TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 134 di Mercoledì 27 febbraio 2019

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL CONTRASTO ALL'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA E ALLE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI STRANIERE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA COSIDDETTA MAFIA NIGERIANA

   La Camera,

   premesso che:

    il 28 gennaio 2019 la squadra mobile di Catania ha arrestato sedici persone accusate di far parte di una banda di spacciatori di droga che aveva una propria «cellula» a Catania e base operativa nel centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo;

    le persone fermate appartengono tutte alla mafia nigeriana, attiva in tutta Italia e sulla quale è attualmente in corso un'indagine congiunta tra il Servizio centrale operativo della Polizia italiana, l'Fbi statunitense e la polizia canadese nella zona di Castelvolturno, e sono accusate di associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope e violenza sessuale aggravata;

    l'inchiesta di Castelvolturno sta confermando l'estrema efferatezza dei crimini commessi da tale organizzazione criminale, attiva in Italia da ormai oltre vent'anni, che dispone di un vero e proprio esercito di immigrati, per la gran parte irregolari, su cui contare come manovalanza: «da Destra Volturno a Pescopagano, e lungo la Domitiana, l'esercito di immigrati che una stima approssimativa calcola in quindicimila, è ostaggio della mafia nigeriana. Che spaccia, minaccia, fa traffico di organi e ha praticamente potere di vita e di morte sugli altri connazionali, sui ghanesi e sugli ivoriani»;

    secondo alcune stime gli affiliati alla mafia nigeriana in Italia sarebbero centomila e costituiscono «un gruppo ramificato e potente, che rappresenta una seria minaccia all'ordine pubblico e al vivere civile»;

    la distribuzione sul territorio è stata confermata dalla relazione annuale della Direzione nazionale antimafia dell'aprile 2017: «I gruppi criminali nigeriani, difatti, operano su buona parte del territorio nazionale, comprese le regioni ove risulta forte il controllo della criminalità endogena, come nel caso della Campania e della Sicilia. Da sempre attivi in Piemonte, Veneto e Campania, hanno progressivamente esteso la loro presenza criminale anche in altre aree del territorio nazionale, quali le regioni adriatiche (in particolare Marche ed Abruzzo), la Capitale, le due isole maggiori e, più recentemente, in Puglia»;

    ancora in merito alla mafia nigeriana, nella relazione della Direzione nazionale antimafia si legge: «Quanto ai sodalizi nigeriani, si tratta di gruppi fortemente caratterizzati dalla comune provenienza etnico-tribale dei suoi membri. Tali elementi garantiscono a ciascun sodalizio un'elevata compattezza interna che ne consente un'efficace operatività nonostante la ricorrente suddivisione in cellule, attive in diverse aree territoriali nonché il riconoscimento dei caratteri dell'associazione mafiosa in diversi procedimenti penali. Le numerose attività repressive condotte nei confronti di nigeriani, operativi prevalentemente nella tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti e nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, consentono di delineare alcuni fattori che ne hanno favorito la specializzazione soprattutto con riferimento al narcotraffico»;

    gli arresti effettuati nel centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo non solo confermano il legame tra centri di accoglienza e criminalità organizzata straniera, ma dimostrano le attività di tali gruppi criminali nella gestione dell'immigrazione illegale, posto che alcuni dei fermati avrebbero anche collaborato con i trafficanti di esseri umani in Libia;

    secondo la Direzione nazionale antimafia «i migranti di etnia nigeriana rappresentano la nazionalità prevalentemente dichiarata al momento degli sbarchi; appare dunque evidente come l'incremento dei flussi migratori illegali (...) rappresenti un florido bacino che va ad alimentare i gruppi criminali della relativa matrice etnica, perlopiù attivi nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti, nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e nei reati a questa correlati»;

    non va sottovalutato, inoltre, che in Nigeria si sta diffondendo un forte integralismo islamico, fatto che, attraverso la massiccia immigrazione di nigeriani, potrebbe aumentare la minaccia terroristica per la nostra Nazione;

    nonostante il fatto che già nel gennaio del 2005 i nostri servizi di intelligence e il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno avevano allertato le squadre mobili di ben ventisei questure e i comandi generali dei carabinieri e della guardia di finanza sulla «evoluzione dei sodalizi malavitosi di quell'etnia attivi in Italia», grazie a una scellerata politica migratoria che ha aperto le porte della nostra Nazione senza alcun controllo a centinaia di migliaia di persone, e grazie a una disattenzione verso il fenomeno, la mafia nigeriana ha assunto una dimensione, una pericolosità e una distribuzione sul territorio che impongono di adottare provvedimenti urgenti e concreti per il suo contrasto;

    la politica di chiusura dei porti sta dando efficaci risultati sotto l'aspetto della riduzione del numero di immigrati che arrivano in Italia ma sta esponendo la nostra Nazione a continue ed estenuanti trattative con gli altri Stati dell'Unione europea che dovrebbero farsi carico dei migranti secondo il principio della redistribuzione;

    la totale assenza, nell'Unione, di un approccio burden sharing in merito all'ondata migratoria si è riversata per anni sulla nostra Nazione lasciata sola ad accogliere e soprattutto ad ospitare in seguito le migliaia di migranti in arrivo attraverso il Mediterraneo;

    il caso della nave «Diciotti» dimostra chiaramente come la soluzione ai tentativi di immigrazione irregolare non sia tanto chiudere i porti quanto impedire ai barconi di partire, perché solo questo potrà porre l'Italia al riparo dalla polemica con gli altri Stati dell'Unione europea per l'accoglienza dei migranti;

    in occasione del vertice di Malta, svoltosi nel febbraio del 2017, tra le ipotesi dibattute per contrastare l'immigrazione irregolare vi era stata quella di creare una line of protection, di fatto un blocco navale, da realizzare con unità e uomini libici finanziati dalla Commissione con duecento milioni di euro a valere sul fondo fiduciario dell'Unione europea per l'Africa, volto a costituire una prima linea di difesa per impedire le partenze, dietro alla quale dovrebbero continuare ad operare le navi europee della missione Sophia, con lo scopo di soccorrere i migranti alla deriva e di distruggere i barconi catturati;

    nel marzo 1997 l'allora Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi stipulò un accordo con il Premier albanese per la realizzazione di un blocco navale della Marina militare per il respingimento dei migranti diretti in Italia, in cambio di aiuti come cibo e medicinali e l'impegno per la ricostruzione delle strutture statali albanesi;

    oltre alla questione dei cosiddetti barconi, necessita di urgente regolamentazione l'attività nel Mediterraneo delle navi di proprietà di alcune organizzazioni non governative che operano al confine con le acque territoriali libiche, troppo spesso al centro di operazioni poco chiare per aver preso a bordo migranti nel tentativo di trasportarli in Italia quando ancora non erano giunti in acque internazionali, e sulle quali in Italia stanno indagando due procure;

    la presenza di queste navi, infatti, può essere un incentivo per i trafficanti a caricare i migranti su imbarcazioni inadatte a tenere il mare contando sul fatto che saranno «salvati» proprio dalle organizzazioni non governative;

    inoltre, con riferimento al tema dell'emergenza migranti, il documento di economia e finanza 2018 ha evidenziato come il calo degli sbarchi registrato nel 2017 e nel 2018 rispetto agli anni precedenti non sia stato accompagnato dalla diminuzione delle presenze nelle strutture di accoglienza, le quali hanno continuato a registrare un andamento crescente;

    la spesa per operazioni di soccorso, assistenza sanitaria, accoglienza e istruzione è stimata in 4,3 miliardi nel 2017, al netto dei contributi dell'Unione europea, e prevista ancora in crescita fino ad una cifra compresa tra 4,6 e 5 miliardi di euro nel 2018, continuando a gravare sul nostro prodotto interno lordo per circa lo 0,3 per cento l'anno;

    ormai da anni si susseguono sbarchi di immigrati irregolari nel sud della Sardegna, perlopiù di soggetti aventi cittadinanza algerina, a mezzo di piccole imbarcazioni private, spesso non individuate, né individuabili dalle forze di polizia che pattugliano le coste, le quali, dunque, consentono l'accesso nel territorio nazionale in assenza di qualsivoglia controllo;

    la situazione, che ha già superato il limite della sicurezza, potrebbe ulteriormente peggiorare in vista della prossima stagione estiva, la quale vede ormai da anni un incremento notevole degli sbarchi diretti, soprattutto in zone ad elevata affluenza turistica come Porto Pino e Sant'Antioco, con gravi ripercussioni per un territorio già notevolmente segnato dalla crisi economica ed industriale;

    qualsiasi azione attuata finora non ha consentito l'interruzione della navigazione di tali imbarcazioni sulla citata tratta e, dunque, non ha reso possibile l'arresto degli sbarchi sopra indicati che, infatti, sfuggono al controllo delle forze di polizia locali, incaricate del pattugliamento delle acque territoriali;

    sul piano internazionale è stato recentemente al centro del dibattito in tema di politiche migratorie il Global compact, ovvero il «Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare», sottoscritto in sede Onu il 5 agosto 2016, e presentato come la più ampia iniziativa strategica di revisione dei flussi migratori e della loro gestione;

    il Global compact crea obblighi crescenti verso gli Stati in ordine ai servizi da fornire agli immigrati, anche a prescindere dal loro status di rifugiato, sottraendo agli stessi la gestione delle politiche migratorie sul proprio territorio nazionale;

    appare evidente come il Global compact non sia altro che l'ennesimo tassello di un progetto volto ad annientare confini, culture ed in particolare le sovranità nazionali in tema di immigrazione, un approccio contro il quale si sono già espresse numerose Nazioni, dichiarando ufficialmente di non aderire al Trattato;

    la sottoscrizione del complesso reticolato di impegni del Global compact, anche laddove genericamente formulati, è tale da comportare un'inaccettabile cessione di sovranità sul tema migratorio verso organismi sovranazionali senza alcun controllo democratico da parte dei cittadini dei singoli Stati;

    il Patto è finanziato da contributi volontari dei Governi al Global Compact trust fund;

    l'11 dicembre 2018 a Marrakech 164 nazioni hanno sottoscritto il Global Compact for safe, orderly and regular migration, mentre un gruppo di 13 Nazioni non hanno sottoscritto e non sottoscriveranno il Patto sul presupposto che il documento non stabilisce una netta differenza tra migrazione legale ed illegale;

    l'Italia ha disertato l'incontro di Marrakech e non ha ancora assunto una posizione chiara e ufficiale in merito alla propria intenzione di sottoscrivere o meno il Global compact;

    il flusso incontrollato di immigrati che tenta di arrivare in Europa lasciando gli Stati dell'Africa non potrà mai essere arrestato se non si interviene anche a sostegno dello sviluppo sociale e produttivo delle popolazioni in loco;

    come denunciato dalle organizzazioni panafricane, la presenza della Francia in alcuni Stati africani si configura come una vera e propria ingerenza e forma di neocolonialismo che ostacola la crescita e lo sviluppo di tali Nazioni, e il franco Cfa, ancora in gran parte controllato dallo Stato francese, garantisce a quest'ultimo uno strumento di controllo sulle economie locali ed europee,

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative urgenti di competenza, anche normative, per potenziare le attività di indagine a contrasto della mafia nigeriana, anche attraverso l'istituzione di sezioni specializzate presso le procure antimafia, dedicate al contrasto alle mafie straniere attive sul territorio nazionale;

2) in questo quadro, ad adottare iniziative per disporre l'invio di un contingente militare nella zona di Castelvolturno a supporto delle forze di polizia impiegate nella lotta alla mafia nigeriana;

3) ad adottare ogni opportuna iniziativa per la creazione di un blocco navale davanti alle coste libiche che possa impedire il passaggio delle imbarcazioni cariche di migranti irregolari, con la partecipazione degli Stati membri dell'Unione europea, e in accordo e collaborazione con entrambe le autorità di governo presenti sul territorio libico, qualificandole come interlocutori dell'Unione e fornendo alle stesse sostegno economico e operativo per il controllo del proprio territorio e della rotta attraverso il deserto sfruttata dai trafficanti;

4) ad adottare iniziative per garantire l'immediata creazione di centri hot spot nei Paesi del Nord Africa, per l'esame delle domande di asilo;

5) ad attivare immediatamente i centri sorvegliati nei quali trattenere chi entra illegalmente in Italia nelle more del vaglio della domanda di protezione e al fine di eseguire tutti gli opportuni accertamenti di sicurezza, rispettando il principio che, per chi entra illegalmente in uno Stato europeo, non possa essere sufficiente dichiararsi richiedente asilo per non essere sottoposto ad alcuna forma effettiva di controllo o restrizione;

6) a promuovere la creazione di un fondo europeo, alimentato con risorse dell'Unione, con una dotazione di tre miliardi di euro per la realizzazione di accordi di riammissione con i Paesi di origine dei migranti e il potenziamento delle operazioni di rimpatrio;

7) ad adottare iniziative per una maggiore regolamentazione delle organizzazioni non governative, prevedendo che gli enti di promozione sociale iscritti nel registro unico nazionale abbiano l'obbligo di istituire una gestione separata per ciascuna iniziativa di raccolta fondi che attivano e il divieto di trasferire i fondi da un'iniziativa ad altra;

8) a porre all'attenzione delle istituzioni europee il tema di quello che appare ai firmatari del presente atto un approccio neocoloniale francese nei confronti dell'Africa e del franco Cfa;

9) a non sottoscrivere il Global Compact for safe, orderly and regular migration e a non contribuire in alcun modo al finanziamento del relativo trust fund.
(1-00113) (Ulteriore nuova formulazione) «Lollobrigida, Deidda, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Crosetto, Luca De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Meloni, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mollicone, Rotelli, Maschio, Osnato, Trancassini, Prisco, Varchi, Rizzetto, Zucconi».

(30 gennaio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    a più riprese nel dibattito pubblico italiano è stata ventilata l'ipotesi di un blocco navale per arginare i flussi migratori, nonostante – come da ultimo ha ricordato la stessa Ministra Trenta – si tratti di una strada non percorribile trattandosi di un atto ostile, una dichiarazione di guerra nei confronti della nazione di fronte alla quale si vorrebbe attuarlo, che non ha niente a che vedere con il contenimento dell'immigrazione irregolare;

    come ribadito anche dal Sottosegretario per la difesa Angelo Tofalo, in risposta a un'interrogazione dell'onorevole Delmastro delle Vedove, «il quadro normativo internazionale riconosce tale misura come un metodo di guerra e, quindi, legittimamente adottabile solo nel corso di conflitti armati internazionali sul mare. È un metodo di guerra consolidatosi nel tempo quale norma consuetudinaria di diritto internazionale, volta ad impedire l'entrata ovvero l'uscita di qualsiasi nave dai porti di un Paese belligerante e deve ispirarsi ai principi di effettività e di imparzialità: la sua adozione nei confronti di uno Stato terzo equivale a dare inizio ad un attacco armato. In tempo di pace, a seguito dell'entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite del 1945, il blocco non può ritenersi consentito al di fuori dei casi di legittima difesa ed è previsto dall'articolo 42 della stessa Carta quale misura deliberabile dal Consiglio di sicurezza per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, qualora le misure non implicanti l'uso della forza siano ritenute inefficaci. Il blocco navale non può, quindi, essere associato alle attuali e pregresse attività di controllo dell'immigrazione irregolare via mare portate avanti dalle Forze armate italiane, le quali, non ricadendo nell'ambito di alcun conflitto armato, hanno sempre trovato fondamento in risoluzioni del Consiglio di sicurezza, nelle norme di diritto internazionale applicabili, compresi eventuali accordi internazionali bilaterali e in specifiche norme di legge»;

    come ha affermato il Premio Nobel per la pace già Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan in un celebre intervento, è importante: «arrivare ad accettare il fatto che gli sforzi miranti a fermare le migrazioni sono destinati a fallire, con ripercussioni devastanti per le vite umane»; «erigere muri più alti non può essere la soluzione», perché «le migrazioni proseguiranno fino a quando non strapperemo i più poveri e i più vulnerabili alle condizioni inaccettabili di vita dalle quali attualmente stanno scappando»; «dobbiamo pertanto predisporre politiche atte a gestire i flussi umani con modalità che arrechino benefìci ai Paesi di origine, di transito e di destinazione dei migranti»;

    è questo l'obiettivo della proposta di legge d'iniziativa popolare depositata il 23 marzo 2018, recante «Nuove norme per la promozione del regolare soggiorno e dell'inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari», che ha raccolto grazie alla campagna «Ero straniero» – promossa da Radicali italiani, Fondazione Casa della carità «Angelo Abriani», Acli, Arci, Asgi, Centro Astalli, Cnca, A buon diritto, Cild, con il sostegno di numerose organizzazioni impegnate sul fronte dell'immigrazione, tra cui Caritas italiana, Fondazione migrantes, Comunità di Sant'Egidio e tante associazioni locali – oltre 90.000 firme depositate;

    obiettivo della proposta è riformare alcuni aspetti della «legge Bossi-Fini» e affrontare le cause dell'irregolarità di decine di migliaia di cittadini stranieri nel nostro Paese, in primis con l'introduzione di forme di regolarizzazione su base individuale degli stranieri irregolari – anche nel caso di richiedenti asilo diniegati – qualora sia dimostrabile la disponibilità in Italia di un'attività lavorativa o di formazione, di legami familiari, sul modello spagnolo del «radicamento» o sul modello della Germania che ha appena approvato una nuova legge sull'immigrazione che prevede la regolarizzazione se c'è un'offerta di lavoro. Si prevede, inoltre, la possibilità di trasformare il permesso di soggiorno per richiesta di asilo in permesso di soggiorno per lavoro anche nel caso del richiedente asilo – anche se diniegato in via definitiva – che abbia svolto un percorso fruttuoso di integrazione e abbia la disponibilità di un datore di lavoro che voglia assumerlo;

    in secondo luogo, la proposta prevede l'introduzione di meccanismi diversificati di ingresso per lavoro tramite: la reintroduzione del sistema dello sponsor, anche da parte di singoli privati, per l'inserimento nel mercato del lavoro del cittadino straniero con la garanzia di risorse finanziarie adeguate e disponibilità di un alloggio per il periodo di permanenza sul territorio nazionale, privilegiando quanti abbiano già avuto precedenti esperienze lavorative in Italia o abbiano frequentato corsi di lingua italiana o di formazione professionale; si introduce, inoltre, il permesso di soggiorno temporaneo (12 mesi) per ricerca di lavoro da rilasciare a lavoratori stranieri per facilitare l'incontro con i datori di lavoro italiani e per consentire a coloro che sono stati selezionati, attraverso intermediari sulla base delle richieste di figure professionali, di svolgere i colloqui di lavoro;

    a livello europeo, la soluzione per la gestione degli arrivi c'è già ed è la proposta di revisione del regolamento 604/2013, detto «Dublino III» approvata dal Parlamento europeo il 16 novembre 2017, che stabilisce un'equa ripartizione della responsabilità relativa all'accoglienza dei richiedenti asilo in Europa; riforma di cui beneficerebbero l'Italia e gli altri Paesi che si affacciano al Mediterraneo, ma fermamente avversata dal cosiddetto «gruppo Visegrad», capitanato dall'Ungheria di Orban, cui si allinea paradossalmente il Ministro dell'interno italiano Matteo Salvini;

    peraltro il Ministro Salvini ha partecipato a un solo vertice europeo sui sei convocati in cui era in discussione la «riforma di Dublino» (la riunione informale di Innsbruck del 12-13 luglio 2018); alla votazione finale al Parlamento europeo, come ricordato più volte dalla relatrice del testo di legge, la parlamentare europea Elly Schlein, i rappresentati del MoVimento 5 Stelle hanno votato contro, mentre quelli della Lega, al contrario dei popolari che hanno votato a favore, si sono astenuti; anche in ambito di commissioni parlamentari, come dimostrato da Elly Schlein, la Lega non ha mai partecipato a nessuna delle 22 riunioni di negoziato svoltesi nel corso di due anni sulla «riforma di Dublino»;

    la strada da percorrere è far sì che gestione dei flussi migratori, accoglienza e integrazione diventino di competenza comunitaria, a partire da un sistema europeo d'asilo e dalla gestione comune degli ingressi per lavoro, più o meno qualificato, e studio; e ancora canali umanitari per chi ha bisogno di protezione, sempre a livello europeo, coinvolgendo comuni e società civile, come nel modello canadese; è quello che è stato proposto con l'iniziativa dei cittadini europei (Ice) «Welcoming Europe. Per un'Europa che accoglie», proposta di iniziativa popolare che punta a decriminalizzare la solidarietà, creare passaggi sicuri e proteggere le vittime di sfruttamento e di abusi alle frontiere, sostenuta da decine di organizzazioni in tutt'Italia e che ha raccolto oltre 60.000 sottoscrizioni di sostegno;

    al contrario, l'effetto delle politiche del Governo – e in particolare del «decreto sicurezza» con l'abrogazione della protezione umanitaria – è produrre un aumento consistente degli immigrati irregolari che più facilmente saranno destinati alla strada, al mercato nero del lavoro se non alle attività illegali gestite dalla criminalità organizzata; è lo stesso effetto che ha avuto la «legge Bossi-Fini», che, restringendo ogni canale di ingresso legale in Italia, ha prodotto solo maggiore illegalità e lavoro nero, tanto da dover ricorrere nel 2002 e nel 2009 a due grosse sanatorie per regolarizzare quasi un milione di persone presenti sul nostro territorio. Si stima che oggi siano almeno 500.000 gli irregolari nel nostro Paese; il loro numero è destinato a crescere e rimpatriarli è impossibile, come ha ammesso lo stesso Ministro Salvini, essendo poche migliaia i rimpatri eseguiti annualmente e non essendoci sufficienti accordi con i Paesi di origine,

impegna il Governo:

1) a sostenere con forza il contenuto della proposta di riforma del «regolamento di Dublino» approvata dal Parlamento europeo e ad adoperarsi per salvare il negoziato sulla revisione del regolamento «Dublino III»; ad opporsi al veto sulla redistribuzione obbligatoria da parte degli Stati contrari al superamento del sistema attuale con il solo obiettivo di non assumersi alcuna responsabilità nella gestione dei flussi migratori verso l'Europa e dell'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, scaricando il peso su alcuni Paesi, innanzitutto l'Italia, e continuando di fatto a violare il principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità di cui all'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

2) a livello nazionale, ad adottare iniziative per introdurre disposizioni volte al recupero della legalità attraverso l'emersione e la regolarizzazione dei cittadini stranieri presenti in Italia che non hanno attualmente un titolo di soggiorno, ai quali, sulla base di elementi di comprovata integrazione, quali la disponibilità di un lavoro o la presenza di legami familiari, in assenza di gravi condanne penali, venga rilasciato un permesso di soggiorno per comprovata integrazione e radicamento di 2 anni, rinnovabile e convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, studio o famiglia.
(1-00121) «Magi, Boldrini, Schullian, Muroni».

(18 febbraio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    nel 2018 circa 150.000 persone sono entrate illegalmente nell'Unione europea. Si tratta della cifra più bassa degli ultimi 5 anni, come riferisce Frontex, l'agenzia europea per la gestione delle frontiere. Rispetto al 2017, il calo è stato circa del 25 per cento. Rispetto alla crisi migratoria del 2015, invece, è stato addirittura del 92 per cento. Sul dato incide «la drastica diminuzione» del numero delle persone che hanno attraversato il Mediterraneo per raggiungere l'Italia. Il numero di migranti che hanno attraversato il Mediterraneo centrale nel 2018 per raggiungere le coste italiane è infatti sceso dell'80 per cento rispetto al 2017;

    sulla base dei dati dell'Unhcr, nel 2018 sono giunti via mare sulle coste dell'Europa meridionale circa 111.000 migranti; nel medesimo periodo la rotta del Mediterraneo centrale (da Libia e altri Paesi del Nord Africa verso l'Italia) ha registrato circa 23.000 sbarchi (sulla base dei dati del Ministero dell'interno, circa la metà dalla Libia); la rotta del Mediterraneo orientale (dalla Turchia alla Grecia) ha coinvolto oltre 31.000 persone e quella del Mediterraneo occidentale (ovvero i flussi verso la Spagna) ha riguardato circa 55.000 persone, oltre agli sbarchi a Malta e a Cipro (rispettivamente, 1.000 persone e 600 persone);

    per la prima volta, in anni recenti, la Spagna è divenuta il principale punto d'ingresso in Europa. Negli ultimi anni la pressione migratoria, attraverso il Mediterraneo, sul confine Sud dell'Unione europea, ha colpito soprattutto l'Italia, che in questi anni ha rappresentato il luogo di primo approdo, con conseguenze di grande rilievo sia in termini di impegno nelle operazioni di salvataggio, coordinate quasi sempre dalla Guardia costiera italiana, che di identificazione, registrazione e trattamento delle domande di asilo, sia nelle capacità di accoglienza;

    giova ricordare che, proprio a seguito dell'azione politica di Forza Italia, che nella XVII legislatura ha fortemente voluto l'avvio presso il Comitato Schengen di una specifica indagine conoscitiva, il nostro Paese ha messo in pratica un nuovo protocollo sulla gestione dell'assistenza in mare, allontanando dalle coste della Libia le organizzazioni non governative che rappresentavano un oggettivo fattore di attrazione per le partenze di gommoni e barconi fatiscenti. È, quindi, opportuno proseguire con questo percorso e promuovere la regolamentazione, in modo chiaro e definitivo, in particolare a livello europeo, dei limiti operativi delle attività consentite alle organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo;

    occorre ribadire come la questione migratoria abbia rilevanza europea e, pertanto, necessita di azioni condivise a livello comunitario, a cominciare dalla lotta alla migrazione illegale attraverso l'intensificazione della cooperazione con i Paesi di origine e di transito, in particolare dell'Africa settentrionale;

    in tema di facilitazione dei rimpatri, lo stesso Consiglio europeo ha sottolineato la necessità di migliorare l'attuazione degli accordi di riammissione vigenti e di concluderne di nuovi anche utilizzando le necessarie leve «mediante il ricorso all'insieme delle politiche, degli strumenti e dei mezzi pertinenti dell'Unione europea, compresi lo sviluppo, il commercio e i visti»;

    il XXIV rapporto Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) sulle migrazioni ha rilevato un aumento, nel 2018, degli stranieri irregolari, cioè quelli che non hanno permesso di soggiorno, che sono circa 533 mila, con un'incidenza dell'8,7 per cento rispetto al totale degli stranieri (nel 2017 l'incidenza era dell'8,2 per cento);

    il tema degli irregolari presenti nel Paese è fortemente critico: anni di scelte politiche del tutto sbagliate in tema di immigrazione da parte dei Governi di centrosinistra hanno di fatto prodotto un flusso migratorio irregolare del tutto incontrollato, che ha portato il numero dei clandestini presenti nel Paese a crescere in maniera esponenziale. Per questo è fondamentale intensificare le politiche di rimpatrio ed espulsione, che sino ad ora non hanno ottenuto grandi risultati, o comunque non hanno raggiunto gli obiettivi che l'attuale Esecutivo si era prefissato. Sarà, quindi, necessario adottare gli opportuni strumenti legislativi che consentano effettivamente di rimpatriare le centinaia di migliaia di persone che illegalmente continuano a sostare in Italia, senza titolo per rimanervi;

    per quanto riguarda le espulsioni nel nostro Paese, infatti, sempre i recenti dati Ismu indicano in 36 mila gli stranieri che hanno ricevuto il decreto che intima di lasciare l'Italia, ma solo il 19,4 per cento ha ottemperato all'ordine (per oltre 4 mila di questi si è trattato di un rimpatrio forzato). Tali dati collocano l'Italia al quinto posto in Europa dopo Germania, Francia e Regno Unito;

    in tema di collaborazione europea, va inoltre rilevato come al momento non risultano progressi significativi nel negoziato per la modifica delle regole di ingaggio dell'operazione Eunavformed Sophia;

    inoltre, sul piano internazionale, è stato recentemente al centro del dibattito in tema di politiche migratorie il Global Compact, ovvero il «Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare», sottoscritto in sede Onu il 5 agosto 2016; il Global Compact, affrontando in maniera teorica e generale tutti gli aspetti dell'immigrazione, contiene molti impegni che potrebbero rendere ancora più forte la pressione migratoria sul nostro Paese. Nello specifico, il patto conferisce ad ogni persona il diritto di migrare, indipendentemente dalle ragioni che la spingono a spostarsi, con la conseguenza che i migranti diventerebbero una massa indistinta e verrebbe a cadere lo stato di rifugiato, rendendo, dunque, irrilevante anche l'articolo 10 del dettato costituzionale. Ci sono, inoltre, indicazioni che potrebbero rilanciare le iniziative delle organizzazioni non governative nel Mediterraneo, con riflessi positivi per i trafficanti di persone ed estremamente negativi per un Paese come l'Italia, che ha già accolto un numero enorme di immigrati;

    pur comprendendo la necessità di un intervento di natura internazionale, certamente urgente, si ritiene insuperabile la tutela dei confini italiani e l'affermazione del ruolo e dell'interesse nazionale;

    per molti aspetti, il Global Compact, per l'interpretazione che se ne sta dando a livello interno e internazionale, costituirebbe, di fatto, un incoraggiamento a politiche di accoglienza indiscriminate, da un lato, e di esodo generalizzato, dall'altro;

    ad ogni modo, sempre in ambito europeo ed internazionale, deve essere l'Unione europea in primis a proseguire l'interlocuzione con i Paesi di provenienza e transito dei flussi migratori, al fine di ridurre al minimo i fattori che costringono le persone a lasciare il proprio Paese di origine, in particolare favorendo quelle azioni volte a creare favorevoli condizioni politiche, economiche, sociali e ambientali che consentano a ciascuno di soddisfare le proprie aspirazioni personali ed economiche nel proprio Paese di origine, evitando la ricerca di mezzi di sostentamento altrove, attraverso la migrazione irregolare;

    entro il 2050 un quarto di tutta la popolazione mondiale risiederà nel continente africano, pertanto l'Europa non può non interessarsi delle condizioni di crescita dell'area. La crescita economica e lo sviluppo infrastrutturale del continente africano diventano fondamentali nell'ambito della riduzione dei flussi migratori. In tale contesto, giova ricordare come, grazie al Presidente del Parlamento europeo, Tajani, l'Europa abbia adottato, con il Piano europeo per gli investimenti esterni, il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile, che, con una dotazione di 4,1 miliardi di euro, cercherà di mobilitare 44 miliardi di euro in investimenti privati verso Stati «fragili», fino al 2020;

    va ricordato che la Cina è attualmente il maggiore investitore in Africa (circa 125 miliardi di dollari nell'ultimo decennio) e ha programmato investimenti per una cifra corrispondente a 60 miliardi di dollari nei prossimi tre anni. Pure gli investimenti degli Stati Uniti, dall'inizio degli anni 2000 ad oggi nel continente africano, ammontano a circa 75 miliardi di dollari. Da un punto di vista geopolitico, sia la Federazione russa, sia la Turchia stanno rafforzando sempre più la propria presenza strategica in Africa, con particolare riguardo al settore militare e della difesa;

    con particolare riferimento al fenomeno dell'immigrazione irregolare legata a fenomeni di criminalità, si segnala l'evidente rafforzamento delle organizzazioni criminali nigeriane, caratterizzate da legami iniziatici tra gli affiliati, catene di comando rigide e gerarchiche e dalla capacità oramai acquisita di approvvigionarsi direttamente dai mercati internazionali della droga. La cosiddetta «mafia nigeriana», giunta a fare concorrenza alle mafie nostrane, o addirittura a collaborare con esse per spartirsi il territorio, è coinvolta in prostituzione, traffico di esseri umani, traffico di droga e finanche traffico di organi (il più delle volte, espiantati da uomini e donne giunti in Italia via mare, e poi scomparsi nel nulla): una delle sue basi operative è Castel Volturno, dove indaga persino l'Fbi, nell'ambito di una vastissima inchiesta su numerosi traffici illeciti,

impegna il Governo:

1) a promuovere un impegno fattivo e responsabile degli Stati dell'Unione europea, volto a stipulare accordi bilaterali da parte dell'Europa con i Paesi di origine e di transito per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori, al fine di proteggere le frontiere terrestri, prevenire le partenze in mare e contrastare i trafficanti di uomini;

2) a promuovere opportune iniziative volte all'arresto dei flussi all'origine, prima che partano i viaggi, mediante la creazione di centri europei di assistenza, informazione e protezione nei Paesi di origine o di maggiore transito, con procedure rispettose dei diritti fondamentali, anche con il supporto di Unhcr e Oim;

3) ad assumere iniziative per a mettere in atto un vero e proprio «Piano Marshall per l'Africa», come indicato nel programma di Forza Italia, adottando robuste politiche di investimento, attraverso la creazione di un apposito fondo europeo per il sostegno dell'Africa, attingendo dalla programmazione del quadro finanziario 2021-2027, che integri le dotazioni e le iniziative esistenti, e coinvolgendo in partnership le imprese dei Paesi europei che vogliano contribuire attraverso propri veicoli d'investimento;

4) a ribadire la necessità di procedere a una revisione del sistema di Dublino, volta ad ottenere una più equa distribuzione dei richiedenti asilo in Europa, che preveda una ripartizione proporzionale dei migranti ancora in arrivo, presso tutti i Paesi dell'Unione europea, modificando il criterio della responsabilità dell'esame della domanda in capo allo Stato membro di ingresso del richiedente;

5) ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina in Italia, attraverso specifici interventi diretti a ridurre il numero di irregolari presenti nel nostro Paese, potenziando le politiche di rimpatrio ed espulsione;

6) ad assumere iniziative per rafforzare, in modo concreto e attraverso specifici accordi e un'adeguata copertura finanziaria, le politiche di rimpatrio, prevedendo responsabilità e condizioni comuni per il rimpatrio volontario e forzato, la detenzione e le scadenze, includendo anche queste dotazioni finanziarie nei maggiori oneri per la gestione del fenomeno migratorio da rivendicare nei confronti dell'Unione europea;

7) a promuovere un intervento decisivo volto a rafforzare le frontiere esterne dell'Unione, attraverso l'intensificazione dei controlli di frontiera sia in mare che a terra nel Mediterraneo meridionale, sul Mar Egeo e lungo la «rotta balcanica», fornendo adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea, assicurando la ricollocazione e il rimpatrio dei migranti e la costituzione di punti di crisi (hotspot) nei Paesi di provenienza, definendo un approccio comune europeo per la gestione del flusso dei rifugiati e dei migranti economici;

8) a promuovere la concreta apertura di corridoi umanitari di accesso in Europa, ossia di misure di evacuazione dei destinatari della protezione – anche attraverso l'utilizzo di mezzi aerei – per garantire canali di accesso legali, sicuri e controllati attraverso i Paesi di transito ai rifugiati che scappano da persecuzioni, guerra e conflitti, per evitare che essi debbano affidarsi a trafficanti e scafisti per raggiungere il territorio dell'Unione europea, e porre fine così alle stragi in mare;

9) a promuovere in sede europea interventi per integrare e rilanciare il «piano Frattini» elaborato nel 2004, rilanciato dallo stesso Junker, per offrire concretezza ad iniziative quali l'elaborazione di una lista dei Paesi sicuri, l'effettiva applicazione della European return directive, la definizione di un database degli overstayer, l'implementazione di strumenti quali la circolar migration e la blue card;

10) ad adottare iniziative per accelerare il rafforzamento di Frontex e l'implementazione di un'efficiente Guardia costiera europea e con maggiori dotazioni di uomini e di mezzi, per fornire all'Unione europea uno strumento efficace per il contrasto alle reti criminali di trafficanti di essere umani;

11) ad assumere iniziative per sostenere ulteriormente lo sviluppo e la formazione degli uomini e della capacità della Guardia costiera libica di fermare le imbarcazioni in partenza e di fermare l'attività dei contrabbandieri, quale elemento chiave per prevenire la migrazione illegale, assumendo iniziative per la definizione di analoghi accordi per estendere tale attività di formazione e sostegno alla Guardia costiera tunisina e a quella egiziana;

12) a promuovere la regolamentazione, in modo chiaro e definitivo, a livello europeo, dei limiti operativi delle attività consentite alle organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo; in ogni caso, a proseguire con una politica di razionalizzazione della presenza delle organizzazioni non governative, conformandosi ad obblighi e requisiti per lo svolgimento dei compiti di «search and rescue (sar)», nel rispetto delle forme di accreditamento e certificazione ai fini della massima trasparenza, nella piena collaborazione con le autorità italiane e consentendo l'intervento tempestivo della polizia giudiziaria contestualmente al salvataggio da parte delle organizzazioni non governative;

13) ad assumere iniziative per coordinare a livello europeo le operazioni di ricerca e salvataggio nel pieno rispetto del diritto internazionale e delle responsabilità degli Stati, adottando un nuovo schema di sbarco regionale in tutte le nazioni europee che si affacciano verso il Sud Europa, che consenta una rapida distinzione tra migranti economici e coloro che necessitano di protezione internazionale, riducendo l'incentivo a intraprendere viaggi pericolosi, facendo in modo che l'Unione europea sostenga economicamente tutti gli aspetti che gravano sugli Stati membri nella valutazione della domanda di asilo e nei rimpatri conseguenti all'esito negativo;

14) ad assumere iniziative affinché si pervenga a concreti risultati nel negoziato per la modifica delle regole di ingaggio dell'operazione Eunavformed Sophia, prevedendo la possibilità di diversificare i porti di sbarco dei migranti salvati in mare dalle navi militari comunitarie, senza far ricadere solo sull'Italia il peso dell'accoglienza;

15) a non sottoscrivere il Global Compact;

16) a monitorare i fenomeni di criminalità che coinvolgono in particolare gli immigrati irregolari e ad assumere ogni opportuna iniziativa volta a rafforzare le attività di indagine e contrasto, con particolare attenzione all'insorgere di fenomeni criminosi legati alla cosiddetta «mafia nigeriana», valutando altresì un potenziamento dei presidi delle forze dell'ordine nei luoghi più a rischio, che, ad oggi, sono al di fuori del controllo delle istituzioni democratiche, nei quali il continuo afflusso di immigrazione irregolare, controllata e favorita dalla stessa mafia nigeriana e da altre organizzazioni minori di diversa nazionalità, determinano crescenti problemi di sicurezza e ordine pubblico.
(1-00126) «Ravetto, Silli, Gregorio Fontana, Prestigiacomo, Occhiuto, Bergamini».

(26 febbraio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    nel mese di gennaio 2019, su delega della procura distrettuale antimafia di Catania, la polizia ha eseguito il fermo di 19 persone gravemente indiziate, a vario titolo, per reati di associazione a delinquere di tipo mafioso connessi ad un'organizzazione armata denominata Vikings o Supreme Vikings confraternity, finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione, trasporto e cessione di cocaina e marijuana e violenza sessuale aggravata;

    particolarmente allarmante è apparsa la circostanza che tale associazione, fortemente radicata sul territorio e saldamente in mano alla cosiddetta «mafia nigeriana», avesse la sua base operativa all'interno del centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo, uno dei centri di accoglienza per rifugiati più grandi in Europa, da dove tale associazione criminale ha assunto e conservato il predominio sulle altre comunità di stranieri presenti all'interno del centro di accoglienza, creando nei loro confronti anche un forte assoggettamento di tipo omertoso;

    in questo contesto destano particolare preoccupazione le politiche portate avanti dall'attuale Governo che, a partire dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante, tra le altre, disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale, immigrazione e sicurezza pubblica, volte innanzitutto a chiudere i piccoli centri di accoglienza presenti sul territorio e gestiti in coordinamento con i comuni, sistematicamente smantellando il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), che prevedeva la distribuzione su base volontaria di migranti in piccoli gruppi in ragione di tre per ogni mille abitanti;

    appare infatti opportuno ricordare che il cosiddetto Sprar è un sistema che esiste da oltre sedici anni, che è stato considerato da tutti i Governi (compresi quelli di centro-destra) come il sistema «modello» da presentare in Europa e che ha dimostrato che solo l'accoglienza in strutture diffuse, seguite da personale qualificato, in numero adeguato e attraverso una appropriata distribuzione sul territorio dei richiedenti asilo, agevola l'autonomia e l'indipendenza delle persone, da un lato, ed i processi di integrazione dall'altro;

    altrettanto grave, e sorretta da motivazioni meramente ideologiche, è stata la scelta operata dallo stesso «decreto sicurezza» di sopprimere a livello legislativo l'istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ossia la forma di permesso di soggiorno che era stata maggiormente utilizzata nel nostro ordinamento; una scelta che ha determinato l'ingresso in clandestinità, dall'oggi al domani, per moltissimi migranti che lavoravano, studiavano ed erano perfettamente integrati nel nostro Paese e che, a partire dall'entrata in vigore del decreto, o dalla scadenza del permesso in precedenza concesso, da migranti legali sono improvvisamente diventati clandestini, privi di diritti e facile preda di delinquenti e criminali;

    allo stesso modo, la cosiddetta «politica di chiusura dei porti», consistita nella mancata autorizzazione ad attraccare per le navi cariche di migranti salvati in mare che si trovavano nei pressi delle coste italiane, ha messo a repentaglio la vita di persone, incluse donne e bambini, in fuga da guerre e torture e stremate da giorni di viaggio, al solo fine di dimostrare all'Europa l'intransigenza italiana; essa ha portato all'unico concreto risultato di aver esposto il nostro Paese alla responsabilità sul piano internazionale, derivante dalla violazione di obblighi vincolanti per l'Italia, che prevedono il necessario salvataggio, prima di tutto, delle vite in mare, collocandoci in una posizione marginale e di grande isolamento politico-diplomatico, non certo utile a trovare soluzioni condivise per la gestione di un problema estremamente complesso quale quello relativo ai flussi migratori;

    tale isolamento sul piano europeo ed internazionale ha finito per determinare una progressiva erosione di credibilità da parte dell'Italia e di indebolimento della sua capacità negoziale, con gravi conseguenze politico-diplomatiche innanzitutto in sede europea, dove, per esempio, è di fondamentale importanza la riforma del «regolamento di Dublino», tale da prevedere una redistribuzione obbligatoria dei richiedenti asilo tra gli Stati europei, di cui beneficerebbero l'Italia e gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ma che allo stato attuale è in fase di stallo perché fermamente avversata proprio dai principali alleati del Ministro dell'interno a livello europeo, ossia i Paesi del cosiddetto. Gruppo di Visegrad, guidati dal leader ungherese Orban;

    un isolamento ulteriormente accentuato, poi, dall'improvvida scelta dell'Italia di non aderire al Global Compact for migration, un trattato predisposto in sede Onu e firmato da 193 Paesi nel 2016, che afferma come punto di partenza il principio che le migrazioni vanno affrontate a livello globale e volto a creare una rete internazionale per rendere le migrazioni sicure, ordinate e regolari; un trattato, dunque, che avrebbe finito per aiutare maggiormente proprio quei Paesi, come l'Italia, che anche in ragione della propria collocazione geografica, sono comunque maggiormente esposti ai fenomeni migratori;

    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo destano, dunque, sgomento e grande preoccupazione, non solo per la disumanità, ma anche per l'assoluta inefficacia, le scelte politiche e legislative portate avanti da questo Governo, che denotano sistematicamente come l'approccio ad un tema così delicato e complesso – sia per le vite umane coinvolte, sia per la sicurezza dei cittadini – sia unicamente sorretto da scelte meramente demagogiche e superficiali, improntate ad una logica sempre emergenziale e settoriale, il cui unico scopo è di rilanciare la questione migratoria come un tema da perenne campagna elettorale, prescindendo dall'efficacia delle soluzioni individuate, dalla loro conformità alle norme di diritto internazionale, nazionale ed europeo e da una visione globale e multilaterale, approfondita e di lungo periodo,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa utile, nelle opportune sedi europee, volta rilanciare la proposta di revisione del regolamento 604/2013, detto «Dublino III», approvata dal Parlamento europeo il 16 novembre 2017, che stabilisce un'equa ripartizione della responsabilità relativa all'accoglienza dei richiedenti asilo in Europa, anche prevedendo una partecipazione assai più assidua del Governo alle riunioni convocate in sede europea su questo tema, alla luce del fatto che su numerosi vertici convocati per discutere tale riforma il Ministro dell'interno ha spesso disertato le riunioni, preferendo sostenere la linea dei Paesi di Visegrad, palesemente contraria agli interessi del nostro Paese;

2) a rivedere quanto prima la precedente decisione di sospendere l'adesione dell'Italia al Global Compact for safe, orderly and regular migration, anche sulla base della considerazione che proprio un Paese come l'Italia, esposto a consistenti flussi migratori, anche in ragione della propria posizione geografica, necessita più di altri Paesi di una forte condivisione delle proprie posizioni sia a livello europeo che internazionale;

3) ad adottare iniziative per rivedere quanto prima le scelte di politica legislativa e il complessivo impianto sotteso al «decreto sicurezza», sia per quanto riguarda il complessivo indebolimento del sistema Sprar, sia per quanto riguarda la contestata decisione circa l'avvenuta abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, che, lungi dal rendere il nostro Paese più sicuro e protetto, come sistematicamente proclamato da esponenti del Governo in carica, hanno semplicemente spinto nella clandestinità e nell'illegalità persone di Paesi terzi che fino ad oggi studiavano, lavoravano ed erano perfettamente integrate nel nostro Paese;

4) a rivedere quanto prima l'infausta politica di «chiusura dei porti», che, lungi dall'affrontare in maniera efficace e con visione di lungo periodo il fenomeno degli sbarchi in Italia, si è concretizzata ogni volta in quella che appare ai firmatari del presente atto di indirizzo una mera tenuta in ostaggio, per giorni, di un pugno di migranti inermi e nell'esposizione dell'Italia alla violazione di precisi obblighi internazionali vincolanti anche per il nostro Paese, con l'unico effetto meramente propagandistico, ma dalle ricadute elettorali significative, di distogliere l'attenzione dai gravi problemi economici che stanno affliggendo il nostro Paese.
(1-00130) «Migliore, Quartapelle Procopio, Ceccanti, Marco Di Maio, Fiano, Giorgis, Martina, Orfini, Pollastrini, De Maria, Fassino, Guerini, La Marca, Scalfarotto».

(26 febbraio 2019)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE A SOSTEGNO DEL COMPARTO AUTOMOBILISTICO E DEL RELATIVO INDOTTO, ANCHE AL FINE DI FAVORIRNE L'EVOLUZIONE TECNOLOGICA E LA TUTELA DEI LIVELLI OCCUPAZIONALI

   La Camera,

   premesso che:

    le elaborazioni Anfia su dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, aggiornate all'11 gennaio 2019, indicano che in Italia nel 2018 sono state immatricolate un totale di 1.910.415 autovetture, con un calo del 3,1 per cento rispetto al 2017;

    le immatricolazioni di autovetture prodotte negli stabilimenti italiani del gruppo Fca rappresentano per il mese di dicembre 2018 una quota del 26 per cento del totale, con volumi in diminuzione dell'1 per cento, e, complessivamente, registrano nel 2018 una flessione del 10 per cento delle immatricolazioni rispetto al 2017;

    il dato, che certifica il primo rallentamento dal 2014, mostra inequivocabilmente un'inversione di rotta rispetto alla continua crescita registrata negli ultimi anni dal mercato dell’automotive. Grazie anche alle misure messe in campo dagli ultimi Governi di centrosinistra, quali gli incentivi della «legge Sabatini» e del «superammortamento», si erano infatti registrati un vero boom nell'acquisto di veicoli commerciali e di autocarri, ma anche forti incrementi per le auto immatricolate acquistate dalle imprese;

    i dati citati finora sembrano riaprire scenari di crisi del settore che ci si augurava fossero definitivamente superati con la conclusione del ciclo recessivo iniziato nel 2008;

    la crisi potrebbe essere ulteriormente accentuata, stante la flessione registrata per il terzo mese consecutivo dalla produzione industriale della Germania, che è il maggiore partner industriale della filiera dell’automotive nazionale;

    gli analisti indicano che la flessione in atto possa essere attribuibile all'introduzione, a partire dal 1° settembre 2018, delle nuove normative europee Wltp sulle emissioni, al calo di fiducia dei consumatori e al rallentamento della crescita interna, che ha visto nel terzo trimestre del 2018 una diminuzione che segna il primo calo dopo un periodo di espansione protrattosi per 14 trimestri consecutivi;

    le previsioni relative all'avvio di una fase di stagnazione dell'economia nazionale, fatte dal Ministro Tria nei giorni scorsi, e la stima al ribasso del prodotto interno lordo prevista per il 2019 gettano ulteriori elementi di urgenza e di riflessione sugli interventi necessari per le imprese italiane;

    complessivamente, contando tutti i produttori e addetti indiretti, il comparto occupa in Italia 252 mila persone. L’automotive rappresenta ancora la spina dorsale della produzione industriale (7 per cento del settore manifatturiero) e di tutta l'occupazione nelle imprese dei settori industria, commercio e servizi (ancora 7 per cento). Il raffronto con i principali partner europei dice che il totale degli addetti diretti conta 850.000 unità in Germania, 224.000 in Francia, 178.000 in Polonia, 168.000 in Romania e 160.000 in Italia;

    le misure adottate con la legge di bilancio per il 2019 – che prevedono il meccanismo «bonus malus» per l'acquisto attraverso la tassazione progressiva delle autovetture a combustione, a partire da quelle con emissioni superiori ai 160 g/km, e l'erogazione di incentivi per autovetture elettriche o ibride – sono state affrettatamente introdotte in un settore dove è evidente il rischio, per la filiera nazionale dell’automotive, di subire una contrazione della produzione. Ciò in quanto le industrie estere risultano al momento più avanti nella produzione di autovetture con tali caratteristiche. Il nuovo piano di investimenti di Fca intende peraltro in pochi anni colmare questo gap;

    associazioni di categoria, organizzazioni sindacali, analisti e centri studi stimano per il 2019 la potenziale perdita di circa 100 mila immatricolazioni, con un impatto negativo anche sull'ecologia e sull'economia, visto che, anziché favorire il rinnovo di un parco circolante fortemente invecchiato, l'ecotassa sugli acquisti di auto nuove finirà per spingere una quota considerevole di automobilisti a rimandare ulteriormente la sostituzione della propria vettura o ad acquistare una vettura usata;

    la suddetta misura, estemporaneamente introdotta nel corso dell'esame della legge di bilancio, non verificata con il sistema industriale, né con le rappresentanze dei lavoratori, né con gli esperti del settore, ha registrato un coro unanime di critiche e preoccupazioni, specie sui livelli occupazionali dei diversi stabilimenti di produzione Fca esistenti in diverse regioni d'Italia;

    una misura definita come «miope che non aiuta a rinnovare il parco auto» (presidente di Federmeccanica), in grado di «unire imprese e lavoratori nella protesta» (comunicato Unrae) o, ancora, «l'ennesimo schiaffo all'industria nazionale e all'ambiente. Queste norme schizofreniche sono un danno per il Paese e i lavoratori» (segretario generale della Fim Cisl);

    ad una prima verifica circa le ricadute della citata misura, gli analisti segnalano che tra i modelli che ne trarranno beneficio, tra le auto elettriche, ci sono due modelli Citroen (C-Zero ed E-Mehari), Hyundai (Ioniq e Nuova Kona), Nissan (Nissan ed Evalia), Peugeot (iON e Tepee), Volkswagen (eGolf ed eUP), la Smart Eq for-two e for-four, la Bmw i3, Kia Soul, Mitsubishi i Miev, Renault Zoe, Porsche Cayenne 3,0 E-Hybrid e tutti i modelli di Tesla. Mentre tra i modelli ibridi, se ne trovano tre di Kia (Niro Phev, Optima, Optima SW), due modelli Bmw (serie 2 e serie 5) e due Toyota (Prius plug-in, Prius full hybrid), la Mini Countryman, Hyundai Ioniq, la Mercedes GLC e Mitsubishi Outlander;

    ad essere penalizzati dalla nuova tassa, invece, saranno diversi modelli del gruppo Fca: nove modelli Maserati (Ghibli B, 4pB, GT, Gran Cabrio B, Ghibli D, 4pD, Levante, GT D, Gran Cabrio D), Renegade 2000 D, 500X 2000 D, Giulietta 1,4 B, Giulia 2,0 B, Stelvio B, Ducato B: tutti prodotti negli stabilimenti italiani;

    Fca ha pertanto annunciato la volontà di un ridimensionamento del piano illustrato il 29 novembre 2018, che avrebbe previsto un complessivo piano degli investimenti in Italia per circa cinque miliardi di euro, specie per sviluppare nuovi modelli con motorizzazioni elettriche e ibride;

    anche alla luce di tali dati, è forte la preoccupazione che la prossima entrata in vigore della citata disposizione possa determinare sui livelli occupazionali negli stabilimenti della produzione automobilistica nazionale,

impegna il Governo:

1) ad adottare, con la massima urgenza, un'apposita iniziativa normativa volta a modificare la disposizione che ha introdotto il meccanismo del «bonus-malus» per l'acquisto di nuove autovetture di cui alla legge di bilancio per il 2019;

2) ad avviare un confronto con il sistema delle imprese della produzione automobilistica e con le organizzazioni sindacali, con il supporto di esperti del settore dell’automotive, al fine di individuare le opportune misure volte a favorire il rafforzamento del sistema produttivo nazionale, nonché a definire un piano nazionale per l'occupazione nel comparto della produzione di mezzi di trasporto e dei loro componenti, ciò anche in vista delle profonde trasformazioni produttive, dell'evoluzione tecnologica e delle crescenti esigenze di tutela ambientale e di salute pubblica.
(1-00106) (Nuova formulazione) «Delrio, Lepri, Gribaudo, Enrico Borghi, Bonomo, Fregolent, Moretto, Gariglio, Giorgis, D'Alessandro, Del Basso De Caro, De Filippo, Mancini, Pezzopane, Portas, Siani, Topo, Annibali, Bordo, Bruno Bossio, Buratti, Cantini, Carnevali, Critelli, De Luca, De Menech, Di Giorgi, Marco Di Maio, Fassino, Ferri, La Marca, Lotti, Miceli, Migliore, Mor, Morani, Morgoni, Mura, Nardi, Nobili, Noja, Orfini, Pini, Pizzetti, Rosato, Rossi, Rotta, Scalfarotto, Sensi, Serracchiani».

(24 gennaio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    nel mese di gennaio 2019 sono state immatricolate in Italia 164.935 autovetture, il 7,5 per cento in meno rispetto a gennaio 2018 (elaborazioni dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica su dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti). Il gruppo Fiat Chrysler automobiles (incluso Maserati) registra un calo tendenziale del 22 per cento nel mese, con volumi che si attestano a 40 mila nuove registrazioni con il 24 per cento di quota. Sono tre i modelli italiani tra i primi dieci di gennaio 2019: Fiat Panda (14.552 unità) al primo posto, seguita da Lancia Ypsilon (6.606) in seconda posizione e Fiat 500X (3.410) all'ottavo. A gennaio 2019 si registra un calo pesante delle immatricolazioni di auto diesel –31,4 per cento su gennaio 2018 e il 41,1 per cento di quota di mercato. Le vendite di auto a benzina raggiungono il 45,3 per cento di quota e quelle ad alimentazione alternativa si attestano al 13,7 per cento, di cui lo 0,4 per cento auto a zero o a bassissime emissioni (complessivamente quasi 900 unità);

    dati dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica dicono che nel 2018 il 79 per cento delle autovetture elettriche è stato immatricolato in sole 4 regioni: Trentino-Alto Adige, con una quota del 39 per cento, Toscana (19 per cento), Lombardia (12 per cento) e Lazio (9 per cento). Le due province con il maggior numero di auto elettriche immatricolate nel 2018 sono Trento (1.633) e Firenze (886), intestate per il 95 per cento a società di noleggio;

    l'Italia è il Paese europeo con la più alta presenza di auto con motori a carburante alternativo, gpl e metano, ma con la più bassa di auto elettriche. Il sistema Paese deve recuperare una sinergia tra le politiche energetiche e quelle industriali per incentivare le scelte industriali del prossimo futuro. L'Italia non può rimanere fuori dalla sfida sulle batterie e sui sistemi di accumulo, avendo il know-how di Terna, la società a controllo pubblico che gestisce la rete ad alta tensione nel nostro Paese;

    lo sviluppo dell’e-mobility rappresenta un fattore importante di sviluppo della filiera industriale nazionale, in particolare in settori quali la componentistica dei veicoli, la carrozzeria e gli interni, le apparecchiature di carica, la rete elettrica, il riciclo e la seconda vita delle batterie;

    il 5 febbraio 2019, nell'ambito degli Industry Days 2019, è stata lanciata la nuova piattaforma europea per la tecnologia e l'innovazione sulle batterie, con l'obiettivo di costruire un consorzio europeo che possa ritagliarsi un proprio spazio di mercato in un settore che, attualmente, vede lanciatissime le aziende asiatiche: quelle cinesi in primis, come Byd e Catl (che aprirà una fabbrica di batterie in Germania per rifornire costruttori tedeschi del calibro di Bmw, Mercedes e Volkswagen), la giapponese Nec e le coreane Samsung e Panasonic, che collabora con l'americana Tesla;

    il direttore generale del dipartimento energia della Commissione europea, Dominique Ristori, ha dichiarato: «L'Unione europea non vuole solo essere un consumatore di batterie, ma vuole diventare un leader di mercato, un settore che vale fino a 250 miliardi di euro entro il 2025. Per questo, la chiave è la ricerca e l'innovazione e sono convinto che questa nuova piattaforma farà in modo che l'Europa diventi un leader mondiale nelle batterie e nello stoccaggio. L'interesse economico in gioco è enorme e il ruolo e l'importanza di queste tecnologie aumenteranno significativamente in futuro. Per essere all'avanguardia di questa rivoluzione, dobbiamo consolidare le basi industriali per le batterie nel nostro continente, comprese tutte le tecnologie delle batterie»;

    secondo l'agenzia di stampa Reuters, la Francia investirà 700 milioni di euro (790 milioni di dollari) nei prossimi cinque anni in progetti per rafforzare l'industria europea delle batterie per auto elettriche e ridurre la dipendenza dei produttori automobilistici dai rivali asiatici dominanti. Questo piano è la risposta francese all'annuncio tedesco, arrivato nel novembre 2018, relativo ad investimenti per 1 miliardo di euro (in due tranche da 500 milioni) per la costruzione di una fabbrica di batterie in Germania. Non sono escluse iniziative e investimenti comuni tra Francia e Germania secondo le fonti citate da Reuters;

    al fine di orientare le scelte dei consumatori verso l'acquisto di automobili più green, così da contribuire al contenimento dell'innalzamento della temperatura globale e alla lotta contro i cambiamenti climatici, con la legge di bilancio per l'anno 2019, il Governo ha introdotto un meccanismo di bonus-malus grazie al quale riconosce sconti nel caso di acquisto di automobili nuove a basse emissioni e, viceversa, impone il versamento di un'ecotassa in caso di acquisto di auto nuove inquinanti;

    i commi dal 1031 al 1047 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per l'anno 2019), prevedono disincentivi, sotto forma di imposta, per l'acquisto di autovetture nuove con emissioni di anidride carbonica superiori ad una certa soglia (crescenti al crescere del livello di emissioni) e contestualmente incentivi, sotto forma di sconto sul prezzo, per l'acquisto di autovetture nuove a basse emissioni. La medesima legge prevede, inoltre, l'accesso gratuito per i veicoli a propulsione elettrica o ibrida nelle zone a traffico limitato;

    il 13 febbraio 2019, il Ministro dello sviluppo economico, nel rispondere all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea (n. 3-00513) sul tema, ha dichiarato che la misura bonus-malus introdotta nella legge di bilancio «da un lato ha lo scopo di tutelare l'ambiente e di conseguenza la salute dei cittadini, dall'altro dà il via ad una nuova filiera della produzione di veicoli, sviluppando un nuovo modello di mobilita»;

    l'amministratore delegato di Fca, Mike Manley, aveva annunciato il 29 novembre 2018 un piano di investimenti da 5 miliardi di euro nel nostro Paese per il periodo dal 2019 al 2021, con l'obiettivo, tra le altre cose, di sviluppare nuovi modelli con motorizzazioni elettriche e ibride per colmare il gap con le industrie estere, al momento molto più avanti nella produzione di queste autovetture. Dopo la legge di bilancio, Manley ha fatto sapere che il piano verrà rivisto. Questo perché la misura del bonus-malus non è stata condivisa con chi dovrebbe concretamente sviluppare il nuovo modello di mobilità a cui fa riferimento il Ministro;

    se, come detto, ad essere avvantaggiate saranno le case automobilistiche estere, verranno invece penalizzate le produzioni di Cassino (Stelvio B e Giulia 2.0 B), Atessa (Ducato B), Grugliasco (Maserati Ghibli e 4P B e D), Modena (Maserati Gran Turismo e Gran Cabrio B e D), Melfi (500 X 2000 D e Renegade 2000 D), Mirafiori (Maserati Levante), con ulteriori rischi per la già critica situazione occupazionale del settore. Solo per citare una delle criticità, a Termini Imerese quasi 900 lavoratori (circa 600 Blutec e circa 300 indotto) sono in attesa da dicembre 2018 della proroga della cassa integrazione e di notizie sul rilancio della fabbrica,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per modificare la norma sul bonus-malus introdotta con la legge di bilancio per il 2019;

2) a prevedere un piano di politica industriale che, d'intesa con i soggetti imprenditoriali, le organizzazioni sindacali e gli enti locali, facendo leva sulle già estese competenze che ci sono sul territorio, consenta ad una delle maggiori industrie del Paese di essere protagonista della mobilità del futuro;

3) a prevedere un piano di incentivi che investa sulla ricerca e sulle numerose competenze ed eccellenze nell'ambito manifatturiero e tecnologico connesse alla mobilità elettrica.
(1-00127) «Epifani, Bersani, Fornaro».

(26 febbraio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    nei prossimi anni il settore dell’automotive dovrà mostrare la sua capacità di raccogliere le sfide legate ai grandi cambiamenti che lo attendono: elettrificazione e guida autonoma, insieme al diffuso calo delle vendite delle auto diesel, impongono scelte coraggiose, in particolare a livello economico-produttivo;

    il mercato dell’automotive, sia in Italia che in Europa, sembra avviato ad una crescita limitata a causa di tre fattori principali: un diverso manifestarsi della domanda, sia quantitativo che qualitativo, in primo luogo per l'evoluzione delle preferenze dei consumatori, l'introduzione di nuove tecnologie di powertrain e il mutamento dei modelli di mobilità urbana, una riduzione delle esportazioni dovuta alla crescita della produzione interna dei Paesi un tempo importatori (come, ad esempio, la Cina), un rischio concreto che le schermaglie commerciali tra Usa, Cina ed Europa diano luogo all'introduzione di dazi in grado di danneggiare significativamente l'economia europea. Il terzo fattore, sebbene sia legato a contingenze potenzialmente destinate a perdurare per un periodo di tempo circoscritto, avrebbe comunque un effetto immediato sulla struttura dell'industria, dalle conseguenze non facilmente reversibili;

    i primi due fattori sono, invece, di tipo strutturale e rappresentano, quindi, l'elemento al quale è necessario fare riferimento per una lettura dei dati di produzione in chiave strategica;

    in particolare, il calo della produzione di auto dei Paesi europei, che nelle statistiche si posizionano nei primi posti, rischia di essere dirompente sulle loro economie. Osservando le prime dieci posizioni nella geografia produttiva europea del 2017, i Paesi più esposti sono chiaramente quelli che hanno beneficiato dello spostamento sull'asse produttivo della Germania. Spagna (2,29 milioni di vetture), Francia (1,67 milioni di vetture), Regno Unito (1,67 milioni di vetture) e Italia (0,74 milioni di vetture) producono complessivamente 6,37 milioni di vetture. La Germania da sola ne produce 5,64 milioni, con Repubblica ceca (1,4 milioni di vetture), Slovacchia (0,95 milioni di vetture), Polonia (0,5 milioni di vetture), Ungheria (0,4 milioni di vetture) e Romania (0,36 milioni di vetture) si arriva a 9,25 milioni di vetture;

    secondo i dati forniti dall'Associazione nazionale filiera industria automobilistica, in un report pubblicato nel mese di settembre 2018, la domanda mondiale di autoveicoli dal 2007 al 2017 è aumentata del 35 per cento, passando da 72 milioni di unità a 97 milioni grazie alla forte crescita (+129 per cento) del mercato in Brasile, Russia, India e Cina, Paesi che hanno raggiunto il 38 per cento delle vendite mondiali (era il 23 per cento nel 2007), pari quindi a 15 punti in più;

    purtroppo, dall'inizio del 2018 questo trend positivo si è interrotto e la vendita extra-Unione europea solo delle vetture italiane è diminuita dell'11,1 per cento circa, a causa di un significativo crollo della domanda cinese;

    tuttavia, l'Italia, assorbita la drammatica diminuzione della produzione rispetto agli alti livelli registrati agli inizi degli anni ’90, è oggi meglio posizionata degli altri Paesi europei proprio per il fatto di avere una capacità produttiva (di auto) più limitata e per un graduale spostamento verso produzioni di fascia più alta, potenzialmente foriere di maggiori margini unitari e migliori opportunità di innovazione/riconversione tecnologica;

    le scelte di politica industriale nel nostro Paese dovranno indirizzarsi in maniera chiara ed inequivocabile su infrastrutture di ricarica e sugli incentivi che promuovano un cambio di paradigma dell'intera filiera automotive verso soluzioni e business più sostenibili;

    negli ultimi dieci anni, le emissioni di gas a effetto serra in Europa sono diminuite significativamente in tutti i settori dell'economia, anche in relazione alla crisi economico-finanziaria globale, con l'unica eccezione dei trasporti che ad oggi rimangono il primo settore per emissioni di gas a effetto serra in Europa, superando persino il settore elettrico;

    nell'ambito dell'Accordo di Parigi (Cop21) del 2015, l'Europa ha adottato una nuova strategia di decarbonizzazione, impegnandosi a ridurre drasticamente le proprie emissioni entro il 2050;

    secondo il rapporto How to decarbonise European transport by 2050, pubblicato dall’European federation for transport and environment, la decarbonizzazione del settore dei trasporti porterebbe ad una serie di conseguenze positive per gli oltre 500 milioni di cittadini europei;

    l'Italia, con solo lo 0,5 per cento di market share per immatricolazioni di auto elettriche e ibride plug-in nel 2018, resta significativamente indietro rispetto ad altri Paesi europei (i Paesi Bassi sono già al 9 per cento di share) nella transizione verso una mobilità a zero emissioni;

    consapevoli delle complessità e delle difficoltà attuali che si stanno affrontando per poter accelerare un modello di mobilità eco-sostenibile sollecitato anche dai nuovi regolamenti europei sulle emissioni di anidride carbonica dei veicoli, il Governo ha ritenuto di introdurre la misura di un bonus per l'acquisto di veicoli elettrici nella legge di bilancio per il 2019 e misure di sostegno a investimenti nelle infrastrutture di ricarica elettrica, promuovendo, il settore automotive anche attraverso il rifinanziamento e il potenziamento, fra gli altri, degli incentivi previsti dalla «nuova Sabatini» e quelli relativi al «iper-ammortamento»;

    con la legge di bilancio per il 2019 è stato, infatti, potenziato lo strumento dell'iper-ammortamento, disponendone la proroga per il 2019 e aumentando, nell'ambito di una rimodulazione complessiva, la maggiorazione al 170 per cento per gli investimenti, fino a 2,5 milioni di euro;

    per quanto riguarda il profilo degli interventi a sostegno delle imprese, si ricorda il rifinanziamento della «nuova Sabatini», con la quale è stato previsto uno stanziamento di 480 milioni di euro al fine di agevolare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese per interventi, tra gli altri, di digitalizzazione dei processi aziendali e ammodernamento tecnologico degli impianti. Tale strumento, congiuntamente alle altre iniziative del Governo, permetterà di introdurre, a partire dal 2019, circa 8 miliardi di euro nell'economia reale: al riguardo, giova evidenziare che il 2018 ha segnato l'inizio di una svolta tecnologica e motoristica nel settore automotive, non solo infatti auto elettriche e ibride ma investimenti che porteranno ad un rilancio dell'innovazione con le nuove tecnologie per la guida autonoma, l’infotainment e il motorsport. Si tratta di una rivoluzione automotive 3.0 che farà del 2019 l'anno delle grandi sfide anche sul piano tecnologico. Quasi tutte le case automobilistiche major hanno presentato infotainment compatibile con smartphone e accessori personali e anche su questo fronte le misure e gli incentivi introdotti dalla legge di bilancio per il 2019 possono contribuire ad un'importante riconversione della produzione italiana;

    per quanto poi concerne il bonus per l'acquisto di auto elettriche, introdotto dall'articolo 1, commi 1031-1038, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019), all'esito del confronto con gli operatori economici e con le associazioni dei consumatori, al fine di contemperare al meglio tutti gli interessi coinvolti, si prevedono delle agevolazioni per i veicoli a basse emissioni di anidride carbonica nuovi di fabbrica, immatricolati nel periodo dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021, acquistati, anche in locazione finanziaria, da parte di tutte le categorie di acquirenti, con prezzo risultante dal listino prezzi ufficiale della casa automobilistica produttrice inferiore a 50.000 euro Iva esclusa. È in corso l'adozione del decreto attuativo della suddetta misura, che ne disciplinerà l'erogazione;

    il sopra citato bonus è teso a rinnovare il parco circolante nel Paese favorendo la rottamazione di veicoli vecchi e l'acquisto di mezzi a basse emissioni inquinanti e a stimolare il cambiamento necessario a garantire la competitività futura di un settore chiave per l'economia italiana come quello dell'auto. Ciò consentirà di riconvertire gradualmente l'intero indotto che fa capo all’automotive, primo fra tutti quello della produzione di batterie che, nei prossimi mesi, diventerà strategico per il lancio definitivo della mobilità elettrica nei Paesi europei. È un settore nel quale l'Italia potrebbe diventare leader all'interno dell'Unione europea, incrementando la produzione e investendo in ricerca per la realizzazione di sistemi di accumulo più potenti, efficienti, duraturi e meno inquinanti;

    in base alle dinamiche del mercato, è ipotizzabile che i bonus disponibili consentiranno di raddoppiare le vendite di auto incentivate, che dunque potrebbero sfiorare, a fine 2019, le 18 mila unità. Di queste è prevedibile che il 30 per cento dovrebbe essere accompagnato dalla rottamazione di un'auto fino a Euro 4. Sulla base delle proiezioni, il Governo si attende un saldo positivo di quasi 14 milioni di euro, parte dei quali (fino a 5 milioni) serviranno a coprire le detrazioni per l'installazione di colonnine elettriche e wall box in aree private;

    il Governo sta già sostenendo progetti di ricerca e sviluppo finalizzati sia alla riconversione delle motorizzazioni del gruppo Fca verso l'ibrido e l'elettrico, sia attraverso lo strumento degli accordi di programma, la produzione di vetture più ecologiche;

    in questo contesto si segnala la definizione di altre proposte di programmi d'investimento sulla materia, attualmente in corso di negoziazione ovvero: Toward electrification – sviluppo di prodotti e di processi per l'industrializzazione di una nuova gamma di macchine elettriche –, E-Smart 4.0. – nuova generazione di pneumatici per autoveicoli e biciclette capaci di rispondere alle nuove sfide poste dall'evoluzione tecnologica automotive che metterà in campo nuovi veicoli elettrici e veicoli a guida autonoma (Pirelli Milano) –, Battery swapping eco-system per la «sostituzione delle batterie»;

    in relazione al gruppo Fca il Ministero dello sviluppo economico ha un'interlocuzione in corso: è stata approvata nel dicembre 2018 (Ministero dello sviluppo economico e regioni Piemonte, Abruzzo, Campania e provincia autonoma di Trento) la riformulazione di uno dei progetti finalizzato a maggiormente sostenere le nuove attività di ricerca e sviluppo sulle motorizzazioni ibride ed elettriche. Ciò anche in coerenza con le linee del Governo e a supporto del nuovo piano industriale presentato da Fca a fine novembre 2018, a salvaguardia degli investimenti previsti. Tale riformulazione ha permesso a Fca di presentare al soggetto gestore per l'approvazione tutti e quattro i progetti definitivi, finanziati con risorse del Fondo crescita sostenibile. La valutazione positiva da parte del soggetto gestore sulla valenza tecnologica dei progetti sarà prodromica all'emanazione da parte del Ministero dello sviluppo economico del decreto di concessione del contributo;

    l'11 dicembre 2018 presso il Ministero dello sviluppo economico si è tenuto il primo incontro, presieduto dal Ministro Di Maio, del tavolo dedicato al settore dell'auto finalizzato ad instradare un percorso costruttivo e collaborativo con tutti gli stakeholder (produttori e consumatori) del settore per l'elaborazione di una strategia unitaria,

impegna il Governo:

1) a proseguire sul percorso iniziato con le associazioni di categoria, le parti sociali e le case produttrici, anche attraverso l'istituzione del citato tavolo sull’automotive, per sostenere l'intera filiera nazionale nel passaggio a produzioni sempre più ecologiche, in coerenza con gli obiettivi europei e le esigenze dei cittadini, anche favorendo la realizzazione degli investimenti necessari e la progressiva conversione degli impianti industriali, al fine di evitare la contrazione della produzione e i conseguenti impatti negativi sui livelli occupazionali dell'intero comparto;

2) a porre in essere ogni iniziativa utile ad accelerare il rinnovo del parco macchine in circolazione con mezzi ad alta efficienza, prevedendo, nella fase transitoria e in aggiunta agli incentivi già previsti ai sensi dell'articolo 1, commi 1031-1038 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019), aiuti alla rottamazione dei veicoli di categoria Euro 3 o inferiore per favorire l'acquisto di autovetture usate di categoria Euro 5 e superiori, tenendo in considerazione le esigenze degli acquirenti finali con redditi più bassi;

3) a valutare l'opportunità di inserire nel decreto interministeriale di attuazione del sopra citato bonus per l'acquisto di veicoli elettrici ed ibridi, di prossima emanazione, la previsione di un meccanismo di finestre temporali nel corso dell'anno per valutare l'andamento temporale dell'assorbimento delle risorse che tenga conto, tra le altre, dell'esigenza delle case costruttrici di implementare la propria produzione di modelli incentivabili.
(1-00128) «Vallascas, Andreuzza, Sut, Bazzaro, Alemanno, Binelli, Berardini, Colla, Carabetta, Dara, Cassese, Patassini, De Toma, Pettazzi, Giarrizzo, Piastra, Masi, Orrico, Papiro, Paxia, Rizzone, Scanu, Rachele Silvestri».

(26 febbraio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    il comparto automotive italiano rappresenta 5.700 imprese, 100,4 miliardi di euro di fatturato, pari al 6 per cento del prodotto interno lordo, quasi 259.000 addetti (il 7,1 per cento del settore manifatturiero), una spesa in ricerca e innovazione di 1,7 miliardi di euro l'anno, 74,4 miliardi di euro di gettito fiscale nel 2017;

    con la legge di bilancio per il 2019 il Governo ha varato la cosiddetta «ecotassa» che prevede a partire dal 1° marzo 2019 una significativa tassazione progressiva delle autovetture a combustione, a partire da quelle con emissioni di anidride carbonica superiori ai 160 grammi per chilometro; contestualmente dispone l'erogazione di incentivi ad autovetture elettriche o ibride;

    tali misure sono state adottate, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, con frettolosità ed approssimazione, senza la possibilità di un adeguato dibattito parlamentare e senza il dovuto coinvolgimento preventivo dei soggetti della filiera;

    essendo la norma tarata sull'anidride carbonica, un climalterante e non un inquinante, non appare corretto parlare di «politiche per il miglioramento della qualità dell'aria» che hanno come obiettivo la riduzione di smog, inquinamento e polveri sottili. In termini ambientali, non vi sarebbero particolari effetti positivi, perché nelle strade italiane continuerebbero a circolare veicoli con oltre 20 anni di età, mentre si vanno a tassare, disincentivandone l'acquisto, veicoli di ultima generazione con prestazioni ambientali superiori alla media del parco circolante. La misura, quindi, sarà inefficace e impatterà non soltanto su vetture del segmento premium, già assoggettate al «superbollo», ma anche su molte vetture del segmento medio, mono-volumi e multi-spazio, usate dalle famiglie italiane e dai piccoli operatori economici rispetto ai quali un aggravio di 1.100 euro appare assolutamente fuori misura;

    da più parti, nel dibattito pubblico come nelle posizioni dei principali soggetti della filiera, è stato sottolineato che i primi a pagare il conto di queste misure sarebbero stati i cittadini virtuosi che intendono acquistare una nuova vettura, che in ogni caso inquinerà meno di una «vecchia» e che il mercato dell'auto subirà una pesante flessione, con conseguenze per l'occupazione e per le entrate dello Stato: meno veicoli venduti corrispondono a meno imposte incassate. Si ricorda che nel 2017 la contribuzione derivante dall'acquisto dei veicoli (versamento Iva e Ipt) è stata di 9,4 miliardi di euro;

    in considerazione dell'attuale situazione del mercato nazionale e internazionale, inoltre, tali misure avranno come effetto diretto quello di favorire case produttrici estere che negli ultimi anni hanno maggiormente sviluppato la produzione di auto elettriche o ibride, con un conseguente danno per le imprese automobilistiche che producono in Italia;

    a seguito di tali misure, infatti, Fca ha annunciato la volontà di un ridimensionamento del piano industriale del novembre 2018, che avrebbe previsto un complessivo piano degli investimenti in Italia per circa 5 miliardi di euro;

    si auspicava almeno una lieve crescita delle immatricolazioni a gennaio 2019, dovuta alla possibilità di acquistare veicoli nuovi prima dell'entrata in vigore delle suddette misure (1° marzo 2019), e invece non si è avuto nemmeno questo effetto, a testimonianza della natura depressiva delle suddette misure;

    a conferma di ciò, nel mese di gennaio 2019 sono state immatricolate 164.935 autovetture, il 7,5 per cento in meno rispetto a gennaio 2018 (elaborazioni dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica su dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 5 febbraio 2019). Il gruppo Fiat Chrysler automobiles (incluso Maserati) registra un calo tendenziale del 22 per cento nel mese, con volumi che si attestano a 40 mila nuove registrazioni con il 24 per cento di quota;

    inoltre, l'esclusione dagli incentivi delle auto a metano rappresenta una scelta insensata. È, infatti, ormai scientificamente provato che il metano per autotrazione sia il combustibile che produce le minori emissioni di inquinanti locali (PM, NOx, HC e altro). Inoltre, il metano è una fonte rinnovabile e ha una cospicua possibilità di produzione nazionale, al contrario di altre tecnologie incentivate che oggi vengono sviluppate principalmente da industrie estere;

    tale immotivata esclusione va in controtendenza rispetto al decreto ministeriale di incentivazione del biometano, varato nel 2018 con il fine di facilitare una sua massiccia utilizzazione come combustibile per l'autotrazione per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, facendo leva sui punti di forza ambientale ed economica sopra rilevati;

    il saldo di tali misure in termini di benefici ambientali e di ricambio del parco circolante rischia di essere particolarmente ridotto se non addirittura negativo, poiché una fetta consistente di automobilisti, non potendosi permettere auto ibride o elettriche dal costo elevato (le uniche che beneficiano degli incentivi), rinvieranno l'acquisto di una nuova auto continuando ad utilizzare quella vecchia e inquinante;

    a ciò si aggiunge l'evidente conseguenza negativa per il mercato dell'usato e dei «chilometri zero» (che aveva risposto bene alla lunga fase di crisi economica), poiché è di tutta evidenza che i veicoli appartenenti a questi segmenti sono esclusi dagli incentivi e, in molti casi, saranno gravati dall'ecotassa;

    con il decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257, l'Italia ha recepito la direttiva 2014/94/Ue (cosiddetta «direttiva Dafi») sulle infrastrutture per i carburanti alternativi nei trasporti. Tale direttiva prevede l'adozione di un piano nazionale per lo sviluppo delle infrastrutture per tali carburanti (elettrico, gnc, gnl) secondo il principio della neutralità tecnologica;

    è in fase di approvazione definitiva la proposta della Commissione europea di modifica del regolamento (Ue) n. 715/2007 sui limiti di emissioni di anidride carbonica per le automobili e i veicoli commerciali leggeri, che prevede una riduzione delle emissioni al 2030 del 37,5 per cento per le automobili e del 31 per cento per i furgoni, con un target intermedio al 2025. Tali nuove previsioni risultano irrealistiche e particolarmente penalizzanti per il settore;

    a seguito dell'accordo di bacino padano, sottoscritto tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, è stato varato un provvedimento di blocco della circolazione per i veicoli considerati maggiormente inquinanti, dal 1° ottobre 2018 al 31 marzo 2019. Tale divieto riguarda i veicoli diesel Euro 3 (in Emilia-Romagna anche i diesel Euro 4). Tale provvedimento ha generato un disagio diffuso in molte famiglie e operatori commerciali dal basso potere di acquisto che in questi anni non si sono potuti permettere di sostituire la propria auto;

    peraltro, anche per l'adozione di tali divieti così come per l'ecotassa, si continua ad utilizzare come parametro del livello di emissioni l'anidride carbonica, quando, da un lato, tutti gli studi convergono sulla maggiore pericolosità di altre sostanze (pm 10, pm 2,5 e altre) generate principalmente dalla corrosione dell'asfalto e dall'usura degli pneumatici e non dai gas di scarico e, dall'altro lato, è ormai riconosciuto dalla più vasta letteratura scientifica che il traffico veicolare incide per una quota molto bassa sull'inquinamento atmosferico, su cui assai più incide il riscaldamento da abitazione;

    prima di nuovi provvedimenti di blocco della circolazione di determinate categorie di veicoli considerate inquinanti, occorrerebbe varare, in accordo con le regioni della pianura padana, un grande piano di sostituzione delle caldaie da riscaldamento più inquinanti, a partire da quelle pubbliche, rafforzando contestualmente gli incentivi per la sostituzione di quelle private con impianti a minore impatto ambientale,

impegna il Governo:

1) a varare un piano organico di transizione ecologica che sia realistico e non penalizzante per l'industria nazionale automobilistica e per i livelli occupazionali ad essa collegati, evitando ulteriori provvedimenti improvvisati e dannosi per il comparto e per gli automobilisti già fortemente vessati;

2) ad adottare conseguentemente un'iniziativa normativa urgente per l'abrogazione delle disposizioni sulla cosiddetta «ecotassa» contenute nella legge di bilancio per il 2019, nonché per la contestuale estensione dei soli incentivi alle auto alimentate a metano;

3) ad attuare pienamente il decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257 di recepimento della direttiva 2014/94/Ue (cosiddetta «direttiva Dafi») che prevede un piano nazionale di sviluppo delle infrastrutture per i carburanti alternativi secondo il principio della neutralità tecnologica, sviluppando contestualmente l'elettrico nell'ambito della mobilità urbana, il metano compresso (gnc) per le medie e lunghe distanze, il metano liquido (gnl) per il trasporto merci ed il trasporto marittimo;

4) a tali fini, a costituire un tavolo permanente con i rappresentanti della filiera automotive (produttori di auto e veicoli industriali, produttori di componenti, rivenditori, gestori di servizi di mobilità pubblica e privata, organizzazioni sindacali, esperti di settore e altro) da consultare tassativamente prima di qualunque nuovo provvedimento in materia;

5) a promuovere in sede europea un'immediata revisione delle modifiche al del regolamento (Ue) n. 715/2007 sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, in corso di approvazione, con l'obiettivo di giungere ad una transizione ecologica più morbida, realistica e compatibile con le prospettive di evoluzione tecnologica dell'industria nazionale automobilistica;

6) a riferire trimestralmente alle Camere sull'impatto che le misure recentemente introdotte avranno sul comparto automotive nazionale e sui relativi livelli occupazionali.
(1-00131) «Fidanza, Zucconi, Lollobrigida, Silvestroni, Rotelli, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Crosetto, Deidda, Luca De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Maschio, Meloni, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Trancassini, Varchi».

(26 febbraio 2019)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   VITIELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Napoli nord è il secondo ufficio giudiziario della Campania e si impone tra i primi cinque in Italia per numero di affari giudiziari civili e penali;

   nell'ambito della riforma della geografia giudiziaria, il cui impianto ha trovato forma nella legge delega n. 148 del 2011 e nei successivi decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 2012, la sua istituzione è stata un'eccezione alla ratio della riorganizzazione economica del sistema giustizia nel Paese;

   i territori a più alta densità criminale sono stati concentrati in questo nuovo presidio, al quale non vengono riconosciute le minime risorse necessarie per dare una risposta effettiva alla domanda di giustizia, con il rischio di favorire gli interessi della criminalità organizzata;

   il tribunale di Napoli nord ricopre un ruolo centrale per la tutela della legalità in un circondario giudiziario che abbraccia territori ben conosciuti come la «Terra dei fuochi»;

   la notevole attività di tali uffici rischia di essere vanificata da alcune criticità strutturali: l'insufficienza dei locali in uso al tribunale e l'inadeguatezza quantitativa e qualitativa della pianta organica del personale amministrativo e giudiziario;

   la struttura del Castello Aragonese non ospita solo il tribunale ma anche la procura di Napoli nord, l'ufficio notificazioni, esecuzioni e protesti e quelli del Consiglio dell'Ordine degli avvocati. Gli spazi sono assolutamente insufficienti rispetto alle esigenze giudiziarie civili e penali, tenuto conto che la mole di affari ha prodotto carichi di lavoro superiori alle aspettative che hanno costretto l'adozione di provvedimenti emergenziali, come, ad esempio, la celebrazione delle udienze nelle stanze degli studi dei magistrati;

   anche per il personale amministrativo si segnala l'assoluta inadeguatezza della pianta organica: le 146 unità previste non sono proporzionate al numero di magistrati, pari a 81; sproporzione che si riflette sia sulla gestione del personale che sull'andamento dei servizi di cancelleria;

   la straordinarietà del carico di lavoro del tribunale di Napoli nord ha indotto i vertici giudiziari e amministrativi a chiedere la modifica della pianta organica del personale amministrativo, ma l'unico risultato è stato l'ampliamento di sei unità degli assistenti giudiziari con il provvedimento ministeriale del 15 marzo 2018 –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario ed urgente adottare le iniziative di competenza al fine di risolvere le criticità relative agli spazi e al personale di cui in premessa, in modo da scongiurare uno stallo della produttività del tribunale di Napoli nord.
(3-00558)

(26 febbraio 2019)

   LOLLOBRIGIDA, MELONI, VARCHI, MASCHIO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI e ZUCCONI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:

   il regolare funzionamento della giustizia in Italia è ormai per larga parte assicurato dalla magistratura onoraria, che equivale al 50 per cento dell'organico dei magistrati professionali e ricopre la totalità della funzione giurisdizionale di pace, il 90 per cento delle funzioni di pubblica accusa nei processi monocratici e quasi il 60 per cento delle funzioni giurisdizionali nei tribunali, raggiungendo picchi in quelli di provincia;

   ciononostante tale categoria continua non solo a non ottenere il giusto riconoscimento del proprio ruolo, ma, anzi, a subire pesanti discriminazioni, reiterate anche dalla riforma approvata nel 2017 dal Ministro pro tempore Orlando, che ha completamente disatteso le istanze della categoria, nonostante queste non prefigurassero alcuna stabilizzazione nella magistratura di ruolo, prevedendo, invece, il riordino della magistratura onoraria secondo un approccio minimalista, con un aumento modesto delle relative competenze e un riconoscimento delle tutele previdenziali di mera facciata, a saldi di bilancio invariati;

   tale riforma, inoltre, non solo ha previsto la creazione di uno «statuto unico» della magistratura onoraria, applicabile ai giudici di pace, ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari, con l’«intrinseca temporaneità dell'incarico», ma anche la rideterminazione della pianta organica dei giudici di pace in tutto il territorio nazionale, un fatto che, soprattutto nelle piccole realtà territoriali, rischia di portare alla paralisi degli uffici giudiziari;

   nel «contratto di governo» posto alla base dell'accordo tra Lega e MoVimento 5 Stelle per la formazione dell'attuale Esecutivo, si annuncia una «completa modifica» della «riforma Orlando», prevedendo «il riconoscimento del ruolo dei magistrati onorari (...) affrontando anche le questioni attinenti al trattamento ad essi spettante ed alle coperture previdenziali ed assistenziali»;

   in assoluta dissonanza rispetto a tali annunci, ad oggi alcun provvedimento concreto è stato preso in sostegno della magistratura onoraria e il tavolo tecnico istituito presso il Ministero della giustizia con il compito di elaborare una proposta di riforma si dovrebbe riunire il 7 marzo 2019, a una distanza di oltre tre mesi dalla prima convocazione;

   nella riunione del 7 marzo 2019 sarà esaminata la proposta avanzata dalla magistratura onoraria, e condivisa anche dalla magistratura di ruolo, volta a superare lo stallo venutosi a determinare e a risolvere finalmente alcune delle questioni più importanti –:

   quale sia l'orientamento del Governo in merito alla citata proposta formulata dai magistrati onorari e quali iniziative urgenti intenda assumere per tutelare i diritti e le legittime aspettative degli stessi e garantire il funzionamento della giurisdizione.
(3-00559)

(26 febbraio 2019)

   CASCIELLO, GELMINI, PAOLO RUSSO, APREA, BAGNASCO, ANNA LISA BARONI, BARTOLOZZI, BIANCOFIORE, CAPPELLACCI, CARFAGNA, D'ATTIS, FATUZZO, FITZGERALD NISSOLI, LABRIOLA, MARIN, MARROCCO, MUGNAI, NAPOLI, OCCHIUTO, ORSINI, PALMIERI, PETTARIN, PITTALIS, ROSSELLO, ROTONDI, RUFFINO, SACCANI JOTTI, SARRO, SANDRA SAVINO, SCOMA e MARIA TRIPODI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di febbraio 2019, durante la visita ad alcuni istituti scolastici in Campania, il Ministro interrogato ha rilasciato dichiarazioni offensive verso i docenti del Sud che non si impegnerebbero abbastanza nel loro lavoro e sarebbero responsabili delle minori prestazioni degli studenti meridionali, alimentando stereotipi che andrebbero combattuti assumendo misure necessarie a colmare il gap esistente tra diverse zone dell'Italia;

   in una fase in cui la credibilità dell'istituzione scuola è continuamente messa in discussione da atteggiamenti di studenti e genitori che arrivano a minare la sicurezza fisica degli operatori appaiono ingiuriose le dichiarazioni rivolte a una categoria di lavoratori geograficamente definita, indebolendone ulteriormente l'autorità, il prestigio sociale e la forza persuasiva proprio dove sono più alti i tassi di abbandono scolastico, il disagio e la disoccupazione giovanile e maggiore è l'assenza di infrastrutture produttive in grado di stimolare il tessuto economico;

   gli insegnanti che operano in tali territori sono lasciati soli a rappresentare uno Stato che non li difende e che non prevede interventi a largo raggio su un tessuto sociale sfilacciato e senza grandi punti di riferimento;

   quasi metà dei docenti del Nord provengono dai territori di «fannulloni», senza che questo abbia ripercussioni sulla qualità e sulle performance degli studenti settentrionali;

   a disposizione delle scuole meridionali ci sono meno risorse e strutture, c'è scarsità di luoghi culturali e di aggregazione, quali biblioteche, centri sportivi, scuole con palestre;

   il Governo ha fortemente contratto le risorse del fondo per il contrasto alla povertà educativa, mentre sarebbero auspicabili sostegno e sviluppo dell'istruzione e della formazione professionale per dotare di strumenti concreti di costruzione di futuro i giovani che disagio e povertà educativa spingono lontano dall'istruzione, rendendoli potenziali destinatari della promessa di facile guadagno offerta dalla criminalità organizzata;

   sono evidenti le inadempienze del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in materia di edilizia scolastica, i cui fondi sarebbero sbloccati per almeno 7 miliardi ma sono assolutamente «latitanti»;

   nell'ambito del programma operativo nazionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nel 2017 è stato pubblicato l'avviso dello stanziamento di 350.000.000 di euro per progetti di edilizia scolastica in Basilicata, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, per accedere ai quali gli enti destinatari hanno presentato i progetti entro la scadenza richiesta del febbraio 2018, ma ad oggi di questi fondi non se ne sa nulla –:

   se il Ministro interrogato intenda scusarsi con i lavoratori delle scuole del Sud, adottando azioni concrete contro la dispersione scolastica – che, com'è noto, si riconnette a fenomeni di criminalità e disoccupazione giovanile – individuando specifici fondi da destinare alle scuole del Meridione.
(3-00560)

(26 febbraio 2019)

   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZÓFFILI e ZORDAN. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:

   in Italia esiste un patrimonio edilizio scolastico vetusto e che necessita di continui interventi di messa in sicurezza degli edifici;

   circa il 57 per cento degli edifici scolastici non risulta essere in regola con la normativa antincendio;

   non è stato approvato l'emendamento al «decreto semplificazioni» che prevedeva la proroga del termine per l'adeguamento degli edifici scolastici alla normativa antincendio;

   risale a qualche settimana fa l'annuncio dell'approvazione di un piano antincendio e dello stanziamento di 114 milioni di euro per l'adeguamento alla normativa antincendio di 2.267 istituti scolastici, ma non è stata chiarita l'effettiva disponibilità delle predette risorse e la tempistica di erogazione delle stesse agli enti locali;

   il nostro Paese ha un'elevata esposizione al rischio sismico, come dimostrato dagli eventi sismici che si sono verificati in Molise il 16 agosto 2018 e in Sicilia ad ottobre 2018 e, da ultimo, il 26 dicembre 2018;

   dai dati dell'Anagrafe dell'edilizia scolastica, che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca da quest'anno ha reso disponibili in chiaro sul proprio sito istituzionale, emerge che solo il 25 per cento degli istituti scolastici in zona sismica 1 risulta adeguato alla normativa antisismica;

   molti sono stati gli interventi annunciati negli ultimi mesi per semplificare le procedure di assegnazione dei finanziamenti ed erogare risorse agli enti locali, ma non è stata chiarita la tempistica di erogazione delle suddette risorse;

   il tema dell'edilizia scolastica e, in particolare, della sicurezza delle scuole riguarda milioni di studenti che quotidianamente sono impegnati nelle ordinarie attività didattiche, per i quali è necessario garantire il diritto allo studio in ambienti sicuri e idonei –:

   quali azioni abbia posto in essere e quali intenda promuovere per migliorare la situazione generale dell'edilizia scolastica in Italia, con particolare riferimento all'adeguamento delle scuole alla normativa antisismica e a quella antincendio, e quante e quali risorse siano state sbloccate negli ultimi mesi, con la previsione dei tempi per l'effettiva disponibilità da parte degli enti locali.
(3-00561)

(26 febbraio 2019)

   CASA, GALLO, CARBONARO, ACUNZO, AZZOLINA, VILLANI, TUZI, NITTI, MARZANA, TORTO, BELLA, FRATE, MELICCHIO, MARIANI, LATTANZIO e TESTAMENTO. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, attualmente all'esame del Parlamento per la sua conversione in legge, introduce all'articolo 14 l'accesso al trattamento di pensione con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi (cosiddetta «quota 100»), misura che fin da subito ha raccolto uno straordinario successo anche nella scuola;

   il 28 febbraio 2019 scadono i termini di presentazione della domanda di cessazione dal servizio per accedere alla pensione con «quota 100» che, insieme alle altre forme di anticipo, quali opzione donna e pensione anticipata, si sommano alle ordinarie domande di cessazione dal servizio, inducendo ad ipotizzare un massiccio esodo di insegnanti dalle istituzioni scolastiche;

   se le previsioni dovessero essere confermate il prossimo anno scolastico si connoterebbe come un anno particolarmente complesso per la scuola, in quanto si dovrebbe far fronte ad una carenza di organico difficilmente gestibile che accentuerebbe l'utilizzo di personale a tempo determinato, sia curricolare che di sostegno, i cui numeri si attestano già, nel corrente anno scolastico, a 125 mila unità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative intenda intraprendere per rispondere efficacemente e tempestivamente al vuoto di organico che si presume possa verificarsi nel futuro anno scolastico.
(3-00562)

(26 febbraio 2019)

   STUMPO, MURONI e FORNARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in Italia 26 opere risulterebbero bloccate e senza risorse, opere che migliorerebbero la vita dei pendolari: linee di metropolitane, tram e collegamenti ferroviari di cui potrebbero beneficiare 12 milioni di persone se si investisse in una «cura del ferro» nelle città italiane, in particolare al Sud dove i ritardi sono enormi;

   il dossier «Pendolaria 2018» di Legambiente, presentato il 30 gennaio 2019, registra che per i pendolari, sulle 10 linee peggiori d'Italia, nulla è cambiato rispetto agli anni scorsi. Quindi, non c'è nessuna buona notizia per i pendolari sulle tratte ferroviarie Roma-Lido, Circumvesuviana, Reggio Calabria-Taranto, Verona-Rovigo, Brescia-Casalmaggiore-Parma, Agrigento-Palermo, Settimo Torinese-Pont Canavese, Campobasso-Roma, Genova-Savona-Ventimiglia e Bari-Corato-Barletta;

   le 26 opere incompiute devono diventare la priorità di intervento nei prossimi anni, nelle città e nei territori italiani; sono, ad esempio, le linee di metropolitane e tram indispensabili a Roma, Torino, Bologna, Palermo, Cagliari, come le linee ferroviarie al Sud che versano in uno stato di forte degrado in Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna, Puglia;

   si tratta di interventi in tutta Italia, che comporterebbero una spesa limitata rispetto alle grandi opere, che sembrano condannate a non vedere luce, dato che per la loro realizzazione mancano risorse pari a quasi 10,8 miliardi di euro. La ragione è nel fatto che si continua a investire su strade e autostrade, come dimostrano i dati degli interventi realizzati durante la XVII legislatura: 3.900 chilometri tra strade provinciali, regionali e nazionali, 217 chilometri di autostrade, mentre sono state sospese o cancellate linee ferroviarie per 205 chilometri;

   con riferimento ai tagli ai servizi ferroviari regionali, solo nel Sud Italia, tra il 2010 e il 2018, si è tagliato del 33,2 per cento il numero di treni in circolazione in Molise, del 15,9 per cento quello in Calabria, del 15,1 per cento in Campania, del 6,9 per cento in Basilicata e del 5,6 per cento in Sicilia. Il record di aumento dei biglietti va alla Liguria pari al 49 per cento, seguita da Campania e Piemonte con aumenti del 48,4 per cento e del 47,3 per cento –:

   quali iniziative intenda adottare allo scopo di procedere al finanziamento integrale delle 26 opere oggi ferme e senza risorse affinché diventino la priorità di investimento dei prossimi anni e se non ritenga necessario adottare ulteriori iniziative di competenza per potenziare il numero di treni in circolazione, al fine di migliorare la qualità della vita di oltre 2,8 milioni di passeggeri del servizio ferroviario regionale.
(3-00563)

(26 febbraio 2019)

   ORLANDO, PAITA, GRIBAUDO, FIANO e ENRICO BORGHI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa risulta che il 19 agosto 2018 il Ministro interrogato abbia inviato alla Società Autostrade per l'Italia una missiva in relazione al crollo del Ponte Morandi di Genova in cui si afferma che: «In relazione a tale disastro si avvia, in modo formale, la contestazione del gravissimo inadempimento di codesta società agli obblighi di manutenzione (ordinaria e straordinaria) e custodia, in oggettiva considerazione del collasso dell'infrastruttura, delle vittime accertate e degli ingenti danni riportati ai beni anche di soggetti terzi, senza considerare l'interruzione del sistema di viabilità e quindi la compromissione della funzionalità delle infrastrutture concesse. A seguito della contestazione in oggetto e all'esito della valutazione delle controdeduzioni che codesta società farà pervenire, si fa riserva di esperire tutte le iniziative di tutela apprestate dall'ordinamento giuridico, ferma restando l'idoneità della presente ad attivare i procedimenti di cui agli articoli 8, 9 e 9-bis della convenzione di concessione»;

   al riguardo, il Ministro interrogato ha poi esternato l'intenzione di voler predisporre un apposito provvedimento per revocare la concessione ad Autostrade per l'Italia, annunciando anche l'intenzione di procedere alla nazionalizzazione;

   il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato che: «Non possiamo aspettare i tempi della giustizia penale: disporremo la revoca delle concessioni ad Autostrade per l'Italia»; mentre il Vice Presidente del Consiglio dei ministri Luigi Di Maio ebbe a dire: «chi non vuole revocare le concessioni deve passare sul mio cadavere»;

   ad oggi l'unico intervento legislativo che esclude la partecipazione di Autostrade per l'Italia è contenuto nel cosiddetto decreto-legge su Genova, relativamente alla ricostruzione del Ponte, avverso il quale Autostrade per l'Italia ha proposto ricorso dinnanzi al tribunale amministrativo regionale della Liguria;

   nonostante siano trascorsi mesi dalla lettera citata, non è dato sapere se e come la società Autostrade per l'Italia abbia risposto e quali seguiti abbia dato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per estinguere il rapporto concessorio. Allo stesso tempo non vi è traccia del provvedimento per la revoca della concessione, né si sono avute notizie dell'annunciata nazionalizzazione;

   il quotidiano La Stampa parla di una nuova missiva del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che darebbe ad Autostrade per l'Italia il tempo incredibilmente lungo di 4 mesi per fornire addirittura «una propria valutazione circa le possibili cause del crollo» –:

   se la procedura di revoca della concessione autostradale ad Autostrade per l'Italia per grave inadempimento sia stata effettivamente avviata, in che fase ora si trovi e con che tempistiche si completerà la revoca.
(3-00564)

(26 febbraio 2019)

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