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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 27 febbraio 2019
148.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 22

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 27 febbraio 2019. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. — Intervengono i sottosegretari di Stato per l'interno Nicola Molteni e Carlo Sibilia.

  La seduta comincia alle 14.05.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sullo stato della sicurezza e sul degrado delle città.
C. 696 De Maria, C. 1169 Lupi, C. 1313 Gelmini e C. 1604 Rampelli.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 26 febbraio 2019.

  Marco DI MAIO (PD), relatore, alla luce del dialogo ancora in corso tra i gruppi, in vista del raggiungimento di un'ampia condivisione sul merito del provvedimento, chiede un rinvio dell'esame alla seduta già prevista per la giornata di domani.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta di domani.

Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura.
C. 14 cost. di iniziativa popolare.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 20 febbraio 2019.

  Francesco Paolo SISTO (FI), relatore, chiede di procedere a un ampio ciclo di audizioni sui temi in oggetto del provvedimento, al fine di acquisire, in particolare da esperti della materia, utili elementi di conoscenza sia sui profili ordinamentali posti dalla riforma costituzionale in titolo, riguardanti la separazione delle carriere Pag. 23nell'ambito della magistratura, sia sui profili dell'obbligatorietà dell'azione penale posti, in particolare, dall'articolo 10 del testo in esame.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, fa presente che le modalità di prosecuzione dell'esame del provvedimento saranno definite nell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nel cui ambito sarà anche valutata la possibilità di avviare sull'argomento in oggetto un ciclo di audizioni, eventualmente fissando a tale fine un termine per l'indicazione dei soggetti da audire.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari.
C. 1585 cost., approvata dal Senato, e C. 1172 cost. D'Uva.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Anna MACINA (M5S), relatrice, rileva come la Commissione sia chiamata ad avviare l'esame, in sede referente, della proposta di legge costituzionale C. 1585, approvata dal Senato, recante modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari, cui è abbinata la proposta di legge costituzionale C. 1172 D'Uva.
  In estrema sintesi, le proposte di legge prevedono la riduzione del numero dei deputati da 630 a 400 e la riduzione del numero dei senatori elettivi da 315 a 200.
  In linea generale merita ricordare che nell'attuale legislatura il dibattito parlamentare sulla riduzione del numero dei componenti delle due Camere è stato avviato con l'audizione del Ministro per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta, Riccardo Fraccaro, svoltasi il 12 luglio e il 24 luglio 2018 dinanzi alle Commissioni Affari costituzionali congiunte della Camera e del Senato.
  Ricorda, in proposito, che in Italia il numero dei parlamentari, dopo la revisione costituzionale del 1963, è determinato dalla Costituzione in numero fisso, mentre in precedenza era determinato in rapporto alla popolazione. Con la legge costituzionale n. 2 del 1963, infatti, il numero dei senatori elettivi è divenuto la metà di quelli della Camera, fissati in 630, a prescindere dalla variazione della popolazione; è stato altresì stabilito che nessuna regione potesse avere meno di sette senatori ad eccezione della Valle d'Aosta (uno) e del Molise (due).
  In rapporto alla popolazione, oggi vi è un deputato ogni 96.006 abitanti circa; un senatore elettivo (senza considerare i senatori a vita e i senatori di diritto a vita) ogni 192.013 abitanti circa.
  In tale contesto la proposta di legge costituzionale dispone, per ciascuno dei due rami del Parlamento, una riduzione pari – in termini percentuali – al 36,5 per cento degli attuali componenti elettivi.
  A seguito della modifica costituzionale muterebbe dunque il numero medio di abitanti per ciascun parlamentare eletto. Per la Camera dei deputati tale rapporto aumenterebbe, con le modifiche approvate dal Senato, da 96.006 a 151.210. Il numero medio di abitanti per ciascun senatore cresce, a sua volta, da 188.424 a 302.420 (assumendo il dato della popolazione quale reso da Eurostat).
  La riduzione del numero dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200 consentirà all'Italia di allinearsi al resto d'Europa. L'Italia, infatti, è il paese con il numero più alto di parlamentari direttamente eletti dal popolo (945), seguita dalla Germania (con circa 700 parlamentari eletti ma un numero di residenti ben superiore a quello italiano), la Gran Bretagna (650) e la Francia (poco meno di 600).
  Passando quindi a sintetizzare il contenuto delle disposizioni recate dall'intervento legislativo, l'articolo 1 di entrambe le proposte di legge modifica l'articolo 56 Pag. 24della Costituzione, che stabilisce in 630 il numero attuale dei deputati, 12 dei quali eletti nella circoscrizione Estero (secondo comma).
  A seguito delle modificazioni proposte, il numero complessivo dei deputati scende a 400 (anziché 630) ed il numero degli eletti nella circoscrizione Estero diviene pari a 8 deputati (anziché 12).
  La riduzione percentuale dei parlamentari eletti nella circoscrizione Esteri è corrispondente in proporzione a quella numerica complessiva, con la finalità di non variare in misura significativa l'incidenza numerica della rappresentanza della Circoscrizione Estero.
  Per quanto riguarda il Senato, l'articolo 2 di entrambe le proposte di legge novella l'articolo 57 della Costituzione, determinando in 200 (anziché 315) il numero dei senatori elettivi. Entro tale numero, i senatori da eleggere nella circoscrizione Estero scendono a 4 (anziché 6).
  La riduzione del formato numerico complessivo del Senato importa la riduzione del numero minimo di senatori eletti per Regione.
  Il vigente articolo 57, al terzo comma, stabilisce infatti che «nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due; la Valle d'Aosta uno».
  La predeterminazione di un numero minimo di senatori per Regione importa, com’è noto, una variazione rispetto alla ripartizione di seggi tra Regioni quale si avrebbe qualora si seguisse invece un'assegnazione solo proporzionale alla popolazione, senza alcuna soglia numerica minima di rappresentanza senatoriale regionale. Qualora non vi fosse soglia, infatti, si avrebbe una ripartizione dei seggi «integralmente» proporzionale.
  Alla luce della riduzione a 200 del numero di senatori eletti, nel corso dell’iter al Senato della proposta di legge C. 1585, tale numero minimo è stato individuato, alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 2, in tre senatori per Regione o provincia autonoma, lasciando al contempo immodificata la previsione vigente dell'articolo 57, terzo comma, della Costituzione relativa alle rappresentanze del Molise (2 senatori) e della Valle d'Aosta (1 senatore).
  La nuova previsione costituzionale relativa al numero minimo di senatori troverebbe applicazione, oltre che per il Molise e la Valle d'Aosta, per le province autonome di Trento e di Bolzano e per la Basilicata (cui altrimenti spetterebbero 2 senatori).
  Viene al contempo previsto, per la prima volta nella Carta costituzionale, un numero minimo di seggi senatoriali riferito alle province autonome di Trento e di Bolzano, che nel corso del tempo hanno assunto una posizione costituzionale sostanzialmente comparabile a quella che nel resto d'Italia è rivestita dalle Regioni.
  Tale modifica apportata agli articoli 56 e 57 della Costituzione determinerebbe una variazione rispetto all'attuale proporzione numerica per circoscrizione elettorale (in termini sia di seggi per circoscrizione sia di popolazione media per seggio), sia per la Camera sia per il Senato, per il cui approfondimento rinvia alla documentazione specifica elaborata dagli Uffici.
  La proposta di legge C. 1172 prevede invece, alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 2, che il numero minimo di senatori eletti per Regione sia pari a cinque, specificando altresì che il Molise e la Valle d'Aosta ne hanno solo uno.
  La lettera c) del comma 1 dell'articolo 2 della proposta di legge C. 1585 sostituisce il quarto comma dell'articolo 57, in materia di ripartizione dei seggi, prevedendo che la predetta ripartizione tra le Regioni o le Province autonome, a seguito dell'applicazione delle disposizioni sulla riduzione del numero dei componenti delle due Camere, si effettua in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
  Rispetto al testo vigente del quarto comma la principale modifica riguarda l'inserimento del riferimento alle Province autonome (il venir meno, in questo comma, del riferimento ai seggi della circoscrizione Estero non invece ha alcuna Pag. 25conseguenza normativa, in quanto la stessa previsione è contemplata al primo comma dell'articolo 57).
  L'articolo 3 della proposta di legge C. 1585 incide sull'articolo 59, secondo comma, della Costituzione, introducendo la espressa previsione che il numero di cinque senatori a vita nominati per alti meriti dal Presidente della Repubblica, sia numero massimo riferito alla permanenza in carica di tal novero di senatori.
  La modifica è finalizzata a sciogliere il nodo interpretativo postosi per i senatori a vita riguardo al vigente articolo 59, secondo comma, della Costituzione, cioè se il numero di cinque senatori di nomina presidenziale sia un «numero chiuso» ovvero se ciascun Presidente della Repubblica possa nominarne cinque. Quest'ultima possibile interpretazione del vigente dettato costituzionale è stata seguita peraltro solo da due Presidenti della Repubblica (Pertini e Cossiga). Al riguardo, nella relazione presentata dalla Commissione Affari costituzionali all'Assemblea del Senato si evidenzia dunque come l'attuale formulazione dell'articolo 59, secondo comma, della Costituzione «lascerebbe inalterata la possibilità di un'interpretazione, pur seguita in un passato non recente, che non sarebbe compatibile con un Senato di 200 componenti».
  Permane invece immutata la figura dei «senatori di diritto a vita»: salvo rinuncia, essi sono gli ex Presidenti della Repubblica, in base all'immodificato comma primo dell'articolo 59 della Costituzione.
  L'articolo 4 della proposta di legge C. 1585 stabilisce che la riduzione dei parlamentari disposta dagli articoli 1 e 2 abbia decorrenza dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della legge costituzionale – e comunque non prima che siano decorsi da essa sessanta giorni.
  Come evidenziato nella relazione presentata dalla Commissione Affari costituzionali all'Assemblea del Senato la previsione del termine di sessanta giorni – introdotta nel corso dell'esame al Senato – è volta a «consentire l'adozione del decreto legislativo in materia di determinazione dei collegi elettorali», nel caso in cui l'attuale legge elettorale sia corretta in modo da funzionare indipendentemente dal numero dei seggi assegnati dalla Costituzione alle due Camere. Anche in questo caso, la riduzione del numero dei parlamentari non può che ripercuotersi infatti sulla «perimetrazione» degli attuali collegi elettorali, come definiti dal decreto legislativo n. 189 del 2017 e sulla legislazione elettorale (legge n. 165 del 2017).
  Viene in particolare in rilevo il tema della articolazione dei collegi elettorali, rispetto alla quale la disciplina vigente, come è noto, ha determinato per la Camera dei deputati, complessivi 232 collegi uninominali e 63 collegi plurinominali; per il Senato, complessivi 116 collegi uninominali e 33 collegi plurinominali.
  Il testo di modifica costituzionale approvato dal Senato non interviene su questa materia, la quale è rimessa alla legislazione ordinaria.
  Va osservato che sulla materia in questione interviene la proposta di legge C. 1616, approvata dal Senato (A.S. 881), recante «Disposizioni per assicurare l'applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari», anch'essa all'esame in sede referente della I Commissione, la quale reca modifiche alla disciplina elettorale delle Camere al fine di prevederne un'applicazione commisurata ad un numero non già fisso bensì percentuale tra seggi e numero dei deputati o dei senatori.
  Nella relazione presentata dalla Commissione Affari costituzionali all'Assemblea del Senato sulla predetta proposta di legge si evidenzia che l'obiettivo di tale intervento legislativo «è quello di rendere neutra, rispetto al numero dei parlamentari fissato in Costituzione, la normativa elettorale per le Camere. (...) In base allo schema proposto, eventuali modifiche del numero dei deputati e dei senatori, stabilito agli articoli 56 e 57 della Costituzione, non richiederanno specifici interventi di armonizzazione della normativa elettorale Pag. 26che diversamente sarebbero necessari per evitare problemi di funzionamento del sistema».
  In particolare l'articolo 3 di tale proposte di legge dispone che «Qualora, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sia promulgata una legge costituzionale che modifica il numero dei componenti delle Camere di cui agli articoli 56, secondo comma, e 57, secondo comma, della Costituzione, il Governo è delegato ad adottare un decreto legislativo per la determinazione dei collegi uninominali e plurinominali per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica».
  Si prevede che, in tal caso, il decreto legislativo di rideterminazione dei collegi sia adottato entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge costituzionale modificativa del numero dei parlamentari.
  In parallelo con tale previsione, la proposta di legge costituzionale C. 1585, nel testo risultante dall'esame al Senato, prevede che l'applicazione della sue disposizioni decorra comunque non prima di sessanta giorni della sua entrata in vigore, assicurando in tal modo un lasso temporale che consenta appunto la rideterminazione dei collegi.
  In ogni caso, il Parlamento potrà comunque intervenire sulla legislazione elettorale in modo sostanziale, modificando il sistema di trasformazione dei voti in seggi in ogni momento. Tuttavia, in attesa di un intervento riformatore più incisivo, appare opportuno correggere la legislazione in vigore in modo che possa funzionare indipendentemente dal numero dei parlamentari fissato in Costituzione, onde evitare l'eventualità che, approvata la riduzione del numero dei parlamentari, si sia in presenza di una legislazione elettorale funzionante solo in presenza di un numero più elevato. Tale evenienza è senz'altro da scongiurare in anticipo, anche solo per evitare di paralizzare il potere presidenziale di scioglimento delle Camere.
  Occorre inoltre rilevare, in conclusione, come la rideterminazione del numero di deputati e senatori si rifletta su diversi altri profili.
  Tra questi, sull'organizzazione interna delle Camere con riguardo, ad esempio, al numero dei componenti delle Commissioni parlamentari e dei Gruppi parlamentari. Si tratta, però, di questioni che, pur essendo opportuno considerare attentamente, non necessitano di un intervento urgente, dal momento che tali disposizioni comunque funzionano tecnicamente anche in presenza di un numero ridotto di parlamentari.
  Inoltre la rideterminazione numerica si riverbera sull'effettiva dinamica dei procedimenti. Per quanto riguarda, ad esempio, l'elezione del Presidente della Repubblica, la prevista riduzione del numero dei parlamentari comporterebbe una variazione nell'assemblea degli elettori: 600 parlamentari ai quali si devono aggiungere i 58 rappresentanti delle Regioni (tre delegati per ciascuna Regione; un solo delegato per la Valle d'Aosta). Non considerando i senatori a vita, le maggioranze richieste dall'articolo 83 della Costituzione sarebbero così rideterminate: 439 voti necessari ai primi tre scrutini (due terzi dell'Assemblea); 330 voti dal quarto scrutinio (maggioranza assoluta), essendo il numero degli elettori pari a 658 (400+200+58).
  Vengono invece confermati i 58 delegati regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica (che avrebbero quindi un peso percentuale lievemente superiore sul totale degli aventi diritto al voto). Tale disposizione, tuttavia, non è mai stata posta dalla Costituzione in relazione alla consistenza delle Camere. Basti pensare che il numero di 58 delegati regionali era fissato dalla Costituzione del 1948, quando il numero dei parlamentari (prima della riforma del 1963) non era determinato in misura fissa ma era variabile nel numero.

  Igor Giancarlo IEZZI (Lega), relatore, si associa all'intervento della relatrice Macina e si riserva di svolgere ulteriori considerazioni nel prosieguo dell'esame del provvedimento.

  Francesco Paolo SISTO (FI) ritiene necessario svolgere un ampio ciclo di audizioni Pag. 27al fine di approfondire le questioni poste dal provvedimento in esame, anche con riferimento ai possibili profili di incompatibilità con i princìpi fondamentali della Costituzione, in particolare per quanto concerne il numero minimo dei parlamentari, la rappresentanza delle regioni a statuto speciale e i parlamentari eletti all'estero.

  Anna MACINA (M5S), relatrice, rileva come si possano comunque acquisire le risultanze dell'attività conoscitiva svolta nel corso dell'esame del provvedimento da parte del Senato.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, rileva come, laddove se ne ravvisi la necessità e ferma restando la possibilità di tenere conto dell'attività conoscitiva svolta presso il Senato, si potrà comunque prevedere lo svolgimento di un ciclo di audizioni anche nell'ambito dell'esame del provvedimento da parte della Camera, attesa l'autonomia di ciascun ramo del Parlamento.

  Stefano CECCANTI (PD) ritiene si debba procedere a un ciclo di audizioni anche con riferimento alla proposta di legge C. 1616, che interviene sulla legge elettorale, rilevando come tale attività conoscitiva potrà essere svolta congiuntamente a quella sul provvedimento in esame.

  Andrea CECCONI (Misto-MAIE), nel rilevare come l'attività conoscitiva svolta presso il Senato – che ha comportato un numero ragionevole di audizioni – sia stata adeguata, considerata la non particolare complessità del tema in oggetto, ritiene che il ciclo di audizioni sul provvedimento debba essere contenuto in termini ragionevoli.
  Soffermandosi, quindi, sulle considerazioni svolte dalla relatrice in ordine al peso dei delegati regionali nell'ambito dell'elezione del Presidente della Repubblica, evidenzia che la disposizione costituzionale richiamata non è mai stata posta in relazione alla consistenza delle Camere, tanto che essa non è mai stata modificata, nonostante siano cambiate le modalità di determinazione del numero di parlamentari.

  Stefano CECCANTI (PD), con riferimento alle osservazioni del deputato Cecconi sui delegati regionali, rileva come questi ultimi abbiano preso parte all'elezione del Presidente della Repubblica soltanto dopo il 1970, quando furono istituite le regioni a statuto ordinario.

  Francesco Paolo SISTO (FI) ribadisce, a nome del proprio gruppo, l'esigenza di approfondire adeguatamente la materia trattata dalla proposta di legge in esame.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni per assicurare l'applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari.
C. 1616, approvata dal Senato.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, in sostituzione del relatore, D'Ambrosio, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, rileva come la Commissione sia chiamata ad avviare l'esame, in sede referente, della proposta di legge C. 1616, approvata dal Senato, recante disposizioni per assicurare l'applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari.
  Innanzitutto segnala come le modifiche recate dalla proposta di legge non incidono direttamente sulla configurazione del vigente sistema elettorale, come definito dalla legge n. 165 del 2017, ma intendono determinare soltanto il numero di seggi da attribuire nei collegi uninominali e nei collegi plurinominali sulla base di un «rapporto frazionario la cui applicazione restituisce gli stessi numeri attualmente Pag. 28fissati», come evidenziato nella relazione illustrativa della proposta di legge presentata al Senato.
  La finalità del provvedimento è dunque quella di sostituire l'attuale impostazione, che affida alla legge la determinazione del numero (fisso) dei seggi da attribuire nei collegi uninominali, con una determinazione rapportata al numero di parlamentari.
  In tal modo il sistema elettorale potrà trovare applicazione indipendentemente dal numero dei parlamentari «in modo che non si rendano necessarie modifiche alla normativa elettorale qualora il numero dei parlamentari dovesse essere modificato con riforma costituzionale».
  Ricorda, in proposito, che è iniziato oggi l'esame in Commissione la proposta di legge costituzionale C. 1585, approvata dal Senato, la quale modifica il numero dei parlamentari fissandolo in 400 deputati e 200 senatori elettivi.
  Passando quindi a sintetizzare il contenuto delle singole disposizioni della proposta di legge, rileva che l'articolo 1 modifica gli articoli 1 e 83 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, che stabiliscono la modalità di determinazione del numero dei collegi uninominali e delle soglie di sbarramento per le liste rappresentative di minoranze linguistiche.
  In particolare, il comma 1, lettera a), prevede che il numero complessivo di collegi uninominali sia pari a tre ottavi del totale dei seggi da eleggere nelle circoscrizioni, con arrotondamento all'unità inferiore (per il Senato l'arrotondamento è previsto all'unità più prossima), così da mantenere il numero di collegi previsti dal testo vigente.
  Le circoscrizioni elettorali non sono dunque modificate. Per la Camera, permangono le 28 individuate dalla Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957. Esse coincidono con il territorio delle regioni, salvo alcune regioni più popolose suddivise in più circoscrizioni (4 per la Lombardia, 2 per Piemonte, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia).
  Nel momento in cui entrasse in vigore una riforma costituzionale di modifica del numero dei parlamentari, sulla base delle modifiche disposte dalla proposta di legge anche il numero dei collegi plurinominali sarebbe conseguentemente rideterminato.
  Per la puntuale determinazione dei confini territoriali dei collegi – uninominali e plurinominali – la proposta di legge, all'articolo 3, prevede una delega legislativa, nel caso intervenga una modificazione con legge costituzionale del numero dei parlamentari. In assenza di una riforma costituzionale del numero dei parlamentari, permarrebbe la vigente determinazione dei collegi plurinominali quale recata dal decreto legislativo n. 189 del 2017 e dal decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2017.
  L'intervento normativo consiste dunque principalmente nella sostituzione delle disposizioni della legge n. 165 del 2017 – la quale ha modificato le leggi elettorali della Camera e del Senato – che prevedono un numero fisso di collegi uninominali, con la previsione del rapporto di tre ottavi.
  Verrebbe così meno la puntuale e prestabilita determinazione numerica di collegi uninominali: 232 collegi e seggi alla Camera (comprensivi di 1 collegio in Valle d'Aosta e 6 collegi in Trentino Alto-Adige); 116 collegi e seggi al Senato (comprensivi di 1 collegio in Valle d'Aosta e 6 collegi in Trentino-Alto Adige).
  Alla determinazione in un numero fisso dei collegi uninominali verrebbe dunque sostituito un calcolo frazionario riferito al numero totale (quale che esso sia) dei deputati e dei senatori.
  Rileva come la proposta di legge sia quindi volta a predisporre uno strumento applicativo in raccordo con l'iniziativa legislativa costituzionale in corso di esame presso la I Commissione (proposta di legge costituzionale C. 1585) che dispone la riduzione del numero dei parlamentari (da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi, dei quali 8 deputati e 4 senatori eletti dalla circoscrizione Estero).Pag. 29
  Nella relazione illustrativa della proposta di legge presentata al Senato viene evidenziata l'intenzione di ripristinare, pur con diversa impostazione, un meccanismo di determinazione affine a quello vigente nel 1993. La cosiddetta «legge Mattarella» (leggi n. 276 e n. 277 del 1993) aveva infatti previsto, per la determinazione dei seggi da attribuire sulla quota maggioritaria e sulla quota proporzionale, non un numero fisso bensì un rapporto percentuale. Per la Camera era prevista l'attribuzione in ogni circoscrizione del 75 per cento del totale dei seggi nell'ambito di altrettanti collegi uninominali; per il Senato, una ripartizione del territorio di ciascuna Regione in collegi uninominali pari ai tre quarti dei seggi assegnati alla Regione, con arrotondamento per difetto.
  Le modifiche disposte dall'articolo 1, comma 1, lettera a, numero 1, all'articolo 1 del testo unico per l'elezione della Camera specificano altresì che la circoscrizione Trentino-Alto Adige è ripartita in un numero di collegi uninominali pari alla metà dei seggi assegnati alla circoscrizione medesima, con arrotondamento all'unità pari superiore.
  In base a tale previsione, a Costituzione invariata, tale regione – per la Camera – sarebbe ripartita in 6 collegi uninominali, come previsto dalla legislazione elettorale vigente.
  Nel caso in cui il rapporto frazionario di tre ottavi sia rapportato al numero di deputati previsti dal progetto di legge costituzionale C. 1585 (400, di cui 392 deputati eletti nel territorio nazionale) la regione Trentino-Alto Adige – per la Camera – sarebbe invece ripartita in 4 collegi uninominali, considerato che alla regione spetterebbero 7 seggi.
  Il comma 1, lettera a), numero 1, della proposta di legge specifica inoltre che le circoscrizioni cui sono assegnati tre deputati sono ripartite in due collegi uninominali; le circoscrizioni cui sono assegnati due deputati sono costituite in un collegio uninominale.
  Il comma 1, lettera b) dell'articolo 1 incide sull'articolo 83 del testo unico per l'elezione della Camera, sempre al fine di adeguare la vigente disciplina elettorale al calcolo fondato su un riparto frazionario (di tre ottavi) tra seggi da attribuire nei collegi uninominali e seggi da attribuire nei collegi plurinominali.
  In dettaglio, la lettera b), numero 1, adegua le previsioni relative alla soglia di sbarramento per le liste (singole o collegate a una coalizione) rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una regione ad autonomia speciale il cui statuto o le relative norme di attuazione prevedano, per tali minoranze, una particolare tutela.
  Per tali liste, la legge n. 165 del 2017 individua una clausola alternativa rispetto alla soglia di sbarramento (20 per cento dei voti validi espressi nella Regione) valevole per tali coalizioni e liste: l'aver conseguito eletti «in almeno due» collegi uninominali della circoscrizione. La proposta di legge modifica tale previsione, sostituendola con quella del conseguimento di eletti «in almeno un quarto» dei collegi uninominali della circoscrizione, con arrotondamento all'unità superiore.
  Secondo la vigente determinazione, facendo specifico riferimento al Trentino-Alto Adige, i collegi uninominali sono 6. La nuova previsione non segnerebbe una variazione tra i «due eletti» e «gli eletti in almeno un quarto dei collegi uninominali», per effetto dell'arrotondamento. Viceversa, qualora il numero dei collegi uninominali divenisse pari a 4 a seguito della riduzione del numero dei parlamentari (a 400 deputati) prevista dal progetto di modifica costituzionale C. 1585, approvato dal Senato, il nuovo criterio sarebbe riferito a un unico eletto.
  Il comma 1, lettera b), numero 2, coordina le previsioni relative alle operazioni elettorali di calcolo e di riparto dei seggi compiute dall'Ufficio centrale nazionale con le modifiche disposte dalla proposta di legge.
  La lettera c) del comma 1 abroga la Tabella A.1 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, la quale reca i nomi del collegi uninominali Pag. 30della Camera e del Senato per le circoscrizioni Trentino-Alto Adige/Südtirol e Molise.
  Analogamente a quanto disposto dall'articolo 1 per la Camera, l'articolo 2 della proposta di legge interviene sul testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato di cui al decreto legislativo n. 533 del 1993, al fine di prevedere l'applicazione del criterio della ripartizione del territorio nazionale in un numero di collegi uninominali pari a «tre ottavi del totale dei seggi da eleggere nelle circoscrizioni regionali, con arrotondamento all'unità più prossima» (alla Camera l'arrotondamento è all'unità inferiore).
  In particolare, il comma 1, lettera a), modifica l'articolo 1 del citato decreto legislativo n. 533 del 1993, nella parte in cui individua il numero (fisso) di collegi uninominali in cui è ripartito il territorio nazionale ai fini dell'elezione dei componenti del Senato.
  Nel dettaglio, il testo risultante dalle modifiche previste dalla proposta di legge dispone che il territorio nazionale sia suddiviso in un numero di collegi uninominali pari ai tre ottavi del totale dei seggi da eleggere nelle circoscrizioni regionali, con arrotondamento all'unità più prossima, assicurandone uno per ogni circoscrizione. Quest'ultima previsione – «assicurandone uno per ogni circoscrizione» – è stata introdotta nel corso dell'esame al Senato consentendo, in tal modo, che in circoscrizioni, come il Molise, cui non spetterebbero collegi uninominali in base al riparto basato sulla popolazione, sia costituito almeno un collegio uninominale, così come previsto dal vigente articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 533 del 1993 («nella regione Molise è costituito un collegio uninominale»), superato dal testo in esame.
  Fatti salvi i collegi uninominali delle regioni che eleggono un solo senatore e quelli del Trentino-Alto Adige/Südtirol, i restanti collegi uninominali sono ripartiti nelle altre regioni proporzionalmente alla rispettiva popolazione. In tali collegi uninominali risulta eletto il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi.
  Le regioni che eleggono un solo senatore (Valle d'Aosta) sono costituite in unico collegio uninominale.
  Per la regione Trentino-Alto Adige, con le modifiche previste dalla lettera a), numero 3) del comma 1 dell'articolo 2 della proposta di legge all'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo n. 533 del 1993, si prevede che essa sia costituita in sei collegi uninominali definiti ai sensi della legge 30 dicembre 1991, n. 422 ?, «ovvero in un numero di collegi uninominali individuato nel numero pari più alto nel limite dei seggi assegnati alla regione». La restante quota di seggi spettanti alla regione è attribuita col metodo del recupero proporzionale.
  Ricorda, al riguardo, che in base al quadro normativo vigente al Trentino-Alto Adige spettano 7 seggi (così il decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 2017): pertanto il «numero pari più alto nel limite dei seggi assegnati alla regione» equivarrebbe a 6 collegi uninominali. Qualora fosse approvata la proposta di legge costituzionale C. 1585, di riduzione del numero dei parlamentari, a tale regione spetterebbero 6 seggi (3 per ciascuna provincia autonoma): il «numero pari più alto nel limite dei seggi assegnati alla regione» equivarrebbe egualmente a 6 collegi uninominali.
  Al riguardo rileva come appaia opportuno approfondire quale dei due criteri indicati dal novellato comma 4 dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 533 del 1993 relativamente al numero di collegi della Regione Trentino-Alto Adige (se cioè la regione sia «costituita in sei collegi uninominali definiti ai sensi della legge n. 422 del 1991» ovvero «in un numero di collegi uninominali individuato nel numero pari più alto nel limite dei seggi assegnati alla regione») troverebbe applicazione nell'ipotesi in cui dovesse variare il numero dei seggi assegnati alla predetta regione Trentino-Alto Adige.
  Analogamente a quanto previsto per la Camera, le lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 2 adeguano inoltre le disposizioni degli articoli 16-bis e 17 del richiamato decreto legislativo n. 533 del 1993, Pag. 31relative alla soglia di sbarramento per le liste (singole o collegate a una coalizione) rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una regione ad autonomia speciale il cui Statuto o norma di attuazione preveda, per tali minoranze, una particolare tutela.
  Come già ricordato, per tali liste, la legge n. 165 del 2017 prevede una clausola alternativa rispetto alla soglia di sbarramento (20 per cento dei voti validi espressi nella Regione) valevole per tali coalizioni e liste: l'aver conseguito eletti «in almeno due» collegi uninominali della circoscrizione.
  In tale contesto le lettere b e c modificano tale previsione, sostituendola con quella del conseguimento di eletti «in almeno un quarto» dei collegi uninominali della circoscrizione, con arrotondamento all'unità superiore.
  Per quanto riguarda il Trentino-Alto Adige, come già ricordato, i collegi uninominali sono 6, sia in base al quadro normativo vigente sia in caso di modifica costituzionale e la nuova previsione non segnerebbe quindi una variazione tra i «due eletti» e «gli eletti in almeno un quarto dei collegi uninominali», per effetto dell'arrotondamento all'unità superiore.
  Il comma 1, lettera d, adegua altresì la rubrica del titolo VII del decreto legislativo n. 533 del 1993, la quale attualmente è formulata «Disposizioni speciali per le regioni Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste e Trentino-Alto Adige/Südtirol» sostituendo il riferimento alla Valle d'Aosta con quello alle «regioni che eleggono un solo senatore» (regione che, in base alle previsioni dell'articolo 57, terzo comma, della Costituzione, anche nel testo risultante dalla modifica costituzionale ai sensi della proposta di legge C. 1585, è la Valle d'Aosta).
  Le lettere e) e f) operano analoga sostituzione (sostituendo il riferimento alla Valle d'Aosta con quello alle «regioni che eleggono un solo senatore») nelle disposizioni del titolo VII che fanno riferimento alla Valle d'Aosta (articolo 20 e articolo 21-ter del decreto legislativo n. 533 del 1993).
  L'articolo 3 della proposta di legge reca una delega al Governo per la determinazione dei collegi – uninominali e plurinominali – qualora intervenga la promulgazione di una legge costituzionale modificativa del numero dei parlamentari.
  Il comma 1 dell'articolo dispone infatti che, qualora entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge, sia promulgata una legge costituzionale che modifica il numero dei componenti delle Camere di cui agli articoli 56, secondo comma, e 57, secondo comma, della Costituzione, il Governo è delegato ad adottare un decreto legislativo per la determinazione dei collegi uninominali e plurinominali per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
  Il termine per l'esercizio della delega è di sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge costituzionale modificativa del numero dei parlamentari.
  Ricorda, in proposito, che la proposta di legge costituzionale C. 1585, di riduzione del numero dei parlamentari dispone, all'articolo 4, che «Le disposizioni di cui agli articoli 56 e 57 della Costituzione, come modificati dagli articoli 1 e 2 della presente legge costituzionale, si applicano a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale e comunque non prima che siano decorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore».
  Si tratta dunque di una delega legislativa il cui esercizio è eventuale e subordinato all'entrata in vigore di una legge costituzionale di modifica del numero dei parlamentari.
  Rammenta che una disposizione di delega legislativa eventuale e subordinata a un determinato evento è rinvenibile nell'articolo 4, comma 5, della legge n. 59 del 1997, nella parte in cui si delegava il Governo, qualora le regioni non avessero provveduto all'adozione della normativa di puntuale individuazione delle funzioni trasferite o delegate agli enti locali e di quelle mantenute in capo alla regione stessa entro il termine indicato, ad emanare, Pag. 32sentite le regioni inadempienti, uno o più decreti legislativi di ripartizione di funzioni tra regione ed enti locali le cui disposizioni trovavano applicazione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale.
  Per quanto riguarda i criteri e princìpi direttivi della delega, il comma 2 dell'articolo 3 – oltre a richiamare la costituzione di un numero di collegi uninominali pari all'applicazione di quanto disposto dai precedenti articoli (tre ottavi del totale dei seggi da eleggere nelle circoscrizioni del territorio nazionale) richiama gran parte dei princìpi e criteri direttivi dettati dalla normativa di delega recata dalla legge n. 165 del 2017 ed esercitata con il decreto legislativo n. 189 del 2017.
  In virtù del rinvio operato dal comma 3 dell'articolo 3 alle disposizioni dell'articolo 3, commi 3, 4 e 5, della legge n. 165 del 2017, ai fini della predisposizione dello schema del decreto legislativo di rideterminazione dei collegi, il Governo si avvale di una commissione composta dal presidente dell'Istituto nazionale di statistica, che la presiede, e da dieci esperti in materia attinente ai compiti che la commissione è chiamata a svolgere, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
  Sempre in forza del rinvio ai citati commi dell'articolo 3 della legge n. 165, lo schema del decreto legislativo di rideterminazione dei collegi è trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano nel termine di quindici giorni dalla data di trasmissione.
  Qualora il decreto legislativo non sia conforme al parere parlamentare, il Governo, contemporaneamente alla pubblicazione del decreto, deve inviare alle Camere una relazione contenente adeguata motivazione. In caso di mancata espressione del parere parlamentare nel termine previsto, il decreto legislativo può comunque essere emanato.
  Inoltre, il comma 3 fa salva il disposto dell'articolo 3, comma 6, della legge n. 165 del 2017, ai sensi del quale: il Governo aggiorna con cadenza triennale la composizione della predetta commissione di esperti; la commissione, in relazione alle risultanze del censimento generale della popolazione, formula indicazioni per la revisione dei collegi uninominali e dei collegi plurinominali, secondo i criteri di cui al medesimo articolo 3 della legge n. 165, e riferisce al Governo; per la revisione dei collegi uninominali e dei collegi plurinominali il Governo presenta un disegno di legge alle Camere.

  Stefano CECCANTI (PD) invita la Commissione a valutare con grande attenzione e serietà il provvedimento in oggetto, facendo notare che le proposte di legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari, il cui esame è iniziato nella giornata odierna, appaino strettamente collegate al provvedimento in titolo, dal momento che, producendo la conseguenza di ampliare in modo rilevante la dimensione dei collegi – soprattutto al Senato – incidono in modo significativo sul grado di rappresentatività del Parlamento e sulla legge elettorale, alterando il rapporto tra eletti e popolazione residente. Ritiene sia dunque opportuno riflettere seriamente sul tema più generale del modello elettorale da adottare, chiedendosi, ad esempio, se non sia addirittura il caso di mantenere l'attuale configurazione dei collegi uninominali. Giudica pertanto necessario avviare sull'argomento in discussione un ciclo di audizione di esperti che possa fare chiarezza su tali delicati aspetti.

  Giovanni DONZELLI (FdI) preannunzia fin d'ora la richiesta, che sarà formalizzata in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, di procedere all'abbinamento alla proposta di legge C. 1616 delle proposte di legge presentate dal proprio gruppo in materia elettorale, in quanto ritiene che l'esame da parte della Commissione debba riguardare la legislazione in materia elettorale nel suo complesso.

  Andrea CECCONI (Misto-MAIE), a fronte dell'evidente incidenza che la riforma Pag. 33costituzionale sul numero dei parlamentari produrrebbe sulle norme elettorali, auspica che la presidenza possa chiarire quanto prima il perimetro di esame, precisando quali proposte di legge in tale materia potranno essere abbinate e fissando i margini entro cui sarà ammessa l'attività emendativa dei deputati. Si chiede, in sostanza, se saranno ritenuti ammissibili interventi di modifica riguardanti il tema più complessivo della legge elettorale.

  Francesco Paolo SISTO (FI), a nome del proprio gruppo, richiama l'attenzione sulla necessità di approfondire tutte le possibili connessioni tra la proposta in esame e le altre proposte di legge assegnate alla Commissione in materia elettorale, al fine di valutare la possibilità di procedere ai conseguenti abbinamenti.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, assicura che tutte le questioni poste saranno oggetto di valutazione da parte della Presidenza.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.40.