FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                Capo I
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                Capo II
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2218

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa delle deputate
PICCOLI NARDELLI, CIAMPI

Norme concernenti la disciplina del dottorato di ricerca e i contratti di ricerca nonché modifiche alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, in materia di reclutamento, stato giuridico e trattamento economico dei ricercatori universitari

Presentata il 25 ottobre 2019

  Onorevoli Colleghi! – L'università e la ricerca sono un motore fondamentale per la crescita e lo sviluppo di una nazione, per la formazione e la costruzione continua del capitale umano, di saperi e di conoscenze, materiali e immateriali. La ricerca universitaria è un settore strategico per migliorare le condizioni delle comunità locali e della società globale. In questa direzione hanno concorso nei secoli e continuano a concorrere oggi l'accademia e la ricerca italiana, mantenendo elevati nel tempo la qualità, i contributi e il livello dei risultati apportati dagli studiosi italiani nel contesto della ricerca scientifica europea e mondiale.
  I valori quantitativi e statistici dicono con chiarezza che la quantità e la qualità della produzione scientifica italiana la collocano nelle primissime posizioni nel mondo, dando lustro al Paese e svolgendo la funzione di volàno indispensabile per la competitività in ogni settore.
  Nei prossimi anni, le grandi economie del pianeta, a partire dalla Cina e dall'India, moltiplicheranno le risorse investite in conoscenza, ricerca e sviluppo, estendendo enormemente l'accesso all'istruzione e alla formazione di terzo e quarto livello da parte delle fasce di popolazione finora escluse.
  Per essere all'altezza delle nuove sfide, il nostro Paese non può rimanere indietro; al contrario, deve fare dell'innovazione l'asse portante di tutti i settori economici, sociali, culturali e tecnologici.
  La crescita dell'Italia passerà necessariamente attraverso nuovi e cospicui investimenti nel capitale umano costituito da giovani, studiosi e ricercatori, che nelle università dovranno trovare un legame strategico, uno snodo centrale e di dialogo tra il mondo della ricerca e la società circostante, fatta di imprese, territori e pubbliche amministrazioni, che insieme possono concorrere a uno sviluppo solido e ordinato.
  Tuttavia, come è noto e come più volte è stato rilevato anche in autorevoli pubblicazioni internazionali, la ricerca italiana soffre, da almeno un decennio, dell'assenza di azioni politiche e di una visione strategica. Formiamo un bacino di ricercatori di alto livello, che il sistema sottodimensionato non riesce ad assorbire nei ruoli pubblici, a causa soprattutto dei vincoli di bilancio e dell'assenza di un piano di reclutamento programmato, stabile e certo.
  La rapida evoluzione socio-economica fa già immaginare, per il prossimo decennio, un enorme cambiamento nel mondo del lavoro, che necessiterà di figure professionali altamente qualificate, che dovranno essere formate a questo fine. Tale esigenza deve spingere il legislatore ad arrestare l'emorragia verso l'estero di tanti, troppi giovani ricercatori, che in Italia non trovano una prospettiva per la propria carriera né validi accessi alle risorse economiche. Le rilevazioni effettuate dal consorzio interuniversitario AlmaLaurea confermano, purtroppo, la tendenza verso la cosiddetta «fuga di cervelli». Soltanto nell'ultimo triennio 2016-2018 si è tentata un'inversione di rotta, attraverso l'adozione di politiche specifiche e investimenti, nel tempo rinnovati, volti a recuperare il divario iniziato con la legge 30 dicembre 2010, n. 240, e con i drastici tagli al finanziamento del comparto effettuati contestualmente a quella riforma. I piani straordinari adottati a valere su fondi aggiuntivi, sia ordinari sia europei, per favorire l'assunzione di ricercatori a vari livelli sono stati una prima, anche se ancora insufficiente risposta. Rimane tuttavia la distanza fra l'Italia e gli altri Paesi europei nella percentuale di ricercatori rispetto alla popolazione attiva, una distanza che appare incolmabile.
  La stessa età media del personale docente universitario, purtroppo, non fa che confermare la situazione di relativa stasi del sistema italiano della ricerca. Nonostante gli sforzi di questi anni, la spesa per l'istruzione terziaria per studente in Italia, in rapporto al prodotto interno lordo, è assolutamente troppo bassa rispetto alla media dei Paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), ovverosia lo 0,96 per cento contro l'1,55, come si evince dai dati pubblicati dall'OCSE nel rapporto Education at a Glance per l'anno 2017. Il numero dei docenti universitari, invece, rispetto a quello massimo raggiunto nel 2008 – come si desume dal Rapporto biennale dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca sullo stato del sistema universitario e della ricerca per l'anno 2018 – ha registrato un calo ininterrotto a causa del pensionamento di ampie coorti di docenti e dei limiti posti al ricambio mediante nuove assunzioni. Questo meccanismo ha fatto sì che le uscite dal mondo accademico per pensionamento o per altri motivi abbiano superato di gran lunga le entrate: rispettivamente 22.284 e 7.981, con 14.133 passaggi di ruolo. Questa flessione ha conseguentemente innalzato il numero di studenti per docente, che nel 2017 è stato pari a 31, fra i più alti dell'area dell'OCSE. Parallelamente, si è innalzata l'età media dei docenti, nonostante il temporaneo ringiovanimento intervenuto nella fascia dei professori associati nel triennio 2013-2015: i docenti ordinari di età inferiore a quarant'anni corrispondono allo 0,2 per cento del totale, mentre la metà ha più di sessant'anni.
  L'obiettivo della presente proposta di legge è quello di favorire i giovani che investono la propria vita e il proprio percorso lavorativo nella ricerca universitaria, nonché di offrire loro prospettive di carriera in tempi certi, regolati e lineari, interrompendo il sistema di sfruttamento attuale e semplificando il groviglio di forme contrattuali esistente, per rimettere l'università italiana nelle condizioni di crescere, di offrire opportunità di studio e di carriera accademica ai migliori ricercatori e di concorrere allo sviluppo della comunità. L'obiettivo è quello di prevedere una scansione temporale certa e garantita per lo svolgimento ordinato delle procedure di selezione e di reclutamento.
  A nove anni dall'approvazione della legge 30 dicembre 2010, n. 240, è urgente e non rinviabile intervenire sulle cause che hanno portato a una così netta contrazione del numero delle figure di ricerca e di docenza nelle università e, in particolar modo, sugli ostacoli che sono stati disseminati lungo le fasi di accesso al mondo accademico e della ricerca. Infatti, gli interventi della legge n. 240 del 2010, in primis abolendo il ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato, hanno trasformato la docenza universitaria in una carriera organizzata su due e non più su tre fasce, caricando sulle nuove figure di ricercatori a tempo determinato introdotte tutto il peso di questa trasformazione e allungando il periodo di precariato in modo insostenibile, sia per i giovani aspiranti sia per il sistema universitario stesso. Tra le innovazioni introdotte vi è stata, appunto, l'istituzione del ricercatore a tempo determinato, nelle due tipologie del ricercatore a tempo determinato junior (cosiddetto «RTDa», con contratti di durata triennale prorogabili per soli due anni e per una sola volta) e del ricercatore a tempo determinato senior (cosiddetto «RTDb», con contratti triennali riservati a titolari di abilitazione scientifica nazionale, limitatamente ai quali l'università può valutare poi la chiamata nel ruolo di professore associato). Il RTDa non trova, tuttavia, significative corrispondenze in altri ordinamenti universitari comparabili con quello italiano, ove è diffusa, invece, la preoccupazione di assicurare stabilità agli studiosi che intendano impegnarsi nell'attività di ricerca e di docenza universitaria al fine di garantire, da un lato, la continuità dell'offerta formativa e, dall'altro lato, una maggiore serenità nell'esercizio dell'attività di ricerca.
  Accanto alle figure appena descritte, vi sono nell'università italiana molti e differenti istituti e forme contrattuali con finalità di collaborazione alle attività di ricerca: le borse di studio e di ricerca per i laureati, i contratti di prestazione autonoma per programmi di ricerca, i contratti di formazione specialistica dell'area sanitaria, i progetti o gruppi di ricerca, i contratti di reclutamento di tecnologi e gli assegni di ricerca. I beneficiari di assegni di ricerca, in particolare, rappresentano la categoria principale che, pur non rientrando nel personale docente, costituisce una risorsa fondamentale per il sistema accademico, come emerge con chiarezza dai dati disponibili: nel 2017 vi sono stati 14.108 assegnisti, che corrispondono a più del doppio dei ricercatori a tempo determinato, ovverosia 3 assegnisti ogni 10 docenti. La legge n. 240 del 2010 ha stabilito che la durata dell'assegno è compresa tra uno e tre anni e che esso è rinnovabile per un periodo non superiore a quattro anni. Il periodo di precariato non può superare la durata complessiva di dodici anni. Tuttavia, la prassi e il minor costo dell'assegno rispetto a un contratto di ricercatore a tempo determinato hanno fatto sì che le università bandissero assegni prevalentemente della durata di un anno, precarizzando la fase iniziale dell'attività del ricercatore e caricandola di enormi incertezze, giacché questi contratti si concentrano nella fascia dei giovani all'inizio della carriera, anche se – in controtendenza rispetto agli altri Paesi dell'OCSE – l'età media si è alzata, attestandosi nel 2017 a 34,5 anni.
  Risulta pertanto evidente come uno dei nodi che restringono il sistema risieda proprio nella prima fase, quella propedeutica all'accesso al ruolo. Occorre invertire i paradigmi creati dalla legge n. 240 del 2010 e assicurare soluzioni più eque per il governo della fase antecedente l'ingresso nel ruolo, che contemperino le esigenze della giusta selezione nel reclutamento e della corretta valutazione delle attività dei docenti selezionati con le garanzie di stabilità e di continuità lavorativa per i singoli e per il sistema nel suo insieme.
  La riforma operata dalla legge n. 240 del 2010, modificando la struttura della docenza nella sua fase iniziale, ha pesantemente influito sulla lunghezza del percorso antecedente all'immissione in ruolo, portando l'età media di ingresso intorno ai 40 anni (con un periodo massimo di 12 anni di attività di ricerca e insegnamento svolte sulla base di contratti, successivamente al conseguimento del dottorato di ricerca). Quest'emergenza della docenza corrisponde anche a un'urgenza generazionale, che rischia di escludere intere generazioni di giovani studiosi. La precarietà e l'incertezza sono in netto contrasto con le pratiche degli altri Stati europei e con i princìpi sanciti dalla Carta europea dei ricercatori (raccomandazione 2005/251/CE della Commissione europea, dell'11 marzo 2005), la quale impegna i datori di lavoro (compresi i soggetti pubblici) a «garantire che le prestazioni dei ricercatori non risentano dell'instabilità dei contratti di lavoro», invitando gli stessi a migliorarne le condizioni, attuando e rispettando quelle stabilite nella normativa europea sul lavoro a tempo determinato.
  Obiettivo della presente proposta di legge è, quindi, quello di superare la forma contrattuale ordinaria dell'assegno di ricerca e del contratto RTDa, in favore di un unico contratto pre-ruolo da ricercatore a tempo determinato con accesso alla procedura di valutazione per la chiamata nel ruolo di professore associato (cosiddetto tenure track).
  L'articolo 1 richiama i princìpi sanciti dall'articolo 33 della Costituzione e dalla Carta europea dei ricercatori e definisce l'ambito di applicazione della legge.
  L'articolo 2 stabilisce che l'importo minimo nazionale della borsa del dottorato di ricerca non deve essere inferiore al minimale contributivo stabilito dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, in maniera tale da garantire a tutti i dottorandi un'anzianità contributiva corrispondente al periodo effettivo di formazione.
  L'articolo 3 abolisce i contributi per l'accesso ai corsi di dottorato di ricerca.
  L'articolo 4, recependo la Carta europea dei ricercatori, riconosce i dottorandi di ricerca come professionisti della ricerca e concede alle università la facoltà di bandire ulteriori posti di dottorato di ricerca riservati a dipendenti della pubblica amministrazione, valorizza il possesso del dottorato nelle progressioni economiche e prevede di valutare il titolo di dottore di ricerca nelle selezioni concorsuali.
  L'articolo 5, abrogando l'assegno di ricerca come previsto dall'articolo 22 della legge n. 240 del 2010, ne consente l'uso residuale, nell'ambito di determinati e specifici progetti di ricerca.
  L'articolo 6 ha lo scopo di stabilire un percorso unico per il reclutamento dei ricercatori universitari per lo svolgimento di attività di didattica, didattica integrativa, ricerca e assistenza agli studenti. A tale fine esso elimina la figura del RTDa, prevista dall'articolo 24 della legge n. 240 del 2010, e trasforma la figura del RTDb nell'unica modalità di accesso alle procedure di valutazione per la chiamata nel ruolo. La nuova tipologia di ricercatore così individuata corrisponde al cosiddetto tenure track: la posizione iniziale è quella del ricercatore junior per tre anni e, previa valutazione positiva da parte del Dipartimento, si accede al livello senior per due anni. In questo modo agli attuali due o tre anni di assegno di ricerca, cui si sommano cinque anni di RTDa e tre di RTDb, ovverosia a circa dieci anni di precariato, si sostituisce un periodo pari alla metà. Alla fine del periodo, qualora il titolare del contratto abbia conseguito l'abilitazione scientifica nazionale, l'università ne valuta la chiamata nel ruolo di professore associato. L'articolo, inoltre, equipara il ricercatore in tenure track ai professori associati quanto alle prerogative concernenti lo svolgimento delle attività di didattica integrativa, del servizio agli studenti e delle attività di ricerca, poiché questi può assumere la responsabilità di progetti di ricerca nazionali e internazionali, è membro effettivo del Consiglio di dipartimento, ha l'elettorato attivo alle cariche accademiche e può assumere incarichi didattici e organizzativi.
  Il comma 2 del medesimo articolo 6, nell'ambito della pubblica amministrazione, prevede la possibilità di richiedere, tra i requisiti previsti per specifici profili o livelli di inquadramento, il possesso del titolo di ricercatore senior, che deve comunque essere valutato, ove pertinente, tra i titoli rilevanti ai fini dei concorsi.
  L'articolo 7 stabilisce le modalità di transizione per gli attuali titolari di un contratto di RTDa e per i titolari di assegni di ricerca per una durata complessiva di almeno tre anni: essi accedono ai contratti di ricercatore a tempo determinato senior mediante procedure pubbliche selettive e riservate, da bandire con cadenza annuale. Per i RTDa che non hanno iniziato il terzo anno di attività, è stabilita la possibilità di chiedere la trasformazione del proprio contratto in un contratto di ricercatore junior ai sensi dell'articolo 6.
  L'articolo 8 prevede una procedura concorsuale pubblica per l'accesso al ruolo di ricercatore a tempo determinato junior, riservata ai titolari di assegni di ricerca che non abbiano nel frattempo conseguito l'abilitazione scientifica nazionale.
  L'articolo 9 stabilisce che, per i titolari di assegni di ricerca, di contratti di RTDa e RTDb, che non abbiano fatto richiesta di trasformazione del proprio contratto in una delle tipologie previste dalla legge, continuino ad applicarsi le disposizioni previste dagli articoli 22 e 24 della legge n. 240 del 2010, nel testo previgente alle modifiche e fino al loro esaurimento.
  L'articolo 10 determina la copertura finanziaria dell'onere, pari a 300 milioni di euro, da conseguire mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica.

PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DOTTORATO DI RICERCA E DI CONTRATTI DI RICERCA

Art. 1.
(Princìpi e oggetto della legge)

  1. In attuazione delle disposizioni dell'articolo 33 della Costituzione, ciascuna università, secondo i princìpi di autonomia e di libertà di insegnamento e di ricerca, adotta iniziative per la stabilità delle condizioni di lavoro dei ricercatori, in conformità a quanto stabilito dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione 2005/251/CE della Commissione, dell'11 marzo 2005, e predispone, ove non esistente, un codice di condotta per l'assunzione dei ricercatori.
  2. La presente legge disciplina e riordina le figure, le forme e la durata dei contratti del personale impegnato nelle attività di ricerca nelle università pubbliche e private, di cui all'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, e agli articoli 22 e 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240.

Art. 2.
(Importo minimo della borsa di dottorato di ricerca)

  1. L'importo minimo delle borse di studio concesse per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca di cui all'articolo 4, comma 5, lettera c), della legge 3 luglio 1998, n. 210, è adeguato in misura tale da risultare non inferiore al minimale contributivo stabilito dall'Istituto nazionale della previdenza sociale. Tale importo è incrementato di una quota compresa tra il 50 per cento e il 75 per cento, per una durata complessivamente non superiore a diciotto mesi, se il dottorando è autorizzato dal collegio dei docenti a svolgere attività di ricerca all'estero.
  2. All'attuazione del comma 1 del presente articolo si provvede mediante l'incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, proporzionale all'entità dell'adeguamento al minimale contributivo di cui al comma 1 e senza riduzione del numero complessivo delle borse di studio concesse.
  3. La misura dell'adeguamento annuale dell'importo delle borse di studio cui al comma 1 è definita con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

Art. 3.
(Abolizione del contributo per l'accesso ai corsi di dottorato di ricerca)

  1. All'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 2, quarto periodo, le parole: «, il contributo per l'accesso e la frequenza» sono soppresse;

   b) al comma 5, la lettera b) è abrogata.

  2. Il contributo per l'accesso e la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca è abolito, ai sensi del comma 1, anche per coloro che svolgono il dottorato di ricerca senza borsa di studio.

Art. 4.
(Definizione del dottorato di ricerca)

  1. All'articolo 4, comma 1, della legge 3 luglio 1998, n. 210, dopo le parole: «di alta qualificazione» sono aggiunte le seguenti: «coerenti con il percorso formativo in essi previsto».
  2. Al fine di accrescere la qualificazione del personale della pubblica amministrazione e l'accesso del personale medesimo al più alto grado di formazione, le università possono mettere a concorso posti di dottorato di ricerca soprannumerari, riservati a dipendenti della pubblica amministrazione, in numero non superiore al 20 per cento del totale dei posti banditi per il singolo corso. I dipendenti assegnatari dei posti di dottorato di ricerca di cui al primo periodo sono collocati in congedo retribuito dalle amministrazioni di appartenenza secondo i rispettivi ordinamenti.
  3. Nell'ambito della disciplina delle mansioni del personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, di cui all'articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la contrattazione collettiva assicura che nella determinazione dei criteri per l'attribuzione delle progressioni economiche sia adeguatamente valorizzato il possesso del titolo di dottore di ricerca.
  4. Ai fini delle procedure di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni, di cui all'articolo 35, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall'articolo 6 della presente legge, fermo restando l'obbligo di valutare, ove attinente, il titolo di dottore di ricerca ai sensi della lettera e-ter) del comma 3 del citato articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il punteggio attribuito al medesimo titolo non può essere inferiore a quello proporzionale ai crediti formativi universitari ad esso riconosciuti ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, rispetto a quelli riconosciuti agli altri titoli eventualmente rilevanti ai fini del concorso.

Art. 5.
(Contratto di ricerca senza diritto di accesso alla procedura di valutazione per la chiamata nel ruolo di professore associato)

  1. Le università, le istituzioni e gli enti pubblici di ricerca e di sperimentazione, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, l'Agenzia spaziale italiana, nonché le istituzioni il cui diploma di perfezionamento scientifico è stato riconosciuto equipollente al titolo di dottore di ricerca ai sensi dell'articolo 74, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, al fine di attivare specifici progetti di ricerca, possono stipulare contratti di ricerca di durata minima di un anno e massima di due anni, non rinnovabili, utilizzando fondi esterni alle proprie ordinarie disponibilità di bilancio, anche donati a tale scopo da privati, imprese o fondazioni, senza diritto di accesso alla procedura di valutazione di cui al comma 5 dell'articolo 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, come modificato dall'articolo 6 della presente legge. I criteri e le condizioni per l'esercizio della facoltà di cui al primo periodo sono disciplinati dai soggetti ivi indicati con proprio regolamento o, nel caso di soggetti privati, con deliberazione adottata dall'organo di amministrazione.
  2. Il numero dei contratti di ricerca senza diritto di accesso alla procedura di valutazione stipulati annualmente ai sensi del comma 1 da ciascuno dei soggetti ivi indicati non può in ogni caso superare il 25 per cento del numero dei contratti per ricercatore a tempo determinato complessivamente stipulati dal medesimo soggetto nello stesso anno ai sensi degli articoli 6, 7 e 8.
  3. L'articolo 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, è abrogato.

Capo II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RICERCATORE UNIVERSITARIO CON DIRITTO DI ACCESSO ALLA PROCEDURA DI VALUTAZIONE PER LA CHIAMATA NEL RUOLO DI PROFESSORE ASSOCIATO

Art. 6.
(Istituzione del contratto unico dei ricercatori a tempo determinato)

  1. All'articolo 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

   «1. Nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, le università stipulano un unico tipo di contratto di lavoro subordinato per ricercatore a tempo determinato, che costituisce il percorso unico di reclutamento dei ricercatori universitari. Il contratto stabilisce, sulla base dei regolamenti di ateneo, le modalità di svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti nonché delle attività di ricerca»;

   b) i commi da 3 a 5 sono sostituiti dai seguenti:

   «3. Il contratto unico per ricercatore a tempo determinato ha durata triennale ed è prevalentemente orientato allo svolgimento di attività di ricerca. Il titolare ha la qualifica di ricercatore a tempo determinato junior. Al termine del triennio, previa positiva valutazione individuale delle attività di ricerca e didattiche svolte, effettuata sulla base di modalità, criteri e parametri definiti con decreto del Ministro, il contratto è rinnovato per ulteriori due anni con la ridefinizione delle modalità di svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti nonché delle attività di ricerca. A seguito del rinnovo, il titolare ha la qualifica di ricercatore a tempo determinato senior.
   4. I contratti di cui al comma 3 sono stipulati esclusivamente con regime di impegno a tempo pieno. L'impegno annuo complessivo per lo svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti è pari a 100 ore per il triennio svolto in qualità di ricercatore a tempo determinato junior e a 250 ore per il biennio svolto in qualità di ricercatore a tempo determinato senior.
   5. Nel corso del secondo anno di servizio quale ricercatore a tempo determinato senior, l'università valuta l'attività del titolare del contratto, a condizione che abbia conseguito l'abilitazione scientifica nazionale di cui all'articolo 16, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera e), nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione. In caso di esito positivo della valutazione, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato nel ruolo dei professori associati. La valutazione si svolge in conformità ai parametri qualitativi riconosciuti a livello internazionale, individuati con regolamento di ateneo nell'ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro. La programmazione di cui all'articolo 18, comma 2, assicura la disponibilità delle risorse necessarie in caso di esito positivo della procedura di valutazione. Alla procedura è data pubblicità nel sito internet dell'università»;

   c) il comma 7 è sostituito dal seguente:

   «7. Il ricercatore a tempo determinato senior che abbia superato la valutazione di cui al comma 5, nel rispetto dei criteri definiti con regolamento adottato con decreto del Ministro ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, è membro effettivo del consiglio di dipartimento, è equiparato ai professori ordinari e associati quanto alle prerogative concernenti lo svolgimento delle attività di didattica integrativa e di servizio agli studenti nonché delle attività di ricerca, può assumere la responsabilità di progetti di ricerca nazionali e internazionali e ha l'elettorato attivo nelle procedure per l'elezione dei titolari delle cariche accademiche»;

   d) i commi 8 e 9 sono sostituiti dai seguenti:

   «8. Il trattamento economico spettante ai titolari dei contratti triennali per ricercatore a tempo determinato junior è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo indeterminato del ruolo a esaurimento nel corrispondente regime di impegno. Il trattamento annuo lordo onnicomprensivo dei titolari dei contratti biennali per ricercatore a tempo determinato senior è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore a tempo indeterminato confermato del ruolo a esaurimento a tempo pieno, elevato fino alla misura massima del 30 per cento.
   9. Il contratto di cui al comma 3 costituisce titolo preferenziale nei concorsi per l'accesso alle pubbliche amministrazioni».

  2. All'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo la lettera e-ter) è aggiunta la seguente:

   «e-quater) possibilità di richiedere, tra i requisiti previsti per specifici profili o livelli di inquadramento, il possesso del titolo di ricercatore a tempo determinato senior, che è comunque valutato, ove pertinente, tra i titoli rilevanti ai fini del concorso».

Art. 7.
(Disposizioni transitorie per i titolari di contratti di ricercatore a tempo determinato)

  1. Coloro che sono stati titolari di un contratto triennale per ricercatore a tempo determinato di cui all'articolo 24, comma 3, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge, entro quattro anni dal termine del contratto, purché abbiano conseguito l'abilitazione scientifica di cui all'articolo 16 della citata legge n. 240 del 2010, nonché coloro che sono stati titolari di assegni di ricerca, anche rinnovati, per una durata complessiva di almeno tre anni, entro quattro anni dalla scadenza dell'assegno, purché abbiano conseguito l'abilitazione scientifica di cui al citato articolo 16 della legge n. 240 del 2010, possono accedere ai contratti di ricercatore a tempo determinato senior mediante procedure pubbliche selettive, da bandire annualmente, riservate a coloro che hanno già svolto attività di ricerca nelle università. Lo svolgimento delle procedure selettive è disciplinato dalle università con regolamento adottato ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, nel rispetto dei princìpi enunciati nella Carta europea dei ricercatori nonché dei seguenti:

   a) pubblicazione dei bandi nella Gazzetta Ufficiale e nei siti internet istituzionali dell'ateneo e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari; indicazione dettagliata delle funzioni, dei diritti e dei doveri nonché del trattamento economico e previdenziale; previsione di modalità di trasmissione telematica delle candidature nonché, per quanto possibile, dei titoli e delle pubblicazioni;

   b) ammissione alle procedure di selezione dei possessori del titolo di dottore di ricerca o di titolo equivalente, ovvero, per i settori interessati, del diploma di specializzazione medica, nonché di eventuali ulteriori requisiti definiti dal regolamento di ateneo, con esclusione dei soggetti già assunti a tempo indeterminato come professori universitari di prima o di seconda fascia o come ricercatori, ancorché cessati dal servizio;

   c) valutazione preliminare dei candidati, con motivato giudizio analitico sui titoli, sul curriculum e sulla produzione scientifica, compresa la tesi di dottorato di ricerca, secondo criteri e parametri riconosciuti anche in ambito internazionale, individuati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentiti l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e il Consiglio universitario nazionale; a seguito della valutazione preliminare, ammissione dei candidati comparativamente più meritevoli, in misura compresa tra il 10 e il 20 per cento del numero degli stessi e, comunque, non inferiore a sei unità, alla discussione pubblica con la commissione dei titoli e della produzione scientifica; ammissione alla discussione di tutti i candidati, qualora il loro numero sia pari o inferiore a sei; attribuzione di un punteggio ai titoli e a ciascuna delle pubblicazioni presentate dai candidati ammessi alla discussione, a seguito della stessa; possibilità di prevedere un numero massimo delle pubblicazioni che ciascun candidato può presentare, comunque non inferiore a dodici.

  2. Le procedure di cui al comma 1 non possono comprendere esami scritti e orali, a eccezione di una prova orale volta ad accertare l'adeguata conoscenza di una lingua straniera; l'ateneo può specificare nel bando la lingua straniera di cui è richiesta la conoscenza in relazione al profilo plurilingue dell'ateneo stesso ovvero alle esigenze didattiche dei corsi di studio in lingua estera; la prova orale si svolge contestualmente alla discussione dei titoli e delle pubblicazioni.
  3. Per lo svolgimento delle procedure di cui al comma 1 sono istituite, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e a carico delle disponibilità di bilancio degli atenei, commissioni giudicatrici composte da professori esterni all'ateneo, mediante sorteggio di cinque commissari all'interno di una lista in cui sono compresi tutti i professori ordinari del settore concorsuale per il quale è avviata la procedura.
  4. Possono partecipare alle procedure di cui al comma 1 del presente articolo, oltre ai soggetti ivi previsti, i titolari di contratti di ricercatore a tempo determinato di cui all'articolo 24, comma 3, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge, nel terzo anno di contratto, purché abbiano conseguito l'abilitazione scientifica di cui all'articolo 16 della citata legge n. 240 del 2010.
  5. I titolari di contratti di ricercatore a tempo determinato di cui al comma 4, al primo e al secondo anno di contratto, possono chiedere la trasformazione del rapporto, per gli anni di contratto rimanenti, in un contratto di ricercatore a tempo determinato junior ai sensi dell'articolo 24, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, come sostituito dall'articolo 6 della presente legge.

Art. 8.
(Disposizioni transitorie per i titolari di assegni di ricerca)

  1. Coloro che sono stati titolari di assegni di ricerca, anche rinnovati, per una durata complessiva di almeno tre anni, entro quattro anni dalla fine del periodo di fruizione dell'assegno possono accedere ai contratti di ricercatore a tempo determinato junior mediante procedure pubbliche concorsuali, bandite annualmente, riservate a coloro che hanno già svolto attività di ricerca nelle università, disciplinate con regolamento adottato dalle università ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, nel rispetto dei princìpi enunciati nella Carta europea dei ricercatori nonché dei princìpi di cui all'articolo 7, comma 1.
  2. Possono partecipare alle procedure selettive di cui al comma 1 del presente articolo i titolari di assegni di ricerca di cui all'articolo 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 9.
(Disposizioni transitorie per i titolari di assegni di ricerca e di contratti di ricercatore a tempo determinato)

  1. Per i titolari di contratti di ricercatore a tempo determinato di cui all'articolo 24, comma 3, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge, che non abbiano chiesto la trasformazione del rapporto ai sensi dell'articolo 7, comma 5, della presente legge, continua ad applicarsi, fino alla scadenza del contratto, la disciplina prevista nel medesimo articolo 24 della legge n. 240 del 2010, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.
  2. Ai titolari di contratti di ricercatore a tempo determinato di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, continua ad applicarsi, fino alla scadenza del contratto, la disciplina prevista dall'articolo 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge, compresa la procedura di valutazione ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato.
  3. Ai titolari di assegni di ricerca di cui all'articolo 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, continua ad applicarsi, fino alla scadenza dell'assegno, la disciplina prevista nel medesimo articolo 22 della legge n. 240 del 2010, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 10.
(Copertura finanziaria)

  1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge, pari a 300 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provvede a valere sulle maggiori risorse derivanti da interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica, da introdurre con provvedimenti regolamentari e amministrativi adottati entro il 31 gennaio 2020.
  2. Qualora gli interventi di cui al comma 1 non siano adottati o siano adottati per importi inferiori a quelli previsti dal medesimo comma, il Governo è delegato ad adottare, entro il 28 febbraio 2020, uno o più decreti legislativi volti a disporre la variazione di aliquote d'imposta e a modificare, ridurre o sopprimere i regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale indicati nell'elenco contenuto nel rapporto annuale sulle spese fiscali, di cui articolo 21, comma 11-bis, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, che risultano, in tutto o in parte, ingiustificati o superati alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che costituiscono una duplicazione, nella misura necessaria ad assicurare il conseguimento di maggiori entrate nette non inferiori all'importo indicato al comma 1.
  3. Sono escluse dall'applicazione del comma 2 le disposizioni indicate nell'elenco contenuto nel rapporto annuale sulle spese fiscali, di cui articolo 21, comma 11-bis, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, aventi la finalità di tutelare i redditi di lavoro dipendente e autonomo e di pensione, la famiglia, la salute, le persone economicamente o socialmente svantaggiate, il patrimonio artistico e culturale, la ricerca e l'ambiente.

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