FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                Capo I
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                Capo II
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                Capo III
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                Capo IV
                        Articolo 11
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                        Articolo 14
                        Articolo 15

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 56

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
VIGNAROLI, DAGA, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI

Disposizioni per la disciplina e la promozione dell'attività di compravendita di beni usati, istituzione del Consorzio nazionale del riuso, nonché disposizioni per la formazione degli operatori del settore

Presentata il 23 marzo 2018

  Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge per la disciplina e la promozione dell'attività di compravendita di beni usati nasce dall'analisi e dalla constatazione che il sistema attuale di regolamentazione del settore dell'usato, così come denunciato dagli operatori che lavorano nel settore, è caratterizzato da norme non chiare e farraginose, spesso aperte all'interpretazione arbitraria e difforme nel territorio nazionale da parte delle pubbliche amministrazioni.
  Tale piano di lavoro, soprattutto grazie alle istanze e al percorso normativo che ha avviato la Rete nazionale degli operatori dell'usato (ONU), riflette un accordo conseguito tra le diverse anime che compongono il settore e si traduce in questa proposta inviata a tutte le forze politiche del Parlamento.
  Il Movimento 5 Stelle ha ritenuto corretto recepire questa proposta, rielaborandola solo in alcune parti, tenendo nel giusto conto anche i recenti scandali dell'inchiesta cosiddetta mafia capitale che hanno toccato il tema dell'usato (abiti). Riteniamo urgente, dunque, che le norme che regolamentano questo genere di attività siano chiare al fine di evitare eventuali traffici illeciti che, senza una chiara tracciabilità della movimentazione dei prodotti, possono essere facilmente organizzati.
  A nostro avviso, l'attuale quadro normativo appare inadatto a sviluppare le potenzialità del riuso e a coglierne le esternalità positive nei settori dell'ambiente, dell'occupazione, dell'inclusione sociale e della cultura. Per questi motivi riteniamo corretto stabilire regole su misura per il settore dei beni usati e del riutilizzo.
  Un tema, questo, perfettamente in linea con quello della riduzione a monte dei rifiuti, in un'ottica di diminuzione degli sprechi e di virtuosità del ciclo, che segue alla lettera i princìpi contenuti nella comunicazione (COM (2014) 398) del 2 luglio 2014 della Commissione europea «Verso un'economia circolare: programma per un'Europa a zero rifiuti».
  La pietra angolare della proposta di legge è il riconoscimento della figura dell'operatore dell'usato, nelle sue diverse declinazioni, all'interno di un settore ben determinato: si tratta, in definitiva, di dare forma alla sostanza di una rete di relazioni già esistenti, inquadrando giuridicamente ciò che già informa la percezione soggettiva degli operatori e la percezione sociale più ampia. Tale riconoscimento dovrà avere un codice attività specifico, il codice ATECO, al fine di circoscrivere in maniera chiara e definita i soggetti su cui vanno a ricadere i provvedimenti in materia fiscale, commerciale, urbanistica e ambientale nonché i beneficiari di agevolazioni e politiche di promozione.
  Per perseguire tali obiettivi è istituito il Consorzio nazionale del riuso, organismo cui sono conferiti essenzialmente compiti di indirizzo e negoziazione.
  La ratio di tale ente muove dalla constatazione della necessità di stabilizzare un sistema di relazioni tra organismi pubblici, quali Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, enti locali, aziende municipalizzate per la gestione dei rifiuti e privati, quali appunto i consorzi del riciclo. La finalità di questo sistema di relazioni tende ad assicurare la massima efficienza alla funzione ambientale che è attribuita al riuso, ovvero quella riflessa nella gerarchia gestionale della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, nelle prime due opzioni, riduzione, ossia prevenzione, e riuso, ovvero preparazione per il riutilizzo.
  La massima efficienza si realizza, secondo la nostra opinione, in un quadro di accordi tra i diversi portatori di interessi, accordi che abbiano l'ambizione di massimizzare i benefìci per ciascuna delle parti coinvolte, da ottenere solo in un'ottica di sistema. È in tale quadro che possono realizzarsi obiettivi già indicati dalla Commissione europea o al suo esame, quali la fissazione di percentuali di riuso per determinati flussi o categorie di rifiuto, misurando altresì gli apporti dell'usato nelle prime due azioni della gerarchia gestionale dei rifiuti. Non solo: un sistema correttamente impostato apporterebbe benefìci alle aziende municipalizzate gestori della raccolta, sia in materia di prevenzione che di alleggerimento di alcune funzioni, che potrebbero essere assolte dai centri per il riuso e dai consorzi di riciclo, destinando al riciclo quella quota enorme di materiale che oggi giace, perché invenduta o non altrimenti riutilizzabile, nei magazzini degli operatori dell'usato, non essendo disponibili sistemi di conferimento strutturali.
  Le modifiche apportate alla disciplina del commercio sono misure estremamente importanti, volte essenzialmente a un riordino normativo per garantire una raccolta corretta dal punto di vista fiscale, consentendo l'idonea emersione degli operatori, attualmente attivi nell'informalità del sommerso. Oltre ciò si sono voluti fornire strumenti efficaci, specifici e idonei alla funzione d'inclusione sociale che il settore dell'usato storicamente assolve, prevedendo altresì un sistema di autorizzazione per la realizzazione di mercati specifici per il settore dell'usato che, senza stravolgere la normativa vigente, conferiscano un ruolo preminente, in qualità di organizzatori, alle reti di operatori e agli organismi collettivi e associativi, attraverso la regia del Consorzio nazionale.
  La piattaforma di emersione principale è rivolta a quel segmento di operatori che operano come ambulanti e comprende la creazione di un apposito profilo di micro impresa cui corrisponde una leva fiscale sostenibile. Tale profilo, al fine di non creare una fattispecie discriminatoria nel quadro più ampio del commercio ambulante, è accessibile solo per un soggetto che non abbia facoltà di usufruire di concessioni individuali di occupazione di suolo pubblico e che quindi operi sotto forma itinerante esclusiva. Naturalmente rimane salva la possibilità, nell'attuale quadro normativo e fiscale, per un operatore dell'usato di accedere alla concessione individuale di suolo pubblico. La stima fornita dalla Rete ONU in proposito vede, sui circa 50.000 operatori attivi informalmente nel territorio nazionale, almeno 30.000 soggetti in grado, per condizione, capacità organizzativa e volume di scambi, di accedere a una piattaforma di emersione così congegnata. Si tratterebbe, dunque, di una fonte di nuova raccolta per la fiscalità generale, i cui benefìci per la collettività sono evidenti.
  La funzione di inclusione sociale e la capacità di intercettare ammortizzando il disagio e le situazioni di sofferenza che il corpo sociale patisce sono aspetti fondamentali e irrinunciabili per il settore dell'usato. Troppo spesso, però, tali funzioni vengono esercitate informalmente e proprio per questo destituite di efficacia strutturale, in quanto i benefìci che apportano sono riferibili al singolo e non alla collettività, alla contingenza e non alla durata. Degli attuali 50.000 operatori del sommerso, 20.000 tra questi non sono in grado di emergere, a causa di una mancanza di organizzazione adeguata e di un volume di affari esiguo. Per tali motivi, vogliamo attribuire all'esercizio della solidarietà strumenti adeguati, relativi innanzitutto alla capacità di individuazione del profilo del bisogno, tema sul quale proponiamo la combinazione dei requisiti per l'accesso alle prestazioni sociali agevolate con la nozione europea di lavoratore svantaggiato, insieme alla compatibilità degli scambi con un volume che rientri nella no tax area.
  Quanto agli aspetti squisitamente ambientali, è da rilevare che la rigida gerarchia fissata dalla direttiva 2008/98/CE viene applicata nel nostro ordinamento esattamente al contrario. Infatti, la prima destinazione dei rifiuti continua a essere la discarica, cui seguono, per ordine, il recupero e il riciclo. Riutilizzo e riduzione vengono menzionati nei piani, ma quasi sempre senza nessuna applicazione che influisca realmente sui volumi e che vada, nei casi migliori, al di là di iniziative di pura testimonianza. Ciò accade nonostante la direttiva detti una chiara definizione di riutilizzo, collocando tale opzione a cavallo tra prevenzione e ritorno in circolazione di beni già classificati come rifiuti e obbligando altresì gli Stati membri a introdurre il riutilizzo nei piani di gestione dei rifiuti a partire da obiettivi chiari e appoggiandosi alle «reti locali già esistenti», nonché sciogliendo il nodo che finora ha impedito di riusare i beni già entrati nel circuito della raccolta, permettendone il ritorno in circolazione dopo la «preparazione per il riutilizzo», ovvero il controllo, l'igienizzazione e l'eventuale riparazione, e senza nessun altro trattamento di carattere obbligatorio. Centri di raccolta che differenzino anche i materiali riutilizzabili e centri di riuso autorizzati alla preparazione per il riutilizzo sono i centri che vogliamo costruire per dare efficacia a una funzione ambientale strategica, laddove sia possibile misurare gli effetti di un'azione sicuramente in grado di muovere punti importanti sulla raccolta differenziata (dal 5 al 10 per cento), oltre che creare ex novo posti di lavoro. A seconda del ruolo di sistema che la preparazione per il riutilizzo riuscirà a conquistarsi, sarà possibile stimare quanti posti di lavoro potranno essere creati: basti qui riflettere sul dato per cui, a parità di volumi trattati, a un posto di lavoro nell'industria del riciclo ne corrispondono almeno cinque nelle attività di riutilizzo.
  La funzione ambientale che viene assolta dall'attività degli operatori dell'usato è anche la leva principale attraverso cui muoviamo proposte di ordine fiscale, chiedendo la rimozione di alcune distorsioni. In definitiva, non è più possibile che chi previene e riutilizza abbia gli stessi oneri di chi non fornisce alcuna esternalità positiva nel settore ambientale. In generale, le nostre richieste sono orientate alla rimozione di alcuni ostacoli che impediscono il pieno sviluppo del settore, non determinando saldi negativi per la raccolta fiscale.
  È corretto mettere in evidenza le reali capacità di apporto di un operatore dell'usato (operante in sedi fisse-contoterzista) nei confronti dell'intero territorio comunale e quindi dell'intera collettività, mediante una seria attività di prevenzione, basata sull'agevolazione alla reintroduzione dell'oggetto al suo utilizzo congenito. La presenza nel territorio di un soggetto in grado di assicurare, in maniera fissa e continuativa, il proprio apporto ambientale (è stato calcolato che mediamente un singolo negozio dell'usato, di medie dimensioni, contribuisca a distogliere dalla discarica e dalle relative lavorazioni inquinanti l'equivalente di circa 100 tonnellate di materiale ogni anno), si ritiene debba essere incoraggiata e supportata (agevolata) anche mediante l'applicazione di misure fiscali adeguate ed eque, tali cioè da non penalizzarne la permanenza.
  A tale proposito è giusto evidenziare che alcune amministrazioni locali, maggiormente virtuose, hanno già manifestato la propria sensibilità sul tema. Tra queste spiccano i comuni di Arezzo, Avigliana (Torino-TO), Bologna, Seregno (Milano-MI), Cantù (Como), Castano Primo (MI), Ivrea (TO), Moncalieri (TO), Napoli, Nichelino (TO), Nova Milanese (MI), Padova, Palermo, Rivoli (TO), Rosà (Vicenza), Rovereto (Trapani), Salerno, San Giovanni in Persiceto (Bologna), Sant'Arcangelo di Romagna (Rimini), Schio, Sondrio e Vicenza.
  I comuni citati hanno recepito le istanze presentate dai singoli operatori con il supporto associativo, riclassificandone, o prendendone seriamente in esame, i ruoli (da esercizio commerciale a esposizione, da magazzino senza vendita diretta o laboratorio artigianale a deposito) ai fini della tassa sulla raccolta e sulla lavorazione dei rifiuti.
  In conclusione, si può crescere senza inquinare: il disaccoppiamento tra queste due azioni che hanno finora segnato insieme l'impronta dell'uomo sul pianeta è esemplificato in maniera perfetta dal mondo dell'usato e dalle attività che ruotano intorno ad esso.
  Disaccoppiare crescita e inquinamento è anche il programma strategico dell'Unione europea. Il mondo dell'usato vuole dare piena efficacia a questo principio, nel solco del quale si pone la nostra iniziativa legislativa di disciplina e di promozione.
  Si può creare lavoro a costo zero: riordinare, autorizzare, legittimare e fare sistema sono atti che non richiedono somme ingenti per essere realizzati, eppure possono fornire grandi risultati nel settore del sommerso, nell'inclusione sociale e nella creazione di nuovo lavoro.

PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(Definizioni).

  1. Ai fini della presente legge sono definiti beni usati i beni mobili materiali non registrati, di cui al terzo comma dell'articolo 812 del codice civile, già utilizzati e suscettibili di essere reimpiegati nello stato originario di fatto, previa preparazione per il riutilizzo ai sensi dell'articolo 7, comma 1. Restano salve in ogni caso le disposizioni di leggi speciali applicabili ad alcune tipologie di beni.
  2. Ai fini della presente legge sono definiti operatori dell'usato i soggetti la cui attività è riferibile alla distrazione, raccolta, selezione, riparazione, restauro, preparazione per il riutilizzo, commercializzazione per conto terzi, ingrosso e dettaglio di beni usati, nonché all'organizzazione, sotto forma di organismi collettivi, di fiere e di mercati dell'usato.

Art. 2.
(Istituzione del Consorzio nazionale del riuso).

  1. È istituito il Consorzio nazionale del riuso, di seguito denominato «Consorzio», organismo senza scopo di lucro avente personalità giuridica di diritto privato. Il Consorzio è composto da rappresentanti degli operatori dell'usato ed è retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Esso provvede ai mezzi finanziari necessari per la sua attività attraverso i contributi dei consorziati nonché mediante proventi derivanti dalle diverse attività promosse.
  2. Al Consorzio partecipa con diritto di voto un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  3. Il Consorzio svolge le seguenti funzioni:

   a) promuove la differenziazione nella gestione dei rifiuti favorendo, d'intesa con le pubbliche amministrazioni interessate, la selezione e la diversificazione degli oggetti, in modo da permettere agli operatori dell'usato, nonché ad altre categorie interessate, un più facile accesso ai beni riutilizzabili;

   b) fornisce pareri in materia di riutilizzo e di mercati dell'usato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   c) partecipa al tavolo di lavoro permanente con l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) fornendo indicazioni utili alla realizzazione del Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti;

   d) predispone e coordina la definizione di accordi di programma con regioni, enti locali, altri consorzi e aziende municipalizzate nella gestione dei rifiuti, al fine di favorire la valorizzazione dei mercati dell'usato e la creazione di un sistema integrato per la distrazione, il trasporto e lo stoccaggio dei beni destinati alla filiera del riuso;

   e) garantisce il necessario raccordo tra le associazioni di categoria, gli operatori economici e le pubbliche amministrazioni;

   f) favorisce la costruzione e la ristrutturazione di filiere locali dell'usato nonché la costruzione di reti commerciali in grado di assorbire i prodotti degli impianti di preparazione per il riutilizzo o dei centri del riuso accreditati;

   g) organizza, in accordo con Stato, regioni, enti locali e pubbliche amministrazioni interessate, campagne dirette a favorire la conoscenza del riuso, favorendo la corretta partecipazione dei cittadini alle attività degli operatori dell'usato;

   h) predispone accordi di programma, iniziative e azioni diretti all'orientamento professionale e alla formazione professionale continua nonché azioni dirette alla comunicazione e all'educazione ambientale.

  4. Gli operatori dell'usato che non intendono aderire al consorzio possono organizzare autonomamente, anche in forma collettiva, la gestione dei beni usati nell'intero territorio nazionale, presentando al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il progetto relativo al sistema che intendono istituire.

Art. 3.
(Modifiche alla disciplina sul commercio).

  1. Le attività esercitate dagli operatori dell'usato possono comprendere attività di carattere artigianale, commerciale e di servizi.
  2. L'attività di vendita di beni usati è libera e non necessita dell'autorizzazione prevista dall'articolo 28, comma 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. Tale autorizzazione è sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 luglio 1990, n. 241.
  3. L'operatore ambulante dell'usato può operare:

   a) attraverso le concessioni di posteggio individuale previste dall'articolo 28, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114;

   b) in forma itinerante esclusiva, attraverso la partecipazione a manifestazioni e a mercati organizzati dagli enti o dagli organismi collettivi di cui al comma 6.

  4. È istituita la figura dell'operatore dell'usato di fascia debole, regolamentata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Nelle more dell'emanazione del decreto tale figura coincide con quella di lavoratore svantaggiato definita dall'articolo 2, numero 4), del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014. I soggetti che intendono formarsi come operatori dell'usato di fascia debole devono possedere i medesimi requisiti previsti per l'accesso alle prestazioni sociali agevolate e i ricavi derivanti dall'eventuale attività di commercio di beni usati non devono superare l'importo di 5.000 euro annui.
  5. L'operatore dell'usato di fascia debole può essere autorizzato allo scambio di beni usati attraverso programmi di autopromozione, di inclusione e di coesione sociale gestiti da associazioni, in apposite aree dei mercati di nuova apertura ovvero nelle aree di libero scambio. Tali operatori possono essere inseriti in programmi assistenziali di lavoro appositamente predisposti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con il Consorzio, nonché dagli enti locali, al fine di permettere l'accesso ai contributi stanziati in favore dei lavoratori svantaggiati.
  6. Per i mercati di nuova apertura, ai fini della valorizzazione ecologica dei mercati dell'usato, l'occupazione di suolo pubblico a scopo di commercio di beni usati può essere estesa in favore di associazioni, cooperative, organizzazioni non lucrative di utilità sociale e organismi di carattere collettivo, in qualità di enti organizzatori del mercato stesso. Tali enti, in accordo con la pubblica amministrazione e con il Consorzio, s'impegnano a garantire criteri di trasparenza e di equità nell'insediare i singoli operatori. Le regioni e gli enti locali interessati stabiliscono i criteri per l'assegnazione degli spazi e le regole per l'uso degli stessi, previo accordo con il Consorzio.
  7. Gli operatori dell'usato hobbisti sono coloro che dalla vendita di beni usati ricevono ricavi inferiori a 2.000 euro. Tali soggetti possono partecipare a un massimo di dodici manifestazioni nel corso dell'anno.

Art. 4.
(Obblighi in materia di tracciabilità dei beni usati).

  1. Ai fini della prevenzione dei reati di ricettazione e di riciclaggio previsti dagli articoli 648 e 648-bis del codice penale, gli operatori dell'usato sono tenuti a raccogliere i dati identificativi costituiti dal nominativo, dalla data e dal luogo di nascita, dalla residenza e dal recapito telefonico, dei propri danti causa nelle cessioni di beni usati in conto proprio per un valore superiore a 300 euro per singola transazione e comunque per un valore di 50 euro per ogni bene trattato. I dati raccolti possono essere messi a disposizione dell'autorità di pubblica sicurezza, ove richiesto, e sono conservati per un periodo minimo di cinque anni dalla data della transazione.

Art. 5.
(Mercati dell'usato).

  1. Ai fini della presente legge sono definiti mercati dell'usato:

   a) i mercati storici, esistenti da almeno cinquanta anni e caratterizzati da una continuità merceologica dell'usato;

   b) le fiere e i mercati caratterizzati da varietà merceologica dell'usato;

   c) le fiere e i mercati caratterizzati dall'unitarietà merceologica dell'usato, quali fiere e mercati del libro, del fumetto, del disco e del design;

   d) le aree di libero scambio che hanno una finalità di inclusione sociale e che sono realizzate per consentire l'attività degli operatori dell'usato di fascia debole.

  2. Il Consorzio può avviare, d'intesa con le amministrazioni regionali, provinciali e comunali competenti, progetti per il recupero e lo sviluppo dei mercati dell'usato, provvedendo altresì a segnalare eventuali spazi pubblici per realizzarne di nuovi. I progetti sono aperti alla partecipazione delle associazioni professionali e imprenditoriali interessate e vi possono partecipare, in qualità di espositori, gli operatori dell'usato iscritti al Consorzio.
  3. Gli enti locali provvedono all'individuazione di spazi pubblici per lo svolgimento periodico dei mercati dell'usato tenendo conto dei mercati già esistenti. Per favorire la nascita di nuovi mercati dell'usato ogni comune può predisporre un'area pari a 15 metri quadrati ogni 1.000 abitanti.
  4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti i requisiti minimi che i mercati dell'usato devono avere a tutela dell'ambiente e della concorrenza, ferme restando le competenze delle regioni e degli enti locali in materia di commercio.
  5. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione del presente articolo con l'utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, fatto salvo l'accesso ai fondi previsti dall'articolo 14.

Capo II
DISPOSIZIONI IN MATERIA AMBIENTALE E URBANISTICA

Art. 6.
(Tutela dei mercati storici).

  1. Le regioni, le province e i comuni, qualora non abbiano già provveduto, sono tenuti a stabilire criteri idonei per l'attribuzione a un mercato della qualifica di storico, a valenza storica di tradizione o di particolare pregio. I medesimi enti sono altresì tenuti a favorire la conservazione della realtà storica salvaguardando i tratti caratteristici di tali mercati e incentivando la vendita di categorie merceologiche conformi a quelle presenti in passato o caratterizzanti la realtà locale. Le regioni si impegnano a stanziare annualmente parte dei fondi destinati alla valorizzazione della cultura per la promozione dei mercati storici.

Art. 7.
(Modifiche alla disciplina in materia di centri di raccolta e istituzione di un sistema integrato di gestione).

  1. Ai fini del presente articolo sono definiti riutilizzo qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti e preparazione per il riutilizzo le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui i prodotti o i componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, con proprio decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla definizione di un catalogo esemplificativo di prodotti e di rifiuti di prodotti sottoposti a riutilizzo o a preparazione per il riutilizzo, nonché all'individuazione di criteri semplificati per la preparazione per il riutilizzo.
  2. Al fine di facilitare la prevenzione nella produzione dei rifiuti garantita dalla filiera degli operatori dell'usato, i rifiuti urbani domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti a uso di civile abitazione, di cui all'articolo 184, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non perdono tale classificazione di origine se conferiti al sistema di raccolta dagli operatori dell'usato accreditati mediante un accordo quadro tra l'Associazione nazionale dei comuni italiani e il Consorzio.
  3. Presso ogni centro di raccolta è organizzata un'area apposita destinata alla separazione delle frazioni riutilizzabili, al fine di non riciclare oggetti suscettibili di essere riutilizzati e di garantire il loro non deterioramento.
  4. Le pubbliche amministrazioni possono promuovere raccolte dedicate o metodi di raccolta che, compatibilmente con le esigenze tecniche ed economiche, consentano la destinazione dei rifiuti alla preparazione per il riutilizzo in attuazione dei criteri di priorità nella gestione dei rifiuti stabiliti dalla legislazione vigente. A tale scopo possono essere previsti gli adeguamenti tecnici necessari presso i centri di raccolta e l'istituzione di servizi di raccolta innovativi. I comuni e i gestori del servizio di raccolta dei rifiuti organizzano la filiera locale del riutilizzo in accordo con le reti locali di riutilizzo e di riparazione accreditate, che rappresentano attività commerciali, associazioni di operatori dell'usato, operatori hobbisti, organizzatori di mercati dell'usato, cooperative ed enti di solidarietà.

Art. 8.
(Insediamento degli operatori dell'usato nel territorio urbano).

  1. Le attività degli operatori dell'usato possono essere esercitate, a parità di condizioni con gli altri operatori del commercio, in spazi a destinazione urbanistica di tipo produttivo-artigianale finalizzata al mantenimento e all'espansione delle potenzialità economico-produttive del territorio urbano.

Capo III
DISPOSIZIONI IN MATERIA FISCALE E PREVIDENZIALE

Art. 9.
(Aspetti fiscali e previdenziali).

  1. In quanto settore di pubblica utilità, gli enti locali prevedono apposite misure di agevolazione, incentivo e defiscalizzazione in favore del riutilizzo, anche al fine di favorire l'emersione dello stesso settore.
  2. Tenuto conto del positivo impatto sull'ambiente e sulla salute umana del riutilizzo, nonché della sua importanza e strategicità per lo sviluppo socio-economico locale, il regime dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) dell'immissione in commercio dei beni usati e dei servizi a esso collegati è equiparato al regime dell'IVA stabilito per i rottami, ai sensi dell'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
  3. Ai fini delle tariffe locali sui rifiuti, gli enti locali tengono conto della valenza ambientale delle attività di riutilizzo, in attuazione del principio chi inquina paga, prevedendo apposite agevolazioni.

Art. 10.
(Regimi fiscali particolari per gli operatori dell'usato).

  1. Gli operatori ambulanti dell'usato che esercitano l'attività esclusivamente in forma itinerante e con un reddito annuo non superiore a 15.000 euro hanno diritto a un regime fiscale agevolato, stabilito con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  2. Gli operatori dell'usato hobbisti sono tenuti al versamento di una somma pari al 25 per cento dell'importo totale della tassa sui rifiuti (TARI) in caso di partecipazione a manifestazioni organizzate dai comuni. La somma è versata in anticipo al comune, che provvede a devolvere la quota di competenza allo Stato e alla regione.
  3. Gli operatori dell'usato di fascia debole non sono tenuti al pagamento dell'IVA e della TARI.

Capo IV
DISPOSIZIONI FINALI

Art. 11.
(Lavoro e formazione).

  1. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede all'inserimento nei programmi dedicati all'orientamento e alla formazione professionali di adeguate informazioni sulle attività del settore dell'usato e sul riutilizzo, nonché alla promozione di tali attività attraverso il sito web istituzionale dello stesso Ministero, i servizi di orientamento al lavoro e di creazione d'impresa, nonché di ogni altro mezzo di comunicazione ritenuto idoneo.
  2. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con il Consorzio, individua altresì gli strumenti necessari per favorire l'accesso da parte degli operatori dell'usato a eventuali fondi dell'Unione europea e a ulteriori forme di agevolazioni in materia di lavoro e di formazione professionale.

Art. 12.
(Educazione e sensibilizzazione ambientali).

  1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede all'inserimento, nei programmi dedicati alla prevenzione della produzione di rifiuti e all'educazione e alla comunicazione ambientali, di azioni e di interventi sulle attività del settore dell'usato, sul riutilizzo e sulla preparazione per il riutilizzo.
  2. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Consorzio, individua gli strumenti necessari per favorire l'accesso da parte degli operatori dell'usato a eventuali fondi dell'Unione europea e a ulteriori forme di agevolazioni in materia di politiche culturali, educative e di sensibilizzazione di carattere ambientale.

Art. 13.
(Spazi per il deposito e lo scambio di merci ai fini dell'inclusione sociale).

  1. Gli enti locali, d'intesa con il Consorzio, provvedono a mettere a disposizione zone per il deposito e per lo scambio di beni usati ai fini dell'inclusione sociale.

Art. 14.
(Fondi regionali).

  1. All'attuazione della presente legge si provvede mediante appositi fondi stanziati dalle regioni con proprie leggi nonché mediante il prelievo di una somma pari a 0,50 centesimi di euro delle dichiarazioni dei redditi relativi all'imposta sul reddito delle persone fisiche secondo le modalità stabilite con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Consorzio, da emanare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 15.
(Obiettivi di riutilizzo e di preparazione per il riutilizzo, di riduzione di emissioni di anidride carbonica e di consumo energetico).

  1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Consorzio e in conformità alle norme dell'Unione europea, fissa obiettivi quantitativi di riutilizzo e di preparazione per il riutilizzo, nonché di riduzione di emissioni di anidride carbonica e di consumo energetico a seguito dello sviluppo del settore dell'usato e del riutilizzo. A tali fini, le relative attività possono essere accreditate quali certificati verdi o bianchi.

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