FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 22

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata BRAMBILLA

Modifiche all'articolo 609-bis del codice penale, concernenti il delitto di violenza sessuale in danno di persone disabili o in condizioni di inferiorità fisica, psichica o sensoriale, e alla legge 29 luglio 1975, n. 405, in materia di prestazioni dei consultori familiari nei riguardi delle donne disabili

Presentata il 23 marzo 2018

  Onorevoli Colleghi! — La Convenzione sui diritti delle persone con disabilità approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata dall'Italia ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, ha individuato nuovi percorsi per il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità, stabilendo valori e obiettivi per ampliare il grado di inclusione sociale di tali persone.
  L'Italia è annoverata tra i Paesi più avanzati nel campo dell'affermazione dei diritti delle persone con disabilità. Il nostro ordinamento, infatti, già con la legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate 5 febbraio 1992, n. 104, ha inteso garantire il pieno rispetto della dignità e i diritti di libertà e di autonomia della persona con disabilità.
  Tuttavia le dinamiche sociali, culturali, scientifiche ed economiche impongono che un sistema normativo, per quanto complesso e avanzato, metta in atto, con tempestività, processi di aggiornamento e di revisione degli strumenti di cui dispone, per accrescere, a tutti i livelli, l'inclusione sociale e la diretta partecipazione delle persone con disabilità, anche perché le norme da sole non bastano: troppo spesso, infatti, restano lettera morta. Servono politiche e impegno perché la cultura dei diritti deve essere riconquistata ogni giorno.
  In quest'ottica, nel quadro normativo tracciato dalla Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e dalla legge n. 104 del 1992 è necessario porre l'accento sulle politiche di genere, dedicando particolare attenzione alle problematiche concrete nelle quali si imbattono le donne disabili e prospettare soluzioni che puntino a una loro effettiva inclusione.
  In particolare, emerge la necessità di sostenere gli interventi sanitari rivolti alle donne con disabilità fisiche o psichiche rispetto ai quali, purtroppo, si registra una scarsa accessibilità ai servizi che costituisce un deterrente alla prevenzione e alla cura. Ad esempio, per molte donne disabili risulta spesso difficoltoso sottoporsi a esami ginecologici di screening quali il pap test o la mammografia, poiché la strumentazione è difficilmente accessibile, soprattutto per chi ha problemi di mobilità e di equilibrio.
  Proprio per agire su tale fronte e per contribuire ad abbattere le barriere architettoniche e culturali che di fatto impediscono che il diritto alla salute di queste donne sia effettivamente garantito, sembra quanto mai opportuna e urgente l'istituzione di ambulatori ad hoc che si occupino delle problematiche specifiche relative alle donne disabili, nei quali operi personale medico e paramedico adeguatamente formato e specializzato.
  A tale fine la proposta di legge in oggetto, all'articolo 1, dispone di inserire all'interno della legge istitutiva dei consultori familiari un nuovo e specifico scopo del servizio di assistenza alla famiglia e alla maternità: fornire assistenza socio-sanitaria rivolta, in particolare, alla salute e alle problematiche della sessualità, della procreazione responsabile e della contraccezione delle donne con disabilità psico-fisica.
  Preso atto della carenza sul territorio nazionale, fatte salve rarissime realtà, di strutture specifiche dedicate e della necessità di sostenere alcuni interventi sanitari rivolti alle donne disabili, è individuato il consultorio – che già si propone come punto di riferimento per la persona offrendo percorsi assistenziali socio-sanitari appropriati – quale luogo opportuno per integrare e potenziare le attività del servizio sanitario in un'ottica specialistica e orientata alla prevenzione e alla cura delle situazioni di disagio vissute dalle donne disabili.
  Nel rispetto del riparto delle competenze che vedrà poi coinvolti gli enti territoriali nell'organizzazione e nella gestione del servizio, in tali strutture dovranno essere previsti, ad esempio, servizi ambulatoriali ostetrico-ginecologici al fine di riservare uno spazio specifico alle donne con disabilità motorie o psichiche e servizi di consulenza psicologica dedicata.
  L'articolo 2 della proposta di legge introduce poi un'ulteriore previsione in base alla quale il Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, dovrà farsi carico di dettare le regole di principio in ordine ai criteri da osservare nell'erogazione dei servizi dei consultori familiari e alle misure da adottare per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili allo scopo di assicurare concretamente la completa parità delle prestazioni socio-sanitarie erogate agli utenti. Anche tale previsione si rende necessaria in ragione del fatto che, come già sottolineato, benché il diritto alla salute sia costituzionalmente garantito, è troppo spesso sostanzialmente negato alle donne con disabilità fisiche o psichiche per le quali non è predisposto un servizio socio-assistenziale effettivamente conformato alle loro peculiari esigenze.
  Ciò comporta che in molti casi le donne disabili scelgano di non avvalersi degli strumenti di prevenzione e non accedano alle cure mediche che il servizio sanitario dovrebbe adeguatamente fornire. Al fine di superare tali ostacoli di ordine culturale, oltre che organizzativo, particolare attenzione dovrà essere dedicata all'aspetto informativo-educativo per far in modo che le donne che si trovano in condizioni di inferiorità fisica o psichica possano non solo ricevere adeguate cure, ma anche non trascurare i propri bisogni ed essere in grado di determinarsi consapevolmente rispetto alle scelte e alle problematiche legate alla sessualità. Pertanto la proposta di legge prevede che il Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, detti regole di principio per assicurare la più ampia pubblicità dei servizi erogati dai consultori familiari, promuovendo, in particolare, campagne informative per la divulgazione del servizio di assistenza socio-sanitaria per la salute e per le problematiche della sessualità, della procreazione responsabile e della contraccezione rivolto alle donne disabili.
  Lo stesso Ministero dovrà inoltre prevedere criteri da adottare perché sia attuata una verifica periodica della qualità e dell'efficacia delle prestazioni e dell'adeguatezza delle misure attuate per assicurare il principio della parità di trattamento, allo scopo acquisendo anche la valutazione delle pazienti attraverso la presentazione di reclami, istanze e segnalazioni in ordine al rispetto dei livelli qualitativi da parte degli operatori medici, sanitari e socio-sanitari.
  Infine, l'articolo 3 della presente proposta di legge interviene sull'articolo 609-bis del codice penale, in materia di violenza sessuale. La modifica introdotta all'articolo 609-bis, secondo comma, si rende necessaria al fine di dare attuazione alla disposizione dell'articolo 36 della citata legge n. 104 del 1992 in materia di aggravamento delle sanzioni penali.
  L'articolo 36, comma 1, prevede che: «Quando i reati di cui all'articolo 527 del codice penale, i delitti non colposi di cui ai titoli XII e XIII del libro II del codice penale, nonché i reati di cui alla legge 20 febbraio 1958, n. 75, sono commessi in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale, la pena è aumentata da un terzo alla metà».
  Nel caso dell'articolo 609-bis, secondo comma, numero 1), però, l'elemento costitutivo del reato coincide con l'aggravante prevista dal citato articolo 36: «Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; (...)».
  Da qui la pronuncia della Corte di cassazione penale circa l'impossibilità di applicare la circostanza aggravante prevista dall'articolo 36.
  In particolare la Corte di cassazione penale (sentenza n. 19172 dell'8 maggio 2015) ha rilevato come: «Nel delitto di cui all'articolo 609-bis c.p., comma 2, n. 1, lo stato di inferiorità fisica o psichica della persona offesa, determinato da malattia, integra un elemento costitutivo del reato e pertanto in tal caso non è configurabile l'aggravante ad effetto speciale di cui alla legge n. 104 del 1992, articolo 36, comma 1 (che prevede un aumento di pena da un terzo alla metà per i reati ivi richiamati, se commessi in danno di persone affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali). In caso diverso, infatti, si finirebbe per considerare lo stato di minorazione fisica o psichica contemporaneamente come elemento costitutivo del reato e come circostanza aggravante (ad effetto speciale) dello stesso, in palese violazione del principio generale dettato dall'articolo 61 c.p., comma 1 in tema di aggravanti comuni (ma estendibile anche alle aggravanti speciali)».
  Nella presente proposta di legge, l'articolo 609-bis, secondo comma, del codice penale è modificato nel senso di introdurre la stessa previsione di pena dell'articolo 36 della legge n. 104 del 1992, ovvero l'aumento della pena base del reato da un terzo alla metà se i delitti sono commessi in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale o nel caso in cui qualcuno induca taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica, psichica o sensoriale della persona offesa al momento del fatto.
  L'articolo 609-bis, introdotto dal legislatore nel 1996, ha comportato un deciso cambio di prospettiva, passando dalla negazione di fatto del diritto alla sessualità del portatore di minorazione, a un diritto alla sessualità finalmente riconosciuto.
  La nuova norma garantisce a coloro che si trovano in condizioni di minorazione fisica o psichica il diritto di avere una vita sessuale, tutelandone la libertà e liberandoli dall'intangibilità. Tecnicamente ciò è stato possibile introducendo nella stessa norma i due nuovi elementi connotanti l'attività del reo: l'abuso e l'induzione.
  Con la modifica introdotta dalla presente proposta di legge si interviene sull'articolo 609-bis con la previsione dell'aggravio di pena che discende dalla tipicità del soggetto offeso meritevole di particolare tutela anche per i fatti di cui al primo comma e per quanto riguarda il secondo comma, numero 1), si supererebbe la difficoltà applicativa dell'aggravante di cui all'articolo 36 della legge n. 104 del 1992 rilevata dalla Corte di cassazione.
  Ciò permetterà al giudice, valutate le circostanze del fatto concreto, nei casi di violenza sessuale su un disabile, di applicare una pena che andrà da sei anni e otto mesi (aumento di un terzo del minimo edittale del reato base che è pari a cinque anni) fino a quindici anni di reclusione (aumento della metà del massimo edittale del reato base pari a dieci anni).

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. Al primo comma dell'articolo 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

   «d-quater) l'assistenza socio-sanitaria per la salute e per le problematiche della sessualità, della procreazione responsabile e della contraccezione delle donne disabili».

Art. 2.

  1. All'articolo 2 della legge 29 luglio 1975, n. 405, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

  «Il Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, detta regole di principio in ordine ai criteri da osservare nell'erogazione dei servizi dei consultori familiari e alle misure da adottare per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili allo scopo di assicurare la completa parità delle prestazioni socio-sanitarie erogate agli utenti. Detta, altresì, regole di principio in ordine ai criteri da adottare nella verifica periodica della qualità e dell'efficacia delle prestazioni e dell'adeguatezza delle misure adottate per assicurare il principio della parità di trattamento, allo scopo acquisendo anche la valutazione degli utenti attraverso la presentazione di reclami, istanze e segnalazioni in ordine al rispetto dei livelli qualitativi da parte dei soggetti esercenti il servizio. Il Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, detta inoltre regole di principio per assicurare la più ampia pubblicità dei servizi erogati dai consultori familiari e promuove campagne informative per la divulgazione del servizio di assistenza socio-sanitaria per la salute e per le problematiche della sessualità, della procreazione responsabile e della contraccezione rivolto alle donne disabili».

Art. 3.

  1. Il secondo comma dell'articolo 609-bis del codice penale è sostituito dai seguenti:

  «Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
  La pena è aumentata da un terzo alla metà se i delitti di cui al presente articolo sono commessi in danno di una persona affetta da minorazione fisica, psichica o sensoriale o nel caso in cui il reo abbia indotto la persona offesa a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica, psichica o sensoriale di questa al momento del fatto».

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