FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 310

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
MELONI, CIRIELLI, RAMPELLI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LOLLOBRIGIDA, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, ZUCCONI

Disposizioni in materia di pensioni superiori a dieci volte l'integrazione al trattamento minimo INPS

Presentata il 23 marzo 2018

  Onorevoli Colleghi! — La Corte costituzionale, con la sentenza n. 116 del 2013, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, con il quale era stato disposto, in via provvisoria dall'agosto 2011 fino al 31 dicembre 2014, un taglio a tutte le pensioni pubbliche e private superiori a 90.000, 150.000 e 200.000 euro lordi l'anno; su esse veniva, infatti, a gravare un contributo di perequazione pari, rispettivamente, al 5 per cento della parte eccedente l'importo fino a 90.000 euro, al 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro e al 15 per cento per la parte eccedente 200.000 euro.
  Il prelievo dichiarato illegittimo rispetto a norme di rango costituzionale andava, quindi, a incidere sull'annosa questione delle cosiddette «pensioni d'oro», ossia le pensioni che sono state recentemente definite dallo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali «quelle pensioni il cui elevato importo appare stridente nell'attuale contesto socio-economico e di sacrifici imposti alla generalità della popolazione», e che sono percepite da centinaia di magistrati, ambasciatori, docenti universitari, alti funzionari, avvocati dello Stato, dirigenti pubblici, ammiragli, generali, giornalisti, notai, manager pubblici e privati.
  Com'è noto, con la sua pronuncia la Consulta ha rilevato che il prelievo straordinario su tali pensioni costituiva un intervento impositivo «irragionevole e discriminatorio», realizzato ai danni di una sola categoria di cittadini, i pensionati, e che si poneva in contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione, rispettivamente sul principio di eguaglianza e sulla capacità contributiva come fondamento del prelievo tributario.
  Quello che, tuttavia, a nostro avviso non è stato considerato, è che quei trattamenti pensionistici sono, in realtà, essi stessi la manifestazione di una gravissima disparità tra cittadini: la disparità che si è venuta a determinare tra chi gode di un sistema pensionistico erogato secondo il metodo retributivo e chi percepisce una pensione calcolata secondo il metodo contributivo. I trattamenti pensionistici elevati traggono origine in larghissima parte da una modalità di calcolo retributiva, vale a dire che i loro percettori godono di un assegno pensionistico mensile che non esprime una proporzione con quanto versato agli enti gestori delle forme pensionistiche.
  Questo, a nostro modo di vedere, costituisce una gravissima ingiustizia. Un'ingiustizia nei confronti di coloro al quali è stato applicato un altro metodo di calcolo, solo perché sono andati in pensione più tardi, e un'intollerabile ingiustizia nei confronti dei giovani che oggi lavorano anche per mantenere simili incredibili privilegi, e che probabilmente una pensione propria non l'avranno mai. È un'ingiustizia nei confronti dei percettori delle pensioni minime, con le quali è impossibile garantirsi un sostentamento, e dei percettori delle pensioni di invalidità. Ed è un'ingiustizia, infine, nei confronti dei bambini che nascono oggi e che si trovano già gravati da un debito di oltre 30.000 euro.
  Noi siamo fortemente critici sia verso queste pensioni in sé, sia verso la timidezza con la quale i Governi che si sono succeduti nella scorsa legislatura hanno affrontato il problema. La gravità del momento economico rende necessario intervenire su una questione così delicata ed economicamente così gravosa; queste pensioni costano all'erario più di 10 miliardi di euro all'anno.
  Noi non intendiamo rassegnarci, e nemmeno vogliamo attendere che l'intervenuto cambiamento del metodo di calcolo per l'erogazione delle pensioni, agganciandole unicamente agli importi di contribuzione realmente versati, attenui progressivamente il fenomeno fino a eliminarlo. Ed è per questo che presentiamo la proposta di legge, composta da un unico articolo, con il quale si prevede, al comma 1, che le pensioni che eccedono il valore di oltre dieci volte la pensione minima siano ricalcolate e corrisposte secondo il sistema contributivo, di modo che, oltre tale importo, i soggetti interessati percepiscano una differenza in proporzione solo ed esclusivamente a quanto da loro effettivamente versato agli enti pensionistici durante il loro percorso lavorativo. Prevediamo, inoltre, al comma 2, una clausola di salvaguardia e, al comma 3, che le somme in tal modo risparmiate siano destinate a finanziare interventi di perequazione delle pensioni minime, degli assegni sociali e delle pensioni di invalidità.
  Proponiamo queste disposizioni perché desideriamo una società che rispetti criteri di equità e che combatta i privilegi, esaltando, invece, il merito, come principio che dovrà illuminare il percorso formativo e professionale dalle nostre giovani generazioni.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. I trattamenti pensionistici obbligatori, integrativi e complementari, i trattamenti erogati da forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, comprese quelle di cui ai decreti legislativi 20 novembre 1990, n. 357, 16 settembre 1996, n. 563, e 5 dicembre 2005, n. 252, nonché i trattamenti che assicurano prestazioni definite per i dipendenti delle regioni a statuto speciale e degli enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, compresi quelli derivanti dalla gestione speciale ad esaurimento di cui all'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, e quelli erogati dalle gestioni di previdenza obbligatorie presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per il personale addetto alle imposte di consumo, per il personale dipendente dalle aziende private del gas e per il personale già addetto alle esattorie e alle ricevitorie delle imposte dirette, con esclusione delle prestazioni di tipo assistenziale, degli assegni straordinari di sostegno del reddito, delle pensioni erogate alle vittime del terrorismo e delle rendite erogate dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, i cui importi, alla data di entrata in vigore della presente legge, risultino superare complessivamente, anche in caso di cumulo di più trattamenti pensionistici, dieci volte l'integrazione al trattamento minimo dell'INPS, sono ricalcolati e corrisposti secondo il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335.
  2. I trattamenti pensionistici ricalcolati a seguito dell'applicazione delle disposizioni del comma 1 non possono essere comunque inferiori a dieci volte il trattamento minimo dell'INPS.
  3. I risparmi di spesa conseguiti attraverso l'applicazione delle disposizioni dei commi 1 e 2 sono destinati a misure di perequazione dell'integrazione al trattamento minimo dell'INPS, dell'assegno sociale e dei trattamenti corrisposti ai sensi della legge 12 giugno 1984, n. 222.

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