TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 187 di Lunedì 10 giugno 2019

 
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INTERROGAZIONI

A)

   ZUCCONI e SILVESTRONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro interrogato, ancor prima di assurgere a ruoli governativi, aveva annunciato la volontà di chiudere tutti gli esercizi commerciali nei giorni festivi;

   divenuto Ministro aveva corretto l'annuncio, riconfermando l'idea, ma modulandola diversamente;

   nei giorni scorsi il Governo sembra aver raggiunto una nuova intesa sulla tematica, prevedendo fra le varie misure: la chiusura notturna per tutti gli esercizi commerciali dalle 22 alle 7 del mattino, la chiusura (previo accordo tra regioni, associazioni di categoria e sindacati) in 12 festività laiche e religiose (che possono arrivare a 8 previo accordo tra regioni, associazioni di categoria e sindacati), oltre che per 26 domeniche, lo «stop» alla preparazione e alla consegna dei pacchi nelle 26 domeniche di chiusura per il commercio on line;

   le misure suddette di restringimento della liberalizzazione del commercio non intaccherebbero l'operato degli esercizi commerciali dei centri storici, i quali continuerebbero a operare secondo i dettami vigenti al momento;

   le misure suddette prevedrebbero una deroga anche per i negozi di vicinato: oltre alla possibilità di apertura di tutte le domeniche eccetto le festività nazionali, nei comuni fino a 10.000 abitanti saranno aperti i negozi fino a 150 metri quadrati, mentre nei comuni con più di 10.000 abitanti saranno aperti i negozi fino a 250 metri quadrati;

   le associazioni di categoria stimano che tali misure comporterebbero un calo dei consumi di oltre 4 miliardi di euro e metterebbero a rischio circa 40 mila posti di lavoro;

   un provvedimento in tal senso, a causa della presenza di numerose casistiche volte a determinare la chiusura o meno di un esercizio commerciale, comporterebbe un groviglio normativo, rendendo difficile e incerta la sua attuazione, oltre che il semplice lavoro degli operatori del comparto –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per tutelare i lavoratori e i commercianti del comparto le cui attività sono messe a rischio dal suddetto intervento normativo, con particolare riferimento a quelli operanti nei centri commerciali, i quali in molti casi hanno già in essere contratti di affitto annuali.
(3-00592)

(6 marzo 2019)

B)

   COSTA e D'ETTORE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'applicazione delle norme relative alle limitazioni disposte per l'utilizzo di borse in materiale plastico non biodegradabile sta determinando, in particolare nella provincia di Cuneo, gravi problemi agli operatori commerciali;

   la questione attiene all'applicazione delle norme contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006, così come modificate dal decreto-legge n. 91 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, in particolare le norme relative al divieto di commercializzazione di borse in sola plastica con spessore inferiore a 15 micron, utilizzabili per il trasporto dei prodotti acquistati, e di commercializzazione di borse «utilizzate a fini di igiene o come involucro primario per alimenti sfusi» di spessore superiore a 15 micron;

   le due norme sono radicalmente diverse, perché nel primo caso è disposto un divieto assoluto censurato con sanzioni economiche pesantissime anche di parecchie migliaia di euro, mentre nel secondo vengono disposte limitazioni e oneri (obbligo di far pagare tali involucri) in termini che non sembrano modificare sostanzialmente la disciplina previgente in merito;

   benché il legislatore abbia usato in entrambi i casi il termine «borse», sembra evidente che la distinzione riguardi l'utilizzo di detti contenitori, nel senso che ci si riferisce sia alle borse vere e proprie nelle quali viene posta la spesa per essere trasportata dopo l'acquisto, sia ai sacchetti utilizzati per l'igiene degli alimenti o per contenere prodotti sfusi;

   gli operatori del settore commerciale lamentano, invece, numerosi casi in cui l'utilizzo dei sacchetti di cui alla seconda fattispecie è stato sanzionato ai sensi del precedente articolo relativo alle borse vere e proprie: in termini economici draconiani, con verbali che comminano anche 5.000 euro di sanzione;

   tali iniziative hanno, peraltro, sortito effetti manifestamente contrari alle finalità della norma: sono molti, infatti, gli operatori del settore che si sono visti costretti ad adottare le vaschette di materiale plastico. Si tratta di strumenti che non sono vietati, seppure appaiano essere molto più inquinanti dei sacchetti;

   tutto questo sembrerebbe essere il frutto della mancata precisione del testo adottato dal legislatore, che ingenera dubbi interpretativi, come dimostra anche il fatto che il problema non risulta essere generalizzato sul territorio;

   esso assume, tuttavia, una rilevanza sostanziale, perché l'entità delle sanzioni può pregiudicare la stessa continuità operativa di esercizi di commercio di vicinato, specie se operanti in aree a rischio di desertificazione commerciale, rischiando di aggravare ulteriormente la cronica carenza di servizi essenziali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   sei il Ministro non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza, se del caso emanando una circolare interpretativa, al fine di chiarire l'applicazione dei richiamati articoli.
(3-00674)

(5 aprile 2019)

   RUFFINO e D'ETTORE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'applicazione delle norme relative alle limitazioni disposte per riutilizzo di borse in materiale plastico non biodegradabile sta determinando gravi problemi agli operatori commerciali;

   la questione attiene all'interpretazione delle norme contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006, così come modificate dal decreto-legge n. 91 del 2017, in particolare: a) l'articolo 226-bis che vieta la commercializzazione di borse in sola plastica con spessore inferiore a 15 micron utilizzabili per il trasporto dei prodotti acquistati; b) l'articolo 226-ter che limita la commercializzazione di borse «utilizzate a fini di igiene o come involucro primario per alimenti sfusi» di spessore superiore a 15 micron;

   le due norme sono radicalmente diverse, perché nel caso dell'articolo 226-bis è disposto un divieto assoluto censurato con sanzioni economiche pesantissime anche di parecchie migliaia di euro, mentre l'articolo 226-ter contiene limitazioni e oneri (obbligo di far pagare tali involucri) in termini che non sembrano modificare sostanzialmente la disciplina previgente in merito;

   benché il legislatore abbia usato in entrambi i casi il termine «borse», sembra evidente che la distinzione riguardi l'utilizzo di detti contenitori, nel senso che l'articolo 226-bis si riferisce alle borse vere e proprie nelle quali viene posta la spesa per trasportarla dopo l'acquisto, mentre l'articolo 226-ter riquadra i sacchetti utilizzati per l'igiene degli alimenti o per contenere prodotti sfusi;

   gli operatori del settore commerciale lamentano, invece, ormai parecchi casi in cui l'utilizzo dei sacchetti di cui alla seconda fattispecie è stato sanzionato ai sensi del precedente articolo relativo alle borse vere e proprie: in termini economici draconiani, con verbali che comminano anche 5.000 euro di sanzione;

   tali iniziative hanno, peraltro, sortito effetti manifestamente contrari alle finalità della norma; sono molti i commercianti che si sono visti costretti ad adottare le vaschette di materiale plastico da sempre utilizzate per alimenti con liquidi: strumenti che non sono vietati anche se, anche agli occhi di un profano, appaiono essere molto più inquinanti dei «vecchi» sacchetti;

   ciò è il frutto della mancata precisione del testo adottato dal legislatore che ingenera dubbi interpretativi. Peraltro, l'entità delle sanzioni può pregiudicare la stessa continuità operativa di esercizi di commercio di vicinato, specie se operanti in aree a rischio di desertificazione commerciale –:

   se non ritenga indispensabile, alla luce delle criticità esposte in premessa, adottare iniziative per rivedere le suddette norme del codice dell'ambiente, al fine di chiarire la portata delle medesime ed evitare le attuali discrezionalità interpretative che determinano una grave discriminazione anticoncorrenziale tra imprenditori commerciali;

   se, nelle more di un intervento normativo, non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per emanare quanto prima una circolare, al fine di limitare i danni prodotti da una redazione di norme poco chiare, come quelle indicate in premessa.
(3-00770)

(7 giugno 2019)
(ex 5-01788 del 28 marzo 2019)

C)

   FEDERICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la viabilità del comune di Colletorto, in provincia di Campobasso, è stata gravemente compromessa dai rilevanti movimenti franosi in località Macchie – cimitero comunale – vallone Macchiarelle, verificatisi sia a seguito degli eventi sismici dell'ottobre 2002 che degli eventi meteorici del gennaio-febbraio 2005;

   la frana, inizialmente localizzata al di sopra della strada provinciale n. 73b II diramazione Bifernina «Colletorto-Bonefro», si è progressivamente allargata verso sud, compromettendo 300 metri della strada provinciale, arrivando a circa 10 metri dal locale cimitero. Da questa prima zona di distacco, Cimitero-Macchie, il fenomeno si è poi evoluto verso il vallone Macchiarelle; dopo il corpo della frana (colata) ha interessato la strada provinciale 73b II diramazione Bifernina «Colletorto-Casalnuovo Monterotaro», causandone lo sprofondamento;

   a causa dei suddetti fenomeni la viabilità sulla strada provinciale II diramazione Bifernina, sia in direzione «Colletorto-Bonefro» che direzione «Colletorto-Casalnuovo Monterotaro», è stata interrotta e, come unico percorso alternativo, viene utilizzata una strada interpoderale «Pozzo Berardinelli», anch'essa minacciata dal movimento franoso;

   l'amministrazione comunale di Colletorto, in data 4 dicembre 2014, ha richiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un finanziamento pari a euro 2.540.966,21 per la realizzazione di interventi di messa in sicurezza del territorio, poiché le risorse economiche e finanziarie del comune e della regione risultavano insufficienti;

   in data 4 ottobre 2018 il prefetto di Foggia ha scritto al presidente della regione Puglia e della regione Molise, nonché alle amministrazioni comunali di Colletorto e di Casalnuovo Monterotaro, con una richiesta di ripristino della viabilità compromessa sulla strada provinciale n. 73b –:

   se il Governo sia a conoscenza delle circostanze descritte e che tipo di iniziative intenda mettere in atto, con il coinvolgimento degli enti territoriali interessati, al fine di garantire l'avvio di tutti i lavori necessari alla messa in sicurezza del fronte franoso e al ripristino della viabilità, anche alla luce delle istanze del comune di Colletorto e dell'interlocuzione avviata dal prefetto.
(3-00768)

(7 giugno 2019)
(ex 4-01740 del 28 novembre 2018)

D)

   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da articoli di stampa si apprende la notizia che la holding Altea s.r.l. risulta coinvolta in un'associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale;

   lo stesso gruppo occupa 17.000 dipendenti in tutta Italia;

   le aziende «impattate» risultano essere 32 facenti parte della holding Altea s.r.l.;

   è necessario che il Governo intervenga e garantisca la tutela dei lavoratori e il mantenimento delle commesse aziendali –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, per garantire con la massima urgenza il pagamento degli emolumenti ai lavoratori e assicurare la continuità produttiva delle aziende facenti parte della holding sopra richiamata.
(3-00654)

(27 marzo 2019)

E)

   SAITTA, FICARA, MARZANA, RIZZO e SCERRA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 6 giugno 2018 le segreterie dei coordinamenti regionali Sicilia delle organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria – con una nota rivolta al provveditore dell'amministrazione penitenziaria per la regione Sicilia, Gianfranco De Gesù – hanno segnalato il preoccupante intensificarsi di atti di violenza nei confronti del personale presso la casa circondariale di Caltagirone;

   la Uilpa polizia penitenziaria ha più volte sottolineato, da ultimo nel 2016, la perdurante carenza di organico presso gli istituti, nonché l'età media elevata dei poliziotti, che supera i 40 anni;

   il recente ampliamento del comprensorio circondariale, che ha visto crescere la sua popolazione carceraria (composta – come riportato in una relazione del 2015 dall'Antigone Onlus – per buona parte da soggetti che scontano pene per reati gravi o che versano in condizioni di tossicodipendenza, ovvero affetti da malattie psichiatriche) da 320 unità a 550 unità, ha acuito ulteriormente il problema della carenza di personale, considerato che l'organico attualmente in servizio ammonta a 3 funzionari dell'area trattamentale, a 147 unità di polizia penitenziaria e a 13 unità impiegate presso il nucleo traduzioni e piantonamenti;

   si registra l'esigenza di una maggiore presenza di mediatori linguistici, considerato che più di un quarto dei detenuti è extracomunitario, nonché l'implementazione del personale addetto all'area trattamentale, al fine di un maggiore coinvolgimento degli stessi nelle varie attività scolastiche e/o professionali;

   tali criticità sono esasperate anche dalle condizioni della struttura, dove i blocchi 25 e 50 – che ospitano rispettivamente 210 detenuti a regime protetto e 150 detenuti a regime comune – risultano fatiscenti. Inoltre, l'istituto versa in una costante emergenza idrica: in caso di sospensione dell'erogazione dell'acqua da parte del comune, esso può sopperire al fabbisogno suddetto esclusivamente attraverso l'approvvigionamento a mezzo di un camion dotato di una cisterna 10 mila litri, risorsa che appare evidentemente insufficiente;

   le problematiche rilevate presso la casa circondariale di Caltagirone sono emerse anche per la casa circondariale di Siracusa. Infatti, in seguito all'ampliamento del carcere e della relativa popolazione (cresciuta da 400 unità a circa 600 unità) si è assistito ad una diminuzione della sicurezza dell'istituto, il cui personale (che ammonta solamente a 165 unità) – è rimasto pressoché invariato;

   l'organico del personale di polizia penitenziaria e del nucleo locale risulta in entrambe le strutture penitenziarie del tutto inadeguato a garantire standard minimi di sicurezza e, in ogni caso, insufficiente per gli eccedenti carichi di lavoro, analogamente a quanto accade al personale civile preposto al trattamento;

   questa situazione ha generato una escalation di tensione, a causa dei continui problemi e dei disagi che i detenuti sono costretti ad affrontare quotidianamente: costoro, infatti, hanno cominciato a prendere coscienza della mancanza reale di controllo da parte del personale penitenziario, adottando per lo più un atteggiamento poco collaborativo e ritorsivo nei confronti di quest'ultimo, che a sua volta, oltre a veder disattese le proprie prerogative soggettive, avverte anche il totale disinteresse da parte dell'amministrazione preposta (che, invece, dovrebbe intervenire per assicurare idonee condizioni di sicurezza e serenità lavorativa);

   i gravi episodi succedutisi nel maggio 2018 costituiscono soltanto il campanello d'allarme che non può essere più ignorato, se si considera il generalizzato e diffuso stato di sofferenza oggettiva di molti agenti penitenziari che prestano servizio anche in altre strutture presenti sull'isola –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative intenda intraprendere per risolvere in tempi brevi i problemi illustrati.
(3-00769)

(7 giugno 2019)
(ex 5-01542 del 21 febbraio 2019)

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