Riforma Terzo settore: inizia l'esame al Senato

13 maggio 2015

Nella seduta di martedì 12 maggio della Commissione 1° Affari costituzionali, a cui il presidente del Senato ha confermato l'assegnazione precedentemente disposta,  è iniziato l'esame in sede referente dell'A.S. 1870, Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale, approvato dalla Camera dei deputati (A.C. 2617),  a cui sono state abbinate l'A.S. 157  Modifiche alla legge 11 agosto 1991, n. 266, in materia di organizzazioni di volontariato  e la petizione n. 849 ad essi attinente.

 Il relatore (l'on. Lepri, membro della 11° Commissione lavoro e previdenza sociale) riferendo sul disegno di legge, ha evidenziato quanto segue:

• non limitare il raggio dei settori di attività degli enti del Terzo settore al perseguimento di di finalità civiche e solidaristiche e alla promozione e realizzazione di attività di interesse generale, ma specificare che nel Terzo settore sono compatibili comparti quali le attività sportive, culturali, di protezione civile e recupero ambientale (rimanendo essenziali i requisiti di: assenza di scopo di lucro; non distribuzione degli utili; chiaro beneficio pubblico delle attività; utilità sociale indiscutibile dei settori in cui operare);

• il testo complessivo presenta alcune incertezze circa l'appartenenza a pieno titolo dell'impresa sociale al terzo settore, mentre nel testo è più volte sottolineato che le organizzazioni di terzo settore operano anche attraverso la produzione e lo scambio di beni e servizi;

• opportunità di escludere dal terzo settore gli enti collegati ai partiti politici, ai sindacati e alle associazioni di categoria, come ad esempio le fondazioni collegate ai partiti politici;

• opportunità di inserire, tra i principi direttivi, una ulteriore lettera e) che evidenzi meglio le specifiche vocazioni delle diverse forme giuridiche del terzo settore, così da favorire l'adozione degli strumenti organizzativi più idonei rispetto agli scopi;

• necessità di inserire previsioni relative alle fondazioni, tali da permettere loro di svolgere una attività stabile e prevalente d'impresa - diversa dalla forma dell'impresa sociale - applicando la normativa dei libri V e VI del codice civile, a condizione che in ogni caso vi sia il divieto di distribuzione di utili;

• opportunità, in riferimento ai criteri di distribuzione degli utili, di valutare la possibilità di inserire una formulazione più rigorosa, che eviti il rischio di interpretazioni estensive e poco rispondenti all'orientamento no profit del terzo settore. Il relatore propone, pertanto, per l'impresa sociale di modificare il testo nel senso di prevedere forme di remunerazione del capitale sociale e di ripartizione degli utili da assoggettare alle condizioni e ai limiti massimi applicati alle cooperative a mutualità prevalente che assicurino la prevalente destinazione degli utili a una riserva indivisibile, da destinare integralmente, in caso di scioglimento, ad altre organizzazioni di terzo settore con finalità coerenti con lo scopo dell'impresa sociale. Qualora invece la Commissione intendesse optare per il mantenimento del testo approvato alla Camera, il relatore ritiene che occorre escludere le imprese sociali da alcune forme di premialità, quali la detraibilità e deducibilità in caso di erogazioni liberali o l'accesso al cinque per mille;

• per quanto riguarda i sistemi di controllo e monitoraggio di cui all'art. 7: cambiare la natura dei controlli in un'ottica di semplificazione burocratica; esplicitare e rendere sistematica una graduazione - a cui l'attuale testo fa già riferimento - dei meccanismi di controllo sulla base dei seguenti elementi: dimensione degli enti, ricorso a forme di finanziamento pubblico, assunzione da parte degli enti di caratteristiche d'impresa;

modifica della definizione proposta del servizio civile universale, per esaltarne la finalità di difesa non armata della patria e di promozione dei valori fondativi della Repubblica;

• opportunità di mantenere a fini fiscali il concetto di "ente non commerciale", che si sovrappone all'impianto definitorio già presente nella normativa. Il relatore propone di non confermare le definizioni basate sullo svolgimento di attività a rilevanza economica, ma richiamare piuttosto le definizioni già presenti nella normativa, rispetto alle organizzazioni di terzo settore, graduando i benefici che è possibile riscuotere sulla base delle scelte dell'organizzazione in materia di destinazione degli utili. Ciò porterebbe - secondo il relatore - al superamento della definizione di ente non commerciale, con il passaggio ad un regime fiscale che riconosca l'esercizio dell'attività commerciale per finalità di interesse generale senza scopo di lucro, come già avviene per le cooperative sociali.

Servizio Studi della Camera dei deputati

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