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CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 19 luglio 2018
39.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO
Pag. 3

ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 96-BIS, COMMA 1, DEL REGOLAMENTO

  Giovedì 19 luglio 2018. — Presidenza della presidente Fabiana DADONE – Intervengono il relatore per la VI Commissione Giulio Centemero, il relatore per la XI Commissione Davide Tripiedi e il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Massimo Garavaglia.

  La seduta comincia alle 9.

Conversione in legge del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese. C. 924 Governo.
(Parere alle Commissioni riunite VI e XI).
(Esame e conclusione – Parere con osservazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Alessio BUTTI, relatore, dopo aver illustrato sinteticamente i contenuti del provvedimento, formula la seguente proposta di parere:

  «Il Comitato per la legislazione,
  esaminato il disegno di legge n. 924 e rilevato che:
   il decreto-legge, approvato dal Consiglio dei ministri nella riunione del 2 luglio 2018, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale a distanza di ben 11 giorni, il 13 luglio 2018; nella passata Legislatura un analogo intervallo di tempo tra emanazione e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, pari o superiore a 10 giorni, si è registrato in altre venti occasioni e in un'occasione, per il decreto-legge n. 74 del 2014 (misure di sostegno alle popolazioni dell'Emilia Romagna colpite dal terremoto e da successivi eventi alluvionali), l'intervallo è stato di ben 24 giorni; al riguardo, appare opportuno un approfondimento sulle conseguenze di questa prassi, non consistente ma persistente, in termini di certezza del diritto e di rispetto del requisito dell'immediata applicazione dei decreti-legge di cui all'articolo 15 della legge n. 400 del 1988;
  sotto il profilo dell'omogeneità di contenuto:
   il decreto-legge contiene misure attinenti a diverse materie quali il contrasto alla precarizzazione in ambito lavorativo, le tipologie contrattuali, il contrasto ai processi di delocalizzazione, la lotta contro la ludopatia, la situazione di specifiche figure professionali in ambito scolastico ai fini del regolare inizio dell'anno scolastico 2018/2019; tali materie appaiono riconducibili alla finalità unitaria di tutelare soggetti caratterizzati da situazioni di fragilità Pag. 4lavorativa ed esistenziale; l'unica disposizione che potrebbe presentare profili di problematicità rispetto alla sua coerenza con questa finalità unitaria appare quella dell'articolo 13 relativa alle società sportive dilettantistiche; il contenuto di quest'ultima disposizione, peraltro, non è richiamato, a differenza delle altre, nel preambolo del decreto-legge;
  sotto il profilo della semplicità, chiarezza e proprietà della formulazione:
   il nuovo comma 1 dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 81 del 2015, introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1), riduce la durata massima dei contratti a tempo determinato da 36 a 12 mesi, pur consentendo, in determinate condizioni, la stipula di contratti a tempo determinato di durata di 24 mesi; il successivo comma 2, come modificato dal successivo numero 2), fa riferimento a un limite massimo temporale di successione di contratti a tempo determinato di 24 mesi complessivi, stabilendo, in caso di violazione, l'obbligo di trasformare il rapporto di lavoro in un rapporto a tempo indeterminato; non sembra invece essere espressamente prevista una sanzione per il superamento del limite dei 12 mesi in assenza delle condizioni introdotte dal citato numero 1) della lettera a); analoga esigenza di coordinamento sembra porsi con la disposizione di cui all'articolo 21, comma 1, del medesimo decreto legislativo, come sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 2), in materia di proroghe dei contratti a tempo determinato;
   l'articolo 4, in materia di differimento del termine di esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali in tema di diplomati magistrali; è collocato nel Capo I “Misure per il contrasto al precariato”; andrebbe al riguardo valutato il suo inserimento in un capo autonomo;
   con riferimento all'articolo 6, potrebbe risultare opportuno chiarire l'utilizzo del termine “decadenza” e in particolare in che modo la decadenza dai benefici per le imprese che non abbiano garantito il mantenimento di determinati livelli occupazionali possa essere “proporzionale” alla riduzione dell'occupazione verificatasi, da un minimo del 10 per cento a un massimo del 50 per cento; occorre al riguardo valutare se non si intendesse piuttosto fare riferimento ad una riduzione del beneficio proporzionale alla riduzione dell'occupazione registrata, quando questa è superiore al 10 per cento, che diviene decadenza completa quando la riduzione dell'occupazione supera il 50 per cento;
   l'articolo 7, comma 1, subordina l'applicazione del beneficio dell'iperammortamento di cui all'articolo 1, comma 9, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) alla condizione che il processo di trasformazione tecnologica, su cui si fonda l'agevolazione, riguardi strutture produttive situate nel territorio dello Stato; al riguardo potrebbe risultare opportuno chiarire se la disposizione si applichi anche all'ulteriore, ma connessa, agevolazione riguardante i beni immateriali di cui al successivo comma 10;
  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
   per alcune disposizioni appare opportuna, in coerenza con quanto previsto dal paragrafo 3 lettera a) della circolare sulla formulazione tecnica dei testi normativi del Presidente della Camera del 20 aprile 2001, una riformulazione in termini di novella, al fine di evitare modifiche implicite o indirette; si tratta in particolare dell'articolo 3, comma 2, in materia di incremento, in caso di rinnovo del contratto, della contribuzione addizionale per i datori di lavoro in presenza di rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato, di cui all'articolo 2, comma 28, della legge n. 92 del 2012 e dell'articolo 8, comma 1, in materia di elargizione del credito d'imposta per gli investimenti in materia di ricerca e sviluppo di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 145 del 2013;
   l'articolo 5 dispone per le imprese italiane ed estere operanti nel territorio Pag. 5nazionale una decadenza dagli aiuti di Stato percepiti in caso di delocalizzazione in Stati non appartenenti all'Unione europea; al riguardo, andrebbe precisato se si intenda abrogare la disciplina in materia prevista dall'articolo 1, commi 60 e 61 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), come sembra desumersi dal comma 4 dell'articolo 5, che fa riferimento alla disciplina vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, disponendo in tal caso un'abrogazione esplicita;
   l'articolo 9, comma 1, prevede un generale divieto di pubblicità di giochi o scommesse con vincite di denaro; viene anche stabilita un'apposita sanzione amministrativa per la violazione del divieto e individuata nell'Autorità per le garanzie delle comunicazioni l'autorità competente alle contestazioni e all'irrogazione delle sanzioni; al tempo stesso sono fatte salve le disposizioni dell'articolo 7, commi 4 e 6, del decreto-legge n. 158 del 2012, le quali prevedono uno specifico divieto di messaggi pubblicitari concernenti i giochi con vincite in denaro nel corso di trasmissioni o in pubblicazioni destinate ai minori (anche in questo caso sono previste apposite sanzioni amministrative e una autorità preposta alla loro irrogazione, peraltro diversa dall'Autorità per le garanzie delle comunicazioni, vale a dire l'Agenzia delle dogane e dei monopoli); sono inoltre fatte salve le disposizioni di cui ai commi 937, 938 e 939 dell'articolo unico della legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015), le quali, presupponendo la legittimità della pubblicità di giochi e scommesse, ne vietano specifiche modalità; al riguardo appare opportuno approfondire il coordinamento tra le disposizioni;
   il provvedimento è corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN) ma non della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), nemmeno nella forma semplificata consentita dall'articolo 10 del regolamento in materia di AIR di cui al DPCM n. 169 del 2017; la relazione illustrativa non dà conto della sussistenza delle ragioni giustificative dell'esenzione dall'AIR previste dall'articolo 7 del medesimo regolamento;

  alla luce dei parametri stabiliti dagli articoli 16-bis e 96-bis del Regolamento osserva quanto segue:
  sotto il profilo della semplicità, chiarezza e proprietà della formulazione:
  valutino le Commissioni di merito l'opportunità di:
  approfondire, per le ragioni esposte in premessa, il coordinamento tra l'articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1), da un lato, e i successivi numero 2) e lettera b), numero 2);
  inserire in un Capo autonomo la disposizione di cui all'articolo 4;
  approfondire la formulazione dell'articolo 6, comma 1, con particolare riferimento, per le ragioni esposte in premessa, all'utilizzo del termine «decadenza»;
  approfondire se le disposizioni in materia di iperammortamento di cui all'articolo 7 riguardino anche l'estensione di tale agevolazione prevista per i beni immateriali;
  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
  valutino le Commissioni di merito l'opportunità di:
  riformulare in termini di novella le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 2, e all'articolo 8, comma 1;
  approfondire, per le ragioni esposte in premessa, la necessità, all'articolo 5, di un'abrogazione esplicita dell'articolo 1, commi 60 e 61, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014);
  approfondire il coordinamento tra l'articolo 9, comma 1, da un lato, e l'articolo 7, commi 4 e 6, del decreto-legge n. 158 del 2012 e l'articolo 1, commi da 937 a 939 della legge n. 208 del 2015 (Legge di stabilità 2016), dall'altro.».

Pag. 6

  Stefano CECCANTI, nel condividere la proposta di parere, invita i colleghi a considerare l'opportunità di inserire altre due osservazioni. La prima dovrebbe vertere sul titolo. Il termine «dignità», presente nel titolo, appare infatti improprio se riferito alle imprese, in quanto è normalmente attribuito a persone ed assume, quando riferito alle persone, una significativa rilevanza costituzionale. Nel titolo del provvedimento si dovrebbe quindi piuttosto parlare di «dignità dei lavoratori e valorizzazione delle imprese».
  La seconda osservazione dovrebbe invece affrontare il problema della legittimità, in vero alquanto dubbia, dell'inserimento in decreti-legge di norme transitorie con carattere retroattivo, in un ambito peraltro segnato dall'autonomia negoziale. Ciò avviene nel decreto in esame all'articolo 1, comma 2. I decreti-legge infatti, pur immediatamente vigenti, sono soggetti a modifiche durante la conversione e si determina così il rischio di creare, su una medesima materia, una successione di diverse discipline transitorie in un arco di tempo assai limitato. Al riguardo, il Comitato potrebbe, a partire da questo caso specifico, rilevare quanto meno l'inopportunità di norme che nei decreti-legge regolano situazioni pendenti, pur rilevando l'esistenza di precedenti in materia.
  Osserva peraltro che, nel caso specifico dell'articolo 1, comma 2, applicare – come fa la norma – alle proroghe dei contratti in essere gli effetti del «decreto dignità» sembrerebbe rendere nulli, in parte qua, i contratti collettivi in essere. Sussistono cioè dubbi circa la validità del regime delle deroghe previste dai contratti collettivi stipulati antecedentemente alla entrata in vigore del decreto. Ricorda, al riguardo, che le parti collettive hanno stipulato accordi nel presupposto che i contratti fossero prorogabili a determinate condizioni, oggi rese impossibili per l'introduzione delle causali, determinando così effetti negativi analoghi a quelli provocati dalla riforma delle pensioni con il fenomeno degli esodati.

  Alessio BUTTI, relatore, osserva, con riferimento al primo rilievo del collega Ceccanti, relativo all'utilizzo del sostantivo «dignità» per le imprese, che si tratta di questione opinabile e in quanto tale priva di una soluzione univoca. Ricorda infatti che nella lingua italiana il termine «dignità», nell'accezione di «decoro, rispettabilità», può essere utilizzato non solo per le persone ma anche per altre entità, si può ad esempio parlare di «dignità di un edificio». In tal senso, fare riferimento alla «dignità delle imprese» può essere discutibile ma non – in base ai parametri di valutazione del Comitato – oggetto di censura nel parere come invece si sarebbe potuto valutare per una palese oscurità del titolo o per una sua palese incongruenza con il contenuto o, infine, in caso di utilizzo di termini stranieri che non siano entrati nell'uso della lingua italiana o che abbiano sinonimi utilizzabili nella lingua italiana.
  Ritiene invece più complessa la seconda questione posta dal collega, vale a dire la possibilità, con le norme del decreto-legge, di modificare retroattivamente rapporti contrattuali in essere, come avviene all'articolo 1, comma 2, per le proroghe dei contratti a tempo determinato e, parzialmente, all'articolo 9, comma 5, per i contratti di pubblicità dei giochi.
  Al riguardo, invita a considerare più aspetti. In primo luogo, vi è la questione generale della retroattività delle norme. Come la Corte costituzionale ha ricordato nella sentenza n. 170 del 2013, un divieto esplicito di retroattività è previsto dalla Costituzione, all'articolo 25, solo per la materia penale. Per il resto le norme possono essere retroattive «purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale» e non contrasti con altri valori e interessi costituzionalmente protetti, come il principio generale di ragionevolezza. Le valutazioni in merito spettano però alle Commissioni competenti in sede referente e alla Commissione Affari costituzionali.
  Con riferimento al tema specifico dell'impatto delle norme su rapporti contrattuali Pag. 7in essere, ricorda che la Corte di Cassazione ha affermato, nella sentenza n. 1689 del 2006, la necessità di distinguere, per quanto concerne i contratti di durata, il momento della stipulazione da quello della produzione degli effetti. Mentre la stipulazione rimane regolata dalla legge in vigore nel momento in cui è avvenuta, gli effetti che ne derivano sono disciplinati dalla legge in vigore nel momento in cui essi si realizzano. Anche in questo caso, però, gli approfondimenti spettano alle Commissioni di merito. Così come ritiene che competa alle Commissioni di merito la valutazione dello specifico tema degli effetti della norma transitoria, di cui all'articolo 1, comma 2, in materia di proroga dei contratti a tempo determinato, sui contratti collettivi in essere.
  Residua pertanto alla competenza del Comitato la valutazione sull'opportunità di utilizzare, per introdurre nell'ordinamento norme retroattive che incidono su contratti in essere, uno strumento peculiare come quello del decreto-legge, con il rischio di vedere queste norme, già entrate in vigore, modificate nel corso della conversione, provocando così l'effetto della successione di diverse discipline in un arco limitato di tempo. Al riguardo, però, ricordato che il Comitato non è mai intervenuto sul punto, ritiene che, alla luce della giurisprudenza costituzionale e della Corte di Cassazione sopra richiamate, non si possa escludere in astratto che ragioni di necessità e urgenza effettive per tutelare valori costituzionali rilevanti impongano di intervenire con lo strumento del decreto-legge su rapporti contrattuali in essere né può essere ovviamente preclusa al Parlamento la possibilità di modificare tali norme. Anche questo aspetto pertanto appare assorbito dalla necessità di valutare in concreto l'esercizio del potere di emanazione dei decreti-legge e la sua coerenza con il principio di ragionevolezza, valutazione che, come già ricordato, spetta alle Commissioni competenti in sede referente e alla Commissione Affari costituzionali.

  Massimo GARAVAGLIA, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, prende atto delle osservazioni contenute nel parere e assicura che le stesse saranno oggetto di attenta valutazione da parte del Governo nel prosieguo dell'esame del provvedimento. Segnala in particolare che è già in corso una riflessione su possibili modifiche all'articolo 9, relativo al divieto di pubblicità dei giochi.

  Andrea GIORGIS invita il relatore e i componenti del Comitato ad approfondire la questione posta dal collega Ceccanti con riferimento all'utilizzo improprio del termine «dignità». Ritiene infatti che inserire un riferimento a tale problema nel parere del Comitato per la legislazione consentirebbe di sottrarre lo stesso alla polemica politica e di affrontarlo in modo più sereno e costruttivo, come merita di essere fatto. Si tratta infatti, osserva, di un tema che assume una forte rilevanza costituzionale, coinvolgendo diverse concezioni dei rapporti tra capitale e lavoro.

  Alessio BUTTI, relatore, condivide, nel loro merito politico, le osservazioni del collega Giorgis ma ritiene che, alla luce dei compiti attribuiti dal Regolamento al Comitato, non si possa accedere alla richiesta per le ragioni già esposte.

  Davide TRIPIEDI, relatore per la XI Commissione, ringrazia i componenti del Comitato per il lavoro svolto e assicura attenzione alle osservazioni contenute nel parere.

  Il Comitato approva quindi la proposta di parere.

  La seduta termina alle 9.20.