TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 46 di Martedì 18 settembre 2018

 
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INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

A) Interrogazioni

   GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il programma «Frutta nelle scuole» è un progetto introdotto dal regolamento (CE) n. 1234 del Consiglio del 22 ottobre 2007 e dal regolamento (CE) n. 288 della Commissione del 7 aprile 2009, finalizzato ad aumentare il consumo di frutta e verdure da parte dei bambini con uno stanziamento importante (per il 2017/2018 Ansa.it parla di circa 31 milioni di euro);

   come si apprende dal sito www.fruttanellescuole.gov.it il progetto è stato confermato anche per l'anno scolastico 2018/2019 ed è possibile ad oggi per gli istituti scolastici partecipare allo stesso tramite sottoscrizione;

   tra le iniziative, oltre alla distribuzione di prodotti ortofrutticoli e all'informazione rivolta a genitori e insegnanti, erano previste visite a fattorie didattiche, creazione di orti scolastici, sistemi multilingue per la promozione del territorio e dei suoi prodotti;

   il programma «Frutta nelle scuole» in Italia è gestito dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e del turismo e fino ad oggi ha coinvolto decine di migliaia di studenti, ma i risultati sono ancora lontani dal poter essere considerati soddisfacenti, a fronte di un'ingente somma di denaro pubblico investito;

   sono stati molti i casi in cui insegnanti e genitori si sono lamentati per la qualità discutibile dei prodotti distribuiti: acerbi, troppo maturi, fuori stagione (e quindi di provenienza estera) o addirittura ammuffiti;

   uno dei casi sopra citati è stato posto il 15 maggio 2018 all'attenzione dell'interrogante, alla quale è stato segnalato che sul proprio territorio di residenza sarebbe stata servita, nell'ambito del già citato programma «Frutta nelle scuole», frutta acerba, marcescente o prossima a tale stato;

   il tema è stato affrontato anche con diversi atti di sindacato ispettivo dell'interrogante durante la XVII legislatura, tra cui l'interrogazione n. 5-04671, oltre che dalla stampa di settore, come il sito Il Fatto alimentare mediante diversi articoli, tra cui si segnala quello dal titolo «“Frutta ammuffita” acerba o immangiabile: il progetto “Frutta nelle scuole” è un fallimento»;

   passati 3 anni dall'articolo sopra citato, pare che le segnalazioni sulle problematiche già esposte permangano, come è possibile leggere dall'articolo pubblicato sul sito www.ilfattoquotidiano.it del 30 gennaio 2018 dal titolo «Frutta e verdura agli alunni. Le denunce: arrivano “sporche” o “con la muffa”» –:

   come tale stato di degrado si concili con la promozione della qualità dei prodotti ortofrutticoli;

   se non si ritenga di aumentare i controlli di qualità sui prodotti destinati agli istituti scolastici nell'ambito del programma «Frutta nelle scuole».
(3-00168)

(17 settembre 2018)

(ex 5-00023 del 5 giugno 2018)

   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da fonti stampa (Il Resto del Carlino del 23 maggio 2018) si apprende dell'incredibile quanto inaccettabile episodio occorso in una classe della scuola primaria Croce Coperta a Bologna, dove sono state servite carote marce e maleodoranti nell'orario di merenda. Era già capitato con le albicocche qualche giorno prima ed episodi analoghi si erano verificati anche nella scuola primaria Casaralta, sempre a Bologna, come debitamente riportato dagli organi di stampa locali (Il Resto del Carlino del 28 febbraio 2018);

   le merende monoporzione, a base di frutta e verdura, sono parte del programma finanziato – con fondi dell'Unione europea – dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e del turismo denominato «Frutta e verdura nelle scuole»;

   sul sito web dedicato www.fruttanellescuole.gov.it è allegato un documento denominato «Monitoraggio frutta e verdura nelle scuole – anno scolastico 2016-2017», nel quale, a pagina 15, pur evidenziandosi un gradimento complessivo della qualità dei prodotti, viene riportato: «Non sono mancate, tuttavia, scuole (intorno al 6 per cento) che hanno parlato di scadente qualità della frutta e della verdura, magari in avanzato stato di maturazione o troppo acerba, in alcuni casi non utilizzabile. Altre hanno dichiarato che sarebbe opportuno fornire alle classi i prodotti locali, a chilometro zero»;

   a pagina 22 del medesimo report si legge che: «La relazione fra scuola e fornitori è giudicata molto positiva nel 25 per cento dei casi, abbastanza positiva nel 62 per cento. È una situazione che può essere associata all'assenza di problemi nella distribuzione, evidenziata dal 64 per cento degli istituti rispondenti. Non è tuttavia da sottovalutare il 36 per cento di scuole che ha invece posto in risalto l'esistenza di problemi, con quote più marcate nelle zone di fornitura Trentino-Alto Adige-Veneto e Emilia-Romagna-Friuli Venezia Giulia-Marche (...). Le principali difficoltà fanno riferimento, in ordine di importanza, alla qualità delle singole forniture, alla puntualità delle consegne, alla corretta quantità delle forniture» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se abbia notizie aggiornate al riguardo;

   se risultino eventualmente verifiche in corso anche da parte del Comando dei carabinieri per la tutela della salute;

   quali iniziative si intendano promuovere al fine di avviare una verifica puntuale in relazione alla qualità dei cibi proposti;

   quali forme di controllo siano previste sulla qualità dei cibi offerti agli alunni e, in caso di carenze o mancanze da parte dei fornitori, quali provvedimenti possano essere assunti;

   se si intenda fornire un quadro riepilogativo dei provvedimenti effettivamente assunti in relazione alla scarsa qualità dei prodotti proposti e delle iniziative intraprese per risolvere tali criticità.
(3-00172)

(17 settembre 2018)

(ex 4-00359 del 5 giugno 2018)

B) Interrogazione

   GARIGLIO e BONOMO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 2 e il 3 luglio 2018 si è registrata nel torinese una violenta tempesta di pioggia, evento che purtroppo ha fatto registrare una vittima, annegata in auto in un sottopasso tra Feletto e Rivarolo;

   l'evento atmosferico ha provocato anche ingentissimi danni all'agricoltura, con intere coltivazioni di mais andate distrutte, alberi abbattuti e aziende allagate;

   purtroppo, la sistematicità con cui si verificano simili calamità atmosferiche sta mettendo in ginocchio l'intero comparto agricolo;

   a partire dalle prossime ore si procederà alla verifica e alla conta dei danni –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per il riconoscimento dello stato di calamità naturale per il comprensorio colpito dal citato evento atmosferico.
(3-00054)

(4 luglio 2018)

C) Interpellanza

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   va richiamata la delibera della Corte dei conti – sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato del 7 marzo 2018 in tema di prima accoglienza dei migranti, cui si rimanda per ogni altro ulteriore dettaglio;

   nel 2016 sono sbarcati sul territorio nazionale più di 181 mila migranti; nel 2015 ne erano giunti circa 153 mila. Per la loro accoglienza gli impegni finanziari ammontano complessivamente a 1,7 miliardi di euro nel 2016, di cui 1,29 miliardi per la prima accoglienza, 266 milioni per la seconda accoglienza e 111,5 milioni per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati;

   l'Unione europea ha contribuito, nel 2016, per mezzo di «Frontex» per 8,1 milioni di euro e, per mezzo del Fondo asilo, migrazione ed integrazione (Fami) per 38,7 milioni di euro, risorse che rappresentano soltanto il 2,7 per cento rispetto all'onere gravato sul bilancio dello Stato. A ciò deve aggiungersi la stima delle spese per le mancate ricollocazioni di migranti negli altri Paesi europei che, alla data del 15 ottobre 2017, ammonta a non meno di 762,5 milioni di euro;

   nelle strutture di accoglienza i migranti restano per tutto il periodo in cui la domanda di asilo è oggetto di esame, oltre sei mesi, salvo ricorsi;

   il costo medio pro capite per migrante è oscillato, nel 2013, da un minimo di 4,97 euro per la Sicilia e di 11,63 euro per la Puglia, fino ad un massimo di 56,16 euro per l'Emilia-Romagna; solo per il centro di identificazione ed espulsione di Modena la spesa è stata di 167,81 euro pro capite. Nel 2015 il costo pro capite in Emilia-Romagna è sceso a 33,48 euro;

   scrive la Corte dei conti che la gestione di ogni domanda di asilo è costata in media 203,95 euro, cui vanno ad aggiungersi i costi per le varie fasi di giudizio e per l'impiego del gratuito patrocinio. Nel 2016, il 56 per cento delle richieste è stato respinto e solo il 13 per cento dei richiedenti asilo ha ottenuto lo status di rifugiato; la maggioranza dei richiedenti è, infatti, costituita da «migranti economici» che non fuggono da situazioni di aperto conflitto, ma partono dal Paese di origine spinti dall'aspettativa di migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro;

   i migranti cui non viene riconosciuta alcuna protezione diventano irregolari, «rimpatriarli è complesso e oneroso, essi restano sul territorio senza diritti, facilmente inseribili anche nei circuiti delle attività illecite e malavitose». La Corte dei conti auspica, pertanto, la creazione di un metodo di valutazione e vaglio maggiormente celere, «qualificate commissioni ristrette» che assumano, in tempi brevissimi, i relativi provvedimenti in relazione alle domande pervenute, evitando di riconoscere un «diritto di permanenza indistinto» a tutti coloro che sbarcano;

   la Corte dei conti sottolinea come tale situazione evidenzi «perplessità circa la tenuta dei conti da parte dei locali uffici territoriali del Governo» e circa la gestione contabile del fenomeno migratorio nel suo complesso, svelando inoltre «un aspetto sintomatico di disordine contabile che certamente non salvaguarda i principi di buona amministrazione, ma che dovrebbe indurre il Ministero a rimeditare un ritorno tempestivo alle regole di contabilità ordinaria» –:

   se e in che modo si intenda rispondere alle sollecitazioni della Corte dei conti e con quali tempistiche;

   quali iniziative si intendano mettere in campo per accelerare le procedure di riconoscimento o diniego della protezione internazionale e/o dello status di rifugiato e per perseguire un'efficace politica di rimpatrio per coloro che non hanno diritto all'accoglienza.
(2-00005) «Bignami».

(10 aprile 2018)

D) Interrogazione

   POTENTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il palazzo «del Picchetto», o più semplicemente noto come «Picchetto», di proprietà pubblica, sorge nel centro di Livorno, lungo la Via Grande, delimitando al contempo il lato nord-occidentale di Piazza Guerrazzi. Fu costruito nel 1701 su disegno del celebre architetto Giovan Battista Foggini. Fu ristrutturato ed ampliato da Giovanni del Fantasia per volere del granduca Cosimo III de’ Medici;

   l'edificio, che si inserisce a pochi metri dal Cisternino di città e dal monumento a Francesco Domenico Guerrazzi, è stato sede, fino ad un recente passato, del comando di presidio (XX comando zona); nel 2016 fu occupato abusivamente da alcune famiglie sfrattate;

   alla data del 15 aprile 2017 sul quotidiano Il Tirreno, cronaca di Livorno, era riportata la pubblica denuncia, risalente ad una manifestazione del precedente mese di novembre 2016, in cui il sindacato Asia Usb e alcune famiglie occupanti della città, insieme al comitato per il diritto all'abitare, denunciavano casi di richieste di denaro «alle famiglie in difficoltà per vivere nelle stanze nei palazzi occupati abusivamente (...)». Sempre nel predetto articolo, si riferisce dell'esistenza di un video che racconta uno scenario fino a oggi solo ipotizzato;

   nello stesso articolo il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, parla espressamente di «racket delle case occupate», chiede l'intervento della questura e scrive che il Picchetto «deve essere sgomberato»;

   alla data odierna nulla è ancora stato fatto ed anzi l'intero edificio, visitato in data 6 aprile 2018 dall'interrogante, è oggi occupato da cittadini stranieri che hanno allontanato le precedenti famiglie italiane sfrattate, che ivi si erano insediate. Infatti, in un articolo del 17 aprile 2018 sulle pagine di Livorno Press il sindacato Asia-usb ha ribadito di non avere nulla a che fare con quel complesso, che anzi ha segnalato in più occasioni che all'interno succedono cose irregolari come «un pizzo» che viene pagato dagli occupanti ad alcuni soggetti e che non si sente di escludere che avvenga anche dello spaccio di droga –:

   se e di quali informazioni dispongano la locale questura e la prefettura di Livorno, per quanto di competenza, riguardo al monitoraggio dell'occupazione in corso, agli odierni occupanti e ai fatti denunciati sulla stampa;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per impedire il protrarsi di una grave situazione di illegalità, nonché per porre rimedio all'evidente pericolosità che l'attuale uso dell'edificio sta determinando per gli abitanti dei quartieri limitrofi.
(3-00009)

(7 maggio 2018)

E) Interrogazione

   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 15 luglio 2018 gli organi di stampa hanno dato risalto a un preciso piano di contrasto all'emergenza dell'immigrazione clandestina articolato in dodici punti, elaborato dal generale di Corpo d'armata Vincenzo Santo, ex capo di Stato maggiore della Nato in Afghanistan;

   il generale Vincenzo Santo ha pubblicato il predetto piano su Report difesa e lo ha contestualmente presentato al Governo come promemoria;

   il generale Santo, figura certamente autorevole in materia, ha precisato che «il traffico e l'arrivo incontrollato degli immigrati è da considerarsi una vera e propria invasione che mette a rischio la sovranità non solo dell'Italia, ma dell'intera Unione europea»;

   attesa la gravità della situazione e l'inadeguatezza delle risposte italiane ed europee sino ad oggi poste in campo, il generale Santo propone non solo e non tanto la chiusura dei porti, quanto e soprattutto il «blocco navale» davanti alle coste libiche –:

   quale sia l'orientamento del Governo in ordine all'ipotesi della realizzazione di un blocco navale davanti alle coste della Libia e se si intendano assumere iniziative per porre in essere tale soluzione.
(3-00096)

(19 luglio 2018)

F) Interrogazione

   LABRIOLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel 2014, nell'ambito delle attività di competenza del commissario nominato ad hoc, ha preso il via un piano di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di un'area complessiva di 500 chilometri quadrati, che riguarda i comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montesemola, classificata come una delle più inquinate d'Europa a causa delle numerose fonti di inquinamento che hanno gravato su di essa per decenni e che hanno deteriorato la qualità dell'aria, del suolo, dell'acqua;

   per quanto riguarda nello specifico il Mar Piccolo di Taranto, l'intervento di bonifica ha comportato interventi per la rimozione di 180 fonti inquinanti, più di 500 oggetti depositati sul fondale compresi elettrodomestici, scooter, auto abbandonate, pneumatici;

   il Mar Piccolo rappresenta un ecosistema unico nel quale vivono specie animali di particolare interesse, alcune delle quali in pericolo o in via d'estinzione;

   per valutare concretamente il tipo di intervento da avviare sono state effettuate analisi biologiche delle aree da trattare e predisposto, con il supporto dell'Università di Bari e la collaborazione di Arpa e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, un piano di azione che ha previsto la traslocazione delle specie animali a rischio o di particolare valore faunistico, al fine di una loro salvaguardia;

   le specie non traslocate sono costantemente monitorate;

   non è dato al momento di conoscere dati e modalità relativi a questi spostamenti, né, tantomeno, quali misure precauzionali siano state prese per scongiurare la contaminazione del delicato ecosistema a causa del rilascio di sostanze tossiche o altamente inquinanti, quali, a mero titolo esemplificativo, oli lubrificanti, combustibili, liquidi per batterie –:

   quali siano le quantità e le qualità di specie prelevate e la destinazione degli spostamenti e se questi saranno di natura permanente o solo temporanea;

   se, nel corso delle procedure di trasferimento, si siano registrati danni anche irreversibili alle specie animali.
(3-00169)

(17 settembre 2018)

(ex 4-00147 del 7 maggio 2018)

G) Interrogazione

   FOTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   Villa Verdi – residenza di Giuseppe Verdi, posta in località Sant'Agata Verdi, nel comune di Villanova sull'Arda (provincia di Piacenza) – di proprietà degli eredi del grande compositore, è soggetta a vincolo del Ministero per i beni e le attività culturali, che ha sancito l'inscindibilità della predetta Villa e dei beni in essa contenuti;

   il 10 gennaio 2017, con provvedimento della soprintendenza archivistica e della direzione generale archivi del Ministero per i beni e le attività culturali, veniva disposto il prelievo di alcuni documenti storici (raccolti in 17 cartelle, relative ad opere del Maestro), e agli eredi veniva formalizzato, da parte della soprintendenza regionale, il deposito degli stessi presso l'Archivio di Stato di Parma, al fine di provvedere alla «archiviazione e digitalizzazione» degli stessi;

   in ordine a detta vicenda, il 21 settembre 2017, l'Assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna (Commissione V) approvava la risoluzione n. 5301, di cui era primo firmatario l'interrogante (Bollettino ufficiale della regione Emilia-Romagna n. 308 del 15 novembre 2017), che impegnava il presidente della giunta regionale «a voler chiedere al signor Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo a disporre, una volta ultimate le procedure avviate di digitalizzazione e archiviazione dei documenti oggetto di “custodia coattiva” temporanea, che i documenti originali, di proprietà privata, facciano ritorno alla famiglia Carrara Verdi presso la casa di Giuseppe Verdi, in località Sant'Agata nel comune di Villanova ed in provincia di Piacenza, consentendo che la consultazione da parte di ricercatori e studiosi avvenga in tal modo nella sede propria di origine, a garanzia e tutela dei diritti degli eredi, compreso il legittimo uso dei diritti di pubblicazione e di riproduzione»;

   nel corso di un recente sopralluogo (il 7 maggio 2018) effettuato a Villa Verdi, gli ispettori della soprintendenza archivistica e bibliografica dell'Emilia-Romagna hanno stabilito l'inadeguatezza della conservazione dei «carteggi» verdiani, disponendo, seduta stante, il trasferimento degli stessi;

   a giudizio dell'interrogante è opinabile la nota della soprintendenza che evidenzia la possibilità di trasferire la documentazione presso un istituto culturale al fine di agevolare l'opera degli studiosi, con ciò contraddicendo quanto disposto dal sopra citato vincolo di inseparabilità tra la «Villa» e i beni mobili;

   nel caso in cui la soprintendenza, per entrare in possesso dei carteggi verdiani e della corrispondenza Verdi-Ghislanzoni, avesse inteso procedere all'espropriazione del bene, non è chiaro se abbia rispettato i procedimenti e le tempistiche di legge (articoli 95, 98 e 99 del decreto legislativo n. 42 del 2004). Al tempo stesso, essendo i carteggi nelle medesime modalità di conservazione da decenni, risulta quanto mai incomprensibile la decisione di trasferirli in altra sede;

   tra questi vi è anche un carteggio, che è stato oggetto di lunga corrispondenza, cui la soprintendenza avrebbe potuto avere accesso ai sensi dell'articolo 127 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modificazioni e integrazioni –:

   quali siano le ragioni per le quali, a tutt'oggi, non risultino erogati i fondi previsti dalle due convenzioni stipulate nel 2000 e nel 2015 tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e la proprietà di Villa Verdi per il restauro dell'immobile in questione e il miglioramento delle modalità di conservazione dell'archivio;

   se e quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per verificare il rispetto delle procedure e delle norme vigenti, da parte della soprintendenza in questione, rispetto ai fatti evidenziati in premessa;

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative volte a garantire la piena tutela del diritto di proprietà degli eredi del compositore Giuseppe Verdi, oltre alla tutela del vincolo di inscindibilità tra Villa Verdi e i beni in essa contenuti.
(3-00170)

(17 settembre 2018)

(ex 5-00033 del 6 giugno 2018)

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