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CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 3 luglio 2018
30.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 5

SEDE REFERENTE

  Martedì 3 luglio 2018. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. — Intervengono i sottosegretari di Stato per l'interno Stefano Candiani e Nicola Molteni.

  La seduta comincia alle 15.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.
C. 336 Anzaldi, C. 513 Nesci e C. 664 Verini.
(Esame e rinvio – Adozione del testo base).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, avverte che la deputata Nesci, la quale è relatrice sulle proposte di legge, sostituisce il deputato Forciniti per l'esame dei provvedimenti.
  Informa quindi che la Conferenza dei presidenti di Gruppo, nella riunione della scorsa settimana, ha deciso che l'avvio della discussione in Assemblea delle proposte di legge di legge in esame abbia luogo dalla seduta di lunedì 9 luglio prossimo, ove l'esame in sede referente sia stato concluso dalla Commissione.
  Pertanto, al fine di rispettare tale decisione della Conferenza, fa presente che l'esame in sede referente dovrebbe concludersi entro la settimana in corso, secondo la seguente tempistica.
  Osserva, in primo luogo, che nella seduta odierna, al termine dell'esame preliminare delle proposte di legge, la Commissione procederà ad adottare il testo base per il prosieguo dell'esame.
  Ritiene quindi opportuno stabilire alle ore 19 di oggi il termine per la presentazione degli emendamenti al predetto testo base. Rileva che nella stessa giornata di domani la Commissione svolgerà l'esame degli emendamenti ed il testo risultante dalle eventuali approvazioni sarà trasmesso alle Commissioni competenti in Pag. 6sede consultiva (II e V Commissione), le quali saranno chiamate ad esprimere il parere sul testo entro le ore 13 di giovedì 5 luglio.
  Fa notare che l'esame in sede referente si concluderà nella seduta del 5 luglio, la quale sarà convocata intorno alle ore 13.
  Informa, inoltre che, sulla materia oggetto delle proposte di legge in esame, sono in corso di presentazione altre due proposte di legge, il cui eventuale abbinamento alle proposte di legge già in esame sarà valutato non appena saranno assegnate in sede referente alla Commissione.

  Dalila NESCI (M5S), relatrice, osserva che la Commissione è chiamata a esaminare, in sede referente, le proposte di legge C. 336 Anzaldi, C. 513 Nesci e C. 664 Verini, recanti istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.
  Quanto al contenuto delle proposte di legge, segnala innanzitutto, in linea generale, come la proposta di legge C. 336 sia sostanzialmente aderente al testo della legge n. 87 del 2013, che ha istituito, nella XVII Legislatura, la Commissione parlamentare, mentre le proposte di legge C. 513, C. 664, che appaiono formulate in termini simili (sia pure con alcune differenze), si diversifichino sotto diversi profili dal testo della citata legge, riprendendo in larga parte il contenuto delle proposte in merito formulate nella relazione conclusiva approvata dalla precedente Commissione antimafia alla fine della XVII legislatura il 7 febbraio 2018 (Doc. XXIII, n. 38, pagine 385 e seguenti).
  Infatti, nella sua relazione conclusiva, la Commissione «unitamente alla ricostruzione dell'attività svolta dalla Commissione nel corso di questa legislatura, ha inteso sottoporre all'attenzione del Parlamento e dell'opinione pubblica, insieme alle risultanze dell'attività, anche alcune riflessioni più generali in ordine al funzionamento, alle competenze e ai poteri della Commissione, insieme alla allegata proposta di riscrittura del testo della legge istitutiva. Si tratta di un'innovazione che, senza condizionare le scelte del prossimo Parlamento, si ritiene che possa essere utile in sede di discussione del provvedimento istitutivo della Commissione Antimafia che potrà essere definito all'inizio della XVIII legislatura».
  Osserva quindi che le principali modifiche rispetto alla legge istitutiva della Commissione parlamentare nella XVII Legislatura (legge n. 87 del 2013) recate dalle proposte di legge C. 513, C. 664 sono riconducibili essenzialmente a tre profili: l'individuazione di ulteriori ambiti di indagine; il rafforzamento dei poteri della Commissione nel rapporto con gli altri soggetti istituzionali competenti nel contrasto al fenomeno mafioso; la riduzione (da 50 a 40) del numero dei componenti la Commissione.
  In particolare, per quanto riguarda il primo profilo, ossia l'ambito materiale di indagine della Commissione, le proposte di legge C. 513 e C. 664, congiuntamente o singolarmente, prevedono l'ampliamento dell'oggetto dell'inchiesta a diversi nuovi argomenti, tra cui: vittime di estorsione e usura; vittime delle mafie; monitoraggio delle scarcerazioni per avvenuta esecuzione della pena; sistemi informativi e banche di dati in uso agli uffici giudiziari e alle forze di polizia; corruzione; massoneria e associazioni segrete; traffico di stupefacenti e commercio di opere d'arte; rapporto tra le mafie e l'informazione, con particolare riferimento alle diverse forme in cui si manifesta la violenza o l'intimidazione nei confronti dei giornalisti; giochi e scommesse; movimento civile antimafia; lotta contro il terrorismo ai fini del contrasto delle mafie.
  Passando a illustrare in dettaglio il contenuto delle tre proposte di legge, fa notare che l'articolo 1 reca l'istituzione della Commissione e la definizione dei suoi compiti e poteri.
  Per quanto riguarda la denominazione della Commissione, le proposte di legge C. 513 e C. 664 mantengono quella adottata nella XVI legislatura con la legge n. 132 del 2008 (e confermata nella XVII con la legge n. 87 del 2013), quando per la prima volta è stato operato un mutamento nella Pag. 7denominazione, che rimanda alla volontà di allargare l'attività d'inchiesta parlamentare alle associazioni criminali anche straniere operanti sul territorio nazionale.
  Nella proposta di legge C. 336 la denominazione è invece «Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia», al singolare, a differenza delle altre proposte (e della legge n. 87 del 2013) dove il riferimento è alle «mafie» al plurale.
  Tutte le proposte di legge prevedono altresì (analogamente all'articolo 1, comma 3, della legge n. 87 del 2013) che i compiti previsti dalla legge sono attribuiti alla Commissione anche con riguardo alle altre associazioni criminali, comunque denominate, alle mafie straniere, alle organizzazioni di natura transnazionale ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 146 del 2006 e a tutte le organizzazioni criminali di tipo mafioso ai sensi dell'articolo 416-bis (Associazione di tipo mafioso) del codice penale.
  Per quel che concerne i compiti della Commissione, indicati sempre nell'articolo 1 delle proposte di legge, alcuni coincidono (con qualche modifica) con quelli della legge n. 87 del 2013 e cioè: verificare l'attuazione delle disposizioni di legge adottate contro la criminalità organizzata e la mafia e, in particolare, quelle riguardanti le persone che collaborano con la giustizia e le persone che prestano testimonianza e quelle relative al regime carcerario previsto per le persone imputate o condannate per delitti di mafia, e promuovere iniziative legislative e amministrative necessarie per rafforzarne l'efficacia; accertare la congruità della legislazione vigente, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva le iniziative di Stato regioni ed enti locali contro la mafia, anche al fine di costituire uno spazio giuridico antimafia a livello europeo e internazionale; accertare e valutare le tendenze e i mutamenti in atto nell'ambito della criminalità di tipo mafioso anche con riferimento a processi di internazionalizzazione e cooperazione con altre organizzazioni criminali in attività illecite rivolte contro la proprietà intellettuale e la sicurezza dello Stato, avendo particolare riguardo – in tale ultimo campo – al ruolo della criminalità nella promozione e nello sfruttamento dei flussi migratori illegali; indagare sul rapporto tra mafia e politica anche riguardo alla sua articolazione territoriale; accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti di tipo mafioso, anche in relazione del fenomeno del riciclaggio; esaminare l'impatto negativo derivante al sistema produttivo dalle attività delle associazioni mafiose, con particolare riferimento all'alterazione della libera concorrenza, dell'accesso ai sistemi bancario e finanziario, della trasparenza della gestione delle risorse pubbliche destinate allo sviluppo imprenditoriale; verificare l'adeguatezza delle norme patrimoniali, sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo, proponendo le misure idonee a renderle più efficaci (tale finalità non compare esplicitamente nella proposta di legge C. 513, che tuttavia cita le principali disposizioni in materia, tra cui la legge n. 646 del 1982); verificare l'adeguatezza delle strutture preposte al contrasto e alla prevenzione della criminalità e al controllo del territorio; svolgere un monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione da parte della criminalità di tipo mafioso negli enti locali e proporre misure per prevenire e contrastare tali tentativi, anche alla luce di una verifica dell'efficacia delle disposizioni legislative vigenti, con particolare riferimento a quelle in materia di scioglimento dei consigli degli enti locali e di rimozione degli amministratori di tali enti; riferire alle Camere al termine dei suoi lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.
  Inoltre, mentre la proposta di legge C. 336 riproduce i medesimi compiti della legge n. 87 del 2013, le proposte di legge C. 513 e C. 664, come già accennato in precedenza, introducono le seguenti nuove finalità: verificare l'attuazione e l'adeguatezza delle disposizioni in materia di tutela delle vittime di estorsione e usura (C. Pag. 8664); verificare l'attuazione e l'adeguatezza delle disposizioni in materia di tutela delle vittime delle mafie (C. 664); verificare il monitoraggio delle scarcerazioni per avvenuta esecuzione della pena (C. 513 e C. 664); verificare l'adeguatezza e la congruità della normativa vigente e della sua applicazione in materia di sistemi informativi e banche di dati in uso agli uffici giudiziari e alle forze di polizia (C. 513 e C. 664); estendere l'analisi delle nuove tendenze e dei mutamenti in atto nell'ambito della criminalità di tipo mafioso anche ai seguenti ulteriori ambiti: 1) condotte corruttive o collusive (C. 513 e C. 664); 2) infiltrazioni all'interno di associazioni massoniche (C. 513) o a carattere segreto (C. 513 e C. 664); 3) traffico di stupefacenti e commercio di opere d'arte; estendere l'indagine sul rapporto tra mafia e politica anche in relazione al codice di autoregolamentazione sulla formazione delle liste elettorali, proposto dalla Commissione antimafia nella XVII legislatura con la relazione approvata nella seduta del 23 settembre 2014 (C. 513); programmare un'attività volta a contrastare, monitorare e valutare il rapporto tra le mafie e l'informazione, con particolare riferimento alle diverse forme in cui si manifesta la violenza o l'intimidazione nei confronti dei giornalisti (C. 664); estendere l'indagine relativa al riciclaggio anche al sistema lecito e illecito del gioco e delle scommesse (C. 513 e C. 664); esaminare la natura e le caratteristiche storiche del movimento civile antimafia e monitorare l'attività svolta dalle associazioni di carattere nazionale o locale che operano per il contrasto delle attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche al fine di valutare l'apporto fornito (C. 513 e C. 664); monitorare la normativa in materia di lotta contro il terrorismo ai fini del contrasto delle mafie (C. 513).
  Con riferimento ai poteri della Commissione (anch'essi oggetto dell'articolo 1), le proposte di legge introducono limitazioni rispetto a quelli astrattamente riconosciuti alle commissioni di inchiesta dall'articolo 82 della Costituzione, in base al quale esse procedono alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
  Infatti, analogamente a quanto previsto dalla legge istitutiva della Commissione nella XVII legislatura (la già citata legge n. 87 del 2013) e nelle precedenti legislature (legge n. 132 del 2008 e legge n. 277 del 2006), la proposta di legge C. 336 stabilisce (all'articolo 1, comma 2) che, ad eccezione dell'accompagnamento coattivo dei testimoni di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale, la Commissione non possa adottare restrizioni attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e delle altre forme di comunicazione, né limitazioni della libertà personale.
  Le proposte di legge C. 513 (all'articolo 1, comma 2) e C. 664 (all'articolo 1, comma 3) prevedono invece una limitazione meno ampia dei poteri, stabilendo che la Commissione non possa adottare, ad eccezione dell'accompagnamento coattivo dei testimoni, provvedimenti attinenti alla libertà personale (senza il riferimento, quindi, ai provvedimenti relativi alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e delle altre forme di comunicazione, che quindi rientrerebbero nei poteri della Commissione).
  Rispetto alla legge istitutiva della Commissione approvata nella XVII legislatura (la citata legge n. 87 del 2013) e alla proposta di legge C. 336 Anzaldi, analoga alla predetta legge, le proposte di legge C. 513 e C. 664 introducono altresì – all'articolo 1 – nuove disposizioni che riguardano i poteri della Commissione.
  In primo luogo, si stabilisce (all'articolo 1, comma 3, della proposta di legge C. 513 e all'articolo 1, comma 4, della proposta di legge C. 664) che la Commissione antimafia possa chiedere al Governo una relazione di valutazione degli effetti che «specifici» progetti di legge in discussione presso le Camere possono determinare rispetto alle politiche di contrasto delle organizzazioni criminali nelle materie di competenza della Commissione.
  La proposta di legge C. 664 specifica che tale richiesta può essere effettuata con Pag. 9particolare riferimento alle lettere a) (verifica dell'attuazione delle leggi per il contrasto alla mafia), b) (verifica dell'attuazione delle norme sui collaboratori di giustizia e predisposizione di proposte normative al Parlamento) c) e d) (verifica dell'attuazione delle norme per la tutela delle vittime dell'estorsione, dell'usura e delle mafie e dei familiari e predisposizione di proposte normative al Parlamento), h) (accertamento dei mutamenti della composizione criminalità organizzata e delle nuove modalità di azione), l) (indagine sul riciclaggio di denaro «sporco») e m) (verifica dell'impatto negativo della criminalità organizzata sul sistema produttivo).
  Segnala in merito che la possibilità di richiedere una valutazione degli effetti al Governo riprende quanto prospettato nella Relazione finale approvata dalla Commissione di inchiesta al termine della XVII legislatura, dove si richiama la possibilità che la Commissione possa chiedere al Governo di predisporre un'apposita relazione tecnica di «valutazione di impatto antimafia», che contenga l'analisi dei fattori di rischio e dell'impatto delle misure proposte ai fini del contrasto alla criminalità organizzata, quanto meno con riferimento a progetti di legge di particolare rilievo in discussione presso uno dei rami del Parlamento.
  A differenza delle relazioni attualmente previste dalla normativa vigente – che devono accompagnare tutti i disegni di legge di iniziativa governativa, gli atti normativi del Governo, i provvedimenti interministeriali – la previsione contenuta nelle proposte di legge contempla dunque un'ipotesi di relazione «su richiesta» della Commissione e relativa a profili specifici (effetti che si possono determinare rispetto alle politiche di contrasto delle organizzazioni criminali), che si verrebbe ad innestare nell'ambito del procedimento legislativo (in cui la Commissione antimafia non è coinvolta direttamente).
  Secondo quanto previsto dalle proposte di legge C. 513 (all'articolo 1, comma 3) e C. 664 (all'articolo 1, comma 4), analoga relazione può essere chiesta dalla Commissione all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) con riferimento agli effetti rispetto alle modalità di difesa delle procedure di affidamento degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi. La proposta di legge C. 664 specifica che tale richiesta può essere effettuata ai fini previsti dalla lettera l) (riciclaggio di denaro sporco).
  Le proposte di legge C. 513 e C. 664 prevedono altresì (rispettivamente all'articolo 1, comma 4, e all'articolo 1, comma 5) che la Commissione antimafia possa chiedere al Governo informazioni sulle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata in un'amministrazione locale, stabilendo a tale fine che il Governo sia tenuto a comunicare ai Presidenti delle Camere e al Presidente della Commissione antimafia l'avvio delle procedure di verifica ai fini dello scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL), di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 (il quale disciplina lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare, prevedendo in particolare che, al fine di verificare la sussistenza degli elementi richiesti dalla legge, il prefetto competente per territorio dispone ogni opportuno accertamento, di norma promuovendo l'accesso presso l'ente interessato).
  Le proposte C. 513 e C. 664 prevedono quindi (rispettivamente all'articolo 1, comma 4, e all'articolo 1, comma 5), che la Commissione possa chiedere al Governo specifiche relazioni sull'azione di ripristino della legalità svolta nel corso della gestione straordinaria delle amministrazioni sciolte ai sensi del medesimo articolo 143 del TUEL.
  In merito rammenta che nella Relazione finale approvata dalla Commissione di inchiesta al termine della XVII legislatura si fa presente come la Commissione stessa abbia dedicato nell'ultimo quinquennio Pag. 10una particolare attenzione alle infiltrazioni della criminalità organizzata nelle istituzioni locali. Per rafforzare l'attività di monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali nella Relazione si evidenzia l'utilità di prevedere espressamente il potere della Commissione di richiedere al Governo relazioni circostanziate sull'attività di gestione straordinaria di alcuni comuni sciolti ovvero su singoli casi in cui appare necessario approfondire il concreto rischio di condizionamento da parte della criminalità organizzata sulla vita democratica delle istituzioni locali e, a quest'ultimo riguardo, si prospetta la possibilità di prevedere che il Governo debba comunicare ai Presidenti delle Camere – e al presidente della Commissione Antimafia – anche l'avvio delle procedure di accesso presso l'ente interessato per la verifica degli elementi sulle possibili infiltrazioni, mentre attualmente l'articolo 143 del TUEL prevede la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale solo del decreto di scioglimento o del decreto di archiviazione in seguito ad esito negativo della procedura di verifica.
  Le proposte di legge C. 513 e C. 664 prevedono altresì, all'articolo 1 (rispettivamente al comma 5 e al comma 6), la facoltà per la Commissione di chiedere al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo di accedere ai registri e alle banche di dati di cui all'articolo 117 del codice di procedura penale (richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del pubblico ministero), limitatamente ai dati non coperti da segreto investigativo.
  Nella proposta di legge C. 513 si richiamano le finalità connesse ai compiti di cui all'articolo 1 comma 1, lettere e) (verifica dell'adeguatezza normativa vigente su banche dati per il contrasto alla criminalità organizzata), f) (rapporto tra mafia e politica), g) (mutamenti del fenomeno mafioso), h) (forme di accumulazione di patrimoni illeciti e riciclaggio) e o) (monitoraggio sui tentativi di infiltrazione negli enti locali e iniziative normative e amministrative).
  Nella proposta di legge C. 664 si richiamano le finalità connesse ai compiti di cui al comma 1, lettere e) (verifica delle norme sull'applicazione dell'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975, g) (verifica dell'adeguatezza normativa vigente su banche dati per il contrasto alla criminalità organizzata), q) (verifica dell'adeguatezza delle strutture predisposte sul territorio e rapporti con i soggetti istituzionali competenti).
  Le proposte di legge C. 513 e C. 664 attribuiscono altresì alla Commissione la facoltà di adottare iniziative volte ad aumentare la sensibilizzazione e la partecipazione della cittadinanza sui temi della lotta alle mafie e della cultura della legalità. In particolare:
   la proposta di legge C. 513 (all'articolo 1, comma 6) attribuisce alla Commissione la facoltà di promuovere la realizzazione e di valutare l'efficacia delle iniziative per la sensibilizzazione del pubblico sul valore storico, istituzionale e sociale della lotta contro le mafie e sulla memoria delle vittime delle mafie, anche in relazione all'attuazione della legge n. 20 del 2017 (che ha individuato nel 21 marzo la Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie), allo scopo di creare e valorizzare percorsi specifici all'interno del sistema pubblico di istruzione;
   la proposta di legge C. 664 (all'articolo 1, comma 7) attribuisce alla Commissione la facoltà di promuovere nelle scuole, nei mezzi di comunicazione e nella rete internet iniziative volte a diffondere la cultura della legalità e a «stimolare la consapevolezza» (della legalità), la partecipazione e la cittadinanza attiva. In tale quadro, la Commissione è chiamata a valorizzare la responsabilità individuale e quella sociale, con particolare attenzione al mondo giovanile e in sinergia con le associazioni «più impegnate» nel settore, anche favorendo campagne informative e iniziative che prevedano la collaborazione tra lo Stato, nelle sue articolazioni, la cittadinanza e il settore privato sociale. Inoltre, con una formulazione in parte analoga alla proposta di legge C. 513 si attribuisce alla Commissione la facoltà di Pag. 11promuovere la realizzazione e valutare l'efficacia delle iniziative per la sensibilizzazione del pubblico sul valore storico, istituzionale e sociale della lotta contro le mafie e sulla memoria delle vittime delle mafie, anche in relazione alla verifica dell'attuazione della legge n. 20 del 2017, e delle relative finalità.

  L'articolo 2 delle proposte di legge in esame riguarda la composizione della Commissione.
  Per quanto riguarda il numero dei componenti (oggetto del comma 1 dell'articolo 2 di tutte e tre le proposte di legge), mentre la proposta di legge C. 336 riprende il testo della legge n. 87 del 2013, istitutiva della Commissione antimafia nella XVII legislatura, confermando il numero di 50 componenti (25 senatori e 25 deputati) le proposte di legge C. 513 e C. 664 ne riducono la composizione a 40 componenti (20 senatori e 20 deputati), tenendo conto di quanto prospettato nella Relazione finale approvata dalla Commissione di inchiesta al termine della XVII legislatura.
  Come previsto nella legge n. 87 del 2013 viene stabilito da tutte le proposte di legge che i componenti sono scelti dai Presidenti delle Camere in proporzione al numero dei membri dei gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di almeno un componente per ciascun gruppo; la nomina avviene tenendo conto anche della specificità dei compiti assegnati alla Commissione.
  Analogamente a quanto stabilito dalla legge istitutiva della XVII legislatura – che recava un'analoga formulazione facendo riferimento alla relazione da ultimo approvata allora (18 febbraio 2010), i componenti della Commissione sono tenuti a dichiarare alla Presidenza della Camera di appartenenza se nei loro confronti sussista una delle condizioni indicate nel codice di autoregolamentazione sulla formazione delle liste elettorali, proposto dalla Commissione antimafia con la relazione approvata nella seduta del 23 settembre 2014, e nelle eventuali determinazioni assunte dalla Commissione nel corso della XVIII legislatura. Per quanto riguarda la formulazione testuale, la proposta di legge C. 336 richiama la relazione precedente, approvata il 18 febbraio 2010, la proposta di legge C. 513 fa riferimento alla «proposta di autoregolamentazione» mentre la proposta di legge C. 664 richiama il «codice di autoregolamentazione».
  Qualora una delle situazioni previste nel codice di autoregolamentazione sopravvenga, successivamente alla nomina, a carico di uno dei componenti della Commissione, è previsto l'obbligo di informarne immediatamente il presidente della Commissione e il Presidente delle Camere.
  La proposta di legge C. 513 aggiunge che tale comunicazione avviene «ai fini della sostituzione» del componente.
  La sola proposta di legge C. 336 prevede il rinnovo biennale della composizione della Commissione (i cui membri possono essere confermati), come stabilito dalla legge n. 87 del 2013.
  Diversamente, le proposte di legge C. 513 e C. 664 non prevedono il rinnovo biennale, riprendendo quanto evidenziato nella Relazione finale approvata dalla Commissione di inchiesta al termine della XVII legislatura.
  Nelle proposte di legge C. 336 (all'articolo 2, commi 4, 5 e 6) e C. 513 (all'articolo 2, commi 3, 4 e 5) si prevedono le medesime modalità di costituzione e di formazione dell'Ufficio di presidenza, già stabilite dalla legge n. 87 del 2013 e analoghe alla composizione degli uffici di presidenza delle commissioni permanenti. In particolare, in base a tali proposte l'Ufficio di presidenza è composto dal presidente, due vicepresidenti e due segretari.
  Il Presidente è eletto dalla Commissione, a scrutinio segreto, ed è eletto il candidato che ottiene il voto della maggioranza assoluta dei componenti la Commissione; qualora nessun candidato raggiunga tale risultato, si procede al ballottaggio tra i due candidati più votati; nel caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il candidato più anziano di età. È previsto inoltre il voto limitato per l'elezione dei due vicepresidenti Pag. 12e dei due segretari: ciascun componente della Commissione esprime un solo voto, e vengono eletti i due candidati che riportano il maggior numero di voti. Nel caso in cui si verifichi la parità dei voti, si applicano le disposizioni previste per l'elezione del presidente. Le medesime disposizioni si applicano per le elezioni suppletive.
  Diversamente, la proposta di legge C. 664 prevede (all'articolo 2, comma 2) che il Presidente della Commissione antimafia sia scelto dai Presidenti delle Camere d'intesa tra loro, sentiti i presidenti dei gruppi parlamentari e al di fuori dei componenti la Commissione. Per l'elezione dei due Vicepresidenti e due Segretari sono previste le medesime disposizioni stabilite dalla legge n. 87 del 2013 (e riprese dalle altre proposte di legge).
  Tale impostazione riprende quanto prospettato nella Relazione finale approvata dalla Commissione di inchiesta al termine della XVII legislatura, dove si evidenzia come, considerando che la nuova legge elettorale ha un impianto prevalentemente proporzionale, si potrebbe prendere in considerazione, in alternativa all'elezione in seno alla Commissione, il ritorno al sistema di nomina del presidente della Commissione già adottato nelle legislature X, XI e XII, allorquando il sistema elettorale era su base proporzionale.
  L'articolo 3 di tutte e tre le proposte di legge consente alla Commissione di organizzare i suoi lavori avvalendosi di uno o più comitati, costituiti secondo la disciplina del regolamento interno.
  L'articolo 4 di tutte e tre le proposte di legge disciplina, al comma 1, le audizioni a testimonianza, in maniera analoga a quanto stabilito nella XVII legislatura, mantenendo comunque ferme le competenze dell'autorità giudiziaria.
  Si prevede, in particolare, l'applicazione degli articoli 366 (Rifiuto di uffici legalmente dovuti) e 372 (Falsa testimonianza) del codice penale, nonché l'applicazione dell'articolo 203 (Informatori della polizia giudiziaria e dei servizi di sicurezza) del codice di procedura penale.
  In tema di segreto professionale e bancario, le proposte di legge richiamano, all'articolo 4, comma 2, le norme vigenti in materia, precisando altresì, all'articolo 4, comma 3, che è sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato segreto difensivo ai sensi dell'articolo 103 del codice di procedura penale. Per il segreto di Stato trova applicazione la normativa dettata dalla legge n. 124 del 2007.
  In nessun caso, in base a tutte e tre le proposte di legge in esame, è opponibile il segreto d'ufficio. La sola proposta di legge C. 513 prevede, all'articolo 4, comma 2, ultimo periodo (nonostante al primo periodo del medesimo comma 2 venga richiamata l'applicazione delle norme vigenti in materia) anche la non opponibilità, per i fatti rientranti nei compiti della Commissione, del segreto professionale e del segreto bancario.
  Al riguardo ricorda che la non opponibilità del segreto professionale e di quello bancario è stata prevista da altri provvedimenti di istituzione di commissioni di inchiesta. Ad esempio, la legge n. 107 del 2017, di istituzione della Commissione di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, prevede, all'articolo 4: «1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell'autorità giudiziaria.
  2. Ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.
  3. Alla Commissione, limitatamente all'oggetto delle indagini di sua competenza, non può essere opposto il segreto d'ufficio né il segreto professionale o quello bancario, fatta eccezione per il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124».
  L'articolo 5 di tutte e tre le proposte di legge precisa ulteriormente i poteri della Commissione in merito alla richiesta di Pag. 13atti e documenti, in maniera analoga alla legge istitutiva della Commissione della scorsa legislatura.
  In particolare, si prevede, al comma 1, che la Commissione possa acquisire copia di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti in deroga all'articolo 329 del codice di procedura penale (che copre con il segreto gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari), nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto. Si stabilisce altresì che l'autorità giudiziaria possa trasmettere copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.
  Inoltre, con una formula non presente nella legge n. 87 del 2013, ma utilizzata in passato negli atti istitutivi di commissioni di inchiesta monocamerali, si stabilisce, per quanto riguarda le richieste di documenti dell'autorità giudiziaria, che questa vi provvede con le stesse modalità delle richieste formulate dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 117 del codice di procedura penale.
  Ai sensi del comma 4 dell'articolo 5 l'autorità giudiziaria può ritardare la trasmissione degli atti solo per motivi di natura istruttoria.
  In base al comma 2 la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino al momento in cui gli atti e i documenti trasmessi sono coperti da segreto e stabilisce, ai sensi del comma 6, quali atti non devono essere divulgati. Il comma 5 prevede altresì che non possa essere opposto alla Commissione l'eventuale vincolo di segretezza funzionale posto da altre Commissioni parlamentari di inchiesta.
  L'articolo 6 di tutte e tre le proposte di legge prevede come, di consueto, il vincolo del segreto, sanzionato penalmente (dall'articolo 326 del codice penale), per i componenti la Commissione, i funzionari e tutti i soggetti che, per ragioni d'ufficio o di servizio, ne vengono a conoscenza; analogamente è sanzionata la diffusione anche parziale di tali atti e documenti.
  L'articolo 7, comma 1, di tutte e tre le proposte di legge demanda ad un regolamento interno l'organizzazione delle attività e il funzionamento della Commissione da approvare prima dell'avvio delle attività di inchiesta.
  Il comma 2 afferma il principio della pubblicità delle sedute della Commissione, ferma restando la possibilità di riunirsi in seduta segreta ove lo si ritenga opportuno.
  Ai sensi del comma 3 la Commissione può inoltre avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di collaboratori interni o esterni alle pubbliche amministrazioni.
  A tale proposito le proposte di legge C. 513 e C. 664 prevedono la facoltà di assumere collaborazioni da parte di soggetti pubblici (quali università ed enti di ricerca) e privati. La proposta C. 513 specifica che l'avvalimento di tali soggetti avviene a titolo gratuito.
  Le proposte di legge C. 336 e C. 664 (ma non la proposta di legge C. 513, in ragione del fatto che tale proposta dispone la gratuità di tali collaborazioni) demandano, alla stregua della legge n. 87 del 2013, al regolamento interno la fissazione di un numero massimo di collaboratori.
  Il comma 4 prevede che la Commissione, per lo svolgimento delle funzioni, fruisca di personale, locali e strumenti operativi posti a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.
  Per quanto riguarda l'autorizzazione di spesa relativa al funzionamento della Commissione, il comma 5 la prevede in 150.000 euro per il 2018 e in 300.000 euro per ciascun anno successivo (nelle proposte di legge C. 336 e C. 664), mentre la proposta di legge C. 513 la fissa in 100.000 euro per il 2018 e in 250.000 euro per ciascun anno successivo.
  In merito ricorda che la fissazione di un «tetto» alle spese della Commissione bicamerale è un'innovazione per la Commissione Antimafia, introdotta la prima volta con la legge istitutiva n. 277 del 2006 (mentre già nel corso della XV legislatura Pag. 14disposizioni analoghe erano già state adottate per altre commissioni di inchiesta). Anche in questo caso, come per la limitazione dei poteri della Commissione, si tratta di una modifica originata da una proposta dei relatori in sede referente alla Camera e fondata sulla considerazione dell'eccessivo volume «delle spese affrontate dalle Commissioni d'inchiesta negli ultimi tempi, che rendono perciò necessaria l'adozione di opportune misure atte a frenarne i costi per la finanza pubblica».
  Rammenta inoltre che la legge n. 132 del 2008, istitutiva della Commissione nella XVI Legislatura (promulgata in agosto) prevedeva un'autorizzazione di spesa di 150.000 euro per il primo anno e di 300.000 per gli anni successivi.
  La sola proposta di legge C. 336 dispone in ordine alla data di entrata in vigore del provvedimento, fissandola al giorno successivo della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, ringrazia la relatrice per il lavoro di sintesi svolto. Nessuno chiedendo di intervenire, dichiara quindi concluso l'esame preliminare.

  Dalila NESCI (M5S), relatrice, alla luce del contenuto delle proposte di legge in esame, che risultano, a suo avviso, simili sotto molti aspetti, presenta una proposta di testo unificato delle proposte di legge (vedi allegato), che propone di adottare come testo base per il prosieguo dell'esame.

  Emanuele FIANO (PD) chiede alla relatrice di illustrare le principali novità recate dalla proposta di testo unificato da lei proposto rispetto al contenuto della legge n. 87 del 2013, con la quale è stata istituita nella precedente legislatura la Commissione di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

  Dalila NESCI (M5S), relatrice, fa notare che la proposta di testo unificato da lei presentata, prevede innanzitutto, rispetto alla legge n. 87 del 2013, un ampliamento dei compiti della Commissione d'inchiesta. Tra i nuovi compiti previsti richiama, ad esempio, la verifica sull'attuazione e sull'adeguatezza della normativa in materia di tutela delle vittime di estorsione e di usura, nonché della normativa in materia di tutela dei familiari delle vittime delle mafie. Osserva, quindi, che il testo unificato prevede, tra le diverse novità, il compito di programmare un'attività volta a monitorare e valutare il rapporto tra le mafie e l'informazione, con particolare riferimento alle diverse forme in cui si manifesta la violenza o l'intimidazione nei confronti dei giornalisti, nonché alle conseguenze sulla qualità complessiva dell'informazione, quello di esaminare natura e caratteristiche del movimento antimafia e quello di esaminare la possibilità di impiegare istituti e strumenti previsti dalla normativa per la lotta contro il terrorismo ai fini del contrasto delle mafie, indicando eventuali iniziative ritenute utili.
  Inoltre si introduce la possibilità, per la Commissione di inchiesta, di chiedere al Governo relazioni di valutazione circa gli effetti che specifici progetti di legge in discussione presso le Camere possono determinare rispetto alle politiche di contrasto delle organizzazioni criminali nelle materie di competenza della Commissione stessa; chiedere all'Autorità nazionale anticorruzione una relazione con riferimento agli effetti rispetto alle modalità di difesa delle procedure di affidamento degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi; chiedere al Governo informazioni sulle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata in un'amministrazione locale; chiedere al Governo specifiche relazioni sull'azione di ripristino della legalità svolta nel corso della gestione straordinaria delle amministrazioni sciolte; chiedere al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo di accedere ai registri e alle banche di dati di cui all'articolo 117 del codice di procedura penale, limitatamente ai dati non coperti da segreto investigativo, per talune finalità.

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  La Commissione può altresì promuovere la realizzazione e valutare l'efficacia delle iniziative per la sensibilizzazione del pubblico sul valore storico, istituzionale e sociale della lotta contro le mafie e sulla memoria delle vittime delle mafie.
  Osserva poi che, in coerenza con il contenuto della legge n. 87 del 2013 e in considerazione dell'incremento dei compiti attribuiti alla Commissione d'inchiesta, la sua proposta di testo unificato mantiene, in relazione ai componenti della Commissione stessa, il numero di venticinque senatori e di venticinque deputati, prevedendo tuttavia, rispetto alla citata legge n. 87, una riduzione dei limiti massimi per le spese di funzionamento per il solo anno 2018.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, propone di adottare come testo base per il prosieguo dell'esame il testo unificato delle proposte di legge in esame elaborato dalla relatrice.

  La Commissione approva la proposta di adottare come testo base per il prosieguo dell'esame il testo unificato delle proposte di legge in esame elaborato dalla relatrice.

  Francesco Paolo SISTO (FI) chiede alla presidenza di valutare un differimento alla mattinata di domani del termine per la presentazione degli emendamenti al testo unificato, adottato come testo base, alla luce del fatto che il suo gruppo ha presentato una proposta di legge sulla materia oggetto delle proposte di legge in esame – che sarà a breve assegnata alla I Commissione – di cui auspica l'abbinamento.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, dopo aver ribadito che l'abbinamento delle nuove proposte di legge presentate sulla medesima materia potrà aver luogo non appena esse saranno assegnate in sede referente alla Commissione, accogliendo la richiesta del deputato Sisto, propone di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti al testo unificato, adottato come testo base, alle ore 10, 30 della giornata di domani.
  Così rimane stabilito.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per domani.

  La seduta termina alle 15.25.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 3 luglio 2018. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. – Intervengono i sottosegretari di Stato per l'interno Stefano Candiani e Nicola Molteni.

  La seduta comincia alle 15.25.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2017/853 che modifica la direttiva 91/477/CEE, relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi.
Atto n. 23.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, in sostituzione del relatore, Vinci, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, osserva che la Commissione è chiamata a esaminare, ai fini del parere al Governo, lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2017/853 relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi (Atto n. 23).
  Per quanto riguarda il contenuto della direttiva (UE) 2017/853, di cui si propone l'attuazione, essa intende migliorare alcuni aspetti della direttiva 91/477/CEE – che intendeva raggiungere un punto di equilibrio tra l'impegno a garantire una certa libertà di circolazione all'interno dell'Unione per alcune armi da fuoco e loro componenti essenziali e la necessità di inquadrare tale libertà mediante opportune garanzie di sicurezza – al fine di Pag. 16contrastare l'uso improprio delle armi da fuoco per scopi criminali, anche alla luce dei recenti atti terroristici.
  La direttiva 2017/853, nel rivedere la direttiva 91/477, come indicato dalla Commissione europea nella sua comunicazione del 28 aprile 2015 intitolata «Programma europeo sulla sicurezza», prevede, tra l'altro: l'introduzione di norme comuni dell'Unione in materia di marcatura delle armi, che si applicheranno però esclusivamente alle armi da fuoco o ai componenti essenziali fabbricati o importati dopo la data di entrata in vigore della direttiva (articolo 4, paragrafi 1-3); la previsione che i dati relativi ad armi e componenti essenziali siano conservati nell'apposito archivio per 30 anni dopo la distruzione (articolo 4, paragrafo 4, comma 1); l'istituzione di uno strumento di collegamento elettronico accessibile agli armaioli e agli intermediari, che consenta loro di trasmettere le informazioni alle autorità nazionali via e-mail o inserendole direttamente in una banca dati o altro registro (articolo 4, paragrafo 4, comma 2); l'introduzione di norme più rigorose per le armi da fuoco più pericolose, onde garantire che non ne siano autorizzati l'acquisizione, la detenzione e gli scambi, fatte salve alcune deroghe limitate e debitamente motivate (articolo 4-bis); la proibizione dell'uso civile di armi da fuoco progettate per uso militare, come l'AK-47 e l'M16, che sono dotate di selettore di fuoco e per le quali è possibile impostare manualmente la modalità di fuoco tra automatica e semiautomatica, nonché delle armi da fuoco semiautomatiche dotate di un caricatore fisso che consente di sparare un numero elevato di colpi e delle armi da fuoco semiautomatiche combinate con un caricatore amovibile ad alta capacità di colpi (modifica dell'allegato A).
  Il termine di recepimento della direttiva 2017/853 è fissato dall'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva stessa, al 14 settembre 2018, salvo le previsioni dell'articolo 4, paragrafi 3 e 4 della direttiva, per le quali il termine di recepimento è fissato al 14 dicembre 2019.
  Al riguardo ricorda che i nuovi paragrafi 3 e 4 dell'articolo 4 istituiscono un sistema di regolamentazione per l'attività di armaioli ed intermediari e modificano la disciplina relativa all'archivio in cui sono registrate – ai fini della loro tracciabilità ed identificazione – tutte le informazioni relative alle armi, stabilendo tra l'altro che il termine di conservazione dei dati deve essere pari a 30 anni dalla distruzione dell'arma in luogo della disciplina vigente recata dalla direttiva 91/477/CEE che richiede la conservazione per almeno 20 anni dei dati sull'arma.
  Per quanto attiene alla normativa di delega in forza della quale è stato predisposto lo schema di decreto legislativo, essa è recata dall'articolo 1 della legge n. 163 del 2017 (Legge di delegazione europea 2016-2017), la quale comprende la direttiva 2017/853 nell'allegato A.
  In merito ai termini, le procedure, i princìpi e i criteri direttivi della delega, la citata legge n. 163 rinvia alle disposizioni di delega, previste in generale per tutte le direttive di cui si dispone il recepimento, dagli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012, senza prevedere specifici principi e criteri direttivi in relazione alla direttiva.
  In dettaglio, princìpi e criteri direttivi generali di delega indicati dall'articolo 32 della legge n. 234 del 2012 sono i seguenti: a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti; b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, anche attraverso il riassetto e la semplificazione della normativa; c) gli atti di recepimento di direttive dell'Unione europea non possono prevedere l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse (cosiddetto gold plating); d) ove necessario, al fine di assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. In ogni caso Pag. 17le sanzioni penali sono previste «solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti»; e) al recepimento di direttive o di altri atti che modificano precedenti direttive o di atti già attuati con legge o con decreto legislativo si procede apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione; f) nella redazione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega; g) quando si verificano sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, l'efficacia e la trasparenza dell'azione amministrativa, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e delle competenze delle regioni e degli enti territoriali; h) le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi vengono attuate con un unico decreto legislativo, compatibilmente con i diversi termini di recepimento; i) è sempre assicurata la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea e non può essere previsto in ogni caso un trattamento sfavorevole dei cittadini italiani.
  Per quanto concerne il procedimento per il parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, l'articolo 31, comma 3, della richiamata legge n. 234 del 2012 prevede che gli schemi di decreto legislativo, una volta acquisiti gli altri pareri previsti dalla legge, siano trasmessi alle Camere per l'espressione del parere e che, decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti siano emanati anche in mancanza del parere.
  Lo schema di decreto in esame è stato trasmesso il 14 maggio 2018 e il termine per l'espressione del parere parlamentare scadrà il 31 luglio 2018.
  La legge n. 234 del 2012 dispone al riguardo che, qualora il termine fissato per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono il termine per l'esercizio della delega o successivamente, il termine per la delega è prorogato di tre mesi e, quindi, in questo caso, al 14 agosto 2018. Finalità di tale proroga è quella di permettere al Governo di usufruire in ogni caso di un adeguato periodo di tempo per l'eventuale recepimento nei decreti legislativi delle indicazioni emerse in sede parlamentare.
  Il comma 9 del medesimo articolo 31 prevede che, qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri espressi dagli organi parlamentari relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi, ritrasmette i testi alle Camere, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.
  L'articolo 31, comma 4, della legge n. 234 del 2012 richiede inoltre il parere delle Commissioni parlamentari competenti anche per i profili finanziari sugli schemi dei decreti legislativi, stabilendo altresì che gli schemi dei decreti legislativi recanti recepimento delle direttive che comportino conseguenze finanziarie sono corredati della relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge di contabilità pubblica (legge n. 196 del 2009).
  In tale contesto è previsto che il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi d'informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.
  Passando a illustrare il contenuto dello schema di decreto legislativo, esso, in estrema sintesi, interviene sulle definizioni, a partire dalla nozione di «parte d'arma», prevedendo che essa coincida con quella di «componente essenziale» dettata dalla direttiva; dispone l'aggiornamento del regime di alcune tipologie di Pag. 18armi che la direttiva include fra quelle proibite o il cui porto o detenzione sono soggetti a speciali sistemi autorizzatori; ridefinisce le modalità con cui devono essere marcate le armi da fuoco e le loro parti essenziali; prevede l'adeguamento ai nuovi parametri recati dalla direttiva della disciplina dei sistemi informativi, dedicati ad assicurare la tracciabilità delle armi e delle munizioni; prevede l'obbligo, per i detentori di armi comuni da sparo (ad eccezione dei collezionisti di armi antiche), di presentare, a cadenza quinquennale, il certificato medico; dispone la riduzione da 6 a 5 anni della durata della licenza di porto d'armi per uso venatorio o sportivo (tiro a volo). Si prevede inoltre, presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, l'istituzione di un sistema informatico che consenta, attraverso una piattaforma informatica centralizzata, di realizzare anche lo scambio di dati con gli altri Stati membri dell'Unione Europea, richiesto dalla direttiva.
  Relativamente ad alcune disposizioni (presenti nella Tabella di concordanza), nell'analisi tecnico-normativa (ATN), allegata al provvedimento, si evidenzia come la relativa disciplina trovi già una corrispondenza coerente nella legislazione vigente e che, perciò, non si rendono necessari ulteriori interventi di adeguamento dell'ordinamento nazionale». Si tratta, in particolare, delle previsioni in tema di requisiti per l'acquisizione di armi e di munizioni, di disciplina degli obblighi di custodia e sorveglianza delle armi, di disciplina del tiro sportivo, delle armi da segnalazione e allarme.
  Più in dettaglio, l'articolo 1 dello schema di decreto legislativo individua l'oggetto e il campo di applicazione dello schema di decreto, che intende attuare la direttiva 2017/583 e che di conseguenza integra la disciplina interna in materia di controllo dell'acquisizione e della detenzione delle armi.
  Il campo di applicazione è ulteriormente definito con l'esclusione dalla disciplina recata dal provvedimento dell'acquisizione e detenzione delle armi delle Forze armate, delle Forze di Polizia o di altri enti governativi, nonché dei materiali di armamento.
  Nella relazione illustrativa dello schema di decreto si evidenzia che restano altresì escluse dal campo di applicazione della direttiva «le riproduzioni di armi antiche a colpo singolo il cui meccanismo di caricamento è ad avancarica. Tale esclusione consegue alla previsione letterale contenuta nell'Allegato I della direttiva 91/477/CEE, il cui capo IV, lettera f), nel definire l’«arma a colpo singolo», la individua quale arma da fuoco senza serbatoio che prima di ogni sparo va caricata introducendo manualmente le munizioni nella camera o nell'incavo all'uopo previsto all'entrata della canna. Da tale definizione consegue, in applicazione del principio di tassatività, che le armi ad avancarica, in cui la munizione è caricata all'uscita della canna, non ricadono nell'ambito applicativo della citata lettera f) e pertanto restano escluse anche delle disposizioni contenute in direttiva. L'esclusione in parola è stata, peraltro, condivisa dai competenti organi dell'Unione europea con i quali sono state avviate interlocuzioni, al cui esito è emerso che la direttiva in esame non richiede di modificare la disciplina nazionale delle repliche di armi antiche ad avancarica a colpo singolo».
  La disposizione riproduce il contenuto dell'articolo 1, paragrafo 2, capoverso articolo 2, comma 2, della direttiva 2017/853, che tuttavia esclude dall'ambito di applicazione non solo le «armi» ma anche le «munizioni» delle Forze armate e di polizia.
  In merito segnala l'esigenza di valutare l'opportunità di uniformarsi integralmente al disposto della direttiva, facendo espresso riferimento anche alle «munizioni» delle Forze armate e di polizia.
  L'articolo 2 dello schema interviene sull'ambito di applicazione e sulle definizioni di cui agli articoli 1 e 1-bis del decreto legislativo n. 527 del 1992, il quale reca la disciplina in materia di controllo e acquisizione di armi, in recepimento della direttiva 91/477/CEE.Pag. 19
  In proposito rammenta come il citato decreto legislativo n. 527 del 1992 stabilisca, nel testo vigente dell'articolo 1, che le relative disposizioni si applicano alle armi da fuoco delle categorie B, C e D dell'allegato I della direttiva, la cui detenzione e porto sono consentite nel territorio dello Stato».
  A sua volta la direttiva 91/477/CEE, come modificata e integrata dalle direttive 2008/51/CE e 2017/583, distingue tre categorie di arma da fuoco: quelle proibite (categoria A), le armi da fuoco soggette ad autorizzazione (categoria B), quelle soggette a dichiarazione (categoria C). La categoria D – che recava «altre armi da fuoco» – è stata invece abrogata dalla direttiva 2017/583/UE.
  In merito ricorda che nella categoria A (armi da fuoco proibite) rientrano: i dispositivi di lancio ed ordigni per uso militare ad effetto esplosivo; le armi da fuoco automatiche; le armi da fuoco camuffate sotto forma di altro oggetto; le munizioni a pallottole perforanti, esplosive o incendiarie, nonché i proiettili per dette munizioni; le munizioni per pistole e rivoltelle dotate di proiettili ad espansione nonché tali proiettili, salvo quelle destinate alle armi da caccia o di tiro al bersaglio per le persone abilitate ad usare tali armi.
  Inoltre, in base alle integrazioni disposte dalla direttiva 2017/583/UE, vi rientrano: le armi da fuoco automatiche che sono state trasformate in armi semiautomatiche fatte salve la facoltà consentite agli Stati membri dall'articolo 7, paragrafo 4-bis, della medesima direttiva; le seguenti armi da fuoco semiautomatiche, a percussione centrale: le armi da fuoco corte che consentono di sparare più di 21 colpi senza ricaricare, se un caricatore che può contenere più di 20 colpi è parte dell'arma da fuoco o un caricatore staccabile che può contenere più di 20 colpi vi è inserito, le armi da fuoco lunghe che consentono di sparare più di 11 colpi senza ricaricare, se un caricatore che può contenere più di 10 colpi è parte dell'arma da fuoco o un caricatore staccabile che può contenere più di 10 colpi vi è inserito. Le armi da fuoco lunghe semiautomatiche (vale a dire le armi da fuoco originariamente destinate a essere imbracciate) che possono essere ridotte a una lunghezza inferiore a 60 cm senza perdere funzionalità tramite un calcio pieghevole o telescopico ovvero un calcio che può essere rimosso senza l'ausilio di attrezzi. Qualsiasi arma da fuoco classificata in questa categoria, che sia stata trasformata in arma per sparare colpi a salve, sostanza irritante, altra sostanza attiva oppure munizioni pirotecniche o trasformata in arma da saluto o acustica.
  In proposito la direttiva 2017/583 prevede in via generale, all'articolo 4-bis, che «gli Stati membri consentono l'acquisizione e la detenzione di armi da fuoco solo alle persone in possesso della licenza o, per quanto riguarda le armi da fuoco di cui alla categoria C, che siano specificamente autorizzate ad acquisire e detenere tali armi da fuoco conformemente al diritto nazionale».
  In tale contesto normativo stratificato la novella recata dall'articolo 2 dello schema dunque modifica sotto più profili l'ambito di applicazione del predetto decreto legislativo n. 527 del 1992: includendo nel suo campo di applicazione le armi della categoria A, categoria ampliata dalla direttiva 2017/583, a condizione che siano consentiti la detenzione e il porto nel territorio italiano; prevedendo, in via generale, l'applicazione del provvedimento alle armi di cui alle categorie B e C della direttiva (come detto, nella categoria B rientrano le armi da fuoco soggette ad autorizzazione, mentre nella categoria C le armi da fuoco e armi soggette a dichiarazione); eliminando il riferimento alle armi della categoria D (altre armi da fuoco) dal campo di applicazione della disciplina, considerato che tale categoria è stata abrogata dalla direttiva 2017/853/UE.
  Inoltre, attraverso l'integrale sostituzione dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 527 operata dalla lettera a) dell'articolo 2 dello schema, vengono modificate le definizioni rilevanti ai fini dell'applicazione della disciplina.
  In particolare, si provvede ad adeguare all'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva Pag. 202017/853 le definizioni di arma da fuoco, parte di arma (superando l'attuale distinzione tra parte e parte essenziale), armaiolo, intermediario, tracciabilità e munizioni.
  In tale contesto merita richiamare che nel testo dello schema non sono riprodotte tutte le definizioni recate dalla direttiva. Alcune, quali «museo», «collezionista», «arma da segnalazione» e «arma da saluto e acustica» in quanto – si legge nella relazione illustrativa – «già presenti nel nostro ordinamento e fornite di specifica regolamentazione, in linea con le disposizioni della direttiva, così da non richiedere di essere trasposte».
  Non sono altresì riprodotte anche altre definizioni recate dalla direttiva, quali «traffico illecito» e «fabbricazione illecita» (già presenti nel testo previgente della direttiva 91/477 e non incluse neanche nel testo vigente della legge n. 527 del 1992) e «armi da fuoco disattivate» (definizione introdotta ex novo dalla nuova direttiva).
  Nello schema viene invece introdotta la nuova definizione di «armi da fuoco camuffate», non inclusa tra le definizioni recate dalla direttiva ma presente nell'elenco della categoria A, definendo come «armi da fuoco camuffate» le armi fabbricate o trasformate in modo da assumere le caratteristiche esteriori di un altro oggetto.
  Nell'Analisi tecnico normativa (ATN) dello schema di decreto si evidenzia in proposito che la previsione di tale nozione tra le definizioni «si rende necessaria al fine di chiarire che tali strumenti sono assolutamente vietati in ragione della loro intrinseca insidiosità, con un divieto riconducibile a quanto previsto dalla stessa direttiva oggetto del recepimento, alla Cat. A, punto 3, dell'Allegato 1».
  L'articolo 3 dello schema di decreto legislativo reca una serie di disposizioni che introducono modifiche a vario titolo al Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) di cui al regio decreto n. 773 del 1931.
  In particolare la lettera a) integra l'articolo 31, primo comma, del TULPS, introducendo la possibilità, per i titolari di licenza di fabbricazione di armi, di rottamare le parti d'arma, prima della loro immissione sul mercato, anche se sprovviste della marcatura o dei segni distintivi prescritti dalla legge (legge n. 110 del 1975, articolo 11, comma 1), all'interno dei siti di fabbricazione indicati nella licenza. L'avvenuta rottamazione delle parti d'arma, iscritte nel registro digitale delle operazioni giornaliere è immediatamente annotata nel registro (in forza dell'articolo 35 del TULPS).
  In merito segnala come tale previsione (come quella dell'articolo 5, comma 1, lettera c), numero 3), sempre in materia di rottamazione) non trovi espresso riscontro nella direttiva 2017/853.
  Peraltro, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa dello schema, la modifica, «oltre a rispondere ad esigenze di semplificazione secondo il principio recato dal citato articolo 32 della legge n. 234 del 2012, contribuisce ad attuare i principi europei in materia di controllo delle armi».
  La medesima relazione illustrativa evidenzia altresì che «sono state inserite nell'articolato disposizioni intese a superare criticità interpretative ed operative, riscontrate negli stessi settori oggetto del provvedimento, originate da vincoli posti da disposizioni vigenti rivelatisi non funzionali rispetto agli obiettivi delle previsioni comunitarie, ovvero originate da sopravvenute insufficienze della loro formulazione, che quindi si sarebbero riproposte anche nel nuovo regime. Tali previsioni sono elencate nella sezione B della Tabella di concordanza». Si rileva inoltre nella ATN che «benché tale gruppo di disposizioni non costituisca recepimento in senso stretto di corrispondenti dettami della direttiva, esso si collega in ogni caso a prescrizioni di carattere generale poste dalla stessa direttiva o a specifiche disposizioni contenute in direttive precedenti in materia, le cui norme di trasposizione nell'ordinamento nazionale hanno presentato oggettive criticità nella fase applicativa».Pag. 21
  Viene altresì rilevato che le varie direttive europee che si sono succedute nel tempo (la direttiva 91/477/CEE, la direttiva 2008/51/CE e la recente direttiva 2017/853/UE) introducono un sistema di tracciabilità delle armi che impone di conoscere in modo certo la data di fabbricazione e distruzione di ciascuna arma da fuoco. In tale direzione si muovono anche le disposizioni che impongono particolari regole tecniche per la disattivazione delle armi da fuoco (Regolamento di esecuzione (UE) 2018/337, che modifica il Regolamento di esecuzione (UE) 2015/2403, nonché la legge n. 146 del 2006, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli della Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, in particolare l'articolo 15). Nell'ordinamento italiano il regime dei controlli amministrativi assicura la conoscibilità della data di fabbricazione, atteso che il fabbricante è tenuto ad annotare sui propri registri la data in cui la lavorazione delle singole parti è terminata. Al fine di assicurare il rispetto del dettato normativo europeo senza imporre eccessivi oneri burocratici a carico dei citati operatori economici, la norma introduce una procedura che garantisce che la rottamazione delle armi, con contestuale attestazione sui registri obbligatori prima della loro immissione sul mercato, avvenga senza oneri per lo Stato, coniugando così le esigenze di semplificazione amministrativa con quelle di sicurezza pubblica.
  La lettera b) (in attuazione dell'articolo 1, paragrafo 3), lettera b), comma ii, della direttiva 2017/853) modifica l'articolo 31-bis, secondo comma, del TULPS, che estende anche agli intermediari, l'obbligo previsto in precedenza solo per gli armaioli, di conservare un registro nel quale è iscritta ogni arma da fuoco e ogni componente essenziale «in entrata e in uscita».
  La norma di recepimento pone dunque l'obbligo per l'intermediario, nel caso questi abbia la materiale disponibilità delle armi o delle munizioni (condizione questa non espressamente presente nel testo della direttiva 2017/853), di tenere il registro digitale giornaliero delle operazioni (previsto dalla normativa vigente), nonché l'obbligo di effettuare le relative annotazioni concernenti le operazioni eseguite. A tal fine si fa rinvio all'articolo 35 del TULPS (che pone l'obbligo del registro per gli armaioli) e all'articolo 55 del medesimo TULPS (che pone l'obbligo del registro per gli esercenti di fabbriche, depositi o rivendite di esplodenti di qualsiasi specie).
  La lettera c) sostituisce il comma 10 dell'articolo 35 del TULPS, eliminando la previsione, ivi contenuta, dell'adozione di un regolamento per individuare i conviventi ai quali deve essere comunicato il provvedimento di nulla osta all'acquisto di armi e quello che ne consente a qualunque titolo la disponibilità. La novella prevede che le generalità dei conviventi siano indicate dallo stesso interessato e che la comunicazione sia attestata mediante dichiarazione sostitutiva.
  In parallelo, la lettera e) dell'articolo 3, sostituendo l'ultimo comma dell'articolo 42 TULPS, stabilisce l'obbligo, per il titolare della licenza di porto d'armi, di comunicare il provvedimento di rilascio della licenza ai familiari conviventi maggiorenni, all'atto della consegna del titolo stesso, attestando tale comunicazione con dichiarazione sostitutiva.
  In entrambi i casi il mancato deposito della predetta attestazione resa dalla dichiarazione sostitutiva comporta l'impossibilità di acquisire il titolo, mentre la produzione di attestazione falsa o mendace comporta l'applicazione della sanzione amministrativa prevista dalla normativa vigente.
  Tali previsioni non sono direttamente contenute nella direttiva 2017/853: peraltro, l'obbligo di informazione delle persone conviventi è stato introdotto con il decreto legislativo n. 204 del 2010, di recepimento della direttiva 2008/51/CE in materia di armi, che ha modificato gli articoli 35 e 42 del TULPS, introducendo l'obbligo di informazione ai conviventi e demandando l'operatività dello stesso ad un successivo regolamento recante la disciplina delle modalità tecniche attuative, non emanato.Pag. 22
  Pertanto, abrogando il rinvio a un regolamento non emanato, la previsione sull'obbligo di comunicazione ai conviventi diventa di immediata applicabilità. Al contempo, lo schema di decreto introduce l'attestazione, mediante autocertificazione, dell'avvenuta comunicazione ai conviventi, le cui generalità sono indicate dall'interessato.
  Nella relazione introduttiva si evidenzia infatti in proposito che: «Attese le difficoltà incontrate nella definizione del citato regolamento, le disposizioni introdotte dal presente decreto consentono di dare immediata attuazione all'onere di informazione ai conviventi del detentore delle armi, rendendo effettive tali prescrizioni».
  La lettera d) modifica l'articolo 38 del TULPS, abbassando da 6 a 5 anni il termine di rinnovo della certificazione medica per i detentori di armi comuni da sparo, e rinviando la definizione delle relative modalità ad un decreto ministeriale.
  Tale previsione appare di attuazione dell'articolo 1, paragrafo 7), lettera a), della direttiva, secondo cui: «L'autorizzazione alla detenzione di un'arma da fuoco è riesaminata periodicamente, a intervalli non superiori a cinque anni. Un'autorizzazione può essere rinnovata o prorogata se continuano a sussistere le condizioni sulla base delle quali è stata rilasciata.».
  In merito alla formulazione delle previsioni della lettera d) rileva quanto segue:
   la disposizione di recepimento fa riferimento alle «armi comuni da sparo» (definizione non presente nell'articolo 1-bis del decreto legislativo n. 527 del 1992, novellato dall'articolo 2, lettera b), dello schema, né nella direttiva 2017/853, ma presente nel TULPS) in luogo di quella di «arma da fuoco» utilizzata dalla direttiva;
   la disposizione di recepimento fa riferimento al rinnovo della certificazione medica, mentre la direttiva fa riferimento al riesame dell'autorizzazione; attualmente, in base al TULPS (articolo 35, commi da 5 a 7) è previsto che sia presentato il certificato medico per il nulla osta all'acquisto e per la detenzione (ai sensi dell'articolo 38, comma 4), salva la facoltà del prefetto di autorizzare in ogni caso l'acquisto in presenza di determinati requisiti.

  Ricorda che la disposizione esclude dall'obbligo di rinnovo di certificazione i collezionisti di armi antiche, in coerenza con l'articolo 1, paragrafo 19, punto 2), lettera b), della direttiva n. 2017/853/UE, la quale modifica la parte III dell'allegato I alla direttiva n. 91/477/CEE, che esclude esplicitamente le armi antiche dalla definizione di armi da fuoco.
  Fa inoltre presente che le modalità per il rilascio del certificato medico sono definite da un successivo regolamento; fino alla sua adozione l'articolo 13, comma 2, dello schema di decreto prevede che chi detiene le armi deve presentare un certificato medico rilasciato dal settore medico legale delle ASL o da un medico militare o della Polizia o dei Vigili del fuoco da cui risulti che il richiedente non è affetto da malattie mentali o da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, le capacità di intendere e di volere; inoltre, ai sensi dell'articolo 15, comma 3, dello schema, l'obbligo è assolto entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
  La novella recata dalla lettera d) mantiene invece la vigente previsione secondo la quale la mancata presentazione del certificato autorizza il Prefetto ad adottare il provvedimento di divieto di detenzione di armi di cui all'articolo 39 del TULPS.
  L'articolo 4 dello schema modifica il secondo comma dell'articolo unico della legge n. 323 del 1969, prescrivendo che la licenza per l'esercizio di tiro a volo abbia durata di 5 anni, in luogo di 6 anni.
  Secondo la relazione illustrativa dello schema la disposizione recepisce l'articolo 1, paragrafo 7), lettera a), sopra citato, nonché l'articolo 1, paragrafo 6), della direttiva 2017/853, nella parte in cui si introduce nella direttiva 91/477/CEE un nuovo articolo 5, paragrafo 2, che prevede l'attivazione da parte degli Stati membri di un sistema di monitoraggio volto a garantire Pag. 23il rispetto delle condizioni di autorizzazione stabilite dal diritto nazionale e la valutazione delle informazioni mediche e psicologiche pertinenti.
  L'articolo 5 dello schema apporta alcune modifiche alla legge n. 110 del 1975, recante norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi.
  In particolare la lettera a) modifica l'articolo 1, secondo comma, della citata legge n. 110 del 1975, equiparando sul piano penale le armi da fuoco camuffate (come definite dall'articolo 2 dello schema) alle armi tipo guerra, in ossequio alla previsione della direttiva 91/477 (non modificata sul punto dalla direttiva 2017/853) che include le armi da fuoco camuffate tra le armi da fuoco proibite (Categoria A).
  Al riguardo ricorda che la legge speciale penale (in dettaglio la legge n. 895 del 1967, recante disposizioni per il controllo delle armi) punisce la vendita, detenzione e il porto delle armi da guerra e tipo guerra.
  La lettera b) opera una modifica di coordinamento formale all'articolo 2, terzo comma, della citata legge n. 110, in relazione alla disciplina dei cosiddetti paintball (il «paintball» è una pallina costituita da un involucro rigido di gelatina contenente una vernice a base d'acqua, destinata ad essere utilizzata come proiettile per un fucile da paintball durante il gioco di squadra del «paintball»), sostituendo il riferimento al decreto legislativo n. 52 del 1997 – attuativo della direttiva 67/548/CEE – con quello relativo al Regolamento 1272/2008/CE, che ha abrogato la citata direttiva.
  La lettera c) modifica l'articolo 11 della legge n. 110 del 1975, in materia di marcatura delle armi, per adeguarlo al dettato dell'articolo 1, paragrafo 3, lettera a) della direttiva.
  Tra le modifiche all'articolo 11, primo comma, della legge n. 110 del 1975, relativo alla marcatura delle armi comuni da sparo si segnalano: l'obbligo di tempestività della marcatura stessa; la facoltà di apporre il marchio del produttore; l'obbligo di contrassegnare l'arma, almeno con un numero di serie o con un codice alfanumerico o digitale, qualora la marcatura dell'arma non sia possibile a causa delle dimensioni troppo ridotte delle parti da marcare; l'indicazione, ove possibile, del modello dell'arma nella marcatura; l'obbligo di marcatura unica nei trasferimenti di armi da fuoco o delle loro parti dalle scorte governative ad usi permanentemente civili ai fini dell'identificazione dell'ente che effettua il trasferimento.
  Viene poi soppressa, sempre all'articolo 11, primo comma, la disciplina relativa alla rottamazione delle armi (fattispecie non contemplata direttamente dalla direttiva, come già ricordato con riferimento all'articolo 3 dello schema) che diventa oggetto specifico del nuovo 12o comma del medesimo articolo 11, con la differenza che la possibilità di rottamazione oltre che alle armi, viene estesa anche delle parti di arma e delle munizioni, e che il versamento per la rottamazione non viene più fatto alla competente direzione di artiglieria, bensì al comando o reparto delle Forze Armate competente od anche ad «altro ente di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero della difesa».
  La relazione illustrativa evidenzia in proposito che «trattasi di norma attuativa degli obblighi comunitari, atteso che la direttiva impone di sottrarre la detenzione delle armi ai soggetti che non hanno più i requisiti soggettivi necessari».
  La lettera d) modifica l'articolo 11-bis della più volte citata legge n. 110 (in materia di tracciabilità delle armi e delle munizioni), al fine di recepire l'articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva, integrando l'elenco dei dati relativi alle armi che devono essere trasmessi all'archivio informatico per la raccolta e l'archiviazione dei dati relativi agli esplosivi per uso civile (cosiddetto GEA) di cui al decreto legislativo n. 8 del 2010. Si dispone, inoltre, che i dati siano conservati per un periodo di 30 anni dalla data della distruzione dell'arma cui i dati stessi si riferiscono, laddove la normativa vigente prevede che siano conservati per complessivi 50 anni. Pag. 24
  In proposito rileva come la disposizione dello schema non faccia menzione, tra i dati che devono essere trasmessi all'archivio informatico, delle «date pertinenti» (concernenti gli acquisti delle armi) – che sono invece indicate dalla direttiva all'articolo 1, paragrafo 3, lettera b), punto i), lettere c) e d) – né le trasformazioni e le modifiche apportate all'arma che determinino un cambiamento di categoria o di sottocategoria, indicate all'articolo 1, paragrafo 3, lettera b), punto i), lettera d).
  Rileva, peraltro, che l'obbligo di indicare le trasformazioni e le modifiche è stato, invece, previsto all'articolo 12, comma 2, lettera a), dello schema di decreto, che istituisce, presso il Dipartimento della pubblica sicurezza, un nuovo sistema informatico dedicato per la tracciabilità delle armi e delle munizioni.
  Più in generale segnala l'opportunità di valutare, anche in un'ottica di coordinamento e semplificazione, quale sia il rapporto tra il nuovo sistema informatico dedicato per la tracciabilità delle armi e delle munizioni di cui all'articolo 12 dello schema, il sistema informatico di raccolta dei dati del Ministero dell'interno (cosiddetto GEA) previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 8 del 2010, nel quale devono essere registrati e conservati per 30 anni dati sulle armi da fuoco e sulle munizioni, il registro in formato elettronico delle operazioni giornaliere che gli armaioli devono tenere ai sensi dell'articolo 35, commi da primo a quarto, del TULPS e il registro in formato elettronico delle operazioni giornaliere che gli esercenti fabbriche, depositi o rivendite di esplodenti devono tenere ai sensi dell'articolo 55 del medesimo TULPS.
  La lettera e) modifica l'articolo 17 della legge n. 110, estendendo il divieto di compravendita di armi comuni da sparo, oltre che per corrispondenza, anche agli acquisti effettuati mediante contratto a distanza, fatta salva l'ipotesi, come attualmente previsto per la vendita per corrispondenza, in cui l'acquirente sia stato autorizzato ad esercitare tale attività. La norma conferma anche la sanzione per i trasgressori, consistente nella reclusione da uno a sei mesi e nella multa di euro 154. Si tratta di attuazione dell'articolo 1, paragrafo 12, della direttiva.
  La lettera f) modifica l'8o comma dell'articolo 20 della legge n. 110, in materia di custodia delle armi, eliminando la previsione vigente che demanda ad un decreto del Ministero dell'interno la determinazione delle modalità e termini di custodia delle armi e trasferendo all'Autorità di pubblica sicurezza della provincia (prefetto e questore) la facoltà di imporre adeguate misure di custodia, se ritenute necessarie.
  La finalità della previsione è quella di dare attuazione all'articolo 1, paragrafo 6, della direttiva e, in particolare, al nuovo articolo 5-bis della direttiva 91/477/CEE, che prevede l'obbligo per gli Stati membri di stabilire norme in materia di sorveglianza e di custodia in sicurezza delle armi.
  L'articolo 6 dello schema alla lettera a) modifica il comma 2-bis dell'articolo 13 della legge n. 157 del 1992, comprendendo nell'elenco delle armi il cui impiego a fini venatori è vietato in modo assoluto anche le armi appartenenti alla categoria A, dell'allegato I alla direttiva 91/477/CEE.
  La lettera b) sostituisce invece il comma 9 dell'articolo 22 della citata legge n. 157, riducendo da 6 a 5 anni della durata della licenza di porto di fucile per uso di caccia. Tale ultima modifica attua l'articolo 1, paragrafo 7), lettera a), nonché l'articolo 1, paragrafo 6), della direttiva, nella parte in cui si stabilisce che l'autorizzazione alla detenzione di un'arma da fuoco è riesaminata periodicamente, a intervalli non superiori a 5 anni e che l'autorizzazione può essere rinnovata o prorogata se continuano a sussistere le condizioni sulla base delle quali è stata rilasciata.
  L'articolo 7 mira a dare attuazione all'articolo 1, paragrafo 6, della direttiva (UE) 2017/853 (che consolida l'articolo 5 della direttiva 91/477/CEE), per quanto riguarda l'accesso alle munizioni in maniera analoga a quanto visto sopra a proposito della custodia delle armi.
  La disposizione europea prescrive che gli Stati membri adottino norme per la Pag. 25adeguata sorveglianza, oltre che delle armi da fuoco, delle munizioni, affinché armi da fuoco e munizioni non siano facilmente accessibili contemporaneamente, con un controllo commisurato al numero e alla categoria delle armi da fuoco e delle munizioni.
  A tal fine l'articolo 7 novella l'articolo 12 del decreto-legge n. 306 del 1992, prevedendo che, in relazione a «particolari esigenze di ordine e sicurezza pubblica della provincia», l'Autorità di pubblica sicurezza possa apporre, nel permesso di porto d'armi e nel nulla osta all'acquisto, l'indicazione del numero massimo di munizioni delle quali sia consentito l'acquisto nel periodo di validità del titolo.
  L'indicazione del numero massimo di munizioni nell'atto autorizzatorio all'acquisto e alla detenzione per il periodo di sua validità, è disposizione già vigente. La modifica recata dall'articolo 7 dello schema di decreto introduce l'indicazione espressa dell'autorità competente a tale indicazione del numero massimo di munizioni, e commisura la sua valutazione a particolari esigenze di sicurezza.
  Rimane invece ferma la prescrizione già vigente secondo la quale non sono computate le munizioni acquistate presso i poligoni delle sezioni dell'Unione italiana tiro a segno e presso i poligoni autorizzati, se immediatamente utilizzate nei medesimi poligoni.
  La novella abroga inoltre l'articolo 12, comma 2, del decreto-legge n. 306 del 1992 che prevede in materia l'emanazione di un decreto del Ministro dell'interno attuativo (finora mai emanato).
  Consegue a siffatta abrogazione che la determinazione del numero massimo di munizioni – rispetto ad una detenzione e porto d'armi autorizzati – sia integralmente rimessa, caso per caso, alla valutazione dell'Autorità di pubblica sicurezza.
  L'opzione normativa prescelta non è quindi connessa a fini di stretto recepimento, ma appare riconducibile a finalità di semplificazione (al pari di alcune altre disposizioni dello schema), anche alla luce della disposizione di delega dell'articolo 32 della legge n. 234 del 2012, che consente al legislatore delegato di apportare, in sede di attuazione di disposizioni del diritto comunitario derivato, misure di semplificazione normativa e amministrativa.
  Nella relazione illustrativa dello schema si evidenzia come la determinazione con decreto ministeriale di criteri generali e astratti condurrebbe all'adozione «di prescrizioni orientate su livelli massimi di rigore, che potrebbero risultare sovrabbondanti» e che si è tenuto presente il principio del minor aggravio possibile per l'interessato.
  L'articolo 8 intende attuare l'articolo 1, paragrafo 3), lettera a), numero 2), della direttiva (UE) 2017/853 – mediante novella all'articolo 3, comma 2 della legge n. 509 del 1993 (recante «Norme per il controllo sulle munizioni commerciali per uso civile»).
  La disposizione europea prescrive che gli Stati membri provvedano affinché su ogni unità elementare di imballaggio di munizioni complete sia apposta la marcatura in modo da indicare il nome del fabbricante, il numero di identificazione del lotto, il calibro e il tipo di munizione.
  Poiché della citata legge n. 509 l'articolo 3, relativo alle indicazioni obbligatorie da apporre sull'unità di imballaggio elementare delle munizioni, non prevede l'indicazione anche del calibro e del tipo di munizione, la novella recata dall'articolo 8 provvede ad inserire tale indicazione, a fini di recepimento.
  Rimane ferma la restante previsione vigente, secondo cui l'unità di imballaggio elementare deve indicare il nome o marchio di fabbrica del produttore o di colui per il quale le munizioni sono state caricate e che ne assume la garanzia di conformità alle prescrizioni; la denominazione commerciale o la denominazione secondo le norme; il numero di identificazione del lotto e la quantità di cartucce; per determinate munizioni da caccia a pallini per armi a canna liscia a percussione centrale ad elevate prestazioni, una indicazione supplementare che avverta con chiarezza ed a caratteri indelebili che si tratta di munizioni da utilizzare esclusivamente con armi che abbiano subìto Pag. 26favorevolmente la prova superiore; il contrassegno di controllo attestante che le munizioni siano state controllate conformemente alle prescrizioni.
  L'articolo 9 modifica l'articolo 11 della legge n. 526 del 1999 (legge comunitaria 1999), rispondendo a finalità che non appaiono di stretto recepimento della direttiva, quanto piuttosto connesse ad esigenze di coordinamento normativo, riconducibile al «riassetto» normativo previsto dal criterio di delega di cui all'articolo 32, comma 1, lettera b), della sopra citata legge n. 234 del 2012.
  Richiamando brevemente, per chiarire il senso della norma dell'articolo 9 dello schema, il quadro normativo in merito, segnala come l'articolo 11 della legge n. 526 del 1999, oltre a novellare la legge n. 110 del 1975, abbia previsto che il Ministro dell'interno, con proprio regolamento, adotti una disciplina specifica dell'utilizzo delle armi con modesta capacità offensiva – ossia armi ad aria compressa o a gas compressi, sia lunghe sia corte, i cui proiettili eroghino un'energia cinetica non superiore a 7,5 joule. In forza di tale disposizione è stato emanato il decreto ministeriale n. 362 del 2001.
  Inoltre il medesimo articolo 11 della legge citata n. 526 ha previsto che la verifica di conformità, tale da accertare in particolare che l'energia cinetica non superi 7,5 joule, sia effettuata dalla Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi.
  La novella recata dall'articolo 9 dello schema di decreto prevede ora che la verifica di conformità, in particolare riferita al non superamento del valore di 7,5 joule di energia cinetica erogata dai proiettili sparati da armi ad aria compressa o a gas compressi, sia invece effettuata dal Banco nazionale di prova, mentre rimane immutata la restante previsione vigente.
  Ricorda che l'articolo 23, comma 12-sexiesdecies, del decreto-legge n. 95 del 2012 (cosiddetto decreto sulla spending review) ha assegnato i compiti di verifica della qualità di arma comune da sparo, già spettanti al Catalogo nazionale (soppresso dall'articolo 11, comma 7, della legge n. 183 del 2011), al Banco nazionale di prova e che successivamente il decreto legislativo n. 121 del 2013, nel novellare l'articolo 2 della legge n. 110 del 1975, ha attribuito al Banco nazionale di prova (anziché alla Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, presso il Ministero dell'interno) la vigente competenza ad escludere l'attitudine a recare offesa alla persona, per un certo tipo di armi: da bersaglio da sala, ad emissione di gas, ad aria compressa o gas compressi (i cui proiettili eroghino un'energia cinetica non superiore a 7,5 joule), lanciarazzi.
  Nella relazione illustrativa dello schema di decreto si evidenzia come la modifica recata dall'articolo 9 dello schema sia volta ad apportare i necessari adeguamenti alla disciplina per la verifica di conformità delle armi ad aria compressa a seguito della soppressione della Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi.
  L'articolo 10 modifica – a fini di coordinamento normativo – l'articolo 6, comma 4, del decreto legislativo n. 204 del 2010 (di recepimento di un atto comunitario sul controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi), il quale dispone circa l'applicazione di alcune disposizioni, tra cui quella recata dall'articolo 42 del Testo unico di pubblica sicurezza, prescrivente la comunicazione (da parte dell'interessato) dell'ottenimento di una licenza di porto d'armi, ai conviventi maggiorenni, anche diversi dai familiari, compreso il convivente more uxorio, individuati da regolamento e indicati dallo stesso interessato all'atto dell'istanza, secondo le modalità definite nel medesimo regolamento.
  La novella recata dall'articolo 10 sopprime tale richiamo all'articolo 42 del TULPS, in quanto la materia è ora rivisitata dall'articolo 3, comma 1, lettera e) dello schema di decreto, il quale prevede una dichiarazione sostitutiva attestante che l'interessato abbia avvisato i familiari o il convivente, ed espunge la previsione di un regolamento attuativo.
  L'articolo 11, novellando l'articolo 3, comma 3-bis, del decreto-legge n. 7 del 2015, è volto a dare attuazione all'articolo Pag. 271, paragrafo 3, lettera b), punto ii), della direttiva 2017/853, per quanto riguarda alcuni obblighi di comunicazione.
  In merito ricorda che la citata disposizione della direttiva prescrive che gli armaioli e gli intermediari conservino un registro nel quale sia iscritta ogni arma da fuoco e ogni componente essenziale, in entrata o in uscita, con i dati che ne consentano l'identificazione e la tracciabilità (in particolare il tipo, la marca, il modello, il calibro ed il numero di serie, nonché i nomi e gli indirizzi del fornitore e dell'acquirente); così come prevede che gli Stati membri provvedano affinché gli armaioli e gli intermediari stabiliti nel proprio territorio segnalino senza indebito ritardo alle autorità nazionali competenti le operazioni riguardanti le armi da fuoco o componenti essenziali.
  La disposizione sopra richiamata del decreto-legge n. 7 del 2015, quale vigente, prevede che i soggetti di cui agli articoli 35 (armaioli) e 55 (gli esercenti fabbriche, depositi o rivendite di esplodenti di qualsiasi specie) del Testo unico di pubblica sicurezza, nonché le imprese operanti nel settore degli esplosivi (di cui al decreto legislativo n. 8 del 2010), comunichino tempestivamente alle questure territorialmente competenti le informazioni e i dati, avvalendosi di mezzi informatici o telematici.
  In tale contesto normativo la novella recata dall'articolo 1 dello schema inserisce gli intermediari nel novero dei soggetti destinatari dei predetti obblighi di comunicazione, in modo da ottemperare alla prescrizione europea,
  Il dettato della novella circoscrive invero siffatta previsione – ossia che gli intermediari siano tenuti alla tempestiva comunicazione delle informazioni alle questure – alle «ipotesi di cui al comma 2, ultimo periodo» del citato articolo 31-bis, introdotto dall'articolo 3, comma 1, lettera b) del medesimo schema, il quale prevede che chi abbia materiale disponibilità di armi o munizioni è obbligato alla tenuta del registro e ad annotarvi le operazioni eseguite.
  L'articolo 12 introduce disposizioni afferenti allo scambio di informazioni tra Stati a fini di tracciabilità delle armi e delle munizioni, onde dare attuazione all'articolo 1, paragrafo 14, della direttiva (E) 2017/853, là dove essa prevede che le autorità competenti degli Stati membri si scambino con mezzi elettronici informazioni sulle autorizzazioni rilasciate per i trasferimenti di armi da fuoco verso un altro Stato membro e informazioni relative alle autorizzazioni rifiutate in base all'affidabilità, connessa alla sicurezza, della persona interessata. Inoltre si recepisce l'articolo 1, paragrafo 3, lettera b), punto i), della direttiva, circa le informazioni da detenere.
  A tale riguardo, il comma 1 istituisce presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza un sistema informatico dedicato per la tracciabilità delle armi e delle munizioni, il quale costituisce lo strumento per assicurare standard uniformi circa il controllo delle armi da fuoco e delle munizioni, nonché per garantire lo scambio di dati tra Stati membri dell'Unione europea.
  Il comma 2 specifica le informazioni che il sistema deve contenere, a seconda che si tratti di armi da fuoco, di munizioni, di armi diverse da quelle da fuoco.
  Per le armi da fuoco, ai sensi della lettera a) le informazioni da inserire nel sistema sono: la marca, il modello, il calibro, il numero di catalogo e la classificazione secondo la normativa europea (se presenti); il numero di matricola e la marcatura unica sulle parti (nel caso essa differisca da quella apposta sul telaio o sul fusto dell'arma); i dati identificativi dei fornitori, degli acquirenti, dei detentori, della sede legale se quei soggetti esercitino attività d'impresa; l'indicazione delle operazioni (e della loro data) aventi ad oggetto ogni arma, il prezzo, gli estremi del titolo abilitativo all'acquisto, il luogo di residenza (se persona fisica diversa dall'imprenditore); i dati di qualsiasi operazione consistente in una trasformazione o modifica irreversibile dell'arma che determini Pag. 28un cambiamento della sua categoria o sottocategoria (incluse la disattivazione o distruzione certificate).
  Per le munizioni, la lettera b) stabilisce che le informazioni da inserire sono i dati identificativi del fornitore e dell'acquirente, nonché alcune altre, per la individuazione delle quali la disposizione fa rinvio all'articolo 3, comma 2, lettere a), b) e c).
  Al riguardo rileva l'esigenza di chiarire tale rinvio, il quale dovrebbe essere riferito all'articolo 3, comma 2, lettere a), b) e c), della legge n. 509 del 1993, e non all'articolo 3 dello schema di decreto legislativo, che non reca tali previsioni.
  Per le armi diverse da quelle da fuoco, la lettera c) fa riferimento alle informazioni previste dall'articolo 35 del TULPS, il quale disciplina, come già ricordato in precedenza, il registro delle operazioni giornaliere che deve essere tenuto dagli armaioli.
  Al riguardo, rileva l'esigenza di precisare a quali informazioni si riferisca il sopracitato articolo 12, comma 2, lettera c), in quanto, nel far riferimento alle informazioni che il sistema informativo deve contenere in relazione alle armi non da fuoco, la disposizione rinvia genericamente all'articolo 35 del TULPS, che reca diversi oneri informativi a carico degli armaioli, tra cui quelli di cui al comma 4 dell'articolo 35 del TULPS (che sembrerebbe essere il comma di riferimento), il quale prevede l'obbligo di «comunicare mensilmente all'ufficio di polizia competente per territorio le generalità dei privati che hanno acquistato o venduto loro le armi, nonché la specie e la quantità delle armi vendute o acquistate e gli estremi dei titoli abilitativi all'acquisto esibiti dagli interessati. Le comunicazioni possono essere trasmesse anche per via telematica».
  Rileva, inoltre, l'esigenza di valutare la predetta lettera c) del comma 2 dell'articolo 12 dello schema alla luce del contenuto delle disposizioni del già citato articolo 1, paragrafo 3, lettera b), punto i) e paragrafo 14, della direttiva 2017/853, che non fanno riferimento alle armi diverse dalle armi da fuoco.
  Il comma 3 individua i soggetti tenuti ad immettere i dati relativi alle operazioni eseguite nel sistema informatico negli armaioli di cui all'articolo 35 del TULPS e – limitatamente alle munizioni – negli esercenti fabbriche, depositi o rivendite di cui all'articolo 55 del TULPS.
  L'inserimento dei dati nel sistema costituisce, per questi soggetti, assolvimento degli obblighi informativi loro imposti dai medesimi articoli 35 e 55 del TULPS. Ne dovrebbe conseguire – rileva la relazione illustrativa dello schema – una informatizzazione dei registri, previsti dai richiamati articoli del TULPS.
  Il comma 4 specifica che, in caso di operazioni relative ad armi che siano state compiute da acquirenti e detentori diversi dai soggetti sopra ricordati, l'inserimento dei dati spetta all'Ufficio locale di pubblica sicurezza o, quando questo manchi, il locale comando dell'Arma dei Carabinieri, ovvero la Questura competente per territorio, in caso di trasmissione della denuncia per via telematica.
  Il comma 5 individua il personale abilitato alla consultazione del sistema informatico nel personale delle Forze di polizia, nonché nel personale dell'Amministrazione civile dell'interno in servizio presso le Prefetture-Unità territoriali del Governo, le Questure e gli uffici locali di pubblica sicurezza.
  La norma specifica che le finalità della consultazione sono il controllo della circolazione delle armi e delle munizioni, nonché la prevenzione e repressione dei reati commessi per loro mezzo.
  Il comma 6 demanda a un regolamento ministeriale (da emanare con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministero della difesa e il Garante per la protezione dei dati personali) la disciplina attuativa di alcuni profili.
  In dettaglio, il regolamento è chiamato a disciplinare le modalità di: funzionamento del sistema informatico; trasmissione e conservazione dei dati contenuti; autenticazione, autorizzazione e registrazione degli accessi e delle operazioni effettuate Pag. 29sul sistema; collegamento con il Centro elaborazione dati (di cui all'articolo 8 della legge n. 121 del 1981); verifica della qualità e protezione dal danneggiamento e dalla distruzione accidentale o dolosa dei dati registrati; trasmissione delle informazioni qualora il sistema informatico non sia in grado di funzionare regolarmente a causa di eventi eccezionali.
  Il comma 7 quantifica gli oneri conseguenti all'istituzione, gestione e manutenzione del sistema informatico, che sono complessivamente pari a 1.500.000 euro, di cui 500.000 per l'anno 2018 e 1.000.000 per l'anno 2019. Per la gestione e manutenzione, sono quantificati oneri per 300.000 euro annui, a decorrere dall'anno 2020.
  Tali quantificazioni, come evidenziato nella relazione tecnica, sono state effettuate in via prudenziale sulla base di studi di fattibilità.
  L'articolo 13 reca le disposizioni transitorie e finali.
  In particolare, il comma 1 prevede che la nuova durata delle licenze di tiro a volo e di caccia (quinquennale, non più di sei anni, secondo la novella recata dall'articolo 4 dello schema) decorra all'atto del rinnovo delle licenze, per quelle di esse che siano state rilasciate (o rinnovate) entro la data di entrata in vigore del decreto.
  Il comma 2 stabilisce, con previsione di carattere transitorio, che, fino all'adozione di uno specifico regolamento (previsto dall'articolo 6, comma 2 del decreto legislativo n. 204 del 2010), avente ad oggetto le modalità di accertamento dei requisiti psico-fisici per l'idoneità all'acquisizione, alla detenzione ed al conseguimento di qualunque licenza di porto delle armi nonché al rilascio del nulla osta all'acquisto, i detentori di armi da sparo debbano produrre un certificato medico rilasciato dal settore medico legale delle Aziende sanitarie locali, o da un medico militare, della Polizia di Stato o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dal quale risulti che il richiedente non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscano, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere.
  Questa disposizione si raccorda alla novella recata dall'articolo 3, comma 1, lettera d), dello schema, la quale modifica l'articolo 38, quarto comma, del TULPS, prescrivendo che chiunque detenga armi comuni da sparo (esclusi i collezionisti di armi antiche) senza licenza di porto d'armi (nel qual caso è richiesto il rinnovo annuale), è tenuto a presentare ogni cinque anni la certificazione medica prevista dall'articolo 35, comma 7, del TULPS, il quale prevede che dalla certificazione deve risultare che il richiedente non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere, ovvero non risulti assumere, anche occasionalmente, sostanze stupefacenti o psicotrope ovvero abusare di alcool.
  In merito alla formulazione della norma transitoria di cui al comma 2 dell'articolo 13, rileva come essa preveda che il certificato medico debba limitarsi ad affermare che il soggetto interessato non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscano, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere, non riprendendo invece quella parte dell'articolo 35, comma 7, del TULPS (cui rinvia il predetto articolo 38, quarto comma, del medesimo TULPS), laddove si prevede che il certificato debba anche attestare che il soggetto «non risulti assumere, anche occasionalmente, sostanze stupefacenti o psicotrope ovvero abusare di alcool».
  Il comma 3 prevede che l'acquisizione e la detenzione di alcune tipologie di armi e relativi caricatori siano consentite ai soli tiratori sportivi iscritti a federazioni sportive di tiro riconosciute dal CONI.
  Le armi qui considerate sono: le armi da fuoco automatiche che siano state trasformate in armi semiautomatiche (di cui alla categoria A, punto 6, dell'allegato I della direttiva 91/477/CEE); le armi da fuoco corte che consentono di sparare più di 21 colpi senza ricaricare o le armi da fuoco lunghe che consentono di sparare Pag. 30più di 11 colpi senza ricaricare (di cui alla categoria A, punto 7, dell'allegato I della direttiva 91/477/CEE); i caricatori per armi da fuoco in grado di contenere un numero di colpi eccedente 5 colpi per le armi lunghe e 15 colpi per le armi corte (limite posto dall'articolo 2, secondo comma, della legge n. 110 del 1975).
  Rimangono fermi il divieto per l'armaiolo di vendere o in qualsiasi altro modo cedere armi a privati che non siano muniti di permesso di porto d'armi ovvero di nulla osta all'acquisto rilasciato dal questore (ai sensi dell'articolo 35, comma 5 del Testo unico di pubblica sicurezza) e l'obbligo per il detentore dell'arma di denunciarla (di cui all'articolo 38 del medesimo Testo unico, che altresì pone l'obbligo di certificazione medica).
  Qualora le armi sopra elencate siano già possedute alla data del 13 giugno 2017, il comma 4 prevede che continuino ad applicarsi le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Ne consegue la legittimità del possesso, anche per soggetti diversi dai tiratori sportivi iscritti a federazioni sportive di tiro riconosciute da tiro. Ciò comporta al contempo, la facoltà di utilizzo di tali armi esclusivamente all'interno di un poligono per l'esercizio di pratica sportiva (non già per l'esercizio dell'attività venatoria).
  Medesimo contenuto ha la disposizione recata dal comma 5, con riferimento però ad una specifica tipologia di armi, vale a dire le armi da fuoco semiautomatiche, originariamente destinate a essere imbracciate, che possano essere ridotte a una lunghezza inferiore a 60 cm, senza perdere funzionalità, tramite un calcio pieghevole o telescopico ovvero un calcio che può essere rimosso senza l'ausilio di attrezzi (sono le armi indicate alla categoria A, punto 8, dell'allegato I della direttiva 91/477/CEE).
  Per queste medesime armi, la disposizione prevede, altresì, che esse possano essere trasferite soltanto per: successione a causa di morte; versamento ai competenti organi del Ministero della difesa; cessione ai musei ed ai soggetti muniti della licenza per la fabbricazione di armi, ovvero – secondo le norme vigenti per l'esportazione – a enti o persone residenti all'estero.
  L'erede, il privato o l'ente pubblico cui pervengano tali armi, unitamente all'obbligo di denuncia, dovranno munirsi di apposita licenza di collezione.
  Il comma 6 chiarisce il regime amministrativo e penale delle armi rientranti nella categoria A, punti 6, 7 e 8 dell'allegato I alla direttiva 91/477/CEE – oggetto dei commi 3, 4 e 5 di questo articolo dello schema.
  La disposizione stabilisce che siffatte armi da fuoco, ai fini amministrativi (necessità della licenza) e della legge penale, sono considerate armi comuni da sparo.
  L'articolo 14 reca la copertura finanziaria delle misure previste dallo schema implicanti oneri. Tali sono la rottamazione delle armi e munizioni, oggetto dell'articolo 5, comma 1, lettera c), n. 3) dello schema di decreto, misura non direttamente prevista dalla direttiva e l'istituzione del sistema informatico di tracciabilità delle armi e munizioni, oggetto dell'articolo 12.
  Tali oneri complessivamente pari a 800.00 euro per il 2018; 1.300.000 euro per il 2019; 600.000 euro a decorrere dal 2020, ai quali si fa fronte mediante corrispondente riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea (previsto dall'articolo 41-bis della legge n. 234 del 2012).
  Tutte le altre disposizioni dello schema non devono invece comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  L'articolo 15 al comma 1 dispone circa l'entrata in vigore del provvedimento al 14 settembre 2018.
  Tuttavia per un novero di previsioni – individuate dal comma 2 – l'entrata in vigore è posticipata fino all'adozione del regolamento (previsto dall'articolo 12, comma 6 dello schema) destinato a disciplinare il funzionamento del sistema informatico di tracciabilità delle armi e munizioni, al fine di assicurare la continuità delle procedure vigenti in tema di tracciabilità.Pag. 31
  Il differimento vale per i seguenti profili: l'espunzione delle armi e munizioni e degli armaioli (per i quali valgono gli obblighi di immissione nel sistema informatico di tracciabilità delle armi e munizioni, previsti dall'articolo 12 dello schema) dall'articolo 3, comma 3-bis, del decreto-legge n. 7 del 2015, il cui ambito applicativo (relativo ad obblighi di comunicazione) si restringerebbe (una volta impiantato quel sistema informatico) alle sole sostanze esplodenti; l'abrogazione dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 204 del 2010, che demanda a mero decreto Ministro dell'interno la disciplina delle modalità di funzionamento e di utilizzazione del sistema informatico di raccolta dei dati relativi alle armi ed alle munizioni in relazione alla tracciabilità (cd. G.E.A); nonché la soppressione, al comma 4 del medesimo articolo 6 del decreto legislativo n. 204, del richiamo agli obblighi di registrazione e comunicazione degli armaioli, presente in disposizione transitoria del medesimo decreto legislativo del 2010; la sostituzione (nell'ambito dell'articolo 11-bis della legge n. 110 del 1975, il quale prevede siano conservate in apposito archivio per cinquanta anni alcuni dati, espressamente indicati, relativi alle armi da fuoco e alle munizioni) del riferimento all'archivio, con quello al sistema informatico di tracciabilità delle armi e munizioni, istituito dallo schema.
  Il comma 3 prevede che l'obbligo di presentazione del certificato medico da parte dei detentori di armi da sparo (oggetto dell'articolo 13, comma 2, dello schema) debba, in sede di prima applicazione, essere assolto entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata per domani.

Sui lavori della Commissione.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, facendo seguito a quanto già segnalato in occasione della riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della scorsa settimana, ricorda che per supportare lo svolgimento del lavoro parlamentare i deputati dispongono di numerosi servizi informatici, i quali sono messi a disposizione attraverso il Portale intranet dedicato.
  I principali servizi sono disponibili anche per dispositivi tablet e smartphone attraverso apposite app. Si tratta in particolare delle seguenti: geoCamera, per la consultazione dei documenti di seduta dell'Assemblea e delle Commissioni e per la presentazione degli atti di iniziativa parlamentare; geoDoc, per la distribuzione della documentazione inerente all'attività parlamentare realizzata dai Servizi di documentazione della Camera; CDNews, per la fruizione dei servizi stampa (agenzie di stampa; rassegne stampa e archivio stampa).
  La app geoCamera è costituita di «moduli» dedicati alle principali funzioni parlamentari: geoComm, che rende disponibili i documenti di seduta delle Commissioni di cui ciascun deputato fa parte (ivi compresi i documenti riservati); geoAula, che risponde alle medesime funzioni, con riferimento ai lavori dell'Aula; geoSind, che consente di presentare gli atti di sindacato ispettivo e di indirizzo, compilandoli direttamente sull'app; geoPDL, per la presentazione delle proposte di legge; geoEme, per la presentazione degli emendamenti alle proposte di legge (di prossima attivazione).
  Osserva che attraverso l'app sono resi immediatamente disponibili anche servizi di carattere generale, come la Rassegna stampa quotidiana, l'elenco telefonico interno e la webtv della Camera.
  In particolare, con il modulo geoComm, per ogni seduta di Commissione, saranno messi a disposizione dei deputati: proposte di legge, schemi di atti sottoposti alla Camera per il parere; dossier prodotti dai servizi di documentazione; relazioni dei relatori, proposte di parere, altri testi di lavoro, memorie presentate, altra documentazione.
  L'utilizzo di tali strumenti corrisponde a due finalità principali: meglio supportare Pag. 32il lavoro dei parlamentari fornendo documenti digitali fruibili in modo tempestivo anche fuori dalle sedi parlamentari; rafforzare il processo di trasformazione digitale delle attività e dei processi di lavoro della Camera. Nell'ambito di questo percorso sono stati via via resi digitali documenti che in precedenza avevano una modalità di fruizione esclusivamente cartacea e, in quanto tale limitata all'interno dell'Istituzione. La digitalizzazione si è accompagnata, dunque, a una sempre maggiore apertura e pubblicità. In questa legislatura, si potrà – con maggior decisione e con gli adeguati strumenti – portare avanti questo processo volto a ridurre in modo sempre più significativo l'utilizzo della carta nelle diverse attività.
  In tale contesto, informa che sarà organizzata per la Commissione una presentazione delle funzioni di geoComm.

  La seduta termina alle 15.35.

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