l'attività di intermediazione nella mediazione immobiliare (codice ATECO 683100), a cui dedica circa il 70 per cento della propria attività lavorativa, possa continuare ad applicare, per il periodo d'imposta 2019, il regime forfetario.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 1, comma 57, lettera d), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come modificato dall'articolo 1, comma 9, lettera c), della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha introdotto una causa inibente all'accesso al regime forfetario laddove prevede che non possono avvalersi di tale regime, tra l'altro, «gli esercenti attività d'impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all'articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d'impresa, arti o professioni».
  La ratio legis sottesa alla predetta causa ostativa è quella di evitare artificiose frammentazioni delle attività d'impresa o di lavoro autonomo svolte al solo scopo di beneficiare di una tassazione più favorevole. Perché tale requisito venga rispettato, onde evitare abusi, deve essere presa come riferimento l'attività effettivamente svolta. Pur in presenza di due codici attività formalmente distinti in base alla classificazione ATECO, qualora il contribuente eserciti, di fatto, un'attività collegata a quella effettivamente svolta, ad esempio, da una società a responsabilità limitata, ciò inibisce, secondo l'impostazione normativa, la permanenza nel regime forfetario.
  Pertanto, piuttosto che il riferimento a codici ATECO tra loro diversi, deve essere verificata l'effettiva correlazione tra le due attività esercitate, ciò comportando un esame delle fattispecie volto a verificare se l'attività svolta individualmente è correlabile a quella prodotta in forma associata.
  In tale ottica, il caso rappresentato, sia pur a titolo esemplificativo, non può trovare risposta, mancando uno degli elementi necessari per la verifica dell'applicabilità della disposizione in commento, in quanto non è specificato il tipo di attività svolta individualmente dall'esercente arti e professioni.

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ALLEGATO 4

5-01109 D'Incà: Adozione di correttivi alla disciplina della contribuzione perequativa del fondo di solidarietà comunale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante, nel rappresentare come diversi comuni veneti che contribuiscono sia all'alimentazione che alla contribuzione perequativa del fondo di solidarietà comunale (FSC) abbiano evidenziato un saldo negativo delle loro posizioni, chiede di conoscere quali correttivi, anche di natura normativa, si intendano adottare al fine di limitare il danno patito dai predetti comuni. Ciò, in ogni caso, senza pregiudicare la funzione perequativa del fondo di solidarietà comunale.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  Occorre anzitutto premettere che, dal punto di vista tecnico, l'attuale assetto normativo che regola la distribuzione ai comuni delle risorse assegnate a titolo di FSC già prevede una serie di meccanismi di natura normativa per poter intervenire al fine di evitare sperequazioni tra i comuni. Infatti, la legge 11 dicembre 2017, n. 232 all'articolo 1, comma 449, modificato a partire dal 1o gennaio 2018, stabilisce che, limitatamente ai comuni delle regioni a statuto ordinario, una quota di FSC pari al 45 per cento per l'anno 2018, al 60 per cento per l'anno 2019, all'85 per cento per l'anno 2020 e al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021, è distribuita tra i predetti comuni sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard entro il 30 settembre dell'anno precedente a quello di riferimento.
  Con riferimento alla stima della capacità fiscale si fa presente che – come peraltro indicato dallo stesso Onorevole interrogante – i comuni in questione sono contraddistinti da una elevata capacità fiscale pro-capite dovuta in particolare alla componente immobiliare (IMU/TASI). In particolare, i comuni indicati nell'interrogazione in esame presentano per l'anno 2018 una capacità fiscale media pro-capite (1.205 euro) pari al triplo di quella media pro-capite nazionale dei comuni della medesima fascia di popolazione (420 euro).
  Deve, poi, comunque precisarsi che l'ammontare complessivo della capacità fiscale perequatale di tali comuni è determinata in misura pari al 50 per cento dell'ammontare complessivo della capacità fiscale da perequare.
  Sempre nell'ottica dell'attuazione del metodo perequativo, occorre inoltre richiamare il successivo comma 450 del medesimo articolo 1, il quale dispone che al risultato che si ottiene dalla differenza tra capacità fiscale e fabbisogni standard viene applicato un apposito correttivo finalizzato a limitare le variazioni delle risorse di riferimento che, tra un anno e l'altro, superino determinate soglie rispetto all'ammontare delle risorse storiche.
   L'importo risultante da tale meccanismo è ulteriormente rettificato in virtù dell'applicazione del correttivo di cui al comma 450-bis dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016, il quale prevede che le quote delle risorse da distribuire sono attribuite a favore dei comuni che presentino contemporaneamente una variazione negativa degli effetti perequativi derivanti dall'aggiornamento della metodologia di determinazione dei fabbisogni standard, Pag. 92una variazione negativa della dotazione netta del FSC 2017 rispetto alla dotazione netta considerata per il calcolo delle risorse storiche di riferimento di cui al comma 450 dello stesso articolo 1 e una variazione negativa della dotazione netta del FSC 2017 rispetto alla dotazione netta del FSC 2016.
  La disposizione della legge di bilancio 2017 contenuta nel comma 450-bis stabilisce inoltre che, limitatamente all'anno 2017, il riparto viene effettuato in proporzione alla distanza dalla percentuale del –1.3 per cento dello scostamento tra la dotazione netta del FSC 2017 e la dotazione netta del FSC 2016 in percentuale delle risorse storiche nette di riferimento così come modificate in base alle disposizioni previste dal comma 450.
  Tale meccanismo è stato assicurato a regime a partire dall'anno 2018 in virtù dell'articolo 14, comma 1-ter, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.
  Occorre altresì aggiungere che la lettera d-bis) del comma 448 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016 prevede un importo, nel limite massimo di 25 milioni di euro annui, destinato a essere ripartito tra i comuni che presentano, successivamente all'attuazione del correttivo di cui al predetto comma 450, una variazione negativa della dotazione del FSC per effetto dell'applicazione dei criteri perequativi, in misura proporzionale e nel limite massimo della variazione stessa.
  Si deve in ultimo osservare che la sede naturale in cui possono essere rappresentate e valutate le particolari esigenze dei comuni è la Conferenza Stato città ed autonomie locali alla quale devono essere sottoposti i criteri di riparto del FSC al fine di acquisire l'accordo per la successiva adozione del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
  A tale proposito, si ricorda che nella seduta della Conferenza Stato città e autonomie locali del 29 novembre scorso il Governo e l'ANCI hanno stipulato un accordo volto a mantenere per l'anno 2019 i criteri applicati per il riparto del fondo 2018 e, in particolare, la medesima percentuale del 45 per cento applicata in ordine al criterio della capacità fiscale e dei fabbisogni standard.
  L'articolo 1, comma 921, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) ha dato, poi, attuazione al citato accordo in particolare confermando per l'anno 2019 gli stessi importi indicati per ciascun ente in merito al riparto del fondo 2018.
  Infine, la Ragioneria Generale dello Stato evidenzia quanto segue.
  Il comma 29-bis dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015, introdotto dal comma 883 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017, ha previsto che la Commissione tecnica per i fabbisogni standard, con cadenza biennale, a partire all'anno 2018, presenti una relazione alla commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, con particolare riferimento alle ipotesi tecniche inerenti la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e dal funzionamento dello schema perequativo. Nell'ambito della predetta relazione, ancora in corso di definizione, verranno esaminati eventuali profili critici dell'attuale criterio di riparto del Fondo di solidarietà comunale, ivi quelli inclusi quelli segnalati dai comuni veneti richiamati dall'Onorevole interrogante, nonché eventuali ipotesi integrative e correttive del criterio stesso.

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ALLEGATO 5

5-01178 Trano: Notifica ai debitori, da parte dell'Agenzia delle entrate, del fermo amministrativo dei veicoli.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante – nell'evidenziare le problematiche connesse all'applicazione del cosiddetto fermo amministrativo del veicolo, previsto dall'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, nei casi di omessa notifica al debitore del relativo preavviso – chiede «se il Ministro dell'economia e delle finanze ritenga opportuno “prevedere l'obbligo, da parte dell'agente della riscossione, della notifica al debitore del fermo amministrativo del veicolo”».
  Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 86 richiamato prevede che, decorso inutilmente il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, il concessionario può disporre fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entrate ed alla regione di residenza.
  La procedura di iscrizione del fermo cosiddetto amministrativo è avviata dall'agente della riscossione con la notifica al debitore o ai coobbligati iscritti nei pubblici registri di una comunicazione preventiva contenente l'avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà eseguito il fermo.
  L'Agenzia delle entrate-Riscossione, prima di iscrivere il fermo amministrativo di un bene mobile registrato, adempie puntualmente alle cennate prescrizioni dell'articolo 86, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 e provvede a notificare il preavviso di fermo.
  L'Agenzia precisa che non risultano specifiche segnalazioni di fenomeni di omessa notifica di tale comunicazione.
  Deve precisarsi che, in caso di temporanea assenza del debitore presso il suo domicilio fiscale, la notifica dell'atto si perfeziona, necessariamente, non mediante consegna dello stesso nelle mani del destinatario (che è assente), bensì nelle forme delle cosiddetta «irreperibilità relativa», a seguito del compimento degli adempimenti previsti in tali casi dalla legge, vale a dire il deposito dell'atto presso la casa comunale, l'affissione del relativo avviso alla porta dell'abitazione e l'invio di una raccomandata A.R.; ciò, in conformità alle disposizioni del codice di procedura civile (articoli 139 ss.) e alle norme settoriali (articoli 25 e 49, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 e articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973) che ad esse sul punto rinviano.
  Tanto premesso, l'eventuale introduzione dell'obbligo di notifica al debitore del fermo cosiddetto amministrativo del veicolo, oltre che del preavviso di fermo, configurerebbe un adempimento aggiuntivo a carico dell'agente della riscossione, ultroneo rispetto a quelli già previsti dal sopracitato articolo 86 e che necessita di un apposito intervento normativo.
  Inoltre, per evitare che il relativo costo resti a carico dell'Agenzia delle entrate-Riscossione – e, quindi, possa ripercuotersi sul bilancio dello Stato – occorrerebbe necessariamente prevedere che l'onere dell'adempimento stesso debba gravare sul debitore moroso, ovvero, ove il credito risulti inesigibile, sul singolo ente pubblico creditore, determinandosi comunque, in tale ultima ipotesi, comunque un onere per la collettività.

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ALLEGATO 6

5-01179 Centemero: Interpretazione autentica in materia di regime agevolato per i titolari di partite IVA.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante chiede chiarimenti in ordine all'interpretazione della nuova lettera d-bis) del comma 57, articolo 1, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come modificata dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145.
  In particolare si chiede se la disposizione debba essere interpretata nel senso che possano considerarsi «... incluse nel regime agevolato le partite IVA aperte a seguito di nuove iscrizioni ad un ordine o collegio professionale».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, rsi rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente, giova evidenziare che il comma 54 dell'articolo 1 della 23 dicembre 2014, n. 190 come modificato dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede che «I contribuenti persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni applicano il regime forfetario di cui al presente comma e ai commi da 55 a 89 del presente articolo, se nell'anno precedente hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000».
  L'applicazione di tale regime è tuttavia subordinato al rispetto delle altre condizioni previste dal successivo comma 57 della medesima legge.
  Tra queste vi è quella richiamata dall'onorevole interrogante, lettera d-bis) del comma 57, in base alla quale non possono avvalersi del regime forfetario «...le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro».
  Tale previsione mira ad evitare l'avvio di iniziative professionali al solo scopo di beneficiare dell'aliquota agevolata del regime in esame, trasformando l'attività di lavoro dipendente o attività a questo assimilate in attività di lavoro autonomo.
  Pertanto, qualora siano rispettate le condizioni suddette, non vi sono ostacoli all'accesso al regime agevolato per le partite IVA aperte a seguito di nuove iscrizioni ad un ordine o collegio professionale.

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ALLEGATO 7

5-01190 Giacomoni: Ripristino dell'aliquota agevolata IRES per le associazioni del terzo settore.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, nel richiamare l'ordine del giorno 9/01334-B/214 approvato dal Governo in sede di discussione del disegno di legge di bilancio finalizzato a reintrodurre la previgente normativa in materia di aliquote fiscali agevolate per gli enti che svolgono attività di volontariato, chiedono, dunque, di sapere quando verrà reintrodotta l'aliquota agevolata IRES per le associazioni che operano nel terzo settore.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
  Il comma 51 dell'articolo 1 della legge 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019), attraverso l'abrogazione dell'articolo 6 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, ha disposto il venir meno dell'aliquota agevolata prevista, ai fini IRES, nei confronti degli enti di assistenza e beneficenza, dagli enti ospedalieri, dagli istituti di istruzione e di studio senza fini di lucro, accademie, corpi scientifici, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, nonché dagli Istituti autonomi per le case popolari e loro consorzi e dagli enti con le stesse finalità sociali.
  Come ricordato dagli Onorevoli interroganti, nel corso della discussione del disegno di legge di bilancio 2019 è stato approvato un ordine del giorno favorevole alla reintroduzione dell'abroganda agevolazione.
  A tal proposito, nel far presente che non è al momento possibile fornire indicazione certa relativamente ai tempi e alle modalità di intervento normativo, si conferma l'impegno del Governo a valutare quanto prima il ripristino dell'aliquota agevolata nei confronti dei soggetti in esame.