TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 196 di Martedì 25 giugno 2019

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA CURA E L'ASSISTENZA DEL PAZIENTE ONCOLOGICO

   La Camera,

   premesso che:

    il cancro è oggetto di ampie trattazioni a livello nazionale ed internazionale, sia da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità, che della Commissione europea;

    il 31 maggio 2017, nel corso della settantesima assemblea dell'Organizzazione mondiale della sanità, è stata approvata una risoluzione sulla prevenzione ed il controllo del cancro;

    la risoluzione esorta gli Stati membri a definire piani nazionali di controllo del cancro, migliorare la qualità di raccolta dati e dei registri e promuovere la prevenzione primaria, oltre a piani di riduzione del fumo;

    la stessa risoluzione raccomanda, inoltre, di porre in essere attività rivolte alla diagnosi precoce del cancro, di sviluppare protocolli diagnostico-terapeutici assistenziali rivolti alla gestione della patologia, di promuovere un ricorso sostenibile agli strumenti di diagnosi e cura dei tumori, di assicurare ai pazienti, laddove necessarie, le cure palliative, di promuovere la ricerca sul cancro, di favorire forme di collaborazione fra le autorità e le associazioni pazienti e di favorire l'impiego in centri di eccellenza della psico-oncologia;

    sempre secondo le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità, il cancro è la principale malattia a livello mondiale con 14,2 milioni di nuovi casi nel 2012 e una proiezione di oltre 21,6 milioni nel 2030;

    in Italia, malgrado l'altissimo livello dei ricercatori e clinici attestato dal recente congresso dell’American society of clinical oncology (Asco) svoltosi a Chicago, a causa di fattori culturali, socio-economici e ambientali, ci sono parecchie disparità nell'esposizione ai fattori di rischio, nell'accesso agli screening per la prevenzione oncologica, alla diagnosi precoce e alla cura;

    tenendo presente i notevoli avanzamenti terapeutici degli ultimi anni, si assiste a una difficoltà di accesso ad essi per questioni legate, soprattutto, alla sostenibilità del sistema e all'eccessiva frammentazione delle decisioni a livello territoriale;

    secondo il rapporto Aiom/Airtum, sono 369.000 i nuovi casi di cancro stimati nel 2017 (192.000 fra i maschi e 177.000 fra le femmine); le 5 neoplasie più frequenti nel 2017 nella popolazione sono quelle del colon-retto (53.000 nuovi casi), del seno (51.000), del polmone (41.800), della prostata (34.800) e della vescica (27.000);

    in Italia vivono oltre 3.300.000 malati di cancro, il 5 per cento circa dell'intera popolazione italiana. La sopravvivenza cresce ogni anno e oggi oltre il 60 per cento dei pazienti ha una sopravvivenza a 5 anni;

    in Italia ci sono notevoli disparità di trattamento dovute alle diverse gestioni all'interno delle singole regioni, che determinano tempi e qualità della prestazione profondamente diversi e spesso conflittuali;

    in questo difficile contesto, la presa in carico del paziente è un momento strategico in grado di segnare in modo decisivo la qualità del percorso terapeutico;

    anche la prevenzione è un aspetto fondamentale che richiede strategie di comunicazione condivise e capaci di convincere la popolazione ad affrontare con responsabilità gli screening oncologici oggi offerti dai livelli essenziali di assistenza;

    gli stili di vita hanno in questa prospettiva un'importanza fondamentale e, in questo senso, sono necessarie politiche rivolte alla promozione della dieta mediterranea, dell'attività fisica, alla lotta contro il fumo e l'alcool e gli altri fattori di rischio;

    il movimento di associazioni pazienti «La salute un bene da difendere, un diritto da promuovere», coordinato da «Salute Donna» onlus, ha dato vita negli ultimi anni a un intergruppo parlamentare nazionale, a 4 intergruppi consiliari regionali (Calabria, Lazio, Lombardia, Puglia), al fine di identificare percorsi condivisi con il mondo politico e rivolti a migliorare i processi di presa in carico e cura dei pazienti onco-ematologici, affrontando con realismo e nei limiti della sostenibilità del sistema una serie di problematiche puntuali e afferenti all'universo dell'onco-ematologia,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per garantire, a breve, l'adozione di un nuovo piano oncologico nazionale basato sulla centralità del paziente e del suo percorso terapeutico, in cui sia inserito un sistema di indicatori delle performance a livello regionale;

2) ad adottare iniziative per dare effettiva attuazione alla rete oncologica ed ematologica e al registro tumori nazionale;

3) ad adottare iniziative per dare continuità al dialogo e al confronto tra le istituzioni sanitarie per favorire la messa a punto e l'adozione di protocolli diagnostico-terapeutici assistenziali per le diverse forme di cancro, prevedendo il coinvolgimento ed il contributo permanente delle associazioni dei pazienti di riferimento per specifica patologia neoplastica, portatori di interessi imprescindibili del percorso;

4) a garantire, per quanto di competenza, l'accesso permanente delle associazioni pazienti ai tavoli istituzionali di riferimento nel campo dell'onco-ematologia;

5) a promuovere a livello territoriale l'approccio multidisciplinare e il lavoro di équipe con la presenza di diversi specialisti, con l'obiettivo di garantire e migliorare il benessere psicofisico del paziente oncologico ed onco-ematologico;

6) a favorire l'istituzione su base regionale del centro accoglienza e servizi, porta d'ingresso e di inizio del percorso diagnostico-terapeutico del paziente oncologico;

7) ad adottare iniziative per mantenere un adeguato e sostenibile finanziamento del fondo per i farmaci oncologici innovativi e non oncologici e assicurare il corretto ed uniforme utilizzo delle relative risorse;

8) a favorire la diffusione e l'accesso ai test diagnostici molecolari, che permettono di accedere a terapie di precisione, utilizzando in modo appropriato le risorse del servizio sanitario nazionale;

9) ad assumere iniziative per garantire la corretta informazione del medico al paziente e ottenere la sua condivisione nel caso si opti per uno shift terapeutico;

10) ad adottare iniziative per diffondere informazioni chiare e puntuali sulla ricerca clinica e facilitare l'accesso agli studi clinici da parte dei pazienti oncologici e onco-ematologici, con l'obiettivo di favorire l'approvazione e la disponibilità tempestiva delle terapie più innovative;

11) a promuovere l'assistenza psicologica nell'ambito dei reparti di oncologia medica e dei servizi ad essa afferenti, effettuata da personale con specifiche competenze laureato in psicologia o medicina;

12) ad adottare iniziative per garantire, nel rispetto dei vincoli della sostenibilità del sistema e delle necessità dei pazienti oncologici e onco-ematologici, un accesso il più rapido possibile alle nuove terapie anche attraverso sistemi alternativi ai prontuari terapeutici ospedalieri, come già fatto in alcune regioni;

13) a porre in essere campagne di comunicazione più efficaci per promuovere l'adesione agli screening oncologici garantiti dai livelli essenziali di assistenza;

14) a promuovere un nuovo piano di comunicazione per la prevenzione come «Guadagnare Salute», riconosciuto da studi pubblicati come molto efficace per prevenire l'insorgenza di molte malattie, incluse quelle oncologiche;

15) ad adottare iniziative normative per l'introduzione di disposizioni per la piena integrazione della figura del caregiver familiare nell'ordinamento giuridico, riconoscendo la specificità del caregiver oncologico ed attivando la rete delle cure palliative a domicilio, senza inutili attese e senza eccessive burocrazie.
(1-00145) «Lazzarini, D'Arrando, Gemmato, Panizzut, Ziello, Boldi, Foscolo, De Martini, Comaroli, Valbusa, Vanessa Cattoi, Bazzaro, Locatelli, Sarli, Mammì, Sportiello, Eva Lorenzoni, Menga, Massimo Enrico Baroni».

(20 marzo 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    al fine di tutelare i diritti dei pazienti oncologici, «Salute Donna» onlus e le associazioni sostenitrici hanno promosso nel Parlamento italiano la formazione dell'Intergruppo «Insieme per un impegno contro il cancro», composto da parlamentari di tutti i gruppi impegnati a promuovere la lotta al cancro come una priorità della politica sanitaria nazionale e a orientare in tal senso la legislazione;

    secondo le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità il cancro è la principale malattia a livello mondiale con 14,2 milioni di nuovi casi nel 2012 e una proiezione di oltre 21,6 milioni nel 2030;

    in Italia, a causa di fattori culturali, socio-economici e ambientali, ci sono delle disparità nell'esposizione ai fattori di rischio e nell'accesso agli screening per la prevenzione oncologica, alla diagnosi precoce e alla cura;

    tenendo presente i notevoli avanzamenti terapeutici degli ultimi anni, si assiste ad una difficoltà di accesso ad essi per questioni legate soprattutto alla sostenibilità del sistema e all'eccessiva frammentazione delle decisioni a livello territoriale;

    secondo il rapporto Aiom/Airtum sono 369.000 i nuovi casi di cancro stimati nel 2017 (192.000 fra i maschi e 177.000 fra le femmine); le 5 neoplasie più frequenti nel 2017 nella popolazione sono quelle del colon-retto (53.000 nuovi casi), del seno (51.000), del polmone (41.800), della prostata (34.800) e della vescica (27.000);

    in Italia vivono oltre 3.300.000 malati di cancro, il 5 per cento circa dell'intera popolazione italiana. La sopravvivenza cresce ogni anno e oggi oltre il 60 per cento ha una sopravvivenza a 5 anni;

    i tumori pediatrici, pur rappresentando solo l'1-2 per cento di tutti i tumori con un'incidenza pari a circa 180 nuovi casi/milione di soggetti <14 anni, costituiscono la seconda causa di morte, dopo i traumi, nella fascia di età inferiore ai 18 anni. La sopravvivenza dei tumori pediatrici sfiora l'80 per cento e si stima che vivano in Italia oltre 30.000 persone che abbiano avuto una diagnosi di tumore infantile da oltre 5 anni;

    nonostante il settore dell'oncoematologia pediatrica sia piccolo, è estremamente complesso e copre almeno 60 diversi tipi di cancro in una popolazione che va dai neonati agli adolescenti, e perfino di più se si considerano i biomarcatori;

    la crisi economica globale ostacola la capacità di diversi Stati membri dell'Unione europea di migliorare il proprio sistema sanitario per offrire i trattamenti standard ai giovani con il cancro e un accesso non limitato ad alcuni farmaci essenziali, se pur costosi;

    secondo quanto riportato nell'ottava edizione del volume «I numeri del cancro in Italia» pubblicato nel 2018, a seguito della collaborazione tra Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) ed Airtum (Associazione italiana dei registri tumori), nel 2018 i dati riportati relativi all'incidenza di tumori in Italia parlano di 373.000 nuovi casi diagnosticati. La mortalità relativa all'anno 2015 è stata di 178.000 decessi;

    secondo la pubblicazione, «i dati relativi ai trend temporali di questi indici, standardizzati per età (calcolati al netto dell'invecchiamento della popolazione) indicano una diminuita incidenza di tumori, pur in presenza di un miglioramento delle capacità diagnostiche. Questo è vero, in particolare, per le neoplasie del tratto gastro-intestinale. Tale andamento positivo è certamente da ascrivere alle campagne di screening e prevenzione messe in atto dal servizio sanitario nazionale, che pertanto devono essere mantenute ed implementate»;

    tuttavia, in Italia ci sono notevoli disparità di trattamento dovute alle diverse gestioni all'interno delle singole regioni, che determinano tempi e qualità della prestazione profondamente diversi: le differenze che si osservano sono la spia di un deficit assistenziale nelle regioni meridionali che si aggiunge alla minore speranza di vita generale, che pure si osserva nelle regioni del Sud quale epifenomeno delle condizioni di maggiore svantaggio socio-economico di quest'area;

    inoltre, secondo quanto riportato nella pubblicazione, il settore oncologico, soprattutto sul versante diagnostico e terapeutico, ha dei costi «insostenibili»;

    la prevenzione è un aspetto fondamentale che richiede strategie di comunicazione condivise e capaci di convincere la popolazione ad affrontare con responsabilità gli screening oncologici offerti dai livelli essenziali di assistenza;

    gli stili di vita hanno in questa prospettiva un'importanza fondamentale e, in questo senso, sono necessarie politiche rivolte alla promozione della dieta mediterranea, dell'attività fisica e alla lotta contro il fumo e l'alcool e gli altri fattori di rischio;

    il documento tecnico di indirizzo per ridurre il carico di malattia del cancro 2011-2013 (piano oncologico nazionale) rappresenta, sicuramente, un contributo apprezzabile a livello tecnico-programmatico, che, oltre a descrivere l'epidemiologia delle patologie neoplastiche in Italia, ha indicato le azioni programmatiche da intraprendere per la prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle patologie oncologiche, alla luce delle più moderne conoscenze;

    un limite assai rilevante del piano 2011-2013 è stato quello di non avere fissato, per ciascuna azione programmata, o almeno per quelle di maggiore impatto, obiettivi misurabili attraverso predefiniti indicatori, che le regioni avrebbero dovuto raggiungere,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a garantire l'adozione di un nuovo piano oncologico basato sulla centralità del paziente e del suo percorso terapeutico, in cui sia inserito un sistema di indicatori delle performance a livello regionale;

2) ad adottare iniziative per dare effettiva attuazione alla rete oncologica ed ematologica e al registro tumori nazionale, nonché individuare per l'età pediatrica centri di eccellenza distribuiti in modo omogeneo sul territorio nazionale in modo da poter garantire un'uniformità delle cure con riduzione della migrazione dei piccoli pazienti e delle loro famiglie;

3) ad adottare iniziative per aumentare l'accesso dei giovani pazienti a terapie nuove ed innovative, compreso un miglior referral dei pazienti in tutta Europa, introducendo l'analisi molecolare ed immunologica del tumore come standard sanitario, sia al momento della recidiva che al momento della diagnosi, per i pazienti con malattia ad alto rischio e resistente;

4) ad adottare iniziative per dare continuità al dialogo e al confronto tra le istituzioni sanitarie per favorire la messa a punto e l'adozione di protocolli diagnostico-terapeutici assistenziali per le diverse forme di cancro, prevedendo il coinvolgimento ed il contributo permanente delle associazioni dei pazienti di riferimento per specifica patologia neoplastica, stakeholder imprescindibili del percorso, e a garantire loro, per quanto di competenza, l'accesso permanente presso i tavoli istituzionali di riferimento nel campo dell'onco-ematologia;

5) a promuovere a livello territoriale l'approccio multidisciplinare e il lavoro di équipe con la presenza di diversi specialisti, con l'obiettivo di garantire e migliorare il benessere psicofisico del paziente oncologico ed onco-ematologico;

6) a favorire l'istituzione su base regionale del centro accoglienza e servizi, inizio del percorso diagnostico-terapeutico del paziente oncologico;

7) ad adottare iniziative per mantenere un adeguato e sostenibile finanziamento del fondo per i farmaci oncologici innovativi, migliorare la valutazione dei farmaci oncologici per adulti che sono destinati all'uso nella popolazione pediatrica, definendo una chiara prioritizzazione dei farmaci stessi ed evitando esenzioni ingiustificate (che non consentono ad un farmaco per adulti di essere somministrato ai bambini, con le adeguate modifiche dovute all'età del paziente), nonché identificare target nei tumori pediatrici e sviluppare pertanto farmaci oncologici pediatrici specifici;

8) a favorire la diffusione e l'accesso ai test diagnostici molecolari che permettono di accedere a terapie target personalizzate, utilizzando in modo appropriato le risorse del servizio sanitario nazionale e distribuendole in modo omogeneo sul territorio nazionale;

9) a diffondere informazioni chiare e puntuali sulla ricerca clinica e facilitare l'accesso agli studi clinici da parte dei pazienti oncologici e onco-ematologici, con l'obiettivo di favorire l'approvazione e la disponibilità tempestiva delle terapie più innovative;

10) ad adottare iniziative per riconoscere la psico-oncologia come professione sanitaria;

11) ad adoperarsi affinché si completi l'istituzione in tutta Italia delle «breast unit» che sarebbe dovuta avvenire entro il 2016 in base alla risoluzione del Parlamento europeo sul cancro al seno nell'Unione europea ampliata del 25 ottobre 2006;

12) a porre in essere campagne di comunicazione più efficaci per promuovere l'adesione agli screening oncologici garantiti dai livelli essenziali di assistenza;

13) a promuovere un nuovo piano di comunicazione per la prevenzione, come «Guadagnare Salute»;

14) ad adottare iniziative per contrastare il fenomeno delle fake news sul cancro e diffondere ai pazienti un'informazione certificata, alla luce delle conoscenze scientifiche validate a tutela della salute;

15) a promuovere un maggior coinvolgimento dei pediatri e dei medici di famiglia nella gestione delle problematiche dei lungo-sopravviventi, che manifestano problematiche più frequenti e peculiari rispetto alla popolazione generale.
(1-00200) «Siani, De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Scalfarotto, Fiano, Marco Di Maio, Viscomi, Enrico Borghi, Pellicani, Paita, Bruno Bossio, Martina, Annibali, Lacarra, Mura, Gadda, Cantini, Zardini, Librandi, Pezzopane, Sensi, Morani, Ascani».

(21 giugno 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    l'ottavo rapporto dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e dell'Associazione italiana dei registri tumori (Airtum) stima, per il 2018, 373.000 nuovi casi di tumore maligno di cui circa 194.000 negli uomini e 178.000 nelle donne;

    la frequenza dei decessi causati dai tumori nelle aree italiane coperte dai registri tumori è, in media, ogni anno, di circa 3,5 decessi ogni 1.000 uomini e di circa 2,5 decessi ogni 1.000 donne. In totale quindi, circa 3 decessi ogni 1.000 persone. Si può affermare che, mediamente, ogni giorno oltre 485 persone muoiono in Italia a causa di un tumore;

    nonostante i progressi e i successi raggiunti nel campo della ricerca e delle terapie, il cancro resta comunque ancora una delle prime cause di morte della popolazione;

    una diagnosi di cancro oggi non è più una condanna senza appello, ma è comunque l'inizio di un percorso impegnativo per sconfiggere la malattia;

    i dati indicano mediamente una diminuita incidenza di tumori e un miglioramento delle capacità diagnostiche;

    il progressivo costante miglioramento delle prospettive di vita per diverse tipologie di tumore è conseguente alle novità in termini di tecnologie diagnostiche, alle terapie innovative e anche alle politiche di prevenzione e alle campagne di screening e prevenzione messe in atto dal servizio sanitario nazionale, che pertanto devono essere decisamente implementate;

    lo screening, soprattutto per alcuni specifici tipi di tumore, è uno strumento decisivo per il controllo della presenza di questa patologia o di condizioni che possono causarne l'insorgenza in persone che non presentano sintomi. Per alcuni tipi di tumore maligno lo screening può, quindi, attraverso una diagnosi precoce, prevenirne lo sviluppo e consentire quindi terapie più efficaci e meno aggressive;

    con riguardo, per esempio, al tumore della mammella, che è la neoplasia più frequente nelle donne, grazie alla sempre più ampia diffusione della diagnosi precoce che ha permesso di aumentare il numero di tumori identificati ai primi stadi di sviluppo della malattia, negli ultimi decenni si registra un costante aumento di frequenza della diagnosi, accompagnata da una riduzione della mortalità;

    nel suo rapporto 2018, l'Osservatorio nazionale screening (Ons) evidenzia come all'interno dello screening organizzato la partecipazione praticamente non è influenzata dal titolo di studio, mentre, al contrario, nello screening spontaneo accedono più frequentemente le persone con un titolo di studio più elevato;

    questi dati indicano, quindi, quanto sia decisivo, per una maggiore partecipazione dei cittadini, che siano potenziati sul territorio i programmi organizzati di screening oncologici;

    come sottolinea sempre l'Osservatorio nazionale screening nel suo rapporto, se i dati mostrano un costante aumento delle persone che fanno un test a fini preventivi, tuttavia questi numeri positivi continuano a distribuirsi in maniera non omogenea su tutto il territorio nazionale. Sotto questo aspetto si conferma un divario impietoso fra Centro-Nord e Sud. Probabilmente gioca una diffusa sfiducia nella struttura pubblica. Per quanto riguarda gli screening oncologici questa differenza è dovuta a due fattori: la minore estensione dei programmi organizzati nel Meridione d'Italia e comunque la minore partecipazione da parte dei cittadini anche quando i programmi sono attivi;

    è, peraltro, fondamentale poter avere dati epidemiologici aggiornati sull'andamento dei tumori nel nostro Paese, in quanto ciò permette, tra l'altro, di prevedere con buona approssimazione l'impegno finanziario che graverà sul servizio sanitario nazionale. Questo anche perché l'invecchiamento è un fattore determinante nello sviluppo del cancro e, infatti, l'incidenza aumenta in modo evidente con l'età. Per affrontare il problema in maniera adeguata c'è, quindi, necessità di un'attenta programmazione, con previsione di risorse future adeguate e ottimizzazione delle risorse attualmente disponibili;

    una delle strategie vincenti per sostenere e curare chi si ammala di tumore deve vedere coinvolta la persona nella sua globalità e, quindi, deve prevedere interventi integrati anche di welfare della persona e della famiglia. È, quindi, fondamentale un più alto livello e una maggiore omogeneità territoriale nell'offerta di assistenza domiciliare, cure palliative e hospice;

    le cure a domicilio, che in buona parte riguardano le patologie oncologiche, sono quelle che hanno bisogno di un potenziamento maggiore, così come hanno bisogno di un investimento importante le cure palliative domiciliari. La presa in carico del paziente oncologico non è sempre adeguata e soprattutto non è uniforme su tutto il territorio nazionale;

    peraltro, nell'ambito delle cure domiciliari integrate con i servizi sociali dei comuni, bisognerebbe prima definire i diversi programmi assistenziali e, solo conseguentemente, stimare il fabbisogno di risorse necessario. Purtroppo, troppo spesso avviene il contrario, ossia prima si verifica la disponibilità di risorse e solo successivamente, in funzione di queste ultime, si programmano i servizi territoriali in grado di erogare;

    sotto questo aspetto, a complemento del servizio sanitario pubblico e dell'attività svolta dai servizi sociali degli enti locali, un ruolo prezioso e fondamentale è rivestito nel nostro Paese dal volontariato oncologico;

    esistono numerose esperienze di associazioni di volontariato impegnate quotidianamente nell'assistenza ospedaliera e domiciliare verso coloro che si trovano in una situazione di bisogno sociale e/o sanitario e, in particolare, per gli ammalati oncologici anche in fase terminale. Associazioni la cui attività opera spesso in sinergia sia con i medici di medicina generale che con gli operatori dei diversi presìdi ospedalieri;

    dal 2014 è operativo un tavolo di lavoro organizzato da «Salute Donna» onlus – un'associazione da venti anni attiva nel sostenere i pazienti colpiti da cancro. Attività che si è intensificata con la costituzione del progetto «La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere», al quale oggi aderiscono 21 associazioni di pazienti, impegnate ogni giorno a portare la voce e i bisogni delle persone colpite da tumore alle Istituzioni. L'associazione è, inoltre, promotrice da anni di un intergruppo parlamentare che vede l'adesione di politici di tutti gli schieramenti. Ne è scaturito, quindi, un accordo di legislatura 2018/2023, fra le associazioni pazienti, la commissione tecnico-scientifica, l'intergruppo parlamentare nazionale, gli intergruppi regionali aderenti al suddetto progetto;

    una problematica non secondaria è quella inerente alle malattie rare, tra le quali sono ricompresi i tumori rari. Secondo le stime in Italia ci sarebbero dai 450.000 ai 600.000 «malati rari», di cui solo una parte nelle forme comprese nell'elenco allegato al decreto ministeriale n. 279 del 2001;

    i tumori rari vengono definiti tali in quanto colpiscono un numero molto ristretto di persone. I ricercatori del progetto Rare Care (Surveillance of rare cancers in Europe) ne hanno individuati oltre 250. Nell'ambito dell'Unione europea, i tumori rari rappresentano oltre il 20 per cento di tutti i tumori diagnosticati ogni anno;

    all'interno dell'elenco delle malattie rare, già previsto dal suddetto decreto ministeriale n. 279 del 2001, sono però esclusi la gran parte dei tumori rari. Ne consegue che solo quei tumori rari, attualmente tutelati dal citato decreto ministeriale, sono esenti dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie;

    la scarsa consuetudine clinica e la poca disponibilità di conoscenze scientifiche, che derivano dalla rarità delle malattie, compresi i tumori rari, comportano spesso lunghi tempi di latenza tra l'esordio della patologia e la diagnosi, incidendo negativamente sulla prognosi del paziente;

    una problematica strettamente connessa alle malattie e ai tumori rari è quella dei «farmaci orfani». Purtroppo, la legge di bilancio per il 2019 ha introdotto misure che penalizzano questo tipo di farmaci;

    si ricorda che l'articolo 15, comma 8, lettere i) e i-bis), della legge n. 135 del 2012 ha previsto una tutela di tipo economico per i titolari di medicinali orfani;

    secondo tale norma, in caso di sfondamento del tetto della spesa farmaceutica ospedaliera a livello nazionale, i titolari di farmaci innovativi, di medicinali orfani sono esclusi dal ripiano;

    il comma 584 dell'articolo 1 della citata legge di bilancio per il 2019 prevede, rispetto ai farmaci innovativi, che l'eccedenza della spesa rispetto alla dotazione del fondo per i farmaci innovativi ad essi dedicato sia ripianata da ciascuna azienda titolare di farmaci innovativi in proporzione alla rispettiva quota di mercato. Si prevede, inoltre, che i farmaci inseriti nel registro dei medicinali orfani, che presentano anche caratteristica di innovatività, siano considerati come innovativi, per cui partecipano al ripiano del payback. Di conseguenza, in caso del verificarsi di tale eccedenza di spesa, un farmaco orfano – che è anche innovativo – si troverebbe a dover partecipare al ripiano. Il rischio più che concreto di questa norma è quello di disincentivare di fatto la ricerca su questo tipo di farmaci;

    un'ulteriore criticità si evidenzia riguardo alle risorse dei fondi per i farmaci innovativi previsti dalla legge n. 232 del 2016 («Fondo farmaci innovativi non oncologici» e «Fondo farmaci innovativi oncologici»). Qualora non impiegate, dette risorse, in base a quanto previsto dal decreto-legge n. 50 del 2017, confluiscono nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario. Ciò significa che se avanzano risorse dal fondo farmaci innovativi, dette risorse – ora vincolate all'acquisto di farmaci innovativi – tornano svincolate nel fondo indistinto, pronte per essere ripartite tra le regioni e utilizzate per altri capitoli di spesa sanitaria;

    all'interno dell'Unione europea, alcuni Governi incentivano la pratica dell'importazione parallela dei farmaci al fine di ridurre la spesa farmaceutica e, a livello europeo, l'Italia è annoverata tra i Paesi esportatori di farmaci, visti i prezzi dei medicinali, mediamente più bassi;

    la stessa Commissione europea sottolinea che il commercio parallelo può essere una delle ragioni della carenza di un certo numero di medicinali;

    la Commissione ha, quindi, autorizzato gli Stati membri a introdurre normative che limitino l'esportazione di farmaci, normative che però devono essere giustificate e proporzionate;

    la temporanea irreperibilità sul mercato nazionale di medicinali indispensabili per la cura di determinate patologie, e tra queste il cancro, viene monitorata da Aifa. Nonostante questo, alcuni medicinali continuano ad essere difficilmente reperibili e la scarsa reperibilità è probabilmente da collegare al fenomeno del suddetto «parallel trade». Questo è particolarmente grave soprattutto per alcune patologie, come quelle tumorali;

    la normativa vigente prevede che non possono essere sottratti, alla distribuzione e alla vendita per il territorio nazionale, i medicinali per i quali sono stati adottati specifici provvedimenti al fine di prevenire o limitare stati di carenza o indisponibilità,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per dare attuazione, ai fini di una corretta ed uniforme presa in carico del paziente oncologico e onco-ematologico, alle richieste avanzate dal tavolo di lavoro richiamato in premessa nel suo «accordo di legislatura 2018/2023», al fine di:

   a) garantire l'adozione di un nuovo piano oncologico basato sulla centralità del paziente e del suo percorso terapeutico, in cui sia inserito un sistema di indicatori delle performance a livello regionale;

   b) dare effettiva attuazione alla rete oncologica ed ematologica e al registro tumori nazionale;

   c) dare continuità al dialogo e al confronto tra le istituzioni sanitarie per favorire la messa a punto e l'adozione di protocolli diagnostico terapeutici assistenziali per le diverse forme di cancro, prevedendo il coinvolgimento ed il contributo permanente delle associazioni pazienti di riferimento per specifica patologia neoplastica, stakeholder imprescindibili del percorso, e a garantire, per quanto di competenza, l'accesso permanente delle associazioni dei pazienti presso i tavoli istituzionali di riferimento nel campo dell'onco-ematologia;

   d) promuovere a livello territoriale l'approccio multidisciplinare e il lavoro di équipe con la presenza di diversi specialisti, con l'obiettivo di garantire e migliorare il benessere psico-fisico del paziente oncologico ed onco-ematologico;

   e) favorire l'istituzione su base regionale del centro accoglienza e servizi, porta d'ingresso ed inizio del percorso diagnostico-terapeutico del paziente oncologico;

   f) mantenere un adeguato e sostenibile finanziamento del fondo per i farmaci oncologici innovativi;

   g) favorire la diffusione e l'accesso ai test diagnostici molecolari che permettono di accedere a terapie target personalizzate, utilizzando in modo appropriato le risorse del servizio sanitario nazionale;

   h) garantire la corretta informazione del medico al paziente e ottenere il suo consenso nel caso sull'eventuale shift terapeutico;

   i) diffondere informazioni chiare e puntuali sulla ricerca clinica e facilitare l'accesso agli studi clinici da parte dei pazienti oncologici e onco-ematologici, con l'obiettivo di favorire l'approvazione e la disponibilità tempestiva delle terapie più innovative;

   l) pervenire al riconoscimento ufficiale della psico-oncologia come professione sanitaria;

   m) completare l'istituzione in tutta Italia delle breast unit che sarebbe dovuta avvenire entro il 2016, in base alla risoluzione del Parlamento europeo sul cancro al seno nell'Unione europea ampliata del 25 ottobre 2006;

   n) garantire – nel rispetto dei vincoli della sostenibilità del sistema e delle necessità dei pazienti oncologici e onco-ematologici – un accesso il più rapido possibile alle nuove terapie anche attraverso sistemi alternativi ai prontuari terapeutici ospedalieri;

   o) porre in essere campagne di comunicazione più efficaci per promuovere l'adesione agli screening oncologici garantiti dai livelli essenziali di assistenza;

   p) promuovere un nuovo piano di comunicazione per la prevenzione come «Guadagnare Salute», riconosciuto da studi pubblicati come molto efficace per prevenire l'insorgenza di molte malattie, incluse quelle oncologiche;

   q) contrastare il fenomeno delle fake news sul cancro e diffondere un'informazione ai pazienti certificata alla luce delle conoscenze scientifiche validate a tutela della salute dei pazienti;

2) a prevedere opportune iniziative e maggiori stanziamenti volti a potenziare sensibilmente i servizi territoriali e le cure a domicilio, che in buona parte riguardano le patologie oncologiche, nonché le cure palliative domiciliari, anche al fine di garantire maggiore uniformità nell'assistenza sanitaria su tutto il territorio nazionale;

3) con particolare riguardo ai farmaci indispensabili anche per le patologie oncologiche, ad adottare iniziative per:

   a) incentivare e sostenere, anche attraverso opportuni benefici fiscali e lo stanziamento di adeguate risorse finanziarie, la ricerca scientifica sui farmaci orfani e per lo sviluppo di nuove terapie, con particolare riguardo alle patologie oncologiche rare;

   b) modificare il comma 402-bis dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016, al fine di prevedere che le risorse dei fondi per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi e oncologici innovativi, non impiegate per le finalità previste, non confluiscano nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario, ma che rimangano invece vincolate per le medesime finalità;

   c) modificare la previsione di cui all'articolo 1, comma 584, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019), al fine di escludere che i farmaci inseriti nel registro dei medicinali orfani che presentano anche caratteristica di innovatività, spesso necessari anche per la cura di patologie oncologiche, partecipino al ripiano del payback, in caso del verificarsi di eccedenza di spesa rispetto alla dotazione del fondo innovativi ad essi dedicato;

   d) prevedere, in caso di carenza o indisponibilità di farmaci, con particolare riguardo a quelli oncologici per i quali viene previsto il blocco o la limitazione delle esportazioni e all'obbligo per i grossisti di garantire in permanenza un assortimento di medicinali sufficiente, l'introduzione di una sanzione amministrativa pecuniaria per i grossisti qualora non rispettino dette limitazioni;

   e) prevedere, d'intesa con le regioni e previ accordi convenzionali locali stipulati con le organizzazioni maggiormente rappresentative delle farmacie, l'obbligo nei comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti di distribuire, per il tramite delle farmacie aperte al pubblico, i medicinali, con particolare riferimento a quelli per terapie oncologiche, in luogo della distribuzione diretta da parte delle strutture ospedaliere del servizio sanitario nazionale.
(1-00201) «Pedrazzini, Bagnasco, Bond, Brambilla, Mugnai, Novelli, Versace, Mandelli, Occhiuto».

(21 giugno 2019)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A PREVENIRE E CONTRASTARE LA VIOLENZA SUI MINORI

   La Camera,

   premesso che:

    la violenza nei confronti dei minori, in tutte le sue forme, rappresenta una chiara violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione che sanciscono il riconoscimento dei diritti inviolabili dell'uomo e dell'uguaglianza, nonché parità di dignità sociale di tutti i cittadini innanzi alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizione personale e sociale;

    la violenza sui minori è, infatti, costituita da tutte quelle forme di maltrattamento fisico, psicologico, sessuale nonché di abbandono e solitudine che ha come conseguenza un danno reale o potenziale per la salute stessa dei bambini, fino ad arrivare a gravi attentati all'integrità fisica;

    come si evince dai recenti episodi di cronaca, la violenza nei confronti dei minori di età, all'interno delle mura domestiche, sta assumendo sempre di più i tratti di una grave ed inarrestabile emergenza;

    la famiglia, che dovrebbe garantire la tutela e la crescita personale del minore, in diversi casi diviene il luogo in cui si consumano gravi episodi di violenza fisica e psicologica, che vengono messi in atto dalle persone che dovrebbero salvaguardare il minore, ovvero dai familiari e, in numerosi casi, dagli stessi genitori;

    quanto accaduto negli ultimi mesi mostra tutta la gravità della situazione: il 22 giugno 2019, nel salernitano, una bambina di otto mesi è arrivata in ospedale priva di vita riportando sul corpo lividi, ecchimosi ed escoriazioni; a Novara un bambino di appena 20 mesi è stato massacrato di botte e ucciso a causa delle violente percosse; a Piacenza, un bimbo di due anni ha perso la vita dopo che suo padre lo ha dimenticato in auto per otto ore sotto il sole, mentre era al lavoro; a Taranto, una bambina di 6 anni è stata lanciata dal balcone dal padre; in provincia di Roma (Genzano) una bimba di 22 mesi è stata picchiata dal suo patrigno, perché piangeva; a Padova un bimbo di 5 anni è stato narcotizzato dalla mamma per ucciderlo; in provincia di Frosinone una donna ha strangolato il figlio perché faceva i capricci; a Milano un piccolo di 2 anni è stato ucciso dal padre dopo avergli bruciato le piante dei piedi; in provincia di Napoli (Cardito), il piccolo Giuseppe di soli sette anni è stato trovato morto adagiato sul divano mentre la sorellina di otto anni è stata trasportata all'ospedale in gravissime condizioni, in quanto entrambi erano stati picchiati dal compagno della madre;

    in particolare, quest'ultimo caso dimostra l'inefficienza delle normative attualmente vigenti, poiché dalle intercettazioni risulta che le maestre erano pienamente a conoscenza della drammatica condizione dei due piccoli che più volte si erano presentati a scuola con tumefazioni e lividi. Le maestre, data la loro particolare qualifica, avevano un obbligo di segnalare l'accaduto, se non l'hanno fatto risponderanno di questo, subendo le sanzioni previste dalle normative vigenti;

    molto spesso, intorno ai minori vittime di violenza, si creano delle vere e proprie barriere di omertà in cui i parenti, i vicini, i compagni di classe, pur essendo a conoscenza degli episodi di violenza, maltrattamenti e abusi, decidono di non denunciare l'accaduto alle autorità competenti;

    sul punto, è da evidenziare, come in Italia, non esista un obbligo di denuncia, che risulterebbe invece fondamentale nel verificarsi di fatti di una gravità elevata come quelli summentovati;

    purtroppo, i fatti di cronaca, come quelli appena riportati, sono da considerarsi quale punta di un iceberg di un fenomeno molto più ampio, in gran parte sommerso e purtroppo sottovalutato sotto il profilo psicologico, sociologico e anche statistico, soprattutto perché la violenza domestica sui bambini è un'emergenza da troppo tempo trascurata nel nostro Paese;

    se in Italia il tema della violenza sui minori è ancora oggi poco presente nel dibattito pubblico, trattandosi di un fenomeno che viene spesso socialmente occultato, nel resto d'Europa e soprattutto nei Paesi nordeuropei è stato già affrontato da tempo attraverso l'istituzione di strumenti di protezione adeguati;

    ed in effetti, la realtà nazionale pone dinnanzi alla mancanza di un sistema nazionale di monitoraggio e raccolta di dati sulla violenza ai danni di minori, come espressamente richiesto dalle raccomandazioni del Comitato dell'Onu (Raccomandazione Onu nello studio sulla violenza contro i bambini A/61/299; CRC/C/ITA/CO/3-4/punto 44). La priorità è di fornire una fotografia aggiornata del fenomeno per poterlo comprendere e analizzare in modo da predisporre delle risposte ad hoc;

    i dati, seppur parziali, si possono ricavare dall'ultima indagine condotta nel 2015 dall'Autorità garante per l'infanzia, dal Cismai e da Terre des Hommes che fotografano una situazione allarmante. Quattro bambini e adolescenti su 1000 sono in carico ai servizi sociali, per un totale di 457.453 bambini. L'indagine rileva che oltre la metà dei bambini maltrattati subisce una grave forma di trascuratezza e la violenza assistita costituisce la seconda forma di violenza più diffusa: circa un bambino su 5 tra quelli maltrattati è testimone di violenza domestica intrafamiliare;

    purtroppo, ancora oggi, molti episodi di violenza non vengono denunciati, poiché le giovani vittime, soprattutto adolescenti, provano sentimenti di vergogna e paura che spesso determinano l'attivazione di stigma e stereotipi negativi nei loro confronti, con conseguenze difficili da controllare e i bambini, specialmente neonati, in considerazione della tenera età non possono chiedere aiuto con la loro voce;

    a ciò si aggiunge che molto spesso le giovani vittime trovano difficoltà di interlocuzione con il personale impiegato nelle scuole e nelle strutture di pubblica sicurezza, non sempre specificatamente formato per affrontare fattispecie così complesse dove è necessaria una formazione specifica, sia prima del verificarsi della fenomenologia violenta, sia dopo, a violenza avvenuta, quando è fondamentale l'intervento di personale altamente qualificato;

    il fenomeno complesso della violenza sui minori comprende anche la cosiddetta violenza assistita intrafamiliare da considerarsi, a tutti gli effetti, una forma di maltrattamento, poiché obbliga il minore, suo malgrado, ad assistere ad atti di aggressività, abuso e violenza (fisica, verbale, psicologica, sessuale e/o economica) rivolti ad altri membri della famiglia, adulti o minori, segnando la propria esistenza in modo indelebile con effetti a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale;

    in passato sono state poste in essere diverse iniziative positive e meritorie nella direzione del rafforzamento delle misure di tutela contro le violenze perpetrate a danno dei minori; non ci si può esimere a tal riguardo dal dare atto che durante il Governo Berlusconi IV, con la legge 4 maggio 2009, n. 41, la Repubblica italiana ha riconosciuto il 5 maggio come Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia, quale momento di riflessione per la lotta contro gli abusi sui minori;

    in questa occasione possono essere organizzate iniziative volte a richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sulla lotta contro la violenza sui minori, per abbattere il muro di silenzio che troppo spesso si forma intorno a questo fenomeno di assoluta gravità, con l'obiettivo di sensibilizzare, far conoscere nonché educare;

    per assicurare a livello nazionale la piena attuazione e la tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, la legge 12 luglio 2011, n. 112, ha istituito l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza a cui è affidato il compito di garantire la piena applicazione della normativa europea e nazionale vigente in materia di promozione della tutela dell'infanzia e dell'adolescenza;

    dall'avvio della XVIII legislatura, i lavori condotti dall'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dall'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza e dall'Osservatorio nazionale sulla famiglia non sono stati ancora riattivati, generando, in questo modo, un evidente vulnus in merito ad attività di fondamentale importanza per la programmazione e il monitoraggio degli interventi necessari a contrastare la violenza nei confronti delle persone minori di età, nonché azioni cardine per la creazione di risposte tarate, quanto più, su bisogni ed esigenze specifiche;

    la legge n. 328 del 2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali indica i principi fondamentali della materia, le funzioni rimesse allo Stato, alle regioni e agli enti locali, le fonti di finanziamento del sistema e, all'articolo 18, istituisce il piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali quale strumento di programmazione per individuare i principi e gli obiettivi della politica sociale;

    nei casi in cui vi sia un sospetto di violenza, abuso o maltrattamento sui minori, i servizi sociali svolgono un'attività preziosa, soprattutto al fine di raccogliere informazioni e/o elementi di valutazione utili per prevenire, in particolar modo nelle famiglie già prese in carico, situazioni critiche che possano sfociare in eventi drammatici e irreparabili;

    la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza svolge un ruolo fondamentale per la concreta attuazione dei diritti di bambini e adolescenti e, in particolar modo nella XVIII legislatura, sta promuovendo attività concrete nonché opportune sinergie, al fine di poter proporre al legislatore misure idonee per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza;

    i numerosi fatti di cronaca che vedono protagonisti neonati, bambini e adolescenti vittime di maltrattamento, abusi sessuali e violenze, talvolta sino alla morte, da parte di persone in ambito familiare ed extra-familiare, dimostrano come allo stato attuale il sistema di protezione non è in grado né di proteggere chi non ha i mezzi per potersi difendere, né di abbattere il muro di silenzio che talvolta circonda le situazioni di violenza e che coinvolge perlopiù i vicini di casa e il personale scolastico e sociosanitario;

    è opportuno che il legislatore prenda in seria considerazione il fatto che l'abuso sui minori esiste nella misura in cui la società in cui si perpetra lo rende possibile, dimostrandosi incapace di riconoscere in un atto tanto meschino e spregevole un segnale evidente di profonda violenza,

impegna il Governo:

1) a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione a livello nazionale in merito alla violenza sui minori e campagne specifiche tra il personale scolastico e socio-sanitario finalizzate a promuovere la cultura della prevenzione contro ogni forma di violenza, maltrattamento e abuso nei confronti dei minori;

2) a ridefinire le priorità dell'agenda programmatica, affinché venga adottata ogni misura ritenuta opportuna e necessaria al fine di prevenire e contrastare il dilagante fenomeno della violenza entro le mura domestiche, predisponendo concrete iniziative normative ed amministrative che possano, da subito, far fronte ad ogni forma di violenza intramurale che si concreti nella violenza sessuale, in abusi fisici e psicologici, nel maltrattamento e nello sfruttamento, sino alla morte;

3) ad adottare iniziative per istituire un sistema nazionale di monitoraggio e raccolta di dati sulla violenza ai danni delle persone di minore età, come espressamente richiesto dalle raccomandazioni del Comitato Onu sui diritti dell'infanzia, al fine di fornire una descrizione particolareggiata e costantemente aggiornata del fenomeno, necessaria per la programmazione di azioni preventive e di contrasto;

4) ad assumere le opportune iniziative di competenza volte a prevedere lo stanziamento di risorse adeguate per regioni ed enti locali al fine di potenziare la rete territoriale dei servizi sociali, in modo da favorire una maggiore protezione dei bambini maltrattati e di prevenzione in tale ambito;

5) a potenziare gli strumenti investigativi in dotazione alle forze dell'ordine, al fine di contrastare il crescente fenomeno della violenza e dell'abuso sessuale nei confronti dei minori;

6) ad assumere le opportune iniziative volte ad istituire un tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto della violenza sui minori, con la finalità di analizzare le reali dimensioni e cause del fenomeno, di accertare il livello di attenzione e la capacità di intervento delle autorità e dei soggetti competenti a svolgere attività di prevenzione e assistenza, nonché di promuovere la ricerca nel settore delle metodologie di intervento;

7) ad adottare iniziative per rivedere le attuali normative poste a tutela del minore, intervenendo concretamente per colmare le gravi lacune evidenziate dagli ultimi, drammatici, fatti di cronaca, che dimostrano la necessità di adeguare l'attuale sistema normativo di natura penale, civile e di assistenza sociale al dilagante fenomeno della violenza;

8) ad adottare iniziative per rendere effettiva la comunicazione tra tutti gli organismi che si trovano quotidianamente a trattare con l'educazione e la formazione dei minori, in particolare tra le scuole di ogni ordine e grado, i servizi sociali e le forze dell'ordine, al fine di captare i primi segnali di abusi e violenze e attivare immediatamente le idonee misure di protezione;

9) a promuovere politiche educative e di sensibilizzazione indirizzate all'opinione pubblica ed a tutti coloro i quali si trovano, per lavoro o per altre ragioni, regolarmente a contatto con i minori, al fine di formare in loro una piena coscienza e conoscenza dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, incrementando negli stessi la capacità di riconoscere gli indizi di abuso al fine di poter intervenire immediatamente;

10) a promuovere politiche educative indirizzate a tutte le persone di minore età, in particolar modo alle vittime di abusi e maltrattamento, al fine di formare in loro una piena coscienza e conoscenza del fenomeno, facendo sì che si sviluppi negli stessi la capacità di azione e riconoscimento degli atti di violenza;

11) ad adottare iniziative per riavviare tempestivamente i lavori dell'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dell'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza e dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia;

12) a predisporre apposite linee guida, basate su classificazioni della violenza ai danni delle persone di minore età, da divulgare tramite tutti i mezzi di informazione, anche i social network, per sensibilizzare l'opinione pubblica sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, al fine di creare una coscienza collettiva che possa immediatamente reagire di fronte alla conoscenza diretta o indiretta di abusi;

13) ad adottare i protocolli e le tecnologie più efficaci ed avanzate per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza entro le mura domestiche attraverso corsi di prevenzione per tutti i soggetti che mostrano indizi di violenza nei confronti dei minori;

14) a programmare iniziative volte ad approfondire e prevenire il fenomeno criminogenetico della violenza intramuraria.
(1-00191) (Nuova formulazione) «Spena, Gelmini, Marrocco, Versace, Calabria, Aprea, Bagnasco, Bartolozzi, Battilocchio, Bergamini, Biancofiore, Casciello, Cassinelli, Fatuzzo, Ferraioli, Fitzgerald Nissoli, Gagliardi, Giacometto, Labriola, Marin, Milanato, Mulè, Musella, Napoli, Novelli, Orsini, Palmieri, Pella, Pettarin, Pittalis, Polidori, Rosso, Rotondi, Ruffino, Saccani Jotti, Sarro, Sandra Savino, Scoma, Sozzani, Tartaglione, Siracusano, Maria Tripodi».

(5 giugno 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, «per abuso all'infanzia e maltrattamento debbono intendersi tutte le forme di maltrattamento fisico e/o emozionale, abuso sessuale, trascuratezza o negligenza o sfruttamento commerciale o altro che comportino un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, per la sua sopravvivenza, per il suo sviluppo o per la sua dignità nell'ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia o potere»;

    la normativa a tutela dei minori è ampia e comprende un'esaustiva descrizione dei loro diritti che sono enunciati in documenti nazionali, con una solida base nella Costituzione, nelle leggi ordinarie e nei codici;

    a livello internazionale, la Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (Convention on the Rights of the Child), approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con la legge n. 176 del 1991, è il primo testo internazionale vincolante in materia e costituisce un enorme traguardo per la tutela e la promozione dei diritti delle persone minori di età, che fino al secolo precedente non trovavano alcuna protezione giuridica. Rappresenta il primo testo nel quale i bambini e gli adolescenti vengono riconosciuti esplicitamente quali titolari attivi dei propri diritti. I principi che guidano la Convenzione sono l'interesse superiore del minore e la non discriminazione di bambini e adolescenti che pongono le basi per garantire poi tutti gli altri diritti di cui sono titolari. Essa prevede anche un meccanismo di controllo sull'operato degli Stati, che devono presentare a un Comitato indipendente un rapporto periodico sull'attuazione dei diritti dei bambini sul proprio territorio;

    il testo suddetto riconosce ad ogni bambino e adolescente il diritto alla protezione da ogni tipo di abuso, sfruttamento e violenza;

    nello specifico, l'articolo 19 prevede che «Gli Stati parti adottano ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale, per tutto il tempo in cui è affidato all'uno o all'altro, o a entrambi, i genitori, al suo tutore legale (o tutori legali), oppure a ogni altra persona che abbia il suo affidamento. Le suddette misure di protezione comporteranno, in caso di necessità, procedure efficaci per la creazione di programmi sociali finalizzati a fornire l'appoggio necessario al fanciullo e a coloro ai quali egli è affidato, nonché per altre forme di prevenzione, e ai fini dell'individuazione, del rapporto, dell'arbitrato, dell'inchiesta, della trattazione e dei seguiti da dare ai casi di maltrattamento del fanciullo di cui sopra; esse dovranno altresì includere, se necessario, procedure di intervento giudiziario»;

    l'articolo 34 stabilisce che «Gli Stati parti si impegnano a proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfruttamento sessuale e di violenza sessuale. A tal fine, gli Stati adottano in particolare ogni adeguata misura a livello nazionale, bilaterale e multilaterale per impedire: a) che dei fanciulli siano incitati o costretti a dedicarsi a una attività sessuale illegale; b) che dei fanciulli siano sfruttati a fini di prostituzione o di altre pratiche sessuali illegali; c) che dei fanciulli siano sfruttati ai fini della produzione di spettacoli o di materiale a carattere pornografico»;

    la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in Italia nota come anche Carta di Nizza, solennemente proclamata una prima volta il 7 dicembre 2000 a Nizza, prevede per i bambini il «diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere»;

    il Trattato di Lisbona ha inserito la promozione e la tutela dei diritti dei minori tra gli obiettivi dell'Unione europea, che sono, peraltro, sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la quale invita le autorità pubbliche e le istituzioni private a rendere il rispetto dell'interesse superiore del minore un elemento fondamentale per la definizione e l'attuazione di misure ad hoc;

    nella XVII legislatura è stato emanato il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 39, con il quale è stata data attuazione nell'ordinamento alla direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile. Essa si pone l'obiettivo di ravvicinare ulteriormente le legislazioni penali degli Stati membri in materia di abuso e sfruttamento sessuale dei minori, pornografia minorile e adescamento di minori per scopi sessuali;

    già nella XVI legislatura, il Parlamento aveva approvato la legge n. 172 del 2012, di ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa del 2007 per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale (Convenzione di Lanzarote);

    anche se, a seguito di questi due recenti interventi, la legislazione italiana di contrasto della pedofilia e dello sfruttamento sessuale dei minori ha raggiunto un livello avanzato di tutela, non può non rilevarsi purtroppo che un impressionante numero di bambini – a cominciare da neonati di pochi mesi – subiscono esperienze di violenza, spesso causate proprio da chi dovrebbe prendersi cura di loro;

    a trent'anni dalla citata Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, il problema del maltrattamento e dell'abuso sui minori è un dramma che continua ad affliggere non solo i Paesi del «Sud del mondo», ma anche quelli con un elevato sviluppo socio-economico come l'Italia: lo ricordano dati statistici raccolti da realtà nazionali e internazionali e le cronache quotidiane che negli ultimi mesi sono state fitte di notizie;

    una bambina di sei anni il 7 ottobre 2018 è stata lanciata dal balcone di un palazzo di Taranto dal padre ed è rimasta in coma per un mese e mezzo; a gennaio 2019, a Cardito, in provincia di Napoli, un bambino di 7 anni è stato picchiato fino alla morte dal compagno della madre, mentre la sorella di 8 anni è stata ricoverata urgentemente in gravissime condizioni in ospedale per le percosse ricevute; una bambina di 22 mesi a febbraio 2019 è stata picchiata selvaggiamente, quasi a morte, dal compagno della madre a Genzano di Roma, perché piangeva troppo; a Frosinone ad aprile 2019 un bambino di due anni e mezzo è stato assassinato dalla madre, in quanto mentre stavano facendo una passeggiata vicino casa il piccolo si lamentava troppo; a Padova un bimbo di 5 anni a maggio 2019 è stato narcotizzato con dosi importanti di benzodiazepine dalla mamma per ucciderlo e intercettata dai carabinieri mentre era in auto con lui e bloccata prima di ucciderlo; a Novara sempre a maggio 2019 un bambino di 20 mesi è stato ucciso da «una violenza inaudita, non degna di un essere umano», come l'ha definita il procuratore di Novara Marilinda Mineccia, che ha disposto il fermo della madre e del compagno di lei; a maggio 2019 a Milano un bambino di 2 anni è stato picchiato fino ad essere ucciso dal padre;

    il caso di Cardito è emblematico della necessità di intensificare il sistema di prevenzione: dalle intercettazioni sembrerebbe che le maestre erano pienamente a conoscenza della drammatica situazione familiare, dato che i due bambini più volte si erano presentati a scuola con i segni di violenze;

    la violenza ai danni dei minori costituisce un fenomeno, purtroppo, in larga parte ancora sommerso, soprattutto quando si parla di maltrattamenti in ambito familiare, ed è stato per troppo tempo sottovalutato nel nostro Paese. L'emersione del fenomeno è possibile solo favorendo strategie volte a spingere bambini e adolescenti a denunciare gli abusi;

    Telefono Azzurro ha reso noti i dati ricavati dalle richieste di aiuto di bambini ed adolescenti pervenute all'associazione nell'ultimo anno: la relazione rileva quasi 2.800 casi (oltre un quinto sono relativi ad abusi e violenze) gestiti dal servizio di ascolto e consulenza 1.96.96 per via telefonica e chat dedicata, con una media di quattro episodi di violenza al giorno;

    emerge, in particolare, che bambini e adolescenti sono stati coinvolti in situazioni di abuso fisico per il 32,8 per cento dei casi, di abuso psicologico (23 per cento), abuso sessuale (8,7 per cento), patologia della cura (3,8 per cento), testimonianza di violenza domestica (5,5 per cento) e fuori casa (0,6 per cento), dating violence (0,6 per cento);

    a livello globale – secondo il rapporto 2017 del Fondo mondiale per l'infanzia delle Nazioni Unite – tre quarti dei bambini tra i 2 e i 4 anni – circa 300 milioni in tutto – subiscono in casa aggressioni psicologiche e/o fisiche da coloro che se ne dovrebbero prendere cura; circa il 60 per cento dei bambini di un anno di età, nei 30 Stati per i quali sono disponibili tali statistiche, sono regolarmente vittime di un'educazione violenta: 1 su 10 viene schiaffeggiato o colpito sul volto, alla testa o sulle orecchie. Il 25 per cento dei bambini sotto i 5 anni – 176 milioni in tutto – vivono insieme a una madre vittima di un partner violento. Circa 15 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni sono state costrette a rapporti sessuali o altri tipi di violenza di natura sessuale nel corso della loro vita e solo l'1 per cento delle adolescenti che hanno subito violenza sessuale ha dichiarato di aver chiesto l'aiuto di uno specialista; nei 28 Stati in cui questi dati sono disponibili, mediamente il 90 per cento delle adolescenti che hanno subito violenza sessuale ha dichiarato che a perpetrare il primo abuso era stata una persona che la vittima già conosceva; ogni 7 minuti un adolescente viene ucciso a seguito di un atto di violenza;

    la scuola riveste sicuramente un ambito importantissimo per prevenire i maltrattamenti verso i minori e per trattare le successive fasi di convalescenza e recupero: infatti, le vittime rischiano di non riuscire a trovare interlocutori preparati ed affidabili all'interno delle aule scolastiche, sia prima del verificarsi della fenomenologia violenta, sia dopo, a violenza avvenuta, dove è fondamentale l'intervento di personale altamente qualificato;

    in particolare, sarebbe opportuno prevedere centri di ascolto scolastico e forme di aiuto e assistenza psicologica da parte di specialisti e una formazione adeguata di tutto il personale scolastico, ritenuto che è ancora oggi insufficiente la propensione di dirigenti scolastici e personale docente a segnalare alle autorità preposte fatti o comportamenti che possano essere riconducibili ad episodi di violenza consumata in ambito intrafamiliare;

    occorre porre definitivamente fine alle violenze sui minori, supportando gli sforzi dei Governi per sviluppare politiche volte a prevenire la violenza, attraverso programmi concreti quali i corsi sulla genitorialità e le iniziative idonee a far emergere la violenza domestica;

    occorre il monitoraggio del fenomeno a livello nazionale, nonché la conoscenza dello stesso nelle sue multiformi tipologie, perché è fondamentale per l'analisi del fenomeno e la conseguente adozione di politiche di prevenzione e protezione adeguate; l'Onu ha ribadito questa necessità tramite raccomandazione del Comitato Onu (raccomandazione Onu nello studio sulla violenza contro i bambini A/61/299; CRC/C/ITA/CO/3-4, punto 44); tutti questi dati evidenziano quanto sia necessario realizzare una mappatura organica sul maltrattamento degli stessi, fondamentale anche per individuare le misure più idonee, sia a livello politico che culturale, per contrastarlo;

    inoltre, secondo le informazioni raccolte dall'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza nel 2015, la violenza assistita costituisce la seconda forma di violenza più diffusa: circa un bambino su 5 tra quelli maltrattati è testimone di violenza domestica intrafamiliare; sulla violenza assistita c'è ancora molto da fare perché è particolarmente sottovalutata, nonostante obblighi il minore ad assistere ad atti di aggressività, abuso e violenza di vario tipo rivolti ad altri membri della famiglia, adulti o minori, segnando il resto della propria vita con gravissime ripercussioni a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale;

    oltre al rafforzamento dell'attività repressiva è altrettanto fondamentale prevenire il fenomeno e dotare i soggetti che hanno regolari contatti con bambini e ragazzi (nei settori dell'istruzione, della sanità, della protezione sociale, della giustizia, della sicurezza e della cultura) di un'adeguata conoscenza dell'abuso sessuale in danno ai minori, nonché dei mezzi per individuarlo e segnalarlo, come previsto all'articolo 5 della Convenzione di Lanzarote;

    appare ugualmente fondamentale provvedere affinché i condannati per reati sessuali in danno a minori, o per adescamento, siano interdetti dallo svolgimento di qualunque tipo di attività tale da comportare contatti diretti e regolari con bambini e ragazzi, come previsto dall'articolo 10 della citata direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile;

    l'indagine conoscitiva sulle forme di violenza fra i minori e ai danni di bambini e adolescenti, in corso presso la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, sta affrontando la questione connessa alla diffusione della violenza fra i minori. Il fine è proprio quello di analizzare il contesto di violenza nel quale vivono i minori, e del quale, anche se non formalmente, finiscono per essere vittima. Le forme di violenza possono essere le più varie, fra queste una prima tipologia è rappresentata dalla violenza di carattere sessuale. Sotto questo aspetto viene in rilievo, in primo luogo, il fenomeno della pornografia minorile. La pornografia è una realtà che interessa i minori sotto un duplice profilo: da un lato, come vittime dirette, e quindi come pedopornografia ovvero come diffusione e circolazione di materiale erotico con bambini come oggetto; dall'altro come fruitori di materiale pornografico, in quest'ultimo caso i minori, trasgredendo divieti previsti dalla legislazione vigente, accedono a materiali vietati, con evidenti effetti negativi sul loro sviluppo psicoemotivo. A ciò deve aggiungersi che la diffusione della rete e degli strumenti ad essa collegati fra i più giovani (dai social network alle varie piattaforme tipo youtube/youporn) ha modificato e amplificato tali fenomeni, aumentandone anche la pericolosità. La pornografia e la pedopornografia virtuale costituiscono, insieme al cyberbullismo (fenomeno in relazione al quale la Commissione si propone di svolgere un'ulteriore apposita indagine conoscitiva), i cybercrimes più diffusi a danno dei minori, con ripercussioni preoccupanti sulla formazione e sullo sviluppo degli stessi;

    la legge di conversione del decreto-legge «sblocca-cantieri» ha istituito un fondo con una dotazione complessiva fino al 2024 di 80 milioni di euro finalizzato all'erogazione a favore di ciascun comune delle risorse finanziarie occorrenti per l'installazione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia a tutela dei minori, nonché per l'acquisto delle apparecchiature finalizzate alla conservazione delle immagini per un periodo temporale adeguato. I sistemi di videosorveglianza, infatti, possono rappresentare un deterrente nel momento in cui i bimbi piccoli non possono difendersi e non possono riferire quanto accaduto,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative volte a introdurre ulteriori misure tese al rafforzamento della prevenzione e del contrasto della violenza contro i bambini, prevedendo un approccio preventivo sistemico e interdisciplinare che sviluppi azioni a più livelli, dando seguito ai progetti di cooperazione internazionale e agli impegni sottoscritti in sede di adesione all'Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030, alla Convenzione di Istanbul (provvedendo una copertura finanziaria adeguata per le attività di prevenzione della violenza) e alla Convenzione dei diritti dei bambini;

2) ad assumere iniziative per adottare piani nazionali, intese, protocolli, coordinati ad hoc, che coinvolgano i settori della giustizia, dell'istruzione, dell'assistenza sociale e sanitaria;

3) a stabilire iniziative finalizzate ad educare i bambini, i genitori, gli insegnanti e i membri delle comunità a riconoscere la violenza in tutte le sue forme e dare loro maggiori strumenti al fine di riuscire a denunciare la violenza in modo sicuro;

4) ad assumere iniziative immediate, normative o di altra natura, affinché vengano attuati i principi sanciti nella Convenzione del Consiglio d'Europa, sottoscritta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, al fine di contrastare il crescente fenomeno della violenza e dell'abuso sessuale nei confronti dei minori;

5) a potenziare gli strumenti investigativi in dotazione alle forze dell'ordine per il contrasto all'abuso sessuale in danno a minorenni, con particolare riguardo alle condotte di adescamento dei minori tramite la rete internet ed i social network;

6) ad assumere ogni iniziativa, per quanto di competenza, per potenziare le attività dei servizi sociali, anche d'intesa con i comuni, investendo nella formazione degli operatori sociali e garantendo servizi di sostegno e terapeutici per i bambini che hanno subito violenza, in modo da favorire una maggiore protezione e prevenzione dei bambini maltrattati e agevolando l'accesso a tali servizi ai minori stranieri non accompagnati attraverso i mediatori culturali;

7) ad istituire un sistema nazionale di raccolta dati e monitoraggio del fenomeno dei maltrattamenti e delle violenze sui minori, dell'abuso sessuale e dell'adescamento, anche tramite la rete internet, come richiesto anche dal Comitato Onu, in eventuale sinergia con i comuni ed altre realtà associative che già operano in tale settore, che possa fornire informazioni aggiornate e dettagliate sul fenomeno, anche al fine di fornire elementi utili per predisporre politiche adeguate di prevenzione e contrasto;

8) a valutare la possibilità di istituire in ambito scolastico, anche a livello delle singole istituzioni scolastiche, centri per l'ascolto degli studenti e per l'assistenza psicologica, anche tramite l'impiego di personale altamente specializzato;

9) a promuovere iniziative volte alla sensibilizzazione e formazione specialistica dei dirigenti scolastici, del personale docente e scolastico in generale al fine di agevolare, nel contesto scolastico, l'emersione degli episodi di maltrattamento e violenza domestica, anche assistita, in danno dei minori e la conseguente segnalazione sia alle forze dell'ordine che all'autorità giudiziaria e l'immediata presa in carico delle vittime da parte dei servizi socio-sanitari;

10) a monitorare l'attività dei servizi di assistenza sociale al fine di analizzare i casi di malfunzionamento del sistema;

11) ad assumere iniziative normative al fine di prevedere che i condannati per reati sessuali e maltrattamento in danno di minori, o per adescamento, siano interdetti dallo svolgimento di qualunque tipo di attività tale da comportare contatti diretti e regolari con bambini e ragazzi;

12) ad attivare una campagna informativa per sensibilizzare l'opinione pubblica e incentivare l'emersione di un fenomeno di violenza domestica e di abusi non denunciati che, nel nostro Paese, rimangono ancora in gran parte sommersi;

13) a provvedere ad un coordinamento delle competenze istituzionali sull'infanzia e sull'adolescenza, attualmente eccessivamente frammentate, al fine di consentire un'azione realmente efficace delle politiche sulla materia;

14) ad assumere iniziative per prevedere programmi di trattamento realmente efficaci per gli autori di reati sessuali, come potrebbero essere i centri per l'ascolto cui rivolgersi per manifestare i propri disturbi legati alla pedofilia, come già avviene in altri Paesi europei;

15) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, anche d'intesa con le regioni, affinché siano adottate idonee misure per l'istituzione e la pubblicizzazione di percorsi di assistenza sociale, psicologica e psichiatrica, volti al recupero, alla riabilitazione e al reinserimento nella società di persone maltrattanti o con interesse sessuale verso soggetti minorenni o comunque condannati per reati di abuso o maltrattamento di minori, che intendano volontariamente sottoporvisi, anche utilizzando gli strumenti economici che l'Unione europea mette a disposizione, nonché coinvolgendo associazioni ed enti comunque denominati attivi nella tutela dei diritti dei minori, nel contrasto a forme di abuso e maltrattamento dei minori e nel recupero di soggetti condannati per abusi comunque denominati contro i minori.
(1-00196) «Ascari, Bisa, D'Orso, Boniardi, Palmisano, Cantalamessa, Dori, Di Muro, Piera Aiello, Marchetti, Barbuto, Paolini, Businarolo, Potenti, Cataldi, Tateo, Di Sarno, Turri, Di Stasio, Giuliano, Perantoni, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Bologna, Boldi, Casa, Cavandoli, Giannone, Fogliani, Grippa, Gobbato, Macina, Leda Volpi, D'Arrando, Sportiello».

(18 giugno 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    ogni bambino ha diritto alla salute e ad una vita priva di violenza, anche se ogni anno milioni di minori nel mondo sono vittime e testimoni di violenza fisica, sessuale ed emotiva;

    il maltrattamento sui minori è un problema internazionale ingente con un impatto notevole sulla salute fisica e mentale delle vittime, sul loro benessere e sviluppo e per estensione sulla società in generale;

    il maltrattamento si riferisce a tutta una serie di situazioni, quali il maltrattamento fisico ed emozionale, l'abuso sessuale, l'abbandono, l'atteggiamento negligente, l'esposizione alla violenza domestica, lo sfruttamento commerciale o di altro tipo, anche attraverso le nuove tecnologie. Il rapporto su violenza e salute e la consultazione dell'Organizzazione mondiale della sanità sulla prevenzione dell'abuso sui minori distingue quattro tipi di maltrattamento sui minori: abuso fisico; abuso sessuale; abuso affettivo e psicologico; incuria;

    gli autori del maltrattamento a danno del minore possono essere molteplici, come i genitori o altri membri della famiglia; altre persone che si prendono cura di lui, amici; conoscenti; estranei; persone con una posizione di autorità, come insegnanti, poliziotti, soldati, ecclesiastici, operatori dei servizi socio sanitari; (abuso istituzionale) oppure altri minori anche se i dati della letteratura sottolineano come nel 70 per cento dei casi l'abuso si verifica nella privacy della vita domestica, nell'ambito intra-familiare;

    il maltrattamento sui minori è un problema complesso e le sue dinamiche ed i fattori che lo caratterizzano, così come le strategie di prevenzione efficaci, differiscono in modo marcato a seconda dell'età della vittima, del contesto nel quale il maltrattamento avviene e della relazione tra la vittima e l'autore della violenza;

    gli studi hanno evidenziato come l'esposizione al maltrattamento e ad altre forme di violenza durante l'infanzia sia associata significativamente a depressione, disturbi d'ansia, disturbi alimentari, disfunzioni sessuali, disturbi dissociativi, disturbi della personalità, disturbi post traumatici e abuso di sostanze stupefacenti; a comportamenti a rischio in età più avanzata, quali la vittimizzazione violenta, la perpetuazione della violenza, il fumo, l'obesità, i comportamenti sessuali ad alto rischio, le gravidanze involontarie, l'uso di droga e alcool che a loro volta possono diventare i principali fattori di rischio e le principali cause di morte, malattia e disabilità, come malattie cardiache, malattie a trasmissione sessuale, diabete, cancro e suicidio;

    il maltrattamento sui minori comporta, perciò, una molteplicità di effetti fisici e mentali negativi, costosi nel corso della vita della vittima, sia per il minore che per la società;

    inoltre, dalle numerose ricerche effettuate negli ultimi anni, è emerso lo stretto collegamento tra gli effetti del maltrattamento sullo sviluppo cerebrale durante la prima infanzia e l'infanzia stessa. Da questo tipo di ricerca è stato chiaramente evidenziato che lo sviluppo cerebrale può essere fisiologicamente alterato da uno stress prolungato, grave o inaspettato, compreso il maltrattamento, durante i primi anni di vita del bambino e che, a sua volta, una tale alterazione può incidere negativamente sulla crescita fisica, cognitiva, emotiva e sociale del bambino;

    nonostante la portata del problema e una crescente consapevolezza dei suoi alti costi sociali, la prevenzione del maltrattamento sui bambini non sembra essere ancora una priorità per la politica;

    fino ad oggi, non sembra si siano compresi fino in fondo i gravi impatti a lungo termine sulla salute, né il peso sull'intera società dei maltrattamenti sui bambini e le loro implicazioni sui costi dei servizi sanitari e socio-sanitari. Non è stato compreso fino a che punto importanti strategie volte a prevenire le malattie e promuovere la salute pubblica possano prevenire il maltrattamento, nonostante esista già una consistente evidenza scientifica che dimostri quanto queste strategie siano efficaci, anche in relazione ai costi sostenuti per realizzarle;

    ricerche scientifiche hanno identificato alcuni interventi di prevenzione efficaci come la formazione alla genitorialità, i programmi di «home visiting» (le visite domiciliari), l'accesso crescente ai servizi prenatali e materno infantili, un minor uso di alcolici, mentre, al contrario, molto poco si conosce circa l'efficacia dei servizi rivolti alle vittime e ai colpevoli. In particolare, sono disponibili poche informazioni sull'impatto di alcuni interventi largamente utilizzati, come i servizi di tutela minori, i processi a misura di bambino, la denuncia obbligatoria e l'obbligo per i colpevoli di sottoporsi a terapia;

    quindi, c'è una crescente presa di coscienza da parte del mondo scientifico sul problema del maltrattamento sui minori e un'aumentata pressione sui Governi affinché adottino misure di prevenzione;

    oltre ai costi sociali e sanitari il maltrattamento sui minori ha un forte impatto economico che comprende costi sanitari diretti, i mancati guadagni, la mancata entrata fiscale conseguente alla morte prematura, i servizi educativi speciali, i servizi sociali e psicologici, i servizi di protezione e affido, i servizi di prevenzione, i costi della criminalità e l'arresto di adulti, conseguente a un maltrattamento subito;

    ad esempio, uno studio svolto negli Stati Uniti ha calcolato il costo annuale diretto ed indiretto dovuto al maltrattamento sui minori, quantificandolo in un totale di 94 miliardi di dollari, ossia l'1 per cento del proprio prodotto interno lordo: 3 miliardi di dollari per ricoveri ospedalieri, 425 milioni di dollari per costi relativi a terapie di salute mentale e quasi 14,4 miliardi di dollari per servizi sociosanitari dedicati ai minori, mentre la voce di spesa maggiore è risultata essere quella relativa alla criminalità in età adulta come conseguenza del maltrattamento subito, che è stata stimata pari a 55,4 miliardi di dollari;

    da ciò si comprende come la necessità di un piano nazionale di prevenzione del maltrattamento sia ormai un atto doveroso;

    è ormai noto che un maggiore rischio di maltrattamento sui bambini è associato alla presenza di alcuni fattori di rischio nei genitori o in altri membri della famiglia che si prendono cura dei minori stessi e che possono avere difficoltà a costruire il legame affettivo e di attaccamento con il neonato conseguentemente, per esempio, ad una gravidanza difficile, a complicazioni alla nascita o a un senso di delusione nei confronti del bambino o alla propria infanzia infelice; oppure non dimostrano qualità responsive ed educative verso il bambino o a loro volta sono stati maltrattati da bambini; o ancora mostrano una mancanza di consapevolezza dello sviluppo del bambino o hanno aspettative irrealistiche che impediscono la comprensione dei bisogni e dei comportamenti del bambino; oppure rispondono a un comportamento ritenuto scorretto con punizioni o azioni inappropriate, eccessive o violente; oppure approvano punizioni corporali, quali mezzi di disciplina, e usano la punizione corporale per insegnare ai figli la disciplina e altro;

    vi è, poi, una condizione di violenza maschile sulla madre che espone il figlio ad assistere all'annullamento fisico e psicologico della sua figura di riferimento e a vivere in una condizione di allarme per sé e per la madre (violenza assistita). Anche bambini molto piccoli, persino i feti ancora nel grembo materno, sono in grado di percepire quanto avvenga nell'ambiente in cui si sviluppano e, dunque, di comprendere e di assorbire gli avvenimenti violenti che ivi si svolgano, in particolare le violenze subite dalla madre, con ferite psicologiche indelebili ed inevitabili riverberi negativi per lo sviluppo della loro personalità;

    infine, esistono fattori di rischio del bambino ovvero bambini che, per una qualsiasi ragione sia essa caratteriale o fisica, è più difficile accudire e fattori di rischio della comunità come: tollerabilità della violenza; disuguaglianze di genere e sociali nella comunità; mancanza di un alloggio o alloggio inadeguato; mancanza di servizi che supportino la famiglia e le istituzioni e che rispondano a bisogni particolari; alti livelli di disoccupazione; povertà; alcool e droga;

    dall'altra parte, sulla base dell'attuale conoscenza relativa allo sviluppo del bambino nella prima infanzia, ai fattori di rischio per il maltrattamento sui minori e all'evidenza relativa all'efficacia di certe strategie di prevenzione, è chiaro che far vivere il bambino in un contesto segnato da relazioni continuative, affidabili e responsive può essere una potente fonte di protezione;

    la letteratura scientifica è unanime nell'affermare che le conseguenze a lungo termine, soprattutto del neglect, emergono spesso anche in età molto avanzata e che dall'abuso non si guarisce; diagnosi e intervento precoce ne riducono il danno, non lo annullano e quindi la sola arma disponibile è la prevenzione, quale strumento per evitare la sofferenza anche a chi non subirebbe nessun danno permanente e, affinché sia efficace, è necessario intervenire presto, nella fase del rischio, prima che questo degeneri in danno;

    le strategie di prevenzione con maggiore evidenza di efficacia sono rappresentate dal supporto per la famiglia attraverso l’home visiting (programma di visite domiciliari) rispetto al quale il Cismai nel 2017 ha pubblicato le linee guida sull’home visiting «Come strumento nella prevenzione del maltrattamento familiare all'infanzia» e programmi di formazione per i genitori come la «Guida pratica sulla genitorialità positiva» di Save the Children 2012,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per l'adozione di linee guida nazionali, attraverso un'intesa sancita in sede di Conferenza Stato-regioni, per la realizzazione, anche con i fondi europei, di un numero adeguato di servizi specialistici di secondo livello per i minorenni maltrattati o abusati e per le loro famiglie, valorizzando l'esperienza di quelli attualmente già in funzione, per l'integrazione comunque necessaria, in queste situazioni, delle attività sociali e sanitarie;

2) ad assumere iniziative per istituire un comitato nazionale di coordinamento, con rappresentanti provenienti da tutti i settori competenti, che sia in grado di facilitare l'implementazione di una risposta sistematica, che coordini la formazione, individui gli interventi più efficaci e che sia in grado di:

   a) adottare iniziative per rendere effettiva la comunicazione tra tutti gli organismi che si trovano quotidianamente a trattare con l'educazione e la formazione dei minori e, in particolare, tra le scuole di ogni ordine e grado, i servizi sanitari, educativi e sociali e le forze dell'ordine, al fine di captare i primi segnali di abusi e violenze e attivare immediatamente le idonee misure di protezione;

   b) predisporre apposite linee guida, basate su classificazioni della violenza ai danni delle persone di minore età, da divulgare tramite tutti i mezzi di informazione, anche i social network, per sensibilizzare l'opinione pubblica sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, al fine di creare una coscienza collettiva che possa immediatamente reagire di fronte alla conoscenza diretta o indiretta di abusi, a tal fine coinvolgendo i giornalisti;

3) ad adottare iniziative per istituire un osservatorio epidemiologico per abusi e maltrattamenti che metta in campo un sistema di sorveglianza epidemiologica caratterizzato dalla semplicità nella produzione dei dati necessari, dalla flessibilità, dall'accettabilità da parte delle persone tenute a fornire le informazioni, dall'affidabilità, dall'utilità, dalla sostenibilità e dalla puntualità del sistema stesso;

4) in sede di Conferenza unificata a predisporre le iniziative necessarie volte ad istituire, presso le strutture di ciascuno degli ambiti territoriali, come determinati ai sensi della lettera a) del terzo comma dell'articolo 8 della legge 8 novembre 2000, n. 328, lo sportello unico per le famiglie, come principale punto d'accesso per le famiglie in relazione alle esigenze e alle difficoltà tipiche del nucleo familiare, con funzioni di informazione, orientamento e consulenza relativamente alla rete integrata degli interventi e dei servizi sociali, socio-assistenziali e socio-sanitari previsti dalla legislazione vigente ed erogati dai comuni, anche riuniti in ambiti territoriali, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, dallo Stato e dagli enti pubblici anche con compiti di programmazione home visiting secondo metodologie già validate in Italia e nel mondo per prevenire il maltrattamento attraverso il sostegno precoce alla genitorialità nelle sua multidimensionalità, nonché a prevedere il suo inserimento nei livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione;

5) a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione a livello nazionale sui temi del maltrattamento e dell'abuso sui minorenni in cui si dia conto della necessità di arrivare ad una prevenzione primaria e ad una rilevazione il più possibile precoce e di provvedere ad una cura puntuale ed efficace delle conseguenze, anche psicologiche, del trauma, nonché campagne specifiche tra il personale scolastico e socio-sanitario finalizzate a promuovere la cultura della prevenzione contro ogni forma di violenza, maltrattamento e abuso nei confronti dei minori;

6) ad adottare iniziative per migliorare le competenze di chi lavora con e per i bambini promuovendo una formazione specifica nel curriculum di studi della facoltà di medicina, nelle scuole di specializzazione di pediatria, radiologia, ortopedia, dermatologia, neurochirurgia, ginecologia, per gli operatori sanitari, gli operatori dei servizi sociali e del servizio per le dipendenze, gli operatori della scuola e gli operatori delle forze dell'ordine, per riconoscere i segni e i sintomi che fanno sospettare l'abuso, in modo da effettuare interventi di prevenzione che siano efficaci all'interno di una relazione competente con i bambini e con i genitori;

7) ad adottare le iniziative di competenza per predisporre in tutti i servizi educativi pubblici, privati e convenzionati rivolti ai bambini 0-6 anni, un sistema di prevenzione e tutela in grado di proteggere i bambini e le bambine da abusi, maltrattamenti e ogni condotta inappropriata, in particolare prevenendo tra le misure preventive l'adozione di un codice di condotta specifico e vincolante per ogni adulto a contatto con i minori e l'organizzazione degli ambienti educativi, all'interno o all'esterno delle strutture, tale da impedire situazioni di isolamento;

8) a predisporre le iniziative di competenza necessarie volte a dare la piena attuazione, a livello di tutte le strutture giudiziarie, socio-sanitarie ed amministrative che si occupano tutte di tutela di minorenni delle indicazioni contenute nella Convenzione di Lanzarote ratificata in Italia con la legge n. 172 del 2012;

9) a predisporre tutte le iniziative normative per dare attuazione alla Convenzione di Istanbul, ratificata dalla legge n. 77 del 2013, sia per quanto riguarda la prevenzione, sia per quel che concerne la previsione di autonome figure di reato, o la rivisitazione di quelle attualmente già previste, sia per quanto riguarda gli interventi di recupero e quelli riabilitativi successivi;

10) a ridefinire le priorità dell'agenda programmatica, affinché venga adottata ogni iniziativa ritenuta opportuna e necessaria al fine di prevenire e contrastare il dilagante fenomeno della violenza entro le mura domestiche rilevando i fattori di rischio (depressione materna, abuso di sostanze, comportamento impulsivo, genitori giovani o abusati da piccoli e altro) e attivando interventi precoci di sostegno alla genitorialità (formando i pediatri di libera scelta per un intervento capillare sul territorio o attivando un sistema di home visiting e altro);

11) a predisporre concrete iniziative normative ed amministrative volte, fin da subito, a far fronte ad ogni forma di violenza intramurale, che comporti violenza sessuale, abusi fisici e psicologici, maltrattamento, sfruttamento sino, in alcuni casi, alla morte;

12) ad adottare iniziative per riavviare tempestivamente i lavori dell'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dell'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza e dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia;

13) ad effettuare una valutazione approfondita per la predisposizione di un'eventuale iniziativa normativa sul tema della violenza assistita e circa la possibilità di considerare fra le misure alternative o complementari alla pena, nel caso di violenza familiare, il percorso terapeutico del genitore maltrattante;

14) ad adoperarsi affinché si arrivi in Conferenza unificata a un accordo sugli standard minimi per il corretto funzionamento delle strutture che ospitano minorenni allontanati dai nuclei famigliari d'origine;

15) ad adottare iniziative per una rivisitazione della normativa e delle prassi operative su affido ed adozioni in un'attenta prospettiva puerocentrica.
(1-00197) «Siani, De Filippo, Campana, Carnevali, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Annibali, Mura».

(18 giugno 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    il maltrattamento dei bambini costituisce un serio problema sociale e di salute pubblica nel nostro Paese, con conseguenze di lungo termine per la salute mentale, riproduttiva e fisica dei bambini e per lo sviluppo della società intera;

    le dimensioni del problema nel nostro Paese sono ora chiare, anche se ancora non si ha in Italia un registro nazionale per cui i dati disponibili derivano da studi di popolazione condotte ad hoc. Il più recente, condotto nel 2013 (ricerca Terre des Hommes/Cismai, su 251 comuni, per un bacino di 2,4 milioni di residenti minori in Italia, pari al 25 per cento dei minori residenti) stima che circa lo 0,9 per cento dei minori residenti sono vittime di abuso, il 4 per cento di questi vittime di abuso sessuale. Si tratta di dati sottostimati, come dimostrano studi di popolazione condotti in Italia con il metodo del self report (Pellai 2004, Sos Infanzia Onlus 2004), che conferma una sottorilevazione di 75 volte per il maltrattamento fisico e di 30 volte per l'abuso sessuale;

    l'analisi dei dati riportati mostra che il reato con il maggior numero di vittime rimane il maltrattamento in famiglia, 1.723 bambini in un solo anno (+6 per cento rispetto al 2016), e che l'abuso è la patologia più frequente, cronica e ad elevato rischio di ricorrenza: dati che indicano quanto sia necessario e urgente il lavoro da fare in termini di supporto alla genitorialità, di intercettazione precoce di situazioni familiari instabili e di protezione del minore;

    la violenza nei confronti dei bambini e dei minori è prova che il sistema di prevenzione e di protezione nel nostro Paese non sta funzionando. Sono troppi infatti i casi registrati anche negli ultimi mesi di bambini maltratti e uccisi da chi li avrebbe dovuti proteggere. È indispensabile promuovere una cultura di responsabilità collettiva verso l'infanzia e i minori nel nostro Paese, affinché come adulti ci si senta tutti sentinelle della loro sicurezza e del loro benessere;

    è necessario mettere in campo un'azione multisettoriale più incisiva e capillare, sia di tipo preventivo che protettivo, attraverso interventi preventivi basati sull'evidenza, rafforzando la risposta dei servizi sanitari in ambito preventivo, attraverso il miglioramento delle competenze professionali di operatori dell'infanzia, la raccolta delle informazioni e il monitoraggio continuo;

    a tal fine, il coordinamento tra tutti i soggetti istituzionali preposti alla cura e al sostegno delle famiglie e dei minori a livello regionale e nazionale diventa strumento indispensabile;

    tale strumento, per legge, è l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, che si occupa di monitoraggio, raccolta e coordinamento tra tutte le realtà regionali, e che, va ricordato, non grava sulle finanze pubbliche visto che la partecipazione dei soggetti è a carico degli stessi;

    dall'avvio della presente legislatura, i lavori condotti dall'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza non sono stati ancora riattivati creando, in tal modo, non solo un vuoto di quasi un anno su quell'attività fondamentale per la programmazione e il monitoraggio su tutto il territorio nazionale da cui derivano gli interventi necessari a contrastare la violenza nei confronti dei minori, ma la ancora mancata attivazione dell'osservatorio sta privando il nostro Paese dei risultati del monitoraggio svoltosi nei due anni 2015-2017, da cui emerge quali siano le urgenze che sta vivendo il nostro Paese in merito anche alle situazioni di violenza e maltrattamenti sui minori;

    l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, istituito insieme alla Commissione parlamentare per l'infanzia con la legge 23 dicembre 1997, n. 451, e regolato dal decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103, costituisce la base istituzionale e sociale in grado di garantire un contributo competente, articolato e partecipato alla definizione dell'azione del Governo nel campo delle politiche per l'infanzia. Tra i suoi obiettivi c'è quello di garantire forme di collaborazione, sinergie e supporto tra l'Osservatorio e l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, di predisporre ogni due anni il piano nazionale di azione e d'interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, di conferire priorità ai programmi rivolti alle persone di minore età e rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell'infanzia nel mondo;

    ogni due anni, l'Osservatorio predispone la relazione sulla condizione dell'infanzia in Italia e sull'attuazione dei relativi diritti (rapporto alle Nazioni Unite) e ogni 5 anni deve redigere lo schema del rapporto del Governo all'Onu, sull'applicazione della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 1989;

    l'ultimo Osservatorio ha prodotto il V e VI rapporto sullo stato di attuazione della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, che illustra le politiche e i programmi a favore delle persone di minore età realizzati dal Governo italiano nel periodo 2008-2016. Tale rapporto è frutto della stretta collaborazione tra la Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento per le politiche della famiglia, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali, il Comitato interministeriale per i diritti umani, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – direzione generale per gli affari politici e di sicurezza, il Ministero della difesa, l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e il Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza;

    con il decreto interministeriale del 24 marzo 2017 sono stati designati i nuovi membri dell'Osservatorio, di cui fanno parte rappresentanti di pubbliche amministrazioni nazionali e locali, di enti e associazioni, di organizzazioni del volontariato e del terzo settore ed esperti in materia di infanzia e adolescenza, che hanno un incarico biennale;

    le attività dell'Osservatorio sono, dunque, a oggi ferme, essendosi concluso il mandato dei membri dell'Osservatorio nel mese di marzo 2019;

    per rispondere all'urgenza del problema legato alla violenza sui minori è compito di un Governo serio e lungimirante, attento ai diritti dei più giovani dei cittadini, quello di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per agire tempestivamente sulla base di dati realistici e oggettivi, validati da ricerche e monitoraggi fatti sul territorio ed in coordinamento con tutta la rete delle istituzioni preposte al mondo dell'infanzia e adolescenza,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza per provvedere in tempi brevi alla nomina dei nuovi membri dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, dato che le relative attività sono bloccate da un anno, formato da tutte le istituzioni che si occupano di infanzia e adolescenza, associazioni del terzo settore e membri esperti, il cui costo non è previsto sia a carico della finanza pubblica;

2) ad adottare iniziative per convocare in tempi rapidi l'Osservatorio nominato, cosicché possa approvare il monitoraggio del IV piano infanzia, ultimato nel mese di luglio 2018, ma il cui iter non si è ancora definitivamente concluso, da cui emergono le aree oggi di intervento più urgenti e impellenti per il Paese;

3) ad adottare iniziative per prevedere strumenti di prevenzione per il sostegno alle genitorialità a rischio e visite a domicilio, soprattutto nella fascia 0-3 anni, nella quale troppi bambini possono restare fuori dal «radar» dei servizi pubblici obbligatori, al fine di intercettare situazioni di fragilità e intervenire prontamente nei casi di rischio e forte disagio per i minori;

4) ad adottare iniziative per prevedere che la prevenzione del maltrattamento venga pienamente incorporata nei curricula degli operatori sanitari e, in generale, degli operatori dell'infanzia.
(1-00205) «Emanuela Rossini, Gebhard, Schullian, Plangger».

(24 giugno 2019)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE DI COMPETENZA PER L'EFFETTIVA INTERRUZIONE DELLA ESPORTAZIONE E DEL TRANSITO DI ARMAMENTI VERSO L'ARABIA SAUDITA ED ALTRI PAESI COINVOLTI NEL CONFLITTO IN YEMEN

   La Camera,

   premesso che:

    dal marzo 2015 in Yemen è in corso un conflitto armato tra la coalizione guidata dall'Arabia Saudita, formata da Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar, Bahrain, Egitto e Sudan, intervenuta a sostegno del Governo del presidente Hadi, e le forze dell'alleanza militare formata dagli Huthi, sostenuti dall'Iran, e dalle truppe vicine all'ex Presidente Saleh. Dall'inizio degli scontri 19 mila raid aerei hanno devastato scuole, ospedali e infrastrutture, obbligando 1,5 milioni di bambini a fuggire dalle loro case e uccidendo o ferendo gravemente quasi 6.500 minori. I numeri di 4 anni di guerra sono tragici: 24 milioni di persone su una popolazione di 30 milioni sopravvivono solo grazie agli aiuti umanitari; 20 milioni di persone soffrono di malnutrizione e di queste 11 sono sull'orlo della carestia; 18 milioni di persone non hanno accesso ad acqua pulita e a servizi igienici sanitari di base; 3 milioni sono sfollati interni;

    secondo l'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, dal 26 marzo 2015 – giorno del primo raid aereo della coalizione guidata dall'Arabia Saudita per fermare l'offensiva degli Huthi, arrivata fino alle porte di Aden, con l'obiettivo di riportare al potere il deposto presidente Hadi – fino ad agosto 2017, sono stati uccisi 5.144 civili. Secondo Oxfam, solo nel 2018 sono stati uccisi o feriti circa 100 civili ogni settimana;

    tutte le parti coinvolte nel conflitto nello Yemen hanno ripetutamente violato i diritti umani e la popolazione civile sta affrontando una crisi umanitaria di vaste proporzioni. Secondo le Nazioni Unite, però, la coalizione a guida saudita sarebbe la principale responsabile delle vittime civili del conflitto, continuando a commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e delle norme internazionali sui diritti umani;

    le organizzazioni umanitarie faticano sempre più ad entrare in Yemen e le loro strutture di accoglienza e assistenza alla popolazione civile sono sotto attacco, comprese quelle sostenute da organizzazioni umanitarie italiane;

    il 25 ottobre 2018 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione (ultima di una lunga serie con le medesime richieste) che «invita il Consiglio a raggiungere una posizione comune per imporre, a livello dell'Unione europea, un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita e a rispettare la posizione comune 2008/944/PESC; chiede un embargo sull'esportazione di sistemi di sorveglianza e di altri prodotti a duplice uso suscettibili di essere utilizzati in Arabia Saudita a fini repressivi»;

    in una successiva risoluzione datata 14 novembre 2018 relativa all'implementazione della posizione comune dell'Unione europea sull’export di armamenti lo stesso Parlamento europeo ha chiesto al Consiglio e all'Alto rappresentante per la politica estera di «estendere tale embargo anche a tutti gli altri membri della coalizione a guida saudita nello Yemen»;

    nell'aprile 2019 la Camera dei rappresentanti statunitense ha adottato una risoluzione per porre fine a qualsiasi forma di assistenza militare degli Usa all'intervento saudita in Yemen, la stessa risoluzione era stata votata dal Senato statunitense nel mese di marzo 2019;

    Germania, Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Olanda hanno recentemente annunciato la sospensione delle forniture militari che possono venire utilizzate nel conflitto in Yemen, oltre che all'Arabia Saudita, anche agli Emirati Arabi Uniti;

    il Trattato delle Nazioni Unite sul commercio di armi permetterebbe già di sospendere l'invio di materiali bellici in considerazione di gravi violazioni del diritto umanitario. All'articolo 7 è specificato, infatti, che quando si viene a conoscenza che il sistema militare può essere usato per commettere gravi crimini di guerra un Paese può sospendere o revocare l'autorizzazione all’export;

    l'Italia ha una specifica parte di responsabilità in questa guerra, poiché alcune delle armi utilizzate contro gli yemeniti sono fabbricate, vendute o transitate dall'Italia nonostante il comma 6, lettera a), dell'articolo 1 della legge n. 185 del 1990 affermi che «l'esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere»;

    in Italia, a Domusnovas, in provincia di Cagliari, è operante uno stabilimento della Rwm Italia spa, società controllata dal produttore tedesco di armi Rheinmetall AG, che produce bombe d'aereo General purpose e da penetrazione, caricamento di munizioni e spolette, sviluppo e produzione di teste in guerra per missili, siluri, mine marine, cariche di demolizione e controminamento;

    l'8 ottobre 2016 un raid aereo condotto verosimilmente dalla coalizione militare guidata dall'Arabia Saudita ha colpito il villaggio di Deir Al-Hajari, situato nello Yemen nord-occidentale. L'attacco aereo ha ucciso una famiglia di sei persone, tra cui una madre incinta e quattro bambini. Sul luogo dell'attacco sono stati rinvenuti dei resti di bombe e un anello di sospensione prodotti da Rwm Italia spa. Ad aprile 2018, una coalizione internazionale di organizzazioni non governative (Rete Disarmo, ECCHR e Mwatana) ha depositato un esposto alla procura della Repubblica di Roma per chiedere che venga avviata un'indagine sulla responsabilità penale dell'autorità italiana che autorizza le esportazioni di armamenti (Unità per le autorizzazioni dei materiali d'armamento – Uama) e degli amministratori della società produttrice di armi Rwm Italia spa per le esportazioni di armamenti destinate ai membri della coalizione militare guidata dall'Arabia Saudita coinvolti nel conflitto in Yemen;

    nonostante le violazioni segnalate in Yemen, l'Italia di fatto continua ad esportare armi verso i membri della coalizione militare guidata dall'Arabia Saudita, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo in violazione della legge n. 185 del 1990, che vieta l'esportazione di armi verso Paesi in conflitto armato e in contrasto con le disposizioni vincolanti della posizione comune dell'Unione europea che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di attrezzature militari e contro le prescrizioni contenute nel Trattato internazionale sul commercio delle armi;

    come evidenziato anche da numerosi servizi giornalistici, già a partire dal 2016 le bombe fabbricate dalla Rwm Italia spa in Sardegna sono partite sia dall'aeroporto di Cagliari-Elmas sia dal porto canale di Cagliari;

    la relazione annuale della Presidenza del Consiglio dei ministri sulle esportazioni di materiali militari inviata alle Camere nel mese di aprile 2019 riporta che nel 2018 sono state autorizzate esportazioni di materiali militari per l'Arabia Saudita del valore totale di 13.350.266 euro e nell'allegato dell'Agenzia delle dogane riporta 816 esportazioni effettuate (consegne) nel 2018 per un valore di 108.700.337 euro. Tra queste si evidenziano tre forniture (esportazioni effettuate) del valore complessivo di 42.139.824 euro che sono attribuibili alle bombe aeree della classe MK80 prodotte dalla Rwm Italia spa che risalgono ad un'autorizzazione rilasciata nel 2016 dal Governo per la fornitura all'Arabia Saudita di 19.675 bombe aeree del valore di oltre 411 milioni di euro. Si tratta come detto delle micidiali bombe aeree della serie MK prodotte a Domusnovas in Sardegna dall'azienda tedesca Rwm Italia spa, azienda che ha la sua sede legale a Ghedi (Brescia), che vengono impiegate dall'aeronautica militare saudita per bombardare indiscriminatamente lo Yemen. Un rapporto dell'Onu del gennaio del 2017 ha documentato l'utilizzo di queste bombe nei bombardamenti sulle zone abitate da civili in Yemen e un secondo rapporto redatto da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha dichiarato che questi bombardamenti possono costituire «crimini di guerra»;

    alle 22,30 del 20 maggio 2019 la nave dell'Arabia Saudita «Bahri Yanbu» ha lasciato il porto di Genova senza imbarcare i due generatori elettrici per uso militare che sono rimasti chiusi nei magazzini dello scalo ligure. A impedire il carico degli impianti sulla nave Bahry Yanbu hanno contribuito in modo decisivo lo sciopero e il presidio dei lavoratori portuali di Genova che hanno impedito e boicottato le operazioni di carico di materiale bellico impiegato in operazioni definite dalle Nazioni Unite «crimini di guerra»;

    i lavoratori del porto di Genova attraverso questa mobilitazione hanno voluto lanciare un segnale forte all'Italia e all'Europa contro una delle più gravi catastrofi umanitarie del mondo;

    il cargo si è diretto verso Alessandria d'Egitto senza più fare tappa, come inizialmente ipotizzato, a La Spezia, dove, secondo parecchie indiscrezioni, all'arsenale avrebbe dovuto caricare otto cannoni semoventi Caesar, di produzione francese, destinati al conflitto nello Yemen per essere utilizzati dall'esercito saudita contro la popolazione civile di quel Paese;

    si tratta degli stessi dispositivi bellici che per un analogo «boicottaggio» messo in atto dai lavoratori del porto francese, non erano stati fatti imbarcare a Le Havre, scalo portuale sulla costa della Normandia;

    secondo notizie di stampa nel porto di Monfalcone la nave Norderney, dell'armatore tedesco Mlb Shipping, battente bandiera di Antigua, ha scaricato a fine maggio 2019 un quantitativo di tondini di ferro, ma nei container a bordo vi erano anche 360 bazooka e 415 missili anticarro ucraini destinati al Governo dell'Arabia Saudita. Del transito della nave e del contenuto dei container erano a conoscenza prefettura, guardia costiera e polizia che hanno proceduto ai controlli e alle verifiche obbligatorie. Tuttavia, non sono state avvisate le maestranze che avrebbero dovuto operare in presenza di un carico potenzialmente pericoloso, sollevando le proteste delle organizzazioni sindacali e dell'amministrazione comunale, anch'essa ignara del contenuto della nave approdata a Monfalcone;

    secondo gli analisti dell'Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (Opal) e della Rete italiana per il disarmo, Teknel s.r.l., l'azienda italiana produttrice dei generatori bloccati dai lavoratori portuali a Genova, ha ricevuto l'autorizzazione a esportare all'Arabia Saudita questo tipo di generatori elettrici di tipo militare, per la prima volta nel 2018 per un valore complessivo di 7.829.780 euro per 18 gruppi elettrogeni su trailer, dotati di palo telescopico per illuminazione, che alimentano 18 shelter per comunicazione, comando e controllo, in grado di gestire droni, comunicazioni e centri di comando aereo e terrestre;

    di questi hanno già esportato due gruppi elettrogeni e due shelter Tbs per un totale di circa 786.200 euro;

    essendo materiali che sono stati esportati con specifica autorizzazione da parte dell'Autorità nazionale per le esportazioni di materiali d'armamento (Uama) questi generatori vanno considerati a tutti gli effetti come materiali militari;

    l'azienda Teknel s.r.l. di Roma ha inoltre ammesso pubblicamente che il destinatario e utilizzatore finale di questi generatori è la Guardia nazionale saudita, che è una delle Forze armate dell'Arabia Saudita;

    nel 2018 il valore totale delle licenze all’export a Riyadh è pari a 13.350.266 euro, di cui oltre la metà a favore della Teknel s.r.l.;

    dalla già citata relazione della Presidenza del Consiglio dei ministri non figurano provvedimenti relativi a sospensioni, revoche o dinieghi per esportazioni di armamenti verso l'Arabia Saudita posti in essere dal Governo Conte nel 2018;

    il Presidente del Consiglio dei ministri Conte, nella conferenza stampa del 28 dicembre 2018, ha affermato: «il Governo italiano è contrario alla vendita di armi all'Arabia Saudita» e «si tratta solamente di formalizzare questa posizione». Finora, però, non risulta nessun atto di sospensione, né di revoca delle forniture di armamenti all'Arabia Saudita;

    la Ministra della difesa Trenta ha dichiarato: «È un'indecenza che il nostro Paese possa essere in qualche modo complice di ciò che accade in Yemen»,

impegna il Governo:

1) ad esprimere, in ogni consesso internazionale o sede di confronto con rappresentanti di Paesi stranieri, la profonda preoccupazione dell'Italia per l'allarmante deterioramento della situazione umanitaria nello Yemen, caratterizzata da una diffusa insicurezza alimentare e una grave malnutrizione in alcune parti del Paese, da attacchi indiscriminati contro civili, personale medico e operatori umanitari e dalla distruzione delle infrastrutture civili e mediche, a causa del preesistente conflitto interno, dell'intensificarsi degli attacchi aerei ad opera della coalizione guidata dall'Arabia Saudita, dei combattimenti a terra e dei bombardamenti, nonostante i ripetuti appelli per una nuova cessazione delle ostilità;

2) ad adottare iniziative per sospendere immediatamente ogni esportazione di materiali d'armamento e articoli correlati prodotti in Italia e destinati all'Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti che potrebbero venire utilizzati dai due Paesi nel conflitto in Yemen;

3) a farsi promotore a livello di Consiglio dell'Unione europea di una forte iniziativa politica che porti all'embargo di materiale militare di tutta l'Unione europea verso i Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen, come ripetutamente richiesto dal Parlamento europeo;

4) ad assumere iniziative per non autorizzare il transito e l'utilizzo di porti e aeroporti in Italia da parte di cargo aerei e navali che trasportino materiali d'armamento destinati all'Arabia Saudita e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto armato in Yemen, in considerazione delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte dell'Arabia Saudita e dei suoi alleati nello Yemen, come prevedono tutte le normative nazionali ed internazionali in vigore;

5) ad attuare tutte le misure idonee dirette alla differenziazione produttiva e alla conversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa, come previsto dalla legge n. 185 del 1990, anche tramite iniziative per il rifinanziamento del comma 7 dell'articolo 6 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237, prevedendo un adeguato stanziamento pluriennale e destinando almeno il 70 per cento di tale importo alle attività di riconversione dell'industria bellica, anche per sottrarre i lavoratori e le comunità al «ricatto occupazionale» causato da questo tipo di produzioni in territori con alti livelli di disoccupazione.
(1-00198) «Fornaro, Palazzotto, Boldrini, Bersani, Conte, Epifani, Fassina, Fratoianni, Muroni, Occhionero, Pastorino, Rostan, Speranza, Stumpo, Magi».

(18 giugno 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    il conflitto in Yemen ha avuto inizio nel 2015, quando i ribelli Houthi, sostenuti dall'Iran, hanno deposto il presidente del Paese riconosciuto a livello internazionale, il quale ha successivamente fatto intervenire una coalizione multinazionale, guidata dall'Arabia Saudita, per combattere i ribelli e le truppe ad essi alleate;

    il conflitto in atto nello Yemen è giunto al quarto anno e ha causato ormai decine di migliaia di morti; più di 22 milioni di persone (circa l'80 per cento della popolazione yemenita) necessitano di sostegno umanitario; le persone in condizioni di insicurezza alimentare sono più di 17 milioni e oltre otto milioni rischiano di morire di fame; 2.500 bambini sono stati uccisi nel conflitto, mentre, secondo l'organizzazione non governativa Save the Children, nel solo 2017 più di 50 mila bambini sono morti per malnutrizione o per problemi igienico-sanitari;

    dal mese di giugno 2018 la coalizione guidata dall'Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti è impegnata in un'offensiva per prendere la città di Hodeidah – il porto più importante dello Yemen – che compromette il transito del cibo e degli aiuti umanitari nel Paese; parlando al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il coordinatore delle Nazioni Unite per gli affari umanitari Mark Lowcock ha annunciato il pericolo di una imminente carestia in Yemen;

    alcune organizzazioni non governative hanno iniziato a documentare violazioni del diritto internazionale avvenute nel conflitto già a partire dal 2016. Queste violazioni sono state riconosciute internazionalmente da una organizzazione sovranazionale per la prima volta il 28 agosto 2018, nelle conclusioni del gruppo di eminenti esperti indipendenti internazionali istituito dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, secondo cui detti interventi possono costituire crimini di guerra;

    a questo rapporto ha fatto seguito nel settembre 2018 la relazione dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani che ha concluso, per la prima volta, che vi sono ragionevoli motivi per ritenere che tutte le parti implicate nel conflitto nello Yemen abbiano commesso crimini di guerra;

    è in vigore un embargo internazionale sulle armi nei confronti dei ribelli Houthi sostenuti dall'Iran;

    il 25 ottobre 2018 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione (ultima di una lunga serie con le medesime richieste) che «invita il Consiglio a raggiungere una posizione comune per imporre, a livello dell'UE, un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita e a rispettare la posizione comune 2008/944/PESC; chiede un embargo sull'esportazione di sistemi di sorveglianza e di altri prodotti a duplice uso suscettibili di essere utilizzati in Arabia Saudita a fini repressivi»;

    in una successiva risoluzione datata 14 novembre 2018 relativa all'implementazione della posizione comune dell'Unione europea sull’export di armamenti lo stesso Parlamento europeo ha chiesto al Consiglio d'Europa e all'Alto Rappresentante per la politica estera di «estendere tale embargo anche a tutti gli altri membri della coalizione a guida saudita nello Yemen»;

    nella seduta del 19 settembre 2017 è stata votata dal Parlamento una mozione che impegnava il Governo italiano, tra l'altro, «a favorire, nell'ambito delle regolari consultazioni dell'Unione europea a Bruxelles, una linea di azione condivisa in materia di esportazioni di materiali di armamento dando sostegno concreto alle iniziative internazionali per la cessazione delle ostilità e adeguandosi immediatamente alle prescrizioni o ai divieti che fossero adottati nell'ambito delle Nazioni Unite o dell'Unione europea»;

    sia le Nazioni Unite che l'Unione europea hanno preso posizioni sulla sospensione della vendita di armi utilizzabili nel conflitto in Yemen all'Arabia Saudita, visto il riconoscimento a livello internazionale delle violazioni del diritto internazionale umanitario da parte della Arabia Saudita in Yemen a seguito del conflitto in corso;

    Regno Unito, Germania, Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svizzera, Belgio, Austria e Olanda hanno recentemente annunciato la sospensione delle forniture militari che possono venire utilizzate nel conflitto in Yemen oltre che all'Arabia Saudita anche agli Emirati Arabi Uniti, anche a seguito dell'assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, oltre che in seguito ai pronunciamenti del 28 agosto 2018 del panel di eminenti esperti indipendenti internazionali istituito dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e del settembre 2018 dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati;

    una risoluzione in materia di sospensione della vendita di armi è stata avviata in Commissione affari esteri della Camera dei deputati già dal mese di ottobre 2018, ma il Governo non ha comunque preso posizione;

    nell'aprile 2019 la Camera dei rappresentanti statunitense ha adottato una risoluzione per porre fine a qualsiasi forma di assistenza militare degli Usa all'intervento saudita in Yemen; la stessa risoluzione era stata votata dal Senato statunitense nel mese di marzo;

    da quando il re saudita Salman bin Abdul Aziz Al Saud ha nominato suo figlio, Mohammed bin Salman, come principe ereditario nel giugno 2017, le Nazioni Unite e numerose organizzazioni internazionali non governative, quali Amnesty International, hanno denunciato sempre più gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Arabia Saudita, con frequenti detenzioni arbitrarie di attivisti, ecclesiastici di alto profilo, dirigenti d'azienda, giornalisti e commentatori dei social media;

    queste gravi violazioni, sono sfociate, in ultimo, nell'uccisione, il 2 ottobre 2018, del giornalista dissidente, Jamal Khashoggi, all'interno del Consolato saudita di Istanbul e poi cremato in un forno presente nella residenza del console;

    il rapporto indipendente delle Nazioni Unite redatto dalla relatrice speciale sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, Agnes Callamard, reso noto il 19 giugno 2019, parla di una «esecuzione deliberata e premeditata» che richiede «ulteriori indagini sulle responsabilità individuali di funzionari sauditi di alto livello, compreso il principe ereditario» Mohammad bin Salman. Si legge anche che ci sono «prove credibili che richiedono ulteriori indagini sulle responsabilità individuali di funzionari sauditi di alto livello, compreso il principe ereditario» – pur specificando comunque che «non ci sono conclusioni sui colpevoli» – ma che è necessario, avviare «un'inchiesta penale internazionale»;

    nel mese di maggio 2019, e anche in questi giorni, a Genova e poi a Cagliari, è approdata una nave della compagnia Bahri, la più grande flotta della monarchia saudita composta da sei navi-cargo per un carico di armamenti. A Genova, grazie alle proteste e alla mobilitazione delle associazioni e dei camalli, il carico incriminato è rimasto a terra, mentre a Cagliari, sono stati caricati 44 container;

    un plauso va a questa categoria di lavoratori che si è opposta al carico, ma certamente, non si può caricare sulle scelte etiche dei lavoratori portuali, decisioni che deve invece prendere il Governo, scegliendo una posizione da tenere in merito;

    il Presidente del Consiglio Conte nella Conferenza stampa del 28 dicembre 2018 ha affermato: «il Governo italiano è contrario alla vendita di armi all'Arabia Saudita e si tratta solamente di formalizzare questa posizione»,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per sospendere tutte le forniture di armi e materiali d'armamento, utilizzabili per il conflitto, ai Paesi coinvolti direttamente nella guerra in Yemen, come già deciso da Regno Unito, Germania, Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svizzera, Belgio, Austria e Olanda e come in discussione in altri Parlamenti di Stati membri dell'Unione;

2) ad operare uno sforzo politico e diplomatico in sede multilaterale per il riconoscimento dello stato di conflitto armato in Yemen ai fini del diritto internazionale umanitario e dell'applicazione rigorosa delle disposizioni della legge 9 luglio 1990, n. 185, della posizione comune 2008/944/PESC e del Trattato internazionale sul commercio delle armi, già ratificato dall'Italia;

3) a farsi promotore a livello di Consiglio dell'Unione europea di una forte iniziativa politica che porti all'embargo di materiale militare di tutta l'Unione europea verso i Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen, come ripetutamente richiesto dal Parlamento europeo;

4) a sostenere gli sforzi profusi dall'inviato speciale per lo Yemen del segretario generale delle Nazioni Unite volti a rilanciare il processo politico e a raggiungere una soluzione negoziata e inclusiva della crisi, nonché ad assicurare ogni intervento utile per consentire un immediato e completo accesso umanitario alle zone colpite dalle ostilità in Yemen, al fine di assistere efficacemente la popolazione in stato di bisogno attraverso prioritari programmi di cooperazione internazionale, anche con l'implementazione degli stessi da parte della cooperazione italiana;

5) a sostenere, anche nel ruolo di membro eletto del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, la prosecuzione di indagini efficaci e indipendenti sulle violazioni e sui crimini commessi in Yemen dalle parti in conflitto e a promuovere l'istituzione di un tribunale internazionale indipendente per accertarne e condannarne le responsabilità.
(1-00202) «Quartapelle Procopio, De Maria, Ceccanti, Scalfarotto, Fassino, Bruno Bossio, Fragomeli, Carla Cantone, Mor, Bonomo, Sensi, Frailis, Benamati, Paita, Fiano, Fregolent, Marco Di Maio, Serracchiani, Buratti, Giorgis, Ungaro, De Menech, Siani, Moretto, Nardi, Berlinghieri, Madia, Pezzopane, Pellicani, Schirò, Navarra, Carnevali, Rizzo Nervo, Di Giorgi, Noja».

(24 giugno 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    dal marzo del 2015 in Yemen è in corso una guerra civile, quando le forze ribelli Huthi hanno preso il controllo della capitale, Sana'a, dopo avere deposto l'allora presidente ’Abd Rabbih Mansur Hadi, tuttora riconosciuto dalla comunità internazionale;

    da allora, il regno dell'Arabia saudita – supportato da una coalizione internazionale formata da Kuwait, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Marocco, Senegal, (e in passato anche Qatar, Egitto e Sudan) e con l'appoggio iniziale di Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Francia e Turchia – conduce attacchi e bombardamenti incessanti su città e villaggi yemeniti;

    questa azione militare non ha mai ricevuto un avallo formale o un preciso mandato dell'Onu che tuttavia, attraverso il Consiglio di sicurezza, ha approvato più risoluzioni che non sono riuscite a far cessare le violenze e a dare al via una soluzione negoziata del conflitto;

    secondo quanto affermato da Mark Lowcock, segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite agli affari umanitari e coordinatore dei soccorsi d'urgenza, in Yemen siamo di fronte «alla peggiore crisi umanitaria del pianeta»;

    secondo le Nazioni Unite quasi l'80 per cento della popolazione yemenita ha bisogno di assistenza o protezione umanitaria. A causa del conflitto, oltre 20 milioni di persone su una popolazione totale di 24 non hanno cibo sufficiente, 9,6 milioni sono sull'orlo della carestia e 240 mila si trovano nella cosiddetta «fase cinque», ossia sopravvivono a malapena alla fame. Dall'inizio del conflitto, oltre tre milioni e 300 mila yemeniti hanno lasciato le loro case, 600 mila nel solo 2018;

    secondo una recente nota diffusa dall'Unicef in occasione della conferenza di Ginevra dei Paesi donatori sulla crisi dello Yemen, 11,3 milioni di bambini, pari all'80 per cento di tutti quelli nel Paese, hanno bisogno di assistenza umanitaria. Di questi, 1,8 milioni soffrono di malnutrizione acuta, fra cui circa 360.000 bambini sotto i 5 anni soffrono di malnutrizione acuta grave. Secondo Unicef, almeno 2 milioni non vanno a scuola e 8,1 milioni non hanno accesso ad acqua sicura e a servizi igienico sanitari;

    un report di esperti pubblicato dal Conscio dei diritti umani delle Nazioni Unite diffuso il 28 agosto 2018, ha accusato le forze governative dello Yemen, la coalizione a guida saudita che li appoggia, e i ribelli del movimento Huthi di non aver fatto nulla per impedire o ridurre la morte di civili;

    secondo lo stesso report, poi diffuso a settembre dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, i Governi della Yemen, degli Emirati Arabi Uniti e dell'Arabia Saudita, si sarebbero resi responsabili anche di crimini di guerra come stupri, torture, sparizioni forzate e privazione del diritto alla vita;

    anche le milizie ribelli degli Huthi secondo il report, si sarebbero rese responsabili di crimini di guerra nel Paese arabo, verso cui, a differenza degli Emirati Arabi Uniti e dell'Arabia Saudita, è in vigore un embargo sulle forniture di armamenti;

    in data 30 ottobre 2018, il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha chiesto una immediata cessazione degli attacchi aerei condotti dalla coalizione a guida saudita contro i ribelli sciiti Huthi nelle aree popolate da civili e, allo stesso tempo, uno «stop» anche agli attacchi condotti dagli Huthi in territorio saudita. Secondo Pompeo: «è arrivato il tempo per la cessazione delle ostilità, inclusi i bombardamenti con missili e droni dalle aree controllate dagli Huthi verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Di conseguenza dovranno cessare anche i raid della coalizione saudita verso le aree popolate da civili nello Yemen»;

    nella stessa data Jim Mattis, ex Segretario della difesa degli Stati Uniti, ha invitato le parti in conflitto in Yemen a imporre un cessate il fuoco per intraprendere negoziati di pace;

    a seguito degli appelli e della disponibilità della Svezia ad ospitare i colloqui di pace, nel mese di dicembre 2018 sono iniziati a Stoccolma i colloqui di pace tra le parti che combattono in Yemen, poi proseguiti con delle riunioni tecniche in Giordania a febbraio che hanno interessato le questioni principali, dallo scambio dei prigionieri fino al raggiungimento di un compromesso preliminare sull'attuazione della tregua e sul ritiro delle rispettive truppe dal porto di al Hodeidah;

    la situazione umanitaria in Yemen è devastante e come raccontano i dati recentemente diffusi, in continuo peggioramento. Occorre uno sforzo affinché tutte le parti in conflitto adempiano alle loro responsabilità, consentendo l'erogazione senza impedimenti degli aiuti umanitari, compresi cibo, acqua e medicinali, a favore della popolazione civile;

    è quindi estremamente urgente porre quanto prima fine ai combattimenti, al fine di rendere lo Yemen uno Stato pacifico e pluralistico nell'interesse di tutti i suoi cittadini, indipendentemente dalla etnia o fede e libero dalle ingerenze esterne;

    a tal fine la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, nelle settimane passate, ha approvato una risoluzione finalizzata a ritirare il sostegno militare degli Stati Uniti per la campagna a guida saudita nello Yemen, mentre la Germania ha sospeso le esportazioni di armi, a partire dal prossimo 9 marzo, verso l'Arabia Saudita «fino a quando non vi saranno sviluppi nel processo di pace con lo Yemen». Stessa cosa hanno già fatto Danimarca, Finlandia, Norvegia e Olanda in Europa, sulla scia della risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2018 che chiedeva l'adozione di un embargo totale sulla vendita di armamenti all'Arabia Saudita, date le gravi violazioni del diritto umanitario internazionale perpetrate da questo Paese e accertate da autorità competenti delle Nazioni Unite;

    anche in ragione delle licenze di esportazione di materiali d'armamento italiano all'Arabia Saudita, agli Emirati Arabi Uniti e agli altri Paesi coinvolti nel conflitto, sarebbe opportuno che venissero assunte iniziative per favorire e supportare, ove possibile, la riconversione in produzioni civili delle attività delle aziende attualmente interessate alla produzione di armi, anche attraverso l'istituzione di un fondo ad hoc e il rifinanziamento degli incentivi per la ristrutturazione e la riconversione dell'industria bellica e la riconversione produttiva nel campo civile e duale, destinati alle imprese che operano nel settore della produzione di materiali di armamento, ai sensi dell'articolo 6, commi 7, 8, 8-bis e 9, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237,

impegna il Governo:

1) a chiedere, in tutte le sedi competenti, l'immediato cessate il fuoco e l'interruzione di ogni iniziativa militare in Yemen;

2) a continuare a sostenere l'iniziativa dell'inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, Martin Griffiths, affinché si arrivi, se necessario, al ritiro delle truppe in campo;

3) a proseguire, con gli altri partner internazionali, nell'azione umanitaria coordinata sotto la guida delle Nazioni Unite per alleviare le sofferenze della popolazione yemenita, come stabilito nella Terza conferenza dei donatori che si è svolta a Ginevra;

4) a valutare l'avvio di una iniziativa finalizzata alla previsione da parte dell'Unione europea di una moratoria sulle bombe d'aereo e relativa componentistica nei confronti di tutti i Paesi coinvolti nella guerra in Yemen;

5) a promuovere l'istituzione di un'inchiesta internazionale o di un tribunale internazionale per accertare e condannare le responsabilità per eventuali crimini commessi dalle parti in conflitto in Yemen;

6) ad assumere iniziative affinché si applichino rigorosamente le disposizioni della legge 9 luglio 1990, n. 185, e della posizione comune 2008/944/PESC, ovvero per sospendere le esportazioni di bombe d'aereo e relativa componentistica verso l'Arabia Saudita fino a quando non vi saranno sviluppi nel processo di pace per lo Yemen;

7) ad assumere iniziative per favorire e supportare, anche attraverso la destinazione di specifici incentivi, la differenziazione dei materiali d'armamento prodotti dalle aziende del settore, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali.
(1-00203) «Lollobrigida, Delmastro Delle Vedove, Deidda, Ferro».

(24 giugno 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    da quando, nel marzo del 2015, le forze Huthi hanno preso il controllo della capitale Sana'a dopo avere deposto l'allora presidente ’Abd Rabbih Mansur Hadi, tuttora riconosciuto dalla comunità internazionale, in Yemen è in corso una guerra civile;

    da allora, il regno dell'Arabia Saudita – supportato da una coalizione internazionale formata da Kuwait, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Egitto, Sudan e Senegal (e in passato anche Qatar e Marocco) – è intervenuto militarmente a sostegno del Governo legittimo dello Yemen, conducendo attacchi e bombardamenti su città e villaggi yemeniti;

    secondo quanto affermato dall'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Un-Ocha), in Yemen si è di fronte «alla peggiore crisi umanitaria del pianeta»;

    secondo le Nazioni Unite quasi l'80 per cento della popolazione yemenita ha bisogno di assistenza o protezione umanitaria. A causa del conflitto, oltre 24 milioni di persone su una popolazione totale di 28 non hanno cibo sufficiente, 9,6 milioni sono sull'orlo della carestia e 240 mila si trovano nella cosiddetta «fase cinque», ossia sopravvivono a malapena alla fame. Dall'inizio del conflitto, oltre tre milioni e 300 mila yemeniti hanno lasciato le loro case, 600 mila nel solo 2018;

    secondo una recente nota diffusa dall'Unicef in occasione della conferenza di Ginevra dei Paesi donatori sulla crisi dello Yemen, 11,3 milioni di bambini, pari all'80 per cento di tutti quelli nel Paese, hanno bisogno di assistenza umanitaria. Di questi, 1,8 milioni soffrono di malnutrizione acuta, fra cui circa 360.000 bambini sotto i 5 anni soffrono di malnutrizione acuta grave. Secondo Unicef, almeno 2 milioni non vanno a scuola e 8,1 milioni non hanno accesso ad acqua sicura e a servizi igienico sanitari;

    in base a un recente calcolo della Armed Conflict Location and Event Data Project (Acled), un'organizzazione non governativa legata a molte istituzioni e università anglosassoni, nella guerra civile ad oggi hanno perso la vita già 70.000 persone;

    un report di esperti pubblicato dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite diffuso il 28 di agosto 2018, ha accusato le forze governative dello Yemen, la coalizione a guida saudita che li appoggia, e le forze Huthi di non aver fatto nulla per impedire o ridurre la morte di civili;

    secondo lo stesso report, i Governi dello Yemen, degli Emirati Arabi Uniti e dell'Arabia Saudita, si sarebbero resi responsabili anche di crimini di guerra come stupri, torture, sparizioni forzate e privazione del diritto alla vita;

    anche le forze Huthi secondo il report, si sarebbero rese responsabili di crimini di guerra nel Paese arabo. A differenza degli Emirati Arabi Uniti e dell'Arabia Saudita, verso le forze Huthi è in vigore un embargo sulle forniture di armamenti;

    in data 30 ottobre 2018, il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha chiesto una immediata cessazione degli attacchi aerei condotti dalla coalizione a guida saudita contro le forze Huthi nelle aree popolate da civili e, allo stesso tempo uno «stop» anche agli attacchi condotti dalle forze Huthi in territorio saudita. Secondo Pompeo: «è arrivato il tempo per la cessazione delle ostilità, inclusi i bombardamenti con missili e droni dalle aree controllate dalle forze Huthi verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Di conseguenza dovranno cessare anche i raid della coalizione saudita verso le aree popolate da civili nello Yemen»;

    nella stessa data l'allora Segretario della difesa degli Stati Uniti, Jim Mattis, ha invitato le parti in conflitto in Yemen a imporre un cessate il fuoco per intraprendere negoziati di pace;

    a seguito degli appelli e della disponibilità della Svezia ad ospitare i colloqui di pace, nel mese di dicembre 2018 sono iniziati a Stoccolma i colloqui di pace tra le parti che combattono in Yemen, poi proseguiti con delle riunioni tecniche in Giordania a febbraio che hanno interessato le questioni principali, dallo scambio dei prigionieri fino al raggiungimento di un compromesso preliminare sull'attuazione della tregua e sul ritiro delle rispettive truppe dal porto di al Hodeidah;

    la situazione umanitaria in Yemen è devastante e come raccontano i dati recentemente diffusi, in continuo peggioramento. Occorre uno sforzo affinché tutte le parti in conflitto adempiano alle loro responsabilità consentendo l'erogazione senza impedimenti degli aiuti umanitari, compresi cibo, acqua e medicinali, a favore della popolazione civile;

    a causa della mancanza di strutture mediche pienamente funzionanti, dell'accesso all'acqua pulita o di servizi igienici adeguati, dilagano le malattie ed è in particolare il colera a colpire la popolazione, poiché dal gennaio 2018, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità si annota il più grande focolaio mai registrato, che ha provocato 724.405 casi sospetti e 1.135 decessi collegati;

    è quindi estremamente urgente porre quanto prima fine ai combattimenti, al fine di stabilizzare lo Yemen nella cornice di uno Stato pacifico e pluralistico nell'interesse – oltre che della regione di riferimento – di tutti i suoi cittadini, indipendentemente dalla etnia o fede e libero dalle ingerenze esterne;

    la Germania ha sospeso temporaneamente le proprie licenze di esportazioni di armi verso l'Arabia Saudita fino al 30 settembre. A loro volta Danimarca, Finlandia, Norvegia e Paesi Bassi in Europa hanno sospeso l'erogazione di nuove licenze verso l'Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, sulla scia della risoluzione del Parlamento europeo dello scorso 25 ottobre che chiedeva l'adozione di un embargo totale sulla vendita di armamenti all'Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, date le gravi violazioni del diritto umanitario internazionale perpetrate da questi Paesi e accertate da autorità competenti delle Nazioni Unite, mentre il governo del Regno Unito – pur preannunciando un ricorso in appello – ha deciso di sospendere le nuove forniture di armi all'Arabia Saudita e agli altri Paesi della coalizione coinvolta nella guerra nello Yemen dopo il verdetto della Corte d'appello di Londra che ha dichiarato illegale una delle procedure finora seguite;

    anche in ragione delle licenze di esportazione di materiali d'armamento italiano ai Paesi coinvolti nel conflitto, sarebbe opportuno che venissero assunte iniziative per favorire e supportare la riconversione in produzioni civili delle attività delle aziende attualmente interessate alla produzione di armi, anche attraverso l'istituzione di un fondo ad hoc e il rifinanziamento degli incentivi per la ristrutturazione e la riconversione dell'industria bellica e la riconversione produttiva nel campo civile e duale, destinati alle imprese che operano nel settore della produzione di materiali di armamento, ai sensi dell'articolo 6, commi 7, 8, 8-bis e 9, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237,

impegna il Governo:

1) a proseguire, in tutte le sedi competenti, l'azione volta ad ottenere l'immediato cessate il fuoco e l'interruzione di ogni iniziativa militare in Yemen, continuando a sostenere, in particolare, l'iniziativa dell'inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen Martin Griffiths affinché si giunga quanto prima al ritiro delle truppe in campo;

2) a proseguire, con i partner internazionali, nell'azione umanitaria coordinata sotto la guida delle Nazioni Unite per alleviare le sofferenze della popolazione yemenita, come stabilito nella terza conferenza dei donatori che si è svolta a Ginevra;

3) a valutare l'avvio e la realizzazione di iniziative finalizzate alla futura adozione, da parte dell'Unione europea, di un embargo mirato sulla vendita di armamenti ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, prevedendo al contempo consultazioni con gli altri Stati membri dei consorzi internazionali in relazione ai programmi di coproduzione industriale intergovernativi attualmente in essere;

4) a continuare ad assicurare un'applicazione rigorosa delle disposizioni della legge 9 luglio 1990, n. 185, e ad adottare iniziative per sospendere le esportazioni di bombe d'aereo e missili che possono essere utilizzati per colpire la popolazione civile e loro componentistica verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sino a quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace con lo Yemen.
(1-00204) «Cabras, Formentini, Ehm, Billi, Cappellani, Caffaratto, Carelli, Coin, Colletti, Comencini, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Sabrina De Carlo, Grimoldi, Del Grosso, Ribolla, Di Stasio, Zoffili, Emiliozzi, Grande, Olgiati, Perconti, Romaniello, Siragusa, Suriano».

(24 giugno 2019)

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