FRONTESPIZIO

RELAZIONE

RELAZIONE TECNICA

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 587

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del
CONSIGLIO REGIONALE DELLE MARCHE

Modifica al decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale

Presentata il 9 maggio 2018

  Onorevoli Deputati! — Per illustrare questa proposta di legge, da sottoporre per la sua approvazione al Parlamento nazionale, trattandosi di materia di sua competenza, ci piace iniziare domandando se quella di lavorare la domenica è una vera libertà.
  Stiamo perdendo occasioni preziose per giocare con i nostri figli, trascorrere la domenica in famiglia a perdere tempo con i nostri figli. La crisi economica ci spinge a questo, a perdere lo spazio della gratuità e la dignità del lavoro.
  Come ricorderete, con il famoso decreto «Salva Italia» a firma di Mario Monti, nel tentativo di rilanciare l'economia del nostro Paese e incrementare i posti di lavoro, tra le altre cose si liberalizzavano le aperture festive nel commercio. Risultati? Nessun aumento dei posti di lavoro, né dei consumi, tanto che già a distanza di quattro anni se ne poteva, a buon diritto, stabilire il fallimento.
  È vero, possiamo permetterci di spendere i nostri soldi acquistando bistecche o profumi anche a mezzanotte di Ferragosto o Natale, ma l'occupazione nel commercio non è aumentata, anzi, così come la concorrenza non ha diminuito i prezzi. Se è vero che i negozi aperti la domenica sono positivi per quei cittadini che durante la settimana stentano a trovare il tempo per la spesa o per un giro a guardar vetrine, dietro alle liberalizzazioni previste nel decreto «Salva Italia», dai dati sulle vendite domenicali e festive, emergono due fallimenti. Il primo è che, seppur la domenica qualcosa si vende, quell'incasso corrisponde al minore introito della settimana, ovvero le minori vendite dal lunedì al sabato, proprio perché la gente sa che può acquistare la domenica. Il secondo dato, che è quello più allarmante e preoccupante, riguarda l'aspettativa di un aumento delle assunzioni con creazioni di posti di lavoro proprio per fronteggiare un orario più ampio di apertura dei negozi. Risultato? Zero assunzioni in più poiché ai dipendenti viene fatto fruire del riposo settimanale a rotazione nei giorni feriali.
  Le conseguenze negative delle liberalizzazioni si sono anche riversate sui piccoli commercianti, che non riescono assolutamente a reggere i costi di gestione di 365 giorni di apertura, con il conseguente impoverimento dell'offerta commerciale nei centri abitati e, in particolare, dei centri storici che si stanno letteralmente svuotando a favore delle cittadelle del consumo.
  I risultati, quindi, sono stati quelli di aumentare a dismisura i giorni di apertura di ogni centro commerciale; di creare concorrenza letale nei confronti dei piccoli e medi operatori; di produrre una certa pressione nei confronti dei dipendenti delle catene di distribuzione i cui contratti, ultimamente, prevedono sempre clausole individuali in deroga ai contratti collettivi e alla legge, e in questi contratti si richiede, pena la non assunzione, la disponibilità a lavorare nei dì di festa e anche la notte. Apposta la firma, si trova il lavoro, ma si è persa la vita privata.
  Vanno sottolineate anche altre motivazioni, meno economico-finanziarie ma certamente altrettanto importanti. I lavoratori, e ce lo ricordiamo tutti, hanno lottato per anni per avere il diritto al riposo settimanale da dedicare alla propria famiglia, al relax e a quello che ognuno crede opportuno. Non abbiamo bisogno di «svendere» anche questo nostro tempo libero al consumismo e riteniamo continui a essere più salutare una passeggiata al parco o una giornata a giocare con i propri figli che un giro al centro commerciale, che il più delle volte accresce la frustrazione di famiglie che tanto non possono permettersi di comprare alcunché, quindi la prospettata crescita dei consumi resta solo sulla carta.
  Le festività laiche e religiose si stanno impoverendo del loro significato originario riducendosi a semplici giorni di consumismo, ci sono festività in cui si deve stare chiusi perché ciò che rappresentano sono la stessa coesione sociale e le radici di un popolo, questo sia sul fronte civile che religioso. E chi lavora nel settore peggiora evidentemente le proprie condizioni di vita.
  Cosa succede in Europa? Vediamo velocemente cosa avviene nei Paesi vicino a noi.
  Austria: dal lunedì al venerdì orario 06.00-21.00, sabato 06.00-18.00, domeniche e vacanze pubbliche chiusura ad eccezione delle aree turistiche.
  Germania: l'organizzazione degli orari di apertura è di competenza dei Länder. Così, anche se c'è la possibilità a livello nazionale dell'apertura 24 ore su 24 dal lunedì al sabato, alcuni Länder prevedono il limite di orario 06.00-22.00 e altri il limite di orario 06.0-20.00. La domenica è giorno di chiusura con alcune eccezioni: per panetterie, fiorai, edicole, musei, stazioni ferroviarie, aeroporti, resorts e luoghi di pellegrinaggio. I regolamenti consentono l'apertura domenicale solo in casi eccezionali.
  Francia: non vi è alcuna restrizione di orario dal lunedì al sabato. La domenica e i giorni festivi i negozi di food possono aprire fino alle 13.00. Per 5 domeniche all'anno, poi, il sindaco può chiedere un'estensione dell'orario di apertura. Nelle zone turistiche e termali le aperture sono libere. E nelle città con più di 1 milione di abitanti e con forte tendenza al consumo, il prefetto può individuare, in deroga alla chiusura, le zone PUCE (Périmètres d'Usage de Consommation Exceptionnel).
  Spagna: dal lunedì al venerdì gli orari sono regolati da una normativa regionale, non vi sono restrizioni solo per i negozi di dimensione inferiore ai 150 mq. Il sabato non vi è alcuna limitazione. Sulle deroghe domenicali interviene ancora la normativa regionale, anche se è comunque solitamente autorizzata l'apertura per 12 giornate festive nel corso dell'anno.
  Belgio: nel Paese dove ha sede il Parlamento europeo l'orario da rispettare è limitato dalle 05.0 alle 20.00 nei giorni feriali e dalle 05.00 alle 21.00 ogni venerdì e nei giorni feriali pre-festivi. Domenica è considerato giorno di riposo settimanale, con la possibilità, da parte del commerciante, di sostituirlo con un altro giorno. Possono aprire 7 giorni su 7 i negozi al dettaglio (però con orario 05.00-12.00); quelli di forniture e i negozi di giardinaggio (per un massimo di 40 domeniche all'anno, con orario 05.00-20.00); le catene di alimentari con meno di 5 impiegati, macellai, panetterie, edicole, fiorai e negozi insediati in zone turistiche (con orario 05.00-20.00). Ulteriori eccezioni: la possibilità di apertura la domenica prima di Natale e 2 domeniche a scelta. Per quanto riguarda i super/ipermercati, questi possono restare aperti 3 domeniche all'anno.
  Regno Unito: dal lunedì al sabato non vi è alcuna restrizione di orari. Durante le domeniche e i giorni di festa i negozi inferiori ai 280 mq sono liberi di aprire, quelli più grandi possono aprire dalle 10.00 alle 18.00. A Natale e Pasqua le grandi superfici di vendita non possono aprire.
  Paesi Bassi: dal lunedì al sabato l'orario di apertura stabilito è 06.00-22.00. La domenica e i festivi sono considerati giorno di chiusura. Il Governo può autorizzare fino ad un massimo di 12 aperture domenicali per anno. La vigilia di Natale, il Venerdì Santo e il 4 maggio c'è l'obbligo di chiusura alle 19.00. Eccezioni sono previste per le stazioni di benzina.
  Grecia: dal lunedì al venerdì l'orario è 05.00-21.00 (l'eventuale estensione dell'apertura è decisa dal prefetto). Il sabato 05.00-20.00. La domenica è giorno di chiusura obbligatorio eccetto per stazioni di benzina, bar, caffetterie, pasticcerie, negozi fotografici, fiorai, antiquariati. Il prefetto, d'accordo con le parti sociali, può autorizzare l'apertura di altri tipi di negozi. I negozi sono aperti, inoltre, la domenica prima di Natale e il 31 dicembre anche se coincide con la domenica.
  In Italia invece siamo in un regime di totale deregolamentazione, è il singolo datore di lavoro/imprenditore che può decidere se e quando aprire (senza particolari limiti nemmeno sugli orari), nessuno può contestarne le scelte (alcuni comuni che hanno provato ad impedire le aperture hanno subìto e perso i ricorsi ai TAR da parte delle aziende) a prescindere dalle reali necessità dei territori.
  Chiudere i negozi nelle giornate festive più importanti, quindi, è segno di civiltà in quanto l'apertura nelle giornate festive porta con sé la mercificazione delle feste e ne svuota il senso affermando un falso principio: che nulla ha più valore davanti alle ragioni economiche e che la società è libera di consumare in ogni luogo, in ogni ora e ogni giorno della settimana.
  È per questo che chiediamo ai nostri parlamentari di approvare al più presto i vari disegni di legge che disciplinano gli orari di apertura degli esercizi commerciali per una modifica del decreto «Salva Italia» che determini la chiusura nelle giornate festive laiche e religiose e ripristini fattivamente la possibilità per gli enti locali e le parti sociali di poter definire la programmazione delle aperture degli esercizi commerciali per sostenere uno sviluppo sostenibile del commercio, favorendo la coniugazione dei tempi di vita e di lavoro e tenendo conto delle diverse peculiarità territoriali.
  Pur non volendo disconoscere il grande valore del lavoro e la grave situazione di crisi che morde anche nel nostro territorio, tuttavia è nota l'importanza della domenica, viene meno la fondamentale possibilità di condividere tempo libero e interessi con evidenti ripercussioni sulla qualità della vita familiare e di relazione, costringendo imprenditori e lavoratori a sacrificare il giorno di riposo, sottraendolo al calore della famiglia e dimenticando il rispetto di quei valori etici e morali da sempre parte integrante del nostro patrimonio sociale.
  Il tema della conciliazione dei tempi di vita-famiglia e lavoro per le lavoratrici e imprenditrici è riconosciuto come centrale nella legislazione nazionale con particolare riferimento all'evento della maternità; esso deve altresì essere supportato anche nella ordinaria quotidianità; occorre pertanto garantire alle donne lavoratrici e imprenditrici la possibilità di comporre efficacemente, anche e in particolare nei giorni festivi, le esigenze familiari e di cura (dei figli, degli anziani, della famiglia) con le proprie attività lavorative e professionali.
  Giova ricordare anche che la Costituzione italiana, all'articolo 36, afferma che «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non può rinunziarvi». All'articolo 4 recita «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società».

RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).

  La presente proposta di legge non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA REGIONALE

Art. 1.
(Disposizioni in materia di apertura degli esercizi commerciali).

  1. La lettera d-bis) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è abrogata.
  2. Dopo il comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, come da ultimo modificato dal presente articolo, è inserito il seguente:

   «1-bis. Ai sensi delle disposizioni dell'ordinamento dell'Unione europea in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire quanto sancito dalla Costituzione all'articolo 36 in tema di riposo settimanale del lavoratore, le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte rispettando gli orari di apertura e chiusura, l'obbligo della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio nonché la facoltà di apertura domenicale e festiva per un massimo di dodici giornate l'anno, escluse, comunque, le seguenti festività: Capodanno, Epifania, Pasqua, Lunedì dell'Angelo, Anniversario della Liberazione, Festa del lavoro, Festa della Repubblica, Ferragosto, Tutti i Santi, Immacolata Concezione, Natale e Santo Stefano».

Art. 2.
(Compiti delle regioni e dei comuni).

  1. Per la facoltà di apertura prevista dalle disposizioni di cui all'articolo 1, le regioni dispongono un piano triennale tenendo in considerazione la vocazione turistica del territorio e le esigenze della clientela rispetto alle diverse categorie merceologiche.
  2. I comuni registrano il regime delle aperture facoltative deciso dai singoli esercenti e lo trasmettono alle regioni.

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