TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 85 di Venerdì 16 novembre 2018

 
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INTERPELLANZE URGENTI

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   il 31 ottobre 2018, in un contesto difficile e di estrema incertezza sul futuro della compagnia aerea Alitalia Sai in amministrazione straordinaria, è stato firmato alla presenza delle maggiori organizzazioni sindacali (esclusa l'Usb) un nuovo accordo sulla cassa integrazione straordinaria per complessivi 1.360 lavoratori a rotazione valevole fino al 23 marzo 2019, insieme al ripristino dell'ultrattività contrattuale;

   l'accordo arriva dopo che le tre precedenti procedure di richiesta di cassa integrazione guadagni straordinaria da parte della suddetta compagnia aerea (rispettivamente del 16 giugno 2017, del 30 ottobre 2017 e del 5 aprile 2018) si erano chiuse senza la definizione di alcun criterio oggettivo per l'individuazione e la selezione del personale da sospendere, determinando pesanti discriminazioni tra lavoratori;

   il 16 ottobre 2018 la Cub Trasporti, a fronte della persistente assenza di un piano industriale e considerando inaccettabile il proseguimento della trattativa sulla richiesta di apertura di una quarta procedura di cassa integrazione guadagni straordinaria da parte dei Commissari di Alitalia Sai, peraltro a giudizio degli interroganti in aperta contraddizione con le concomitanti dichiarazioni di ristrutturazione e rilancio da parte del Governo, ha inviato una lettera al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ed all'attenzione della direzione generale degli ammortizzatori sociali e formazione e della direzione generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la quale, confermando i concreti dubbi sulla legittimità delle modalità di utilizzo degli ammortizzatori in questione, richiedeva un'attenta verifica sulle stesse e su eventuali e conseguenti discriminazioni a danno dei lavoratori, nonché sulla regolarità nella determinazione degli esuberi così come effettuata in continuità con il passato. Inoltre con la stessa missiva si chiedeva al Ministero del lavoro e delle politiche sociali:

    a) una verifica sulla applicazione della cassa integrazione guadagni straordinaria al personale di volo (piloti e assistenti di volo) che, da controlli sommari effettuati su un campione limitato, sembrerebbe da tempo subire pesanti anomalie sulla assegnazione dei riposi (questione peraltro oggetto di un esposto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Civitavecchia) e sui limiti di utilizzo previsti dalla contrattazione collettiva, smentendo nei fatti l'esistenza di esuberi nella categoria del personale di volo;

    b) una verifica sulle modalità di assegnazione della cassa integrazione guadagni straordinaria al personale di terra, che sarebbe impiegato in settori le cui attività sono state di recente esternalizzate (altra questione oggetto di un esposto alla procura della Repubblica da parte del sindacato Cub Trasporti), oppure che sarebbe in servizio in settori ove la sospensione è stata applicata senza l'individuazione di alcun criterio, talvolta addirittura infierendo su alcuni addetti, con una ingiustificata espulsione dal servizio, a fronte di un trattamento ben diverso da quello definito per lavoratori con professionalità omogenee;

   il giorno 17 ottobre 2018, sul Fatto Quotidiano, un articolo a firma di Daniele Martini riportava, quale risultato di una indagine effettuata dall'ispettorato del lavoro di Roma, che sarebbe stato accertato, sulla base della normativa vigente (decreto legislativo n. 185 del 19 agosto 2005 e direttiva comunitaria n. 2000/79/CE), il perpetrarsi di diverse irregolarità da parte di Alitalia Sai dall'inizio del 2015 alla fine del 2017, relative all'orario di lavoro, alla fruizione dei riposi e dei permessi per il personale navigante (piloti e assistenti di volo), nonché il ripetersi di un utilizzo illegittimo degli ammortizzatori sociali richiesti dalla compagnia ed erogati dal Ministero lavoro e delle politiche sociali, quasi sempre a seguito di accordi sindacali siglati dalla quasi totalità delle organizzazioni sindacali del settore (solidarietà difensiva nel 2015, 2016 e metà del 2017, cassa integrazione guadagni straordinaria dal secondo semestre del 2017 ad oggi). Inoltre, secondo quanto riportato nel citato articolo, l'ispettorato del lavoro di Roma avrebbe comminato ai responsabili di Alitalia Sai e Alitalia Sai in amministrazione straordinaria una sanzione amministrativa complessivamente di circa 3,5 milioni di euro per le infrazioni relative alla disapplicazione della normativa citata riguardante il personale di volo, ed avrebbe inviato una relazione alla procura della Repubblica di Civitavecchia in ordine a diverse violazioni del codice penale; nella medesima relazione si lamentavano il mancato rispetto delle tutele sulla sicurezza e salute dei lavoratori e, marginalmente, presunti ammanchi contributivi;

   la Cub Trasporti il 23 ottobre 2018 ha presentato un esposto alla Corte dei conti, sollecitando l'eventuale verifica su un danno erariale relativo all'utilizzo della cassa integrazione guadagni straordinaria, ai suddetti presunti ammanchi contributivi a partire dall'anno 2009 ad oggi e all'esorbitante spesa per i permessi sindacali per le altre organizzazioni sindacali;

   già in data 7 agosto 2018, con l'interrogazione n. 4-00949, il primo firmatario del presente atto riteneva opportuno conoscere, ai fini di una necessaria e completa trasparenza rispetto alla corretta applicazione della cassa integrazione guadagni straordinaria, la documentazione inerente ai consuntivi relativi alle ore di cassa integrazione guadagni straordinaria utilizzate nell'ultimo biennio dalla stessa Alitalia Spa in amministrazione straordinaria suddivisi per periodi ed aree contrattuali, nonché per qualifiche e/o settori di riferimento, nonché quale fosse stato, nell'ultimo biennio, il monte ore di cassa integrazione guadagni straordinaria concesso ad Alitalia Spa in amministrazione straordinaria e se e con quali criteri quest'ultima fosse stata applicata; tutte richieste, queste, rimaste a tutt'oggi inevase;

   è legittimo immaginare che le procedure di cassa integrazione guadagni straordinaria siano state fino ad oggi avviate nell'ottica di snellire gli organici in una prospettiva di vendita della compagnia aerea –:

   in tale contesto, sulla base di quali valutazioni il Governo ha ritenuto di poter concedere, il 31 ottobre 2018, l'ulteriore ricorso al trattamento d'integrazione salariale, nonostante un ente vigilato dal Governo, l'ispettorato del lavoro di Roma, abbia comminato una multa sull'uso dei riposi e adombrato un illecito sull'utilizzo della cassa integrazione guadagni straordinaria nel comparto-volo.
(2-00168) «Fassina, Fornaro».

(6 novembre 2018)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   è notizia di questi giorni che la storica fabbrica della Pernigotti di Novi Ligure (Alessandria) ha chiuso i battenti;

   la notizia è stata data dai sindacati a seguito di un incontro con i rappresentanti del gruppo turco Toksöz, proprietario della storica azienda dolciaria fondata nel 1868 e marchio storico dell'industria alimentare italiana, conosciuto in tutto il mondo;

   secondo quanto comunicato da fonti sindacali, la proprietà ha sempre negato di voler dismettere le attività nello stabilimento di Novi Ligure e la decisione definitiva di fermare gli impianti appare agli interpellanti essere il frutto consapevole di una serie di omissioni nella veridicità delle informazioni fornite ai rappresentanti dei lavoratori e delle istituzioni locali;

   l'azienda impiega ancora stabilmente 100 persone, ai quali si devono aggiungere i lavoratori stagionali e l'indotto di un'area urbana di circa 75.000 abitanti. Molte famiglie hanno o hanno avuto un componente occupato grazie alla Pernigotti;

   l'azienda ha subito alcuni passaggi di mano che ne hanno impoverito il potenziale: nello stabilimento sono stati raggiunti anche picchi di 600 occupati;

   la famiglia Pernigotti ha ceduto la proprietà alla famiglia Averna nel 1995. Gli Averna non hanno mai investito nell'ammodernamento dei macchinari e nell'evoluzione delle linee produttive, a giudizio degli interpellanti, minando alla base la competitività dell'azienda;

   nel 2013, Averna cede la proprietà a Sanset Food, divisione alimentare del gruppo turco Toksöz. Fin da subito è apparso evidente come l'interesse dei turchi fosse quello di rilevare l'importanza e la storicità del marchio, senza tener conto della storia e della cultura dolciaria del territorio nonché dei lavoratori e delle loro famiglie;

   nel 2015 Toksöz chiude il reparto logistica, che impiegava 50 dipendenti, esternalizzandola a Parma;

   secondo fonti vicine al dossier, l'azienda sarebbe pronta a fare la stessa cosa con il resto dello stabilimento, poiché pare ne abbiano costruito uno nuovo in Turchia;

   in Italia verrà mantenuta solo la rete marketing, a Milano, volta a sostenere la vendita dei prodotti Made in Turchia;

   attraverso una nota stampa, l'azienda ha reso noto di essere alla ricerca di un partner industriale in Italia a cui affidare la produzione e per ricollocare i dipendenti presso aziende del medesimo settore terzisti. Sempre secondo la summenzionata nota, l'azienda sta già dialogando con alcune realtà italiane del settore dolciario;

   dall'analisi della situazione, è difficile fidarsi della dichiarazione di intenti di esternalizzare in Italia. Ad avviso degli interpellanti, appaiono del tutto evidenti le intenzioni del gruppo Toksöz: mantenere la proprietà di un marchio storico e italiano, produrre a basso costo e a bassa qualità in Turchia, vendere in Italia e nel mondo un cioccolatino turco «spacciandolo» per italiano. In altre parole: «delocalizzazione»;

   un comunicato del Ministero dello sviluppo economico ha reso noto che il 15 novembre 2018, alle ore 10, è stato convocato presso il medesimo Ministero il tavolo di crisi, presieduto dal vicecapo di Gabinetto Giorgio Sorial, per discutere della situazione produttiva e occupazionale inerente alla società Pernigotti –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla salvaguardia dei livelli occupazionali, della produzione italiana e della qualità del made in Italy nel corso del tavolo di crisi al Ministero dello sviluppo economico.
(2-00174) «Delmastro Delle Vedove, Lollobrigida, Frassinetti, Meloni».

(9 novembre 2018)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   la conoscenza della storia è elemento essenziale nella formazione dell'uomo e del cittadino e concorre in maniera primaria alla formazione delle idee, permettendo di comparare i diversi accadimenti che hanno caratterizzato nei secoli gli eventi politici anche della propria nazione;

   l'Italia è la culla dell'arte, dell'architettura, della musica e della storia d'Europa;

   per dirla con Cicerone, «la storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera dell'antichità» (De Oratore II, 9, Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis);

   ogni città italiana è ricca di monumenti che richiamano nel nostro Paese milioni di turisti, ognuno dei quali forma parte integrante della storia dell'Occidente;

   secondo i dati rilevati da Alma Laurea, i laureati in storia nell'anno 2018 sono i più flessibili e capaci di adattamento nell'ingresso al mondo del lavoro, e appare quindi quanto mai necessaria la valorizzazione dello studio della materia;

   come detto dal Coordinamento della giunta centrale per gli studi storici e delle Società degli storici, «la scomparsa della tradizionale traccia di Storia dalle tipologie previste per l'esame di maturità sembra seguire un percorso di marginalizzazione della storia nel curriculum scolastico», e «svilire in questo modo la specificità del sapere storico nella formazione scolastica significa inoltre accelerare, forse senza rendersene conto, un processo già in atto di riduzione del significato dell'esperienza del passato come patrimonio di conoscenze per la costruzione del futuro»;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con la circolare del 4 ottobre 2018, n. 3050, e il documento conclusivo del gruppo di lavoro nominato con decreto ministeriale n. 499 del 10 luglio 2017, incaricato di «elaborare proposte per migliorare le competenze, conoscenze e abilità nella lingua italiana degli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado», ha eliminato il tema storico dalle tracce della maturità, in quanto l'ambito storico si troverà solo nel testo di tipo argomentativo;

   questa scelta è stata fatta senza che nessuno abbia mai consultato gli storici, gli insegnanti e gli studenti, nelle scuole e nel mondo accademico –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di salvaguardare il tema storico all'interno dell'esame di maturità.
(2-00171) «Frassinetti, Lollobrigida».

(7 novembre 2018)

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   l'azienda Miteni di Trissino (Vicenza) è da anni al centro di polemiche per il rischio di danno ambientale legato alla produzione di Pfas (sostanze perfluoro-alchiliche utilizzate principalmente per impermeabilizzare carte e stoffe) rilevate, anche attraverso un monitoraggio indicato dall'Unione europea, nelle acque distribuite dalle reti idriche pubbliche e nelle falde, nei fiumi e nei canali;

   la Miteni e la Solvay di Spinetta Marengo costituiscono le uniche due aziende italiane produttrici di Pfas; la Miteni ha continuato a produrre Pfos e Pfoa almeno fino al 2011, anche se, secondo quanto dichiarato dai vertici aziendali, risulterebbe che la Miteni, già nel 2008, abbia presentato al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i dati sulla produzione di Pfas e che su ciò si sia confrontata con l'Istituto superiore di sanità, arrivando poi negli anni successivi a condividere una valutazione dei rischi;

   le Pfas sono riconosciute come «interferenti endocrini» e possono essere all'origine di importanti patologie che colpiscono la tiroide, il fegato, i polmoni, il cervello e i reni;

   da recenti notizie di stampa (www.vicenzatoday.it del 9 e 11 novembre 2018) si apprende della dichiarazione di fallimento, decretata il 9 novembre 2018 dal tribunale di Vicenza, nei confronti della Miteni;

   dalle stesse fonti giornalistiche risulterebbe, come dichiarato dai vertici aziendali, che sarebbe pronta una nuova cordata di imprenditori per l'acquisizione dell'azienda, in sostituzione del vecchio socio germanico-lussemburghese Icig;

   emergono alcuni dubbi sull'operazione, anche in considerazione di alcuni elementi evidenziatisi nell'istanza di proroga di concordato, presentata l'11 settembre 2018 dai legali della Miteni, in cui venivano menzionate alcune aziende che sarebbero state interessate ad un'eventuale ipotesi di acquisizione della Miteni, come la Aarti Industries, azienda indiana con circa 400 milioni di dollari di fatturato operante nel settore chimico-farmaceutico e di K capital Investment Ltd, con un fatturato, come riportato sul portale dedicato, di 100 milioni di fatturato, sul cui dominus, Matteo Pinciroli, sussistono numerosi dubbi legati alla grave posizione debitoria dello stesso, da tempo portata all'attenzione dell'opinione pubblica;

   occorre altresì sottolineare le lungaggini processuali e la posizione della procura della Repubblica di Vicenza, la quale, nonostante i diversi solleciti e la richiesta di avocazione delle indagini da trasferire alla procura della Repubblica di Venezia, avanzata dall'interrogante il 26 ottobre 2018 e diretta ad un intervento tempestivo ed incisivo sulla vicenda che ha come protagonista l'azienda Miteni, ad oggi non ha ancora promosso le opportune misure cautelari, nonostante le prove sulla continuità della fonte di inquinamento –:

   se, alla luce di quanto descritto in premessa, il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti, quali iniziative di competenza intenda adottare, in primis al fine di intervenire tempestivamente sulla vicenda sopra riportata, con l'obiettivo di tutelare la salute pubblica, ovvero quella delle popolazioni residenti nei territori limitrofi agli stabilimenti della Miteni, seriamente minacciata dalla presenza di Pfas, che da oltre 30 anni potrebbero aver infettato il sangue di circa 300 mila veneti, e, in secondo luogo, se non ritenga necessario assumere iniziative per prevedere un aumento delle risorse economico-finanziarie finalizzate a sopperire alla cronica carenza di organico e di fondi lamentata dalla maggior parte delle sedi giudiziarie.
(2-00178) «Businarolo, Piera Aiello, Ascari, Barbuto, Cataldi, D'Orso, Di Sarno, Dori, Di Stasio, Giuliano, Palmisano, Perantoni, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Deiana, Del Grosso, Del Monaco, Di Lauro, D'Incà, D'Ippolito, Donno, D'Uva, Ehm, Emiliozzi, Ermellino, Faro, Federico, Ficara, Flati, Ilaria Fontana, Frate, Frusone, Galantino, Cunial».

(13 novembre 2018)

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi si sono verificati una serie di incendi che hanno interessato i siti di stoccaggio dei rifiuti della provincia di Caserta;

   il 1° luglio di quest'anno un incendio era scoppiato nel cortile dell'Ecologia Bruscino di San Vitaliano;

   il 25 luglio un incendio si è sviluppato alla Di Gennaro di Caivano;

   il 23 agosto scorso un incendio ha interessato lo Stir di Casalduni;

   a fine settembre un altro incendio si era sviluppato nella zona industriale di Pignataro;

   il 26 ottobre scorso era andata in fumo anche un'azienda di Marcianise che tratta rifiuti, la Lea srl;

   l'Agenzia regionale per la protezione ambientale della regione Campania (Arpac) ha rilevato, nel giorno dell'incendio che si è sviluppato alla Lea srl di Marcianise, una concentrazione di diossina 160 volte superiore ai limiti di riferimento;

   nella serata del 1° novembre 2018 è scoppiato un incendio di grandi dimensioni all'interno del Cdr di Santa Maria Capua Vetere, impianto di tritovagliatura e imballaggio dei rifiuti;

   il rogo ha coinvolto un capannone contenente tonnellate di rifiuti pronti per essere trasferiti al termovalorizzatore di Acerra;

   il fumo ha invaso tutta la zona circostante, coinvolgendo soprattutto le prime case dell'abitato di Santa Maria Capua Vetere e parte del comune di Marcianise;

   stando ad una prima ricostruzione dei vigili del fuoco, il rogo sarebbe di natura dolosa;

   il 2 novembre 2018 un incendio ha distrutto i capannoni della Ex Matese, a Santa Maria a Vico, ora deposito di rifiuti;

   il fenomeno in crescita negli ultimi mesi, sembra essere la prova di un'attività criminale dotata di notevoli capacità operative ed organizzative;

   la lunga serie di incendi sembrerebbe essere l'ennesimo atto che attesta la presenza della criminalità organizzata in un settore delicato ed importante;

   di questo passo non è difficile prevedere che gli incendi non finiranno –:

   se, alla luce della gravissima situazione che interessa i suddetti ambiti territoriali, non si intendano adottare iniziative straordinarie, per quanto di competenza, al fine di rendere più sicuri la gestione ed il controllo dei siti di stoccaggio dei rifiuti.
(2-00180) «Buompane, Maraia, Del Monaco, Grimaldi, Iorio, Del Sesto, Giovanni Russo, Daga, Deiana, D'Ippolito, Federico, Ilaria Fontana, Licatini, Alberto Manca, Ricciardi, Rospi, Terzoni, Traversi, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi, Masi, Melicchio, Migliorino, Misiti, Nitti, Olgiati, Orrico, Pallini, Papiro, Paxia, Penna, Perconti, Raduzzi, Rizzo, Romaniello, Roberto Rossini, Ruggiero, Ruocco, Scanu, Scerra, Segneri, Giannone».

(13 novembre 2018)

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la salute delle persone e la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema sono valori assoluti;

   il fiume Sarno è forse il fiume più inquinato d'Italia (se non addirittura d'Europa) e l'alto allarme sociale ad esso connesso deriva anche dal fatto che detto fiume, lungo di per sé soltanto 24 chilometri, considerando i torrenti collegati Solofrana e Cavaiola, interessa tre province campane e ben trentanove comuni, per cui la relativa ed oramai perenne emergenza ambientale, sanitaria ed economica coinvolge una popolazione di circa 800 mila abitanti;

   ad oggi sono stati spesi per la bonifica di detto fiume ingenti capitali pubblici (più di 700 milioni di euro) senza che alcun intervento abbia operato in modo risolutivo sui problemi esistenti;

   numerose analisi dell'Arpac (Agenzia regionale protezione ambientale della Campania), delle Asl e numerose documentazioni scientifiche dimostrano il pericolo per la salute umana correlato alla situazione dell'area del bacino idrografico del Sarno, potendo, l'acqua inquinata da residui tossici e nocivi, entrare nella catena alimentare provocando un grave disastro ambientale;

   tale situazione di inquinamento del bacino idrografico del fiume Sarno assume giorno dopo giorno dimensioni sempre più consistenti a causa della ininterrotta contaminazione delle acque, della flora e della fauna, con portata distruttiva per l'ambiente, per le persone e per un numero indefinito di specie animali e vegetali, tanto da farne l'emblema del degrado delle acque di superficie;

   nei giorni scorsi, a seguito della grave ondata di maltempo che ha interessato l'intera Penisola, in prossimità della foce del Sarno diverse tonnellate di rifiuti e di materiale plastico (bottiglie e contenitori di polistirolo) hanno attraversato impetuosamente il letto del fiume, depositandosi in prossimità di un tronco di albero caduto tra le due sponde del fiume all'incrocio tra via Fondo d'Orto e via Ripuaria;

   l'arbusto di imponenti dimensioni – oltre a causare problemi al regolare deflusso delle acque, che esondando hanno costretto tre famiglie per diverse ore a restare rinchiuse nelle loro case – ha, provvidenzialmente è il caso di dire, intercettato e frenato la notevole quantità di materiale plastico, dunque chimico, che, seguendo la direzione della corrente, si sarebbe riversato in mare, con enormi danni al contesto ambientale, nonché all'ecosistema marino;

   detto materiale inquinante proveniva evidentemente dalla parte alta del letto del fiume lungo il quale scorreva ed appariva costituire l'esito di possibile deposito ed accumulo illecito lungo il greto del letto del fiume, nonché di abusivo sversamento nel medesimo;

   ad aggravare ulteriormente la situazione già di per sé drammatica appena descritta, si aggiunge in questi ultimi giorni il «braccio di ferro» a cui i cittadini sono costretti ad assistere sulla gestione della griglia per macroinquinanti posizionata nei pressi della foce del Sarno. Una struttura, fatta installare nel 2007 da generale Roberto Jucci, all'epoca commissario straordinario per il risanamento del Sarno, allo scopo di trattenere in estate gli scarti della lavorazione dei pomodori ed evitare che finissero in mare, rovinando la stagione balneare, affidandone la gestione alla provincia di Napoli, oggi città metropolitana e al genio civile di Salerno. Un'opera ben presto finita nel dimenticatoio, nonostante i primi milioni di euro spesi, tanto che, ad appena due anni dal suo posizionamento già smise di funzionare, dando inizio ad un «balletto» di responsabilità in merito alla sua gestione tra la città metropolitana di Napoli, il genio civile di Salerno, ma anche e soprattutto la regione che avrebbe dovuto fare la sua parte in qualità di responsabile dei corsi d'acqua in Campania;

   come se non bastasse, nelle ultime ore, tale griglia si è staccata dai supporti ed è parzialmente sprofondata nel fiume, finendo a contatto con il greto sottostante. Un cedimento strutturale che, data la dinamica, potrebbe essere stato causato da un atto di vandalismo compiuto per complicare le attività di tutela ambientale messe in atto nei giorni successivi alla grave ondata di maltempo;

   nel territorio interessato sono compresi i poli industriali agroalimentare, conciario e ceramico, oltre ad altre industrie di piccolissime, medie e grandi dimensioni (come la Novartis), che se, da un lato, hanno rappresentato le industrie traino per l'economia delle aree in questione, dall'altro invece si sono rivelate negli ultimi 40 anni la più ingente fonte di inquinamento ambientale di una zona caratterizzata dall'eccezionale fertilità del suolo, prevalentemente vulcanico, e ricca di bellezze naturali e paesaggistiche (il parco nazionale del Vesuvio, il parco regionale del fiume Sarno, i monti di Sarno e i monti Lattari) nonché di un patrimonio storico ed archeologico unico al mondo;

   oltre all'inquinamento industriale il Sarno riceve un massiccio carico di origine civile derivante dalla mancata o non efficace depurazione delle acque reflue di aree densamente popolate, oltre alla presenza di numerosi scarichi abusivi in alveo sia di natura civile che industriale;

   la legge n. 68 del 2015, che ha introdotto i delitti ambientali nel codice penale, riempiendo una lacuna giuridica e rafforzando gli strumenti per combattere illeciti e illegalità, è stato il primo anello, di importanza epocale, di una catena più lunga che va costruita con l'obiettivo di innalzare i controlli ambientali e di tutelare l'ambiente, la salute e le imprese sane –:

   quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere il Governo, per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, in merito agli elementi di criticità sopra esposti, per impedire l'aggravamento della situazione ambientale dell'area;

   se, considerata la gravità dei fatti esposti, non si intendano assumere iniziative, anche normative, per fronteggiare il dissesto ambientale che l'inquinamento del fiume Sarno sta provocando, anche prevedendo la reintroduzione del bacino idrografico del fiume Sarno tra i siti da bonificare di interesse nazionale, da cui tale bacino è stato escluso con il decreto ministeriale dell'11 gennaio 2013.
(2-00181) «Vitiello, Schullian».

(13 novembre 2018)

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, per sapere – premesso che:

   le aziende specializzate nell'allevamento di ovini per la produzione di latte in Italia sono per lo più localizzate in Sardegna, che è la prima regione italiana per consistenza del patrimonio con una concentrazione di oltre il 45 per cento dei capi nazionali (fonte Istat, 2017), e la quasi totalità degli oltre 12.000 allevamenti ovini esistenti in Sardegna è destinato alla produzione di latte;

   i bilanci economici delle aziende sarde di produzione di latte ovino hanno mostrato, soprattutto negli ultimi anni, una forte sofferenza generale, non compensata neppure dal sostegno Pac (incluso il premio accoppiato) che ha rappresentato circa un terzo dei ricavi complessivi. La produzione lorda vendibile aziendale si è attestata su valori esigui a causa di prezzi del latte molto bassi e di livelli contenuti di produttività per effetto delle condizioni climatiche sfavorevoli, le quali hanno, inoltre, impattato negativamente sui costi di produzione facendo lievitare in modo eccezionale i costi per l'acquisto di foraggi conservati e alimenti concentrati;

   la scheda del settore ovicaprino elaborata da Ismea nel dicembre dell'anno scorso, che ha messo a confronto i prezzi all'origine del latte di Lazio, Toscana e Sardegna nel corso degli anni 2015-2016-2017, ha evidenziato un significativo calo del prezzo del latte in tutte le tre aree italiane, ma, in particolare, ha messo in risalto il drastico e singolare calo del prezzo in Sardegna: dai 100,00 euro circa per 100 litri di latte del 2015 ai 60,00 euro circa per 100 litri di latte dell'agosto 2017, anno in cui il prezzo del latte ha toccato i minimi storici;

   la caduta verticale del prezzo del latte è stata causata dalla sovrapproduzione di pecorino romano: i trasformatori, visti i prezzi elevati della dop, hanno concentrato le produzioni su questo prodotto, saturando il mercato e portando il prezzo del romano dai quasi 10 euro al chilogrammo dell'estate 2015 ai 4,20 euro al chilogrammo del 2017 con una perdita di oltre 150 milioni di euro. Perdite fatte ricadere tutte sull'anello più debole della filiera, il pastore, che ha così pagato le inefficienze e la mancanza di programmazione dei trasformatori;

   ci si trova di fronte ad una vera e propria crisi del prezzo del latte dovuta ad un'eccessiva volatilità dei prezzi e ad una mancanza di trasparenza nella filiera di produzione e trasformazione. Oggi non esiste nessun tipo di controllo diretto o indiretto sul prezzo dei fattori di produzione e quindi sulla remunerazione del latte e sul prezzo del lavoro dei pastori sardi. Il prezzo del latte continua ad essere dettato da una parte della filiera e non dal mercato e i pastori non sono messi in condizione di poter conoscere i dati e avere gli stessi strumenti della controparte per poter sedersi ad un tavolo e contrattare il prezzo più adeguato. Non esiste programmazione e c'è una parte della filiera che specula e si concede ancora oggi il lusso (si veda la scorsa annata) di socializzare i debiti e le sue incapacità;

   i piccoli interventi emergenziali, anche se necessari, fino ad oggi si sono dimostrati soltanto dei palliativi destinati a esaurire i loro effetti nel corso delle singole annualità –:

   quali iniziative intenda intraprendere, anche attraverso l'attivazione di un tavolo istituzionale per l'avvio di un efficace monitoraggio delle produzioni del latte e una programmazione del comparto che possa portare alla definizione di elementi di governabilità, in un sistema senza regole chiare, al fine di garantire un reddito più adeguato ai pastori sardi e di controllare il prezzo del latte.
(2-00177) «Cadeddu, Cassese, Cillis, Cimino, Del Sesto, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lombardo, Maglione, Alberto Manca, Maraia, Marzana, Parentela, Pignatone, Cataldi, Chiazzese, Ciprini, Colletti, Corda, Costanzo, Cubeddu, Currò, Daga, Dall'Osso, Sabrina De Carlo, De Giorgi, De Girolamo, De Lorenzis, De Lorenzo, De Toma».

(13 novembre 2018)

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   nel 2012 l'allora direttore risorse umane di Ferrovie dello Stato, Domenico Braccialarghe, in merito alla vertenza ex Servirail, si era impegnato, testualmente, a «fare riferimento al bacino degli ex lavoratori di cui trattasi, ad oggi non ancora occupati, per le future esigenze di assunzioni delle società del Gruppo» e prometteva: «Tutti coloro che – ancorché nel frattempo occupati negli appalti – risulteranno in possesso del titolo di studio previsto ed avranno carichi pendenti e casellario negativi, saranno destinatari di una selezione prioritaria e riservata, finalizzata all'assunzione presso le società del Gruppo, per le esigenze che si renderanno necessarie sull'intero territorio nazionale»;

   delle originarie 800 unità della vertenza degli ex cuccettisti solo un numero esiguo di lavoratori siciliani, 22 unità, sono ancora in attesa di essere riassorbiti;

   nello scorso mese di agosto, a quanto consta agli interpellanti, Rete ferroviaria italiana avrebbe manifestato il proposito di emanare a breve un bando per l'assunzione di personale, circa 50 risorse in Sicilia, da dedicare ai lavori di manovra treni e alla manutenzione dei mezzi d'opera, precisando che il bando sarebbe stato aperto anche a professionalità con esperienze pregresse nell'ambito dell'indotto ferroviario;

   visto che si tratta di una vertenza che va avanti dal 2010-2011, tale disponibilità sarà solo lettera morta se nel bando non sarà previsto per questi lavoratori, che oramai hanno raggiunto una certa anzianità anagrafica, una deroga ai limiti di età solitamente previsti dai bandi per le assunzioni del gruppo Ferrovie dello Stato;

   trattandosi di lavoratori di mezza età, in una selezione per titoli difficilmente riusciranno a primeggiare rispetto a chi si è formato in anni recenti, questo non certo a causa di una minore preparazione, ma per effetto dei cambiamenti in questi anni avvenuti nel mondo dell'istruzione e della formazione;

   per rendere quindi concrete le promesse fatte al tempo dal gruppo Ferrovie dello Stato sarebbe dunque necessario riservare una quota di posti a questa categoria di lavoratori ex cuccettisti, ex Servirail;

   in realtà, in riferimento alle 700 assunzioni che Rete ferroviaria italiana effettuerà nel biennio 2019-2020, ben 80 unità saranno assunte in Sicilia, come da nota inoltrata dalla direzione risorse umane alle organizzazioni sindacali il 28 settembre 2018 –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non intenda, per quanto di competenza, intervenire presso il gruppo Ferrovie dello Stato affinché si impegni ad una assunzione prioritaria dei lavoratori «ex Servirail», anche in deroga ai limiti di età che Ferrovie dello Stato prevede per la selezione di queste unità, riservando loro una percentuale di posti nell'ambito delle risorse umane da assumere.
(2-00179) «Raffa, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Paolo Nicolò Romano, Scagliusi, Serritella, Spessotto, Termini, Galizia, Gallo, Giannone, Giarrizzo, Giordano, Giuliodori, Grande, Grimaldi, Gubitosa, Ianaro, Invidia, Iorio, Iovino, Lattanzio, Licatini, Gabriele Lorenzoni, Lovecchio, Maniero, Manzo, Mariani, Martinciglio».

(13 novembre 2018)

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