FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1569

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato MAGI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui naufragi di imbarcazioni di migranti nel Mar Mediterraneo e sull'attuazione degli accordi di cooperazione tra la Repubblica italiana e la Libia

Presentata il 5 febbraio 2019

  Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge raccoglie l'appello lanciato da Luigi Manconi insieme con i Radicali italiani e con l'Associazione Buon Diritto nel corso di una manifestazione molto partecipata tenutasi in piazza Montecitorio lo scorso 28 gennaio a seguito dell'ennesimo naufragio avvenuto al largo della Libia il precedente 18 gennaio, in cui avevano perso la vita 117 persone. Nei giorni successivi al naufragio del 18 gennaio, la nave Sea Watch salvava altre 47 persone – le quali hanno atteso tredici giorni per poter sbarcare – mentre altri 100 naufraghi sono stati raccolti da una nave mercantile battente bandiera della Sierra Leone e avviati verso il porto di Misurata, per essere poi trasferiti nei centri di detenzione gestiti dai militari libici o forse in quelli illegali gestiti dalle milizie irregolari operanti in quel territorio. Si tratta di centri dove si praticano quotidianamente abusi, violenze, stupri, torture: l'ultimo rapporto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite sulla Libia, pubblicato nel mese di dicembre 2018, denuncia gli «inimmaginabili orrori» subiti da migranti e rifugiati nei centri di detenzione in Libia, governativi e no, e «la complicità di taluni agenti pubblici nel traffico illecito o nella tratta di migranti e di rifugiati».
  Le storie dei sopravvissuti portano in superficie quel che una semplice cronaca di quanto avviene nel Mar Mediterraneo non riesce più a far percepire: in base ai dati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), i morti e dispersi nel Mediterraneo centrale sono stati 2.278 nel 2018, a fronte di un numero di arrivi in forte diminuzione (23.370 persone sbarcate in Italia secondo il Ministero dell'interno, rispetto alle 119.369 nel 2017). A settembre 2018 – sostiene l'UNHCR – una persona ogni otto che hanno effettuato la traversata dalla Libia ha perso la vita, soprattutto a causa della ridotta capacità di ricerca e soccorso.
  A partire dalla seconda metà del 2017 sono stati sempre più numerosi gli interventi della Guardia costiera libica al di fuori delle acque territoriali di sua competenza – a volte coordinati da Roma – e sempre più frequenti le situazioni critiche per gli operatori umanitari impegnati nei soccorsi in mare. Quello che è successo il 6 novembre è documentato dal lavoro svolto, tramite le immagini disponibili e le testimonianze di operatori e sopravvissuti, dai ricercatori Charles Heller e Lorenzo Pezzani della Forensic Oceanography (università Goldsmith di Londra) nell'ambito del progetto di ricerca Mare clausum: immagini che mostrano il salvataggio di decine di persone da parte dell'organizzazione non governativa Sea Watch e il tentativo di ostacolare le operazioni da parte dalla Guardia costiera libica, il tutto coordinato a distanza dal Centro di coordinamento del soccorso marittimo (MRCC) di Roma: solo 59 naufraghi sono riusciti quel giorno a salire a bordo della nave dell'organizzazione non governativa e a raggiungere Pozzallo, mentre altri 47 sono stati recuperati dai libici e riportati nei centri di detenzione. Almeno venti persone hanno perso la vita prima che intervenisse la Sea Watch. Oltre alla violenza dei libici sui migranti recuperati e allo strazio per le persone che annegano, un aspetto appare evidente dai video: l'equipaggio della motovedetta che pretende di avere il controllo delle operazioni – una delle quattro consegnate dal ministro dell'interno Minniti a Tripoli nell'aprile 2017 – appare del tutto incapace di intervenire per portare in salvo le persone. Desta ancora più sgomento la scena della motovedetta libica che riparte con foga, noncurante dell'uomo in mare appeso alle scalette e nonostante che la Sea Watch e un elicottero militare italiano invitassero il mezzo ad arrestarsi. Di quell'equipaggio facevano parte alcune delle persone addestrate dai militari italiani ed europei, come riportato in un rapporto della missione EUNAVFORMED, nell'ambito della collaborazione delle forze militari italiane ed europee con la Guardia costiera libica nella strategia di controllo dei flussi di migranti dalla Libia.
  Diciassette dei migranti sopravvissuti quel giorno hanno portato le loro testimonianze davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo, accusando l'Italia di essere di fatto responsabile – attraverso la collaborazione tecnico-operativa con i libici – di quanto è accaduto in mare e successivamente nei centri di detenzione e di avere sostanzialmente violato la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, in particolare gli articoli 3 e 4; infatti i ricorrenti sono stati riportati in Libia benché fosse noto che corressero il rischio di subirvi torture, trattamenti inumani e di finire in schiavitù, contro il principio di non respingimento. Per gli stessi motivi l'Italia è stata già condannata nel 2012 per il caso Hirsi.
  Il riconoscimento della zona libica di ricerca e soccorso (SAR), il 28 giugno 2018, da parte dell'Organizzazione marittima internazionale ha poi legittimato il crescente interventismo della Guardia costiera libica: secondo quanto riferito dal Governo italiano rispondendo a interrogazioni a risposta immediata presso la Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati il 23 gennaio 2019, infatti, nel corso del 2018 la Guardia costiera libica ha recuperato nell'area SAR di propria competenza 12.780 migranti, a cui si aggiungono 788 migranti recuperati da parte di motopescherecci e altre imbarcazioni; tra il 19 e il 21 gennaio 2019 scorso le autorità libiche sono intervenute in sei operazioni di soccorso in mare, soccorrendo un numero complessivo di 476 migranti. Nel 2017 le persone tratte in salvo dalla stessa Guardia costiera erano state 5.773 e 345 quelle recuperate da altre imbarcazioni.
  Questo è accaduto nonostante che l'8 giugno 2018 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite abbia imposto sanzioni individuali a sei persone che gestiscono reti legate al traffico di esseri umani in Libia, tra i quali Abd al Rahman al Milad, capo dell'unità della Guardia costiera libica di Zawiyah, e nonostante che lo stesso Ministro degli affari esteri Enzo Moavero – come già aveva fatto il tribunale del riesame di Ragusa sul caso della nave dell'organizzazione non governativa spagnola Proactiva Open Arms – abbia dichiarato che «in senso stretto e giuridico la Libia non può essere considerata porto sicuro», poiché tale nozione «è legata a convenzioni internazionali, che attualmente non sono state tutte sottoscritte dalla Libia».
  Del resto, il riconoscimento della Guardia costiera libica come interlocutore del Governo Italiano iniziò già nella scorsa legislatura con il memorandum firmato dal Governo italiano con il capo del Governo libico Fayez al-Serraji nel febbraio 2017, che segna il formale avvio di una strategia di contrasto dell'immigrazione clandestina consistente nell'assistenza alla Guardia costiera libica per fermare le partenze dei migranti o riportarli nei centri di detenzione, nonostante gli evidenti limiti di essa, sia quanto alla tutela dei migranti sia quanto alla capacità d'intervento nelle operazioni di salvataggio e coordinamento dell'area SAR. È opportuno ricordare infatti che il Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana – firmato a Roma il 2 febbraio 2017, in forma semplificata e quindi senza il coinvolgimento del Parlamento – prevede, all'articolo 2, l’«adeguamento e finanziamento dei centri di accoglienza già attivi nel rispetto delle norme pertinenti, usufruendo di finanziamenti disponibili da parte italiana». Tali finanziamenti provengono in primo luogo dal Fondo per l'Africa, destinato – ai sensi del decreto del 1° febbraio 2017, che ne definiva le linee di indirizzo dopo l'istituzione disposta dall'articolo 1, comma 621, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) – «al contrasto all'immigrazione irregolare e al traffico di esseri umani».
  In questo contesto si inserisce la presenza di navi della Marina militare italiana (prima la nave Tremiti, poi, dal dicembre 2017 e dal 30 marzo 2018, la Capri) nel porto di Tripoli; l'attività, inizialmente inquadrata nell'operazione «Mare sicuro», è stata avviata dall'agosto del 2017, in seguito alla richiesta di supporto avanzata al Governo italiano dal Governo di accordo nazionale libico.
  È sempre in questa strategia che si inserisce il decreto-legge 10 luglio 2018, n. 84, recante disposizioni urgenti per la cessione di unità navali italiane a supporto della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 98. Da ultimo, il 21 dicembre 2018, il Ministero dell'interno – Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere ha deliberato di affidare la fornitura di venti battelli pneumatici di tipo oceanico da destinare ai libici nell'ambito del progetto denominato «Support to Integrated Border and Migration Management in Libya – First Phase», cofinanziato dall'Unione europea nel quadro del «Trust Fund for Africa».
  A fronte del crescente numero di vittime e delle prove degli orrori consumati nei centri di detenzione in Libia, fornite dalle organizzazioni internazionali, è necessario che il Parlamento recuperi il proprio ruolo di controllo nei confronti del Governo, verificando la destinazione delle risorse provenienti dal bilancio statale e il loro utilizzo nell'osservanza della legge italiana e delle Convenzioni internazionali in materia di rispetto dei diritti umani, e faccia luce sulle modalità di coinvolgimento del nostro Paese nelle operazioni di contenimento dei flussi migratori affidate ai libici.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione e compiti della Commissione)

  1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sui naufragi di imbarcazioni di migranti nel Mar Mediterraneo e sull'attuazione degli accordi di cooperazione tra la Repubblica italiana e la Libia, di seguito denominata «Commissione».
  2. La Commissione ha i seguenti compiti:

   a) accertare le cause dei naufragi di imbarcazioni di migranti avvenuti nel Mar Mediterraneo dall'anno 2017, acquisendo documenti, registrazioni di comunicazioni radiofoniche, tracciati radar e riprese video relativi a tali eventi;

   b) raccogliere dati ed elementi relativi all'utilizzazione, da parte delle autorità della Libia, delle unità navali cedute ai sensi del decreto-legge 10 luglio 2018, n. 84, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 98, e di quelle che saranno cedute a seguito dell'aggiudicazione dell'appalto indetto con bando di gara del Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 5a serie speciale – Contratti pubblici n. 3 del 7 gennaio 2019;

   c) esaminare la partecipazione del personale italiano ad attività di addestramento e di supporto logistico della Guardia costiera libica per le funzioni di coordinamento e per gli interventi di soccorso e recupero dei migranti e di riconduzione nel territorio della Libia, ai sensi del Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana, firmato a Roma il 2 febbraio 2017;

   d) raccogliere dati sul numero delle persone soccorse o intercettate in mare dalla Guardia costiera libica e riportate nel territorio della Libia dall'anno 2017, al fine di stabilirne, ove possibile, gli elenchi nominativi, e verificare se esse siano state trasferite in centri di accoglienza temporanei, in attesa del rimpatrio o del rientro volontario nei Paesi di origine, e quale sia la loro effettiva condizione;

   e) raccogliere informazioni sullo stato dei centri di accoglienza temporanei gestiti dalle autorità libiche e in particolare dal Dipartimento per il contrasto dell'immigrazione irregolare, sul loro numero e collocazione, sul numero delle persone che vi sono raccolte, distintamente per nazionalità e sesso e con riferimento al numero dei minori presenti, verificando quante tra queste persone siano state riconosciute bisognose di protezione da parte delle organizzazioni internazionali e se in tali centri sia autorizzato l'ingresso degli operatori delle organizzazioni internazionali.

  3. La Commissione conclude i propri lavori entro due anni dalla data della sua costituzione.
  4. La Commissione riferisce alle Camere circa i risultati della propria attività ogniqualvolta lo ritenga opportuno e, comunque, alla fine dei propri lavori.

Art. 2.
(Composizione della Commissione)

  1. La Commissione è composta da venti senatori e venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. Il gruppo misto del Senato della Repubblica e il gruppo misto della Camera dei deputati sono rappresentati distintamente nella Commissione. I componenti della Commissione sono scelti tenendo conto anche della specificità dei compiti a questa assegnati.
  2. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati convocano la Commissione, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, per la costituzione dell'ufficio di presidenza.
  3. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto dai componenti della Commissione a scrutinio segreto. Per l'elezione del presidente è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Commissione; se nessuno riporta tale maggioranza si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
  4. Per l'elezione a scrutinio segreto, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 3.

Art. 3.
(Poteri e limiti della Commissione)

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
  2. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  3. La Commissione può ottenere, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto. Sulle richieste ad essa rivolte l'autorità giudiziaria provvede ai sensi dell'articolo 117, comma 2, del codice di procedura penale. L'autorità giudiziaria può trasmettere le copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.
  4. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 3 siano coperti dal segreto.
  5. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti, con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. Il decreto non può essere rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari.
  6. Quando gli atti o i documenti siano stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, tale segreto non può essere opposto alla Commissione di cui alla presente legge.
  7. La Commissione può ottenere, da parte degli organi e degli uffici delle pubbliche amministrazioni, copie di atti e documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle finalità della presente legge.
  8. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

Art. 4.
(Audizioni a testimonianza)

  1. Ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.
  2. Per i segreti professionale e bancario si applicano le norme vigenti. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124. In nessun caso, per i fatti rientranti nei compiti della Commissione, può essere opposto il segreto d'ufficio.
  3. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  4. Si applica l'articolo 203 del codice di procedura penale.

Art. 5.
(Segreto)

  1. I componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 4 e 8.
  2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.
  3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.

Art. 6.
(Organizzazione interna)

  1. L'attività e il funzionamento della Commissione e dei comitati istituiti ai sensi del comma 2 sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Ciascun componente può proporre la modifica delle disposizioni regolamentari.
  2. La Commissione può organizzare i suoi lavori attraverso uno o più comitati, costituiti secondo la disciplina del regolamento di cui al comma 1.
  3. Le sedute della Commissione sono pubbliche. Tutte le volte che lo ritenga opportuno, la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
  4. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, di collaboratori interni ed esterni all'amministrazione dello Stato, autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti, nonché di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie da parte di soggetti pubblici, ivi compresi le università e gli enti di ricerca, ovvero privati. Con il regolamento interno di cui al comma 1 è stabilito il numero massimo di collaboratori di cui può avvalersi la Commissione.
  5. Per l'adempimento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.
  6. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 150.000 euro per ciascun anno e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, con determinazione adottata d'intesa tra loro, possono autorizzare annualmente un incremento delle spese di cui al precedente periodo, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.
  7. La Commissione cura l'archiviazione e l'informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso della propria attività.

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