FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1821

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato TONDO

Introduzione dell'articolo 610-bis del codice penale, concernente il delitto di riduzione in stato di subalternità

Presentata il 2 maggio 2019

  Onorevoli Colleghi! – Sappiamo bene che la violenza si può manifestare attraverso molteplici fattispecie: fisica, verbale, morale, psicologica. Quest'ultima, in particolare, è molto insidiosa, perché avviene in maniera subdola, ingannevole, a volte addirittura all'insaputa della stessa vittima, la quale si accorge di essere stata oggetto di soprusi altrui solamente dopo molto tempo.
  La subalternità è un processo lento, che passa attraverso l'isolamento e la messa in dubbio delle capacità della vittima; arriva dopo la seduzione, la persuasione, la manipolazione e, a volte, la coercizione; spesso sfocia in abuso fisico o psichico. Quando una persona, la vittima, percepisce di non avere più il potere di modificare l'ambiente circostante, entra in una combinazione chiamata di «impotenza oppressa»: si tratta di uno stato di completa passività e di incapacità di trovare soluzioni e che impedisce di sottrarsi alla violenza, anche chiedendo semplicemente aiuto.
  La subalternità è un processo che si manifesta, ad esempio, in tutti i casi di femminicidio, reato che solo da pochi anni è stato introdotto nel nostro ordinamento. Si tratta di un rapporto di prevalenza del soggetto attivo su quello passivo, tale da comportare il totale assorbimento del secondo nella sfera d'influenza del primo in conseguenza di specifiche e reiterate attività di quest'ultimo, e la separazione del soggetto passivo dal contesto sociale in cui ha vissuto o, comunque, da qualsiasi contesto sociale da lui autonomamente scelto.
  Il totale stato di soggezione, comunque attuato, comunque subìto o cercato dal soggetto passivo, comunque strutturato all'interno (nei rapporti tra agente e soggetto passivo), si risolve pur sempre ed univocamente in una preclusione e in un impedimento alla prosecuzione o all'instaurazione di rapporti autonomi tra il soggetto passivo ed i terzi.
  Si tratta, quindi, di garantire che il rapporto tra soggetto attivo e il soggetto passivo non diventi talmente assorbente ed esclusivo da impedire che il soggetto passivo possa verificarlo criticamente (o avere quanto meno la possibilità di verificarlo criticamente) alla luce di altri rapporti.
  Interessa, invece, la circostanza che, in uno con l'instaurazione di tali rapporti, si impedisce alla vittima la possibilità di avere altri rapporti concomitanti ed antagonisti con i primi. Proprio la possibilità di esercitare il diritto costituzionalmente garantito dall'articolo 21 della Costituzione postula, a favore del soggetto passivo, anche e soprattutto il diritto ad informarsi ed a formare il proprio pensiero attingendo a diverse fonti, anziché dover attingere esclusivamente e coattivamente ad una unica fonte.
  Per la prima volta nel 1961 la Corte di cassazione, in una sentenza con la quale accoglieva un ricorso per mancanza di motivazione sull'affermazione della responsabilità dell'imputato, dichiarava esplicitamente la natura psichica del reato di plagio e dei suoi elementi costitutivi. Il plagio, affermava il Supremo Collegio, «consiste appunto nella instaurazione di un rapporto psichico di assoluta soggezione del soggetto passivo al soggetto attivo, in modo che il primo viene sottoposto al potere del secondo con completa o quasi integrale soppressione della libertà del proprio determinismo». E, lamentando che i giudici di merito avessero trascurato «di compiere un'indagine a fondo sulla relazione psichica tra i due soggetti, onde rilevarne in concreto la sussistenza o meno dell'elemento materiale del reato», aggiungeva che, al contrario del reato di sequestro di persona, «le condizioni materiali di vita del soggetto passivo non hanno altro valore che quello di un mero riscontro indiziario: ciò che più conta, invece, sono le sue condizioni psichiche».
  La dottrina è concorde nell'affermare che nella subalternità «non è richiesta una padronanza fisica sulla persona, ma un dominio psichico, al quale può eventualmente accompagnarsi, ma non necessariamente, una signoria in senso materiale e corporale; per effetto di questo dominio psichico dell'agente, lo status libertatis della vittima, inteso come stato di diritto, rimane inalterato, ma è la sua libertà individuale quale entità concreta di fatto che viene soppressa».
  Si precisa, inoltre, che «sul piano giuridico, tale delitto si concretizza nella cosciente e volontaria instaurazione, con qualunque mezzo attuata, di un assoluto dominio psichico, ed eventualmente fisico, su di una persona, nella negazione della sua personalità per effetto della soppressione della libertà nelle essenziali sue manifestazioni; la libertà nella sua stessa originaria essenza, nei fattori dinamici, nel potere di influsso, nella facoltà di critica e di scelta, di ricerca e di decisione, di coscienza e di volontà. Tali facoltà, che ineriscono all'attività psichica, possono venire lese non solo mediante mezzi fisici che determinino conseguenze organiche, ma anche mediante mezzi psichici che inducano situazioni particolari ed eccezionali, analoghe in certo modo alle neurosi e dipendenti da meccanismi meramente psichici, provocati da un'azione psichica esterna. L'azione delittuosa si realizza anche quando l'agente aggredisce la sfera psichica di altra persona in modo da annullare la di lei personalità, sostituendovi la propria, sottraendole ideali, propositi, e imponendole i propri, disgregando ogni consapevolezza della propria individualità, facendone un cieco seguace del proprio volere, delle proprie idee, un automa privo di ogni facoltà di critica, soggiogato dalla più forte volontà di chi lo guida in un mondo non suo, le cui idee sono accettate come l'unica possibilità di espandere la propria personalità».
  Formalmente appare come un reato a condotta libera, che dovrebbe essere diverso dalla riduzione in schiavitù o in condizione analoga. Secondo quanto in precedenza esposto, questo potrebbe essere attuato con mezzi psichici. L'effetto dell'attività psichica potrebbe essere non già quello di ridurre un individuo in stato di incapacità d'intendere o di volere (previsto espressamente nell'articolo 613 del codice penale), bensì quello di ridurre la vittima da persona capace a persona in totale stato di soggezione.
  Se oggi si manifesta l'esigenza di proteggere la personalità in senso lato, la sua integrità psichica oltre che fisica, che si traduce nell'aspirazione alla libertà da ingerenze «ossessive» nel momento di formazione e sviluppo della personalità, non si può non tenere in considerazione il fatto che questa singolarità dell'io non è un paradigma astratto: siamo unici, irripetibili – è vero –, ma siamo anche il frutto di una serie incalcolabile di condizionamenti: biopsichici, ereditari o acquisiti, socio-economici, religiosi eccetera.
  Poiché tutti i comuni rapporti interpersonali contribuiscono a formare quell'io che sentiamo come solo nostro, ma che non dipende solo da noi, per proteggere quest'io inviolabile è necessario introdurre nell'ordinamento il reato di riduzione in stato di subalternità, così come previsto dalla presente proposta di legge.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. Dopo l'articolo 610 del codice penale è inserito il seguente:

   «Art. 610-bis. – (Riduzione in stato di subalternità) – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con inganno, violenza o minaccia o abusando dello stato di infermità o di deficienza psichica della vittima, riduce o mantiene taluno in uno stato di soggezione continuativa, tale da escluderne o limitarne grandemente la capacità di autodeterminazione, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
   Agli effetti del primo comma, lo stato di soggezione continuativa è tale da escludere o limitare grandemente la capacità di autodeterminazione di taluno quando costui è indotto ad assumere comportamenti contrari all'ordine o alla morale della famiglia, anche di fatto, o dell'unione civile, che incidano in modo significativo sull'assistenza materiale, morale e affettiva dei familiari o che siano lesivi della propria integrità fisica, psichica o patrimoniale. Si ha lesione dell'integrità fisica o psichica quando è cagionata una grave o gravissima malattia nel corpo o nella mente, ai sensi degli articoli 583 e 583-bis. Si ha lesione dell'integrità patrimoniale quando è cagionato alla persona un danno economico, tenuto conto della sua condizione e capacità economica.
   Agli effetti del primo comma, può costituire minaccia anche la prospettazione di un male di tipo spirituale o religioso, che può verificarsi anche dopo la morte, quantunque indipendente dalla volontà del colpevole.
   La pena è aumentata se il fatto è commesso ai danni di un minore di anni diciotto, quando il colpevole è l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore ovvero altra persona a cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia.
   Se dal fatto deriva una lesione personale grave, la pena è aumentata di un terzo; se ne deriva una lesione personale gravissima, la pena è aumentata della metà.
   Le pene di cui al presente articolo, aumentate di un terzo, si applicano anche a chiunque promuova, organizzi o finanzi associazioni o gruppi di persone che istigano, nel perseguimento di fini spirituali o religiosi, a commettere delitti di riduzione in stato di subalternità».

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