TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 131 di Giovedì 21 febbraio 2019

 
.

MOZIONI CONCERNENTI LA REALIZZAZIONE DELLA SEZIONE TRANSFRONTALIERA DELLA NUOVA LINEA FERROVIARIA TORINO-LIONE

   La Camera,

   premesso che:

    la rilevanza della tratta dell'alta velocità ferroviaria Torino-Lione è consolidata non solo in numerosi voti del Parlamento italiano, ma anche nel comune sentire delle popolazioni locali che, già in occasione delle elezioni politiche del 2018, ma anche recentissimamente, con manifestazioni cui hanno partecipato decine di migliaia di cittadini e centinaia di amministratori locali dell'area interessata dai lavori o dalle ricadute dell'opera, hanno chiaramente mostrato di appoggiarne la realizzazione;

    per la realizzazione della nuova linea Torino-Lione, l'Italia ha sottoscritto il 30 gennaio 2012 un accordo con la Francia, ratificato da entrambi i Paesi (per l'Italia con la legge 23 aprile 2014, n. 71). Per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea il 24 febbraio 2015 Francia e Italia hanno sottoscritto un altro accordo, ratificato con la legge del 5 gennaio 2017, n. 1;

    il progetto definitivo italiano è stato approvato con la delibera del Cipe del 20 febbraio 2015, n. 19; con decisione ministeriale del 2 giugno 2015, anche la Francia ha approvato il proprio «progetto di riferimento»;

    l'Unione europea ha deciso di cofinanziare tale opera nell'ambito del programma Connecting Europe facility (CEF), lo strumento finanziario dell'Unione europea diretto a migliorare le reti europee nei settori dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni, con un finanziamento, fino all'anno 2019, pari al 40 per cento dell'ammontare delle opere;

    il costo del tunnel transfrontaliero, i cui lavori dovrebbero entrare a pieno regime a inizio 2019, è di 8,6 miliardi di euro (costo certificato da un ente terzo), di cui il 40 per cento, come detto, a carico dell'Unione europea, il 35 per cento a carico dell'Italia (circa 3 miliardi di euro), il 25 per cento della Francia. Il costo totale della Torino-Lione a carico dell'Italia, quantificato dalla delibera del Cipe 28 febbraio 2018, è di circa 6 miliardi di euro, di cui circa 3 già disponibili. Entro il 2019 è prevista l'assegnazione degli appalti per 81 bandi di gara (43 in Italia), per un totale di 5,5 miliardi di euro. Questo procedimento è al momento bloccato in quanto la società Tunnel Euralpin Lyon Turin (Telt, promotrice della sezione transfrontaliera), che avrebbe dovuto pubblicare il bando di gara internazionale per 2,3 miliardi di euro entro l'estate 2018, ha deciso di non farlo, in attesa dell'analisi costi-benefici prevista dal Governo che avrebbe dovuto essere pronta già a novembre 2018, due mesi dopo la dead line fissata nel planning dei lavori concordato con l'Unione europea per la concessione dei finanziamenti, con rischio di perdita, in tutto o in parte, degli stessi. Talune fonti stimano in 3,4 miliardi di euro il costo per lo Stato del blocco definitivo della Tav, considerando gli oneri per la rescissione dei contratti, gli appalti già avviati, il ripristino degli scavi e le penali;

    gli enti territoriali del Piemonte e le comunità locali della Valle di Susa e del Torinese, interessati dal passaggio della nuova linea Torino-Lione, hanno da tempo sviluppato proposte programmatiche, nell'obiettivo di assicurare il miglior raccordo tra la nuova opera ed il sistema socioeconomico locale; in particolare, nel progetto Smart Susa valley (SSV), approvato nell'ottobre del 2013, sono raccolte le proposte di valorizzazione e sviluppo del territorio interessato dalla nuova linea Torino-Lione. Le ipotesi di lavoro connesse al documento sono state condivise nelle linee iniziali con tutti sindaci del territorio, compresi quelli contrari al progetto, in una riunione plenaria svoltasi in regione il 18 giugno 2012, alla presenza dei presidenti di regione e provincia;

    la regione Piemonte, la società Tunnel Euralpin Lyon Turin (Telt, promotrice della sezione transfrontaliera) ed il commissario di Governo hanno proposto nel maggio 2017 un protocollo d'intesa chiamato «patto del territorio», dando attuazione alla legge regionale n. 4 del 2011, denominata «cantieri, sviluppo, territorio», per la gestione delle misure compensative connesse all'opera in favore della Val di Susa. Tale patto prevede:

     a) la realizzazione di opere di mitigazione previste e prescritte nel progetto a carico della Telt, destinate, tra l'altro, a ridurre gli impatti territoriali, ivi compreso l'interramento degli elettrodotti e la rinaturalizzazione delle aree asfaltate;

     b) gli interventi di accompagnamento al cantiere, a carico della regione ai sensi della legge regionale n. 4 del 2011, destinati a intercettare in sede locale le opportunità di lavoro e sviluppo prodotte dai cantieri, in particolare in relazione alla qualificazione e all'impiego dei lavoratori locali e all'utilizzo di imprese locali. Questa parte del progetto prevede anche il miglioramento della ricettività locale per gli operai dei cantieri, mediante ripristino del patrimonio edilizio locale;

     c) gli interventi definiti di «compensazione ambientale, territoriale e sociale» posti in essere dalla regione, anche per il tramite della Società di committenza della regione Piemonte (SCR) o di Finpiemonte, e quantificati nelle deliberazioni del Cipe, che hanno come obiettivo lo sviluppo sostenibile e durevole del territorio;

    nel documento condiviso del dicembre 2017, redatto dall'Osservatorio per l'asse ferroviario Torino-Lione, sono raccolti e sintetizzati gli interventi di valorizzazione territoriale e di mitigazione dell'area della Val Di Susa, previsti sulla base delle risorse disponibili a quella data. Con la delibera n. 67 del 7 agosto 2017, il Cipe ha stanziato ulteriori 57,26 milioni di euro per le opere compensative per i territori interessati dai lavori, portando così a 100 milioni di euro le risorse complessive per le misure di accompagnamento alla nuova linea Torino-Lione. A tale cifra fa riferimento il documento condiviso redatto dall'Osservatorio nel dicembre 2017;

    Telt prevede il coinvolgimento di 20 mila imprese, tra appalti e subappalti, e di 8.000 lavoratori (diretti e indotto). In tale ambito il patto per il territorio, prevede particolare attenzione alle imprese e alle maestranze locali:

     a) per quanto riguarda le imprese, il patto, in attuazione della citata legge regionale n. 4 del 2011, prevede di favorire le aggregazioni di impresa per aumentare la loro competitività in termini di capacità e qualificazione ad aggiudicarsi gli appalti anche riuniti in consorzio o in associazione temporanea di imprese. Pur non potendo inserire premialità esplicite nei capitolati, il patto prevede accorgimenti a vantaggio delle aziende del territorio. Ad esempio, nelle offerte sarà valutato positivamente tutto ciò che «saprà riqualificare oltre che costruire»; inoltre, le spese per vitto e alloggio dovranno essere conteggiate dall'impresa all'interno dell'offerta economica;

     b) per quanto riguarda l'occupazione locale, il patto prevede che si dovranno formare, e in parte sono già formati, operai e tecnici in grado di rispondere ai profili richiesti, per creare, tramite la regione, un albo ufficiale di lavoratori dotati di specifiche qualificazioni al quale anche le aziende esterne al territorio potranno attingere, con priorità di coloro che, residenti nell'area interessata dall'opera, hanno perso la propria occupazione o sono in cerca di prima occupazione. A tal fine si è costituito, già dai primi mesi del 2016, un tavolo di confronto con le associazioni datoriali in merito al sistema della formazione professionale e alle opportunità di occupazione derivanti dalla realizzazione dell'opera;

    giova affermare, condividendo quanto accertato da innumerevoli analisi e confermato dall'Osservatorio, che le compensazioni di carattere ambientale, territoriale e sociale connesse alla realizzazione della Torino-Lione non costituiscono il risarcimento di un danno ambientale, la cui insussistenza viene garantita dal progetto approvato e dal controllo operato sulla sua esecuzione. La natura di tali compensazioni ha invece a che fare con l'impegno del territorio, con i disagi connessi alla presenza pluriennale dei cantieri;

    l'irrilevanza e la strumentalità della questione ambientale posta dagli oppositori della Torino-Lione è evidenziata da diversi elementi:

     a) dal 1997 ad oggi la quota di traffico merci su tir che utilizza le autostrade tra Italia e Francia è passata dal 77 per cento al 93 per cento, con un forte impatto sull'ambiente lungo questa parte dell'arco alpino. I dati sono contenuti nel rapporto «Verifica del modello di esercizio per la tratta nazionale lato Italia», redatto dall'Osservatorio per l'asse ferroviario Torino-Lione. Nel 2016 l'arco alpino occidentale è stato attraversato da 42,5 milioni di tonnellate di merci, con quasi 2 milioni e 800 mila tir. I valichi svizzeri sono attraversati da 40,4 milioni di tonnellate di merci, ma i tir sono meno di un milione, perché il 70 per cento delle merci viaggia su treno. Dopo il calo dei volumi di traffico tra il 2007 ed il 2013, dal 2014 gli scambi sono di nuovo in crescita (+6,6 per cento in tre anni). Il dato annuo complessivo del 2017 registra al tunnel autostradale del Frejus un +4,83 per cento di traffico pesante rispetto al 2016, pari a 344.141 mezzi in direzione Italia, 396.453 in direzione Francia, per un totale di 740.594 mezzi all'anno. Con tutte le conseguenze ambientali che ne derivano! Nel solo mese di gennaio 2018 al Frejus sono transitati 29.421 mezzi pesanti in direzione Italia, 35.439 in direzione Francia, per un totale di 64.860 tir, pari a circa 2.092 mezzi al giorno, con un +12,14 per cento rispetto al mese di gennaio 2017 (fonte Sitaf spa). Secondo i dati relativi al 2017 pubblicati dal Governo francese, il totale degli scambi solo fra Francia-Italia (import + export) nel 2017 ha raggiunto il livello record di 76,6 miliardi di euro, in aumento dell'8,3 per cento rispetto al 2016. Il deficit bilaterale Italia-Francia risulta essere in favore del nostro Paese per 6,3 miliardi di euro (+4,1 per cento rispetto al 2016);

     b) il traffico sull'attuale linea ferroviaria continua a diminuire e questo per gli oppositori della Tav è argomento sufficiente per dimostrare l'inutilità della nuova linea Torino-Lione. La verità è che la linea attuale ha caratteristiche infrastrutturali tali da non consentire di reggere la concorrenza della strada e delle linee più moderne come quelle svizzere: in particolare, ha forti pendenze che richiedono di usare due o addirittura tre locomotrici per trasportare treni con capacità di carico minore di quelli che passano dalla Svizzera. Per essere competitivo il mercato ferroviario oggi richiede: sagome maggiori dei vagoni (P/C80), treni lunghi (750 metri) e pesanti (1600-2000 tonnellate). Perciò sono necessari tracciati meno tortuosi e pendenze ridotte: lo standard europeo per linee promiscue di treni viaggiatori e treni merci è al 12,5 per mille, il sistema promiscuo di alta velocità italiano accetta pendenze fino al 21 per mille, ma non supera il 18 per mille;

     c) i lavori durati 8 anni (2003-2011) per adeguare il vecchio tunnel alla sagoma P/C45 sono costati 380 milioni di euro (200 all'Italia e 180 alla Francia), ma non sono riusciti a rendere la linea adeguata agli standard (e ai costi) richiesti dal mercato. La galleria del Frejus, inoltre, non risponde agli standard di sicurezza contemporanei, previsti dalle normative europee. A causa di ciò la capacità effettiva della galleria risulta di 94 treni al giorno, di cui 60 destinabili alle merci (circa 6 milioni di tonnellate annue), contro i 200 treni (di cui 150 per le merci) previsti già nel 2007. Per fronteggiare questa grave carenza si dovrebbe progettare l'adeguamento della vecchia tratta di valico. I costi dell'adeguamento della sola galleria sono stimati nell'ordine dei 1,4-1,7 miliardi di euro e i tempi previsti sono lunghi. Tuttavia, non potendosi modificare l'acclività e i raggi di curvatura della vecchia linea, rimarrebbe la sua intrinseca non competitività. Che oggi costa circa 10 milioni di euro l'anno a Francia e Italia in sussidi agli operatori che scelgono di utilizzare comunque la linea storica. Tali sussidi si dimostrano insufficienti ad evitare la continua emorragia di traffico e comunque dovrebbero rimanere nei prossimi anni;

     d) quando sarà operativa la Tav sarà nettamente più competitiva del trasporto su gomma, generando come effetto una rilevantissima riduzione dei carichi inquinanti e del traffico stradale. La sezione transfrontaliera si estende per circa 66 chilometri tra Saint-Jean-de-Maurienne in Savoia e Susa/Bussoleno in Val Susa (Piemonte). L'elemento fondamentale della sezione è la galleria a doppia canna di 57,5 chilometri (45 chilometri in Francia e 12,5 chilometri in Italia circa). Questa galleria ha una pendenza massima del 12,5 per mille, trasformando la linea esistente di montagna (linea Torino-Bardonecchia-Modane-Lione), in una linea di pianura. Vengono così superati i dislivelli che oggi comportano un costo energetico di attraversamento per i treni merci del 40 per cento in più;

     e) un documento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sulla «territorializzazione» dell'opera (gennaio 2013), redatto quindi prima della revisione in riduzione dell'opera, effettuata dal Governo nel 2016, esplicita l'evidenza che il consumo totale di suolo previsto per l'intera sezione transfrontaliera della Torino-Lione (lato in Italia) è meno di un decimo del consumo medio di suolo dei comuni della valle;

    da quanto sopra esposto appare evidente che la nuova linea Torino-Lione è un'opera di elevatissima valenza, in quanto riesce a coniugare sviluppo economico, ammodernamento delle reti di collegamento nazionali e continentali e, contestualmente, rilevantissima riduzione degli impatti ambientali di solito connessi a queste attività. Senza considerare il deciso incremento della sicurezza generale;

    il quadrilatero produttivo italo-francese, che si colloca grosso modo a sud e ad ovest delle Alpi, pesa in Europa di più che il potente meridione della Germania, il doppio della grande Londra, 1,7 volte i Paesi Bassi e più di due Svezie o di due Polonie. I numeri parlano chiaro: il Nord Ovest Italia ha un prodotto interno lordo di 549 miliardi di euro, il Nord Est Italia di 387 miliardi di euro, il Rodano-Alpi di 217 miliardi di euro e l'Alvernia di 39 miliardi di euro. L'area economica che va da Trieste a Lione, passando per Treviso, Padova, Verona, Bologna, Milano, Novara, Torino e Grenoble, nel 2016 ha generato un prodotto interno lordo di 1.191 miliardi di euro, più grande di quello della Spagna (1.118 miliardi di euro) e della somma di due colossi come il Baden-Württenberg e la Baviera (1.049 miliardi di euro insieme). La macroregione subalpina del Nord Italia e del Centro-Est della Francia è uno snodo cruciale dell'economia continentale e come tale necessita di tutte le opere infrastrutturali, Tav in primis, che possano rendere quest'area più competitiva, rilanciando l'economia di quei territori, in ritardo di sviluppo o in declino, che da queste opere sono interessati;

    va, quindi, colta come irripetibile l'occasione di rilancio economico che si presenta alla Val di Susa e, più in generale, a tutta questa parte del Piemonte, Torino compresa. Va, altresì, colta come irripetibile l'occasione di sviluppo che si offre all'intero Paese e alle sue imprese in termini di generazione di prodotto interno lordo incrementale, di lavoro, di miglioramento della dotazione infrastrutturale, di ingresso a pieno titolo nelle grandi reti di collegamento europeo, nel caso in questione, di quella che va Lisbona a Kiev e che si collega, idealmente e materialmente, con la «Via della Seta», fino al cuore della Cina;

    nel corso di questi mesi lo scontro sociale e tra le forze politiche, anche interne alla stessa maggioranza di Governo, sulla nuova linea Torino-Lione si è ulteriormente acuito, anche a causa del sistematico utilizzo di prassi dilatorie poste in essere con l'intento di procrastinare le decisioni, che si risolvono, tuttavia, in danno dello sviluppo economico delle aree interessate e generale, delle imprese e della credibilità internazionale del Paese. La stessa ipotesi referendaria tra le popolazioni interessate, sia pure benvenuta in termini di chiarezza, comporta ulteriori impegni temporali,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per consentire lo sblocco delle gare per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, ottemperando agli impegni internazionali assunti dall'Italia con gli accordi con la Francia del 30 gennaio 2012, ratificato con la legge 23 aprile 2014, n. 71, e del 24 febbraio 2015, ratificato con la legge del 5 gennaio 2017, n. 1, nonché con il relativo protocollo addizionale, con allegato, fatto a Venezia l'8 marzo 2016, con annesso regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016;

2) ad adottare iniziative per rafforzare l'intervento in favore delle aree e delle popolazioni interessate dalla realizzazione dell'opera, valutando la possibilità di incrementare sino a 150 milioni di euro l'impegno a carico dello Stato per le opere compensative destinate ai territori interessati dalla realizzazione dell'alta velocità Torino-Lione, vincolando una parte non inferiore ad un terzo di tale quota incrementale allo sviluppo delle attività economiche e dell'occupazione della Valle di Susa sulla base delle ulteriori proposte di intervento presentate dalle amministrazioni locali, nonché dalle associazioni datoriali e di categoria;

3) ad adottare iniziative per prevedere ulteriori incentivi e defiscalizzazioni, quale ulteriore forma di compensazione territoriale, dando corso alle progettualità esposte in premessa e valutando altresì la possibilità di istituire una zona franca nell'area geografica interessata dalle opere compensative per la nuova linea ferroviaria Torino-Lione, col fine di favorire l'insediamento di nuove imprese e lo sviluppo del tessuto imprenditoriale già presente sul territorio.
(1-00103) «Porchietto, Ruffino, Napoli, Rosso, Giacometto, Pella, Sozzani, Zangrillo, Occhiuto, Cannatelli, Fiorini, Mulè».

(15 gennaio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    in data 30 gennaio 2012, l'Italia ha firmato un accordo con la Francia, ratificato dai due Paesi (l'Italia con legge 23 aprile 2014, n. 71), per la realizzazione del nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione;

    il suddetto accordo ha previsto che la ripartizione dei costi dell'opera è fissata nella misura del 57,9 per cento a carico dell'Italia e del 42,1 per cento a carico della Francia, detratto il contributo europeo e la parte finanziata dai pedaggi versati dalle imprese ferroviarie, fino al valore del costo certificato a valore gennaio 2012;

    il 24 febbraio 2015 Francia e Italia hanno sottoscritto un altro accordo «per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino Lione»;

    il 2 marzo 2016 la commissione intergovernativa ha licenziato il testo di tale protocollo addizionale. La firma del protocollo addizionale, avvenuta l'8 marzo 2016 in occasione del vertice bilaterale italo-francese di Venezia, e la successiva validazione del regolamento dei contratti, avvenuta il 7 giugno 2016 da parte della commissione intergovernativa, hanno completato l’iter procedurale;

    il suddetto accordo risulta ratificato con la legge n. 1 del 5 gennaio 2017, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 9 del 12 gennaio 2017, ed è in vigore dal 1° marzo 2017;

    la sezione transfrontaliera si estende per circa 66 chilometri tra Saint-Jean-de-Maurienne in Savoia e Susa/Bussoleno in Val Susa (Piemonte). L'elemento fondamentale della sezione è la galleria a doppia canna di 57,5 chilometri (45 chilometri in Francia e 12,5 chilometri in Italia circa), che, con una pendenza massima del 12,5 per mille, trasforma la linea esistente di montagna (linea Torino-Bardonecchia-Modane-Lione) in una linea di pianura, superando le limitazioni che oggi penalizzano fortemente la linea storica, che comporta un costo energetico di attraversamento per i treni merci del 40 per cento in più rispetto a una linea senza dislivelli;

    con riferimento alla sezione transfrontaliera nel 2015 si sono conclusi gli iter autorizzativi nei due Paesi:

     a) in Italia il progetto definitivo è stato approvato con la delibera del Cipe del 20 febbraio 2015, n. 19 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 6 agosto 2015);

     b) in Francia il «progetto di riferimento» è stato approvato con decisione ministeriale del 2 giugno 2015;

    la sezione transfrontaliera costituisce la prima fase di realizzazione del collegamento tra Torino e Lione, che si pone l'obiettivo di migliorare e potenziare la capacità tecnica e funzionale del collegamento tra Francia e Italia per le persone e per le merci, realizzando una componente fondamentale del corridoio mediterraneo;

    l'Unione europea ha deciso di cofinanziare tale opera nell'ambito del programma Cef 2014/20, attraverso la sottoscrizione il 1° dicembre 2015 del Grant Agreement con un finanziamento, fino all'anno 2019, pari al 40 per cento dell'ammontare delle opere;

    il protocollo addizionale firmato l'8 marzo 2016 ha per oggetto la validazione del costo certificato del progetto e la definizione dei criteri di attualizzazione monetaria e di evoluzione dei costi dei fattori di produzione dei lavori, in attuazione dell'articolo 18 dell'accordo del 2012, richiamato nell'articolo 3 dell'accordo del 2015;

    il costo certificato del progetto, inclusivo delle alee e degli imprevisti, è stato definito a valuta gennaio 2012 e nel protocollo sono, altresì, definiti i criteri di presa in conto dell'attualizzazione monetaria per tutti gli anni fino alla fine dei lavori; tali elementi sono contenuti nell'articolo 2 del protocollo medesimo;

    il richiamato protocollo prevede, altresì, la lotta comune di Italia e Francia contro ogni pratica mafiosa nella realizzazione della sezione transfrontaliera in attuazione del principio generale affermato all'articolo 2 dell'accordo del 2015, dove si afferma la volontà degli Stati per «attuare delle disposizioni esigenti nel quadro della stipula degli appalti pubblici e della loro esecuzione». Tale volontà trova attuazione nell'articolo 3 del protocollo addizionale;

    la Francia ha sottoscritto il finanziamento del programma di appalti 2018 per la realizzazione della sezione transfrontaliera della Torino-Lione, in particolare l'accordo è del consiglio di amministrazione dell'Afitf, del Ministère de la transition écologique et solidaire e di Telt;

    sul versante italiano, nel marzo 2018 il Cipe ha approvato la variante per la cantierizzazione del futuro scavo del tunnel di base, l'ultimo passaggio formale nell’iter del progetto per la tratta internazionale dell'opera;

    la suddetta variante è stata predisposta dal Governo pro tempore proprio per una razionalizzazione dei costi e del percorso, anche raccogliendo una serie di indicazioni provenienti dal territorio;

    le dinamiche sull'opera innescatesi al seguito delle elezioni del 4 marzo 2018 e dell'insediamento del Governo attualmente in carica hanno provocato gravi incertezze sul futuro dell'opera in questione, sollevando la preoccupazione di soggetti istituzionali, economici e sociali e in un ampio movimento di opinione favorevole alla realizzazione dell'opera, che ha visto due manifestazioni, di cui l'ultima sabato 12 gennaio 2019, partecipatissime dal punto di vista popolare;

    le confuse dichiarazioni relative all'analisi costi/benefici, la cui commissione appare già in partenza fortemente orientata in una direzione ostile all'avanzamento dell'opera, hanno ulteriormente accresciuto le richiamate preoccupazioni;

    in attesa della definizione della volontà politica sul futuro dell'opera, la società Telt è stata costretta a bloccare la pubblicazione del bando per la realizzazione del tunnel della Torino-Lione;

    la fase di stallo rischia di avere costi economici e sociali elevatissimi per l'Italia e per la mobilità di persone e merci per l'intero continente europeo, finendo per privilegiare irrazionalmente il trasporto su gomma,

impegna il Governo

1) ad adottare le iniziative di competenza per autorizzare Telt alla pubblicazione dei bandi di gara per la realizzazione del tunnel di base sotto il Moncenisio.
(1-00104) «Delrio, Lupi, Paita, Bruno Bossio, Cantini, Gariglio, Giacomelli, Nobili, Pizzetti, Andrea Romano, Toccafondi».

(15 gennaio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    le reti di trasporto trans-europee (in acronimo Ten-T, dall'inglese transeuropean networks-transport) sono un insieme di infrastrutture di trasporto integrate, previste per sostenere il mercato unico, garantire la libera circolazione delle merci e delle persone e rafforzare la crescita, l'occupazione e la competitività dell'Unione europea;

    la revisione della mappa Ten-T avviata nel 2009 ha condotto ad un nuovo quadro legislativo, entrato in vigore dal 1° gennaio 2014, che definisce lo sviluppo della politica dei trasporti fino al 2030/2050, costituito dagli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti di cui al regolamento (UE) n. 1315/2013 e il Connecting Europe facility (CEF) di cui al regolamento (UE) n. 1316/2013;

    i nuovi orientamenti dell'Unione europea per lo sviluppo della rete Ten-T prevedono la creazione di una rete articolata in due livelli: una rete globale (da realizzarsi entro il 2050), che mira a garantire la piena copertura del territorio dell'Unione europea e l'accessibilità a tutte le regioni, e una rete centrale a livello europeo (da realizzarsi entro il 2030) basata su un «approccio per corridoi», che dovranno includere almeno tre modalità differenti di trasporto; attraversare almeno tre Stati membri e prevedere l'accesso ai porti marittimi;

    la rete centrale è articolata in nove corridoi principali, quattro dei quali interessano l'Italia: il corridoio Mediterraneo che attraversa il Nord Italia da Ovest ad Est, congiungendo Torino, Milano, Verona, Venezia, Trieste, Bologna e Ravenna; il corridoio Reno-Alpi che passa per i valichi di Domodossola e Chiasso e giunge al porto di Genova; il corridoio Baltico Adriatico, che collega l'Austria e la Slovenia ai porti del Nord Adriatico di Trieste, Venezia e Ravenna, passando per Udine, Padova e Bologna; il corridoio Scandinavo-Mediterraneo, che parte dal valico del Brennero e collega Trento, Verona, Bologna, Firenze, Livorno e Roma, con i principali centri urbani del Sud come Napoli, Bari, Catanzaro, Messina e Palermo;

    tali corridoi comprendono: 9 nodi urbani (Roma, Bologna, Cagliari, Genova, Milano, Napoli, Torino, Venezia e Palermo); 11 aeroporti della rete centrale (Milano Linate, Milano Malpensa, Roma Fiumicino, Bergamo-Orio al Serio, Bologna-Borgo Panigale, Cagliari-Elmas, Genova-Sestri, Napoli-Capodichino, Palermo-Punta Raisi, Torino-Caselle e Venezia-Tessera); 14 porti marittimi della rete centrale (Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Palermo, Ravenna, Taranto, Trieste e Venezia); 5 porti fluviali (Cremona, Mantova, Ravenna, Trieste e Venezia) e 15 interporti: Jesi (Ancona), Marcianise (Napoli), Nola, Bologna, Cervignano, Pomezia nodo di Roma, Vado (Genova), Milano smistamento, Novara, Orbassano (Torino), Bari, Prato (Firenze), Guasticce (Livorno), Padova, Verona;

    il completamento delle suddette infrastrutture di collegamento risulta essenziale per ridurre il deficit infrastrutturale italiano, sostenere la competitività delle imprese italiane e favorire una maggiore integrazione tra Nord e Sud del Paese, nonché per garantire l'integrazione dell'Italia nello sviluppo europeo;

    oggi la priorità a livello europeo è quella di assicurare la continuità dei corridoi, realizzando i collegamenti mancanti, assicurando connessioni tra le differenti modalità di trasporto ed eliminando i colli di bottiglia esistenti;

    il nuovo asse ferroviario ad alta velocità (Tav) tra Italia e Francia e, più nello specifico, tra Torino e Lione, rientra nel corridoio Mediterraneo;

    i principali obiettivi dei promotori della Tav sono sia di tipo economico, per rendere più competitivo il treno per il trasporto di persone e merci, sia di carattere ambientale, per ridurre il numero di tir dalle strade, sia di carattere sociale, per connettere meglio tra loro e valorizzare aree diverse;

    secondo un documento della Presidenza del Consiglio dei ministri del 2012, tra i principali vantaggi della Torino-Lione ci sarebbero «il dimezzamento dei tempi di percorrenza dei passeggeri, l'incremento della capacità nel trasporto merci e la riduzione del numero di camion – circa 600 mila in meno – su strada nel delicato ambiente alpino»;

    nel complesso, degli oltre 42 milioni di tonnellate di merci passate tra Francia e Italia nel 2016, appena il 7,7 per cento (circa 3,3 milioni di tonnellate) è stato trasportato sui treni e dove è in progetto la costruzione del tunnel di base – sotto il Moncenisio –, circa 10,5 milioni di tonnellate di merci sono circolate su strada (il 78,3 per cento), mentre poco meno di 3 milioni di tonnellate invece hanno attraverso il confine sui binari a bordo dei treni (il 21,7 per cento);

    i dati più recenti dicono che ogni anno, tra Italia e Francia, passano circa tre milioni di mezzi pesanti e se le previsioni dell'Osservatorio sull'impatto della nuova linea fossero rispettate, dopo otto anni dalla sua apertura, si assisterebbe a un trasferimento di venti milioni di tonnellate da strada a rotaia e di trentotto milioni dopo trent'anni;

    in quella data, se il flusso di merci tra Italia e Francia rimanesse stabile ai valori di oggi, vale a dire intorno ai quaranta milioni di tonnellate, potrebbe essere assorbito al 95 per cento dalla ferrovia, determinando una riduzione di circa tre milioni di camion che attraversano il confine;

    per la realizzazione della nuova linea Torino-Lione, il 30 gennaio 2012 l'Italia ha sottoscritto un accordo con la Francia, sottoposto a ratifica parlamentare da entrambi gli Stati (l'Italia con la legge 23 aprile 2014, n. 71);

    il 24 febbraio 2015 Francia e Italia hanno sottoscritto un ulteriore accordo per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea, ratificato con la legge del 5 gennaio 2017, n. 1;

    il progetto definitivo italiano è stato approvato con la delibera del Cipe del 20 febbraio 2015, n. 19; il successivo 2 giugno 2015, anche la Francia ha approvato il proprio progetto;

    la regione Piemonte, la società Tunnel Euralpin Lyon Turin (Telt, promotrice della sezione transfrontaliera) ed il commissario di Governo hanno proposto nel maggio 2017 un protocollo d'intesa per la gestione delle misure compensative connesse all'opera in favore della Val di Susa;

    lo Stato ha dovuto far fronte alla recrudescenza delle manifestazioni da parte di gruppi e movimenti «No Tav», via via sempre più connotatisi come espressioni dell'antagonismo di sinistra, con una crescente militarizzazione del cantiere della Maddalena di Chiomonte (Torino) ed ingente dispendio di risorse pubbliche per la sicurezza, che, tuttavia, non ha potuto impedire, negli anni, il ripetersi di episodi violenti ai danni delle forze dell'ordine e degli operai al lavoro nel cantiere;

    l'Unione europea ha deciso di cofinanziare tale opera nell'ambito del programma Connecting Europe facility (CEF), lo strumento finanziario dell'Unione europea diretto a migliorare le reti europee nei settori dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni, con un finanziamento, fino all'anno 2019, pari al 40 per cento dell'ammontare delle opere;

    il costo del tunnel transfrontaliero, i cui lavori dovrebbero entrare a pieno regime a inizio 2019, è di 8,6 miliardi di euro (costo certificato da un ente terzo), di cui il 40 per cento, come detto, a carico dell'Unione europea, il 35 per cento a carico dell'Italia (circa 3 miliardi di euro), il 25 per cento della Francia; il costo totale della Torino-Lione a carico dell'Italia, quantificato dalla delibera del Cipe 28 febbraio 2018, è di circa 6 miliardi di euro, di cui circa 3 già disponibili;

    entro il 2019 è prevista l'assegnazione degli appalti per 81 bandi di gara (43 in Italia) per un totale di 5,5 miliardi di euro, ma questo procedimento è al momento bloccato in quanto la società Telt, che avrebbe dovuto pubblicare il bando di gara internazionale per 2,3 miliardi di euro entro l'estate 2018, ha deciso di non farlo, in attesa dell'analisi costi-benefici prevista dal Governo che avrebbe dovuto essere pronta già a novembre 2018, due mesi dopo la scadenza fissata nel cronoprogramma dei lavori concordato con l'Unione europea per la concessione dei finanziamenti, con rischio di perdita, in tutto o in parte, degli stessi;

    talune fonti stimano in 3,4 miliardi di euro il costo per lo Stato italiano del blocco definitivo della Tav, considerando gli oneri per la rescissione dei contratti, gli appalti già avviati, il ripristino degli scavi e le penali;

    la mancata realizzazione imporrebbe, infatti, la messa in sicurezza degli oltre 26 chilometri già scavati e l'adeguamento del tracciato del Fréjus;

    il «no» alla Tav obbligherebbe a gestire circa tre milioni e mezzo di tir che attraversano la pianura padana, con 44,1 milioni di tonnellate di merci che continuerebbero a essere trasportate verso la Francia su gomma;

    un blocco unilaterale dei lavori sulla Torino-Lione non esclude la possibilità di una messa in mora dell'Italia, che potrebbe vedersi privata per un periodo di cinque anni dei finanziamenti europei sulle altre opere transfrontaliere non ancora in fase avanzata;

    l'interruzione dei lavori sulla Torino-Lione avrebbe, quindi, una ricaduta negativa sulla realizzazione di tutte le infrastrutture di cui l'Italia ha bisogno, impedendo lo sviluppo del territorio e peggiorando una situazione già critica che vede la nostra nazione arretrata rispetto ad altri Stati europei dove gli investimenti sono superiori;

    l'Italia sarebbe tagliata fuori dalle vie dello sviluppo europee, a vantaggio di vie di collegamento a nord delle Alpi, e, analogamente, i porti di Trieste e Genova sarebbero a rischio di veder deperire i loro traffici, perdendo l'occasione di un collegamento vitale con i mercati dell'Europa centro-settentrionale;

    il coordinatore della commissione ministeriale per l'analisi costi-benefici, professor Marco Ponti, ha consegnato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la relazione della commissione, evidenziando a stretto giro come il lavoro svolto debba considerarsi parziale ed incompleto;

    il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha dichiarato che l'analisi costi-benefici consegnata al Governo dal professor Ponti deve intendersi come una bozza che necessita di ulteriori approfondimenti;

    il commissario di Governo per la Tav Torino-Lione, architetto Paolo Foietta, in audizione alla Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati il 16 gennaio 2019, ha dichiarato di sentirsi «in una situazione surreale ed imbarazzante» perché per mesi dopo le elezioni del 4 marzo 2018 ha cercato di interloquire con il Governo senza alcun successo, aggiungendo di aver interloquito con il professor Ponti soltanto in occasione di dibattiti pubblici, ma mai in audizione presso la commissione per l'analisi costi-benefici;

    dall'audizione dell'architetto Foietta sono emersi ulteriori elementi tecnici a supporto della necessità di concludere l'opera nei tempi previsti, sbloccando definitivamente i cantieri e dando attuazione agli investimenti programmati e concordati;

    le incertezze governative sul destino dell'opera hanno portato alla nascita di un vasto movimento di opinione, composto dalle categorie economiche maggiormente rappresentative a livello piemontese e nazionale, nonché da numerosi amministratori locali, che hanno manifestato a più riprese il massimo sostegno alla realizzazione dell'opera;

    nei giorni scorsi fonti governative e di stampa hanno accreditato l'ipotesi di un'ulteriore revisione del progetto, che mantenga il tunnel di base e riveda in forma restrittiva gli interventi sul tracciato a valle Susa-Bussoleno, di competenza di Rete ferroviaria italiana;

    nelle ore immediatamente successive anche questa ipotesi di lavoro sembra aver subito uno «stop» da parte dei vertici del MoVimento 5 Stelle, riportando la posizione dello stesso su una più netta contrarietà alla Tav Torino-Lione;

    la Tav Torino-Lione rientra in un accordo internazionale tra Italia e Francia, ratificato dai rispettivi Parlamenti nazionali, e una rinuncia all'opera o una sua modifica sostanziale devono essere sottoposte a nuova approvazione parlamentare,

impegna il Governo:

1) a rendere pubblica integralmente l'analisi costi-benefici redatta dalla commissione ministeriale incaricata;

2) ad adottare le iniziative di competenza affinché possa tenersi, sussistendone i presupposti di legge, un referendum consultivo sulla realizzazione del progetto Tav Torino-Lione nella stessa data nelle regioni interessate dalla tratta nazionale del «corridoio Mediterraneo» (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia);

3) ad adottare tutte le iniziative che consentano alla società concessionaria Telt di procedere immediatamente con la pubblicazione dei bandi di gara per la realizzazione del tunnel di base.
(1-00108) «Lollobrigida, Meloni, Montaruli, Fidanza, Foti, Rotelli, Trancassini, Butti, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Crosetto, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Maschio, Mollicone, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Silvestroni, Varchi, Zucconi».

(25 gennaio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    la scelta di realizzare l'asse ferroviario Torino-Lione veniva consolidata e assunta al vertice italo-francese di Torino del 29 gennaio 2001, perfezionata poi con l'accordo supplementare del 5 maggio 2004, che decideva, sulla base di studi preliminari precedenti, condotti tra il 1995 ed il 2001 da Alpetunnel – Geie, la sostenibilità del progetto;

    il 30 gennaio 2012 è stato sottoscritto a Roma il nuovo accordo tra Francia e Italia per la realizzazione del nuovo collegamento ferroviario Torino Lione ed autorizzato alla ratifica con legge 23 aprile 2014, n. 71; l'accordo recava la disciplina della costruzione e futura gestione della sezione transfrontaliera della parte comune italo-francese dell'opera infrastrutturale, nonché la disciplina della costituzione e del funzionamento del promotore pubblico, che di tale sezione sarebbe stato il futuro gestore. L'accordo costituiva a sua volta un protocollo addizionale all'accordo tra Italia e Francia stipulato a Torino il 29 gennaio 2001, ratificato dal Parlamento italiano con la legge 27 settembre 2002, n. 228;

    il progetto definitivo della Torino-Lione è stato approvato dal Cipe con delibera del 20 febbraio 2015 ed il 23 gennaio 2015 è avvenuta la costituzione del nuovo soggetto promotore pubblico, Telt Sas, società Tunnel Euralpin Lyon Turin, responsabile dei lavori di realizzazione e della gestione della futura infrastruttura;

    il 24 febbraio 2015 è stato firmato a Parigi l'accordo tra Italia e Francia per avviare la realizzazione dei lavori della linea Torino-Lione, ratificato in Italia con la legge 5 gennaio 2017, n. 1, «Ratifica ed esecuzione dell'accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, fatto a Parigi il 24 febbraio 2015, e del protocollo addizionale, con allegato, fatto a Venezia l'8 marzo 2016, con annesso regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016», che prevede la realizzazione dell'opera, per successivi lotti costruttivi non funzionali;

    il progetto prevede una parte comune italo-francese che comprende un tunnel di base di 57 chilometri, da Saint Jean de Maurienne a Susa/Bussoleno, con due gallerie indipendenti a singolo binario con rami di comunicazione ed una sezione all'aperto di circa 3 chilometri nella piana di Susa;

    la tratta in territorio italiano della sezione transfrontaliera è pari a circa 17 chilometri, di cui 12,5 in galleria, dalla frontiera fino a Bussoleno (Susa), e include il tunnel di base, il nodo di Susa, il tunnel dell'interconnessione alla linea storica Torino-Modane di 2,1 chilometri e l'interconnessione all'entrata della stazione di Bussoleno. A ciò si aggiunge la realizzazione della galleria geognostica e di servizio de La Maddalena a Chiomonte di 7,5 chilometri;

    la progettazione e realizzazione della linea Torino-Lione, collocata nel «corridoio Mediterraneo» della Rete transeuropea dei trasporti Ten-T, come definita nel regolamento (UE) n. 1315/2013 è stata oggetto negli anni di diversi interventi di modifica rispetto al progetto iniziale;

    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha dato mandato alla ricostituita struttura tecnica di missione di predisporre una nuova valutazione dell'adeguamento dell'asse ferroviario Torino-Lione mediante l'uso dell'analisi costi/benefici;

    scopo dell'analisi costi/benefici è consentire un'allocazione delle risorse più efficiente per supportare il procedimento decisionale, con cognizione di causa, in modo da definire se attuare o meno una proposta di investimento o se optare per eventuali alternative;

    al contempo il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e l'omologa francese Elisabeth Borne hanno firmato congiuntamente una lettera indirizzata al soggetto attuatore Telt per posticipare i bandi di gara relativi al tunnel di base;

    tale iter, secondo quanto espresso dal Ministro, persegue dunque l'obiettivo di avere un rapporto di collaborazione e condivisione con la Francia e, contestualmente, con la Commissione europea;

    del resto, secondo la Corte dei conti europea, l'analisi costi/benefici è per definizione lo strumento analitico utilizzato per valutare una decisione di investimento, confrontando i relativi costi previsti e i benefici attesi,

impegna il Governo

1) a ridiscutere integralmente il progetto della linea Torino-Lione, nell'applicazione dell'accordo tra Italia e Francia.
(1-00123) «D'Uva, Molinari».

(20 febbraio 2019)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE VOLTE A VIETARE L'UTILIZZO DEI PESTICIDI E DEI DISERBANTI NELLE PRODUZIONI AGRICOLE, FAVORENDONE LO SVILUPPO CON METODO BIOLOGICO

   La Camera,

   premesso che:

    i fitofarmaci sono intesi dagli agricoltori e dai tecnici come rimedi per difendere le piante dai loro nemici e pertanto da utilizzare nelle giuste dosi, solo quando necessari e rispettando i tempi di carenza e, cioè, il periodo intercorrente fra il trattamento e l'uso alimentare delle piante trattate. Vengono utilizzati sia nell'agricoltura integrata, che in quella biologica. Nell'agricoltura biologica si ricorre a fitofarmaci prevalentemente di origine naturale. I limiti di legge sui residui di fitofarmaci presenti negli alimenti sono oggi fissati in modo molto prudenziale;

    l'evoluzione legislativa dell'Unione europea per un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari utilizzabili per difendere le colture agricole da attacchi di parassiti, funghi e insetti ha introdotto, riconoscendone l'impatto negativo sull'ambiente e sulla salute umana, criteri sempre più restrittivi di valutazione, determinando una riduzione delle sostanze attive autorizzate, che sono passate da circa un migliaio a poco meno della metà;

    il sistema europeo di autorizzazione e di controllo degli agrofarmaci, quindi, è il più stringente al mondo e questo comporta che se un fitofarmaco è regolarmente in commercio nell'Unione europea vuol dire che dal sistema di analisi europeo non è emerso alcun elemento concreto che ne giustifichi la messa al bando;

    a livello europeo il riconoscimento dell'impatto negativo dei fitofarmaci sull'ambiente e sulla salute ha determinato l'emanazione della direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha istituito un quadro per l'utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari con l'obiettivo di ridurne progressivamente l'uso ed i rischi associati all'impiego di tali prodotti;

    in Europa l'obiettivo prioritario della riduzione del rischio legato all'impiego dei fitosanitari è stato recentemente ribadito con l'approvazione della risoluzione del Parlamento europeo del 16 gennaio 2019, che individua le priorità del principio di trasparenza, di tutela dell'ambiente e della salute puntando alla revisione della procedura di autorizzazione dei fitosanitari nell'Unione europea. Tali priorità sono rese necessarie dal fatto che le decisioni di «autorizzazione sulle sostanze attive recentemente sviluppate e sui prodotti fitosanitari sono invariabilmente adottate in un contesto di incertezza per quanto riguarda l'impatto reale» e che «manca un monitoraggio post autorizzazione» e «dati sui quantitativi esatti di ciascun prodotto fitosanitario applicato, sull'attuazione e sull'efficacia delle misure di mitigazione e sui potenziali effetti nocivi per la salute umana e animale e per l'ambiente»;

    i controlli effettuati a livello comunitario su 48.000 campioni e valutati da Efsa (Autorità europea per la sicurezza agroalimentare) indicano che il 97,2 per cento dei prodotti alimentari analizzati (valore che sale al 98,6 per cento per l'Italia) presenta valori dei residui al di sotto delle soglie di legge e pertanto sono da ritenersi sicuri per il consumatore;

    i limiti sui residui di fitosanitari negli alimenti e i relativi controlli a livello europeo e nazionale, come previsto dalle norme vigenti, prendono in esame solo il singolo principio attivo senza tener in considerazione l'aspetto del multiresiduo e la valutazione degli effetti sinergici derivanti dalla contemporanea presenza di più principi attivi in uno stesso alimento, anche se ognuna in concentrazioni entro i limiti di legge;

    l'Italia dispone di una legislazione molto restrittiva circa l'autorizzazione e l'impiego dei fitofarmaci, caratterizzata soprattutto da norme che ne impongono l'uso limitato a quanto strettamente necessario per garantire la sicurezza alimentare ed elevati standard quantitativi e qualitativi delle produzioni agroalimentari;

    relativamente ai controlli ufficiali sull'immissione in commercio e sull'utilizzazione dei prodotti fitosanitari, opera anche il dipartimento dell'ispettorato centrale per la tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari. L'ispettorato, infatti, effettua sistematicamente verifiche finalizzate alla corretta commercializzazione dei mezzi tecnici utilizzati in agricoltura (fertilizzanti, sementi e fitofarmaci), attraverso controlli ispettivi, l'esame dei dispositivi di etichettatura e dei relativi sistemi di tracciabilità, nonché mediante il prelievo di campioni che vengono sottoposti alle analisi chimico-fisiche per la verifica della rispondenza merceologica dei prodotti agli standard di legge;

    il piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, adottato con decreto ministeriale del 22 gennaio 2014 in attuazione del decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150, che recepisce la direttiva 2009/128/CE, evidenzia significative criticità in ordine alla necessità di una più attenta individuazione degli obiettivi quantitativi, dei tempi per la riduzione dei rischi e dell'impatto dei pesticidi sulla salute umana e sull'ambiente. Particolare rilevanza all'interno del piano riveste l'azione di monitoraggio volta a verificare i progressi compiuti e ad evidenziare le criticità, anche per consentire alle amministrazioni coinvolte di effettuare, nell'ambito delle proprie competenze, la revisione delle misure adottate;

    la scarsa efficacia dell'impianto sanzionatorio e l'insufficiente ricorso a misure di contrasto biologiche agli organismi nocivi suggeriscono una rivisitazione generale dell'impostazione stessa del piano e una migliore definizione degli strumenti e delle risorse necessari a limitare l'uso dei fitofarmaci;

    le regioni e le province autonome, al fine di rilevare la presenza e gli eventuali effetti derivanti dall'uso di prodotti fitosanitari nell'ambiente acquatico, effettuano i monitoraggi dei residui di prodotti fitosanitari nelle acque, tenendo conto anche degli indirizzi specifici che sono stati forniti dall'Ispra;

    la presenza di pesticidi nelle acque italiane, sia superficiali che sotterranee, è fonte di allarme da parte degli stessi istituti di ricerca; Ispra, nell'ultimo rapporto sui pesticidi nelle acque, evidenzia: «Nel complesso, salgono a quasi 400 le sostanze ricercate in Italia. La situazione è differente tra regione e regione ed è indispensabile incrementare il monitoraggio riguardo a nuove sostanze indicate dalle linee guida dell'Ispra. In generale, sono 35.353 i campioni di acque superficiali e sotterranee analizzate in Italia nel biennio 2015-2016, per un totale di quasi 2 milioni di misure analitiche e 259 sostanze rilevate (erano 224 nel 2014). Nel 2016, in particolare, sono stati trovati pesticidi nel 67 per cento dei 1.554 punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 33,5 per cento dei 3.129 punti delle acque sotterranee, con valori superiori agli standard di qualità ambientale per le acque (sqa) nel 23,9 per cento delle acque superficiali e nel 8,3 per cento delle acque sotterranee. Gli erbicidi, in particolare, rimangono le sostanze riscontrate con maggiore frequenza principalmente per le modalità ed il periodo di utilizzo che ne facilita la migrazione nei corpi idrici, ma aumenta significativamente anche la presenza di fungicidi e insetticidi»;

    la copertura del territorio nazionale, tuttavia, è ancora incompleta, soprattutto nelle regioni centro-meridionali, in quanto o non sono stati inviati i dati o ne sono arrivati pochissimi e, in generale, la standardizzazione del sistema di rilevazione nel Mezzogiorno presenta forti ritardi;

    in particolare, in merito alle sanzioni disciplinate dall'articolo 24 del citato decreto legislativo, la maggior parte delle penalità trascura le materie relative all'articolo 11, comma 2, su informazione e sensibilizzazione, all'articolo 17 sulla manipolazione e stoccaggio dei prodotti fitosanitari e trattamento dei relativi imballaggi e delle rimanenze e, soprattutto, all'articolo 19 relativamente all'applicazione dei principi generali della difesa integrata obbligatoria;

    ad oggi mancano ancora importanti misure applicative, quali in particolare: le norme sulla trasmissione, alle regioni, delle informazioni rilevanti sulla tossicità, sull'eco-tossicità, sul destino ambientale e sugli aspetti fitosanitari relativi ai prodotti in commercio mediante l'utilizzo di apposite banche dati (punti A 5.2, A 5.8.1 del piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari); le norme volte a vietare la vendita dei prodotti fitosanitari attraverso i canali alternativi, come la vendita on-line (articolo 10, comma 6, del decreto legislativo n. 150 del 2012); la definizione di programmi di informazione e sensibilizzazione della popolazione sui rischi e sui potenziali effetti acuti e cronici per la salute umana (punto A 2.1 del piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari); la rete di collegamento tra le iniziative di ricerca in essere e l'attivazione di nuovi progetti e le misure da adottare nelle aree di influenza delle acque di balneazione (punto D del piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari); l'adozione dell'atto integrativo relativo all'agricoltura biologica (punto A.7.4. del piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari) con la quantificazione degli obiettivi e che individui gli strumenti idonei per l'incremento delle superfici condotte con il metodo dell'agricoltura biologica; l'individuazione di adeguati sistemi di monitoraggio e controllo sugli aspetti relativi alla deriva per garantire la tutela della popolazione, dei corpi idrici e delle produzioni biologiche a rischio di declassamento in caso di contaminazione; l'accoglimento delle richieste di amministrazioni e cittadini in caso di trattamenti con fitofarmaci di adeguate distanze dai confini privati e dalle abitazioni di privati oltre all'obbligo di avviso;

    sono noti i casi in cui il reiterarsi quasi automatico delle emergenze, per le quali si è autorizzata l'immissione in commercio di un prodotto fitosanitario in base all'articolo 53 del regolamento (CE) n. 1107/2009, trasforma queste deroghe in prassi ordinaria generando un utilizzo pressoché costante di alcuni principi attivi su colture o avversità diverse da quelle su cui erano normalmente autorizzati, spesso approvati ma non presenti in prodotti fitosanitari autorizzati in Italia, ovvero in corso di approvazione (nuove sostanze), oppure non ancora approvati ai sensi del citato regolamento;

    i cambiamenti climatici in atto stanno determinando effetti dirompenti sulle produzioni, alternando periodi di siccità ed alluvioni. Tale situazione è, inoltre, aggravata dalla presenza di nuovi parassiti, come ad esempio la Drosophila suzukii e la cimice asiatica, che stanno distruggendo molte produzioni nel nostro Paese;

    le eventuali introduzioni di antagonisti naturali, indispensabili per la lotta biologica e l'agricoltura integrata, debbono seguire le indicazioni previste dallo standard EPPO PM 6/1(1) – First import of exotic biological control agents for research under contained conditions e PM 6/2(1) – Import and release of exotic biological control agents;

    lo stesso articolo 22 della direttiva 92/43/CEE, detta anche «direttiva habitat», indica chiaramente che gli Stati membri «controllano che l'introduzione intenzionale nell'ambiente naturale di una specie non locale del proprio territorio sia disciplinata in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali nella loro area di ripartizione naturale, né alla fauna e alla flora selvatiche locali e, qualora lo ritengano necessario, vietano siffatta introduzione»;

    il legislatore italiano, nel recepimento di tale direttiva, con decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, aggiornato e coordinato con il decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120, non ha tuttavia previsto alcuna possibilità di deroga e non ha delineato nessun percorso autorizzatorio, bloccando di fatto ogni intervento di lotta biologica con utilizzo di antagonisti naturali introdotti da altri areali;

    il disposto di cui all'articolo 12 del citato decreto del Presidente della Repubblica si limita, infatti, a vietare la reintroduzione, l'introduzione e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone, specificando i termini di «introduzione» e «di non autoctona»;

    la rete nazionale di monitoraggio degli alveari segnala gravi fenomeni di apicidio a seguito di approvvigionamento da parte delle api di acqua utilizzata per fertirrigazione contenente insetticidi impiegati sulla coltura di pomodoro, per trattamenti di colture intensive di agrumeti in presenza di forte essudazione di melata che, in ambienti con scarsa disponibilità di piante nettarifere, è utilizzata dalle api per la produzione del miele;

    l'Unaapi afferma, sebbene non ci sia certezza sulle molecole che hanno provocato tali conseguenze, che, oltre ai neonicotinoidi, è assai probabile che si sia accentuato un uso pervasivo e irresponsabile di altre molecole neurotossiche, come il piretroide deltametrina o l'insetticida clorpirifos, o il fungicida tebuconazolo, che esplica effetti nocivi sulle popolazioni di api, non previsti e non valutati, o che vengano comunque utilizzati illegalmente neonicotinoidi;

    gli agricoltori sono sempre più professionali nell'uso dei fitofarmaci e lo si deduce dalla graduale diminuzione nei quantitativi totali utilizzati (-1,8 per cento l'anno in Italia dal 2003 al 2016), diminuzione che in parte si deve alla disponibilità di nuove molecole ad impatto ambientale sempre più ridotto ed attive a dosi sempre più basse (decine di grammi per ettaro contro i chilogrammi per ettaro di cui si parla per composti del rame), sempre più utilizzate in maniera sostenibile in agricoltura integrata;

    un'agricoltura sostenibile è un'agricoltura che mira non solo a garantire la sicurezza alimentare attraverso una maggiore produzione, ma aiuta gli agricoltori a soddisfare le loro aspirazioni socio-economiche e culturali e a proteggere e preservare le risorse naturali per soddisfare le generazioni future. Il settore agricolo ed agroalimentare italiano diventerà tanto più competitivo, quanto più sarà in grado di essere sostenibile;

    la riduzione del rischio per la salute umana e per l'ambiente si persegue anche con l'incremento delle superfici ad agricoltura biologica e attraverso un quadro di azioni per l'impiego sostenibile della chimica, lo sviluppo delle tecniche di agricoltura integrata e di approcci e tecniche alternative a quella tradizionale;

    l'agricoltura con metodo biologico e l'agricoltura integrata possono rappresentare modelli ai quali l'agricoltura del futuro potrà guardare e dove il rispetto dell'ambiente potrà essere l'obiettivo primario;

    potrebbe essere utile incentivare la ricerca attraverso iniziative a sostegno degli studi che portino alla realizzazione di preparati che, non solo abbiano un ridotto impatto ambientale, ma che siano in grado di contrastare efficacemente le malattie, mantenendo il benessere delle piante e la rigenerazione dei terreni;

    in virtù della nuova normativa gli agricoltori dovranno utilizzare con maggiore attenzione i fitofarmaci, con l'obiettivo di ridurre significativamente l'uso di agenti chimici in agricoltura, incrementando proporzionalmente l'adozione di sistemi alternativi di difesa delle colture (mezzi agronomici, genetici, igienici, impiego di organismi utili, utilizzo di agrofarmaci selettivi e a minor rischio possibile, dosi ridotte e ridotto numero di trattamenti e altro),

impegna il Governo:

1) a potenziare il sistema dei controlli sull'uso corretto dei pesticidi in agricoltura, incrementando anche i controlli sui prodotti agroalimentari importati dai Paesi terzi per i quali è possibile dimostrare che siano stati trattati con il glifosato oltre la soglia permessa in ambito europeo, al fine di tutelare la filiera produttiva italiana e garantire alti standard di qualità;

2) a vigilare, per quanto di competenza, affinché il monitoraggio del livello di contaminazione da pesticidi nelle acque sia omogeneo su tutto il territorio nazionale e che tutte le regioni si dotino di un piano per la tutela delle acque, al fine di assicurare un alto livello di protezione della salute umana, animale e dell'ambiente;

3) a prevedere iniziative volte ad un utilizzo più responsabile dei fitofarmaci perché l'agricoltura è un settore importantissimo dell'economia italiana ed è importante che possa svilupparsi e continuare a farlo in un'ottica di qualità e di salvaguardia della salute, sia dei consumatori che degli operatori;

4) a porre in essere iniziative volte a sostenere l'utilizzo di buone pratiche agricole che possano essere sempre più sostenibili, in un quadro complesso anche in termini ambientali, allo scopo di raggiungere l'obiettivo di ridurre sempre più nel tempo l'uso dei fitofarmaci, contribuendo a realizzare la maggior protezione possibile di tutte le acque dall'inquinamento;

5) a prevedere, nell'ambito della nuova politica agricola comune, con particolare riferimento alle condizioni di accesso ai «regimi ecologici» da inserire nei piani strategici nazionali, criteri e iniziative volte a favorire pratiche agricole che determinano effetti positivi per la tutela dell'ambiente e il contrasto ai cambiamenti climatici, prevedendo anche adeguati strumenti per la valorizzazione e la promozione dell'agricoltura biologica e per la riduzione della presenza di sostanze chimiche di sintesi negli ecosistemi, e in tal modo rispondere anche alla domanda di cibo sano che viene espressa in misura sempre maggiore dai cittadini;

6) ad intraprendere ogni utile iniziativa volta a rivedere e migliorare il piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, attraverso un processo trasparente, favorendo il coinvolgimento, oltre che delle istituzioni pubbliche e del mondo scientifico, delle associazioni agricole, ambientaliste, dell'agricoltura biologica e dei consumatori e la definizione degli obiettivi quantitativi, delle risorse finanziarie, delle misure e dei tempi per la riduzione dei rischi e degli impatti dei pesticidi sulla salute e sull'ambiente, prescritti dalla direttiva europea n. 2009/128/CE, all'articolo 4, paragrafo 1, valutando l'impatto del piano sui sistemi di agricoltura con metodo biologico e agricoltura integrata, in modo da rendere sempre più competitiva e di qualità la produzione agroalimentare italiana;

7) ad assumere iniziative normative nell'ambito della revisione del piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, affinché siano stabilite le distanze minime di sicurezza dalle abitazioni, dai confini privati e dalle coltivazioni biologiche con l'obbligo di avvisare i residenti prima di ogni trattamento;

8) ad assumere ogni utile iniziativa finalizzata alla promozione di programmi di ricerca su sistemi produttivi agroalimentari sempre più sostenibili e che prescindano dall'utilizzo di fitofarmaci dannosi per la salute umana e per l'ambiente, nonché di programmi che consentano di avere i dati sperimentali affinché le società produttrici di prodotti fitosanitari siano stimolate a registrare nuove molecole a basso impatto ambientale e per la salute umana, anche di origine naturale;

9) a prevedere misure di sostegno alla ricerca del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria nell'ambito dei prodotti fitosanitari di origine naturale, in considerazione della necessità di sviluppare una filiera di principi attivi compatibili con la produzione integrata e l'agricoltura biologica;

10) ad assumere iniziative per rivedere urgentemente il quadro normativo vigente al fine di introdurre deroghe che consentano, ancorché in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali interessati, né alla fauna, né alla flora selvatiche locali, interventi mirati di lotta biologica con l'utilizzo di antagonisti naturali provenienti da altri areali;

11) ad assumere iniziative in relazione ai trattamenti antiparassitari con prodotti fitosanitari tossici per le api, al fine di salvaguardarne l'azione pronuba, non solo durante il periodo di fioritura, ma anche in quello di melata, nonché a promuovere, in accordo con le regioni e con le province autonome di Trento e Bolzano, una capillare azione di controllo e vigilanza per la repressione dell'uso, durante i trattamenti chimici in agricoltura, di fitofarmaci e princìpi attivi vietati o non autorizzati a livello nazionale ed europeo, perché pericolosi per i pronubi;

12) a porre in essere iniziative volte a sostenere la promozione dei controlli di qualità a cui sono sottoposti i prodotti italiani, quale modello di riferimento nel confronto con le altre filiere agroalimentari europee, nel quadro di una promozione del settore agroalimentare italiano e del sistema del made in Italy che contempli efficaci controlli sull'uso dei prodotti fitosanitari, anche nell'ottica di una maggiore tutela del consumatore finale;

13) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, per lo sviluppo dell'agricoltura integrata, come definita dalla legge 3 febbraio 2011, n. 4, anche alla luce delle esperienze già maturate in ambito regionale con particolare riferimento allo sviluppo del sistema di qualità nazionale di produzione integrata (Sqnpi), promuovendo normative per favorirne lo sviluppo e la competitività;

14) a valutare l'opportunità di:

   a) assumere iniziative per rendere più efficace il quadro sanzionatorio, come previsto dall'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2012, introducendo misure conseguenti all'inosservanza di tutte le prescrizioni e delle indicazioni previste dalle norme sull'uso sostenibile dei pesticidi;

   b) limitare il più possibile il ricorso alle autorizzazioni in deroga, consentite dall'articolo 53 del regolamento (CE) n. 1107/2009 e rilasciate dal Ministero della salute, ai soli casi realmente necessari al fine garantire che tale possibilità sia utilizzata esclusivamente nella sua più classica accezione di prassi straordinaria e limitata nel tempo;

   c) rafforzare gli strumenti di controllo finalizzati alla verifica delle modalità di vendita dei prodotti fitosanitari, compresa quella che avviene on line, al fine di contrastare fenomeni di elusione delle norme sulla distribuzione e sulla vendita di tali prodotti;

   d) intervenire, presso le competenti sedi unionali, al fine di introdurre a livello europeo un divieto definitivo, e non solo parziale e temporaneo, dei neonicotinoidi e di altri insetticidi sistemici dannosi per i pronubi;

   e) assumere, entro 6 mesi dall'approvazione del presente atto di indirizzo, gli atti e le misure previste dal decreto legislativo n. 150 del 2012 e dal piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari non ancora adottati, per i quali risultino scaduti i termini o per i quali non sia stata stabilita alcuna scadenza;

   f) prevedere nell'ambito della revisione del piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, ai fini della riduzione dell'uso dei fitofarmaci, specifici obiettivi d'incremento della superficie agricola utilizzata coltivata con il metodo dell'agricoltura biologica, a partire dalle aree protette e dai siti Natura 2000, e l'ulteriore diffusione di tecniche sostenibili in agricoltura, anche attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie di precisione funzionali allo sviluppo dell'agricoltura integrata;

   g) promuovere un coordinamento tra le strutture competenti dei Ministeri delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute, al fine di approfondire la relazione tra l'utilizzo dei fitofarmaci e l'impatto su ambiente e salute, nonché per garantire la trasparenza e l'accessibilità a indagini e risultati;

   h) richiedere, nelle opportune sedi europee, una maggiore trasparenza nelle procedure di autorizzazione all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari tramite una revisione del regolamento (CE) 1107/2009, anche mediante l'adozione di un registro pubblico che, fatta salva la protezione dei dati strettamente inerenti al procedimento di produzione della sostanza attiva e del relativo formulato, renda accessibili gli studi inerenti all'impatto ambientale e sulla salute umana del prodotto oggetto di registrazione.
(1-00124) «Molinari, D'Uva, Gadda, Nevi, Luca De Carlo, Muroni, Viviani, Parentela, Liuni, Cadeddu, Golinelli, Cassese, Lolini, Cillis, Bubisutti, Cimino, Coin, Del Sesto, Gastaldi, Gagnarli, Lo Monte, Gallinella, L'Abbate, Lombardo, Maglione, Alberto Manca, Marzana, Pignatone, Zolezzi, Panizzut, D'Arrando, Bologna, Menga, Sarli, Fornaro, Cenni, Rostan, Cunial».

(20 febbraio 2019)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL CONTRASTO ALL'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA E ALLE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI STRANIERE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA COSIDDETTA MAFIA NIGERIANA

   La Camera,

   premesso che:

    il 28 gennaio 2019 la Squadra mobile di Catania ha arrestato sedici persone accusate di far parte di una banda di spacciatori di droga che aveva una propria «cellula» a Catania e base operativa nel CARA di Mineo;

    le persone fermate appartengono tutte alla mafia nigeriana, attiva in tutta Italia e sulla quale è attualmente in corso un'indagine congiunta tra il Servizio centrale operativo della Polizia italiana, l'FBI statunitense e la polizia canadese nella zona di Castelvolturno, e sono accusate di associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope e violenza sessuale aggravata;

    l'inchiesta di Castelvolturno sta confermando l'estrema efferatezza dei crimini commessi da tale organizzazione criminale, attiva in Italia da ormai oltre vent'anni, che dispone di un vero e proprio esercito di immigrati, per la gran parte irregolari, su cui contare come manovalanza: «da Destra Volturno a Pescopagano, e lungo la Domitiana, l'esercito di immigrati che una stima approssimativa calcola in quindicimila, è ostaggio della mafia nigeriana. Che spaccia, minaccia, fa traffico di organi e ha praticamente potere di vita e di morte sugli altri connazionali, sui ghanesi e sugli ivoriani»;

    secondo alcune stime gli affiliati alla mafia nigeriana in Italia sarebbero centomila e costituiscono «un gruppo ramificato e potente, che rappresenta una seria minaccia all'ordine pubblico e al vivere civile»;

    la distribuzione sul territorio è stata confermata dalla relazione annuale della Direzione nazionale antimafia dell'aprile 2017: «I gruppi criminali nigeriani, difatti, operano su buona parte del territorio nazionale, comprese le regioni ove risulta forte il controllo della criminalità endogena, come nel caso della Campania e della Sicilia. Da sempre attivi in Piemonte, Veneto e Campania, hanno progressivamente esteso la loro presenza criminale anche in altre aree del territorio nazionale, quali le regioni adriatiche (in particolare Marche ed Abruzzo), la Capitale, le due isole maggiori e, più recentemente, in Puglia»;

    ancora in merito alla mafia nigeriana, nella relazione della Direzione nazionale antimafia si legge: «Quanto ai sodalizi nigeriani, si tratta di gruppi fortemente caratterizzati dalla comune provenienza etnico-tribale dei suoi membri. Tali elementi garantiscono a ciascun sodalizio un'elevata compattezza interna che ne consente un'efficace operatività nonostante la ricorrente suddivisione in cellule, attive in diverse aree territoriali nonché il riconoscimento dei caratteri dell'associazione mafiosa in diversi procedimenti penali. Le numerose attività repressive condotte nei confronti di nigeriani, operativi prevalentemente nella tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti e nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, consentono di delineare alcuni fattori che ne hanno favorito la specializzazione soprattutto con riferimento al narcotraffico»;

    gli arresti effettuati nel Cara di Mineo non solo confermano il legame tra Centri di accoglienza e criminalità organizzata straniera, ma dimostrano le attività di tali gruppi criminali nella gestione dell'immigrazione illegale, posto che alcuni dei fermati avrebbero anche collaborato con i trafficanti di esseri umani in Libia;

    secondo la Direzione nazionale antimafia «i migranti di etnia nigeriana rappresentano la nazionalità prevalentemente dichiarata al momento degli sbarchi; appare dunque evidente come l'incremento dei flussi migratori illegali (...) rappresenti un florido bacino che va ad alimentare i gruppi criminali della relativa matrice etnica, perlopiù attivi nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti, nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e nei reati a questa correlati»;

    non va sottovalutato, inoltre, che in Nigeria si sta diffondendo un forte integralismo islamico, fatto che, attraverso la massiccia immigrazione di nigeriani, potrebbe aumentare la minaccia terroristica per la nostra Nazione;

    nonostante il fatto che già nel gennaio del 2005 i nostri servizi di intelligence e il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno avevano allertato le squadre mobili di ben ventisei questure e i comandi generali dei carabinieri e della guardia di finanza sulla «evoluzione dei sodalizi malavitosi di quell'etnia attivi in Italia», grazie a una scellerata politica migratoria che ha aperto le porte della nostra Nazione senza alcun controllo a centinaia di migliaia di persone, e grazie a una disattenzione verso il fenomeno, la mafia nigeriana ha assunto una dimensione, una pericolosità e una distribuzione sul territorio che impongono di adottare provvedimenti urgenti e concreti per il suo contrasto;

    la politica di chiusura dei porti sta dando efficaci risultati sotto l'aspetto della riduzione del numero di immigrati che arrivano in Italia ma sta esponendo la nostra Nazione a continue ed estenuanti trattative con gli altri Stati dell'Unione europea che dovrebbero farsi carico dei migranti secondo il principio della redistribuzione;

    la totale assenza, nell'Unione, di un approccio burden sharing in merito all'ondata migratoria si è riversata per anni sulla nostra Nazione lasciata sola ad accogliere e soprattutto ad ospitare in seguito le migliaia di migranti in arrivo attraverso il Mediterraneo;

    il caso della nave «Diciotti» dimostra chiaramente come la soluzione ai tentativi di immigrazione irregolare non sia tanto chiudere i porti quanto impedire ai barconi di partire, perché solo questo potrà porre l'Italia al riparo dalla polemica con gli altri Stati dell'Unione europea per l'accoglienza dei migranti;

    in occasione del vertice di Malta, svoltosi nel febbraio del 2017, tra le ipotesi dibattute per contrastare l'immigrazione irregolare vi era stata quella di creare una line of protection, di fatto un blocco navale, da realizzare con unità e uomini libici finanziati dalla Commissione con duecento milioni di euro a valere sul fondo fiduciario dell'Unione europea per l'Africa, volto a costituire una prima linea di difesa per impedire le partenze, dietro alla quale dovrebbero continuare ad operare le navi europee della missione Sophia, con lo scopo di soccorrere i migranti alla deriva e di distruggere i barconi catturati;

    nel marzo 1997 l'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi stipulò un accordo con il Premier albanese per la realizzazione di un blocco navale della Marina militare per il respingimento dei migranti diretti in Italia, in cambio di aiuti come cibo e medicinali e l'impegno per la ricostruzione delle strutture statali albanesi;

    oltre alla questione dei cosiddetti barconi, necessita di urgente regolamentazione l'attività nel Mediterraneo delle navi di proprietà di alcune organizzazioni non governative che operano al confine con le acque territoriali libiche, troppo spesso al centro di operazioni poco chiare per aver preso a bordo migranti nel tentativo di trasportarli in Italia quando ancora non erano giunti in acque internazionali, e sulle quali in Italia stanno indagando due procure;

    la presenza di queste navi, infatti, può essere un incentivo per i trafficanti a caricare i migranti su imbarcazioni inadatte a tenere il mare contando sul fatto che saranno «salvati» proprio dalle organizzazioni non governative;

    inoltre, con riferimento al tema dell'emergenza migranti, il Def 2018 ha evidenziato come il calo degli sbarchi registrato nel 2017 e nel 2018 rispetto agli anni precedenti non sia stato accompagnato dalla diminuzione delle presenze nelle strutture di accoglienza, le quali hanno continuato a registrare un andamento crescente;

    la spesa per operazioni di soccorso, assistenza sanitaria, accoglienza e istruzione è stimata in 4,3 miliardi nel 2017, al netto dei contributi dell'Unione europea, e prevista ancora in crescita fino ad una cifra compresa tra 4,6 e 5 miliardi di euro nel 2018, continuando a gravare sul nostro prodotto interno lordo per circa lo 0,3 per cento l'anno;

    sul piano internazionale è stato recentemente al centro del dibattito in tema di politiche migratorie il Global compact, ovvero il «Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare», sottoscritto in sede Onu il 5 agosto 2016, e presentato come la più ampia iniziativa strategica di revisione dei flussi migratori e della loro gestione;

    il Global compact crea obblighi crescenti verso gli Stati in ordine ai servizi da fornire agli immigrati, anche a prescindere dal loro status di rifugiato, sottraendo agli stessi la gestione delle politiche migratorie sul proprio territorio nazionale;

    appare evidente come il Global compact non sia altro che l'ennesimo tassello di un progetto volto ad annientare confini, culture ed in particolare le sovranità nazionali in tema di immigrazione, un approccio contro il quale si sono già espresse numerose Nazioni, dichiarando ufficialmente di non aderire al Trattato;

    la sottoscrizione del complesso reticolato di impegni del Global compact, anche laddove genericamente formulati, è tale da comportare un'inaccettabile cessione di sovranità sul tema migratorio verso organismi sovranazionali senza alcun controllo democratico da parte dei cittadini dei singoli Stati;

    il Patto è finanziato da contributi volontari dei Governi al Global Compact trust fund;

    l'11 dicembre 2018 a Marrakech 164 nazioni hanno sottoscritto il Global Compact for safe, orderly and regular migration, mentre un gruppo di 13 Nazioni non hanno sottoscritto e non sottoscriveranno il Patto sul presupposto che il documento non stabilisce una netta differenza tra migrazione legale ed illegale;

    l'Italia ha disertato l'incontro di Marrakech e non ha ancora assunto una posizione chiara e ufficiale in merito alla propria intenzione di sottoscrivere o meno il Global compact;

    il flusso incontrollato di immigrati che tenta di arrivare in Europa lasciando gli Stati dell'Africa non potrà mai essere arrestato se non si interviene anche a sostegno dello sviluppo sociale e produttivo delle popolazioni in loco;

    come denunciato dalle organizzazioni panafricane, la presenza della Francia in alcuni Stati africani si configura come una vera e propria ingerenza e forma di neocolonialismo che ostacola la crescita e lo sviluppo di tali Nazioni, e il franco Cfa, ancora in gran parte controllato dallo Stato francese, garantisce a quest'ultimo uno strumento di controllo sulle economie locali ed europee,

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative urgenti di competenza, anche normative, per potenziare le attività di indagine a contrasto della mafia nigeriana, anche attraverso l'istituzione di sezioni specializzate presso le procure antimafia, dedicate al contrasto alle mafie straniere attive sul territorio nazionale;

2) in questo quadro, ad adottare iniziative per disporre l'invio di un contingente militare nella zona di Castelvolturno a supporto delle forze di polizia impiegate nella lotta alla mafia nigeriana;

3) ad adottare ogni opportuna iniziativa per la creazione di un blocco navale davanti alle coste libiche che possa impedire il passaggio delle imbarcazioni cariche di migranti irregolari, con la partecipazione degli Stati membri della Unione europea, e in accordo e collaborazione con entrambe le autorità di governo presenti sul territorio libico, qualificandole come interlocutori dell'Unione e fornendo alle stesse sostegno economico e operativo per il controllo del proprio territorio e della rotta attraverso il deserto sfruttata dai trafficanti;

4) ad adottare iniziative per garantire la immediata creazione di centri hot spot nei Paesi del Nord Africa, per l'esame delle domande di asilo;

5) ad attivare immediatamente i centri sorvegliati nei quali trattenere chi entra illegalmente in Italia nelle more del vaglio della domanda di protezione e al fine di eseguire tutti gli opportuni accertamenti di sicurezza, rispettando il principio che, per chi entra illegalmente in uno Stato europeo, non possa essere sufficiente dichiararsi richiedente asilo per non essere sottoposto ad alcuna forma effettiva di controllo o restrizione;

6) a promuovere la creazione di un fondo europeo, alimentato con risorse dell'Unione, con una dotazione di tre miliardi di euro per la realizzazione di accordi di riammissione con i Paesi di origine dei migranti e il potenziamento delle operazioni di rimpatrio;

7) ad adottare iniziative per una maggiore regolamentazione delle organizzazioni non governative, prevedendo che gli enti di promozione sociale iscritti nel registro unico nazionale abbiano l'obbligo di istituire una gestione separata per ciascuna iniziativa di raccolta fondi che attivano, e il divieto di trasferire i fondi da un'iniziativa ad altra;

8) a porre all'attenzione delle istituzioni europee il tema di quello che appare ai firmatari del presente atto un approccio neocoloniale francese nei confronti dell'Africa e del franco Cfa;

9) a non sottoscrivere il Global Compact for safe, orderly and regular migration e a non contribuire in alcun modo al finanziamento del relativo trust fund.
(1-00113) (Nuova formulazione) «Lollobrigida, Deidda, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Crosetto, Luca De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Maschio, Meloni, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

(30 gennaio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    a più riprese nel dibattito pubblico italiano è stata ventilata l'ipotesi di un blocco navale per arginare i flussi migratori, nonostante – come da ultimo ha ricordato la stessa Ministra Trenta – si tratti di una strada non percorribile trattandosi di un atto ostile, una dichiarazione di guerra nei confronti della nazione di fronte alla quale si vorrebbe attuarlo, che non ha niente a che vedere con il contenimento dell'immigrazione irregolare;

    come ribadito anche dal Sottosegretario per la difesa Angelo Tofalo, in risposta a un'interrogazione dell'onorevole Delmastro Delle Vedove, «il quadro normativo internazionale riconosce tale misura come un metodo di guerra e, quindi, legittimamente adottabile solo nel corso di conflitti armati internazionali sul mare. È un metodo di guerra consolidatosi nel tempo quale norma consuetudinaria di diritto internazionale, volta ad impedire l'entrata ovvero l'uscita di qualsiasi nave dai porti di un Paese belligerante e deve ispirarsi ai principi di effettività e di imparzialità: la sua adozione nei confronti di uno Stato terzo equivale a dare inizio ad un attacco armato. In tempo di pace, a seguito dell'entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite del 1945, il blocco non può ritenersi consentito al di fuori dei casi di legittima difesa ed è previsto dall'articolo 42 della stessa Carta quale misura deliberabile dal Consiglio di sicurezza per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, qualora le misure non implicanti l'uso della forza siano ritenute inefficaci. Il blocco navale non può, quindi, essere associato alle attuali e pregresse attività di controllo dell'immigrazione irregolare via mare portate avanti dalle Forze armate italiane, le quali, non ricadendo nell'ambito di alcun conflitto armato, hanno sempre trovato fondamento in risoluzioni del Consiglio di sicurezza, nelle norme di diritto internazionale applicabili, compresi eventuali accordi internazionali bilaterali e in specifiche norme di legge»;

    come ha affermato il Premio Nobel per la pace già Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan in un celebre intervento, è importante: «arrivare ad accettare il fatto che gli sforzi miranti a fermare le migrazioni sono destinati a fallire, con ripercussioni devastanti per le vite umane»; «erigere muri più alti non può essere la soluzione», perché «"le migrazioni proseguiranno fino a quando non strapperemo i più poveri e i più vulnerabili alle condizioni inaccettabili di vita dalle quali attualmente stanno scappando»; «dobbiamo pertanto predisporre politiche atte a gestire i flussi umani con modalità che arrechino benefìci ai Paesi di origine, di transito e di destinazione dei migranti»;

    è questo l'obiettivo della proposta di legge d'iniziativa popolare depositata il 23 marzo 2018, recante «Nuove norme per la promozione del regolare soggiorno e dell'inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari», che ha raccolto grazie alla campagna «Ero straniero» – promossa da Radicali italiani, Fondazione Casa della carità «Angelo Abriani», Acli, Arci, Asgi, Centro Astalli, Cnca, A buon diritto, Cild, con il sostegno di numerose organizzazioni impegnate sul fronte dell'immigrazione, tra cui Caritas italiana, Fondazione migrantes, Comunità di Sant'Egidio e tante associazioni locali – oltre 90.000 firme depositate;

    obiettivo della proposta è riformare alcuni aspetti della «legge Bossi-Fini» e affrontare le cause dell'irregolarità di decine di migliaia di cittadini stranieri nel nostro Paese, in primis con l'introduzione di forme di regolarizzazione su base individuale degli stranieri irregolari – anche nel caso di richiedenti asilo diniegati – qualora sia dimostrabile la disponibilità in Italia di un'attività lavorativa o di formazione, di legami familiari, sul modello spagnolo del «radicamento» o sul modello della Germania che ha appena approvato una nuova legge sull'immigrazione che prevede la regolarizzazione se c'è un'offerta di lavoro. Si prevede, inoltre, la possibilità di trasformare il permesso di soggiorno per richiesta di asilo in permesso di soggiorno per lavoro anche nel caso del richiedente asilo – anche se diniegato in via definitiva – che abbia svolto un percorso fruttuoso di integrazione e abbia la disponibilità di un datore di lavoro che voglia assumerlo;

    in secondo luogo, la proposta prevede l'introduzione di meccanismi diversificati di ingresso per lavoro tramite: la reintroduzione del sistema dello sponsor, anche da parte di singoli privati, per l'inserimento nel mercato del lavoro del cittadino straniero con la garanzia di risorse finanziarie adeguate e disponibilità di un alloggio per il periodo di permanenza sul territorio nazionale, privilegiando quanti abbiano già avuto precedenti esperienze lavorative in Italia o abbiano frequentato corsi di lingua italiana o di formazione professionale; si introduce, inoltre, il permesso di soggiorno temporaneo (12 mesi) per ricerca di lavoro da rilasciare a lavoratori stranieri per facilitare l'incontro con i datori di lavoro italiani e per consentire a coloro che sono stati selezionati, attraverso intermediari sulla base delle richieste di figure professionali, di svolgere i colloqui di lavoro;

    a livello europeo, la soluzione per la gestione degli arrivi c'è già ed è la proposta di revisione del regolamento 604/2013, detto «Dublino III» approvata dal Parlamento europeo il 16 novembre 2017, che stabilisce un'equa ripartizione della responsabilità relativa all'accoglienza dei richiedenti asilo in Europa; riforma di cui beneficerebbero l'Italia e gli altri Paesi che si affacciano al Mediterraneo, ma fermamente avversata dal cosiddetto «gruppo Visegrad», capitanato dall'Ungheria di Orban, cui si allinea paradossalmente il Ministro dell'interno italiano Matteo Salvini;

    peraltro il Ministro Salvini ha partecipato a un solo vertice europeo sui sei convocati in cui era in discussione la «riforma di Dublino» (la riunione informale di Innsbruck del 12-13 luglio 2018); alla votazione finale al Parlamento europeo, come ricordato più volte dalla relatrice del testo di legge, la parlamentare europea Elly Schlein, i rappresentati del MoVimento 5 Stelle hanno votato contro, mentre quelli della Lega, al contrario dei popolari che hanno votato a favore, si sono astenuti; anche in ambito di commissioni parlamentari, come dimostrato da Elly Schlein, la Lega non ha mai partecipato a nessuna delle 22 riunioni di negoziato svoltesi nel corso di due anni sulla «riforma di Dublino»;

    la strada da percorrere è far sì che gestione dei flussi migratori, accoglienza e integrazione diventino di competenza comunitaria, a partire da un sistema europeo d'asilo e dalla gestione comune degli ingressi per lavoro, più o meno qualificato, e studio; e ancora canali umanitari per chi ha bisogno di protezione, sempre a livello europeo, coinvolgendo comuni e società civile, come nel modello canadese; è quello che è stato proposto con l'iniziativa dei cittadini europei (Ice) «Welcoming Europe. Per un'Europa che accoglie», proposta di iniziativa popolare che punta a decriminalizzare la solidarietà, creare passaggi sicuri e proteggere le vittime di sfruttamento e di abusi alle frontiere, sostenuta da decine di organizzazioni in tutt'Italia e che ha raccolto oltre 60.000 sottoscrizioni di sostegno;

    al contrario, l'effetto delle politiche del Governo – e in particolare del «decreto sicurezza» con l'abrogazione della protezione umanitaria – è produrre un aumento consistente degli immigrati irregolari che più facilmente saranno destinati alla strada, al mercato nero del lavoro se non alle attività illegali gestite dalla criminalità organizzata; è lo stesso effetto che ha avuto la «legge Bossi-Fini», che, restringendo ogni canale di ingresso legale in Italia, ha prodotto solo maggiore illegalità e lavoro nero, tanto da dover ricorrere nel 2002 e nel 2009 a due grosse sanatorie per regolarizzare quasi un milione di persone presenti sul nostro territorio. Si stima che oggi siano almeno 500.000 gli irregolari nel nostro Paese; il loro numero è destinato a crescere e rimpatriarli è impossibile, come ha ammesso lo stesso Ministro Salvini, essendo poche migliaia i rimpatri eseguiti annualmente e non essendoci sufficienti accordi con i Paesi di origine,

impegna il Governo:

1) a sostenere con forza il contenuto della proposta di riforma del «regolamento di Dublino» approvata dal Parlamento europeo e ad adoperarsi per salvare il negoziato sulla revisione del regolamento «Dublino III»; ad opporsi al veto sulla redistribuzione obbligatoria da parte degli Stati contrari al superamento del sistema attuale con il solo obiettivo di non assumersi alcuna responsabilità nella gestione dei flussi migratori verso l'Europa e dell'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, scaricando il peso su alcuni Paesi, innanzitutto l'Italia, e continuando di fatto a violare il principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità di cui all'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

2) a livello nazionale, ad adottare iniziative per introdurre disposizioni volte al recupero della legalità attraverso l'emersione e la regolarizzazione dei cittadini stranieri presenti in Italia che non hanno attualmente un titolo di soggiorno, ai quali, sulla base di elementi di comprovata integrazione, quali la disponibilità di un lavoro o la presenza di legami familiari, in assenza di gravi condanne penali, venga rilasciato un permesso di soggiorno per comprovata integrazione e radicamento di 2 anni, rinnovabile e convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, studio o famiglia.
(1-00121) «Magi, Schullian».

(18 febbraio 2019)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE A SOSTEGNO DEL COMPARTO AUTOMOBILISTICO E DEL RELATIVO INDOTTO, ANCHE AL FINE DI FAVORIRNE L'EVOLUZIONE TECNOLOGICA E LA TUTELA DEI LIVELLI OCCUPAZIONALI

   La Camera,

   premesso che:

    le elaborazioni Anfia su dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, aggiornate all'11 gennaio 2019, indicano che in Italia nel 2018 sono state immatricolate un totale di 1.910.415 autovetture, con un calo del 3,1 per cento rispetto al 2017;

    le immatricolazioni di autovetture prodotte negli stabilimenti italiani del gruppo Fca rappresentano per il mese di dicembre 2018 una quota del 26 per cento del totale, con volumi in diminuzione dell'1 per cento, e, complessivamente, registrano nel 2018 una flessione del 10 per cento delle immatricolazioni rispetto al 2017;

    il dato, che certifica il primo rallentamento dal 2014, mostra inequivocabilmente un'inversione di rotta rispetto alla continua crescita registrata negli ultimi anni dal mercato dell’automotive. Grazie anche alle misure messe in campo dagli ultimi Governi di centrosinistra, quali gli incentivi della «legge Sabatini» e del «superammortamento», si erano infatti registrati un vero boom nell'acquisto di veicoli commerciali e di autocarri, ma anche forti incrementi per le auto immatricolate acquistate dalle imprese;

    i dati citati finora sembrano riaprire scenari di crisi del settore che ci si augurava fossero definitivamente superati con la conclusione del ciclo recessivo iniziato nel 2008;

    la crisi potrebbe essere ulteriormente accentuata, stante la flessione registrata per il terzo mese consecutivo dalla produzione industriale della Germania, che è il maggiore partner industriale della filiera dell’automotive nazionale;

    gli analisti indicano che la flessione in atto possa essere attribuibile all'introduzione, a partire dal 1° settembre 2018, delle nuove normative europee Wltp sulle emissioni, al calo di fiducia dei consumatori e al rallentamento della crescita interna, che ha visto nel terzo trimestre del 2018 una diminuzione che segna il primo calo dopo un periodo di espansione protrattosi per 14 trimestri consecutivi;

    le previsioni relative all'avvio di una fase di stagnazione dell'economia nazionale, fatte dal Ministro Tria nei giorni scorsi, e la stima al ribasso del prodotto interno lordo prevista per il 2019 gettano ulteriori elementi di urgenza e di riflessione sugli interventi necessari per le imprese italiane;

    complessivamente, contando tutti i produttori e addetti indiretti, il comparto occupa in Italia 252 mila persone. L’automotive rappresenta ancora la spina dorsale della produzione industriale (7 per cento del settore manifatturiero) e di tutta l'occupazione nelle imprese dei settori industria, commercio e servizi (ancora 7 per cento). Il raffronto con i principali partner europei dice che il totale degli addetti diretti conta 850.000 unità in Germania, 224.000 in Francia, 178.000 in Polonia, 168.000 in Romania e 160.000 in Italia;

    le misure adottate con la legge di bilancio per il 2019 – che prevedono il meccanismo «bonus malus» per l'acquisto attraverso la tassazione progressiva delle autovetture a combustione, a partire da quelle con emissioni superiori ai 160 g/km, e l'erogazione di incentivi per autovetture elettriche o ibride – sono state affrettatamente introdotte in un settore dove è evidente il rischio, per la filiera nazionale dell’automotive, di subire una contrazione della produzione. Ciò in quanto le industrie estere risultano al momento più avanti nella produzione di autovetture con tali caratteristiche. Il nuovo piano di investimenti di Fca intende peraltro in pochi anni colmare questo gap;

    associazioni di categoria, organizzazioni sindacali, analisti e centri studi stimano per il 2019 la potenziale perdita di circa 100 mila immatricolazioni, con un impatto negativo anche sull'ecologia e sull'economia, visto che, anziché favorire il rinnovo di un parco circolante fortemente invecchiato, l'ecotassa sugli acquisti di auto nuove finirà per spingere una quota considerevole di automobilisti a rimandare ulteriormente la sostituzione della propria vettura o ad acquistare una vettura usata;

    la suddetta misura, estemporaneamente introdotta nel corso dell'esame della legge di bilancio, non verificata con il sistema industriale, né con le rappresentanze dei lavoratori, né con gli esperti del settore, ha registrato un coro unanime di critiche e preoccupazioni, specie sui livelli occupazionali dei diversi stabilimenti di produzione Fca esistenti in diverse regioni d'Italia;

    una misura definita come «miope che non aiuta a rinnovare il parco auto» (presidente di Federmeccanica), in grado di «unire imprese e lavoratori nella protesta» (comunicato Unrae) o, ancora, «l'ennesimo schiaffo all'industria nazionale e all'ambiente. Queste norme schizofreniche sono un danno per il Paese e i lavoratori» (segretario generale della Fim Cisl);

    ad una prima verifica circa le ricadute della citata misura, gli analisti segnalano che tra i modelli che ne trarranno beneficio, tra le auto elettriche, ci sono due modelli Citroen (C-Zero ed E-Mehari), Hyundai (Ioniq e Nuova Kona), Nissan (Nissan ed Evalia), Peugeot (iON e Tepee), Volkswagen (eGolf ed eUP), la Smart Eq for-two e for-four, la Bmw i3, Kia Soul, Mitsubishi i Miev, Renault Zoe, Porsche Cayenne 3,0 E-Hybrid e tutti i modelli di Tesla. Mentre tra i modelli ibridi, se ne trovano tre di Kia (Niro Phev, Optima, Optima SW), due modelli Bmw (serie 2 e serie 5) e due Toyota (Prius plug-in, Prius full hybrid), la Mini Countryman, Hyundai Ioniq, la Mercedes GLC e Mitsubishi Outlander;

    ad essere penalizzati dalla nuova tassa, invece, saranno diversi modelli del gruppo Fca: nove modelli Maserati (Ghibli B, 4pB, GT, Gran Cabrio B, Ghibli D, 4pD, Levante, GT D, Gran Cabrio D), Renegade 2000 D, 500X 2000 D, Giulietta 1,4 B, Giulia 2,0 B, Stelvio B, Ducato B: tutti prodotti negli stabilimenti italiani;

    Fca ha pertanto annunciato la volontà di un ridimensionamento del piano illustrato il 29 novembre 2018, che avrebbe previsto un complessivo piano degli investimenti in Italia per circa cinque miliardi di euro, specie per sviluppare nuovi modelli con motorizzazioni elettriche e ibride;

    anche alla luce di tali dati, è forte la preoccupazione che la prossima entrata in vigore della citata disposizione possa determinare sui livelli occupazionali negli stabilimenti della produzione automobilistica nazionale,

impegna il Governo:

1) ad adottare, con la massima urgenza, un'apposita iniziativa normativa volta a modificare la disposizione che ha introdotto il meccanismo del «bonus-malus» per l'acquisto di nuove autovetture di cui alla legge di bilancio per il 2019;

2) ad avviare un confronto con il sistema delle imprese della produzione automobilistica e con le organizzazioni sindacali, con il supporto di esperti del settore dell’automotive, al fine di individuare le opportune misure volte a favorire il rafforzamento del sistema produttivo nazionale, nonché a definire un piano nazionale per l'occupazione nel comparto della produzione di mezzi di trasporto e dei loro componenti, ciò anche in vista delle profonde trasformazioni produttive, dell'evoluzione tecnologica e delle crescenti esigenze di tutela ambientale e di salute pubblica.
(1-00106) (Nuova formulazione) «Delrio, Lepri, Gribaudo, Enrico Borghi, Bonomo, Fregolent, Moretto, Gariglio, Giorgis, D'Alessandro, Del Basso De Caro, De Filippo, Mancini, Pezzopane, Portas, Siani, Topo, Annibali, Bordo, Bruno Bossio, Buratti, Cantini, Carnevali, Critelli, De Luca, De Menech, Di Giorgi, Marco Di Maio, Fassino, Ferri, La Marca, Lotti, Miceli, Migliore, Mor, Morani, Morgoni, Mura, Nardi, Nobili, Noja, Orfini, Pini, Pizzetti, Rosato, Rossi, Rotta, Scalfarotto, Sensi, Serracchiani».

(24 gennaio 2019)

Per tornare alla pagina di provenienza azionare il tasto BACK del browser