FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1162

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato TIRAMANI

Modifiche alla legge 2 agosto 1999, n. 264, in materia di accesso ai corsi universitari, con particolare riguardo a quelli delle professioni mediche e dell'area sanitaria

Presentata il 13 settembre 2018

  Onorevoli Colleghi! — Le prove di ammissione per l'accesso ad alcuni corsi universitari, note come test di ingresso, sono state istituite allo scopo di consentire agli atenei di organizzare i corsi di laurea secondo parametri più prossimi a quelli in uso in Europa e nel resto del mondo. L'intento ha finito però con lo scontrarsi annualmente con una realtà che penalizza sia gli studenti, intenzionati a perfezionare la loro istruzione, che il mondo del lavoro, incapace di reperire personale da affiancare ai lavoratori già inseriti o con il quale sostituire quelli in uscita.
  Ogni anno regolarmente si hanno notizie di ricorsi presentati da studenti che contestano non solo l'esito della loro prova di ammissione, ma anche la sua adeguatezza in termini di effettiva conformità al tipo di facoltà alla quale ci si vuole iscrivere, mettendo quindi in dubbio la reale capacità di valutazione di queste prove. Infatti molti dei test che vengono somministrati non sono parametrati sulle materie attinenti alle facoltà scelte dai candidati, ma riguardano argomenti del tutto estranei, spesso di cultura generale, per non dire «spicciola».
  Da un parere espresso dall'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) emerge la necessità di rivedere i criteri di analisi utilizzati finora allo scopo di garantire i necessari livelli qualitativi degli studenti che intendono iscriversi ai corsi universitari. Esiste in Italia una consistente concentrazione di personale medico nella fascia di età superiore a sessanta anni, e questo lascia supporre che, entro pochi anni, molte migliaia di medici lasceranno il Servizio sanitario nazionale. Se si considera il numero medio di laureati in medicina e chirurgia per anno accademico e la quota di questi annualmente immessa nel Servizio sanitario nazionale, risulta un saldo negativo tra pensionamenti e nuove assunzioni. Appare quindi evidente che occorre garantire una maggiore possibilità di iscrizione a facoltà come quella di medicina e chirurgia; ma lo stesso discorso potrebbe estendersi, per analogia, a tutte le facoltà di tipo scientifico, quali matematica, chimica, ingegneria, architettura, veterinaria e farmacia.
  Se vogliamo rovesciare la prospettiva di valutazione dal mondo accademico a quello strettamente professionale possiamo citare i dati di una ricerca del consorzio interuniversitario «AlmaLaurea», dai quali si evince che facoltà di tipo scientifico, quali medicina e chirurgia (incluse le professioni sanitarie), economia, scienze statistiche, ingegneria e matematica, garantiscono una condizione occupazionale a tre anni dalla laurea (anno di laurea in oggetto 2007) che va dal 97,2 per cento all'83,4 cento.
  La Lega è da sempre contraria ai test di ingresso, in particolar modo per la facoltà di medicina e chirurgia, nella quale c'è un solo posto disponibile ogni sette domande e spesso si entra più in base alla fortuna che per le proprie capacità. I test di ingresso, anche se ben formulati, possono essere relativamente utili per verificare il livello di preparazione alla fine di un ciclo di studi: basti guardare a quello che accade in altre nazioni vicine a noi, come la Francia, in cui la selezione per la facoltà di medicina avviene dopo il primo anno di università e un breve tirocinio in ospedale. Pensiamo a un sistema che lasci una possibilità a tutti gli studenti di accedere all'università, «scremandoli» dopo un certo periodo di tempo – magari dopo un anno – in base a un adeguato numero di esami da superare, in modo tale che i migliori possano scegliere il corso di laurea di loro specifico interesse.
  In Italia il numero chiuso è regolato dalla legge n. 264 del 1999, approvata per dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 383 del 27 novembre 1998, con la quale si chiedeva al legislatore di intervenire sulla materia degli accessi a numero programmato per disciplinare la materia.
  Se da un lato sembra essere stata la sentenza della Corte costituzionale a determinare la scelta del numero chiuso da parte del legislatore, dall'altra l'accento viene posto sulle imposizioni che derivano dall'appartenenza del nostro Paese all'Unione europea. In tal senso l'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge n. 264 del 1999 prevede che gli accessi ai corsi universitari sono programmati: «in conformità alla normativa comunitaria vigente e alle raccomandazioni dell'Unione europea che determinano standard formativi tali da richiedere il possesso di specifici requisiti.».
  In realtà esistono numerose direttive europee, a partire almeno dagli anni ’70, che disciplinano lo spazio europeo del lavoro, ma non prevedono alcunché sul numero chiuso, in quanto lo scopo di queste direttive è di armonizzare i sistemi di formazione nazionali e rendere omogenee le caratteristiche professionali di figure come il medico o il dentista, in modo che possano muoversi liberamente nell'Unione europea esercitando il proprio lavoro. Ad esempio, una delle prime direttive in materia (direttiva 86/457/CEE relativa alla formazione specifica in medicina generale) recitava, nelle premesse: «... considerando che per realizzare progressivamente tali riforme è necessario, in una prima fase, instaurare in ogni Stato membro una formazione specifica in medicina generale che risponda ad esigenze minime tanto qualitative che quantitative e che completi la formazione minima di base che il medico deve avere in virtù della presente direttiva ...» (direttiva 78/686/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978). Attualmente, è la direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio a stabilire, all'articolo 24, i requisiti della formazione medica negli Stati membri dell'Unione. Essa: 1) deve comprendere almeno cinque anni di studio complessivi, che possono essere espressi in aggiunta anche in crediti ECTS equivalenti, consistenti in almeno 5 500 ore di insegnamento teorico e pratico svolte presso o sotto la supervisione di un'università; 2) è subordinata al possesso di un diploma o certificato che dia accesso, per tali studi, a istituti universitari.
  Da un'attenta analisi della normativa europea in materia, anche tenuto conto delle norme in vigore negli anni passati e ora abrogate, non vi è traccia di un'imposizione del numero chiuso. L'Unione europea chiede solo di armonizzare i sistemi formativi e gli standard di qualità, affinché i professionisti possano muoversi liberamente nello spazio europeo del lavoro, vedendo riconosciuti i propri titoli: quindi il numero chiuso è stato utilizzato in modo ingiustificato, e più che favorire la qualità del sistema universitario peggiora il sistema nel suo complesso.
  Il sistema dei test di ingresso alle facoltà universitarie, come già rilevato, oltre che minare pesantemente il diritto allo studio, costituzionalmente garantito, per quanto attiene particolarmente alle facoltà di medicina e chirurgia, sta letteralmente decimando la classe medica del futuro, costringendo il nostro Paese a importare medici da Paesi stranieri, magari dall'Europa dell'est, che hanno standard di preparazione sicuramente inferiori ai nostri, con grave danno dei pazienti, come già avviene da anni nel settore infermieristico. È quanto mai necessario valutare l'opportunità di una rivisitazione completa della materia per dare a tutti, in attuazione dell'articolo 34, commi terzo e quarto, della Costituzione, la possibilità di accedere ai corsi universitari, abolendo l'accesso programmato.
  Scopo della presente proposta di legge è, quindi, proprio quello di eliminare le prove di ammissione a determinati corsi di laurea, specialmente in campo medico (articolo 1) e prevedere (articolo 2) dei meccanismi selettivi meritocratici durante il primo anno di corso di studi, tenendo comunque conto di situazioni particolari che possano impedire o limitare lo studente nel sostenere tutti gli esami richiesti per evitare la decadenza dall'iscrizione al corso di studi.
  La proposta di legge costituisce la base per una riforma più ampia che dovrà riguardare le scuole di specializzazione e il conferimento delle borse di studio.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. Alla legge 2 agosto 1999, n. 264, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 1, comma 1, la lettera a) è abrogata;

   b) all'articolo 2, comma 1, lettera b), le parole: «, diversi da quelli di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a),» sono soppresse;

   c) all'articolo 3, comma 1, lettera a), le parole: «lettere a) e b)» sono sostituite dalle seguenti: «lettera b)»;

   d) all'articolo 4, comma 1, le parole: «lettere a) e b)» sono sostituite dalle seguenti: «lettera b)».

Art. 2.

  1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sono stabiliti meccanismi selettivi per gli studenti iscritti a corsi universitari, consistenti nell'individuazione di quote minime di esami di profitto da superare durante il primo anno di corso, prevedendo la decadenza dall'iscrizione dello studente inadempiente, fatte salve apposite deroghe per gli studenti lavoratori, per coloro che hanno familiari a carico e per coloro che presentano un certificato medico rilasciato dall'azienda sanitaria locale competente attestante l'impossibilità di sostenere gli esami a causa del loro stato di salute.

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