FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 755

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
CARFAGNA, PRESTIGIACOMO, GELMINI, OCCHIUTO, CASCIELLO, CRISTINA, BARTOLOZZI, BATTILOCCHIO, BENIGNI, BERGAMINI, BIANCOFIORE, CAPPELLACCI, D'ETTORE, FASANO, FATUZZO, FERRAIOLI, FIORINI, FITZGERALD NISSOLI, GAGLIARDI, GERMANÀ, GIACOMETTO, GIACOMONI, MANDELLI, MARIN, MARROCCO, MAZZETTI, MILANATO, NOVELLI, RIPANI, ROSSELLO, ROTONDI, RUFFINO, SOZZANI, PALMIERI, PELLA, PENTANGELO, PETTARIN, PITTALIS, ROSSO, SACCANI JOTTI, SARRO, SCOMA, SQUERI

Concessione di un credito d'imposta in favore delle imprese per il riequilibrio dei tassi di occupazione maschile e femminile

Presentata il 20 giugno 2018

  Onorevoli Colleghi! — L'Italia, nel 2016, ha registrato un tasso di occupazione pari al 50,6 per cento per le donne di età compresa tra venti e sessantaquattro anni. Un livello inferiore rispetto al nostro Paese, nell'Unione europea, si registra solo in Grecia, con un tasso di occupazione femminile pari al 46 per cento. Nel Mezzogiorno, peraltro, la situazione risulta ancora più preoccupante: solo il 31 per cento delle donne ha un lavoro.
  Negli ultimi dieci anni, la presenza femminile sul mercato del lavoro è infatti aumentata, ma non in misura sufficiente per segnare una vera inversione di tendenza rispetto al passato. Peraltro, benché meno della metà delle donne italiane non abbia un lavoro, il tasso di fecondità è inferiore a quello della media dei Paesi sviluppati – 1,4 contro 1,6 figli per donna – a dimostrazione del fatto che l'occupazione femminile non incide in senso negativo sulla natalità, semmai la favorisce.
  Più donne occupate significa, in sostanza, più crescita. Se il tasso di occupazione femminile italiano salisse al 60 per cento, ossia alla media europea, la ricchezza per abitante aumenterebbe di circa un punto percentuale all'anno: un contributo importante per un'economia come la nostra, la cui crescita è la metà della media europea.
  Come ha scritto l'economista Veronica De Romanis, l'unico modo per sanare una situazione «molto distorta» è probabilmente quello di introdurre una «distorsione» temporanea di segno opposto.
  Per usare un termine più accattivante rispetto a «distorsione», potremmo parlare di «incentivi positivi», «pungolo», «scossa».
  Un primo esempio in tal senso può essere rappresentato dall'introduzione di una misura denominata: «una donna fa la differenza», in forza della quale, per ogni assunzione di una donna a tempo pieno o parziale, con contratto almeno annuale, aggiuntiva rispetto al numero dei contratti dell'anno precedente, l'impresa riceve un credito fiscale pari all'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) calcolata sul contratto delle lavoratrici aggiuntive.
  Per evitare di incorrere in obiezioni di natura costituzionale in relazione al principio di eguaglianza, la misura che si prevede di introdurre con questa proposta di legge non è riferita espressamente alle donne, ma al riequilibrio dei tassi di occupazione maschile e femminile a livello territoriale e di impresa, incentivando le assunzioni di lavoratori appartenenti al sesso per cui si registra il più basso tasso di occupazione nella regione in cui ha sede l'impresa.
  In particolare, quindi, l'articolo 1, al comma 1, prevede che ai soggetti titolari di reddito d'impresa i quali, dal 1° gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2020, effettuano nuove assunzioni di personale appartenente al sesso con il più basso tasso di occupazione nella regione in cui ha sede l'azienda, con contratto a tempo indeterminato o a tempo determinato, è attribuito un credito d'imposta di importo pari all'imposta sul reddito, calcolata sul valore della retribuzione erogata, per ciascuna unità lavorativa aggiuntiva del sesso indicato, risultante dalla differenza tra il numero dei lavoratori di tale sesso rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori del medesimo sesso occupati nei dodici mesi precedenti alla data di assunzione. Il criterio è identico per le assunzioni con contratto di lavoro sia a tempo pieno, sia a tempo parziale, essendo diversa soltanto la base retributiva su cui sono calcolati l'imposta e il corrispondente ammontare del beneficio.
  Il comma 2 dell'articolo 1 precisa che il credito d'imposta si applica alle imprese in attività alla data di entrata in vigore della legge; per le imprese costituite successivamente a tale data, il credito d'imposta si applica avendo riguardo al numero complessivo delle assunzioni aggiuntive di personale del sesso determinato ai sensi del comma 1, realizzate in ciascun periodo d'imposta rispetto al precedente.
  Il comma 3 stabilisce che il credito d'imposta va ripartito e utilizzato in quote annuali di pari importo e deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale è riconosciuto e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d'imposta successivi nei quali è utilizzato. Inoltre, il medesimo comma 3 chiarisce che tale misura:

   1) non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi dovute dall'imprenditore né del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);

   2) non concorre alla determinazione del rapporto rilevante ai fini della deducibilità degli interessi passivi, delle spese e degli altri componenti negativi (articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917);

   3) è utilizzabile esclusivamente in compensazione, mediante il modello F24, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

  La prima quota annuale del credito d'imposta è utilizzabile a decorrere dal 1° gennaio del periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata effettuata l'assunzione; i fondi occorrenti per la regolazione contabile delle compensazioni esercitate sono stanziati su apposito capitolo di spesa nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il successivo trasferimento sulla contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate-Fondi di bilancio».
  Ai sensi del comma 4 dell'articolo 1 della proposta di legge, il credito d'imposta in questione è sempre revocato: 1) in caso di riduzione del numero annuo dei lavoratori del sesso determinato ai sensi del comma 1 impiegati nell'azienda con contratto di lavoro a tempo indeterminato; 2) se i nuovi contratti di lavoro a tempo determinato hanno durata inferiore a un anno.
  Nelle ipotesi di indebito utilizzo del credito d'imposta previste dal comma 4, l'importo da restituire è versato entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sui redditi dovuta per il periodo d'imposta in cui si verificano le ipotesi ivi indicate (comma 5). Qualora, poi, a seguito dei controlli, l'amministrazione finanziaria accerti l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta per il mancato rispetto delle condizioni richieste, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge (comma 6).
  L'accesso a tale credito di imposta è limitato dal comma 7 alle sole imprese operanti almeno in una delle otto regioni italiane in cui è più basso il tasso di occupazione del sesso meno rappresentato, secondo quanto annualmente rilevato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
  Qui di seguito sono riportati i dati del tasso di occupazione rilevati trimestralmente dall'ISTAT su base regionale per gli anni 2016 e 2017, estratti in data 6 giugno 2018.

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  Il comma 8 dell'articolo 1 della proposta di legge reca la copertura degli oneri finanziari del provvedimento, valutati in 30 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2019 e 2020, cui si provvede a valere sulla quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2014-2020, di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
  Con riferimento al Fondo per lo sviluppo e la coesione si rileva che, accanto ai fondi strutturali europei, lo Stato dispone, per la politica di coesione, di un Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), ex Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), che attua l'obiettivo costituzionale di «rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona».
  Il Fondo per lo sviluppo e la coesione fu costituito per essere lo strumento generale di governo e di sviluppo della nuova politica regionale nazionale per la realizzazione di interventi nelle aree sottoutilizzate che, ai sensi dell'articolo 27, comma 16, della legge n. 488 del 1999 (legge finanziaria 2000), comprendevano le sei regioni dell'obiettivo 1 (Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna, Sicilia); la regione Abruzzo, in considerazione della scarsa durata, nel passato ciclo di programmazione, del sostegno transitorio (phasing out) dall'obiettivo 1 a favore di questo territorio; la regione Molise in regime di sostegno transitorio (phasing out) dall'obiettivo 1; le aree del centro-nord destinatarie dei fondi europei nel successivo ciclo di programmazione (aree obiettivo 2); le aree del centro-nord comprese nella precedente programmazione europea e beneficiarie quindi del regime di sostegno transitorio (phasing out dagli obiettivi 2 e 5b); le zone beneficiarie di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
  Lo scopo del Fondo è conseguire una maggiore capacità di spesa in conto capitale, oltre che per consentire un riequilibrio economico e sociale, anche per soddisfare il principio di addizionalità, ma altresì convogliare in un unico contenitore tutte le risorse disponibili stanziate da disposizioni legislative con finalità di riequilibrio economico e sociale. Affluisce quindi al Fondo una serie di risorse finanziarie dapprima previste da distinti provvedimenti legislativi, permettendo una visione più chiara e trasparente degli stanziamenti destinati a interventi speciali e aggiuntivi per le aree sottoutilizzate.
  Le risorse del Fondo vengono, quindi, impiegate per il finanziamento di strumenti rientranti in due gruppi principali: gli investimenti pubblici per infrastrutture materiali e immateriali (il completamento delle infrastrutture dell'intervento straordinario; gli investimenti pubblici in infrastrutture materiali e immateriali realizzati dalle regioni e dalle amministrazioni centrali attraverso accordi di programma quadro o strumenti diversi; programma di accelerazione della spesa) e gli incentivi a soggetti privati (misure a favore dell'autoimpiego e dell'autoimprenditorialità; crediti d'imposta per gli investimenti; crediti d'imposta per l'occupazione nel Mezzogiorno; crediti d'imposta per campagne pubblicitarie localizzate; contratti di filiera agroalimentare; finanziamento alle imprese per il completamento dei programmi dell'intervento straordinario; contratti di programma; patti territoriali; contratti d'area; attrazione degli investimenti esteri nelle aree sottoutilizzate; copertura degli interessi derivanti dall'attivazione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese nelle aree sottoutilizzate; costituzione di fondi per l'investimento in capitale di rischio della piccole e medie imprese; Fondo per la competitività e lo sviluppo).
  Nel bilancio di previsione per il triennio 2018-2020 (legge n. 205 del 2017 e relativo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 28 dicembre 2017 di ripartizione delle dotazioni dei singoli programmi di spesa in capitoli), il Fondo per lo sviluppo e la coesione – iscritto nel capitolo 8000 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze – presenta una dotazione complessiva pari a 4.879 milioni di euro per il 2018, a 5.727,8 milioni di euro per il 2019 e a 6.049,8 milioni di euro per il 2020, pressoché interamente destinati agli interventi rientranti nel nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, ad eccezione di 670 milioni di euro relativi al 2019, che riguardano il precedente ciclo di programmazione FSC 2007-2013, e della quota delle risorse (517 milioni di euro per il 2018 e 514,3 milioni di euro per il 2019) destinate alla realizzazione degli interventi di riqualificazione urbana, una parte delle quali provenienti dal Fondo per il finanziamento degli investimenti e per lo sviluppo infrastrutturale (articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016).
  Al monitoraggio degli oneri derivanti dall'applicazione della legge e all'adozione delle misure conseguenti in caso di scostamenti rispetto alle previsioni si provvederà ai sensi dell'articolo 17, commi da 12 a 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  Infine, l'articolo 2 della presente proposta di legge reca disposizioni relative all'entrata in vigore.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. Ai soggetti titolari di reddito d'impresa che, dal 1° gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2020, effettuano nuove assunzioni, con contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato, di personale appartenente al sesso con il più basso tasso di occupazione nella regione in cui ha sede l'azienda è attribuito un credito d'imposta di importo pari all'imposta sul reddito, calcolata sul valore della retribuzione erogata, per ciascuna unità lavorativa aggiuntiva del sesso indicato, risultante dalla differenza tra il numero dei lavoratori di tale sesso rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori del medesimo sesso occupati nei dodici mesi precedenti la data di assunzione.
  2. Il credito d'imposta di cui al comma 1 si applica alle imprese in attività alla data di entrata in vigore della presente legge. Per le imprese costituite successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, il credito d'imposta si applica avendo riguardo al numero complessivo delle assunzioni aggiuntive di personale del sesso determinato ai sensi del comma 1, realizzate in ciascun periodo d'imposta rispetto al precedente.
  3. Il credito d'imposta di cui al comma 1 è ripartito e utilizzato in quote annuali di pari importo. Esso è indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale esso è riconosciuto e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d'imposta successivi nei quali è utilizzato. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito agli effetti delle imposte sui redditi né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. La prima quota annuale è utilizzabile a decorrere dal 1° gennaio del periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata effettuata l'assunzione. I fondi occorrenti per la regolazione contabile delle compensazioni esercitate ai sensi del quarto periodo sono stanziati in apposito capitolo di spesa nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il successivo trasferimento alla contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio».
  4. Il credito d'imposta di cui al comma 1 è sempre revocato:

   a) in caso di riduzione del numero annuo dei lavoratori del sesso determinato ai sensi del comma 1 impiegati nell'azienda con contratto di lavoro a tempo indeterminato;

   b) se i nuovi contratti di lavoro a tempo determinato hanno durata inferiore a un anno.

  5. Nei casi di cui al comma 4, il credito d'imposta indebitamente utilizzato è restituito mediante versamento da eseguire entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sui redditi dovuta per il periodo d'imposta in cui si verifica una delle ipotesi ivi indicate.
  6. Qualora, a seguito dei controlli, sia accertata l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta di cui al comma 1 per il mancato rispetto di alcuna delle condizioni richieste dalla presente legge, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge.
  7. Possono beneficiare del credito d'imposta di cui al presente articolo soltanto le imprese operanti in almeno una delle otto regioni italiane in cui è più basso il tasso di occupazione del sesso meno rappresentato, secondo quanto annualmente rilevato dall'Istituto nazionale di statistica.
  8. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in 30 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2019 e 2020, si provvede a valere sulla quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione – programmazione 2014-2020, di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

Art. 2.

  1. La presente legge entra in vigore il 1° gennaio 2019.

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