FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1457

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
ANNIBALI
, BAZOLI, MORANI, VERINI, BORDO, PEZZOPANE, CIAMPI, CIRIELLI, DE FILIPPO, DE LUCA, MARCO DI MAIO, FRAGOMELI, LA MARCA, GAVINO MANCA, MELILLI, MORGONI, NOJA, PIZZETTI, SCHIRÒ, UNGARO

Modifiche all'articolo 90-ter del codice di procedura penale, in materia di comunicazione dell'evasione e della scarcerazione alla persona offesa, e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di concessione di benefìci penitenziari e di trattamento cognitivo-comportamentale del condannato, per la tutela delle vittime e la prevenzione della recidiva per gravi reati contro la persona

Presentata il 18 dicembre 2018

  Onorevoli colleghi! – La violenza basata sul genere, compresa anche la violenza domestica, come definita nella Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, resa esecutiva dalla legge 27 giugno 2013, n. 77, rappresenta una grave violazione dei diritti umani, che affonda le sue radici in una profonda e persistente disparità di potere tra uomini e donne e in un'organizzazione patriarcale della società che ancora oggi permea le pratiche e la vita quotidiana di milioni di uomini e donne in Italia.
  Come ci dimostrano i dati più recenti diffusi dall'Istituto nazionale di statistica con il «Rapporto SDGs 2018 – Informazioni statistiche per l'Agenda 2030 in Italia», la violenza contro le donne nel nostro Paese è un fenomeno ampio, diffuso e strutturale che va affrontato dando piena applicazione alla Convenzione di Istanbul e ai suoi tre assi strategici: prevenire, proteggere e sostenere, perseguire e punire.
  Sul fronte della tutela delle vittime e in funzione preventiva, è fondamentale intervenire sul trattamento degli uomini violenti anche nella fase di esecuzione della pena, le cui modalità di espiazione, secondo l'articolo 27 della Costituzione, devono avere una funzione rieducativa.
  Il trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli uomini violenti è particolarmente necessario poiché i reati che tali soggetti compiono sono caratterizzati dall'abitualità delle condotte e dalla recidiva specifica estremamente elevata. Per questi soggetti il carcere, senza programmi mirati alla riabilitazione, si rivela il più delle volte inefficace: i dati ci dicono, infatti, che, espiata la pena, gli uomini violenti tendono a commettere altri reati della stessa natura.
  Investire risorse per attivare circuiti virtuosi che, attraverso il trattamento degli autori di tali reati, mirino a contenere i tassi di recidiva e quindi i costi sociali della violenza è una necessità per tutti gli Stati, prevista anche dalle convenzioni internazionali.
  Con la presente proposta di legge, quindi, si intende apportare modifiche al codice di procedura penale e alla legge n. 354 del 1975, recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, al fine di rafforzare ulteriormente la tutela delle vittime di alcuni reati particolarmente gravi contro la persona.
  Il primo intervento proposto riguarda l'articolo 90-ter del codice di procedura penale, ove è soppressa la locuzione «che ne faccia richiesta». Si elimina così la condizione attualmente prevista per la comunicazione dei provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva nel caso di procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona. La comunicazione diventa dunque sempre necessaria, indipendentemente dall'istanza avanzata dalla parte privata, al fine di garantire al massimo la tutela della persona offesa anche mediante la sua informazione su eventi potenzialmente rilevanti per la sua sicurezza.
  Gli ulteriori interventi mirano ad arricchire il catalogo delle fattispecie di reato per le quali è previsto, ai sensi dell'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975 sull'ordinamento penitenziario, un particolare accertamento della pericolosità sociale del condannato ai fini della concessione dei benefìci penitenziari.
  Con la presente iniziativa legislativa, infatti, si propone di inserire nell'articolo 4, comma 1-quater, in aggiunta alle ipotesi di delitto già previste, anche quelle di cui agli articoli 572, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, 577, primo e secondo comma, 583, secondo comma, e 612-bis del codice penale.
  Si interviene, inoltre, sul successivo comma 1-quinquies per le ipotesi a danno di minori e, conseguentemente, sull'articolo 13-bis della stessa legge, introducendovi il riferimento alle medesime ipotesi di reato.
  Com'è noto, le disposizioni oggetto della presente proposta di legge individuano un percorso specifico di accesso ai benefìci penitenziari per gli autori di reati sessuali sul presupposto, secondo quanto è stato osservato, che la condotta deviante affondi le proprie radici in un disagio psicologico o della personalità, sicché le prospettive di eliminazione della pericolosità di tali soggetti dovrebbero realizzarsi attraverso un'idonea strategia trattamentale e, quindi, mediante un'attenta verifica della loro personalità.
  L'allargamento alle nuove ipotesi introdotte si giustifica considerando che tra queste ultime e quelle già contemplate dal citato articolo 4, comma 1-quater (e, per il solo caso del reato di maltrattamenti in famiglia, dal successivo comma 1-quinquies), può rintracciarsi senz'altro un terreno comune, anche dal punto di vista dei contesti tipici di emersione di tali devianze e delle loro cause, che giustifica la razionalità dell'aggiunta dei menzionati delitti a quelli già considerati nella norma vigente. Si tratta di una comune humus, del resto, secondo quanto si dirà, come è confermato anche dai più recenti indirizzi assunti dalla comunità internazionale. Non è un caso, ad esempio, che la Convenzione di Istanbul, all'articolo 3, lettera a), definisca la «violenza contro le donne» come «una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata» e, alla lettera b), la «violenza domestica» come «tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima», concetti condivisi anche da alcune importanti prese di posizione del legislatore italiano.
  A tale proposito, è significativa la scelta del legislatore di prevedere un regime differenziato per la decorrenza dei termini di prescrizione non solo per i reati di violenza sessuale e di pedopornografia, ma anche per il delitto di maltrattamenti di famiglia: con ogni evidenza, questo potrebbe essere un elemento che dovrebbe, ad avviso della proponente, confermare la ragionevolezza delle modifiche introdotte dalla presente proposta di legge in materia di ordinamento penitenziario.
  È chiaro che queste considerazioni valgono per i delitti di maltrattamenti in famiglia, anche tenendo conto della concreta casistica ricorrente, di atti persecutori (sebbene, in questo caso, specialmente in ragione della comminatoria edittale, la prospettiva di un'effettiva esecuzione penitenziaria per il condannato, nella maggior parte dei casi, possa apparire tendenzialmente teorica) e di lesioni personali nelle ipotesi qualificate dalle circostanze aggravanti richiamate.
  In definitiva, la presente proposta di legge mira a completare la tutela soprattutto dei «soggetti vulnerabili», cioè di quella categoria che nel tempo ha assunto una consistenza effettiva, mediante interventi che si rifanno a una logica più ampia, preordinata a riconoscere alla vittima del reato (alla «persona offesa») una posizione di crescente rilievo nel procedimento attuativo della pretesa e della conseguente potestà punitiva, anche (e forse potrebbe dirsi soprattutto) con riferimento ai delitti commessi con violenza alla persona o con violenza determinata dai cosiddetti «motivi di genere».
  Basti richiamare, ancora una volta, la Convenzione di Istanbul o taluni atti del legislatore europeo, come la direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime del reato, o la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, che individua, tra gli elementi che potrebbero essere presi in considerazione nel valutare la vulnerabilità della vittima, la minore età, il sesso, la gravidanza, lo stato di salute e la disabilità.
  D'altro canto, va ricordato anche l'articolo 90-quater del codice di procedura penale, secondo il quale «la condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa è desunta, oltre che dall'età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede», aggiungendosi che «Per la valutazione della condizione si tiene conto se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall'autore del reato».
  È chiaro infine che, visti in questa prospettiva, gli interventi proposti sull'articolo 4 della legge sull'ordinamento penitenziario non determinano un'irragionevole o indiscriminata estensione del dispositivo condizionante l'accesso ai benefìci. In proposito, si condivide il principio stabilito anche di recente dal legislatore, secondo il quale occorre puntare all'eliminazione di automatismi e di preclusioni che impediscono ovvero ritardano, sia per i recidivi sia per gli autori di determinate categorie di reati, l'individualizzazione del trattamento rieducativo e la differenziazione dei percorsi penitenziari in relazione alla tipologia dei reati commessi e alle caratteristiche personali del condannato, nonché alla revisione della disciplina di preclusione dei benefìci penitenziari per i condannati alla pena dell'ergastolo, salvo che per i casi di eccezionale gravità e pericolosità specificamente individuati e comunque per le condanne per i delitti di mafia e di terrorismo, anche internazionale.
  Infine, anche in ragione degli sviluppi maturati dalla giurisprudenza sui profili di diritto intertemporale, ove non manca una certa elasticità di criteri e talvolta non viene escluso quello secondo cui tempus regit actum, trattandosi di una materia «esecutiva», si è ritenuto di inserire una disposizione transitoria che valga a chiarire l'efficacia di tale intervento soltanto per i fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della legge.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. All'articolo 90-ter, comma 1, del codice di procedura penale, le parole: «che ne faccia richiesta» sono soppresse.

Art. 2.

  1. All'articolo 4-bis, comma 1-quater, della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) dopo le parole: «per i delitti di cui agli articoli» sono inserite le seguenti: «572, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, 577, primo e secondo comma, 583, secondo comma,»;

   b) le parole: «e 609-undecies» sono sostituite dalle seguenti: «, 609-undecies e 612-bis».

Art. 3.

  1. All'articolo 4-bis, comma 1-quinquies, della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) dopo le parole: «per i delitti di cui agli articoli» sono inserite le seguenti: «572, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, 577, primo e secondo comma, e 583, secondo comma, se commessi in danno di persona minorenne,»;

   b) le parole: «nonché agli articoli 609-bis e 609-octies del medesimo codice» sono sostituite dalle seguenti: «nonché agli articoli 609-bis, 609-octies e 612-bis del medesimo codice».

Art. 4.

  1. All'articolo 13-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) dopo le parole: «per i delitti di cui agli articoli» sono inserite le seguenti: «572, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, 577, primo e secondo comma, e 583 secondo comma, se commessi in danno di persona minorenne,»;

   b) le parole: «nonché agli articoli 609-bis e 609-octies del medesimo codice» sono sostituite dalle seguenti: «nonché agli articoli 609-bis, 609-octies e 612-bis del medesimo codice».

Art. 5.

  1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano ai fatti commessi dopo la data della sua entrata in vigore.

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