FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1511

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa della deputata BRUNO BOSSIO

Modifiche all'articolo 58 della Costituzione, in materia di elettorato attivo e passivo per l'elezione del Senato della Repubblica

Presentata il 17 gennaio 2019

  Onorevoli Colleghi! – Il referendum costituzionale svoltosi il 4 dicembre 2016 ha visto la prevalenza dei «no» alla riforma costituzionale votata dal Parlamento nella XVII legislatura, che aveva come obiettivo principale il superamento del bicameralismo paritario, e oggi nuove discussioni, sorte intorno al tema di nuove riforme costituzionali, inducono a un'attenta riflessione. Come noto l'Italia è uno dei pochissimi Paesi a conservare un sistema parlamentare bicamerale «perfetto», con due Camere, la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica, che svolgono identiche funzioni legislative. In altri Paesi, infatti, le Camere svolgono funzioni differenziate o è prevista un'organizzazione istituzionale monocamerale.
  Il Senato italiano si ispira ai modelli delle cosiddette «Camere alte» presenti nei primi sistemi istituzionali liberal-democratici nati per lo più nell'800 dalla crisi delle monarchie assolute dell’ancien regime.
  Le Costituzioni o gli Statuti «concessi» dai sovrani introducevano il principio dell'elettività della rappresentanza nazionale con l'elezione dei Parlamenti, ma mantenevano agli stessi sovrani alcune prerogative, tra le quali appunto la facoltà di nominare i membri delle Camere alte.
  Il modello a cui ci si ispirava era quello inglese della Camera dei Lord, residuo dell'antica assemblea medievale dove sedevano i rappresentanti della nobiltà e del clero.
  Anche il Regno d'Italia (come del resto altri Paesi europei del tempo) ispirava il proprio modello istituzionale a quello inglese. La Camera alta assunse pertanto il nome di Senato, come quello dell'antica Roma, volendo indicare un organo rappresentativo dei «saggi», degli «anziani» della nazione (dal latino senex, cioè vecchio o anziano, e dal suffisso -atus, che indica un ufficio o una dignità onorifica). I componenti del Senato del Regno erano infatti nominati dal Re e mantenevano la carica a vita: era evidente, dunque, che questa assemblea era stata pensata allo scopo di condizionare il potere e di limitare il peso della Camera eletta.
  Tuttavia si deve osservare che, come era avvenuto alla Camera dei Lord in Gran Bretagna, anche il Senato italiano aveva subìto un profondo e radicale ridimensionamento per il progressivo prevalere della Camera eletta nel processo legislativo, fino alla prassi divenuta poi «obbligo» per il sovrano di limitarsi a ratificare le proposte di nomina dei nuovi senatori da parte del Governo, che spesso si limitava a indicare come senatori i deputati di più lunga esperienza parlamentare.
  Appaiono pertanto assai comprensibili le forti resistenze emerse nell'Assemblea costituente (si ricordi il dibattito nella Commissione dei 75) circa l'effettiva necessità di mantenere il Senato o, comunque, un bicameralismo paritario dopo la caduta del fascismo e della monarchia in Italia.
  La soluzione trovata, frutto anche del cambiamento del clima politico internazionale coincidente con l'inizio della cosiddetta «guerra fredda», fu il frutto di un compromesso: il Senato divenne una Camera eletta a suffragio universale diretto ma che si differenziava dalla Camera dei deputati per alcuni importanti elementi, tra i quali la diversa disciplina dell'elettorato attivo fissato al compimento dei 25 anni di età (alla Camera è prevista la maggiore età), e dell'elettorato passivo (possono essere eletti senatori i cittadini che hanno compiuto il quarantesimo anno di età (mentre per la Camera sono sufficienti 25 anni).
  Questo aspetto, insieme ad altri, era stato introdotto perché il Senato veniva comunque concepito, pur nella novità dell'elezione diretta a suffragio universale, come una «Camera di compensazione» e di attenuazione dei possibili «effetti distorsivi» derivanti proprio dal suffragio universale.
  Si credeva che una Camera eletta da una base elettorale più anziana e composta da rappresentati più anziani avrebbe costituito un ulteriore elemento di equilibrio in un sistema istituzionale nel quale la «paura del tiranno e delle dittature» era ancora fortemente presente. L'evoluzione culturale e sociale italiana ha reso da tempo obsoleta questa norma e del resto molti Padri costituenti ne avevano già denunciato gli elementi contraddittori anche rispetto allo stesso articolo 48 della Costituzione che, con molta chiarezza, al primo comma dichiara che: «Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età» e nei commi successivi afferma che: «Il voto è personale ed eguale, libero e segreto» e che tale diritto-dovere civico non può trovare alcuna limitazione «se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge». D'altro canto gli stessi Costituenti, legando il voto al compimento della maggiore età e non fissando la definizione di questa in Costituzione ma affidandola alla libera determinazione del legislatore con legge ordinaria, volevano appunto implicitamente affermare il carattere «evolutivo» della definizione di maggiore età intesa come «capacità di agire». Infatti il legislatore è intervenuto abbassando da 21 a 18 anni la maggiore età con la legge 8 marzo 1975, n. 39, ed è noto come maggiore età e acquisizione di diritto di voto varino da Paese in Paese.
  Appare dunque urgente modificare la disciplina dell'elettorato attivo e passivo per il Senato, anche per rispondere a un'indicazione politica che l'elettorato italiano ha inteso fornire in maniera abbastanza netta al legislatore proprio con il voto nel referendum del 4 dicembre 2016.
  Si è infatti voluto mantenere un sistema bicamerale paritario, con due Camere elette a suffragio universale diretto.
  Sarebbe davvero incomprensibile, pertanto, mantenere differenze per l'elezione della Camera dei deputati e di tutti gli altri livelli istituzionali del Paese (comuni e regioni) tali da determinare, nei fatti, un'evidente contraddizione con l'altro principio costituzionalmente garantito, quello dell'eguaglianza del voto.
  La presente proposta di legge costituzionale si pone questi obiettivi intervenendo con opportune modifiche sull'articolo 58 della Costituzione.

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

  1. All'articolo 58 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al primo comma, le parole: «che hanno superato il venticinquesimo anno di età» sono sostituite dalle seguenti: «che hanno compiuto la maggiore età»;

   b) al secondo comma, le parole: «il quarantesimo anno» sono sostituite dalle seguenti: «che nel giorno delle elezioni hanno compiuto venticinque anni di età».

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